In fuga dall’inferno dei campi di detenzione...no stati 735.000 nuovi casi, quasi il 20 per cento...

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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLX n. 154 (48.478) Città del Vaticano giovedì 9 luglio 2020 . y(7HA3J1*QSSKKM( +"!z!/!"!}! Nel settimo anniversario della visita il Papa ricorda le esperienze dei migranti incontrati a Lampedusa In fuga dall’inferno dei campi di detenzione Una storia di salvataggio nel Mediterraneo La rivoluzione della comunità di GIULIA GALEOTTI «“A ccendi la televisio- ne, subito! Guarda cosa ha fatto, guar- da!”. Non ricordo esattamente chi me lo abbia urlato al telefono con tutta quell’emozione. Se prima Ma- so o Erasmo o Mattia. Ma ricordo esattamente cosa ho provato quan- do ho visto l’immagine di quella croce esposta all’ingresso del Palaz- zo apostolico, in Vaticano. La no- stra croce, costruita da Maso con la resina e poi vestita col giubbotto salvagente che abbiamo ritrovato il 3 luglio in mezzo al Mediterraneo. Quel giubbotto a cui bisognava dare un significato, che è stata la prima cosa che abbiamo incontrato in quel mare, che ci ha ricordato cosa dovessimo fare, in tutti i gior- ni seguenti, che ci ha indicato la rotta, che abbiamo portato a terra con noi. Papa Francesco ne sta parlando, sta parlando di noi, sta parlando, attraverso di noi, di una storia che racchiude tutte le storie: “La croce — dice il Papa — è tra- sparente, ed esorta a guardare con maggiore attenzione e a cercare sempre la verità”». Così Alessandra Sciurba chiude Salvarsi insieme (Ponte alle Grazie 2020), diario di un salvataggio compiuto dalla barca a vela Alex, una delle due imbarcazioni di Me- diterranea Saving Humans, ong nata nel 2018 per soccorrere i mi- granti lungo la rotta libica. Quella che scrive Sciurba — atti- vista, ricercatrice, operatrice socio- legale e presidente di Mediterranea — è la «storia di una barca a vela sulla rotta dell’umanità» (come re- cita il sottotitolo), testimonianza diretta, appassionata e, soprattutto, necessaria. Una storia che si svolge nel lu- glio del 2019 nel periodo di maggiore criminalizzazione del sal- vataggio in mare — quando Alex soccorre 59 persone in un tratto del Mediterraneo controllato dalla Li- bia. Gli undici membri dell’equi- paggio sfidano dunque il divieto di solidarietà e la proclamata chiusura dei porti italiani per portare al si- curo decine di donne, bambini e uomini in fuga da bombe, fame e torture. Sciurba ci racconta il salva- taggio dalla prospettiva di chi l’ha voluto e vissuto, invitandoci al- l’ascolto di una realtà che ci coin- volge tutti. Se bombe, fame e torture non sono una novità, lo è invece — co- me stanno raccontando da tempo (con profondità e intelligenza) donne e uomini, giornalisti, scritto- ri e attivisti — la trasformazione dei salvataggi in mare da atti umani e solidali a gesti criminali. È esistito infatti un tempo in cui «il tratto di mare in cui ci troviamo era pieno di navi: una flotta civile e militare, coi centri di coordinamento marit- timo di soccorso di diversi Paesi europei che dirigevano anche le imbarcazioni delle organizzazioni non governative. Perché l’obiettivo era unico: salvare il più possibile, salvare tutti. Ora, invece, questo mare-cimitero è anche un deserto. Neppure i pescatori lo attraversano più per paura di essere abbordati dai libici — prosegue Sciurba — e soprattutto per non ritrovarsi da- vanti al dilemma terribile tra soc- correre dei naufraghi e affrontare le conseguenze per averlo fatto: per- ché invece che medaglie, in questo Esperienze e volti dell’impegno sociale delle persone immigrate in Italia Volontari inattesi di PATRIZIA CAIFFA S ono giovani, istruiti e vivono in Italia da molto tempo. Più della metà (55 per cento) fa volonta- riato a cadenza settimanale. Preferiscono impe- gnarsi in attività sociali, culturali, educative e di socia- lizzazione. Sono cattolici, ortodossi, musulmani. Ven- gono principalmente da Senegal, Perú, Marocco, Ro- mania, Albania. Sono i “volontari inattesi”, persone im- migrate che danno un contributo, spesso nascosto, all’associazionismo italiano e al terzo settore. A far luce per la prima volta su questo fenomeno è stata una ri- cerca nazionale curata dal sociologo Maurizio Ambro- sini, dell’Università di Milano e Deborah Erminio, dell’Università di Genova. Per separare due gemelline siamesi Intervento senza precedenti al Bambino Gesù PAGINA 2 L’ultimo romanzo di Franco Faggiani In fuga a bordo di «o’ rinoceronte» ENRICA RIERA A PAGINA 4 Uno studio di Fausto Colombo sull’«Ecologia dei media» Il manifesto della comunicazione gentile GAETANO VALLINI A PAGINA 5 Il vescovo di Kalookan sulle nuove periferie esistenziali nelle Filippine Anche nei “mall” va annunciato il Vangelo PAOLO AFFATATO A PAGINA 6 ALLINTERNO NOSTRE INFORMAZIONI CONTINUA A PAGINA 7 Bolsonaro positivo al covid-19 Oltre 3 milioni di casi in America Latina La Giornata mondiale del Mar Mediterraneo Un tesoro di cultura e biodiversità ROMA, 8. Un mare ricco di storia, cultura, bellezza e biodiversità. Ma anche un ecosistema molto fragile esposto a grandi rischi che richiede di essere tutelato. Proprio per proteggere questo immenso patrimonio, oggi, 8 luglio, si celebra la Giornata mondiale del Mar Mediterraneo. Quest’anno, in particolare, l’evento è dedicato alla memoria di coloro che sono morti nel Mediterraneo, soprattutto pescatori o migranti. Di- versi eventi e manifestazioni di sensibilizzazione saranno organizzati dalle molte ong che sostengono l’iniziativa. PAGINA 7 BRASÍLIA, 8. In America Latina e nei Caraibi il numero di casi com- plessivi di covid-19 ha oltrepassato ieri il tetto dei tre milioni. L’area geografica si è confermata l’epicen- tro globale della pandemia, supe- rando negli ultimi giorni prima l’Europa e poi gli Stati Uniti. «Due mesi fa, gli Usa rappresentavano il 75 per cento dei casi covid-19 nella regione americana. Ma, la scorsa settimana, l’America Latina e i Ca- raibi hanno registrato oltre il 50 per cento delle infezioni. Solo il Brasile ne ha riferito circa un quarto», ha avvertito ieri Carissa Etienne, diret- tore della Pan American Health Organization (Paho), ricordando che la prima ondata della pandemia continua ancora in tutto il conti- nente americano con una forte ri- presa: solo la scorsa settimana ci so- no stati 735.000 nuovi casi, quasi il 20 per cento in più rispetto alla set- timana precedente. Presentando queste cifre, l’agen- zia regionale dell’Oms ha espresso immensa preoccupazione per il fat- to che il covid-19 si sta spostando dalle grandi città, che dispongono il più delle volte di strutture sanita- rie adeguate, a quelle più piccole con meno risorse a disposizione per far fronte alla pandemia e con una crescente saturazione della capacità ospedaliera. Il Brasile, dove ieri il presidente Bolsonaro è risultato positivo al co- vid-19, continua a essere il Paese più colpito della regione. Con Perú, Cile e Messico occupa 4 delle pri- me 10 posizioni a livello globale per numero di infezioni e decessi. LABORATORIO DOPO LA PANDEMIA Conversazione con Luca Dal Fabbro Sul Green Deal sarà la natura a rispondere agli scettici SILVIA CAMISASCA A PAGINA 3 Il Santo Padre ha annoverato tra i Membri del Pontificio Consiglio per il Dialogo Inter- religioso gli Eminentissimi Car- dinali Luis Antonio G. Tagle, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Po- poli; Dieudonné Nzapalainga, Arcivescovo di Bangui; Louis- Marie Ling Mangkhanekhoun, Vicario Apostolico di Vientiane; Ignatius Suharyo Hardjoatmod- jo, Arcivescovo di Jakarta e Or- dinario Militare per l’Indonesia; Jean-Claude Höllerich, Arcive- scovo di Luxembourg; e Mi- chael Czerny, Sotto-Segretario della Sezione migranti e rifugia- ti del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integra- le; e gli Eccellentissimi Monsi- gnori Lawrence Huculak, Arci- vescovo di Winnipeg degli Ucraini; Felix Anthony Macha- do, Arcivescovo, Vescovo di Va- sai; George Frendo, Arcivescovo di Tiranë-Durrës; Mark Tin Win, Arcivescovo di Mandalay; Jean-Marc Aveline, Arcivescovo di Marseille; Paul Yoshinao Ot- suka, Vescovo di Kyōto; Tho- mas Chung An-zu, Arcivescovo di Taipei; Raphy Manjaly, Ve- scovo di Allahabad; Ambrogio Spreafico, Vescovo di Frosino- ne-Veroli-Ferentino; Michael Jo- seph McKenna, Vescovo di Ba- thurst; William Hanna Shomali, Vescovo titolare di Lidda; Denis Chidi Isizoh, Vescovo titolare di Legia; Patrick Joseph McKinney, Vescovo di Nottin- gham; James Massa, Vescovo ti- tolare di Bardstown; Paul De- sfarges, Arcivescovo di Alger; e Joseph Đình Đúc Đao, Vescovo di Xuân Lôc. Il Santo Padre ha accettato la rinuncia all’ufficio di Vescovo Ausiliare della Diocesi di Włocławek (Polonia), presenta- ta da Sua Eccellenza Monsi- gnor Stanisław Gębicki. Provvista di Chiesa Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Savannah (Stati Uni- ti d’America) il Reverendo Ste- phen D. Parkes, del clero della Diocesi di Orlando (Florida), fi- nora Vicario Foraneo del Cen- tral Deanery North e Parroco dell’Annunciation Parish ad Al- tamonte Springs. Nomina di Vescovo Ausiliare Il Santo Padre ha nominato Vescovo Ausiliare dell’Arcidio- cesi Metropolitana di São Paulo (Brasile) il Reverendo Padre Ângelo Ademir Mezzari, R.C.I., finora Parroco di Nossa Senho- ra das Graças a Bauru, asse- gnandogli la sede titolare vesco- vile di Fiorentino. Nomina di Vicario Apostolico Il Santo Padre ha nominato Vicario Apostolico del Vicariato Apostolico di Yurimaguas (Pe- rú) il Reverendo Padre Jesús María Aristín Seco, C.P ., finora Amministratore Apostolico del medesimo Vicariato. Nel cuore di Papa Francesco restano ancora le drammatiche storie di vio- lenza e di abusi vissute dai migranti incontrati sette anni fa durante la vi- sita compiuta a Lampedusa. Il Pon- tefice le ha ricordate questa mattina, mercoledì 8 luglio, celebrando la messa nella cappella di Casa Santa Marta. «La guerra è brutta, lo sappiamo, ma voi non immaginate l’inferno che si vive lì, in quei lager di detenzione» ha detto richiamando in particolare la tragica realtà della Libia. Realtà della quale — ha fatto notare — «oggi... ci danno una ver- sione “distillata”» che rende solo in parte l’abisso di atrocità e barbarie in cui è precipitata la situazione dei profughi nel Paese. La denuncia di Francesco — che nell’omelia ha fatto esplicito riferi- mento «ai campi di detenzione, agli abusi e alle violenze di cui sono vit- time i migranti, ai viaggi della spe- ranza, ai salvataggi e ai respingimen- ti» — si è intrecciata al ricordo di quello che fu il primo viaggio del pontificato. E in proposito ha rac- contato che anche in quell’occasione gli fu presentata una versione “distil- lata” della terribile storia di un rifu- giato etiope approdato sulle coste dell’isola dopo una lunga traversata. In quell’uomo e in ciascuno di co- loro che ogni giorno attraversano il mare in cerca di speranza — ha detto — c’è l’immagine di Cristo «che bus- sa alla nostra porta affamato, asseta- to, forestiero, nudo, malato, carcera- to, chiedendo di essere incontrato e assistito, chiedendo di poter sbarca- re». E, ha aggiunto, «se avessimo ancora qualche dubbio, ecco la sua parola chiara: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più picco- li, l’avete fatto a me”». Parole che per il Papa rappresentano oggi un «monito... di bruciante attualità. Dovremmo usarlo tutti — ha esortato — come punto fondamentale del no- stro esame di coscienza, quello che facciamo tutti i giorni». «La Vergine Maria, “Solacium mi- grantium” ha auspicato in conclu- sione — ci aiuti a scoprire il volto del suo Figlio in tutti i fratelli e le sorel- le costretti a fuggire dalla loro terra per tante ingiustizie da cui è ancora afflitto il nostro mondo». PAGINA 8 xxx

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L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLX n. 154 (48.478) Città del Vaticano giovedì 9 luglio 2020

.

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!}!

Nel settimo anniversario della visita il Papa ricorda le esperienze dei migranti incontrati a Lampedusa

In fuga dall’infernodei campi di detenzione

Una storia di salvataggio nel Mediterraneo

La rivoluzionedella comunità

di GIULIA GALEOTTI

«“Accendi la televisio-ne, subito! Guardacosa ha fatto, guar-

da!”. Non ricordo esattamente chime lo abbia urlato al telefono contutta quell’emozione. Se prima Ma-so o Erasmo o Mattia. Ma ricordoesattamente cosa ho provato quan-do ho visto l’immagine di quellacroce esposta all’ingresso del Palaz-zo apostolico, in Vaticano. La no-stra croce, costruita da Maso con laresina e poi vestita col giubbottosalvagente che abbiamo ritrovato il3 luglio in mezzo al Mediterraneo.Quel giubbotto a cui bisognavadare un significato, che è stata laprima cosa che abbiamo incontratoin quel mare, che ci ha ricordatocosa dovessimo fare, in tutti i gior-ni seguenti, che ci ha indicato larotta, che abbiamo portato a terracon noi. Papa Francesco ne staparlando, sta parlando di noi, staparlando, attraverso di noi, di unastoria che racchiude tutte le storie:“La croce — dice il Papa — è tra-sparente, ed esorta a guardare conmaggiore attenzione e a cercaresempre la verità”».

Così Alessandra Sciurba chiudeSalvarsi insieme (Ponte alle Grazie2020), diario di un salvataggiocompiuto dalla barca a vela Alex,una delle due imbarcazioni di Me-diterranea Saving Humans, ongnata nel 2018 per soccorrere i mi-granti lungo la rotta libica.

Quella che scrive Sciurba — atti-vista, ricercatrice, operatrice socio-legale e presidente di Mediterranea— è la «storia di una barca a velasulla rotta dell’umanità» (come re-cita il sottotitolo), testimonianza

diretta, appassionata e, soprattutto,necessaria.

Una storia che si svolge nel lu-glio del 2019 — nel periodo dimaggiore criminalizzazione del sal-vataggio in mare — quando Alexsoccorre 59 persone in un tratto delMediterraneo controllato dalla Li-bia. Gli undici membri dell’equi-paggio sfidano dunque il divieto disolidarietà e la proclamata chiusuradei porti italiani per portare al si-curo decine di donne, bambini euomini in fuga da bombe, fame etorture. Sciurba ci racconta il salva-taggio dalla prospettiva di chi l’havoluto e vissuto, invitandoci al-l’ascolto di una realtà che ci coin-volge tutti.

Se bombe, fame e torture nonsono una novità, lo è invece — co-me stanno raccontando da tempo(con profondità e intelligenza)donne e uomini, giornalisti, scritto-ri e attivisti — la trasformazione deisalvataggi in mare da atti umani esolidali a gesti criminali. È esistitoinfatti un tempo in cui «il tratto dimare in cui ci troviamo era pienodi navi: una flotta civile e militare,coi centri di coordinamento marit-timo di soccorso di diversi Paesieuropei che dirigevano anche leimbarcazioni delle organizzazioninon governative. Perché l’obiettivoera unico: salvare il più possibile,salvare tutti. Ora, invece, questomare-cimitero è anche un deserto.Neppure i pescatori lo attraversanopiù per paura di essere abbordatidai libici — prosegue Sciurba — esoprattutto per non ritrovarsi da-vanti al dilemma terribile tra soc-correre dei naufraghi e affrontare leconseguenze per averlo fatto: per-ché invece che medaglie, in questo

Esperienze e volti dell’impegno sociale delle persone immigrate in Italia

Volontari inattesi

di PAT R I Z I A CA I F FA

Sono giovani, istruiti e vivono in Italia da moltotempo. Più della metà (55 per cento) fa volonta-riato a cadenza settimanale. Preferiscono impe-

gnarsi in attività sociali, culturali, educative e di socia-lizzazione. Sono cattolici, ortodossi, musulmani. Ven-gono principalmente da Senegal, Perú, Marocco, Ro-mania, Albania. Sono i “volontari inattesi”, persone im-

migrate che danno un contributo, spesso nascosto,all’associazionismo italiano e al terzo settore. A far luceper la prima volta su questo fenomeno è stata una ri-cerca nazionale curata dal sociologo Maurizio Ambro-sini, dell’Università di Milano e Deborah Erminio,dell’Università di Genova.

