In Altum

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Pubblicazione bimestrale durante l'anno scolastico da Settembre a Giugno - Poste Italiane Sped. in A.P. art. 2 comma 20/c L. 662/96 - Bergamo - Aut. Trib. BG n. 427 del 15.5.1964 - NUOVA SERIE - N. 140- ANNO 30 - Maggio-Giugno 2012 PERIODICO DELLE SUORE ORSOLINE DI SAN GIROLAMO IN SOMASCA - DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE: 24128 BERGAMO - VIA BROSETA, 138 - TEL. 035250240 - FAX 035254094 - e-mail: [email protected] - www.orsolinesomasca.it Il giorno s’è svegliato nel sole e il cielo ride e si specchia nei cristalli del fiume. È il mondo che si fa baciare dalla gioia. Tutto è nuovo nel respiro della Vita. Elisa Faga Plebani

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Pubblicazione bimestrale delle Suore Orsoline di San Girolamo in Somasca - maggio giugno 2012

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Il giorno s’è svegliato nel solee il cielo ridee si specchia nei cristalli del fiume.È il mondo che si fa baciare dalla gioia.Tutto è nuovonel respiro della Vita.

Elisa Faga Plebani

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Direttore responsabile: Anna Maria RovelliRedazione: Pasquale Diana, Chiara De Ponti,Elisa Faga Plebani, Maria Marrese, Veneranda Patelli,Concetta Rota Bulò.Hanno collaborato a questo numero:Alessandra Vitali, Amabile Burini, Andrea Rossi,Angela Pellicioli, Angela Pirri, Antonella Mosconi,Antonia Pango, Assunta Tagliaferri, Barbara Ferrari,Brigida Cuentas, Brunilde Colombo, Carmen Mercado,Celina Vilakunnel, Claudia Vavassori, Christian Rota,Concetta Rota Bulò, Daysi Delcarro, Dario Delcarro,Davide Rota, Elena Romano, Elena Rota, Eraldina Cacciarru,Fiorentina Regonesi, Giusi Tartaglione, Ione Pinheira,Yasinta Mogi, Laura Carrara, Lorena Malvestiti,Luca Poloni, Luisa Bonati, Marco Ubbiali, Matilde Tuku,Maurilia Pellicioli, Mauro Barisone, Molly Edacheril,Orazio Malvestiti, Oreste Fratus, Rea Pangantihon,Roberto Vitali, Terry Marson.

Realizzazione: STUDIO EFFE - Mozzo (BG)Stampa: PRESS R3 - Almenno San Bartolomeo (BG)

Redazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

La Parola... Dio con noia cura di don Davide Rota

La Parola che unisce . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

Educhiamoci: investiamo in “paradisi” che contanoa cura di Giusi Tartaglione

Liberi per amare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6

Dopo “Madrid 2011”a cura di Suor Barbara Ferrari

Grazie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10

I santi sono coloroche lasciano passare la luce...a cura di Assunta Tagliaferri

Santa Teresa Benedetta della Croce . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

...Una bella notizia...Pellegrinaggio a Lourdes . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

155° Anniversario del ritorno al Padredella Beata Caterina Cittadini . . . . . . . . . . . . . . . 22

Voci di casa nostraItalia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34Belgio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45Brasile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47Bolivia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49

Libri in vetrina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51a cura di Maria Marrese

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Ciò che si sta vivendo a livello personale e comunitario in questo periodo direciproche accuse e incomprensioni, di continui tentativi per migliorare le

diverse situazioni, ma deludenti per l’incapacità di ascolto dei vari pareri, è unaconferma di quanto il Papa sostiene:

“Senza lo Spirito Santo, la Chiesa si ridurrebbe ad un’organizzazione mera-mente umana, appesantita dalle sue stessi strutture”.

La società odierna, infatti, nella confusione di idee, di proposte, di richiami, diinviti attraverso i mass-media (riviste, messaggi televisivi, web, facebook…)non è più in grado di andare oltre la comprensione e la visione “materiale” degliavvenimenti, così da dare spazio alla sfiducia, allo scoraggiamento, all’incapa-cità di reagire al grande dilagare del marasma.C’è veramente bisogno di “qualcosa” che ridoni la fiducia, il coraggio di ri-prendere e di continuare il cammino, anche se non privo di difficoltà.E questo “qualcosa”, ci dice Gesù, uomo come noi, ma Dio, che ha compresofino in fondo il fratello uomo nelle sue esigenze ed attese più profonde, è loSpirito Santo, lo Spirito che Lui, Gesù, ha promesso e inviato…

Ma, ci dice ancora il Papa: “Il messaggio di Cristo non può adeguarsi alle logi-che del mondo, perché è profezia e liberazione, è seme di umanità nuova checresce e solo alla fine dei tempi avrà la sua piena realizzazione”.

Facciamo nostro quanto afferma il Papa, sforzandoci di accogliere lo SpiritoSanto, profezia e liberazione, cercando dentro di noi la volontà e lo sforzo diascoltarlo per vivere con Lui nel cammino, anche faticoso, di ogni giorno: siaLui, lo Spirito Santo, Colui che continuamente ci illumina e ci sostiene, nellacertezza che il bene avrà sempre, presto o tardi, il trionfo sul male.

È un invito a tutti voi, cari amici lettori, con un fraterno augurio di un periododi vacanza sereno.

La Redazione

“Manda il tuo Spirito, Signore,a rinnovare la terra” (Sl. 103)

“… riceverete la forza dallo Spirito Santoche scenderà su di voi,

e di me sarete testimoni a Gerusalemme,in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra”.

(Atti, 1, 8)

“Mentre stava compiendosiil giorno della Pentecoste,si trovavano tutti insieme

nello stesso luogo.Venne all’improvviso dal cielo

un fragore, quasi un ventoche si abbatte impetuoso,

e riempì tutta la casadove stavano.

Apparvero lorolingue come di fuoco,

che si dividevano,e si posarono

su ciascuno di loro,e tutti furono colmati

di Spirito Santoe cominciarono a parlare

in altre lingue,nel modo in cui lo Spirito

dava loroil potere di esprimersi”.

(Atti, 2, 1-4)

Redazionale

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La Parola... Dio con noi

La Parola

“Unico” uomo,non significa

un uomo solocome vorrebbe

l’individualismooggi imperante:l’uomo, infatti,

si realizza soltantose vive in unità

con se stesso,col prossimo,

con Dio econ tutte

le creature.

L’esperienza dimostra che non si rie-sce proprio a vivere senza litigare;che nella storia del mondo e nelle

vicende personali sono continuamente inatto tendenze disgregatrici, divisioni, con-flitti: è un continuo sfilacciamento del tes-suto comunitario dove una grossa parte lagioca la parola o meglio le parole (e la lin-gua che le pronuncia) come insegna Giaco-mo 3, 5ss: “La lingua è un piccolo membroe può vantarsi di grandi cose. Vedete unpiccolo fuoco che grande foresta può in-cendiare! Anche la lingua è un fuoco, viveinserita nelle nostre membra e contaminatutto il corpo e incendia il corso della vita.Infatti, la lingua nessun uomo la può do-mare: è un male ribelle, pieno di velenomortale”. E questo succede nonostante l’u-manità coltivi fin dall’antichità più remotaun grandioso progetto contro la disgrega-zione che Genesi 11, 1ss così descrive:“Tutta la terra aveva una sola lingua e lestesse parole. (Allora gli uomini) dissero:

‘Venite, costruiamoci una città e una torre,la cui cima tocchi il cielo e facciamoci unnome, per non disperderci su tutta la ter-ra’”.Sappiamo purtroppo come è andato a finireil piano ambizioso, il sogno dell’uomo diunificare l’intera umanità: la torre è rima-sta incompiuta, i popoli si sono divisi, Ba-bele è diventata sinonimo di confusione edispersione e ogni tentativo di rimettere in-sieme i pezzi sembra destinato a fallire.Eppure che questo progetto dell’umanità

‘‘Nel giorno di Pentecoste, mentre si trovavano tutti insieme nello stesso luogo,venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo,e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuocoche si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pienidi Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loroil potere d’esprimersi. Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservantidi ogni nazione che è sotto il cielo. Venuto quel fragore, la folla si radunòe rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria lingua… e fuori di séper lo stupore dicevano: “Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei?E com’è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa?Siamo Parti, Medi, Elamìti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea,della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egittoe delle parti della Libia vicino a Cirène, stranieri di Roma, Ebrei e prosèliti,Cretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio.

(At. 2, 1-11)

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sia pienamente condiviso da Dio ce loricorda San Paolo: nei suoi scritti egliusa in continuazione la parola greca“pròthesis” (lat. “propòsitus” che initaliano si traduce progetto, piano, dise-gno, mistero nascosto e rivelato) perindicare il piano o disegno misteriosoche Dio fin dagli inizi ha progettato anostro favore e ha rivelato e realizzatoin Cristo. “Dio ci ha fatto conoscere ilmistero della sua volontà: il disegnocioè di ricapitolare in Cristo tutte lecose, quelle del cielo come quelle dellaterra” (Ef. 1, 10). Che cosa significa?Significa che il mondo creato da Diosgorga dall’unità divina e non può chetendere all’unità: “... c’è un solo DioPadre, dal quale tutto proviene e noisiamo per lui; e un solo Signore GesùCristo, in virtù del quale esistono tuttele cose e noi esistiamo per lui”(1ª Cor. 8, 6).All’origine del mondo c’è l’unità divi-na: come Dio è Uno e Gesù Unico Si-gnore, così non può che esserci un“unico” uomo. Unico uomo, non signi-fica un uomo solo come vorrebbe l’in-dividualismo oggi imperante: l’uomo,

infatti, si realizza soltanto se vive inunità con se stesso, col prossimo, conDio e con tutte le creature. Quest’unitàdell’inizio costituisce anche “il fine” acui la creazione tende: “Poiché permezzo di Cristo sono state create tuttele cose, quelle nei cieli e quelle sullaterra, quelle visibili e quelle invisibili...Tutte le cose sono state create per mez-zo di lui e in vista di lui. Egli è primadi tutte le cose e tutte sussistono in lui”(Col. 1, 16).Gesù, chiave di volta di tutto l’edificio,vuol fare degli uomini dispersi una solaumanità: in mezzo a tante parole cheferiscono, allontanano, dividono, di-sgregano…Egli è la sola Parola capace di realizza-re l’unità: l’unità ecumenica di ebrei epagani, credenti e non credenti; l’unitàcosmica di un universo finalmente sot-tomesso a Dio che l’ha creato; l’unitàescatologica dei nuovi cieli e delle ter-re nuove.Per descrivere l’esito finale di questodisegno divino Paolo è costretto a in-ventare un termine inedito come ineditaè la realtà che è avvenuta: “ricapitola-zione” che esprime la duplice intenzio-ne divina di “restaurare” ogni cosa inCristo e di “sottomettere” a Lui tutte lecose: “Cristo risuscitato dai morti èprimizia di coloro che sono morti…Ciascuno però nel suo ordine: primaCristo, che è la primizia; poi, alla suavenuta, quelli che sono di Cristo; poisarà la fine, quando egli consegnerà ilregno a Dio Padre, dopo aver ridotto alnulla ogni principato e potestà e poten-za. L’ultimo nemico ad essere annienta-to sarà la morte, perché ogni cosa haposto sotto i suoi piedi. E quando tutto

gli sarà stato sottomesso, anche lui, ilFiglio, sarà sottomesso a Colui che gliha sottomesso ogni cosa, perché Diosia tutto in tutti” (1ª Cor. 15, 20ss).

Questo significa che la storia personaledi ognuno, e quella comunitaria di tutti,nonostante le apparenze, sta cammi-nando verso l’unità e che i tentativi didividere, separare, disgregare l’umanitàsono destinati a fallire: il destino finaledell’uomo è l’unità, la concordia, la pa-ce, l’amore. Nulla impedirà a Dio diportare a termine il suo progetto e al-l’uomo di realizzare il suo sogno. Per-ché questo avvenga, dopo aver manda-to la sua Parola a incarnarsi nellanostra storia, Dio manda il suo Spiritoperché “noi tutti, riflettendo come inuno specchio la gloria del Signore, ve-niamo trasformati (dallo Spirito di Ge-sù) nella sua immagine, di gloria ingloria” (2ª Cor. 3, 18).

