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IN ANTEPRIMA ESCLUSIVA ALCUNI ESTRATTI UNA SCUOLA DI CUCINA E DI FELICITÀ PER I LETTORI DI

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IN ANTEPRIMA ESCLUSIVA ALCUNI ESTRATTI

UNA SCUOLA DI CUCINA E DI FELICITÀPER I LETTORI DI

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SARAH VAUGHAN

IL SAPORE SCONOSCIUTO DELL’AMORE

Traduzione di ENRICA BUDETTA

ALCUNI ESTRATTI IN ANTEPRIMA

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In copertina: elaborazione su immagine © Lumina/Stocksy. Art Direction: ushadesign

Traduzione dall’inglese diEnrica Budetta

Titolo originale dell’opera:The Art of Baking Blind

© 2014 by Sarah VaughanFirst published in English by Hodder and Staughton Ltd

ISBN 978-88-11-68816-7

© 2015, Garzanti S.r.l., MilanoGruppo editoriale Mauri Spagnol

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TORTE

Spesso mi si chiede quale sia il mio segreto per la cottura al forno. Vo-lete saperlo? Non c’è nessun segreto. Chiunque può riuscirci purché pa-droneggi qualche principio basilare o, se non ancora esperto, segua la ri-cetta alla lettera. Ciò è particolarmente importante quando si preparanole torte. Una variazione nella temperatura del forno o nella quantità de-gli ingredienti; un errore nel passare al setaccio o nell’incorporare laquantità di aria necessaria vi darà un pan di Spagna assai deludente.Ma se fate tutto bene otterrete la torta più soffice del mondo.

Ecco le regole: usate sempre uova a temperatura ambiente e burro, omargarina, ammorbidito. Usate farina con un agente lievitante, passa-tela al setaccio per farvi penetrare più aria e mescolatela delicatamenteper farne penetrare ancora di più. Preparate sempre la teglia prima di i-niziare a cucinare e preriscaldate il forno. Sistemate la tortiera nel fornodelicatamente e chiudete lo sportello con dolcezza, come se steste adagian-do un bambino addormentato nella culla. E non controllate mai il pandi Spagna prima che siano trascorsi almeno i due terzi del tempo di cot-tura.

Dopo aver levato dal forno le vostre creazioni dorate, lasciatele riposa-re per un paio di minuti prima di toglierle dalla teglia. Poi mettetele suuna gratella in modo che l’aria possa circolare. Una volta raffreddate,farcitele con marmellata della migliore qualità e spolveratele con zucche-ro a velo. Servitele con il tè pomeridiano.

La Victoria sponge cake perfetta deve essere leggera, umida e profu-mata di uova fresche e vaniglia. Dovrebbe risultare golosa, ma non trop-po. Una fetta di Victoria sponge, farcita con marmellata ai lamponi o,in estate, panna montata e fragole appena tagliate, è un piacere che po-tete godervi senza sensi di colpa. Prendete semplicemente tre uova e cento-settanta grammi rispettivamente di zucchero, burro, o margarina, e fari-na autolievitante e il paradiso in una teglia sarà vostro.

Kathleen Eaden, L’arte di cucinare al forno (1966)

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Quando servite la vostra torta, fate molta attenzione. Un movimento in-consulto del polso, un attimo di distrazione possono farla sbriciolare o, peggio, cadere a terra. Avete preso tutto il tempo che vi era necessario per la preparazione del dolce, perciò fate altrettanto con la presentazione. Sos-tanza e forma sono obbligatorie.

Una porta all’angolo opposto della stanza si apre e Claire, angos-ciata, vede entrare una fila di persone. Resta a guardare mentre i concorrenti si fanno largo nella sala: una matrona pienotta; una riccona; una mammina attraente; un tizio sulla quarantina che si sforza di non sembrare nervoso. Non si era resa conto di essere così in ritardo; che, prendendo un treno di mattina presto invece di lasciare Chloe coi suoi la sera prima, sarebbe automaticamente partita in svantaggio. Fa un respiro profondo. “Posso farcela”, si dice, “anche se quasi non ci credo. Sono brava quanto loro.” E poi con una spavalderia che le sembra vana: “Posso vincere”.«Claire», una voce forte e sicura la saluta dall’ingresso della stanza dove si trova una donna elegante di mezz’età. «Mi fa piacere che tu ci abbia raggiunto.»Tutti i presenti si voltano verso di lei.«Io sono Harriet Strong, uno dei giudici, e questo è il mio collega Dan Keller.»La donna avanza verso di lei e le tende la mano, su cui brilla un anello antico con una grossa gemma, che si schiaccia contro le dita di Claire.«Piacere di conoscerla», riesce a dire.Harriet le fa un cenno formale e si allontana. Sorride, si toglie un peletto microscopico dalla camicetta e poi aspetta di avere la loro completa attenzione.«Benvenuti alla prima edizione del concorso per la Ricerca della