Per separare due gemelline siamesi

Interventosenza precedential Bambino Gesù

PAGINA 2

L’ultimo romanzo di Franco Faggiani

In fuga a bordodi «o’ rino ceronte»

ENRICA RIERA A PA G I N A 4

Uno studio di Fausto Colombosull’«Ecologia dei media»

Il manifestodella comunicazionegentile

GA E TA N O VALLINI A PA G I N A 5

Il vescovo di Kalookan sulle nuoveperiferie esistenziali nelle Filippine

Anche nei “mall”va annunciato il Vangelo

PAOLO AF FATAT O A PA G I N A 6

ALL’INTERNO

NOSTRE INFORMAZIONI

CO N T I N UA A PA G I N A 7

Bolsonaro positivo al covid-19

Oltre 3 milioni di casi in America Latina

La Giornata mondiale del Mar Mediterraneo

Un tesoro di cultura e biodiversità

ROMA, 8. Un mare ricco di storia, cultura, bellezza e biodiversità. Maanche un ecosistema molto fragile esposto a grandi rischi che richiededi essere tutelato. Proprio per proteggere questo immenso patrimonio,oggi, 8 luglio, si celebra la Giornata mondiale del Mar Mediterraneo.Quest’anno, in particolare, l’evento è dedicato alla memoria di coloroche sono morti nel Mediterraneo, soprattutto pescatori o migranti. Di-versi eventi e manifestazioni di sensibilizzazione saranno organizzatidalle molte ong che sostengono l’iniziativa.

PAGINA 7

BRASÍLIA, 8. In America Latina enei Caraibi il numero di casi com-plessivi di covid-19 ha oltrepassatoieri il tetto dei tre milioni. L’a re ageografica si è confermata l’epicen-tro globale della pandemia, supe-rando negli ultimi giorni primal’Europa e poi gli Stati Uniti. «Duemesi fa, gli Usa rappresentavano il75 per cento dei casi covid-19 nellaregione americana. Ma, la scorsasettimana, l’America Latina e i Ca-raibi hanno registrato oltre il 50 percento delle infezioni. Solo il Brasilene ha riferito circa un quarto», haavvertito ieri Carissa Etienne, diret-tore della Pan American Health

Organization (Paho), ricordandoche la prima ondata della pandemiacontinua ancora in tutto il conti-nente americano con una forte ri-presa: solo la scorsa settimana ci so-no stati 735.000 nuovi casi, quasi il20 per cento in più rispetto alla set-timana precedente.

Presentando queste cifre, l’agen-zia regionale dell’Oms ha espressoimmensa preoccupazione per il fat-to che il covid-19 si sta spostandodalle grandi città, che dispongonoil più delle volte di strutture sanita-rie adeguate, a quelle più piccolecon meno risorse a disposizione perfar fronte alla pandemia e con una

crescente saturazione della capacitàosp edaliera.

Il Brasile, dove ieri il presidenteBolsonaro è risultato positivo al co-vid-19, continua a essere il Paesepiù colpito della regione. Con Perú,Cile e Messico occupa 4 delle pri-me 10 posizioni a livello globaleper numero di infezioni e decessi.

LABORATORIODOPO LA PA N D E M I A

Conversazione con Luca Dal Fabbro

Sul Green Dealsarà la naturaa rispondere agli scettici

SI LV I A CAMISASCA A PA G I N A 3

Il Santo Padre ha annoveratotra i Membri del PontificioConsiglio per il Dialogo Inter-religioso gli Eminentissimi Car-dinali Luis Antonio G. Tagle,Prefetto della Congregazioneper l’Evangelizzazione dei Po-poli; Dieudonné Nzapalainga,Arcivescovo di Bangui; Louis-Marie Ling Mangkhanekhoun,Vicario Apostolico di Vientiane;Ignatius Suharyo Hardjoatmod-jo, Arcivescovo di Jakarta e Or-dinario Militare per l’Indonesia;Jean-Claude Höllerich, Arcive-scovo di Luxembourg; e Mi-chael Czerny, Sotto-Segretariodella Sezione migranti e rifugia-ti del Dicastero per il Serviziodello Sviluppo Umano Integra-le; e gli Eccellentissimi Monsi-gnori Lawrence Huculak, Arci-vescovo di Winnipeg degliUcraini; Felix Anthony Macha-do, Arcivescovo, Vescovo di Va-sai; George Frendo, Arcivescovodi Tiranë-Durrës; Mark TinWin, Arcivescovo di Mandalay;Jean-Marc Aveline, Arcivescovodi Marseille; Paul Yoshinao Ot-suka, Vescovo di Kyōto; Tho-

mas Chung An-zu, Arcivescovodi Taipei; Raphy Manjaly, Ve-scovo di Allahabad; AmbrogioSpreafico, Vescovo di Frosino-ne-Veroli-Ferentino; Michael Jo-seph McKenna, Vescovo di Ba-thurst; William Hanna Shomali,Vescovo titolare di Lidda; DenisChidi Isizoh, Vescovo titolaredi Legia; Patrick JosephMcKinney, Vescovo di Nottin-gham; James Massa, Vescovo ti-tolare di Bardstown; Paul De-sfarges, Arcivescovo di Alger; eJoseph Đình Đúc Đao, Vescovodi Xuân Lôc.

Il Santo Padre ha accettato larinuncia all’ufficio di VescovoAusiliare della Diocesi diWło cławek (Polonia), presenta-ta da Sua Eccellenza Monsi-gnor Stanisław Gębicki.

Provvista di ChiesaIl Santo Padre ha nominato

Vescovo di Savannah (Stati Uni-ti d’America) il Reverendo Ste-phen D. Parkes, del clero della

Diocesi di Orlando (Florida), fi-nora Vicario Foraneo del Cen-tral Deanery North e Parrocodell’Annunciation Parish ad Al-tamonte Springs.

Nomina di VescovoA u s i l i a re

Il Santo Padre ha nominatoVescovo Ausiliare dell’A rc i d i o -cesi Metropolitana di São Paulo(Brasile) il Reverendo PadreÂngelo Ademir Mezzari, R.C.I.,finora Parroco di Nossa Senho-ra das Graças a Bauru, asse-gnandogli la sede titolare vesco-vile di Fiorentino.

Nomina di VicarioAp ostolico

Il Santo Padre ha nominatoVicario Apostolico del VicariatoApostolico di Yurimaguas (Pe-rú) il Reverendo Padre JesúsMaría Aristín Seco, C.P., finoraAmministratore Apostolico delmedesimo Vicariato.

Nel cuore di Papa Francesco restanoancora le drammatiche storie di vio-lenza e di abusi vissute dai migrantiincontrati sette anni fa durante la vi-sita compiuta a Lampedusa. Il Pon-

tefice le ha ricordate questa mattina,mercoledì 8 luglio, celebrando lamessa nella cappella di Casa SantaMarta. «La guerra sì è brutta, losappiamo, ma voi non immaginate

l’inferno che si vive lì, in quei lagerdi detenzione» ha detto richiamandoin particolare la tragica realtà dellaLibia. Realtà della quale — ha fattonotare — «oggi... ci danno una ver-

sione “distillata”» che rende solo inparte l’abisso di atrocità e barbariein cui è precipitata la situazione deiprofughi nel Paese.

La denuncia di Francesco — chenell’omelia ha fatto esplicito riferi-mento «ai campi di detenzione, agliabusi e alle violenze di cui sono vit-time i migranti, ai viaggi della spe-ranza, ai salvataggi e ai respingimen-ti» — si è intrecciata al ricordo diquello che fu il primo viaggio delpontificato. E in proposito ha rac-contato che anche in quell’o ccasionegli fu presentata una versione “distil-lata” della terribile storia di un rifu-giato etiope approdato sulle costedell’isola dopo una lunga traversata.

In quell’uomo e in ciascuno di co-loro che ogni giorno attraversano ilmare in cerca di speranza — ha detto— c’è l’immagine di Cristo «che bus-sa alla nostra porta affamato, asseta-to, forestiero, nudo, malato, carcera-to, chiedendo di essere incontrato eassistito, chiedendo di poter sbarca-re». E, ha aggiunto, «se avessimoancora qualche dubbio, ecco la suaparola chiara: “In verità io vi dico:tutto quello che avete fatto a unosolo di questi miei fratelli più picco-li, l’avete fatto a me”». Parole cheper il Papa rappresentano oggi un«monito... di bruciante attualità.Dovremmo usarlo tutti — ha esortato— come punto fondamentale del no-stro esame di coscienza, quello chefacciamo tutti i giorni».

«La Vergine Maria, “Solacium mi-grantium” — ha auspicato in conclu-sione — ci aiuti a scoprire il volto delsuo Figlio in tutti i fratelli e le sorel-le costretti a fuggire dalla loro terraper tante ingiustizie da cui è ancoraafflitto il nostro mondo».

PAGINA 8

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Page 2: In fuga dall’inferno dei campi di detenzione...no stati 735.000 nuovi casi, quasi il 20 per cento in più rispetto alla set-timana precedente. Presentando queste cifre, l’agen-zia

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 giovedì 9 luglio 2020

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Dopo l’annuncio del presidente Vučić di nuove misure restrittive

Guerriglia urbanadavanti al Parlamento serbo

Fuggono dalle violenze dei gruppi armati

Oltre tremila rifugiaticongolesi in Uganda

BELGRAD O, 8. Resta alta la tensionea Belgrado, capitale della Serbia, do-po i violenti scontri di ieri sera da-vanti al Parlamento. La Polizia hacomunicato di avere ripreso il con-trollo della situazione.

Dopo l’annuncio ieri pomeriggioda parte del presidente, AleksandarVučić, di nuove misure restrittive perl’emergenza sanitaria, dove la situa-zione epidemiologica è tornata rapi-damente a peggiorare, con un grannumero di contagi e decessi, decinedi migliaia di persone si sono radu-nate davanti al Parlamento, scanden-do slogan ostili contro il Governo.

Alcuni manifestanti hanno tentatodi forzare gli ingressi nell’edificio. Èintervenuta in forze la polizia in as-setto antisommossa, che ha respintoi dimostranti, formando un massic-cio cordone a difesa dell’ingresso delParlamento. Molti dei manifestanti,hanno evidenziato giornalisti sul po-sto, non indossavano la mascherinae in nessun modo è stato rispettatoil distanziamento fisico.

Successivamente, il corteo si è di-retto verso la chiesa di San Marco,dove sono state date alle fiamme treauto della polizia. Incendiati anchediversi cassonetti della nettezza ur-bana. Al fitto lancio di sassi, botti-glie, petardi e altri oggetti, gli agentihanno risposto con ripetute serie di

gas lacrimogeni. E' intervenuta an-che la polizia a cavallo.

I media riferiscono di aggressionida parte dei dimostranti ai danni digiornalisti che seguivano e riprende-vano gli scontri, mentre il capo dellapolizia di Belgrado ha parlato di nu-merosi agenti feriti. I media parlanodi feriti anche tra i dimostranti.

Non lontano dal Parlamento sitrovano la sede della Presidenza, ilMunicipio di Belgrado e la sede del-la tv pubblica Rts, tutti luoghi forte-mente presidiati dalle forze dell’o rd i -ne. Stamane, la situazione sembratornata alla normalità.

In tutti i Balcani resta comunquedifficile la situazione epidemiologica.Nella Repubblica di Macedonia delNord nelle ultime ore si sono regi-strati 120 casi e cinque decessi da co-vid-19, mentre in Croazia sono statisegnalati 52 i nuovi contagi (in tutto3.272 dall’inizio dell’epidemia, 113 levittime).

Anche il Montenegro, che alcunesettimane fa aveva dichiarato la finedell’epidemia, deve fronteggiare unritorno dei contagi, 66 da ieri contre decessi. Il nuovo bilancio è adoggi 583 casi e otto morti. In Bosniaed Erzegovina nelle ultime ore sonostati accertati 160 contagi, in totale5.621, I morti sono oltre 200.Scontri tra polizia e manifestanti di fronte al parlamento a Belgrado (Afp)

KA M PA L A , 8. Più di 3.000 rifugiatisono arrivati in Uganda dalla Re-pubblica Democratica del Congo(Rdc) tra mercoledì e venerdì dellasettimana scorsa. Hanno approfit-tato dell’apertura temporanea deidue valichi di frontiera presso Go-lajo e Mount Zeu, nell’Ugandanordoccidentale. Fuggono dalleviolenze dei gruppi armati e dallapovertà dilagante.

Secondo le autorità locali, inprecedenza, i nuovi arrivati faceva-no parte di un gruppo più ampiocomposto da circa 45.000 personeche avevano tentato di fuggire ver-so il confine ugandese con la Rdc,subito dopo gli scontri scoppiatitra miliziani nella provincia di Ituriil 17 e il 18 maggio. Sebbene alcuni— secondo quanto riferisce la stam-pa locale — siano riusciti a fare ri-torno alle proprie terre d'origine,altri sono rimasti a ridosso del con-fine, per più di un mese, impossi-bilitati a varcarlo per la chiusuradella frontiera ugandese decisa percontenere la diffusione della pan-demia.

Il 65 per cento dei nuovi arrivatiè composto da minori, affermanole ong attive sul terreno. Del grup-po facevano parte anche 33 donneincinte, due delle quali la settimanascorsa sono state immediatamentetrasferite alla clinica Zeu HealthCenter III, dove entrambe hannopartorito rispettivamente una fem-mina e un maschio. Alcuni dei ri-fugiati hanno riferito al personaledell’Unhcr (agenzia dell’Onu per irifugiati) testimonianze struggentidi aggressioni perpetrate ai dannidei propri villaggi da parte deigruppi di miliziani. Molti hannoraccontato di essere stati separatidalle famiglie e di aver avuto pocotempo per prendere i propri effettipersonali o cercare i propri familia-ri prima di fuggire. Solo pochissi-mi — dicono gli operatori dell’O nu— hanno potuto portare con sé ipropri averi e la maggior parte èfuggita scalza con i soli indumentiindossati in quell’istante.

Al momento, i rifugiati alloggia-no in una struttura da quarantenaa causa dell’emergenza covid-19. Ilgruppo è stato trasferito allo ZeuFarm Institute, un vecchio centrodi formazione per agricoltori deldistretto di Zombo, che attualmen-te funge appunto da struttura diquarantena. Per supportare il cen-tro, l’Unhcr ha allestito 318 tendefamiliari, nonché nove cisterne perl’acqua, aree per lo screening medi-co, servizi igienici e postazioni perlavare le mani. Inoltre, l’Unhcr e ipartner stanno assicurando cibo,acqua, visite mediche e alloggitemporanei, nonché unità medichee un’ambulanza a disposizione persoccorrere chiunque necessiti diosp edalizzazione.

Il ministero della salute ugande-se ha condotto test anti covid-19 acampione, e i primi 570 hanno datorisultato negativo. Ai rifugiati sonostati somministrati vaccini anti co-lera, morbillo, rosolia e polio non-ché dosi di vitamina A. Dopo unaquarantena obbligatoria di 14 gior-ni, secondo quanto previsto dallelinee guida e dai protocolli nazio-nali in materia, i richiedenti asilosaranno trasferiti presso gli insedia-menti di rifugiati esistenti. L’Unhcrha «accolto con favore» la decisio-ne presa dal governo dell’Ugandadi consentire al gruppo di rifugiatil’ingresso nel Paese per assicurareloro aiuti salvavita e protezione, ri-porta una nota dell’agenzia delleNazioni Unite.

Per separare due gemelline siamesi

Intervento senza precedential Bambino Gesù

Del semestre di presidenza tedesca dell’Unione europea

Merkel illustra il piano

Il cancelliere tedesco Angela Merkel (Epa)

Sulla Brexit l’Ue vuole un’intesama non a tutti i costi

Sbarcati a Malta 52 migrantidel mercantile Talia

LA VA L L E T TA , 8. Malta ha conces-so lo sbarco delle 52 persone mes-se in salvo nei giorni scorsi dallanave mercantile Talia, battentebandiera libanese, nel Mediterra-neo. Ad annunciarlo è l’ongProActiva Open Arms in un postsu Facebook. «Malta concedel’evacuazione e lo sbarco successi-vo delle 52 persone tratte in salvodalla nave Talia mentre si trovava-no in una situazione critica».

Più volte il capitano della nave,Mohammad Shaaban, aveva chie-

sto aiuto alle autorità maltesi perpermettere lo sbarco.

Intanto, la polizia slovena haarrestato ieri quattro persone conl’accusa di traffico di esseri umani,per avere consentito il passaggioillegale delle frontiere a gruppi dimigranti.

Nel darne notizia, i media re-gionali aggiungono che i migrantientrati illegalmente in Slovenia so-no cittadini di Iraq, Iran, Siria,Nepal e Bangladesh.

Le persone finite in manette so-no tre sloveni e un croato.

BRUXELLES, 8. Michel Barnier, ca-po negoziatore dell’Ue per la Bre-xit, è da ieri a Londra per «conti-nuare le discussioni» con la contro-parte britannica. Al centro dei col-loqui con David Frost, ha dichiara-to Barnier, «le future relazioni fral’Ue ed il Regno Unito». Nei pre-cedenti round di incontri a Bruxel-les si sono evidenziate serie diver-genze. Su Twitter, Barnier ha preci-sato che «l’Ue vuole un accordo, estiamo facendo di tutto per rag-giungerlo, ma non a tutti i costi».

Il capo negoziatore di Bruxellesha aggiunto che c’è un «impegnocostruttivo» da parte dell’Ue, au-gurandosi «un impegno equivalen-te da parte del Regno Unito».

Dopo che Londra ha rinunciatoa chiedere una proroga del periodotransitorio, il 31 dicembre prossimola Brexit diventerà operativa a tuttigli effetti. E senza un’intesa, i rap-porti economici tra le due spondedella Manica saranno regolati inbase alle norme della Wto, cioècon il ripristino di frontiere e doga-ne e tutte le conseguenze.