Don Davide Rota

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La Parola... Dio con noi

che unisce

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Educhiamoci: investiamo in “paradisi” che contano

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La libertà

è un bene comune

che assume

la sua vera essenza

solo se è in unione

con altri beni.

Si deve passare

da un concetto

individualista

di libertà

ad un concetto

di libertà

comunitaria.

La libertà

di ogni uomo,

per conquistare

la sua pienezza,

deve essere condivisa

con gli altri uomini,

non deve

commisurarsi all’“io”

ma al “noi”.

LiberiTermina, con questo numero, la

riflessione sui valori che stannoalla base del processo di cresci-

ta umana e spirituale di ogni persona.Quello che abbiamo compiuto insiemeè stato un itinerario educativo che ci hasensibilizzati sulle realtà che davverocontano, una sorta di officina nellaquale abbiamo potuto lavorare le mate-rie prime dei doni ricevuti, matasse difili da tessere, per farne prodotti finiti,quell’abito di virtù che veste i giorni eli rende pieni.Eccoci giunti all’ultima tappa, nellaquale affronteremo il tema della libertà.Al n. 8 degli Orientamenti Pastoralidell’Episcopato italiano per il decennio2010-2020, troviamo questa provoca-zione: “Un segno dei tempi è senzadubbio costituito dall’accresciuta sen-sibilità per la libertà in tutti gli ambitidell’esistenza: il desiderio di libertàrappresenta un terreno d’incontro tra

l’anelito dell’uomo e il messaggio cri-stiano. Nell’educazione, la libertà è ilpresupposto indispensabile per la cre-scita della persona. Essa, infatti, non èun semplice punto di partenza, ma unprocesso continuo verso il fine ultimodell’uomo, cioè la sua pienezza nellaverità dell’amore. «L’uomo può vol-gersi al bene soltanto nella libertà. Inostri contemporanei stimano grande-mente e perseguono con ardore tale li-bertà, e a ragione… La dignità del-l’uomo richiede che egli agiscasecondo scelte consapevoli e libere…L’uomo perviene a tale dignità quan-do, liberandosi da ogni schiavitù dipassioni, tende al suo fine mediante lascelta libera del bene». Questa ricercadiffusa di libertà e di amore rimanda avalori a partire dai quali è possibileproporre un percorso educativo, capa-ce di offrire un’esperienza integrale

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Educhiamoci: Investiamo in “paradisi” che contano

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Educhiamoci: investiamo in “paradisi” che contano

per amaredella fede e della vita cristiana”.La libertà è uno dei valori più importanti della nostra vitaed è un diritto umano fondamentale. L’epoca in cui vivia-mo è determinata e caratterizzata dal tema della libertà.L’uomo, sin dalla sua creazione, possiede dei diritti inquanto è stato creato libero. Nella coscienza dell’umanitàla libertà è il bene più alto, al quale tutti gli altri beni sonosubordinati. In nome della libertà sono state compiute ri-voluzioni e sono state combattute guerre: essa rappresentaun valore altissimo, sia a livello di vita interiore di ogniuomo, sia nella società in cui viviamo.Ma cosa intendiamo, esattamente, quando esaltiamo la li-bertà e la poniamo nel gradino più alto della scala dei no-stri valori?Nella mia esperienza lavorativa mi trovo spesso ad affron-tare con i giovani il tema della libertà in chiave educativa.Nel richiamare l’attenzione sul grande valore della libertàcome diritto inviolabile riconosciuto all’uomo dalla nostraCostituzione, mi rendo però conto che il concetto di li-bertà, che la maggior parte dei giovani ha, è sostanzial-mente legato alla possibilità di fare tutto ciò che si vuole.Libertà corrisponde, quindi, all’assenza di regole.

Credo che tale concetto di libertà, piuttosto diffuso nellanostra società e alimentato da tanti messaggi, più o menoespliciti, che i giovani si ritrovano a dover decifrare e concui si trovano a convivere, sia alquanto distorto e fuor-viante.La nostra società ci propone modelli di libertà che si rive-lano spesso trappole della schiavitù: proclamiamo ed eser-citiamo una libertà fittizia che ci rende interiormenteschiavi.I giovani di oggi si trovano a vivere e a formarsi in unasocietà complessa, hanno di fronte una notevole varietà distili di vita: noi adulti abbiamo il dovere di essere per lorodelle figure di riferimento e di orientarli verso le loro scel-te, nel pieno rispetto della loro libertà.Se interiorizziamo un concetto di libertà basato sull’assen-za di regole, tutti i nostri tentativi di essere liberi inesora-bilmente falliscono. Jean Jacques Rousseau diceva:“L’uomo è nato libero e ovunque è in catene”.Tutto dipende dal significato che diamo a questo valore.Spesso leghiamo la libertà alla ricchezza; tuttavia, que-st’ultima ci può rendere più indipendenti, ma non liberi.Libertà non significa ricchezza materiale, non significaavere possibilità economiche illimitate, perché ci sarannosempre cose che desideriamo e che saranno irraggiungi-bili.Altre volte il concetto di libertà è collegato alla possibilitàdi esprimere e manifestare liberamente i nostri pensieri e inostri comportamenti. Tuttavia anche i nostri pensieri,spesso, sono schiavi dei sentimenti dell’insoddisfazione,dell’invidia, dell’ira, della rabbia e dell’odio. Capita, quin-di, che in nome della libertà, siamo ridotti alla schiavitùdell’orgoglio e dell’egoismo.Nella mentalità dominante, “legge e regole” hanno un si-gnificato opposto rispetto alla libertà. Prevale un signifi-cato “anarchico” della libertà, un aspetto egoistico; il con-

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cetto di libertà si svuota del suo vero senso. La libertàegoistica e anarchica determina il fallimento dell’uomo,svuota la sua vita di significato. La libertà è un bene comune che assume la sua vera essen-za solo se è in unione con altri beni. Si deve passare da unconcetto individualista di libertà ad un concetto di libertàcomunitaria. La libertà di ogni uomo, per conquistare lasua pienezza, deve essere condivisa con gli altri uomini,non deve commisurarsi all’“io” ma al “noi”.Se ci poniamo in tale prospettiva, l’ordine, il diritto, le re-gole, non si pongono in contrapposizione alla libertà, ben-sì la garantiscono e ne rappresentano condizione ed ele-mento costitutivo.La costruzione delle regole sociali che garantiscono la li-bertà deve essere quindi improntata alla ricerca del benecomune, inteso come bene di tutti, bene per tutti, bene perl’oggi e bene per il domani.Il concetto etico della libertà unisce quest’ultima alla re-sponsabilità: in una società sana, la crescita della libertànon consiste semplicemente nell’ampliamento dei dirittiumani, ma significa anche crescita della responsabilità.

Dio stesso ci ha donato la libertà, ma ci ha reso responsa-bili delle azioni che compiamo e delle scelte che facciamocome uomini liberi. Egli ci ha dato delle regole, i suoi Co-mandamenti, e noi siamo liberi di seguirli o meno: sta anoi scegliere, sta a noi ricercare la Verità che dà un sensoalla nostra esistenza e ci rende umili.Al n. 20 degli Orientamenti leggiamo: “Il senso di respon-sabilità si esplica nella serietà con cui si svolge il proprioservizio. Senza regole di comportamento, fatte valeregiorno per giorno anche nelle piccole cose, e senza edu-

cazione della libertà non si forma la coscienza, non ci siallena ad affrontare le prove della vita, non si irrobustisceil carattere”.La conoscenza della verità rappresenta il primo passo nel-la ricerca della libertà.Al n. 19 leggiamo che questa verità è Cristo: “Gesù Cristoè la via, che conduce ciascuno alla piena realizzazione disé secondo il disegno di Dio. È la verità, che rivela l’uo-mo a se stesso e ne guida il cammino di crescita nella li-bertà”.La verità di Dio significa anche obbedienza; umiltà signi-fica farsi “servi”.Come Maria, che in piena e assoluta libertà ha detto “sì”,e si è fatta serva. La libertà di Maria è una libertà vera chel’ha portata alla gioia vera.Mettersi al servizio di Dio, al servizio degli altri in nomedi Dio, ci rende umili, ma liberi.Una bellissima poesia scritta per la mamma, la paragonaad un grande albero, carico di frutti. E proprio i rami piùcarichi di frutti sono quelli che si chinano maggiormenteverso il basso.

Più amore abbiamo, più ci doniamo e, con umiltà, ci fac-ciamo servi per amore, come ha fatto Gesù per noi.Se rincorriamo una libertà che significa potenza dell’io, ciscontriamo inesorabilmente con i nostri limiti di essereumani. La vera libertà passa per la semplicità e per l’u-miltà.

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Educhiamoci: investiamo in “paradisi” che contano

A cosa serve la nostra libertà?Poniamoci questo quesito per dare un senso al donoche abbiamo ricevuto. Sicuramente dobbiamo ri-nunciare ad una libertà chiusa in se stessa.La nostra vita è un continuo cammino di maturazio-ne che portiamo avanti non da soli, ma nella nostrafamiglia, nella nostra Chiesa, nei nostri ambienti distudio, di lavoro e nella società in cui viviamo.La libertà vera, quella verso cui dobbiamo tendere,è la libertà interiore, quella che ci conduce alla veragioia. Non dobbiamo essere passivi: la nostra vitanon è sottomessa al destino; non dobbiamo subiregli avvenimenti, ma possiamo fare le nostre scelte eabbiamo anche la libertà di sbagliare.Ma ciò che dobbiamo conquistare è la libertà delcuore, la libertà di amare. Il primo passo è riscopri-re il valore della semplicità: solo un cuore semplicepuò scoprire la libertà interiore.Solo un cuore che si dona è veramente libero.Essere veramente liberi significa non lasciarsi con-dizionare dai pregiudizi sociali, non ricercare l’ap-provazione e non lasciarsi condizionare dalle attesedegli altri, non valutare le persone in base a ciò chehanno, non essere schiavi del denaro e della ric-chezza, non rincorrere la vendetta.Nell’ottica di una vita cristiana, la radice della li-bertà è la Parola di Dio.“Se rimarrete fedeli alla mia parola, sarete davve-ro miei discepoli: conoscerete la verità e la veritàvi farà liberi” (Gv. 8, 31-32).È in queste parole che possiamo trovare la rispostaalla domanda che ci siamo posti: a cosa serve la no-stra libertà?La libertà ci serve per amare. La libertà che nascedalla Parola di Dio è liberazione da tutte le schia-vitù umane. E’ la gioia di amare senza riserve, disaper gioire delle piccole cose della nostra vita quo-tidiana, di essere felici della felicità degli altri, diassaporare, con spirito di ringraziamento, tutto ciòche il Signore ci dona ogni giorno con la generositàdi un vero Padre.

Vorrei chiudere questa mia riflessione condividen-do una bellissima preghiera che racchiude il verosenso della libertà e dell’amore di Dio perché, co-

me annuncia il n. 28 degli Orientamenti Pastorali:“Al centro dell’esperienza cristiana c’è l’incontrotra la libertà di Dio e quella dell’uomo, che non siannullano a vicenda. La libertà dell’uomo, infatti,viene continuamente educata dall’incontro conDio, che pone la vita dei suoi figli in un orizzontenuovo: «Abbiamo creduto all’amore di Dio - così ilcristiano può esprimere la scelta fondamentale del-la sua vita. All’inizio dell’essere cristiano non c’èuna decisione etica o una grande idea, bensì l’in-contro con un avvenimento, con una Persona, chedà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzio-ne decisiva»”.