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Nuova Mrs Eaden!» dichiara. La sala risponde con una risata ner-vosa collettiva.«Questa è la cuoca che vogliamo emuliate: Kathleen Eaden.» In-dica una grande foto in bianco e nero.Claire la riconosce immediatamente. Lo stesso volto sorride in ogni reparto dei prodotti da forno di Eaden, e sulle scatole di stoviglie a pois color foglia di tè vendute come parte della linea Kathleen Eaden. Eppure è colpita da quanto appaia formale. Ben poco rock & roll. Indossa una gonna longuette e una giacchina di tweed. Ma non è vissuta durante gli eccitanti anni Sessanta? Forse erano passati senza che lei se ne accorgesse.«Questa foto è stata scattata nel 1963, due anni dopo che Kathleen aveva sposato George», spiega Harriet. «Lei si rivelò un’enorme risorsa. Sono certa che sappiate che nel 1967, quando vendette-ro Eaden al gruppo Marshall, le drogherie del padre di George erano diventate oltre duecento grandi magazzini. Kathleen era stata la chiave di questa crescita esponenziale e di questo enorme successo. Lei era tutto ciò a cui aspirava una cliente di Eaden: era bella, elegante, raffinata. E le donne la adoravano. Kathleen ha fatto conoscere loro ingredienti nuovi, ma in maniera delicata: convincendole che potevano preparare prodotti da forno eccezi-onali con ricette di dimostrata fattibilità. Il suo stile era rigoroso, ma sapeva essere spiritoso. Come il suo contemporaneo, Robert Carrier, chef che scriveva sul “Sunday Times”, per lei scrivere di cucina era un vero piacere. Non era soltanto stile e niente sostan-za. Cucinava in modo semplice e in maniera raffinatissima.»Harriet sorride. «Perciò abbiamo fissato uno standard alto e il vincitore del titolo e del contratto deve esserne all’altezza. Deve cucinare in maniera perfetta, come Kathleen Eaden.»C’è una pausa. “Porca miseria”, pensa Claire. “Non ce la posso fare. Ma come le è venuto in testa, a mia madre? Qui sono tutti più vecchi di

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me, più esperti, più simili a Kathleen Eaden.” Prende un respiro profondo e con gli occhi che iniziano a gonfiarsi legge la prima ricetta, su carta patinata: Victoria sponge cake. Si stropiccia gli oc-chi. Le parole sono sempre lì. Non le sta immaginando. Victoria sponge cake. La torta più facile del mondo. Una ricetta che Chloe prepara da sola da quando aveva sette anni. Un gioco da ragazzi.«Abbiamo pensato di dovervi introdurre alla gara con delicatez-za.» A quanto pare Harriet sta sorridendo proprio a lei.E, come una bambina, Claire inizia a impastare.Sono le dieci e mezzo e la sala vibra del ronzio sommesso della concentrazione collettiva. Cinque persone tutte concentrate su un compito; tutte operose; tutte che mostrano un livello di atten-zione meticoloso e immotivato.Jenny, con sua sorpresa, sta lavorando con doloroso raccoglimen-to. Può preparare una Victoria sponge cake a occhi chiusi – e deve averne fatte più di cento – eppure sta pesando tutto con precisi-one esagerata. Zucchero di canna superfino, farina autolievitante – versata dall’alto in una ciotola e passata al setaccio due volte – lievito e burro chiarificato e non salato: ogni ingrediente è trat-tato come se fosse una droga pesante o una medicina potenzial-mente letale. Un grammo in più? Non vuole rischiare. Rimuove un pizzico di farina.Naturalmente sa che, quando si preparano i dolci, il segreto è la precisione: poco lievito, poca aria, troppe mescolate, ingredi-enti troppo freddi, forno troppo caldo, tempo di cottura troppo lungo: ciascuna di queste variabili può ridurre il pan di Spagna perfetto a una imitazione piatta, secca o grassa della torta ideale per una festa all’aperto. Ma, nonostante ciò, la sua attenzione è eccessiva. Mentre legge le istruzioni, la mano le trema per il ner-vosismo e sa di stare pesando ogni ingrediente con tanta attenzi-one per cercare di dissiparlo. Ma è solerte anche nel cercare di tenere lontani tutti gli altri pensieri.