Fr i z i o n itra Turchiae Francia

TRIPOLI, 8. Sempre più tesa lasituazione tra Francia e Turchiariguardo all’operazione SeaGuardian della Nato nel Medi-terraneo.

Nei giorni scorsi Parigi ha an-nunciato il ritiro temporaneodall’operazione, sostenendo cheuna sua nave militare sarebbestata oggetto di «tre illumina-zioni radar» da parte di imbar-cazioni turche, mentre stava pro-vando a fermare un cargo so-spettato di violare l’e m b a rg osulle armi alla Libia. Accuse chela Turchia ha categoricamenterespinto. «Lavoriamo con il Go-verno legittimo della Libia inconformità con il diritto interna-zionale. Per noi è impossibileaccettare le accuse della Franciadi avere provocato una loro na-ve nel Mediterraneo orientaledurante un pattugliamento Na-to», ha detto il ministro dellaDifesa turco, Hulusi Akar.

La settimana scorsa, il ministrodegli Esteri turco, Mevlüt Ça-vuşoğlu, ha chiesto le «scuse» diParigi. «La Francia non ha dettola verità né alla Nato né all’Ue.Le affermazioni sulle nostre navinon sono vere. Lo abbiamo pro-vato e abbiamo consegnato i do-cumenti alla Nato. E la Nato havisto la realtà», ha dichiarato Ça-vuşoğlu nel corso di un puntostampa congiunto con il suoomologo tedesco, Heiko Maas.

ROMA, 8. Un intervento senza pre-cedenti è stato eseguito all’osp edalepediatrico Bambino Gesù di Roma:tre operazioni, di cui l’ultima dura-ta 18 ore, e un’equipe di oltre trentapersone tra medici e infermieri.L’intervento ha portato, con succes-so, alla separazione di due gemelli-ne siamesi.

Le sorelle, arrivate a Roma dallaRepubblica Centrafricana, sono na-te unite alla nuca e quindi con ilcranio e gran parte del sistema ve-noso in comune. L’intervento risaleal 5 giugno ma solo ieri è stato resonoto: a poco più di un mesedall’operazione, infatti, le due pic-cole, Ervina e Prefina, stanno benee i controlli post-operatori indicanoche il cervello di entrambe è inte-gro e il sistema nervoso funzionabene. Attualmente sono ancora ri-coverate nel reparto di Neurochi-rurgia dell’ospedale pediatrico: leferite infatti impiegheranno deltempo a rimarginarsi e il rischio diinfezione è ancora presente, infor-mano i medici, ma intanto hannopotuto festeggiare il loro secondocompleanno, il 29 giugno, guardan-dosi finalmente negli occhi. «Nonsono mai andata a scuola ma speroche le mie bambine studino Medi-cina e curino altri bambini» ha af-fermato Erminia, la mamma delledue gemelline.

Come è stato spiegato in unaconferenza stampa presso l’osp eda-le, tutto è partito nel luglio del2018 quando la presidente del Bam-bino Gesù, Mariella Enoc, in mis-sione a Bangui, ha incontrato ledue gemelline appena nate, deci-dendo di portale a Roma nel set-tembre 2018, per dargli maggioripossibilità di sopravvivenza. Ervinae Prefina avevano una conformazio-ne rarissima tra i gemelli siamesi:craniopagi totali, cioè unite a livellocranico e cerebrale. Pur avendo tan-te cose in comune, hanno peròsempre mostrato personalità diversee per farle conoscere e riconosceregià prima dell’intervento è statousato un sistema di specchi. Per se-pararle è stato costituito un apposi-to gruppo multidisciplinare, che hastudiato e pianificato ogni dettagliocon gli strumenti più avanzati nelladiagnostica per immagini, rico-struendo in 3D la scatola cranicadelle bambine.

La parte più difficile era la retedi vasi sanguigni cerebrali condivisain più punti, perché intervenire chi-rurgicamente in quelle aree presentaun alto rischio di emorragie e diischemie. Per questo motivo i medi-ci hanno deciso di procedere per 3fasi, per ricostruire due sistemi ve-nosi indipendenti, in grado di con-tenere il carico di sangue che va dalcervello al cuore. Il primo interven-to è stato così eseguito a maggio2019, il secondo a giugno 2019 e ilterzo a giugno 2020 con la separa-zione definitiva, avvenuta con suc-cesso. In sala operatoria ha lavoratoun’equipe di oltre 30 persone tramedici, chirurghi e infermieri.

«Abbiamo gestito una situazionerara nel contesto di una malforma-zione di per sé molto rara» ha spie-gato Carlo Marras, responsabiledell’unità di Neurochirurgia delBambino Gesù. «La peculiarietàqui era data dal punto di contattonel cranio, che coinvolgeva impor-tanti strutture venose. Ma nel no-stro ospedale c’è una scuola di chi-rurgia sui gemelli siamesi e questointervento è l’evoluzione di altri ca-si trattati». Dopo il percorso dineuroriabilitazione, Ervina e Prefinaper alcuni mesi dovranno indossareun casco protettivo e continuare lariabilitazione prima di poter inizia-re la loro nuova vita, che potrannovivere normalmente.

BRUXELLES, 8. Il cancelliere tedesco,Angela Merkel, illustra oggi davantial Parlamento di Bruxelles i puntifondamentali del programma dellapresidenza di Berlino del semestreeuropeo. Si tratta del primo viaggioall’estero di Merkel dall’esplosionedella pandemia. Prima di renderenoto il programma tedesco, Merkelincontrerà i presidenti del Parlamen-to europeo, della Commissione eu-ropea e del Consiglio europeo, Da-

vid Sassoli, Ursula von der Leyen eCharles Michel.

Oltre all'imminente sfida dell'ap-provazione del Recovery fund, ilpiano di sostegno economico euro-peo ai Paesi più colpiti dall’emer-genza covid-19, Merkel ha elaboratoun programma sull'Europa di doma-ni che parla anche di tecnologia di-gitale e sostenibilità, con chiari rife-rimenti al Green Deal europeo e al-le sue scadenze.

Page 3: In fuga dall’inferno dei campi di detenzione...no stati 735.000 nuovi casi, quasi il 20 per cento in più rispetto alla set-timana precedente. Presentando queste cifre, l’agen-zia

L’OSSERVATORE ROMANOgiovedì 9 luglio 2020 pagina 3

Nuovo record quotidiano di contagi

Trump ufficializzal’addio all’O ms

Primarie dem Usa:vittoria di Bidenin New Jersey

e Delaware

WASHINGTON, 8. Joe Biden, can-didato in pectore del partito de-mocratico alla Casa Bianca, havinto le primarie in New Jersey,totalizzando l’88,5 per cento del-le preferenze su Bernie Sanders enel suo Delaware col 90,4% dellepreferenze. Biden ha rappresenta-to questo ultimo Stato per ben36 anni in Senato. Nel New Jer-sey le primarie si sono svolte at-traverso il voto per posta a causadella pandemia di coronavirus.

L’ex vice presidente degli StatiUniti si è matematicamente ag-giudicato l’incoronazione demo-cratica per la sfida a DonaldTrump il prossimo novembre do-ve potrà contare anche sull’ap-poggio esterno di Sanders che siè ritirato dalla corsa per la nomi-nation democratica ma è ancorain ballo per guadagnare delegatida far pesare alla convention delpartito.

Dalle primarie in New Jerseyemerge anche un’altra notizia po-litica forte. Amy Petitgout, 45 an-ni, ex insegnante e moglie di Pa-trick Kennedy, ex deputato terzo-genito di Ted Kennedy nonchénipote di Jfk, ha vinto le prima-rie democratiche in New Jerseyper un seggio alla Camera. A no-vembre, dunque, potrà sedersi aCapitol Hill se batterà Van Drew,l’ex deputato democratico tran-sfuga che, dopo aver votato con-tro l’impeachment a DonaldTrump, è passato al partito re-pubblicano diventando uno deipiù leali alleati dell’attuale presi-dente.

«Il mio messaggio è che ne ab-biamo abbastanza delle divisioni,dell’odio e dell’egoismo. Ne ab-biamo abbastanza di gente comeVan Drew e Donald Trump», hadichiarato Amy Petitgout dopo lavittoria. Con Amy potrebbe tor-nare un Kennedy al CongressoUsa. L’ultimo fu proprio il mari-to Patrick.

WASHINGTON, 8. Il presidente degliStati Uniti Donald Trump ha pre-sentato ufficialmente la notifica alleNazioni Unite per ritirarsi dall’O r-ganizzazione mondiale della sanità,rea di aver reagito con lentezza allapandemia di coronavirus. La letteradi notifica è stata inviata dall’ammi-nistrazione Trump al segretario ge-nerale delle Nazioni Unite, AntónioGuterres, ed entrerà in vigore il 6luglio 2021 visto l’obbligo di preav-viso di un anno, come affermato dadiversi funzionari del governo statu-nitense. Nel frattempo gli Stati Uni-ti dovranno onorare tutti gli impe-gni per l’anno in corso, compresi gliobblighi finanziari. La decisionedell’amministrazione Usa nel pieno

di una pandemia e di una grandecrisi soprattutto in America è statadefinita al Palazzo di Vetro «mio-pe, inutile e pericolosa», «una del-le decisioni presidenziali più disa-strose della storia recente». Non èdunque detto che l’uscita degli Usadall’Oms si concretizzi davvero, vi-ste le elezioni presidenziali statuni-tensi del prossimo 3 novembre. Ilcandidato democratico Joe Bidenha infatti ammesso, in caso di unasua vittoria, che gli Stati Uniti «siuniranno di nuovo all’Oms nel pri-mo giorno della mia presidenza».

Intanto ieri ancora una volta nelPaese è stata varcata la soglia dei60.000 contagi in 24 ore. Il bollet-tino quotidiano della Johns Hop-kins University ieri sera ha registra-to un nuovo record con 60.209nuove infezioni, portando il nume-ro totale di casi rilevati nel Paese aun passo dalla soglia dei 3 milioni.Nelle ultime settimane il paese hasubito un focolaio di infezioni ne-gli Stati del sud e dell’ovest. Ancheil dato dei decessi nelle ultime 24 èsalito impressionantemente, tornan-do sopra quota mille. Sono 131.362in tutto le morti registrate negliUsa dall’inizio della pandemia percause riconducibili al nuovo coro-navirus. Riferendosi ai decessi pro-vocati negli Usa dal coronavirus ie-ri il presidente Usa su twitter hadichiarato che «il tasso di mortalitàè sceso di dieci volte!».

In Venezuelapiù femminicidi

che morti per coviddurante il lockdownCARACAS, 8. Nei primi tre mesi diquarantena a causa della pande-mia del coronavirus, in Venezuelaci sono stati più femminicidi chemorti per covid-19. La denunciaarriva dal rappresentante nel Paesedel Fondo delle Nazioni Uniteper la popolazione (Unfpa), JorgeGonzález Caro. «Ecco quanto èforte la violenza contro le donne ea volte le persone pensano che siaun’esagerazione», ha detto Gon-zález Caro in un’intervista aUnión Radio, riferendo che 21femminicidi sono stati registratidurante il mese di marzo, 20 adaprile e 17 a maggio.

Le dichiarazioni di GonzálezCaro, riportate dai media vene-zuelani, descrivono come situazio-ni umilianti, caratterizzate spessoda maltrattamenti, si aggravano incondizioni di isolamento. Il fun-zionario Onu ha riferito che l’Un-fpa sta lavorando con le autoritàvenezuelane per prevenire atti diviolenza sessuale, fisica e psicolo-gica presso i punti di assistenzaattivati alla frontiera per permette-re ai cittadini di ritorno in Vene-zuela di passare in sicurezza laquarantena obbligatoria di 15 gior-ni.

Delegazione internazionale in Cinaper accertare l’origine animale del covid-19

Il governo raddoppia gli sforzi per gestire l’e m e rg e n z a

Oltre cinquanta morti per le inondazioni in Giappone

TO KY O, 8. Stagione delle pioggesempre più catastrofica nel Giappo-ne sud occidentale con un bilanciodei morti che sale a quota 55, a se-guito delle violente precipitazioniche hanno provocato ampie inonda-zioni e l’isolamento di interi versan-ti. Le numerose frane e i frequentismottamenti hanno obbligato un to-tale di 1,38 milioni di residenti acercare rifugio, in base ai dati delministero degli Affari Interni, men-tre 13 persone risultano ancora di-sperse. La prefettura di Kumamotoè quella maggiormente colpita, con53 morti, migliaia di abitazioni sen-za acqua corrente e diversi villaggicompletamente tagliati fuori da ognicomunicazione. Il governo ha rad-doppiato il numero delle forze di si-curezza impegnate nelle operazionidi soccorso. Si prevede una conti-nuazione delle precipitazioni pertutta la giornata di mercoledì. Soccorritori al lavoro nella provincia di Kumamoto (Afp)

LABORATORIOD OPO LA PA N D E M I A

«Per chi è responsabile la domanda ultima non è: come me la cavo eroicamente in quest’a f f a re ,

ma: quale potrà essere la vita della generazione che viene» (D. Bonhoeffer)

Conversazione con Luca Dal Fabbro, dirigente del primo fondo di private equity italiano sull’economia circolare

Sul Green Dealsarà la natura a rispondere agli scettici

di SI LV I A CAMISASCA

Ha da poco lasciato la carica,più che prestigiosa, dellapresidenza di Snam, la pri-

ma utility europea del gas, esponen-dosi in prima persona in un proget-to pionieristico, in cui molto crede:è una scelta non comune, per certiversi audace, quella che porta LucaDal Fabbro (classe 1966), cursus ho-norum e studi più che brillanti, contappa a Bruxelles e Boston, al lanciodel primo fondo in Italia, e tra i pri-mi al mondo, dedicato all’economiacircolare. D’altra parte la scelta ècoerente con la sua ricca esperienzaprofessionale nel mondo dell’e n e rg i ae dell’energia verde (è stato ammini-stratore delegato in aziende qualiEnel Energia, E.ON Italia e nel cdadi Terna), che lo rendono tra i mas-simi esperti di transizione energeticae sostenibilità.

Da vice presidente del Circular econo-my network e co-fondatore dell’O rg a -nizzazione per il clima e l’economia cir-colare a Bruxelles, nel suo percorso tor-na una costante, quella “v e rd e ”. IlCircular value fund è l’ultimo coerentepasso. Quale valore aggiunge?

Sarà il primo fondo al mondo chemisura e premia i manager, non soloin base ai profitti generati, ma ancherispetto ad un altro indicatore, ovve-ro il raggiungimento degli obiettividi circolarità. È importante che sem-pre più azionisti acquisiscano unavisione olistica della generazione delvalore, non vincolata esclusivamenteai parametri finanziari, ma ancheall’impatto sociale ed ambientale e,a tale valore, si deve giungere attra-verso una governance aziendale tra-sparente e corretta (i cosiddetti fat-tori ESG). Credo molto in questa sfi-da, per la quale sto ripartendo dazero, perché sono convinto che sia ilmomento che anche gli imprenditorisiano costruttori dell’equilibriodell’ecosistema, ridisegnando model-li di business con criteri innovativi esostenibili. Il successo seguirà, masoprattutto avremo proposto qualco-sa di utile.

Dunque, un imprenditore a cura dellacasa comune, e non depredatore all’in-seguimento del mero profitto?

La portata e la gravità di eventiimprevedibili, generati da un piane-ta non più in equilibrio, impongonoall’economia mondiale di rivederegli schemi tradizionali di difesa na-zionale, sovranazionale e dello spa-zio. Abbiamo eserciti che presidianoi confini, truppe cibernetiche a pro-tezione del cyberspace e alcuni paesicon corpi militari speciali per lospazio: qualcuno sta pensando adun ente o un’alleanza, una sorta diNato dell’ambiente, non transatlan-tica, ma globale a tutela del pianeta,dotata di mezzi, risorse e tecnologieproporzionate alla minaccia da fron-teggiare? La sfida intellettuale e cul-turale imposta dalla palese insosteni-bilità dei modelli consumistici attua-li è impegnativa, ma le soluzioni esi-stono. Il Green Deal europeo è unaopportunità per convertire un’eco-nomia sprecona e consumistica in

una circolare e rigenerativa, lungo latraiettoria balistica di medio periododel ripristino progressivo degli equi-libri naturali.

Questo richiede uno “switch” c u l t u ra l eche affermi processi non dissipativi, marigenerativi, delle risorse.

D all’illusione di essere i soli adabitare il pianeta e disporre di risor-se illimitate dobbiamo passare allaconsapevolezza di convivere inter-connessi in un habitat in cui quantoa disposizione si preserva e condivi-de. L’uomo interconnesso vibra inrisonanza con l’ambiente, con madrenatura. L’aria, l’acqua, la flora e lafauna ne diventano il suo liquidoamniotico. Sostituire la cultura delloscarto, nei riguardi del cibo, o pari-menti degli anziani, o degli emargi-nati, ghettizzati e accantonati in una“discarica sociale”, con quella dellasalvaguardia e valorizzazione di fun-zioni e ruoli, sarebbe rivoluzionario.

Dagli arbori della civiltà agricola, nel-la Mezzaluna fertile di 10.000 annifa, la popolazione mondiale è aumenta-ta di circa 15.000 volte: da 4 milioni(meno della metà dell’attuale popola-zione londinese) a circa 9 miliardi diindividui stimati entro il 2050. Oggidue miliardi di persone vivono in con-dizioni ai limiti della sussistenza, masi prevede che entro il 2030 alla mid-dle class si aggiungeranno altri tre mi-liardi di individui. La crescita demo-grafica e dei consumi sta producendouna mole incontrollabile di rifiuti: inun paio di decenni aumenterà del 70per cento.