O Signore, ti amo perché tu mi amiabbastanza da volermi libero

e per questa libertà,rischiando la tua gloria,

sei venuto da noi uomo senza potenza,ma onnipotente d’Amore.O Signore, ti amo perchéquesta spaventosa libertàche tanto ci fa soffrire

è la stessa meravigliosa libertàche ci permette di amare.

Allora, quando, piegati sotto la crocedelle nostre giornate,e talvolta cadendo,

quando, piangendo, gridando,davanti alla croce del mondo,

e talvolta urlando,noi saremo tentati di bestemmiare,

di fuggire,o soltanto di sederci,

dacci la forza di rialzarcie di camminare ancora,

senza maledire la tua manoche si tende,

ma non porta le nostre croci,se noi stessi non le portiamo,come Tu hai portato la tua.

Giusi Tartaglionedocente e genitore Ed

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...Sovrabbondando nell’azione di grazie!Così leggiamo nell’ultimo versetto del brano toltodalla Lettera di San Paolo ai Colossesi che ha fattoda sottofondo alle nostre riflessioni mentre abbia-mo percorso la strada che da Madrid, luogo sceltoda Papa Benedetto XVI per celebrare con i giovanidi tutto il mondo la fede nel Signore Gesù, morto erisorto, ci ha ri-portato alle nostre Emmaus.Abbiamo parlato di cammino, di radicalità, di fon-damenti e fondamenta, di fiducia…Abbiamo scritto di esperienze vitali, di canti, di fa-tiche, di traguardi raggiunti, di interrogativi, disperanza; abbiamo scritto per “dire la differenza –citiamo Tahar Ben Jelloun – la differenza che ciavvicina a tutti quelli che non siamo noi, quelliche compongono la folla che ci assedia e ci tradi-sce. Non abbiamo scritto per loro, ma dentro di lo-ro, e con loro. [...] Ciò che ci unisce a coloro checi leggono o forse ci leggeranno è prima di tuttociò che ci separa [...] Ci resta la sopravvivenzadella parola legata e consumata. Siamo ciò che ci

Dopo “Madrid 2011”

Graz“Camminate nel Signore Gesù Cristo,

radicati e costruiti su di Lui,saldi nella fede come vi è stato insegnato,

sovrabbondando nel rendimento di grazie”(Col 2, 6-7)

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Dopo “Madrid 2011”

manca. Questa mancanza è tutto ciò checostituisce il nostro punto di partenza, ilnostro itinerario e il nostro obiettivo...”.Abbiamo la certezza che le nostre parole,frutto di pensieri di vita buona, hanno co-struito e costruiscono percorsi di vita buo-na, perché sono parole provate e piene,parole che narrano esperienze fondanti.In questo ultimo numero, Mauro, come“uno di casa”, riscriverà per noi, con unadelle sue storie, maturate negli anni in cuiè stato assistente nei campi profughi inCroazia, impegnato nella risoluzione non-violenta dei conflitti internazionali1, il“Gracias a la vida” di Violeta Parra. Pro-viamo a ritrovare, nella storia che ci rac-conterà, l’eco del canto latino-americanoche tutti noi, chi più chi meno, conoscia-mo, del quale riportiamo il testo tradottoin italiano.

ie GRACIAS A LA VIDA di Violeta Parra

Grazie alla vita, che mi ha dato tanto:mi ha dato due stelle che, quando le apro,

io vedo e distinguo il nero dal biancoe nell’alto cielo il fondo stellato,

e in mezzo alla folla l’uomo che amo.

Grazie alla vita, che mi ha dato tanto:mi ha dato l’udito che in tutto il suo raggio

sente notte e giorno grilli e fringuelli,martelli, turbine, latrati, tempeste

e la dolce voce di colui che amo.

Grazie alla vita, che mi ha dato tanto:mi ha dato il suono e l’abbecedario,come le parole che penso e proclamo,

figlio, madre, amico e sentiero chiaroche mi porta al cuore di chi sto amando.

Grazie alla vita, che mi ha dato tanto:mi ha dato la marcia dei miei piedi stanchi;con essi ho varcato pozzanghere e spiagge,

città e deserti, montagne e pianure,e la strada tua, la casa, il cortile.

Grazie alla vita, che mi ha dato tanto:mi ha dato il cuore che vuole fuggire

quando guardo i frutti del cervello umano,quando vedo il bene lontano dal male,

quando vedo dentro il tuo sguardo chiaro.

Grazie alla vita, che mi ha dato tanto:mi ha dato il riso e mi ha dato il pianto;

così io distinguo la pena e la gioia,i due elementi che fanno il mio canto,

che è il vostro canto, il mio proprio canto,e il canto di tutti, il mio stesso canto.

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“La strada che porta a Plavno2 è tor-tuosa e l’auto fatica nella salita. Per-correndola ripenso alle parole del fun-zionario delle Nazioni Unite che ci hachiesto di fare un sopralluogo: “Proba-bilmente troverete solo case bruciate.Dubito che sia rimasto qualcuno: forsequalche vecchietto. Attenzione, però,potreste trovare dei cadaveri! È beneche lo sappiate”.Lungo la strada: diversi posti di bloc-co. Dobbiamo fermarci, mostrare i do-cumenti e raccontare cosa andiamo afare. Per fortuna questi check-pointsono formati sia da militari croati siada militari internazionali… Ci fannopassare.Plavno non è un vero e proprio villag-gio con un nucleo abitativo unico, maun insieme di gruppi di case dissemina-ti in un’area montana piuttosto ampia.Ai piedi di queste colline si stende unavasta pianura, probabilmente un anticolago prosciugatosi col tempo. Questigruppi di case prendono nome dai co-gnomi delle famiglie che li abitano e,messi tutti insieme, formano il villag-gio di Plavno che fino a due giorni faera abitato da circa 3.000 persone di et-nia serba, in un territorio denominato“Repubblica Srbska di Krajna”.L’azione militare croata, chiamataOluja (tempesta) ha messo fine a tuttoquesto, facendo fuggire, in soli tregiorni di battaglia, oltre 250.000 citta-dini serbi, tra cui anche i 3.000 diPlavno.Arrivati, il paesaggio non si presentamolto diverso da quello visto in altriluoghi dove la follia della guerra passatutto al setaccio: case bruciate, fori diproiettili nei muri, auto distrutte, tantofumo e desolazione. Tutto questo incontrasto con la bellezza del posto.Ci dirigiamo subito verso la chiesa(ortodossa) miracolosamente intatta; lìvicino, un gruppetto di case, anch’esserisparmiate dal fuoco. Ci avviciniamoe, da una porta, spunta una vecchiettache ci viene incontro a passo spedito,

ci prende le mani e le bacia. Non sache siamo italiani: la paura, probabil-mente, la fa agire in quel modo. Sichiama Jeka. Una volta spiegato chisiamo, ci fa entrare in casa dove cono-sciamo anche il marito: Milos. Hanno

tutti e due ottantadue anni e sono ri-masti lì per proteggere la casa e glianimali. “In tv, racconta Jeka, i croatidicevano alla popolazione serba di ri-manere nelle proprie case, di non averpaura che non sarebbe successo nulla,mentre la tv serba ci intimava di fug-gire. Nell’incertezza abbiamo fattoscappare i giovani; noi anziani, credopochi, siamo rimasti. Che vuoi chefacciano a noi? E poi chi avrebbe datoda mangiare agli animali? Pensavamoche una volta accertata la sicurezza, inostri giovani avrebbero potuto rien-trare… Che importa se non più in Ser-bia, ma in Croazia? Noi siamo gentepacifica: non ci interessano i giochisporchi della politica. Invece, in questidue giorni è accaduto di tutto. Forseavremmo dovuto scappare anche noi!Adesso abbiamo paura: per ora non cihanno bruciato la casa, ma nei prossi-mi giorni... chissà”.Chiediamo a Jeka se ci sa dire qualco-sa di altre persone rimaste. Lei alza lespalle e ci indica alcune case vicine,dove sono rimaste altre tre donne.“Per gli altri gruppi di case non so…Dovreste controllare voi”. Jeka ci pre-ga anche di sistemarci nella vicina ca-sa del fratello fuggito; spera che la no-stra presenza faccia da deterrente permilitari e saccheggiatori. Diventerà lanostra base. I giorni successivi li pas-

siamo a perlustrare tutti i gruppi di ca-se dell’area: ottantacinque persone intutto, di età compresa tra i sessantacin-que e i novant’anni.La devastazione è quasi totale: mancacompletamente la corrente elettrica emolti gruppi di case non hanno acqua;l’odore di animali morti è quasi insop-portabile: mucche morte chiuse nellestalle, cavalli, asini, cani ancora legatialla catena e moltissimi maiali che va-gano liberi per la valle. La maggiorparte delle case è bruciata o saccheg-giata di tutto.Uno di questi superstiti, Jovo, che so-prannomineremo il sindaco perché uo-mo informato su tutto, ci indica un

gruppo di case piuttosto isolato di no-me Afierovic. Ci accenna di una don-na rimasta perché impossibilitata acamminare; ci chiede di andare a ve-dere: lui, per paura, non si vuole allon-tanare dalla propria casa.

La jeep riesce a stento a passare dallastretta stradina sterrata che porta adAlfierovic. Pure qui devastazione e fu-mo. Giriamo un po’, ma non vi è sen-tore di anima viva. Proviamo anche agridare: “Siamo italiani, diamo aiuto,

Dopo “Madrid 2011”

Grazie,

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Dopo “Madrid 2011”

c’è qualcuno?!?”. Niente. Stiamo perandare via quando notiamo, nella bosca-glia, una piccola casetta che non aveva-mo visto prima. Ci avviciniamo e sullasoglia scorgiamo un gallo bellissimo: sene sta lì e osserva. La porta è aperta e lacasa non è bruciata. Alla nostra vista ilgallo va via e noi proviamo ad entrare.In fondo alla stanza, un divano colloca-to vicino ad una stufa a legna. Sul diva-no: una donna. Ci fissa. Ha lo sguardoimpaurito. È immobile. È vestita di ne-ro: una lunga gonna, un grembiule, ilfazzoletto sulla testa… Rapidamente le

diciamo che siamo italiani e che non de-ve aver timore. Con un cenno ci fa en-trare. Si chiama Milica (in italiano sipronuncia Miliza) e ha ottantasei anni.Facciamo fatica a capirla perché dallesue labbra le parole escono appena sus-surrate. È visibilmente impaurita e de-nutrita e da lì a poco capiamo che nonriesce ad alzarsi in piedi e che probabil-mente si trascina per spostarsi.Nonostante questo, la casa è in ordine epulita. A differenza delle persone prece-dentemente incontrate, lei non gioisce,rimane lì seduta, in silenzio.Le prepariamo qualcosa da mangiare.Lei ci scruta. Io mi sento a disagio: mipare quasi di aver disturbato la sua soli-tudine, i suoi pensieri…Nei giorni successivi facciamo visita aMilica almeno una volta al giorno, macerchiamo di farlo timidamente, senzaforzature, due persone al massimo, unuomo e una donna.Più passano i giorni e più lo sguardo di