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Lo stomaco le borbotta per l’ansia, non solo perché questa gara è diventata importante, ma anche perché non riesce a mettere a tacere le parole brutali di Nigel della sera prima. Non riesce a conciliare l’immagine di lui come uomo gentile, il padre delle sue figlie e suo marito da venticinque anni, con quella di persona capace di dimostrarsi così sprezzante. O forse non è vero. Jenny è sempre stata consapevole di questo suo lato tagliente, ma prima di ieri non lo aveva mai rivolto contro di lei. Frecciate e insulti erano stati riservati a pazienti che avevano una paura terribile ed erano sempre stati addolciti da una risata. Adesso il bersaglio era lei e la risata assente.Era successo, ovviamente, in cucina. Jenny aveva appena sforna-to una teglia di muffin ai mirtilli e ne aveva aperto uno: teorica-mente per capire se il latticello e il bicarbonato l’avevano reso più morbido; in realtà, per rimpinzarsi di mirtilli dalla consistenza della marmellata e di pasta calda e umida.Nigel aveva fatto irruzione in cucina dopo la sua corsa di quindici chilometri, slanciato nella sua tuta aderente. Una ventata di aria gelida si era fatta largo nella cappa della cucina mentre la porta veniva spalancata.Nonostante la temperatura sottozero Nigel appariva euforico più che gelato. Il suo viso ancora bello era rosso e raggiante: la parte superiore della tuta era chiazzata di macchie di sudore e il respiro era corto e accelerato. Eppure non sfiorava il ridicolo, il tipico uomo di mezz’età ansioso di riacciuffare la propria giovinezza. Anzi, aveva pensato Jenny, il suo fisico era migliore rispetto a trent’anni prima: più muscoloso e snello, dove c’era stata la mor-bidezza di una giovinezza passata sui libri.Mentre espirava rumorosamente sembrava un animale selvatico: non un ghepardo – ciò avrebbe significato adularlo – ma una volpe, o un lupo. Sì, aveva pensato Jenny divertita, con i capelli scuri spruzzati di grigio e umidi di sudore e le gambe pelose, c’era

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proprio qualcosa di volpino in suo marito.E poi, proprio come un animale selvatico, si era rivolto a lei.«Non mi dire che stai cucinando di nuovo?» E dove una volta ci sarebbe stato un tono divertito e affettuoso, ora c’era un ghigno. «Non credi che dovresti piantarla, Jenny? Sono quasi le dieci di sera. Sono sicuro che persino tu non hai bisogno di cucinare a quest’ora.»L’aggressione era stata come un pugno allo stomaco per lei. Era stata tentata di rinfacciargli che anche lui si stava dedicando al suo hobby in un orario inappropriato, ma era rimasta in silenzio, concentrandosi invece sul modo in cui Nigel tracannava un po’ d’acqua, con il pomo d’Adamo che saliva ritmicamente mentre il liquido gli correva rumorosamente giù per la gola. Uno schizzo era uscito dalla bottiglia ed era finito sul pavimento di pietra.«Mi sto solo allenando per il concorso di domani», si era giustifi-cata mentre prendeva uno straccio. Si era chinata per asciugare la chiazza d’acqua, reprimendo uno scatto di rabbia. «Volevo sol-tanto che i muffin fossero perfetti.»«Ma sta diventando un po’ ossessivo, non credi?» l’aveva punzec-chiata lui. «Nessuno sano di mente cucina tanto quanto fai tu. E», aveva proseguito, «non credo che sia positivo per la tua salute.»«Va più che bene per la mia salute.» Il suo tono era tagliente, teso a prevenire le critiche implicite. Solo che stavolta erano state esplicite.«Io dico proprio di no, Jenny. Il tuo indice di massa corporea rasenta la fascia dell’obesità. Stai diventando, no, sei diventata grassa, tesoro mio.»La parola era riecheggiata nella stanza. Lui non l’aveva mai defini-ta così prima. Burrosa, morbida, formosa: quelli erano stati gli eufemismi scelti, pronunciati ad alta voce solo quando lei aveva cercato un po’ di rassicurazione. Ultimamente entrambi avevano evitato qualunque riferimento al suo girovita in espansione.

