Inammissibilità, improcedibilità, estinzione ed effetto ... · prove relative alla dimostrazione...

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Inammissibilità, improcedibilità, estinzione ed effetto espansivo

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Inammissibilità, improcedibilità, estinzione ed

effetto espansivo

Profili generaliL’inammissibilità e l’improcedibilità sono istituti propri dei mezzi d’impugnazione, mentre l’estinzione, da un lato vale solo per alcuni di essi, dall’altro opera anche in primo grado. Inammissibilità e improcedibilità da un parte, estinzione dall’altra, possono essere analizzate congiuntamente nella disciplina generale delle impugnazione poiché caratterizzate da effetti analoghi (consumazione del potere d’impugnazione).In generale essi attengono a questioni di rito, o se vogliamo presupposti processuali, proprie del giudizio d’impugnazione. Si riferiscono alla possibilità per il processo d’impugnazione di giungere ad una decisione.

Si tratta dunque di questioni di rito pregiudiziali rispetto non solo al merito ma anche alle questioni pregiudiziali di rito generali.Oggetto della doglianza può essere un provvedimento che ha deciso in rito oppure in merito; in ogni caso, prima di decidere il “merito” (in senso ampio) dell’impugnazione, occorre che l’impugnazione non sia inammissible,improcedibile o estinta.

Esempio: s’impugna la sentenza sollevando profili di giurisdizione e di merito; il giudice dell’impugnazione deve innanzitutto valutare se vi sia o meno un’ipotesi d’inammissibilità/improcedibilità/estinzione, poi valuta il profilo sulla giurisdizione, infine, se la questione di rito è risolta positivamente, decide nel merito.In sostanza nel giudizio d’impugnazione vi sono due tipi di questioni pregiudiziali di rito, e quelle proprie dell’impugnazione vengono prima di quelle generali.

Inammissibilità

Non esiste una specifica disciplina nell’ambito delle norme sulle impugnazioni in generale; invero essa è contemplata in norme sparse, soprattutto all’interno dei singoli mezzi. L’obiettivo allora è quello di verificare se mettendo insieme i singoli casi è possibile ricavare il quid proprium dell’inammissibilità, onde applicare la medesima disciplina a fattispecie con stessa ratio.

Art. 331

“Se la sentenza pronunciata tra più parti in causa inscindibile o in cause tra loro indipendenti non è stata impugnata nei confronti di tutte, il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio fissando un termine…”“L’impugnazione è dichiarata inammissibile se nessuna delle parti provvede all’integrazione…”

Art. 342 (come modificato nel 2012)L'appello si propone con citazione contenente le indicazioni prescritte dall'articolo 163. L'appello deve essere motivato. La motivazione dell'appello deve contenere, a pena di inammissibilità:1) l'indicazione delle parti del provvedimento che si intende appellare e delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado;2) l'indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata

Art. 365

Il ricorso per cassazione dev’essere sottoscritto, a pena d’inammissibilità, da un avvocato iscritto nell’apposito albo dei cassazionisti.

Art. 366

Il ricorso per cassazione deve contenere tutta una serie di elementi (indicazione delle parti, della sentenza impugnata, dei fatti della causa, ecc) a pena d’inammissibilità.

Art. 398La citazione in revocazione deve indicare, a pena d’inammissibilità, il motivo della revocazione e le prove relative alla dimostrazione di fatti di cui ai nn. 1,2,3,6 dell’art. 395, del giorno della scoperta o dell’accertamento del dolo o della falsità o del recupero dei documenti.

Elemento comuneTutte le ipotesi appena viste sono caratterizzate dalla sanzione dell’inammissibilità in caso di vizi relativi all’atto introduttivo, vizi insanabili oppure sanabili ma non sanati in concreto (es. ex art. 331).Dunque è possibile estendere lo stesso meccanismo a situazioni ove il vizio dell’atto introduttivo insanabile o non sanato non comporta espressamente l’inammissibilità.

Ipotesi- impugnazione proposta fuori termini;- errore nella scelta del mezzo (es. ricorso in cass anziché appello; appello per motivi di competenza);- impugnazione del non soccombente, dunque carenza di legittimazione ad impugnare;- impugnazione al giudice incompetente, il quale assegna il termine per la riassunzione ma il processo non è riassunto;- nullità citazione o sua notificazione in appello.

Recenti tendenze...Non sembrano contraddire questa logica alcune norme che prevedono l’inammissibilità a fronte di valutazioni in ordine a profili attinenti al merito. Si tratta peraltro di norme di recente introduzione (art. 360 bis nel 2009; art. 348 bis, ter e 436 bis nel 2012, applicabili ai giudizi di appello avviati a far data dall’11 settembre 2012).

Improcedibilità

Neanche per l’improcedibilità esiste una regolamentazione organica e unitaria, sicché, come per l’inammissibilità, occorre vedere i singoli casi e valutare la possibilità di estrapolare il quid proprium della disciplina, onde saggiarne l’applicabilità a casi analoghi.