Senza una virata drastica l’attualemodo di produrre e consumare è de-stinato a fallire, come dimostratodall’insostenibilità della gestione deirifiuti a livello mondiale, ma, in par-ticolare, nei paesi in via di sviluppo,meno attrezzati ad affrontare sfideimmani come la gestione dei rifiutio delle acque reflue, con 4,5 miliardidi persone prive di servizi sanitarisicuri e l’80 per cento di acque re-flue che ritorna nell’ambiente. Perscongiurare un disastro ambientale,occorre porre rimedio subito con in-genti investimenti. Oltre alla crescitaesponenziale degli “scarti”, il cam-biamento climatico metterà a rischio

la copertura nevosa e i ghiacciai,dunque, l’approvvigionamento di ac-qua dolce. Conseguentemente sare-mo più esposti alle inondazioni, checomprometteranno qualità e resadella produzione agricola. Le econo-mie più deboli inevitabilmente pa-gheranno il prezzo maggiore

Il riciclo dei materiali e il recuperoenergetico catturano solo il 7 per centodel valore originario della materia pri-ma. Anche lo spreco di cibo è un feno-meno globale inesorabilmente in cresci-ta: secondo la Fao, ogni anno, un terzodella produzione mondiale di alimenti(oltre 1,6 miliardi di tonnellate) si per-de lungo la filiera, e, a sprecare, sonosoprattutto i Paesi sviluppati, respon-sabili del 56 per cento di questo sper-pero. In Italia, per esempio, le 8,8 mi-lioni di tonnellate di cibo buttate ognianno lungo la filiera, dallo stoccaggioalla distribuzione, valgono 15 miliardidi euro.

Il rapporto curato dal WRAP (Wa -ste & Resources Action Programme)con la Global Commission on theEconomy and Climate stima lo spre-co alimentare globale in 360 miliardidi euro all’anno e, di questo passo,in 15 anni si toccheranno i 500 mi-liardi, pari al doppio del pil dellaGrecia. Tutto ciò è figlio di una cul-tura che vede il benessere generatodalla crescita illimitata del consumo(il consumo è pil), illimitate le risor-se e non vede lo squilibro provocatosull’ecosistema, compresa la scom-parsa delle biodiversità vitali all’ar-monia del creato.

Sprecare cibo significa sprecare acqua eterra (250 mila miliardi di litri e 1,5di ettari /anno) e contribuire per il 7per cento alle emissioni di gas serra(3,3 miliardi di tonnellate di CO2/an-no) e, quindi, al cambiamento climati-co.

Non solo: lo spreco implica ri-svolti etici intollerabili: pensiamo achi non ha accesso al cibo e versa incondizioni di vera indigenza. Sulnostro pianeta 800 milioni di perso-ne soffrono la fame, 160 milioni dibambini, a causa della malnutrizio-ne, crescono con ritardi psico-fisici,oltre due miliardi di esseri umani

mancano di nutrienti per una dietainadeguata.

La sostenibilità non ostacola, per altro,il progresso..

Il contrario: pianificare e lavorareper un benessere garantito nel tem-po, per più generazioni, a tutte lelatitudini e per più specie di esseriviventi evita l’errore fatale di vederel’interesse dell’uomo indipendentedallo stato di salute di tutto l’ecosi-stema. Abbiamo risorse economiche,capacità di ricerca e tecnologie perridefinire il modello di sviluppo,passando dallo schema lineare delconsumo “usa e getta”, a quello cir-colare, del riutilizzo-condivisione-ri-generazione, a patto, però, di rico-noscere che lo spreco non è segno dibenessere, ma di una presunzionedrogata dall’illusione di essere arbi-tri del destino nostro, del pianeta edi chi lo abita.

Nel dramma della pandemia abbiamorealizzato che il riscaldamento globale,l’inquinamento delle città, la plasticanegli oceani hanno un fattore comune:non esistono frontiere, non conosconoconfini. Abbiamo scoperto di essere tutti— dalle bidonville sul Gange agli atticidi Manhattan, dagli atolli del Pacificoalle piattaforme artiche — i n e s o ra b i l -mente legati ad un destino comune.

L’uomo interconnesso, differente-mente dall’homo sapiens, deve fare iconti con il fatto che i fluididell’ecosistema, come aria ed acqua,come i virus pandemici, o come gliattacchi informatici nel cyberspace,viaggiano da un capo all’altro deicontinenti, senza fermarsi alle fron-tiere o di fronte alle barriere geogra-fiche di montagne o fiumi. Tuttociò, se c’era bisogno, ha “magica-mente” socializzato il problema, loha reso prossimo, rendendoci consa-pevoli che, nell’era della sharing eco-n o m y, la medaglia dello sharing glo-bale ha anche un volto negativo eincontrollabile. Ora sul tappeto c’èun problema globale, innescato dalmondo occidentale ed accelerato, edoggi aggravato da quello in via disviluppo, all’inseguimento dei nostristandard di vita.

Come intervenire?

In due direzioni: dal basso edall’alto. Nella direzione top-downha svolto un ruolo positivo l’a c c o rd odi Parigi sul clima, con l’imp egnovolontario di più di 180 Paesi a in-tervenire per ridurre le loro emissio-ni serra. Ma è un errore pensare chequesto rappresenti un punto di arri-vo nel percorso di contrasto alla mi-naccia climatica: è un punto di par-tenza a cui saldare strategie efficacie concrete a livello locale, e, soprat-tutto, un salto tecnologico che rendaraggiungibili gli obiettivi ambientalifissati.

L’adozione rapida della tecnologia ènecessaria, ma basta a catturare l’op-portunità circolare?

No, l’economia circolare devequalificarsi come prossimo grandepiano di sviluppo dell’Unione euro-pea: un continente ancora molto di-pendente dalle materie prime. In unmondo in rapidissima evoluzione,con molteplici apparati interconnes-si, esposto a imprevedibili shockesterni, è più resiliente se retto sumodularità, versatilità e adattabilità:queste sono qualità preziose rispettoalla massimizzazione dell’efficienza,che poi si traduce in vulnerabilità.Michael Braungart conferma: «I si-stemi naturali supportano l’abb on-danza resiliente adattandosi ai loroambienti con un mix infinito di di-versità, uniformità e complessità. Larivoluzione industriale e la globaliz-zazione si sono concentrate sull’uni-formità dei nostri sistemi, spesso,però, instabili. In alternativa, possia-mo fabbricare prodotti con lo stessotalento per la resilienza». La nuovafinanza deve essere capace di entrarein sintonia con le necessità di muta-re il modello di sviluppo da linearea circolare, e quindi sostenibile, ed ilcostituendo fondo va con decisionein questa direzione.

Qualcuno potrebbe obiettare che lasciareuna strada remunerativa per lanciareun fondo dedicato alla crescita circolareè un’operazione destinata all’insuccesso,perché il consumismo continuerà ad es-sere vincente.

Sono molto fiducioso e agli scetti-ci rispondo che molto presto saran-no madre natura e gli investitori asciogliere il dilemma.

GINEVRA, 8. Una delegazione del-l’Organizzazione mondiale dellasanità (Oms) si recherà in Cinanel prossimo fine settimana perpredisporre una missione interna-zionale, insieme con le loro con-troparti cinesi, per preparare pianiscientifici con l’obiettivo di identi-ficare la fonte zoonotica del covid-19, accertando come la malattia siastata trasmessa dagli animali agliesseri umani.

Lo ha annunciato ieri il diretto-re generale dell’Oms, l’etiope Te-dros Adhanom Ghebreyesus, chesu twitter ha affermato che«l’identificazione dell’origine dellamalattia virale emergente si è di-mostrata complessa nelle epidemiepassate in diversi paesi. Una serieben pianificata di ricerche scienti-fiche farà avanzare la comprensio-ne degli ospiti e il percorso di tra-smissione agli esseri umani».

Michael Ryan, direttore esecuti-vo del programma delle emergenzesanitarie dell’Oms, ha aggiunto che«questo processo è uno sforzo inevoluzione che può portare a ulte-riori ricerche e collaborazioni scien-tifiche internazionali a livello glo-bale», spiegando come l’identifica -zione dell’origine zoonotica potreb-be coinvolgere il regno degli ani-mali selvatici, il regno degli animalid’allevamento, nonché le interazio-ni tra quegli animali e gli umani.Ma le risposte alle domande sullafonte zoonotica di una malattiapossono talvolta sfuggire, come neicasi di ebola, mers e sars; per que-sto ha detto Ryan «comprendereche la narrativa e il percorso attra-verso cui questo virus è entrato nel-la popolazione umana è estrema-mente importante, ma non è sem-pre un processo semplice per poterottenere quella risposta».

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 giovedì 9 luglio 2020

Un’umanità sconvolta dal terrore nell’ultimo romanzo di Franco Faggiani

In fugaa bordo di «o’ rino ceronte»

Un grande tau di pietra biancaLa storia dei fratelli Luigi e Aurelio Luciani, uccisi dalla mafia

In «Non esistono posti lontani»l’autore traccia un itinerario della naturache fa tappa davanti ai grandi temi dell’esistenzaE attraversa la Storia coi suoi tragici eventie la quotidianità trasformata in caos

Un particolare della copertinadel libro «Non esistono posti lontani»

Franco Faggiani

«L’importante è che non ci sianodi mezzo innocenti» pensò MariannaSi sbagliavaNon avrebbe più rivistosuo marito e suo cognato

circolare la voce di una sparatoria con mortidalle sue parti. «L’importante è che non cisiano di mezzo innocenti» commentò lei. Sisbagliava: non avrebbe più rivisto suo mari-to e suo cognato. «Due eroi civili» li defini-sce giustamente Giuseppe Volpe, ai quali al-trettanto giustamente una televisione utile,fruttuosa, offre oggi i propri strumenti per-ché possa essere garantita loro la memoria, emagari ai loro cari, almeno la giustizia.Il monumento dedicato a Luigi e Aurelio Luciani a San Marco in Lamis

di ED OARD O ZACCAGNINI

È certamente utile una televisionedi denuncia, di passione per lagiustizia, di racconto del doloreaffinché non ve ne sia dell’a l t ro .Una televisione di sostegno allo

Stato per illuminare zone buie, ammalatedel Paese, di abbraccio, consolazione e vocealle famiglie sofferenti di persone innocenti

vate armi, droga e resti umani, come spiegail maggiore dei carabinieri Davide Papasoda-ro, circondano luoghi di pace e di pellegri-naggio come Monte Sant’Angelo.

Di fronte alla vecchia stazione di SanMarco in Lamis, sulla pianura ampia doveoggi un grande Tau di pietra bianca omag-gia la memoria di Aurelio e Luigi Luciani,fatalmente, per questione di secondi, si sonotoccate, il 9 agosto del 2017, quelle mani«che si fanno forti attraverso le armi — dice

mafia di Bari, Giuseppe Volpe, «c’è stato si-lenzio per troppo tempo», nonostante unnumero altissimo di morti ammazzati concolpi di pistola sul viso, perché così il mes-saggio è chiaro, forte, e ai parenti del defun-to non rimane nemmeno la possibilità di ac-carezzare il volto della persona scomparsa.

E invece ora, spiega la voce della giornali-sta Emilia Brandi, conduttrice e autrice delprogramma, proprio la morte dei fratelli Lu-ciani «ha obbligato lo Stato a prendere attodella gravità di un fenomeno mafioso sotto-stimato per troppi anni».

Ripercorre la vicenda di Luigi e Aurelioraccogliendo le testimonianze sui luoghi do-ve sono avvenuti i fatti, Brandi, accostandolea foto e filmini privati che raccontano la nor-

malità e la bellezza della famiglia Luciani.Poi procede a una ricostruzione storica me-ticolosa di quel sistema malavitoso, utiliz-zando anche repertori di telegiornali regio-nali Rai. Alla fine la sua voce spiega che«oggi, aspettando giustizia per i fratelli Lu-ciani, le forze dell’ordine hanno messo incampo i loro migliori uomini per combatterequesta guerra», questo conflitto tra diversefamiglie che dura da decenni: prima i Liber-golis contro i Primosa-Alfieri e poi i Liber-golis contro i Romito, spiega lo speciale.

Un dilagare di violenza dopo amicizie sal-tate in aria per un uso dissennato, distrutti-vo dei beni materiali, degli animali e dellaterra, della proprietà e dei confini, del con-cetto stesso di famiglia, portatrice, in questo

caso, di un ciclo di morte mediante una fai-da sanguinaria sempre più infiammata dauna sete di potere che si nutre di ogni meto-do criminale, con alleanze sempre fragili da-vanti all’avidità di denaro.

Una guerra sotterranea, a volte, anche perlunghi periodi, come un fiume carsico cheperò, improvvisamente, risale in superficie euccide, come quella mattina d’agosto in cui«l’obiettivo dei killer — spiega GiuseppeVolpe — era senza dubbio Mario Angelo Ro-mito», ma vi finirono in mezzo «personeperbene che non erano nel posto sbagliato —ci tiene a precisare il procuratore antimafiadi Bari — ma nel posto giusto, dove avevanoil diritto di stare», per quell’attività quotidia-na che nobilmente portavano avanti da sem-p re .

«Cose tra mafiosi» sentì dire Mariannamentre faceva la spesa, quando già iniziava a

«Cose tra mafiosi» sentì direMarianna Luciani mentre faceva la spesaquando già iniziava a circolare la vocedi una sparatoria dalle sue partidove due persone avevano perso la vita

Le campagne tra contadini e pescatori ridotti alla famele colline dalla cui cima «si parla con Dioe si vede il mondo», le borgate desertei boschi di castagni, le faggete immense e il canto degli uccellisono parte integrante della storiadandole ritmo e profondità

diventati testimoni scomodi, pericolosi. Allo-ra sono stati uccisi dalla criminalità organiz-zata che avvelena la loro terra pugliese; sonostati feriti a morte senza pietà, lasciati sottoil sole bollente della piena estate, una matti-na d’agosto del 2017, nel paesaggio splendi-do che amavano, che lavoravano con quelsacrificio silenzioso, quotidiano, che solol’amore per le proprie radici rende sostenibi-le, leggero, insieme a quello per una famigliasana, unita, e per un mestiere onesto.

«D’estate si lavorava tanto — ricorda Ma-rianna, la moglie di Aurelio — e quindi nonsi andava al mare». La dolcezza, però, ram-menta la donna insieme ad Arcangela, lamoglie di Luigi, brillava nel carattere dei lo-ro mariti: due fratelli che si rispettavano,rappresentanti entrambi di quel bene che in-sieme al suo contrario abita la terra del Gar-gano, dove le grotte in cui sono state ritro-

ancora Arcangela — ma che senza le arminon sono niente», e «le mani nude di chimetteva semi nella terra per dare vita».

È bello, allora, leggere come utile alla col-lettività, al futuro, la storia dolorosa di Luigie di Aurelio, quella delle loro mogli e dei lo-ro figli, alcuni dei quali ancora molto piccolie ai quali sarà difficile spiegare l’assurdo ac-caduto. La storia, anche, dell’anziano padreAntonio, che continua a lavorare quelle zol-le, quelle piante, quella campagna amata,con un dolore immenso dentro, perché tuttogli ricorda i suoi due figli e vorrebbe almenosapere chi è stato a portarglieli via.

Consola, offre speranza, leggere la storiadi questi due innocenti, sulla cui lapide èscritto «offro il mio corpo in sacrificio pervoi», come la possibilità di alzare il velo sul-la mafia che abita quei territori, ma sopra laquale, spiega il procuratore distrettuale anti-

morte in modo inaccettabile, permano criminale.

Con questo obiettivo, il pro-gramma «Cose nostre», in ondadal 2016, propone nella seratadell’8 luglio, su Rai Uno, unospeciale sulla storia tragica deifratelli Luigi e Aurelio Luciani,uccisi barbaramente perché aveva-no visto qualcosa che non dove-vano vedere, perciò, secondo laferoce logica mafiosa, sarebbero

di ENRICA RIERA

Un lungo racconto sul-l’Italia del 1944, suun’umanità sconvoltadal terrore, ma puresul traffico delle opere

d’arte trafugate e scomparse dal Pae-se durante il secondo conflitto mon-diale. Questo e altro è Non esistonoposti lontani (Roma, Fazi Editore,2020, pagine 288, euro 18), l’ultimoromanzo del giornalista e scrittoreFranco Faggiani, in libreria da gio-vedì 9 luglio.

Filippo Maria Cavalcanti, narrato-re e protagonista principale della sto-ria, è un archeologo romano di set-tantadue anni. Oppostosi al partitofascista, viene trasferito dal ministerodell’Educazione nazionale di cui èdipendente a Bressanone per super-visionare gli imballaggi di un caricodi tesori artistici — tra dipinti, scultu-re e sarcofaghi — diretti nella Germa-nia del Terzo Reich. Nel corso delfreddo soggiorno in terra sudtirolese,Filippo si imbatte all’improvviso nelgiovane ischitano Quintino, confina-to pure lui in Alto Adige.

Entrambi, a bordo di un camion,«o’ rinoceronte» per la precisione,intraprendono, così, un avventuroso

ciliegi (Fazi, 2019), traccia un itinera-rio della natura che fa tappa davantiai grandi temi dell’esistenza e, non-dimeno, attraversa la Storia coi suoitragici eventi e la quotidianità tra-sformata in caos. Oltre al linguaggioscorrevole, alla suspense che costan-temente accompagna il lettore insie-me a una immancabile e piacevole

borghese Filippo («Anche la miapresa di posizione antifascista nonera stata nient’altro che un’opp osi-zione minima, un fatto d’o rg o g l i opersonale, che non aveva niente ache vedere con le ideologie, la ribel-lione e la strenua difesa del bene co-mune» rivela il protagonista). Deci-sione che, alla fine, vira per il sì, peraffrontare con coraggio i rischi delritorno a Roma, rinunciando alla si-cura salvezza offerta dalla Svizzera,in nome di principi improntati nonall’egoismo ma al bene della colletti-vità.