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Adesso il loro tacito accordo era stato violato.Lei si era girata verso di lui, con gli occhi azzurro chiaro pieni di lacrime, e aveva cercato un po’ di rassicurazione. Ma lo sguardo del marito era freddo e cinico.«Dico sul serio, Jenny.» Nigel aveva un tono franco, realista. «Devi tornare con i piedi per terra. Questa gara culinaria è autoin-dulgenza bella e buona. Nessuno ha bisogno di rimpinzarsi di quiche, torte alla crema e biscotti. Men che meno tu.»Aveva rigirato il coltello nella piaga con naturalezza mentre pren-deva dal frigo una bottiglia di succo di mela: «E anche un po’ di esercizio non ti farebbe male. Se io fossi il tuo medico, ti prescriv-erei ginnastica oltre a una dieta rigorosa».«Allora è un bene che tu non lo sia», aveva sibilato lei.«Be’, sì. Io ti vedrei come uno spreco di risorse del servizio sanitar-io nazionale», le aveva risposto a tono lui.Jenny aveva cercato una scintilla di umorismo nelle sue parole, ma Nigel non aveva avuto alcuna intenzione di fare una battuta.Poi aveva aggrottato un sopracciglio, con un’espressione ferma di censura.«Vado a letto.» E lei era rimasta sola, come sempre, nella sua cuci-na.Con il pilota automatico, aveva pulito il ripiano, tolto i muffin ormai freddi dallo stampo e li aveva messi in una scatola e poi, con grande decisione, aveva preso quello aperto a metà e se lo era ficcato tutto in bocca.Anche questo non le aveva dato alcun sollievo. Le briciole mor-bide erano secche contro il suo palato e lo aveva sputato nel lavello, rantolando mentre le usciva un singhiozzo. Stringendo lo smalto freddo, aveva lasciato scendere le lacrime, piangendo di pietà verso sé stessa per un matrimonio e un’identità perduti.Oggi, dopo l’eccesso di emozioni, si sente svuotata. Il gonfiore intorno agli occhi si è attenuato ed è stato dissimulato con il fon-

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dotinta e un tocco di eyeliner blu, ma rimane la sensazione di aver valicato un ponte. Non riesce a smettere di pensare a una frase che ricorda da un compito per l’esame di maturità ormai lontano: Le cose si dissociano; il centro non può reggere. Ma chi l’ha scritta? Il nome del poeta – ben poco utile dopo quel compi-to di inglese; e del tutto inutile quando aveva iniziato a lavorare come infermiera – continua a sfuggirle, ma le parole diventano un mantra mentre monta il burro e lo zucchero. Si immagina la mistura che si coagulerà quando verranno aggiunte le uova che sono troppo fredde. La torta sarà comunque buona, ma non lieviterà come si deve; non sarà soddisfacente. È un’analogia ba-nale, ma le sembra adeguata: con un nodo nello stomaco, si chie-de se la stessa cosa varrà anche per il suo matrimonio.Stamattina, mentre era in treno, le sembrava chiaro di poter sce-gliere. Può fare quello che vuole: rinunciare al concorso anco-ra prima di iniziare, smettere di cucinare e cercare di affamarsi; diventare la moglie magra e dall’aspetto sano che, lo sa perfetta-mente, piacerebbe a lui, forse addirittura iniziare uno sport, an-che se il pensiero della corsa è ridicolo; meglio qualcosa di ade-guatamente noioso, come il golf. Oppure può andare avanti così: impastare come una furia, cucinare con passione, trovare uno sfogo alla sua creatività che sia riconosciuto e apprezzato. E poi, alla fine di questo processo di tre mesi, potrà togliersi i paraocchi, salire sulla bilancia e tornare al ruolo di moglie, anche se con un matrimonio a pezzi.Vista in questi termini, la decisione è chiara e così questa com-petizione – questa semplice torta – ha assunto un’importanza sproporzionata. Dopo quasi tre decenni passati a dedicarsi agli altri, ha la possibilità di fare qualcosa per sé. Può brillare in quel-lo che le piace e, allo stesso tempo, se ne rende conto con un pizzico di emozione, può ridefinire sé stessa. Non deve essere la cuoca corpulenta, la signora grassa e allegra del concorso, anche