Milica sembra rilassarsi, anche se le pa-role stentano a venir fuori. Lunghissimii momenti passati in quella stanza in as-soluto silenzio: solo il tic-tac di unavecchia sveglia sembra volerci comuni-care qualcosa di importante di quella vi-ta fragile che ci troviamo davanti, diquel cuore in solitudine. Notiamo parec-chi libri vicino a lei e allora decidiamodi portargliene di nuovi. Per la primavolta, un cenno di sorriso, forse una no-stra pia illusione. Milica ha l’aria di es-sere una donna colta e intelligente…Ogni volta che arriviamo da lei, il galloè sulla soglia, si sposta e ritorna al mo-mento del nostro commiato. Più di unavolta ci è venuto in mente di cucinarlo,ma mai lo avremmo fatto.I giorni passano. Decidiamo di stabilircia Plavno in pianta stabile (rimarremo treanni). Dopo un anno di permanenza, itempi sono maturi per mettersi alla ri-cerca dei parenti fuggiti. La cosa non èsemplice: chi è fuggito non ha datotroppi riferimenti e le linee telefoniche,così come le strade verso la Serbia, so-no interrotte. Allora ci mettiamo in autoe partiamo solo con alcuni indirizzi a di-sposizione.In uno di questi viaggi riusciamo a rin-tracciare uno dei tre figli di Milica. Ri-mane stupefatto dalle notizie che gliportiamo sulla madre: era convinto chefosse morta da tempo. Ci prega di fare ilpossibile per portarla da lui che, essendoserbo, non potrebbe andarla a prendere. Ci vorrà ancora un anno prima di riusci-re a procurare dei documenti per Milicae per tutti i vecchietti rimasti.Intanto lei sembra aver acquistato piùtranquillità, anche se i passi avanti fatti

nella comunicazione non sono granché.Dopo due anni dall’incontro con Milica,arriva il momento di riportarla dai figlie dagli amatissimi nipoti. Quella mattina arriviamo quasi fin sullasoglia di casa con il pulmino che avreb-be portato lei e altri quattro dai parentiin Serbia. Stranamente, e per la primavolta, il gallo non è presente. Milica èpronta, ha indossato il vestito buono,nessun bagaglio, solo alcune vecchie fo-to. Nel suo sguardo un miscuglio diespressioni: un misto di gioia, tristezza,nostalgia. La aiutiamo ad alzarsi. In si-lenzio la accompagniamo al pulmino. Isuoi occhi scrutano ogni angolo di quel-la stanza, quasi a voler catturare e rin-chiudere i ricordi di una vita vissuta lì,fatta di momenti belli e brutti, e con ilpensiero che forse lì non sarebbe maipiù tornata. Sulla soglia fa un gesto e ti-ra fuori le chiavi della porta, le infilanella serratura, poi ci guarda e, alzandole spalle, lascia le chiavi attaccate, sen-za chiudere. Ancora uno sguardo al cor-tile e poi via, sul furgone.Allontanandomi, mi pare di cogliere ilcanto del gallo ma, probabilmente, è so-lo suggestione.Per tutti i giorni del viaggio Milica ri-mane immobile: nessun gesto, nessunlamento, lo sguardo perso, lontano,chissà dove.Finalmente arriviamo a Stara Pazova,cittadina vicina a Belgrado, dove figli enipoti stanno attendendo Milica. Entria-mo nel cortile, un piccolo colpo di clac-son, la porta della casa si apre e figli enipoti si precipitano ad aprire il furgone.E’ in quel preciso momento che, per laprima volta, dopo due anni, sento chia-ramente la voce di Milica: non sono pa-role: sono urla, di una intensità tale dasembrare inumane: urla di gioia, di libe-razione, di disperazione, urla sopite econservate per anni, custodite con curaper essere tirate fuori in quel momento.Le lacrime scorrono a fiumi e la gioianegli occhi dei parenti è oltre l’immagi-

Milica

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Che cosa possiamo aggiungere all’intensità e ge-nuina profondità di quanto narrato?Solo una parola: Grazie!Grazie per questa celebrazione di vita che abbiamocondiviso insieme, come unica famiglia intorno al-la mensa della Parola sbriciolata in parole umane edel Pane fattosi per noi nutrimento del cuore, dellamente e della corporeità: la Parola nelle parole, ilPane nel corpo del testo.L’invito per tutti e per ciascuno, soprattutto per chifra noi è più giovane anagraficamente, è quello diiniziare a stupirci positivamente dell’esistenza che ciritroviamo tra le mani ogni giorno, di accorgerci chenon è tutto scontato o dovuto, che non è per nostromerito che ci siamo in questo mondo! Siamo qui eora per imparare dalla vita, per costruirci una vitafondata su valori stabili nel tempo. Siamo qui e oraper “Grazia”, perché impariamo il senso “della gra-tuità (gratis), del perdono (graziare), del piacere (go-dimento, gradito), della dolcezza (gracile), della bel-lezza (grazioso) e della riconoscenza (gratitudine)”3.Il Grazie per eccellenza è stato Gesù, un Dio che siè fatto straniero, un Dio che ha fatto di ogni Plavnodel cuore la sua casa, un Dio irregolare, sottopaga-to, che fa il lavoro che noi non facciamo, un Dioche dorme sotto le mura delle nostre città sicure,che pensa ai suoi figli lontani, orfani della sua ca-rezza serale, un Dio che ha varcato pozzanghere espiagge, deserti, montagne e pianure, le nostre stra-de, le case, i cortili, un Dio badante che pensa ainostri vecchi e li profuma con la tenerezza che ave-vano dimenticato, un Dio che muore in un casso-netto, nel vagone di un binario abbandonato, unDio Re Magio dai mille volti e colori, che è venutoe continua a venire, un Dio che viene a salvarcidall’ingratitudine, perché possiamo imparare l’alfa-beto del Grazie.

Buona strada!

Mauro Barisone e Suorbì[email protected] - [email protected]

(foto di Mauro Barisone)

1 Chi volesse conoscere in dettaglio il suo Curriculum Vitae può contat-tarlo: [email protected] Plavno: CroaziaNell’Agosto del 1995 l’esercito croato sferrò un attacco fulmineo e vio-lento denominato “Oluja” (tempesta), nel territorio denominato “Krajna”tra Dalmazia e Bosnia, attuando in tre giorni una delle azioni di puliziaetnica più efferate del conflitto, costringendo alla fuga oltre 250.000 ser-bi. Nel villaggio di montagna di Plavno fuggirono circa 2.500 persone.Rimasero solamente alcuni anziani impossibilitati a fuggire o rimasti adifesa delle case e degli animali, nella speranza di un ritorno celere deiloro cari e affidandosi alla clemenza dell’esercito croato. Per loro comin-ciò un’odissea fatta di solitudine e abbandono, senza cibo, legna da arde-re, corrente elettrica, documenti. Ad alcuni bruciarono la casa o la sac-cheggiarono di tutto, costringendoli a vivere in ripari di fortuna, cantine,stalle. Passeranno molti anni prima di poter avere notizie dei figli; moltidi loro non riuscirono; altri cercarono di raggiungerli in Serbia; la mag-gior parte di loro morirà senza ricongiungersi con i propri cari.3 A. FOSSION, Ri-cominciare a credere. 20 itinerari di Vangelo, EDB, Bo-logna 2009, 29-30.14

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nabile. Ci invitano ad entrare, ma pensiamo sia il caso di lasciarligustare da soli quel momento così intenso: abbiamo altre “conse-gne” da fare. Ci fanno promettere di tornare il giorno dopo percena. Il figlio più grande ripartirà per il Montenegro e porteràMilica con sé, quindi ci aspettano a salutarla per l’ultima volta.L’indomani, dopo una giornata passata a Belgrado, ci dirigiamoverso la casa di Milica per la cena e per i saluti. Tutti ci rendia-mo conto che probabilmente sarà anche l’ultima volta che la ve-dremo e il pensiero ci rende un po’ tristi anche se siamo felici perlei. Ad accoglierci, oltre i figli e i nipoti, altre persone: amici, cu-gini, curiosi, giunti per Milica, ma anche per vedere da vicinoquesti strani italiani. La tavola è imbandita: una vera e propriafesta. Milica è seduta su una grande poltrona di pelle rossa, è ele-gantissima in un nuovo abito nero, lo sguardo aperto, rilassato,felice: sembra pure ringiovanita di parecchi anni. La serata siconsuma in racconti, mille domande, risa e ringraziamenti. Mili-ca osserva dalla sua poltrona, i suoi occhi sorridono. Si fa tardied è il momento di andare. Salutiamo tutti, lasciando per ultimaMilica. Mi dirigo verso di lei. Nipote e figlio si avvicinano peraiutarla ad alzarsi, ma lei, con un gesto severo e perentorio, li al-lontana. Nella stanza cala il silenzio. Milica afferra i bracciolidella poltrona e lentamente, molto lentamente, con uno sforzoimmane, si alza in piedi. Fa un passettino, mi guarda e sussurran-do mi dice, in italiano, “Grazie”.Io e tutti quanti rimaniamo senza parole. In quel momento, pro-babilmente, l’unico modo, il più grande, il più difficile che Mili-ca aveva per “abbondare in azione di grazie” era quello.Io non so come interpretare quel gesto, ma lo voglio interpretarecome una sorta di solitaria standing ovation, come quando a tea-tro la gente si alza tutta in piedi per applaudire...Nella mia vita mai più ho ricevuto un ringraziamento tanto senti-to e tanto emozionante come quello.L’indomani Milica parte con il figlio più grande per il Montene-gro. Una settimana dopo muore vicina ai suoi cari.Credo che lei abbia sempre saputo che sarebbe morta una voltaottenuto il suo scopo: rivedere i suoi figli, e il giorno in cui ha la-sciato la chiave nella serratura è da iscrivere in una specie di vi-sione definitiva.Mi lascia un grande insegnamento e pure una grande speranza. Auna settimana dalla morte, era riuscita, probabilmente, a raggiun-gere l’apice della gioia e della serenità, perché lei ce l’aveva fat-ta, aveva ottenuto il suo scopo, aveva realizzato il sogno che finoa poco tempo prima non osava neppure immaginare. Non avevapiù niente da chiedere alla vita. Sono certo che Milica sia mortasorridendo.Nei miei momenti tristi penso spesso a questa storia, e il pensie-ro di lei mi rincuora e conforta.Così, alzo lo sguardo al cielo e sussurrando dico:Grazie, Milica.

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Santa TeresaBenedetta della CrocePortava il titolo regale: “della Croce”.

“Ciò che non entra nelle mie vedute,entra nelle vedute di Dio: niente succede a caso”.

Questo scrisse Santa Teresa Benedetta della Cro-ce, vissuta in un tempo che amava più le tene-bre della luce. Era inevitabile, perciò, che la

sua vita fosse spenta dalla violenza. Al di là di tutto,Suor Teresa Benedetta della Croce era un’anima assetatadi “Verità” e di “vita”. Testimoniò questi valori sia nelCampo di concentramento di Hooghalen prima e poi diWesterbork, per morire martire in quello di Auschwitz,assieme alla sorella Rosa, il 9 agosto 1942.Edith Stein, così si chiamava Suor Teresa Benedetta del-la Croce prima di entrare nel Monastero di Colonia, con

tutti i suoi doni “di natura e di grazia”, con tutta la suavita così attiva e così feconda, anche di successi letterarie filosofici, si è santificata nel silenzio di un chiostrocon gli stessi mezzi di tante umili Sorelle.Sempre mi riempiono di stupore i mezzi e l’ambiente incui vissero le Sante Carmelitane: Santa Teresa di Li-sieux, Santa Teresita de los Andes, Santa Teresa d’Avila,Santa Teresa Margherita di Firenze, Santa Teresa Bene-detta della Croce. Esse sono nate e cresciute in ambientidiversi, hanno vissuto in tempi e in ambienti diversi, so-no state educate con metodi diversi, ma tutte hanno ac-cettato di lasciarsi amare da Cristo, in tempi e in mo-di diversi. E lo sappiamo tutti che l’Amore di Cristo siesprime con un simbolo sconcertante: la croce.Tutte hanno avuto a propria disposizione la Regola delCarmelo e tutte l’hanno vissuta con sincerità di cuore.Tutte avevano dentro la stessa aspirazione di ricerca edi santificazione: la piccola via dell’umiltà e dell’amorele accomuna.Tutte si sono dimostrate disponibili alla Grazia: si sonolasciate macinare come piccoli grani di frumento, maognuna ha seguito la propria via.Tutte Sante, come tutti gli uomini hanno due occhi e duemani; ma lo sguardo, quello no! Non vi sono clonazioninella santità! Siamo unici e irripetibili perché così ci ha

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voluto il Signore fin dall’eternità. Lenostre Sante carmelitane sono diven-tate tali vivendo nei loro chiostri odove la volontà di Dio le ha portate:hanno vissuto con gioia, e senza rim-pianti, la vita e il loro tempo.