Nell’opera c’è pertanto una pro-fonda riflessione antropologica e diconseguenza politica sul divario so-ciale, a partire dalle forme linguisti-che utilizzate (Quintino si rivolgeall’anziano archeologo col «voi» insegno di rispetto; Filippo è a suoagio quando usa il «lei») sugli idealitraditi e disattesi di certe classi ri-spetto ad altre, sulla distanza gene-razionale che contrappone un uomointegro, tutto d’un pezzo a un ra-gazzo abituato a sopravvivere manon per questo privo di valori, sulloscorrere inesorabile del tempo (belloil richiamo che viene fatto a Giovan-ni Drogo de Il deserto dei tartari). Epoi emerge pure, in maniera dirom-pente, il tema-cuore dell’intera vi-

cenda: il rapporto d’amicizia tra idue personaggi, che è quasi un rap-porto tra padre e figlio, fatto di sti-ma e rispetto reciproci («L’amiciziaaveva di nuovo un buon sapore»).

dalla cittadina altoatesina, dove sog-giornò nel 1925 per curare la tuber-colosi ossea.

Non esistono posti lontani è in-somma un viaggio da nord a sud Ita-

cheologo, stavolta la vanga la utilizzaper scavare nel proprio passato) e deltempo perduto che lascia spazio allasperanza («Il coraggio può servire inogni momento e a qualsiasi età; anzi,da vecchi serve assai. Perciò, nonchiudete mai niente a chiave. Pensatealla gente che abbiamo incontrato,quanto coraggio gli serve a vivere co-sì. Perché tiene una speranza, perchéarriveranno i tempi buoni, comunquemigliori di quelli di adesso. Pensatepure al coraggio che abbiamo messoin quello che stiamo facendo. Il no-stro viaggio vi sembra una passeggia-ta?», dice l’ischitano).

Il finale è emozionante, e confer-ma, come una vibrazione in mezzoal silenzio, quel senso di rinascita elibertà a cui, nonostante la ferociadella guerra, tendono Filippo eQuintino.

e pericoloso viaggio, con lo scopodi riuscire in una vera e propria im-presa: scappare al sud e portare alsicuro tutti i preziosissimi beni dellegallerie e pinacoteche italiane, predadelle razzie dei nazisti (e, come siscoprirà, anche di quelle degli Al-leati).

Ancora una volta, dunque, l’auto-re de La manutenzione dei sensi ( Fa z i ,2018) e Il guardiano della collina dei

ironia tra le pagine e le righe, nel li-bro di Faggiani ci sono, infatti, duevite solitarie che s’incontrano e cheforse, per la prima volta, si trovanodinanzi alla scelta di agire, sfuggen-do all’ignavia e all’i n d i f f e re n z a .

Se per il povero Quintino, la cuivita è fatta perlopiù di stenti e abu-si, è semplice optare per l’i n t r a p re n -denza e l’azione, maggiormenteponderata è, invece, la decisione del

lia, caratterizzato dall’incontro conpartigiani, fascisti, nazisti, monaci,boscaioli e pastori transumanti, gentecomune; un viaggio alla ricerca di sestessi (Filippo, che è appunto un ar-

Tutti questi spunti narrativi, comesi accennava, sono calati nell’ampia,suggestiva e precisa descrizione dellanatura, protagonista, al pari di Filip-po e Quintino, del romanzo. Lecampagne, tra contadini e pescatoriridotti alla fame, le colline dalla cuicima «si parla con Dio e si vede ilmondo», le borgate deserte, i boschidi castagni e le faggete immense e ilcanto degli uccelli danno ritmo allastoria e rappresentano anche il con-traltare di «un mondo che ancorauna volta mi apparve vuoto, desola-to e soprattutto fragile, dove ognicosa si sarebbe potuta sgretolaredandole un piccolo calcio».

Le immagini contrapposte di unanatura ostinata, forte e rigogliosa equelle delle persone rese poverissimedalla guerra, apatiche e smarrite fan-no tornare alla mente il mondo rac-contato nei capolavori di Elsa Mo-rante e Alberto Moravia che, proprionel 1944, lasciarono il loro rifugio difortuna, nel villaggio di Fondi, inprovincia di Latina, per tornare aRoma. Per cui non sembra affattoun caso che Faggiani un esplicito ri-chiamo a Moravia lo realizzi: Filip-po acquisterà e leggerà Gli indifferen-ti («Avevo sentito dire che quel gio-vane autore romano aveva comincia-to a scriverlo a Bressanone e perciòme lo immaginavo a passeggio lun-go le rive del fiume Isarco, o sedutosulla mia panchina ai giardini diRapp»), per la cui stesura il suogrande autore rimase influenzato

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L’OSSERVATORE ROMANOgiovedì 9 luglio 2020 pagina 5

Uno studio di Fausto Colombo sull’«Ecologia dei media»

Il manifestodella comunicazione gentile

La comunicazione è un bene preziosoe merita di essere preservatadalla sporcizia che produciamoinondando il web di tweet o di postfuorvianti, falsati, aggressivi, istigatori all’odioportatori di notizie artefatte

Coincidenza tra invenzione e formaIn viaggio tra le opere dello scultore Paolo Staccioli

Particolare dalla copertina

lecitamente agli utenti per fini commerciali e politici,come nello scandalo di Cambridge Analytica, ma an-che di monitorarne e indirizzarne i comportamenti. Aciò si aggiungono quelle modalità comunicative chepossono inquinare il nostro universo simbolico. Il ri-ferimento è ai discorsi d’odio e alle false verità, fake

Ricuperare la funzione originariadella comunicazione come legamesignifica scoprireche ogni comportamento scorrettocrea diverse vittimeA cominciare da chi lo adotta

Le sue opere sono forma e colore insiemeprocedendo da una specie di festa dello sguardoche sa posarsi sul vivente

gendo alla saturazione dei tempi e degli spazi vitaliindividuali. Per Colombo è giunto il momento di fer-mare la sempre più dilagante frenesia social e di fareautocritica, per trovare il modo giusto di comunicaree di restare umani. Perché è questo che è in gioco: lanostra umanità. Ed è per questo che, dopo l’analisidel contesto il sociologo, vengono presentate le prati-che quotidiane che promuovono una rinnovata sensi-bilità etica nell’uso dei media.

Colombo tuttavia non si limita a elencare tali prati-che, ma prova a farne sintesi proponendo un suo«manifesto per una comunicazione gentile», dove neltermine gentile è racchiuso un invito ad abbassare itoni, a rispettare l’interlocutore, a tornare al garbo ri-chiesto dalla conversazione in cui ci si guarda drittonegli occhi. «Ricuperare la funzione originaria dellacomunicazione come legame — scrive Colombo — si-gnifica scoprire che ogni comportamento scorrettocrea diverse vittime, a cominciare da chi lo adotta.L’hater abbassa la propria qualità di persona, e così èper chi preferisce restare nella propria filter bubble e,per non stimolare una curiosità verso il mondo e ildiverso da sé, rinuncia all’opportunità di essere piùumano».

Lo studioso richiama anche alcune modalità utiliz-zate per “s m o n t a re ” gli odiatori in rete o i troll, spes-so basate sul principio del “passo indietro”: non repli-care, restare discorsivi anche in situazioni critiche e

di GA E TA N O VALLINI

E se provassimo a considerare un tweet o unpost su Facebook come una bottiglietta diplastica lanciata nell’oceano del web? Fo r -se non faremmo fatica a immaginare lamostruosa quantità di rifiuti prodotti ogni

giorno dalla comunicazione digitale. Non dovrebbequindi stupire l’uso del termine inquinamento ancheper il mondo cosiddetto virtuale, soprattutto se siconsidera la parte nociva, nient’affatto piccola, diquesta comunicazione. Nociva perché spesso incom-

pleta, limitata, fuorviante, falsata, aggressiva, istiga-trice all’odio, propagatrice di notizie non vere o arte-fatte. Una nocività i cui effetti sono pericolosi, siapure in modo diverso, quanto quelli dell’inquina-mento ambientale. Per questo parlare di ecologia an-che in tale ambito non è solo una provocazione, mala constatazione di una realtà di cui bisognerebbeiniziare a preoccuparsi seriamente. Perché la comuni-cazione è un bene prezioso e merita di essere preser-vata dalla sporcizia che noi stessi contribuiamo aprodurre quotidianamente.

Ma che cosa significa guardare ai media con un ap-proccio ecologico? Nel concreto lo spiega Fausto Co-lombo, sociologo della comunicazione, in un libro in-titolato appunto Ecologia dei media (Milano, Vita ePensiero, 2020, pagine 108, euro 13) e che già nel sot-totitolo — «manifesto per una comunicazione gentile»— indirizza il lettore verso il vero fulcro di tutta laquestione: la qualità delle relazioni tra le persone.Sembrerebbe una chiave di lettura scontata, ma è l’as-sunto di base che la rende a suo modo originale: lacomunicazione, per Colombo, è infatti «il più fonda-mentale dei beni comuni della nostra specie: salvarlasignifica salvare l’umano».

Incrociando analisi critica e prospettiva etica, lostudioso presenta i media nel loro complesso come unecosistema che si evolve continuamente. Un’evoluzio-ne caratterizzata da diversi stadi storici — ondate lechiama Colombo — a partire dai mezzi a stampa, pas-sando per la radio e la televisione, per giungere a unaprima digitalizzazione, poi all’utopia di internet, finoad arrivare alla fase attuale, quella delle grandi piatta-forme, costituite da macchine algoritmiche alimentatedai comportamenti degli utenti. Un ecosistema digi-tale in cui le precedenti forme di comunicazione —dalla musica al cinema, dalla radio alla tv, dal giorna-lismo all’editoria libraria — si sono definitivamentesaldate in un luogo virtuale dove tutto è fruibile.

In tale contesto giocano un ruolo sempre più cen-trale i cosiddetti social media, i quali, sottolinea Co-

news, circolanti sui social, che — in man-canza della “vecchia” mediazione delleistituzioni culturali e dei classici mezzi diinformazione — le piattaforme sembranonon riuscire a limitare adeguatamente.

Ma ciò che sta più a cuore all’autore èil ristabilimento di sane relazioni interper-sonali. Praticare un’ecologia dei media si-gnifica infatti agire per migliorarle, consa-pevoli che si può rendere migliore il mon-do in cui viviamo anche attraverso i me-dia, non limitandosi a seguire, in modospesso ingenuo, il progresso tecnologico ole leggi del mercato, ma al contrario rea-

così via. Ma oltre a queste evidenzia altre tecniche,«ispirate — precisa — da una diversa consapevolezza,come quella di cercare di chiamare per nome l’altro odi mostrarsi interessati alla sua vita e alle sue ragioni.Sono tecniche — aggiunge Colombo — che vengononon dalla comunicazione online, ma dalla comunica-zione tout court, e quindi dall’idea di fondo che leorigini di ogni interazione umana stiano nell’i n c o n t rofaccia a faccia, che mette in gioco i corpi e gli sguar-di. Ogni altro tipo di comunicazione discende daquell’esperienza, che deve dunque essere sentita comeoriginaria, a cui bisogna guardare, che va consideratapreziosa e possibile sempre, anche se l’incontro realefra persone di un grande gruppo social può esseretalvolta quasi un’utopia».

Quello dell’autore sembra dunque soprattuttoun richiamo alla comune appartenenza, a quellaspecie umana che, sola fra tutte le specie, in conti-nuità con le generazioni passate, riesce a pensarese stessa nel presente e a immaginare il proprio fu-turo proprio attraverso la comunicazione. E alla fi-ne — sebbene suoni strano in questo tempo di di-stanziamento sociale forzato — non stupisce che ilmessaggio ultimo di Colombo si riassuma così:nulla è più potente di una stretta di mano, di unabbraccio, consci che «perdere la radice della co-municazione significa anche smarrire la consapevo-lezza che ci è data da sempre: la possibilità (alme-no la possibilità) di un incontro personale, di unosguardo reciproco di riconoscimento, di un nomepronunciato con rispetto e amore».

lombo, «più che dalla loro natura social, sono carat-terizzati da un peculiare insieme di capacità tecnolo-giche, di modelli di business e di organizzazioneaziendale, di abitudini culturali, di pratiche d’uso easpettative». Il tutto grazie ad algoritmi in grado nonsolo di utilizzare le informazione carpite più o meno

di DAV I D E ROND ONI

Nel viaggio fatto nel nomedi Arturo Martini, maestroassoluto di scultura delNovecento, sto incontran-do scultori di oggi. Ovve-

ro esseri sospesi tra stelle e inferno.Creature oggi quasi “i n c o m p re n s i b i l i ”.

Martini cercava la “quarta dimensio-ne” della realtà nell’opera, e in questaepoca dominata dalla de-corporeizzazio-ne, dalla bidimensionalità pretenziosa,dal virtuale, incontro dunque figure ge-niali e bizzarre che, tenacemente, dannovita a forme, corpi, statue. Figure chesembrano andare disperatamente o me-glio forsennatamante, fuor di senno, inopposizione, controsenso. Riaffermanoil peso, il corpo, il valore plastico, il ge-sto. E l’esistenza di quella “quarta di-mensione” che dà senso alle altre tre.Inoltre mostrano il valore della smisura-ta dedizione.

Così dopo Riva, Severino, Mutinelli,Tulli, Rivalta e Carroli, oggi guardo leopere di Paolo Staccioli. Questo mae-stro di Scandicci, dalle mani prodigioseche lavorano per bronzo o soprattuttoper ceramica con tecnica a lustro e dacui escono figure iridescenti e contadi-ne, arcaiche e future, sembra attraversa-re la propria epoca dietro al suo nugolodi sogni, o di commozioni o di allegrie.Piantato lì, a lato della grande capitaledella scultura rinascimentale, quasi disguincio a quella così potente e quasidittatoriale nella sua superba riuscita, loscultore Staccioli quasi-fiorentino im-bocca altre strade, sentieri, pertugi. Eguarda la fiorentina capitale di scultura(come non potrebbe) ma con la codadell’occhio. E se ne va per le sue con-trade, dove forse ha incontrato pittoriantichi e recenti, da uomini delle caver-ne a de Chirico, da decoratori di anforegreche a disegnatori di maschere. Fiabe-sco, dicono certuni, ma io direi più vici-no a una povera e dignitosa allegria digente di campo, quella che si divertivaad alambiccare mondi con gente sopra asedere, arlecchini o enormi dondoli oguerrieri fantastici.

In Staccioli colpisce la coincidenzatra invenzione e forma, come se la cera-

rapporto tra colore e scultura in Staccio-li parla di una fusione negli occhi. Ov-vero di un movimento che vede forma ecolore insieme. Le sue sculture non so-no “colorate”, sono forma e colore insie-

ga certi echi, dagli allungamenti etruschie giacomettiani fino a una giocosità sa-cra quasi chagalliana, tra ghirigori, ma-glie e “scarab o cchi”, ma Staccioli ha unsuo sentiero nel bosco dell’essere, una

sua ricerca dei movimenti primari dellostupore. Abita in uno spazio di visionisenza tempo, o meglio, uno spazio doveil tempo deposita senza rancore né iro-nia guerrieri, cavalli, figure che portanol’arcaico e il ‘900 addosso, e lo portanocon lieve sapienza attraverso territoriche sono già futuro.

Non credo che lo scultore di Scandic-ci abbia un programma, non lo conoscodi persona, non ne abbiamo mai parla-to. Ma vedo che nel suo lavoro germinauna via futura per la scultura. Operantenello spazio, provocato a non essere“privato” ma comune, e operante nellamemoria involontaria dell’o s s e r v a t o re ,chiamato a far emergere regioni non fre-quentate dello spirito, quelle che chia-miamo con un nome generico “lib ertà”.

mica fosse da sempre esistita per diven-tare le sue visioni. E colpisce la sua de-vozione magistrale al colore, che resti-tuisce con prodigi tecnici, in una vivez-

me, procedendo da una specie di festadello sguardo (non saprei chiamarla al-trimenti) che sa posarsi con semplicitàsul vivente. È naturale che l’esperto col-

za che riesce a reinter-pretare l’esistenza del-la scultura colorata,dopo che i nostri oc-chi per secoli si sonoabituati alla sculturaincolore a imitazionedi opere classichesbiadite col tempo. Il

Con un elemento di-strubante, però, o me-glio un elemento ricor-rente non pacificato edrammatico, se così sipuò dire: le opere diStaccioli ci fissano, especie le figure umane,che senza prosopopeahanno il volto inclina-to all’alto — come ac-cadeva in certi capola-vori di Martini — quasiinterrogandoci su qua-le sia l’altezza a cui te-niamo sguardo, qualepostura umana, insom-ma, ci interessa davve-ro. Se quella che senzaalterigia si apre allestelle o quella che, cur-va in una strana cupi-digia, pensa di stringe-re il reale tra le mani.Così la sua splendidabambina che abbracciail collo del cavallo par-tecipa all’empito vitaledella elegantissima be-stia con il suo sguardorivolto all’alto, in unabbraccio timoroso econfidente. Divenendopiccola e forte testimo-ne della nostra condi-zione umana.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 giovedì 9 luglio 2020

Dichiarazione della Conferenza delle Chiese del Pacifico

Verso una nuovanormalità

SU VA , 8. «L’impatto del coronavi-rus, sebbene profondamente tragicoda una parte, ci offre un’opp ortuni-tà unica di immaginare la vita in unmodo diverso. Mai prima d’ora ilnostro mondo è stato così benedet-to dalla creatività e dall’ingegnosità,eppure anche così tormentato dallanostra follia nel credere che non cisono limiti al nostro potere e a ciòche possiamo fare. Il covid-19 ha ri-velato questa pazzia nel modo piùsorprendente e impressionante. Simette a nudo e si frantuma l’illusio-ne di una “normalità” che il mon-do, e noi nella nostra regione, hadato per scontata, e del suo caratte-re inevitabile». È quanto sostiene lapastora Tevita Havea, moderatricedella Conferenza delle Chiese delPacifico (The Pacific Conference ofChurches, Pcc), organismo ecume-nico nato nel 1961, che oggi rag-gruppa 30 Chiese e otto Consigli diChiese, ritenendo che il 2020 è unmomento di svolta per le isole delPacifico, in particolare nel ripensarel’ecumenismo, l’ecologia, la politicae lo sviluppo nella regione, e inco-raggiandole a considerare le lezioniimparate dal passato per «creareuna nuova normalità».