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se è consapevole del fatto che Eaden & Son l’ha etichettata così. Forse potrebbe persino chiedere di essere chiamata Jenny, come da ragazza, e non Jennifer, decisamente più adatto a una signora. Forse potrebbe essere ancora una volta Jenny.Si concentra sulla torta. Le uova, con il grasso tuorlo arancione sferico, finiscono in una ciotola e vengono sbattute in fretta prima di essere mescolate all’impasto. La farina autolievitante e un altro pizzico di lievito vengono setacciati da trenta centimetri di altezza sulla ciotola e incorporati con delicatezza. Un goccio di latte ren-de l’impasto ancora più umido. Jenny fa scendere l’impasto dalla ciotola accompagnandolo delicatamente con la spatola, guidan-dolo nelle teglie imburrate e allineate, stando fin troppo attenta a controllare che sia distribuito in maniera uniforme. Soppesa le teglie per verificare che tutto sia come deve essere. Accarezza la parte superiore con una spatola e poi mette le teglie l’una accan-to all’altra al centro del forno in attesa che l’alchimia inizi.

Sono le undici e Karen, con la sua torta in forno, sta guardando gli altri concorrenti. Vicki incorpora e misura con il cucchiaio, monta e sbatte come se fosse impegnata in un’elegante danza di corte. Claire lavora con precisione: movimenti rapidi ed eco-nomici; qui non c’è tempo per l’indulgenza. Jennifer sembra eccessivamente nervosa. E Mike impasta con una sdegnosa ino-sservanza delle istruzioni. Come se nella sua vita fossero successe già troppe cose per cui essere in ansia senza doversi preoccupare anche per una torta.Mentre Harriet sfreccia tra i concorrenti, l’altro giudice, Dan, sta passeggiando lentamente accanto alle postazioni, muovendosi con la fredda sicurezza di un uomo affascinante sulla trentina che ha il mondo in pugno. Karen lo esamina dalla testa ai piedi. Riccioli folti e scuri incoro-

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nano la testa proporzionata; gli occhi, dietro gli occhiali da hip-ster, sono schietti e chiari; e la mascella e gli zigomi sono forti e splendidamente definiti. È un Adone, pensa, sorpreso in una radura mediterranea e sistemato nella più prosaica delle ambi-entazioni: una cucina. La pelle, olivastra e setosa, brilla di salute; la bocca carnosa si arriccia come se fosse in procinto di baciare.Ma è più che altro il suo corpo a suggerire paragoni con gli dei greci: pettorali sodi che si intravedono da una camicia di cotone con un bottone di troppo sbottonato; un busto che si affusola in una vita sottile; l’altezza, un metro e novanta; i glutei e le gambe di un campione di canottaggio.In tarda età potrebbe ingrassare se dovesse tuffarsi nel pane, nella pasta e nei dolci con cui sostiene di essere cresciuto. Ma Karen sospetta che sia troppo narcisista – e furbo – per questo. Il suo libro di cucina può anche aver raggiunto il terzo posto nelle clas-sifiche prenatalizie di vendita, ma Dan deve essere consapevole del fatto che è lui, più delle sue ricette, a stuzzicare gli appetiti del pubblico. È una di quelle rare creature che possiedono il vero carisma. È incantevole, pericoloso e irraggiungibile.O forse no. Emettere un giudizio sugli altri per Karen è automati-co. Un retaggio della sua infanzia, quando il bisogno di verificare l’ostilità altrui era istintivo: la prima cosa che faceva quando en-trava in una stanza. E i suoi istinti, affinati in più di quarant’anni, hanno quasi sempre ragione.Ma adesso avverte il pericolo: il pericolo del corteggiamento e della potenziale seduzione. Lo guarda avanzare verso la sua postazione, i movimenti fluidi ma decisi, e aspetta di incontrare il suo sguardo. Ha un’espressione cordiale con il labbro superiore che si arriccia.«Salve.» Lui sorride e c’è un brivido palpabile.“Oh cazzo, cazzo, cazzo, cazzissimo.”«Salve.» Il suo tono è educato più che ammiccante, ma tiene il