Edith Steinapparteneva ai “Puri di cuore”a cui Gesù ha promesso:“Vedranno Dio!”Era il due agosto 1942. Durante que-sta giornata venivano arrestati tutti imembri non ariani che vivevano nel-le Case religiose. Arrestati e condottivia: il loro peccato era quello di ap-partenere alla razza ebraica. EdithStein e la sorella Rosa furono arresta-te e portate in Campo di concentra-mento assieme a migliaia di altriebrei, proprio perché appartenenti aduna famiglia ebrea.Edith, nel 1922, si era fatta battezzaree nel 1933 si era fatta Monaca carme-

litana, ma questo, per i soldati delleSS, non contava. Già nel 1939 avevadovuto lasciare il suo Monastero diColonia. Aveva chiesto ed ottenutoospitalità nel Monastero di Echt, in

Olanda, ma quando l’Olanda fu inva-sa da Hitler, anche là vennero appli-cate le leggi razziali. Anche per que-sto Edith finì martire ad Auschwitz.Erano le cinque del pomeriggio e leReligiose del Carmelo di Echt, dovesi era rifugiata Suor Teresa Benedettadella Croce con la sorella Rosa, sitrovavano in coro. Al suono del cam-panello la Superiora andò ad aprire:erano due ufficiali delle SS che chie-devano di Suor Stein. Pensando chesi trattasse del permesso di emigra-zione chiesto dalla stessa Suor Teresaper emigrare in Svizzera, la Madrechiamò Suor Teresa Benedetta e lamandò in parlatorio. Sua sorella Rosaera già là, ma dalla parte esterna inquanto apparteneva al Terzo Ordinecarmelitano e viveva all’esterno delMonastero.I due militari diedero a Suor TeresaBenedetta della Croce dieci minutiper prepararsi ed uscire dal Monaste-ro con loro. Con lei portarono via an-che la sorella Rosa. A nulla valsero lechiarificazioni della Madre che conti-nuava a ripetere che le due sorelleerano pronte ad emigrare in Svizzera,nel Carmelo di Paquier. Le religiose,con le lacrime agli occhi, videro usci-re la loro Consorella dal Monastero,senza poter fare nulla per impedir-glielo, e salire su di un carro d’assal-to su cui c’erano già altre persone.Nessuno sapeva dove fosse direttoquel mezzo.In quello stesso giorno, il GeneraleSchmidt, rappresentante di Hitler inOlanda, durante un comizio disse chequegli arresti erano la risposta allapastorale religiosa della Chiesa catto-lica, del 26 luglio, giorno in cui, intutte le chiese cattoliche, si era letta

la circolare dei Vescovi olandesi conla quale si protestava contro l’arrestoe la deportazione degli Ebrei e dei re-ligiosi di razza ebraica. Tra l’altro ilGenerale disse: “… siamo costretti,da parte nostra, a considerare i cat-tolici di puro sangue ebraico, come inostri peggiori avversari e quindi adeportarli al più presto in Oriente”.A nulla valsero le energiche protestedell’Arcivescovo Monsignor De Jong.L’arresto dei religiosi e religiose cat-tolici di origine ebraica era semplice-mente un atto di vendetta contro lapastorale dei Vescovi: erano i Vesco-vi e la Chiesa cattolica che si inten-deva colpire con l’arresto dei religio-si di razza ebraica.

La vita di Edith Stein:un misterioso lavoro della GraziaEdith Stein nasce il 12 ottobre 1891da una famiglia ebraica in Breslavia,allora territorio tedesco. Era l’ultimadei sette fratelli diventati grandi e dei

quattro morti neonati. Rimase orfanadi papà a soli due anni. La madre,Augusta Courant vedova Stein, eraun’ebrea di pura stirpe e dovette, do-po essere rimasta vedova, occuparsi epreoccuparsi da sola a mantenere lafamiglia. Non fu facile! Portò avanti

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il commercio di legna, iniziato dalmarito con notevoli sacrifici, fino araggiungere una certa agiatezza e po-ter fare studiare i figli. Era orgogliosadi appartenere al “Popolo eletto” ededucò i suoi figli nell’osservanza ditutti i riti e precetti della Religioneebraica. Le preghiere in famiglia venivano re-citate rigorosamente in ebraico e tuttele cerimonie prescritte dal Talmud era-no fedelmente osservate. Anche perquesto, non accettò mai la conversioneal Cristianesimo della figlia Edith. Ol-tre che ad essere una donna energica,la madre di Suor Teresa Benedetta del-la Croce era anche una donna moltocaritativa. La signora Stein cercava diinfondere il sentimento della carità edella compassione anche nei suoi figlied in particolar modo in Edith. E lanostra Santa, prima ancora di essereSanta e prima ancora di autodefinirsi“atea”, fu una fedele ebraica. E quan-do tornava in famiglia, nonostante ilsuo non credere, accompagnava devo-tamente alla Sinagoga la madre neigiorni di sabato, perché potesse assi-stere alle funzioni.

A scuola era giudicata vivace,intelligente, aperta e precoceA quattordici anni Edith si professavaatea e tale rimase fino a ventuno.Dopo gli studi universitari a Gottin-ga, divenne discepola di EdmundHusserl1, perché il suo vero interesseera la filosofia. Nello stesso tempopartecipò all’“Associazione Prussia-na per il diritto Femminile al Voto”.Ma più tardi lei stessa scriverà:”Quale giovane studente fui una ra-dicale femminista. Persi poi l’interes-se a tutta la questione…”.

Allo scoppiare della prima Guerramondiale nel 1914, frequentò un cor-so di infermiera e prestò servizio inun Ospedale militare austriaco comevolontaria. Fu duro, per la nostraEdith, vedere morire tanti giovani,prestare servizio in sala operatoria edaccudire ai malati di tifo. Alla chiu-sura dell’Ospedale militare nel 1916,segui Husserl, con cui conseguì, nel1917, la Laurea “Summa cum laude”in filosofia e divenne, poi, sua Assi-stente a Friburgo nella Brisgovia.Negli anni seguenti insegnò, prima aSpeyer e poi a Münster, fino a quan-do, a causa delle leggi razziali, dovet-te interrompere la sua attività di inse-gnamento.

La conversione:da ebrea a cattolicaSuor Teresa Benedetta della Croce,dopo la sua conversione e il suo Bat-tesimo, il primo gennaio del 1922, hatradotto in vita pratica la verità intel-lettuale che tanto l’appassionava. Leistessa scrisse: “La mia sete di veritàera una preghiera continua”.Il suo spirito fu sempre in attitudine

di ricerca come le gemme del mesedi marzo sono un annuncio dei pros-simi fiori di aprile e dei prossimifrutti. Ma il caldo sole che fece matu-rare la sua conversione e, di conse-guenza la sua vocazione, fu una lettu-ra particolare.Lei stessa scrive a tale proposito: “…Presi dallo scaffale un grosso volumeche portava il titolo: “Vita di SantaTeresa d’Avila, scritta da lei stessa”.

Ne cominciai la lettura e ne rimasitalmente presa che non la interruppifinché non fui arrivata alla fine dellibro. Quando lo chiusi dovetti con-fessare a me stessa: “Questa è la Ve-rità!”. Ormai era tutto chiaro…

Una nube oscurava il fascinodella sua culturae della sua genialitàIn questa grande luce in cui era stataavvolta, c’era però una nube cheoscurava la sua felicità. Come annun-ciare questo avvenimento alla suamamma, ebrea convinta e praticante?Senza dubbio, l’idea di dover manife-stare a quella donna tanto amata, ma

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così esigente nella sua fede ebraica, ilgrande avvenimento che aveva muta-to radicalmente la sua vita, la facevatremare fin nel più intimo del suoessere. Intuiva che un abisso si sareb-be aperto tra loro.Un giorno si inginocchiò davanti allamadre e disse: “Mamma, sono cat-tolica!” E la madre, che già aveva in-tuito qualcosa di questo cambiamentodella figlia, con eroismo degno degliantichi patriarchi, incominciò apiangere. Ed era proprio quello cheEdith non si aspettava. Non avevamai visto una lacrima sul volto dellamadre. La debolezza di questa donnaforte, che aveva sempre lottato con lavita e per i suoi figli, si era abbando-nata al pianto e questo sconcertò nonpoco Edith... ed anche la figlia lasciòscorrere le sue lacrime.Queste due grandi anime, cosìprofondamente unite e uguali, in quelmomento sentirono che le loro vie siseparavano. Il cuore e la mente dellaneo-convertita ormai navigava in altricieli.

Nelle sue aspirazioni più intime in-cominciò a desiderare il Carmelo.Ma il suo Direttore spirituale,Mons. Schwind, le negò, per il mo-mento, il permesso di abbracciare laVita religiosa. Fu proprio lo stessoMonsignore a procurarle un postotranquillo in un ambiente religioso,dove avrebbe potuto dedicarsi indi-sturbata ai suoi studi di filosofia eprogredire nel proprio perfeziona-mento spirituale, in attesa di varcarela soglia del Carmelo di Colonia.Il Collegio “Santa Maddalena”, delleClaustrali di San Domenico, era ilposto ideale perché lei potesse far

maturare la sua vocazione: contem-poraneamente insegnava alle educan-de e poteva dedicarsi ai suoi studi fi-losofici.

La “signorina professoressa” siadattò rapidamente all’orario e alleabitudini delle Religiose. Alle ragaz-ze a cui insegnava lasciò un ricordoparticolare in quanto sapeva concilia-re perfettamente la giustizia con unasquisita bontà. Scrive a tale propositouna studente: “Il mio esame di gram-matica fu un fallimento… Ma la si-gnorina professoressa Stein non mifece sentire a disagio… Era amatada tutti e stimata come l’insegnantepiù intelligente, giusta e capace dellanostra scuola”. E un’altra scrive:“Aveva un non so che di superiore.Era troppo geniale. Colpiva in lei lagrandissima umiltà e l’eccezionaleintelligenza, ma il tutto condito sem-pre da molta modestia”. Scrive unaMonaca del collegio: “Il vederla pre-gare in cappella, dove si trattenevagenuflessa per lunghe ore, era unaprofonda, silenziosa predica”.

Monaca nel Carmelo di ColoniaNell’ottobre del 1933 Edith Stein de-cise di ritirarsi nel Carmelo di Colo-nia dove prese il nome di Teresa Be-nedetta della Croce.La nostra Santa ci porta direttamentenel vivo del XX secolo mostrando lesperanze che esso aveva acceso, co-me pure le contraddizioni e i falli-menti che lo hanno segnato.Non senza dolore e pericolo, nel1939, avvenne il suo trasferimentonel Carmelo di Echt in Olanda. Tutta-via quando anche l’Olanda non ri-sultò più sicura, si ritenne opportuno,per la sua salvezza, rivolgersi ad unCarmelo della Svizzera, anziché alVaticano o ad un Carmelo in Israele.Era tutto pronto. Mancava solo unafirma dal Commissariato olandese,ma era questione di pochi giorni.Tut-to, però, precipitò e risultò inutile. Lecose precipitarono a causa di una let-tera pastorale scritta dai Vescoviolandesi con l’obbligo di leggerla intutte le Chiese cattoliche; scatenò glieventi e fece salire l’odio travolgen-do la nostra Carmelitana.