Riguardo all’ecumenismo, i re-sponsabili religiosi devono «indica-re la rotta del nostro viaggio», spie-ga la moderatrice, delineando la vi-sione futura di una nuova modalitàdi essere Chiese: non più guardan-do, come nel passato, a modelli“presi in prestito” dal mondo occi-dentale, ma tenendo conto di espe-rienze, culture, tradizioni e visionidel mondo diverse, nell’ottica emer-sa negli ultimi anni dallo sposta-mento nella visione dell’ecumeni-smo, dall’idea di «unità del corpodi Cristo» a quella di «famiglia diD io».

L’ecologia è il secondo puntocruciale evocato dalla pastora nella

sua lettera: sottolineando l’imp or-tanza come dovere cristiano di esse-re custodi della creazione di Dio, iltesto esprime l’impegno nella coo-perazione e nel lavoro a livello lo-cale e regionale affinché gli effettidella globalizzazione non siano de-vastanti. Molto dipende dalla com-prensione dell’interdipendenza deivari fattori, del fatto che Chiese,sviluppo, politica, economia e am-biente sono strettamente intercon-nessi. Il futuro della regione pacifi-ca dipenderà anche da quanto siriuscirà a far valere, sottolinea Ha-vea, «la saggezza delle nostre tradi-zioni, culture e spiritualità […] neldefinire i nostri specifici e distintiindicatori di sviluppo».

E qui si inserisce il terzo puntochiave della lettera, la politica: an-che in questo caso la moderatriceribadisce chiaramente che la “nuovanormalità” non deve più esserequella modellata a New York o aLondra, e nemmeno a Canberra o aWellington, ma deve corrisponderealla realtà delle popolazioni del Pa-cifico, con il loro bagaglio cultura-le, di tradizioni e di spiritualità.«Dobbiamo lavorare insieme — di-chiara la moderatrice — per creareobiettivi politici comuni, utilizzan-do indicatori per misurare lo statodi salute della nostra vita politica.Abbiamo bisogno di rinunciareall’abitudine di ascoltare soltantopersone che ci assomigliano o cheprovengono dalla stessa sottoregio-ne: Polinesia, Micronesia o Melane-sia». In questo contesto la “nuovanormalità” deve «superare i confinipolitici artificiali creati dal passatocoloniale», e vedere soprattuttopersone «orgogliose delle rispettivestorie».

Nell’ultima parte del testo, dedi-cata allo sviluppo, Tevita Haveasottolinea che oggi l’identità regio-nale e locale nel Pacifico sta suben-do non solo pressioni oggettive de-rivanti da un consumo, una com-mercializzazione e una secolarizza-zione sempre più crescenti — chesono parte integrante del processodi globalizzazione — ma anche leconseguenze dell’incapacità a defi-nire ciò che lo sviluppo dovrebbeessere nella regione.

«Il risultato — precisa — è stato ildeclino dell’autostima in quantopersone uniche del Pacifico e, quin-di, il declino della cooperazione edei rapporti di sviluppo». Ne èconseguita una perdita di moralenelle rispettive società, «accompa-gnata da un deficit di fiducia nei si-stemi politici, nei leader politici edecclesiali e nella responsabilità reci-proca tra persone».

Quello che occorre fare non è su-bire passivamente le conseguenzedella depredazione e devastazionedi risorse, ma riscrivere una diversastoria di sviluppo, che, conclude ildocumento, non riguarda solo ilbenessere materiale e fisico.

Il vescovo di Kalookan sulle nuove periferie esistenziali nelle Filippine

Anche nei “mall”va annunciato il Vangelo

La Chiesa locale sulla discussa legge anti terrorismo

Una strada sbagliata

Le comunità diocesana di Bombay in aiuto dei poveri colpiti dal coronavirus

Testimonianza di fede, speranza e carità

di PAOLO AF FATAT O

Kalookan. C’è giubilo e attesa nella comu-nità cattolica perché si avvicina nelle Fi-lippine il momento in cui, il 10 luglio

prossimo, la Chiesa — dopo la “quarantena di co-munità” imposta dal governo per contenere il co-vid-19 — può riprendere a celebrare la messa cumpopulo, seppure in numero limitato. Grazie aimass-media, la Chiesa è riuscita a mantenere ilcontatto con i fedeli, ma nulla si può dare perscontato, anche in un paese a maggioranza catto-lica. Ci si chiede, infatti, tanto più in un tempodi distanziamento sociale che rischia di raffredda-re le relazioni interpersonali, come facilitare l’in-contro tra Cristo e l’umanità di oggi, presa dallesfide della vita quotidiana, assediata dalla povertào anche persa nel vortice del consumismo. Comefare e quali modalità scegliere per permettere cheil Vangelo raggiunga e possa toccare i giovani, le

famiglie, i professionisti, ma anche i poveri e glioppressi? La Chiesa cattolica delle Filippine, ri-parte da un dato ritenuto non molto confortante,e appurato già ben prima dello scoppio del-l’emergenza coronavirus: solo il 20 per cento difedeli frequenta assiduamente la messa domenica-le. Ci si interroga, allora, sui luoghi dove uominie donne del terzo millennio vivono la propria so-cialità: così occorre che l’annuncio del Vangelo ri-suoni tra la gente frettolosa che si aggira per illussuoso centro commerciale. O, d’altro canto,giunga negli slum dove migliaia di persone vivo-no una vita di stenti, disagi, indigenza, in condi-zioni subumane.

Il vescovo Pablo Virgilio S. David, alla guidadella diocesi di Kalookan, che abbraccia parte delterritorio della vasta metropoli di Manila, spiegain un colloquio con «L’Osservatore Romano»:«La nostra azione pastorale oggi mira a contra-stare la diffusione di un virus, pericoloso quantoil coronavirus, che sta infettando il popolo filippi-no: è il virus dell’indifferenza». «Ciò che mi spa-venta non è la violenza dei cattivi, ma l’indiffe-renza dei buoni», rileva il vescovo, citando unprofeta moderno come Martin Luther King. Il ri-ferimento diretto all’odierno contesto delle Filip-pine è quello alla «guerra alla droga», la campa-gna lanciata nel 2016 dal presidente Rodrigo Du-terte allo scopo di liberare la società dallo spaccioe dalla tossicodipendenza, ma condotta con me-todi violenti, criticati in patria e a livello interna-zionale. «Molti sacerdoti, religiosi e laici dellenostre comunità — riferisce il vescovo — sono im-pegnati nell’accompagnamento delle vittime o persensibilizzare per la difesa della dignità umana,della giustizia e dello stato di diritto». «L’ap-proccio violento della campagna anti-droga, pro-mosso dalle istituzioni — prosegue — sta eroden-do il sistema democratico. Il governo, poi, cercadi imporre il silenzio ai dissidenti e a ogni vocecritica». Monsignor David racconta con preoccu-pazione il quadro della situazione avendo vissutosulla sua pelle l’infamia di una ingiusta accusa.Dopo un’indagine, il ministero della giustizia del-le Filippine ha assolto dalle accuse quattro vesco-vi cattolici, tra i quali David, in un primo tempodenunciati e imputati per sedizione. L’accusa ver-so un gruppo di 36 tra attivisti, avvocati, religiosi,era «complottare per rovesciare il governo di Ro-drigo Duterte», ma la mossa è stata descritta damolti osservatori come un’intimidazione per ri-durre al silenzio leader sociali e religiosi criticiverso il governo.

Il medesimo scenario potrebbe ripetersi in basealla nuova legge anti-terrorismo, approvata dalParlamento e appena firmata dal presidente Ro-drigo Duterte: il provvedimento conferisce nuovispeciali poteri all’esecutivo e, come ripetono dagiorni attivisti, Chiese, ong, avvocati, il governopotrà ordinare l’arresto, il congelamento dei benio la sorveglianza di individui e organizzazioni so-spettati di essere terroristi, arrogandosi poteri chesolo la magistratura dovrebbe avere, violando ilprincipio della separazione di poteri, stabilito dal-la Costituzione filippina.

La Chiesa tutta, riprende il vescovo «è oggipiuttosto preoccupata, perché troppo spesso sitollerano nella società violenza e ingiustizia». Intale quadro, rileva, «a farne le spese sono avvoca-ti, difensori dei diritti umani, attivisti, membri diong e anche preti, religiosi e laici cattolici che so-no dalla parte dei poveri, degli oppressi, che di-fendono la dignità dei più vulnerabili». Per que-sto David mette in guardia dal «virus dell’indiffe-renza che ha già ucciso migliaia di persone».

Con lo stesso spirito della «prossimità», delvoler «accompagnare e guidare le anime del po-polo santo di Dio», il vescovo racconta della cre-scente presenza di cappelle e di sacerdoti che pre-stano sevizio pastorale nei grandi mall, i centricommerciali sempre più vasti e diffusi, che carat-terizzano la grande Metro Manila, metropoli conoltre 13 milioni di abitanti. Si tratta dei luoghidove, normalmente, soprattutto nel fine settima-na, le famiglie filippine della classe media trascor-rono intere giornate. Anche la domenica, liberada impegni lavorativi, diventa spesso il tempoopportuno per visitare nuovi esercizi commercialisempre più moderni e con merce originale, pas-sando di fatto l’intera giornata all’interno di que-ste “città nelle città”. Sono quelli che il sociologofrancese Marc Augé definisce con un neologismo“non-luoghi”, perché destinati, in origine, solo altransito di esseri umani, con scopo puramentefunzionale. Sono poi divenuti luoghi di aggrega-zione, dove la popolazione si ritrova secondo una

logica, di stampo capitalista, che subordina le re-lazioni umane al consumo. I non-luoghi sono sle-gati da identità, storia e relazioni interpersonali.E sono un prodotto della “submo dernità”, tipicidella nostra epoca: partendo da questa analisi eda questa consapevolezza la Chiesa filippina haattivato, nella riflessione legata alla nuova evan-gelizzazione, il seme di una presenza cattolica an-che nei “non-luoghi”. Sono nate così le prime

cappelle, dove sacerdoti svolgono servizio pasto-rale celebrando la messa, ascoltando i fedeli, ogarantendo il sacramento della riconciliazione. «ÈCristo che viene incontro all’uomo del nostrotempo, alle sue paure, necessità, esigenze, prontoad abbracciarlo e dargli consolazione e salvezza»,spiega il vescovo. E così al Victory central mall diKalookan già da alcuni anni la gente frequenta lamessa domenicale nella cappella dedicata a No-stra Signora del Rosario di Manaoag. «I fedelichiedono un colloquio con i sacerdoti, per riceve-re consigli spirituali o confidare le loro preoccu-pazioni. È il seme del Vangelo gettato nel terrenodel cuore umano, che fiorisce nella vita dei bat-tezzati che così possono riscoprire la presenza diCristo nella propria vita», nota David.

Sono le “periferie esistenziali” che la Chiesa èchiamata a incontrare, portando la luce del Van-gelo. Ma vi sono anche le “periferie materiali”nella mente e nel cuore del vescovo David: si rife-risce, in particolare, agli slum, le vaste baraccopo-li dove centinaia di migliaia di persone vivononel degrado e in miseria assoluta. La città di Ka-lookan, che costituisce la parte settentrionale del-la Metro Manila — composta dall’insieme di 16città — abbraccia numerosi slum. «Facendo no-stro l’invito di Papa Francesco, abbiamo avvertitoquesta esigenza: non solo curare i fedeli che ven-gono in chiesa o aspettare che essi vengano nellenostre parrocchie. Al contrario vogliamo usciredalla nostra zona di confort e recarci in mezzo aloro, specialmente nelle aree dove vivono le fami-glia più povere». Così sono nate vere e proprie“stazioni missionarie” all’interno delle baraccopo-li, dove uno o più sacerdoti e consacrati stabili-scono la propria residenza, scegliendo di condivi-dere la propria vita con la gente di quei quartieri.«Sono soprattutto i religiosi ad aver accolto l’in-vito, aprendo case negli slum. Ognuna di questerappresenta una luce, un segno della presenza vi-va di Cristo». Questa esperienza si è rivelata tan-to più preziosa in tempi di lockdown: i religiosihanno svolto la funzione di speciali “antenne”,segnalando speciali bisogni e necessità dei resi-denti e facendosi canali di solidarietà concreta.

Inoltre, nota il vescovo, quella presenza stabilesta dando copiosi frutti di evangelizzazione, comesi vede dalla richiesta di sacramenti, a partire daibattesimi, che i sacerdoti dispensano alle famiglieche vivono in quelle realtà. Testimonianza delVangelo e condivisione di vita tra i poveri: il fu-turo della Chiesa nelle Filippine — che si apprestaa vivere, nel 2021, i 500 anni dell’arrivo della fedenell’arcipelago — comincia da qui.

MANILA, 8. Le Filippine «stanno prendendo lastrada sbagliata» con la promulgazione delprovvedimento che introduce un ulteriore girodi vite alla Human security act del 2007, attri-buendo accresciuti poteri alla polizia e all’esecu-tivo per lottare contro il terrorismo. La presa diposizione viene da monsignor Socrates B. Ville-gas, arcivescovo di Lingayen-Dagupan e giàpresidente della Conferenza episcopale delle Fi-lippine (Cbcp), che in una dichiarazione, diffu-sa dal sito dell’episcopato, riferisce del «grandedisappunto» dei suoi fratelli vescovi in seguitoalla firma del disegno di legge da parte del pre-sidente Rodrigo Duterte, nonostante le preoccu-pazioni sollevate da vari settori. «È moralmente

sbagliato lasciare l’interpretazione delle normedi questa legge alla mercé di persone senzascrupoli», ha dichiarato l’arcivescovo di Linga-yen-Dagupan, precisando che la Chiesa è controil terrorismo. «Tuttavia — ha detto — a differen-za del nostro governo, non vogliamo affrontarela violenza e la rabbia cieca con altra violenzama piuttosto impegnarci nel difficile ma neces-sario compito di costruire una cultura dell’ascol-to che accoglie le differenze». «Questa stessacultura dell’ascolto inclusivo presto priverà gliestremisti di ogni ragione per autoescludersidalla società. La pace è l’unica via per la pace»,ha aggiunto.

MUMBAI, 8. Continua senza sosta in questoparticolare momento di emergenza sanitariail grande impegno caritativo delle comunitàcattoliche dell’arcidiocesi di Bombay, inizia-to con il lockdown imposto dal governo,per venire incontro ai bisogni dei più poverie degli ultimi, la cui situazione sociale o la-vorativa si è ulteriormente aggravata.

Tra le tante attività promosse vi è il pro-gramma «Manna on Wheels», che vede ivolontari girare in automobile per le zonepiù povere offrendo il loro sostegno. L’ini-ziativa è organizzata dalla parrocchia di SanPietro, nel quartiere di Bandra, ed è anima-ta dai fedeli che aiutano a soddisfare le esi-genze delle persone che soffrono la fame evivono in strada a Bandra West, tra i qualinumerosi bambini. Il programma, avviatoda una coppia di coniugi cattolici (RichardPereira e la moglie Canice) con il gesuitapadre Gerard Rodricks, è iniziato con la di-stribuzione di 25 lunch-box il 30 marzoscorso e continua tuttora. Col tempo è cre-sciuto, grazie al coinvolgimento di altri vo-lontari, in particolare i giovani della parroc-chia di San Pietro e persone di altre comu-nità religiose; adesso sono ben 14 le auto-mobili che consegnano 1.850 pacchi di ciboogni giorno. Complessivamente, sono statidistribuiti oltre 40.000 pasti, contribuendo asoddisfare le esigenze nutrizionali dei lavo-

ratori migranti, dei senzatetto e degli altribisognosi, anche grazie a oltre 200 donatoriche hanno fornito un contributo di oltre50.000 dollari.

Un’altra iniziativa analoga è stata avviatanella parrocchia dei Santi Magi di Gorai-Culvem, a favore dei contadini e dei pesca-tori in difficoltà economica. «Il covid-19 —spiega all’agenzia Fides il parroco padreEdward Jacinto — ha avuto un impatto sullasalute sociale, psicologica e mentale dellepersone. Le più colpite sono i migranti, i la-voratori domestici, i salariati, i piccoli pe-scatori che hanno avuto problemi anche perla sopravvivenza. Nel bel mezzo della crisi,la parrocchia ha individuato queste necessi-tà e ha cercato di dare una risposta». I vo-lontari della comunità forniscono cibo eprovviste alle persone di altre fedi, tribali,migranti, vedove con il sostegno dei governilocali e di altre organizzazioni della societàcivile. Da oltre 3 mesi circa 80 giovani cat-tolici “pattugliano” il territorio, 24 ore su24, 7 giorni su 7, e hanno messo a puntoun’efficiente rete di solidarietà.