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mento rivolto all’insù con aria di sfida.«E tu che cosa stai facendo?»La domanda è assurda. Un nonsense. Che vuol dire, cosa sta facendo? È sbalordita dalla sua bellezza; è spiazzata.«Mi riferisco alla torta.» Ha un sorriso incoraggiante.«Oh, la torta.» Come se lei avesse potuto pensare ad altro. «Oh, è perfetta. Be’, lo spero, dovremo aspettare e vedere», sente sé stessa farfugliare. Lei non farfuglia mai. “Pensa che sia una stup-ida. Devo rimettermi in carreggiata.”«Tra poco dovreste sfornare le vostre torte.» La voce di Harriet giunge in suo soccorso e si apre un varco nel ronzio di attività. Tirate fuori le torte dalle teglie imburrate, vengono ben presto posizionate sulle gratelle, allineate e lasciate raffreddare.«Cinque minuti.»I concorrenti accarezzano le loro torte con spatole tiepide, spal-mando marmellata ai lamponi sul pan di Spagna. A Jennifer pi-acerebbe aggiungere crema di burro, o sostituire la marmellata con panna montata e lamponi ricoperti di zucchero, ma apprez-za anche la semplicità. Claire, cospargendo la torta con lo zuc-chero a velo, fa una smorfia di fronte alla sua relativa mancanza di altezza.«Stop! Giù gli utensili!»Un grido squarcia l’aria. Vicki, con le mani sulla testa, è paral-izzata dall’orrore. La sua torta è rovesciata, lo zucchero a velo sparso sul pavimento, la marmellata che fuoriesce dai due dischi di pan di Spagna staccati.«È tutto okay, è tutto okay, è tutto okay.» Con la faccia rossa, agi-tata, sembra sul punto di scoppiare a piangere mentre gesticola per evitare che gli altri le si avvicinino. «Stavo solo cercando di spostarla su un piatto migliore.»Si china per raccogliere la torta ormai rovinata, rompendo uno dei due dischi mentre lo fa. Poi incredibilmente, rumorosa-

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mente, caoticamente, inizia a piangere.«Oh, povera cara», mormora Jennifer.In fondo alla stanza, Claire espira.

Continua in libreria e in ebook...

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l’autriceSarah Vaughan ha insegnato inglese all’Università di Oxford ed è poi diventata giornalista. Ha lavorato come reporter per il Guardian per undici anni e successiva-mente ha iniziato l’attività di freelance. Ora vive vicino Cambridge con il marito e due figli. Il sapore sconosciuto dell’amore è il suo romanzo d’esordio.

Un caso editoriale unico. Venduto in 25 paesi.

la tramaUn’onda di cioccolato, un pizzico di cannella, una spolverata di zucchero. Apparentemente sembra facile preparare una torta. Eppure un dolce non è solo un dolce: è soprattutto una dimostrazione d’amore. Come una fetta di pane fatto in casa è un gesto che fa sentire importante chi si vuole bene. È così per Jennifer per cui una tavola imbandita è un modo per tenere unita la famiglia, anche se ora si sente più sola che mai, e per Vichi che sforna deliziosi e soffici pan di spagna per far sentire finalmente fiera sua madre. Mike nella perfezione di un dolce cerca la conferma ai suoi sforzi di essere un buon padre; mentre Claire ha dovuto accantonare la sua

passione culinaria per crescere da sola il suo bambino. E proprio per cercare di comunicare di nuovo con suo figlio Karen prepara squisiti pasticcini. Il destino li fa incontrare in un affascinante tenuta di campagna dove l’odore delle spezie e dei profumi impregna le ampie sale e il giardino. Sono tutti in gara per diventare il degno erede di Kathleen Eaden, denominata “La regina della cucina”, autrice di un famosissimo ricettario che dagli anni ’50 ha ispirato intere generazioni. Sono tutti convinti della sua idea secondo la quale cucinare riesce a ridare colore ad una giornata grigia, ed è una fonte inesauribile di fe-licità. Ma non hanno ancora trovato la ricetta giusta per raggiungerla. E quando si trovano fianco a fianco, concentrati sul creare il pudding perfetto e la gelatina di frutta più morbida, scoprono che a volte l’ingre-diente speciale non è altro che un sorriso, una nuova opportunità che si affaccia all’orizzonte, una decisione sofferta che può cambiare la vita. Perché ci sono molte ragioni per cucinare: per nutrirsi; per regalare un’emozione; per ritrovare sé stessi. Eppure spesso si cucina per amare ed essere amati.

Novità in libreria