L’immolazione e il martirioDal Carmelo di Echt, Suor TeresaBenedetta della Croce venne preleva-ta dalla Gestapo il 2 agosto 1942, perfinire nel Campo di sterminio di Au-schwitz, dove morì in una camera agas il 9 agosto dello stesso anno. Composta e serena nel suo atteggia-mento raccolto, camminava tutta ri-volta e abbandonata in quel Dio dacui la sua fiducia attingeva ogni for-za.Fu in questi giorni che visse nelCampo di concentramento un esem-pio di carità e di assistenza: fino al-

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l’ultimo ha parlato un linguaggio si-lenzioso e caritativo, comprensibilea tutti. L’umile contegno che Suor TeresaBenedetta della Croce aveva sem-pre manifestato, e che l’aveva sem-pre distinta in tutti i suoi rapportisociali, si manifestò nel Carmelo diColonia e di Edht, cercando di esse-re fra le sue Consorelle, un elemen-to di unione e di gioia, anche inmezzo a circostanze minacciose,non solo per se stessa, ma anche perlo stesso Ordine e per la propriaComunità religiosa.In una lettera scritta dal Carmelo diEcht diceva: “… E’ bene tener pre-sente che fa parte della povertà danoi professata essere pronte a la-sciare anche il nostro Monastero.Ci siamo obbligate ad osservare laclausura, ma Iddio non si è obbli-gato a lasciarci sempre dietro lemura della nostra clausura. Eglinon ne ha bisogno, perché possiedealtre mura per proteggerci… Certa-mente possiamo pregare che questaprova ci venga risparmiata, ma sol-

tanto se aggiungiamo con tutta lanostra fermezza e sincerità: non lamia, ma la Tua volontà sia fatta!”.

“Quando sarò arrivata là,dove termina il mio orizzonte,si aprirà l’universo”Suor Teresa Benedetta della Croceera ormai un’anima matura per latestimonianza del martirio.Quando venne arrestata e portata viadalla Gestapo, stava scrivendo la suagrande opera: “Scientia crucis”.Non l’ha terminata, ma l’ha testimo-niata mediante la sua vita virtuosa ela sua morte santa. Iddio l’ha prova-ta nel fuoco della sofferenza e l’hatrovata degna di Sé. Il mistero dellacroce si è realizzato in lei fino al suopiù profondo significato.Suor Teresa Benedetta della Croceha partecipato alla nostra stessa vi-ta, alle nostre attività ed interessi;ha assistito ai medesimi avveni-menti; ha condiviso i nostri proble-mi; ma soprattutto, ha fatto piena-mente sue le aspirazioni dei nostritempi che tendono ad oltrepassare i

limiti del tempo per prolungarsinell’eternità. In questa Monaca car-melitana si trova, infatti, un esem-pio persuasivo di chi si è misuratocon le nostre stesse esperienze: hacercato con tutte le sue forze unideale e lo ha servito poi in umilee amorosa donazione.

Dopo la conversione,la verità le apparvesolo nella volontà di DioCome ci ricordò Giovanni Paolo IIquando la proclamò compatronad’Europa assieme a Santa Brigidadi Svezia e a Santa Caterina da Sie-na, Teresa Benedetta della Croce,con la sua vita di pensatrice, di mi-stica, di martire, gettò un ponte trale sue origini ebraiche e l’adesio-ne a Cristo.Durante la sua vita come filosofa ecome pensatrice, si mosse con sicu-ro intuito tra il pensiero filosoficocontemporaneo, gridando poi, conil suo martirio, le ragioni di Dio edell’uomo, nell’immane vergognadella Shoah.“Santa Teresa Benedetta della Cro-ce è così diventata l’espressione diun pellegrinaggio umano, culturalee religioso, che incarna il nucleoprofondo della tragedia e delle spe-ranze del vecchio Continente euro-peo” (Spes Aedificandi, 3).Fu proclamata Santa da GiovanniPaolo II nel 1998. La liturgia la ri-corda il 9 agosto.

Assunta Tagliaferri

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I santi sono coloro che lasciano passare la luce...

1 Edmund Husserl era un filosofo tedesco della primametà del Novecento. Affascinava il suo pubblico con unnuovo concetto della Verità. I suoi discepoli comprende-vano la sua filosofia, quale svolta verso il concreto... Lasua “fenomenologia” condusse, senza che lui ne avessel’intenzione, molti dei suoi studenti alla fede cristiana.

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...Una bella notizia...

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Da circa sei anni la “Comu-nità don Milani” del Patro-

nato di Sorisole (BG) – Comu-nità educativa per minori affidatidai Servizi sociali in percorsi al-ternativi alla detenzione – offreai suoi ragazzi la possibilità divivere un’esperienza di solida-rietà accompagnando i malatidell’Unitalsi di Bergamo in pel-legrinaggio a Lourdes.Questa scelta nasce dal desideriodi favorire nella mentalità dei

ragazzi una cultura alla solida-rietà, all’accoglienza, mobilitan-do pensieri, forze ed esperienzecapaci di operare su quei proces-si e fenomeni che creano margi-nalità, disagio e devianza.L’offerta arriva anche dal Grup-po Unitalsi di Chiuduno, che tut-ti gli anni si rende disponibile adaccogliere e coinvolgere la Co-munità in questo pellegrinaggio.Ogni anno a fine aprile, per cin-que giorni, i ragazzi della Comu-nità, accompagnati dagli educa-tori, sono chiamati a vivere unaforte e intensa esperienza di curae attenzione all’altro unita a mol-ti momenti di preghiera.I ragazzi coinvolti si sono sem-pre dimostrati partecipi, disponi-bili ad “esserci per...” e protago-nisti positivi nelle relazioni congli altri.I giorni a Lourdes scorrono in-tensamente, dalla sveglia mattu-tina, quando subito ci si rendedisponibili per il servizio selfservice alla mensa del Salus(l’albergo-ospedale dell’Unital-si), al servizio di barelliere che

comporta l’accompagnamentodei malati al Santuario per assi-stere alle funzioni.Il viaggio a Lourdes è capace disuscitare gesti che assumono si-gnificati nelle storie tra gli edu-catori e i ragazzi, nelle avventurecondivise e negli incontri nuovi.I ragazzi più scettici sul sensodel pellegrinaggio, durante lapermanenza a Lourdes, hannosaputo interrogarsi su tante cose:sulla vita, sulla sofferenza, sullasperanza…Questa esperienza permette dimettersi in ascolto degli altri, maanche di se stessi.

Così quest’anno, sostenuti dallafiducia e dai consigli di chi pre-cedentemente aveva partecipatoal pellegrinaggio, siamo partiti ingruppo, tutti carichi di aspettati-ve positive: aspettative che nonsono state deluse.Il clima di Lourdes sempre umi-do e imprevedibile, la quantità dipioggia scesa sempre accompa-gnata anche da spiragli di sole evento, hanno fatto da cornice ad

Pellegrinaggio

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un paesaggio suggestivo incastonatotra le colline e i Pirenei.Ciò che ha colpito ognuno di noi èstato il vedere con i propri occhi cen-tinaia di ammalati tutti insieme; cen-tinaia di ammalati che, accompagnatidai volontari, partecipavano alleSs. Messe nelle varie Basiliche, alleVia Crucis, alle adorazioni e alla sug-

gestiva processione serale aux Flam-beaux.In ognuno di questi momenti è statoimportante e significativo scoprireche nella malattia c’è sempre la bel-lezza della persona umana, con i suoisentimenti, gli sguardi, le parole, igesti… c’è una vita vissuta. C’è unasperanza legata al mistero.

Nonostante l’intensità delle giornate,trascorse con l’obiettivo quotidianodel servizio alla mensa, con i malatialle funzioni liturgiche e nelle riunio-ni organizzative, ci sono anche statispazi e tempi di meditazione perso-nale davanti alla Grotta dell’appari-zione e nella Cappella dell’adorazio-ne.

La responsabilità e la fatica che inquesti giorni abbiamo misurato sunoi stessi hanno sicuramente lasciatoun segno personale e indelebile inognuno di noi, lasciando da parte an-che quel sentimentalismo che porta asentirsi bene in virtù del fatto che cisi è resi indispensabili per gli altri.Abbiamo trovato poi delle persone

meravigliose, i volontari dell’Unital-si, che ci hanno fatto sentire da subitocalorosamente accolti e che ci hannoaccompagnato in questa esperienzasotto ogni punto di vista: organizzati-vo, liturgico, umano. A Lourdes ab-biamo avuto la possibilità, come pro-clamava anni fa il PonteficeGiovanni Paolo II, di poter apprende-re “in cosa consiste l’amore per lavita, attraverso quello spirito di ser-vizio che dona il suo prezzo alla vitastessa, alla vita dei giovani. Questospirito non è solo un aiuto: è unoscambio, un’offerta di comunione”.Numerosi sono stati gli stimoli rice-vuti. Certamente rimane il bellissimoricordo di un’esperienza comunecondivisa tra noi, ma anche l’impor-tanza di aver messo se stessi di frontea qualcosa di più infinitamente gran-de che, per esser compreso, deve, perforza di cose, passare attraverso laconcretezza dell’esperienza umana inogni sua sfaccettatura.Crediamo che il miracolo sia proprioquesto. Tutti abbiamo avuto unagrande possibilità; ad ognuno di noiora sta farne tesoro guardando al fu-turo.E con questa speranza, abbiamo fattoritorno a casa.

Elena e Lucaeducatori

!

Un grazie di cuore a Elena,a Luca e ai ragazziche hanno voluto farci conoscerela “bella notizia”nell’incontro con il sorriso di Mariae la gioia di chi si affida a Lei.

a Lourdes...Una bella notizia...

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155° Anniversariodel ritorno al Padre

della Beata

Caterina CittadiniEchi festosi da tutto l’Istituto

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SOMASCACasa Madre

Nella Basilica di San Girolamo in Somasca tutto è pronto per ricor-dare, con una Celebrazione eucaristica, il 155° anniversario di mor-te della Beata Caterina Cittadini.Già dalle ore 15.30 i fedeli cominciano ad affluire per prendere po-sto e, ricorrendo quest’anno il Giubileo somasco (500 anni dalla li-berazione di San Girolamo Emiliani dal carcere), per avere anche iltempo di recarsi a pregare presso la tomba del Santo.Si respira silenzio carico di grazie; un grazie al Signore, che si è fat-to subito preghiera già da quando le note delle campane a festa edell’organo, che si prepara al canto, accompagnano l’approssimarsidella Celebrazione.Man mano la gente prende posto a sedere, è un incontro di sguardi,di sorrisi, di saluti affettuosi che esprimono la gioia di essere lì perricordare un giorno di morte da cui, però, è sbocciato il seme di unavita donata pienamente che sta ancora portando i suoi frutti.Nell’introduzione Madre Letizia, Superiora generale, traccia un bre-ve profilo di Caterina, ricordando la sua presenza attiva di bene an-che e soprattutto nella Parrocchia di Somasca.Il Celebrante, Padre Luigi Amigoni, Preposito Provinciale dei PadriSomaschi, nella sua Omelia mette in evidenza come la preghiera diGesù sia una preghiera di confidenza massima nel Padre che racco-glie l’inizio e la fine della sua vita di Figlio.«Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché egli dia la vitaeterna a tutti coloro che gli hai dato» (Gv. 17).La vita di Gesù: dall’inizio al suo termine è stata un continuo viag-giare da una città all’altra predicando alla gente l’amore di Dio.La vita di Caterina: dall’inizio alla fine è stata un andare da Berga-mo, a Calolziocorte, a Somasca seminando, soprattutto in questopaesino di poche anime, semplicità di vita, messaggi di speranza,preghiera e profondo zelo per il Regno di Dio.Caterina è donna di spiritualità profonda e di altruismo sincero che,sull’esempio del suo “Amabilissimo Sposo”, sa farsi tutta a quantisempre accosta; è madre amabile, dolce, che traffica, fino all’ultimorespiro, i doni di Dio; è sorella che sa comprendere le difficoltà e lefatiche di tanta gente perché sempre accoglie e porta al Signore,con spirito di fede, le difficoltà e le fatiche vissute fin dalla sua piùtenera età.E quanto ancora si potrebbe dire di questa donna che già tutti cono-sciamo, ma che non si vorrebbe mai finire di scoprirne i tratti lumi-nosi.

Padre Luigi, così ha continuato nella sua Omelia: “Tra i doni di Dioc’è una donna felice in cielo: Caterina Cittadini. Perché la ricordiamo?Perché è morta qui a Somasca, perché Papa Giovanni Paolo II l’ha di-chiarata Beata, perché oggi è la sua festa, perché qui ci sono le suediscepole che continuano ad educare con la sua stessa passione”.