«Diverse parrocchie, associazioni, movi-menti della Chiesa locale — afferma donMario Mendes, direttore del Centro di azio-ne sociale, organizzazione dell’arcidiocesi diBombay che si occupa dello sviluppo socia-le — stanno dando da mangiare agli affama-

ti. Molte realtà associative e diversi fedelicattolici stanno dimostrando autentico co-raggio e compassione. Questa carità nataspontaneamente, e che sta facendo del benea migliaia di persone che altrimenti sarebbe-ro abbandonate, è uno degli aspetti più bel-li e incoraggianti in questo tempo di pande-mia e di distanziamento sociale, non ci si èrinchiusi in se stessi, ma si è andati verso ilprossimo. L’amore di Cristo — concludedon Mendes — oltrepassa ogni barriera eraggiunge ogni uomo. Questa è la testimo-nianza che oggi offre la Chiesa cattolica inIndia».

Il Victory central mall di Kalookan

Page 7: In fuga dall’inferno dei campi di detenzione...no stati 735.000 nuovi casi, quasi il 20 per cento in più rispetto alla set-timana precedente. Presentando queste cifre, l’agen-zia

L’OSSERVATORE ROMANOgiovedì 9 luglio 2020 pagina 7

Esperienze e volti dell’impegno sociale delle persone immigrate in Italia

Volontari inattesidi PAT R I Z I A CA I F FA

Sono giovani, istruiti e vivonoin Italia da molto tempo. Piùdella metà (55 per cento) fa

volontariato a cadenza settimanale, in media da 6 anni. Preferisconoimpegnarsi in attività sociali, cultu-rali, educative e di socializzazione.Sono cattolici, ortodossi, musulma-ni. Vengono principalmente da Se-negal, Perú, Marocco, Romania, Al-

bania e prestano servizio in ambientidove non esistono differenze tra reli-gioni.

Sono i “volontari inattesi”, perso-ne immigrate che danno un contri-buto, spesso nascosto, all’asso ciazio-nismo italiano e al terzo settore.

A far luce per la prima volta suquesto fenomeno è stata una ricercanazionale curata dal sociologo Mau-rizio Ambrosini, dell’Università diMilano e Deborah Erminio, del-l’Università di Genova, contenutanel volume Volontari inattesi. L’impe-gno sociale delle persone di origine im-m i g ra t a (Edizioni Erickson).

L’indagine è stata promossa daCsvnet, l’associazione nazionale cheriunisce i Centri di servizio per ilvolontariato territoriali e realizzatadal Centro studi Medì di Genova. Icentri sono al servizio di tutte lerealtà associative, laiche e confessio-nali, che hanno bisogno di consu-lenze e aiuto nella promozione delvolontariato.

La ricerca è stata condotta tra il2018 e il 2019 tramite 658 questiona-ri e oltre 100 interviste in 163 cittàitaliane, coinvolgendo migranti di80 Paesi. Emergono testimonianzeinteressanti e dati inediti, che sfata-no tanti pregiudizi: gli immigratinon sono un peso per la società ita-liana ma “un capitale di risorse”.

Nella Confederazione nazionaledelle Misericordie d’Italia, ad esem-pio, che riunisce oltre 700 confrater-nite pari a 670.000 iscritti, di cui ol-tre 100.000 volontari, negli ultimianni è cresciuto il numero di quellidi origine immigrata: sono attual-mente 1.887 persone, provenienti da89 Paesi extra-europei. Sono spessorichiedenti asilo che iniziano a svol-gere attività di volontariato mentresono ospitati in un centro di acco-glienza e poi proseguono la propriacollaborazione tramite il servizio ci-vile. In base alle competenze lingui-stiche possono prendere parte ai variservizi delle Confraternite, dai servi-zi di accompagnamento sociale o sa-nitario al trasporto sanitario.

I “volontari inattesi” sono perso-ne pienamente inserite nella societàche vivono in Italia in media da 15anni. Il 42 per cento ha acquisitonegli anni la cittadinanza italiana,l’11 per cento ne ha fatto richiesta eun ulteriore 23 per cento ha un per-messo di soggiorno di lunga dura-ta.

Come Sara, milanese ed egiziana,impegnata contro la violenza sulledonne musulmane. Nata in Italia, ar-teterapeuta, ha 32 anni e fa volonta-riato da una quindicina d’anninell’associazione Progetto Aisha, do-ve operano sia italiani che giovani diseconda generazione. Quando ha ini-ziato a fare volontariato, a 17 anni,Sara non sapeva bene perché. Forseaveva solo voglia di «inserirsi in mo-do intelligente nel tessuto sociale e

di andare controcerte idee», am-mettendo che laprima ragione erastata quella di cer-care «una stradalavorativa». Invece,grazie al volonta-

riato, ha imparato ad essere «più di-namica e meno rigida, più diretta».E, superando la diffidenza che a vol-te ha avvertito, ad esempio dai pa-zienti assistiti in ospedale, si è accor-ta di diventare molto più sicura dellesue competenze, «più incisiva e co-sciente del mio diritto di fare volon-tariato, indipendentemente dalla miaappartenenza. A volte mandando intilt gli schemi di chi inizialmente miguardava solo come “una straniera”».

Mohammad Aletaha, invece, èpartito da Teheran 32 anni fa. Oggiha 57 anni e vive a Firenze insiemealla moglie e alla figlia di 28 anni.Lavora in un albergo, ma nel volon-tariato esprime sé stesso, la sua pas-sione per l’arte e la cultura. Dal2012 è nell’associazione Biblioteca dipace, che lo coinvolge in due pro-getti nelle Gallerie degli Uffizi, percreare percorsi di integrazione e in-contro tra culture. Insieme ad altri11 cittadini immigrati hanno raccon-tato altrettanti capolavori dell’artecustoditi negli Uffizi, intrecciando illoro vissuto con la storia delle ope-re. «Mi dà una bella sensazione cherimane dentro — racconta — e perme questo è molto importante».

L’età media dei volontari stranieriè di 37 anni, il 50 per cento haun’età compresa tra i 20 e i 40 anni.Nella maggior parte dei casi hannoalti titoli di studio (36 per cento di-plomati e 42 per cento laureati). Co-me Moussa Sanou, 41 anni, origina-rio del Burkina Faso, vive a Cuneoda 9 anni e aiuta gli altri attraversola musica e l’arte. Dopo aver giratoil mondo come musicista, attore ecompositore, si è fermato in Italia eha sposato Loredana. Con lei hascelto di condividere anche l’imp e-gno nel volontariato. L’asso ciazioneda lui fondata si chiama Mano nellaMano e «offre a chiunque la possi-bilità di avvicinarsi alla musica eall’arte in modo naturale e fisiologi-co — spiega — rendendo consapevolile persone di quanto sia importanteper lo sviluppo intellettivo ed emoti-vo».

I volontari immigrati si concentra-no soprattutto in quattro settori: ser-vizi di assistenza sociale, come spor-telli di accoglienza ed ascolto, rac-colta di distribuzione di vestiario,mensa sociale (179 risposte), promo-zione del patrimonio culturale, usi,costumi e tradizioni, organizzazionedi mostre e visite guidate, ecc. (176);

progetti educativi con bambini e ra-gazzi, ad esempio nel doposcuola oper il sostegno scolastico (173 casi);attività ricreative e di socializzazio-ne, quali feste, eventi, sagre (165).

Anche nelle Caritas diocesane so-no tanti i volontari immigrati. Moltiassumono ruoli di leadership all’in-terno di queste realtà, nei centri diascolto, nei servizi specifici dedicatiai richiedenti asilo e rifugiati. Spes-so sono impegnati in attività di me-diazione culturale con i propri con-nazionali, come i tanti giunti in Ita-lia attraverso i corridoi umanitaripromossi dalla Chiesa italiana insie-me a Comunità di Sant’Egidio, Ca-ritas e Migrantes.

In prima linea nell’assistenza aipoveri, ad esempio, è Carla Bella-

fante, nata a Chieti 43 anni fa mauna vita intera vissuta in Venezuela.Due anni fa è stata costretta a torna-re in Italia, nella città abruzzese diorigine. È sposata e mamma di duebambini di 7 e 5 anni. In Venezuelanon le mancava niente, era presidedi un grande istituto. Per questo suoruolo ha subito minacce ed un ten-tativo di sequestro, cui si è aggiuntoil progressivo peggioramento dellecondizioni di vita del Paese. Costret-ta a fuggire, ora Carla è una volon-taria dell’associazione Emozioni aFrancavilla al Mare, che distribuisce

viveri, farmaci, vestiario e fornisceassistenza psicologica e aiuto ai ra-gazzi nello studio.

Tra le motivazioni che spingonole persone immigrate al volontariatoc’è anche il bisogno di sentirsi utili edare il proprio contributo per unagiusta causa (23 per cento). Oppuresi considera doveroso fare qualcosaper gli altri o per l’ambiente (21 percento). Molti vogliono aiutare altriimmigrati (13 per cento), per altri èsolo un’esperienza nuova (14 percento) o serve a mettere a fruttocompetenze che non trovano altreoccasioni per poter essere espresse (7per cento). Tanti intendono solo re-stituire con gratitudine l’aiuto rice-vuto in un periodo della propria vi-ta (8 per cento). La ricerca ha però

indagato anche gli aspetti negativiche ostacolano l’impegno nella soli-darietà. Nel 15 per cento dei casi c’èla scarsa conoscenza delle propostedi volontariato, la poca dimestichez-za con la lingua italiana (14 per cen-to), situazioni di discriminazione erazzismo (11 per cento) o una gene-rale chiusura delle associazioni ri-spetto a chi è diverso (11 cento).

Conoscere luci e ombre di questofenomeno può migliorare l’integra-zione e costruire una società piùcoesa e aperta.

Le missionarie scalabriniane a fianco dei migranti in ventisette Paesi

Accoglienza e integrazione

Una storia di salvataggio nel Mediterraneo

La rivoluzionedella comunità

mondo capovolto, rischiano setti-mane di sequestro della barca, sen-za potere lavorare, persino pene se-vere, processi infiniti».

Il diario dalla Alex si apre conpagine degne di un romanziere o diun regista delle migliori trame diazione, invece è tutto drammatica-mente vero: Alarm Phone (il telefo-no che rilancia gli sos dei migrantialla deriva in mare) avverte cheun’imbarcazione di gomma blu stachiedendo aiuto. Il tempo è prezio-so non solo per l’estremo pericoloche vivono le persone a bordo, maperché si tratta di arrivare primadei libici, che le riporteranno all’in-ferno. «“Più veloce, più veloce, ec-co, ci siamo”. Ora si distinguono leteste, tantissime teste, una sagomaunica e frastagliata. Quanti sono?Decine, almeno cinquanta persone.Ascoltate, si sente anche un piantodi bambino, acuto, altissimo chespezza il silenzio del deserto e sem-bra increspare l’acqua intorno».

Sono forse questi i particolari deldiario che, ancora una volta, colpi-scono come un pugno. Il fatto chesituazioni e racconti estremi — equindi per definizione lontani —siano fatti anche di scene e immagi-ni a noi così familiari, come il pian-to di un neonato, una donna cheallatta, le mestruazioni, domande diroutine («“Come ti senti?”. Sonospiazzati dalla domanda. Forse so-no anni che nessuno glielo chie-de»).

È la leva che aveva fatto scattarela commozione generale (e, anchequi, sembra passato ormai un seco-lo) davanti alla fotografia del corposenza vita del piccolo Alan Kurdiriverso sulla spiaggia turca di Bo-drum: quell’immagine «non potevaessere accolta nel luogo comunesulle migrazioni — scrive Sciurba —perché non assomiglia a nessunodei corpi neri rigonfi d’acqua che cieravamo abituati a vedere affollareil Mediterraneo di silenzio». Invece«tutti abbiamo saputo, sin dal pri-mo sguardo posato su quella foto-grafia, che Alan era una delle centi-naia di migliaia di persone checompongono il cosiddetto “fenome-no migratorio”, quello narrato comeun’invasione e un assalto da argina-re » .

Tra una riflessione e l’altra, inaufraghi sono finalmente in salvosulla Alex, ed è qui che Sciurba no-ta che tutti — uomini, donne, don-ne incinte e bambini — sono nume-rati. «Un pennarello sui vestiti ha

tracciato il numero stabilito perognuna di queste persone. (…) Co-me merci, come animali», come inun ennesimo campo di concentra-mento.

Far salire a bordo è, però, solo ilprimo passo. Ora occorre indivi-duare un porto per farli scendere,trovare una terra che li accolga, cherestituisca loro umanità. È appenainiziata la salita, che MediterraneaSaving Humans (come le altre ongdel mare) tenta di scalare puntel-landosi sul diritto, «perché è unbuon diritto, quello del mare», eproprio per questo continuamenteviolato, tradito, aggirato. Inizia ildialogo vergognoso con le autorità.«Povero Paese che ha paura di chifugge e chiede solo protezione»,commenta Sciurba, ben consapevo-le della percezione diffusa sul lavo-ro che le ong vanno facendo: comesempre nella storia, infatti, «nonvali niente se difendi chi non valeniente agli occhi del mondo».

Intanto però a bordo è nata unacomunità. A bordo di un’i m b a rc a -zione di soli 18 metri, settanta per-sone — non numeri, ricordiamolo,ma donne, uomini, bambini, neona-ti e nascituri — diventano una co-munità capace di salvarsi insieme.Sono, insieme, protagonisti di unastoria di vita e di amore che nonvuole cedere alle paure e ai muri;una storia che incarna uno dei temifondamentali del nostro tempo,smascherandone le strumentalizza-zioni e raccontando nel dettaglio lepolitiche e le violazioni dei dirittiumani che hanno reso il Mediterra-neo quel cimitero e deserto che og-gi è.

«La vita sta da una parte, lamorte dall’altra — scrive Sciurba —L’umanità può ancora scegliere. Lenavi della società civile, e a volteanche le barche a vela, le indicanola strada». Comunità non è una pa-rola vuota, buonista. Comunità si-gnifica che «tutto ciò che ho intor-no mi sta curando, e curarsi deglialtri e lasciarsi curare» sono «lastessa cosa».

La definizione corretta per quelche (come le altre) Mediterranea è— e fa — sarebbe quella di ong, or-ganizzazione non governativa. Maforse dovremmo classificarla come«una ang: un’Azione non governa-tiva di obbedienza civile. (…) ab-biamo spiazzato tutti con una veritàsemplicissima: è rivoluzionario oggitenere fede ai principi della nostraCostituzione e dei diritti umani». Edel Vangelo.

CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 1

ROMA, 8. «È importante fare rete ecoltivare nuove strategie per la mi-grazione. Così siamo più forti e vi-viamo le sfide che abbiamo davanti.L’impegno che abbiamo è per noiuna grande luce»: ne è fermamenteconvinta suor Neusa de Fátima Ma-riano, superiora generale delle Suo-re Missionarie di San Carlo Borro-meo (scalabriniane) che, in occasio-ne di un recente incontro, svoltosiin webinar, ha fatto il punto dellasituazione sulle innumerevoli attivi-tà svolte dalle diverse comunità del-la congregazione sparse nel mondo.Un impegno che vede le religiosescalabriniane coinvolte in 27 Paesi enei luoghi di frontiera più caldi, do-ve le emergenze si susseguono gior-no dopo giorno.

Nel mondo, nel solo 2019, sonostati 80 milioni i rifugiati costretti amigrare. «Abbiamo grandi sfide —ha dichiarato la superiora generaleall’agenzia Fides — che passano at-traverso la creazione dei corridoiumanitari a tutela dei diritti umani,l’interruzione delle politiche di co-struzione dei muri, l’impegno nellalotta alla tratta, essere una magliaattiva delle reti di accoglienza uma-nitaria a donne e bambini in situa-zione di vulnerabilità. I migrantioggi provocano un cambiamento eper noi sono un’opportunità perconfermare il carisma scalabrinia-no».

Nel corso dell’incontro interna-zionale, sono state messe in luce treesperienze simili ma allo stesso tem-po diverse, portate avanti dalle sca-labriniane in alcune aree di crisi. Laprima è stata quella di suor JaneteAparecida Ferreira, che ha preso

parte al servizio itinerante di Tijua-na, al confine tra Messico e StatiUniti. «Vogliamo rispondere agliappelli dei migranti — ha detto — etentare di difendere i loro progetti eproteggere la loro vita. Siamo in unluogo di frontiera con gli Stati Uni-

ti, dove milioni di persone cercanodi oltrepassare la frontiera per avereun futuro migliore».

Suor Rosa Maria Zanchin, inve-ce, con i suoi 43 anni di vita consa-crata alle spalle, si trova attualmentea Messina. «Sono in una terra di

emigrazione e di immigrazione. InSicilia — ha ricordato la religiosa —oggi ci sono due difficoltà, una del-le quali è quella di non sapere lalingua del migrante che arriva. Laseconda, è invece la difficoltàdell’immigrato di far capire la suastoria e il suo trauma». Secondosuor Zanchin, «i migranti sonocreativi, non si danno per vinti, in-segnano a ravvivare la vita».

Infine, suor Eleia Scariot, cura aRoma il progetto Chaire Gynai, ca-se di accoglienza per donne rifugia-te con bimbi e in situazione di vul-nerabilità. «Lavoriamo con ognidonna, dal momento in cui entra incasa, con un progetto personale chenasce a partire dal sogno che lorohanno, con progetti accompagnati econtrollati». La scalabriniana ricor-da al nostro giornale che le immi-grate giunte nella Capitale vengonocosì assistite da alcuni volontari edalle religiose. Le donne vengonopoi impegnate in corsi di formazio-ne professionale e faccende domesti-che. Attività utili a recuperare la di-mensione relazionale perduta. «Noile accogliamo con entusiasmo, an-che perché il Papa ripete spesso chela Chiesa è madre. Il lavoro più dif-ficile — conclude la missionaria sca-labriniana — è riconquistare la fidu-cia: uomo-donna, donna-donna, conla Chiesa. Puntiamo a un servizioalla persona nella sua globalità».