Art. 348L’appello è dichiarato improcedibile, anche d’ufficio, se l’appellante non si costituisce nei termini.Se l’appellante costituito non compare alla prima udienza dinanzi al collegio, questi fissa un’altra udienza, e se pure in questa l’appellante non compare l’appello è dichiarato improcedibile.Trattasi qui di inattività dell’appellante.

Art. 369Il ricorso per cassazione dev’essere depositato nella cancelleria della Corte entro 20 giorni dalla sua notificazione, a pena d’improcedibilità; col ricorso, sempre a pena d’improcebilità, devono essere depositati i documenti di cui al comma 2 del’art. 369. Regime analogo per il ricorso notificato ai fini dell’integrazione del contraddittorio ex 371 bis, il quale dev’essere depositato entro 20 gg dalla scadenza del termine assegnato.

Art. 399Se la revocazione è proposta dinanzi al tribunale o alla corte d’appello, la citazione dev’essere depositata, a pena d’improcedibilità, entro 20 gg dalla notificazione, nella cancelleria del giudice adito insieme con la copia autentica della sentenza impugnata.

Come nel caso del 348, anche queste ultime due fattispecie fanno leva su una forma d’inattività della parte impugnante. Può dunque l’inattività ergersi a ratio della disciplina?Risposta negativa, poiché l’inattività è alla base anche di un altro istituto, ossia l’estinzione.Non ci sono invero elementi per poter per così dire scientificamente mettere da una parte le ipotesi d’inattività che conducono all’improcedibilità e da un’altra quelle che comportano estinzione. Si tratta allora di una libera scelta legislativa, dunque le ipotesi devono considerarsi tassative.

Effetti dell’inammissibilità/improcedibilitàArt. 358 e 387: l’appello e il ricorso per cass dichiarati inammssibili o improcedibili non possono essere riproposti, anche se non è decorso il termine.Agli effetti delle due norme occorre la dichiarazione d’inammissibilità/improcedibilità, dunque in mancanza la parte può proporre un nuovo atto d’impugnazione, salve eventuali decadenze.Secondo la Cass. il termine per proporre una nuova impugnazione prima della dichiarazione d’inammiss./improc. decorre dalla proposizione/notifica dell’impugnazione inammis/improc., sia stata o meno notificata la sentenza impugnata (l’impugnazione, ancorché inam./impr., costituisce conoscenza legale della sent.).

Da notare che le norme appena viste prevedono l’impossibilità di riproporre quel mezzo d’impugnazione, non già il passaggio in giudicato dlla sentenza impugnata.Questo perché in certi casi la dichiarazione d’inammissiblità non determina il passaggio in giudicato della sentenza impugnata.

1) Concorso di più mezziSe la stessa pronuncia è impugnabile con più mezzi (regolamento facoltativo di comp/appello; cassazione/revocazione) la dichiarazione d’inammss./improc. non esclude la possilità di proporre il mezzo ancora esperibile.

2) Errore nella scelta del mezzoSe, per esempio, appello una sentenza ricorribile in cassazione o viceversa, il giudice dichiara inammissibile l’impugnazione errata, ma ciò non esclude, se vi sono i termini per farlo, la utilizzabilità del mezzo d’impugnazione “corretto”.

3) Cause inscindibili o dipendentiNon è stato integrato il contraddittorio verso un litisconsorte necessario nell’impugnazione; il giudice assegna il termine per farlo, pena l’inammissibilità. Se poi per la parte pretermessa pendono i termini per impugnare, essa potrà proporre il gravame verso le altre parti, rimettendole in gioco ex post.

EstinzioneGià si è analizzato l’istituto parlando delle c.d. vicende anomale del processo di primo grado; essa opera anche in sede d’impugnazione.Può avere luogo per rinuncia agli atti o per inattività (si rimanda alla lezione specifica per il recupero di tali nozioni).Nell’ambito delle impugnazione l’istituto è preso in considerazione espressamente dall’art. 338.

Rinuncia agli atti e inattivitàLa rinuncia agli atti in sede d’impugnazione dev’essere accettata da tutte le parti interessate, dunque da chi ha proposto impugnazione incidentale, ancorché tardiva. In cassazione non è configurabile l’inattività, poiché il processo, evitata l’improcedibilità, va avanti ex officio; è ipotizzabile invece la rinuncia al ricorso.

Art. 338L’estinzione del procedimento di appello o di revocazione ordinaria fa passare in giudicato la sentenza impugnata, salvo che ne siano modificati gli effetti con provvedimenti pronunciati nel procedimento estinto.Anche questa norma, come gli art. 358 e 387, è espressione del principio di consumazione dell’impugnazione.