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Così ha scritto il Maestro Mario Valsecchi nell’Inno, da lui composto per la Beatificazionedi Caterina:“Con l’ardore di fede operosa le tue figlie continuano il cammino:vi sia tra loro un cuor solo e un’anima sola in te, Caterina”.E’ questo affiatamento e questa affinità che siamo chiamate noi, sue figlie, a testimoniare nelnostro relazionarci e nel nostro porci a servizio.

“Nelle gioie e fatiche del vivere alla tua fede guardiamo come esempio:tu nella gloria dei giusti per noi prega il Signore, Beata Caterina”.Ed è a questo tuo esempio, Caterina, che non dobbiamo smettere di guardare per imitarenell’essere cuore pulsante in ogni nostra realtà e per dimostrare che il Signore continua adaver cura di tutti: certe che la santità oggi è ancora possibile.

Suor Concetta Rota Bulò

ROMA

Istituto scolastico “Caterina Cittadini”

Sabato 5 maggio, le due Comunità - “Caterina Cittadini” e “Emmaus” - presenti in Roma,si sono incontrate nella Chiesa del Ss. Redentore a Valmelaina, per festeggiare la Beata Ca-terina Cittadini, partecipando alla Santa Messa, concelebrata da Padre Corrado e da PadreGabriele, con la viva partecipazione dei fedeli che abitano nel quartiere e condividono lapreghiera e l’impegno educativo a favore delle famiglie e dei ragazzi/e, affidati all’educa-zione e istruzione offerta dalle Suore.Padre Corrado ha annunciato e spiegato alla gente l’evento importante del Capitolo Gene-rale che coinvolge quest’anno il nostro Istituto il quale, come una famiglia, è chiamato dal-lo Spirito Santo a riflettere sulla sua realtà, la sua missione, il suo cammino evangelico per ilbene delle persone che avvicina.Questa comunità parrocchiale ha rivolto a Dio Padre una preghiera unanime per le Suore,lodandolo e ringraziandolo per il dono della fede e confidando nella protezione maternadella Beata Caterina Cittadini, donna ricca di fede e di amore quotidiano per Dio.Un altro momento di fraternità, condiviso dalle due Comunità, è stato il pranzo attorno allostesso tavolo: non è mancata una deliziosa torta dedicata alla Beata. Inoltre le due Comu-nità hanno partecipato, in serata, alla Santa Messa, presieduta dal Card. Gianfranco Ravasi,nella Basilica Ss. Bonifacio e Alessio all’Aventino, Celebrazione inserita nel Grande Giubi-leo Somasco per ricordare San Girolamo Miani nel cinquecentesimo anniversario degli av-venimenti che diedero una svolta radicale alla sua vita. Al termine della Celebrazione an-che una Compagnia Teatrale ha presentato, in modo significativo, la vita e le scelte diquesto grande Santo.Per le due Comunità è stata una giornata percorsa dalla riflessione sulla santità e, come hastimolato il Card. Ravasi nella sua Omelia “E’ necessario unire il volto di Dio Padre, svelatoin Gesù Cristo, al volto del povero, del bambino, al volto del “giusto”, del “santo” per conti-nuare, oggi, a portare frutto, a far crescere, in pienezza, la vita, a rendere feconda la caritàevangelica”.E ce lo ricorda molto bene il Beato Giuseppe Toniolo: “Noi credenti sentiamo, nel fondodell’anima, che chi definitivamente recherà a salvamento la società presente non sarà un di-plomatico, un dotto, un eroe, bensì un santo, anzi una società di santi”.

Suor Maurilia Pellicioli

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CARBONIA

Scuola “Gesù divino operaio”“Camilla Gritti”

BEATA CATERINA, PREGA PER NOI

La Festa liturgica della Beata Caterina Cittadini, a 155 anni dalla sua morte, è stata vissutanella nostra Parrocchia di Cristo Re con una gioiosa Celebrazione Eucaristica presieduta dalnostro Parroco, Don Alfredo Tocco, e concelebrata dal vice-parroco Don Andrea Zucca.La Chiesa si è “vestita” di festa: i sorrisi dei bambini delle nostre Scuole “Gesù Divino Ope-raio” e “Camilla Gritti”, i loro canti accompagnati alle chitarre dai genitori, i gesti, la pre-ghiera condivisa e l’intensa invocazione, per chiedere insieme l’intercessione della Beatasulle tante situazioni che preoccupano le famiglie del nostro territorio, hanno creato un’at-mosfera carica di Presenza.E’ stato bello vedere convenire tanti parrocchiani e diverse famiglie a questo appuntamentoormai annuale e, soprattutto, molto sentito, perché Madre Caterina è nel cuore delle perso-ne proprio per la semplicità della sua santità feriale; a lei ci si è affidati per chiedere aiutonella precarietà, sostegno nella malattia, luce nei diversi cammini educativi.Tutti i presenti e, in particolare, i genitori hanno baciato la Reliquia di Madre Caterina, ac-compagnando i bambini in questo gesto devozionale di affidamento, quasi a esprimere ildesiderio profondo che un frammento di quel “corpo”, santificatosi nelle gioie e fatiche delquotidiano, potesse proteggere la ferialità del proprio cammino, la totalità della propria ca-sa, della propria storia, di questa terra oggi particolarmente provata dalla crisi economica.E Madre Caterina sorrideva... vigilando con il suo volto luminoso e attento su di noi e suogni fedele che, talvolta con gesto quasi furtivo, si avvicina alla sua immagine, accende unacandela e, tracciando il segno di croce, continua quella antica storia di fede, scritta nellabellezza rocciosa e affascinante di questa terra, nel cuore e nelle tradizioni della sua gente.

Suor Eraldina Cacciarru

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TERESINA (PIAUI’)

Comunità “Vila San José da Costarica”

FESTA DELLA BEATA CATERINA CITTADINI

Nella nostra Comunità “San José da Costarica” la festa di Madre Caterina ha avuto iniziocon un Triduo a cui hanno partecipato gruppi di famiglie che già stavano animando la pre-ghiera del Mese di Maggio nelle nostre vie.Abbiamo vissuto la gioia di ripercorrere il cammino di Madre Caterina, esempio luminosodi maternità in Cristo e di dedizione incondizionata alle giovani generazioni. Ci siamo ritro-vate immerse nella sua vita con il desiderio di specchiarci in lei per essere riflesso dei suoiatteggiamenti e virtù.Caterina è stata vera educatrice cristiana che ha saputo essere maestra di vita con la tene-rezza e la forza del suo essere madre, con la sua capacità di “prendersi cura” di ogni perso-na affidata a lei, con il coraggio di scegliere come modello l’amore educativo di Gesù.Il 5 maggio, con tutte le famiglie abbiamo partecipato ad una Celebrazione eucaristica in ri-cordo di questa grande protettrice al termine della quale c’è stato il “bacio” devozionaledella sua Reliquia.Come gesto di gratitudine e di affetto a tutti è stata offerta una piccola cornice con la foto diCaterina.Tutto è grazia e benedizione di Dio.Beata Caterina Cittadini, prega per noi!

Suor Ione Pinheiro e Suor Luisa Bonati

Comunità “Bairro Real Copagre”

La Festa della Beata Caterina Cittadini è sempre “molto preziosa” per noi Suore, per le per-sone della nostra Comunità, in particolare per i bambini, gli adolescenti e i giovani che, at-traverso il nostro servizio nel Centro educativo, ogni giorno sperimentano i valori delnostro Carisma educativo.Al Triduo in preparazione alla festa del 5 maggio, che si è svolto nella Cappella davanti allaReliquia di Madre Caterina, i ragazzi del dopo-scuola hanno espresso i loro sentimenti e illoro grazie attraverso disegni, canti, quiz e preghiere.Alcune donne hanno condiviso la loro esperienza rifacendosi alla vita di Caterina, che or-mai hanno imparato a conoscere e che ancora oggi è motivo di forza nelle difficoltà, speri-mentando che la santità quotidiana è possibile ad ogni persona.Il 5 maggio abbiamo concluso la Festa con la Celebrazione della Parola di Dio cantando“Ecco l’amore” e l’Inno a Caterina “Come buona novella”.Molta la gente che ha partecipato con grande entusiasmo e fede; a tutti è stata consegnatal’immagine di Caterina e un dolce.

Suor Amabile Burini

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SANTO ANDRE’ (SAN PAOLO)

Comunità “Caterina Cittadini”

GRANDE FESTA PER CATERINA

Non posso non scrivere le meraviglie che il buon Dio opera nelle sue creature.Dopo il Triduo in preparazione alla Festa della Beata Caterina, celebrato nella Par-rocchia e in quattro delle otto cappelle della zona, la serata di sabato 5 maggio è sta-ta caratterizzata da una particolare solennità: la santa Messa celebrata dal ParrocoPe. Carlos Alberto, dei Padri Somaschi, Responsabile del lavoro pastorale della Par-rocchia.Il popolo ha partecipato in massa alle funzioni liturgiche e tanti giovani ci hanno da-to la gioia di sognare un futuro promettente per le vocazioni alla Chiesa e al nostroIstituto.Il celebrante ha presentato la figura di Madre Caterina come esempio di virtù e san-tità feriale per i nostri giorni così turbati dalla violenza che continuamente minacciala vita. Ci ha veramente procurato tanta gioia il vedere la nostra gente entusiasta in-torno all’immagine della Beata Caterina con grande fervore e senso di appartenenzaalla stessa Famiglia religiosa, con un solo cuore e una sola anima.Due giovani, vestite di Caterina e Giuditta, insieme ad un gruppo di bambini poveri,sono entrate, dopo la Comunione, cantando l’Inno di Caterina rendendo grazie a Dioper la grande figura di queste due sorelle che hanno saputo ascoltare la Parola di Dioe che, sotto la guida del Sacerdote Don Brena, hanno realizzato il sogno di dare unacasa ricca di affetto e di amore alle orfane del loro tempo. Col passare degli anni leradici hanno superato anche l’Oceano per dare frutto anche in Brasile: oggi noi vivia-mo di questo spirito di fondazione e, come vere Madri in Cristo, noi Suore e laicicompresi, accogliamo ed educhiamo ai valori della vita, tanti bimbi, adolescenti egiovani, senza trascurare le loro famiglie, mettendo in pratica quello che Gesù hadetto ai suoi apostoli e che oggi ripete continuamente anche a noi: “Amare tutti sen-za misura”.Tutta la Festa, preparata con tanto impegno dai nostri Educatori, si è svolta con gran-de gioia e si è conclusa con la “bella” torta che i volontari avevano già preparato peroffrirla ai presenti al termine della Santa Messa.Tutti sono tornati a casa felici e contenti, lodando il Dio della storia per quanto vissu-to in onore di Caterina: in questa povera zona di Santo André non avevano mai vistocose così belle.Anche noi Suore siamo molto felici di vivere e lavorare tra questi poveri che, nellaloro semplicità, ci amano e ci rispettano accogliendo il nostro essere con loro comevere Sorelle in Cristo Gesù.

Suor Angela Pirri e Comunità

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UBERABA (MINAS GERAIS)

Comunità “Nossa Senhora da Conceição”

FESTA IN ONORE DELLA BEATA CATERINA CITTADINI

Nei giorni 28 e 29 aprile u.s., insieme ai nostri collaboratori e con la partecipazione dellaComunità, abbiamo organizzato e realizzato un bazar con giochi, servizio bar… per racco-gliere fondi per la sistemazione del Centro Socio-educativo “Caterina Cittadini” .Il 1° maggio, nella Celebrazione eucaristica presieduta dal Parroco Padre Arnaldo, abbiamodato valore e senso alla vita di Madre Caterina.Nella Comunità dal 2 al 4 maggio, nel Triduo di preparazione alla Festa, abbiamo messo inevidenza l’essere di Caterina come religiosa, educatrice e insegnante con l’Adorazione eu-caristica pregando, in particolare, per le vocazioni. Al termine, un semplice rinfresco, ci hapermesso di condividere tra noi un momento di gioia.Nella Comunità “Nossa Senhora Aparecida” abbiamo celebrato la Festa il giorno 6 maggiocon la partecipazione di tutti: educatrici, alunni, ragazze del Progetto, Gruppo Cresima e laComunità cristiana.Celebrare la Festa di Madre Caterina ci ha permesso di andare alle fonti del nostro essereapostole educatrici, di fare la memoria della nostra storia, di rivedere il cammino tracciatodalle Fondatrici e di chi ci ha preceduto in questa missione.Caterina ci dice: “Lavorate mentre avete tempo… senza troppa ansia” e ci invita ad averesempre fiducia in Dio provvidente, a vivere la missione con donazione e gratuità e a seguireCristo alla luce del nostro Carisma nell’essere vere madri in Cristo nelle realtà in cui vivia-mo.