Ed è proprio questo il percorsodell’assistenza ai migranti promossodalle scalabriniane: «La cura diognuno, senza trattare le personecome numeri, ma coscienti che die-tro di loro c’è una storia sempre di-versa».

Moussa Sanou (sinistra)arriva dal Burkina

Faso; Sara Sayed(destra) dall’Egitto; il

gruppo Emozioni (inbasso) di Francavilla al

Mare, dove distribuisceviveri e fornisce

assistenza ai piùbisognosi

Page 8: In fuga dall’inferno dei campi di detenzione...no stati 735.000 nuovi casi, quasi il 20 per cento in più rispetto alla set-timana precedente. Presentando queste cifre, l’agen-zia

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 giovedì 9 luglio 2020

Nel settimo anniversario della visita il Papa ricorda le esperienze dei migranti incontrati a Lampedusa

In fuga dall’infernodei campi di detenzione

Una lettera del fratello Joseph letta durante il rito nel duomo di Regensburg

Celebrati i funerali di Georg Ratzinger

Nel prossimo agosto

Il cardinale Parolin ad Ars e a Lourdes

Nomineepiscopali

Il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin si recherà in Francia nelprossimo mese di agosto. Martedì 4 sarà al santuario di Ars dedicato asan Giovanni Maria Vianney per celebrarne la festa liturgica. Alle 10 pre-siederà la messa e alle 15 terrà una conferenza sul tema: «Papa Francescoe i sacerdoti, un cammino con il popolo di Dio». Successivamente il por-porato raggiungerà Lourdes, dove sabato 15 presiederà la celebrazione eu-caristica nel santuario mariano. Nell’occasione il cardinale si unirà allemigliaia di fedeli che partecipano all’annuale pellegrinaggio nazionale —giunto alla 147ª edizione — promosso dalla famiglia dell’Assunzione (com-posta da cinque congregazioni religiose che si rifanno alla regola disant’Agostino) insieme con l’Hospitalité e l’Association intitolate a NotreDame de Salut.

Il saluto ad alcuni migranti a Lampedusa sette anni fa

Le nomine di oggi riguardano la Chiesa negli StatiUniti d’America, in Brasile e in Perú.

Stephen D. Parkesvescovo di Savannah

(Stati Uniti d’America)

È nato il 2 giugno 1965 a Mineola (New York), nelladiocesi di Rockville Centre. Ha frequentato la Massa-pequa High School a New York (1979-1983) e ha otte-nuto un baccalaureato in Business Administration/Mar-keting presso la University of South Florida a Tampa(1983-1987). Ha lavorato nel settore commerciale e inbanca. Entrato in seminario, ha compiuto gli studi ec-clesiastici al Saint Vincent de Paul Regional Seminary aBoyton Beach in Florida (1992-1998). È stato ordinatosacerdote per la diocesi di Orlando (Florida) il 23 mag-gio 1998. Dopo l’ordinazione ha ricoperto i seguenti in-carichi: vicario parrocchiale dell’Annunciation Parish adAltamonte Springs (1998-2005), di cui successivamenteè stato parroco (2011-2020); amministratore e parrocofondatore della Most Precious Blood Parish a Oviedo(2005-2011); direttore spirituale della pastorale universi-taria presso l’University of Central Florida a Orlando(2004-2011); vicario foraneo del Central Deanery North(2010-2020); direttore spirituale del Board della Catho-lic Foundation of Central Florida (2009-2020) e segre-tario del consiglio presbiteriale.

Ângelo Ademir Mezzariausiliare di São Paulo (Brasile)

È nato il 2 aprile 1957 a Forquilhinha, nella diocesi diCriciúma, Stato di Santa Catarina. Ha compiuto glistudi di Filosofia presso la facoltà Nossa Senhora Me-dianeira a São Paulo (1979) e quelli di Teologia pressol’istituto teologico Pio XI, nella stessa città (1984). Hafrequentato il corso di giornalismo all’università federaledel Paraná a Curitiba, Paraná (1986-1989), e ha ottenutola licenza in Teologia dogmatica nella Pontificia facoltàNossa Senhora da Assunção a São Paulo (2003). Il 31gennaio 1981 ha emesso la professione religiosa nellacongregazione dei Rogazionisti del Cuore di Gesù e haricevuto l’ordinazione sacerdotale il 22 dicembre 1984.All’interno della congregazione ha svolto i seguenti in-

carichi: formatore degli studenti di Filosofia e vicarioparrocchiale a Curitiba (1985-1989); formatore degli stu-denti di Teologia e direttore dell’istituto socio-educativoa São Paulo (1990-2002); direttore dell’istituto di pasto-rale vocazionale (1993-2002) e presidente del consigliosuperiore del medesimo istituto (2005-2010); consigliereprovinciale (1989-1998); superiore provinciale della pro-vincia São Lucas (2002-2010); superiore generale a Ro-ma (2010-2016). Inoltre, è stato presidente del consigliomunicipale di assistenza sociale della città di São Paulo(2000-2002) e assessore del dipartimento di vocazioni eministeri della Conferenza episcopale brasiliana e delCelam. Attualmente è parroco di Nossa Senhora dasGraças nella diocesi di Bauru e membro del collegio deiconsultori della medesima diocesi.

Jesús María Aristín Secovicario apostolico di Yurimaguas (Perú)

È nato il 25 dicembre 1954 a Santa Cecilia del Alcor,Palencia (Spagna). Dopo gli studi primari e secondarinel seminario minore dei padri Passionisti di Euba (Viz-caya), ha studiato Teologia all’università di Deusto diBilbao. Ha conseguito la licenza in Teologia presso laPontificia università Gregoriana a Roma e la licenza inPsicologia clinica all’Universidad Nacional de Educa-ción (Uned) a Madrid. Ha emesso la professione perpe-tua il 14 aprile 1979 nella congregazione della Passionedi Gesù Cristo. È stato ordinato sacerdote il 23 settem-bre 1979. Dopo l’ordinazione è stato vicario parrocchialenella parrocchia della Passione, Bilbao (1981). Compiutigli studi a Roma per la licenza in Teologia (1980-1983),ha ricoperto i seguenti incarichi: missionario a Tarapo-to, nella prelatura di Moyobamba, in Perú (1984); vica-rio parrocchiale di El Triunfo de la Santísima Cruz diTarapoto (1985) e poi parroco dal 5 giugno 1988; parro-co di San José de Sisa e vicario episcopale per le pro-vince di San Martín e Lamas (1989). Dopo un nuovoincarico in Spagna (1992), è stato per la sua congrega-zione consultore provinciale per due mandati, segretariodelle missioni e procuratore provinciale per le missioniin Spagna (2001-2006) e segretario generale delle mis-sioni presso l’ufficio di Solidarietà e missioni passionistenella curia generalizia a Roma (2006-2016). Dal 2016 èamministratore apostolico sede vacante et ad nutum San-ctae Sedis del vicariato apostolico di Yurimaguas.

«Solacium migrantium», “conforto dei migranti”: è una delle nuove invocazionia Maria aggiunte dal Papa alle litanie lauretane. E proprio con questo titoloFrancesco ha chiesto aiuto alla Vergine perché protegga i profughi e i rifugiati.Lo ha fatto durante la messa celebrata nella cappella della Casa Santa Marta,in Vaticano, mercoledì mattina, 8 luglio, a sette anni dalla visita compiuta aLampedusa. Con il Papa hanno concelebrato i due sotto-segretari della Sezionemigranti e rifugiati del Dicastero per servizio dello sviluppo umano integrale, ilcardinale Michael Czerny e padre Fabio Baggio, e l’officiale padre LambertTonamou. Alla preghiera dei fedeli sono state elevate intenzioni per la Chiesa,perché continui a predicare il Vangelo in umiltà e povertà; per quanti sonochiamati dal Signore a seguirlo; per le famiglie divise e conflittuali; per coloro chenon esercitano più il ministero sacerdotale; per i partecipanti alla mensaeucaristica. Di seguito pubblichiamo il testo dell’omelia pronunciata dal Pontefice.

mentale della vita del credente, cheha compreso che il fine ultimo dellapropria esistenza è l’incontro conD io.

La ricerca del volto di Dio è ga-ranzia del buon esito del nostroviaggio attraverso questo mondo,

che è un esodo verso la vera TerraPromessa, la Patria celeste. Il voltodi Dio è la nostra meta ed è anchela nostra stella polare, che ci permet-te di non perdere la via.

Il popolo d’Israele, descritto dalprofeta Osea nella prima Lettura(cfr. 10, 1-3.7-8.12), all’epoca era unpopolo smarrito, che aveva perso divista la Terra Promessa e vagava neldeserto dell’iniquità. La prosperità el’abbondante ricchezza avevano al-lontanato il cuore degli Israeliti dalSignore e l’avevano riempito di falsi-tà e di ingiustizia.

Si tratta di un peccato da cui an-che noi, cristiani di oggi, non siamoimmuni. «La cultura del benessere,che ci porta a pensare a noi stessi, cirende insensibili alle grida degli al-tri, ci fa vivere in bolle di sapone,che sono belle, ma non sono nulla,sono l’illusione, illusione del futile,del provvisorio, che porta all’indiffe-renza verso gli altri, anzi porta allaglobalizzazione dell’i n d i f f e re n z a »(Omelia a Lampedusa, 8 luglio 2013).

L’appello di Osea ci raggiungeoggi come un rinnovato invito allaconversione, a volgere i nostri occhial Signore per scorgere il suo volto.Dice il profeta: «Seminate per voisecondo giustizia e mieterete secon-do bontà; dissodatevi un camponuovo, perché è tempo di cercare ilSignore, finché egli venga e diffondasu di voi la giustizia» (10, 12).

La ricerca del volto di Dio è moti-vata da un anelito di incontro con ilSignore, incontro personale, un in-contro con il suo immenso amore,con la sua potenza che salva. I dodi-ci Apostoli, di cui ci parla il Vangelodi oggi (cfr. Mt 10, 1-7), hanno avutola grazia di incontrarlo fisicamentein Gesù Cristo, Figlio di Dio incar-nato. Lui li ha chiamati per nome,ad uno ad uno — lo abbiamo sentito—, guardandoli negli occhi; e lorohanno fissato il suo volto, hannoascoltato la sua voce, hanno visto isuoi prodigi. L’incontro personalecon il Signore, tempo di grazia e disalvezza, comporta la missione:«Strada facendo — li esorta Gesù —,predicate, dicendo che il regno deicieli è vicino» (v. 7). Incontro e mis-sione non vanno separati.

Questo incontro personale conGesù Cristo è possibile anche pernoi, che siamo i discepoli del terzomillennio. Protesi alla ricerca del

volto del Signore, lo possiamo rico-noscere nel volto dei poveri, degliammalati, degli abbandonati e deglistranieri che Dio pone sul nostrocammino. E questo incontro diventaanche per noi tempo di grazia e disalvezza, investendoci della stessamissione affidata agli Apostoli.

Oggi ricorre il settimo anno, setti-mo anniversario della mia visita aLampedusa. Alla luce della Parola diDio, vorrei ribadire quanto dicevo aipartecipanti al meeting “Liberi dallapaura” nel febbraio dello scorso an-no: «L’incontro con l’altro è ancheincontro con Cristo. Ce l’ha dettoLui stesso. È Lui che bussa alla no-stra porta affamato, assetato, fore-stiero, nudo, malato, carcerato, chie-dendo di essere incontrato e assisti-to, chiedendo di poter sbarcare. E seavessimo ancora qualche dubbio, ec-co la sua parola chiara: “In verità iovi dico: tutto quello che avete fatto auno solo di questi miei fratelli piùpiccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40)».

«Tutto quello che avete fatto...»,nel bene e nel male! Questo monitorisulta oggi di bruciante attualità.Dovremmo usarlo tutti come puntofondamentale del nostro esame dicoscienza, quello che facciamo tutti igiorni. Penso alla Libia, ai campi didetenzione, agli abusi e alle violenzedi cui sono vittime i migranti, aiviaggi della speranza, ai salvataggi eai respingimenti. «Tutto quello cheavete fatto… l’avete fatto a me».

Ricordo quel giorno, sette anni fa,proprio al Sud dell’Europa, inquell’isola… Alcuni mi raccontavanole proprie storie, quanto avevanosofferto per arrivare lì. E c’erano de-gli interpreti. Uno raccontava coseterribili nella sua lingua, e l’i n t e r p re -te sembrava tradurre bene; ma que-sto parlava tanto e la traduzione erabreve. “Mah — pensai — si vede chequesta lingua per esprimersi ha deigiri più lunghi”. Quando sono tor-nato a casa, il pomeriggio, nella re-ception, c’era una signora — pace al-la sua anima, se n’è andata — cheera figlia di etiopi. Capiva la linguae aveva guardato alla tv l’incontro. Emi ha detto questo: “Senta, quello

che il traduttore etiope Le ha dettonon è nemmeno la quarta parte delletorture, delle sofferenze, che hannovissuto loro”. Mi hanno dato la ver-sione “distillata”. Questo succedeoggi con la Libia: ci danno una ver-sione “distillata”. La guerra sì èbrutta, lo sappiamo, ma voi non im-maginate l’inferno che si vive lì, inquei lager di detenzione. E questagente veniva soltanto con la speran-za e di attraversare il mare.

La Vergine Maria, Solacium mi-g ra n t i u m , ci aiuti a scoprire il voltodel suo Figlio in tutti i fratelli e lesorelle costretti a fuggire dalla loroterra per tante ingiustizie da cui èancora afflitto il nostro mondo.

«Dio ti ricompensi per tutto quelloche hai fatto, che hai sofferto e chemi hai donato»: è stato questo l’ul-timo saluto che Benedetto XVI hainviato al «caro fratello Georg», delquale sono stati celebrati i funeralila mattina di mercoledì 8 luglio, nelduomo di Regensburg.

Il Papa emerito — che dal Vatica-no ha seguito in diretta streaming leesequie presiedute dal vescovo diRegensburg, Rudolf Voderholzer —ha affidato le sue intenzioni di pre-ghiera e il suo personale ricordo delfratello a una lettera, indirizzata alpresule celebrante e letta con gran-de commozione dall’a rc i v e s c o v oGeorg Gänswein al termine dellamessa.

Grato al Signore per avergli con-cesso il dono interiore di capire, nel-le scorse settimane, che era giunto ilmomento di andare di nuovo inGermania a visitare il fratello mala-to, Benedetto XVI ha rievocato queigiorni così emotivamente intensi:«Quando gli ho detto addio la mat-tina di lunedì 22 giugno, sapevamoche sarebbe stato un addio da que-sto mondo per sempre. Ma sapeva-mo anche che il buon Dio, che ciha donato il nostro stare insieme inquesto mondo, regna anche nell’al-tro mondo e lì ci permetterà di riu-nirci di nuovo».

«Cor ad cor loquitor»: il Papaemerito ha citato anche il motto delcardinale John Henry Newman peresprimere la sua sorpresa e la suagratitudine nel ricevere, in questigiorni, numerosi attestati di vicinan-za da persone di molti Paesi e ditutti i ceti sociali. E non potendoringraziarle una per una le ha acco-munati in un unico ideale abbrac-cio: «Attraverso la carta e al di là diogni carta parlano i cuori».

Joseph Ratzinger ha quindi trac-ciato un breve profilo umano e spi-rituale del fratello defunto, richia-mandone tre caratteristiche princi-pali. Innanzitutto ha fatto cenno al-la sua vocazione sacerdotale vissutaanche attraverso la passione per lamusica e, in particolare, attraverso ilservizio come Domkappellmeister aRegensburg: «Ho potuto sperimen-tare — si legge nella lettera — comeegli sia stato, e si sia continuamenterealizzato come uomo sacerdotale,essendo prete e musicista».

Georg Ratzinger, ha ricordato ilfratello, era persona di «allegra so-cievolezza», di «umorismo» e pienodi «gioia per i buoni doni dellacreazione». Allo stesso tempo, «eraun uomo di parola diretta, cheesprimeva apertamente le sue con-vinzioni». Capace di accettare e su-perare interiormente la grande diffi-coltà di aver vissuto per oltre

vent’anni in una cecità quasi totale,egli era «un uomo di Dio» e, anche«se non metteva in mostra la sua re-ligiosità», quest’ultima era, al di làdi ogni sobrietà, «il vero centro del-la sua vita».

Con il vescovo di Regensburg,hanno concelebrato l’a rc i v e s c o v oGänswein e il nunzio apostolico inGermania, l’arcivescovo Nikola Ete-rović. Erano presenti al rito, tra glialtri, anche i cardinali Gerhard Lud-wig Müller e Reinhard Marx, e ilvescovo di Eichstätt, Gregor MariaHanke. La celebrazione è stata ac-compagnata dal canto di un gruppodi ex allievi del coro della cattedra-le. E proprio nell’area riservata aiRegensburger Domspatzen nel cimite-ro cattolico inferiore di Regensburgsono state sepolte le spoglie mortalidi monsignor Georg Ratzinger altermine delle esequie.

Il Salmo responsoriale oggi ci invitaa una ricerca costante del volto delSignore: «Ricercate sempre il voltodel Signore. Cercate il Signore e lasua potenza, ricercate sempre il suovolto» (Sal 104). Questa ricerca co-stituisce un atteggiamento fonda-