- la norma opera se il mezzo d’impugnazione è corretto e non sussista un mezzo concorrente (salve eventuali decadenze)- se la causa che ha determinato il verificarsi dell’estinzione è da ricercarsi nella conclusione di un accordo risolutivo della controversia tra le parti, la sentenza impugnata passa in giudicato solo formalmente

- la norma contempla l’estinzione solo dell’appello e della revocazione ordinaria; per quanto riguarda la cassazione, in caso di rinuncia al ricorso si ritiene che passi in giudicato la sentenza impugnata, mentre in caso di estinzione del giudizio di rinvio si estingue l’intero processo (art. 393) con la sola conservazione del vincolo derivante dal principio di diritto- determinandosi il passaggio in giudicato della sentenza, la norma comprensibilmente non si applica ai mezzi straordinari, esperibili per definizione avverso provvedimenti passati in giudicato formale.

Art. 338, ultima parteRappresenta il punto più controverso. La norma parla di provvedimenti, dunque si potrebbe pensare che non si riferisca solo alle sentenze (non definitive); si potrebbe far riferimento anche a ordinanze, per es. istruttorie, che sottendono, in via prognostica, una diversa valutazione del giudice.Tuttavia la Cassazione è ferma nel ritenere che gli unici atti idonei a modificare la sentenza impugata siano sentenze non definitive.

Effetti espansiviAi sensi dell’art. 336, la pronuncia d’impugnazione può produrre due tipi di effetti: un effetto espansivo c.d. interno, e un effetto espansivo c.d. esterno.

Effetto espansivo interno, art. 336, c. 1La riforma o la cassazione parziale ha effetto anche sulle parti della sentenza (non impugnate) dipendenti dalla parte riformata o cassata.La norma va innanzitutto coordinata con la’rt. 329, c. 2, acquiscenza tacita qualificata: s’impugna una parte soltanto della sentenza, e passa in giudicato la parte non impugnata.

Ai sensi dell’art. 336, c. 1, la riforma o la cassazione delle parti espressamente impugnate che siano pregiudiziali, travolgono anche le parti dipendenti non impugnate; la Cassazione parla al riguardo di “giudicato apparente”.Inoltre, va precisato che quando l’oggetto della sentenza è unico, in appello opera sempre l’effetto sostitutivo, non l’effetto espansivo interno.

Possibili applicazioniTuttavia è immaginabile la produzione dell’effetto espansivo in caso di riforma di un provvedimento ad oggetto unico:- si pensi al capo relativo alla condanna alle spese;- regolamento di competenza facoltativo (concorre con l’impugnazione sul merito, che se è già stata proposta, si sospende, sennò se ne sospendono i termini); se la Cassazione nega la competenza, i capi di merito sono travolti.

Al di là dei casi appena visti, dunque, l’effetto espansivo interno della riforma o della cassazione parziale si produce allorché il provvedimento impugnato abbia deciso su più oggetti in rapporto di pregiudizialità/dipendenza e l’impugnazione abbia colpito con successo il capo pregiudziale.

Effetto espansivo esterno, art. 336, c. 2La riforma (o la cassazione) estende i suoi effetti ai provvedimenti e agli atti dipendenti dalla sentenza riformata o cassata.Qui il meccanismo si produce non già tra più parti di uno stesso provvedimento, ma tra provvedimenti diversi l’uno dipendente dall’altro. Cioè un provvedimento è stato emesso fondandosi su un altro provvedimento. Se quest’ultimo è modificato,ciò si ripercuote sul primo

Possibili applicazioni- sentenza non definitiva (per es. sulla prescrizione o sulla giurisdizione) impugnata; il processo principale non viene sospeso, e il giudice istruisce la causa e magari arriva a decisione basandosi su quanto stabilito nella non definitiva (che si pone quindi come pregiudiziale); se in appello la non definitiva è ribaltata, gli atti (e così anche l’eventuale sentenza) emessi in primo grado sono travolti.

- Un meccanismo analogo opera anche per le sentenze di condanna generica (scissione an e quantum) e per le sentenze c.d. parzialmente definitive.Non è prevista una disciplina espressa, tuttavia si ritiene che in caso di cassazione del provvedimento di riforma, torni efficace il provvedimento inizialmente travolto dagli effetti espansivi.

Efficacia espansiva extraprocessualeFin qua si sono viste applicazioni coinvolgenti provvedimenti emessi all’interno di uno stesso processo, e tale è la fattispecie ex 336, c. 2; tuttavia è possibile immaginare l’operatività del meccanismo anche in caso di rapporto di dipendenza tra provvedimenti emessi in procesi distinti. Non vi sarebbe applicazione diretta del 336, ma analogica, per identità di ratio.

Esempi- in un primo processo è deciso il diritto pregiudiziale; nel secondo processo, avente ad oggetto il diritto dipendente, il giudice è vincolato a quanto affermato nella prima sentenza (passata in giudicato), sicché decide in base ad essa; successivamente viene impugnata in via straordinaria e rimossa la prima sentenza: la sentenza del secondo processo, ancorché passata in giudicato, è travolta;- in caso di regolamento di giurisdizione senza sospensione del processo principale; se la Cassazione nega la giurisdizione, gli atti processuali e l’eventuale sentenza di merito sono travolti.