Suor Brunilde Colombo e Comunità

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TARIJA

Comunità “Sant’Angela Merici”

ANNIVERSARIO DELL’UNITÀ EDUCATIVA “CATERINA CITTADINI”

La prima settimana di maggio con gli insegnanti, i bambini e i loro genitori, abbiamo festeg-giato il IV anniversario della nostra Scuola materna; abbiamo pure ricordato i 155 anni del-la morte e gli 11 della Beatificazione di Madre Caterina Cittadini.Gli studenti, con danze, canti e concorsi, hanno espresso gratitudine a questa Madre che hasaputo aprire il cuore all’amore di Gesù e amare tutti con un amore disinteressato; hannopure percepito l’invito a fare lo stesso nella vita di ogni giorno.La Festa si è conclusa insieme a tutta la Comunità parrocchiale con una Celebrazione euca-ristica che ha trasmesso l’importanza di dimorare nell’amore di Dio per dare continuamentebuoni frutti.Grazie Caterina per questo tuo grande esempio di madre e di sorella.

Suor Brigida Cuentas e Comunità

CAMARGO

“Orfanotrofio Sawatzki”

LASCIANDO L’IMPRONTA

Quest’anno ho avuto la fortuna di vivere un anniversario diverso da quello precedentemen-te sperimentato a La Paz, Cochabamba e Tarija.Abbiamo festeggiato con i bambini della Famiglia, dell’Orfanotrofio, con il personale e al-cune persone che lavorano con noi.Il Parroco, Mons. Otto Strauss, ha presieduto la Celebrazione eucaristica allietata dai canti edalle preghiere dei piccoli. Un momento emozionante è stato sperimentato quando il Pa-dre, nella sua Omelia, ha sottolineato che Caterina, pur essendo orfana, non crebbe conrancore ma, carica di amore per Dio e il prossimo, crebbe lasciandosi guidare dallo SpiritoSanto.La presenza di questi nostri bambini sarà stata occasione di gioia anche per Caterina chedal cielo continua a vegliare su loro in modo particolare.Dopo la Celebrazione un piccolo rinfresco ha permesso a questa nostra famiglia, che vedela presenza di trentacinque bambini, di essere unita nella gioia e nella semplicità.

Suor Carmen Mercado Cámara

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COCHABAMBA - CONDEBAMBA

Comunità “Virgen de Guadalupe” e “Sorelle Cittadini”

“L’anima mia magnifica il Signore”Per festeggiare l’11° anniversario della Beatificazione di Madre Caterina, noi Suore dellaComunità del Noviziato “Virgen de Guadalupe” ci uniamo il 4 maggio, vigilia della Festa,con le Consorelle della Comunità “Sorelle Cittadini” di Condebamba per gioire insieme eprepararsi in preghiera al grande giorno.Vi partecipano diversi gruppi di mamme e di giovani che, dopo una fervorosa preghiera aGesù Eucaristia, rendono gioioso e festoso l’incontro con danze e canti, ai quali fa seguitoun semplice, ma gradito dessert. Prima di lasciarci, facciamo dono a tutti i presenti di unportaritratti con l’immagine della Beata, veramente molto gradito.Il giorno dopo, 5 maggio, nella Parrocchia “Nuestra Señora de Guadalupe”, dal nuovo Par-roco, Padre Juaquin Herbas e da un altro Sacerdote, viene celebrata una solenne santa Mes-sa. Dopo il canto d’ingresso, viene letta una breve biografia di Madre Caterina e una brevestoria della Congregazione da Lei fondata con la sorella Giuditta.Sono presenti moltissime persone appartenenti alle varie Comunità parrocchiali in cui noioperiamo; sul volto di tutti si legge il vivo interesse per quanto ascoltato e la grande gioia diconoscere meglio la nostra Congregazione, soprattutto la figura della Beata.Noi, figlie di Caterina, facciamo nostro l’invito di Giovanni Paolo II: “Aprite, anzi! Spalan-cate le porte a Cristo”.

Suor Fiorentina Regonesi e Comunità del Noviziato

MYSORE

Comunità “Nirmal Bhavan”

Noi Suore Orsoline della Comunitàdi Nirmal Bhavan in Mysore, il5 maggio u.s., in occasionedel 155° Anniversario dellamorte della Beata Caterina Cittadi-ni, abbiamo vissuto una Celebra-zione Eucaristica e un momento diFesta e di condivisione gioiose conalcuni dei 144 bambini, orfani diBangalore, che stanno facendo uncampo estivo presso iPadri Monfortani in Mysore.

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GARUT“Non temete che l’Istituto abbia a soffrire… Dio ha una particolare cura di voi”.(Beata Caterina Cittadini)

UN SEMPLICE E ARDENTE DESIDERIO:FAR CONOSCERE LA BEATA CATERINA CITTADINI

E’ da un anno ormai che noi Suore Orsoline di Somasca siamo presenti in Garut e il nostrodesiderio è di far conoscere sempre più le Sorelle Caterina e Giuditta Cittadini, nostre Fon-datrici, e di farci conoscere come Istituto.Abbiamo, per questo, fatto un incontro in cui, semplicemente, abbiamo presentato la vita,la missione e il Carisma di queste due sorelle. Il Signore, che guarda verso gli umili, ha gui-dato la realizzazione di questo nostro desiderio.Così la sera del 4 maggio, dopo la Santa Messa e l’Adorazione del primo venerdì del mese,abbiamo presentato la vita, la missione e il Carisma della nostra Congregazione.C’erano più di ottanta persone tra cui anche alcuni insegnanti. Al termine abbiamo conse-gnato a tutti la Preghiera per ottenere grazie per intercessione della Beata Caterina e un se-gnalibro; ha fatto seguito, poi, un piccolo rinfresco.Come espressione dei nostri più sentiti ringraziamenti al Signore per il dono dellanostra grande Madre e Fondatrice e per la nostra presenza qui a Garut, il 5 maggio abbiamoavuto una solenne Concelebrazione presieduta dal nostro Parroco, don Herry Nugroho acui è seguito il bacio della Reliquia e la preghiera.Anche a questo momento forte di preghiera ha partecipato una cinquantina di persone chehanno condiviso con noi la gioia di essere insieme.Siamo consapevoli che non è sufficiente far conoscere Caterina e Giuditta con le parole, maè soprattutto la testimonianza di vita che incide e porta frutto; solo con i nostri sforzi nonpossiamo far nulla: con il Signore, invece, si può tutto!Continuiamo ad invocare la protezione di Maria, nostra tenera Madre, perché ci aiuti a faree ad essere sempre presenza di Cristo.

Hidup Mo Caterina, semoga Semangat dan Hidupnya menjadi inspirasi bagi semua orangkhususnya umat Garut.La vita di Madre Caterina e il suo spirito buono sono stati fonte di ispirazione per tutti, so-prattutto per la nostra gente qui a Garut.

Suor Matilde, Suor Antonia, Suor Yulti

LEMBANGUNA NUOVA ESPERIENZA DI FESTA

Il 155° anniversario della morte della nostra cara madre Beata Caterina Cittadini è stato ca-rico di significato per noi; è la prima volta, infatti, che celebriamo nella nostra ParrocchiaSanta Maria di Fatima, essendo da poco presenti qui come Comunità.La Celebrazione è stata fatta nella nostra casa ed è iniziata con una brevepresentazione della storia della vita di Madre Caterina e della sorella Giuditta per presenta-re alla gente il Carisma, la Spiritualità e la missione della nostra Famiglia religiosa.Il Parroco, Rev. P. Thomas Sunarto Pr., nella sua omelia ha detto che di “quello che MadreCaterina ha seminato e piantato lei stessa non ha visto i frutti, ma la sua obbedienza alla vo-lontà di Dio e il consiglio di Don Brena dà vita alla Congregazione e alla Chiesa”.Come una madre, un’educatrice e sorella, ha condiviso l’amore di Dio senza aspettarsi nien-te in cambio. Si notava la gioia in quanti erano presenti e con loro abbiamo, ancora unavolta, ringraziato il Signore.

Suor Yanti

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SAN PEDRO LAGUNA

Comunità “House of Mary”

CELEBRAZIONE DELLA MATERNITÀ IN CRISTO

Come Comunità “House of Mary” in San Pedro Laguna, il mattino del 5 maggio, insieme ainostri poveri della zona, agli insegnanti e ai membri della “Fondazione Beata Caterina Cit-tadini”, abbiamo celebrato una Santa Messa semplice, ma tanto gioiosa.Il celebrante, Rev. Fr. Ian Yacat. OSJ, nostro Parroco, nella sua Omelia ha detto che Cateri-na è Beata perché ha sempre posto il suo amore in Dio solo e si è sempre messa a serviziodella Chiesa intera come vera madre in Cristo. Ha ricordato che Caterina è chiamata Ma-dre, amica, educatrice. Rivolgendosi a noi Suore, ha detto che con la nostra presenza dob-

biamo essere come lei segno grande di maternità, mentre rivolgendosi a tutti ipresenti, ha detto: “Questo è il motivo per cui le Suore si prendono cura di voinon solo per i vostri bisogni materiali, ma soprattutto per quelli spirituali”. Haaggiunto, poi, che la presenza di tanti fedeli è il segno del grazie a Dio per ildono di Madre Caterina.E’ stata una significativa Celebrazione in cui tutti, condividendo anche unamodesta colazione offerta al termine della Santa Messa, si sono sentiti uniti,hanno espresso la loro gratitudine e onorato la Beata Caterina.

Suor Rea Pangantihon

VALENCIA

Comunità “Casa Cittadini”

I ricordi dolorosi del devastante tifone e il terremoto sono ancora freschi nel cuore e nellamente dei bambini. E’ il motivo, questo, per cui le ragazze hanno voluto rappresentare leparole della Beata Madre Caterina “Non abbiate paura: Dio ha cura particolare di voi; iovi assisterò dal cielo” con un dipinto, iniziato il primo giorno della novena (29 aprile) ecompletato l’ultimo giorno (4 maggio).Dopo 155 anni, le parole di una Grande Madre rimangono vive; né tifoni, né terremoti, in-fatti, possono diminuire il potere e la dolcezza di queste parole lasciate a noi sue Figlie.Abbiamo vissuto la preparazione a questa grande Festa con i nostri bambini; insieme, sedu-ti in cerchio, abbiamo raccontato di Caterina, l’abbiamo invocata e ogni bambino ha poi ri-posto la sua richiesta di preghiera in una piccola scatola.Il 5 maggio, dopo la preghiera del mattino e il Santo Rosario, siamo andatea Dumaguete per la solenne Celebrazione dell’Eucaristia per condividere questa festa conle nostre Sorelle. E’ stato un giorno ricco di emozioni, di ringraziamento e di lode per unaMadre la cui vita, in molti modi, continua a dirci: “Non abbiate paura…”.La Celebrazione, semplice e gioiosa, è stato un evento importante non solo per le bambineche vivono in Casa Cittadini, ma anche per quanti vi hanno partecipato.Ogni gesto semplice parla di una casa felice ed è protetto dai nostri Santi Fondatori.

Suor Celina Vilakunnel

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DUMAGUETE

Comunità “Caterina Cittadini”

Il 5 maggio u.s. è stato un grande giorno di Festa: il giorno fatto dal Signore per tutti noi.Con grande gioia e gratitudine a Dio, abbiamo celebrato il 155° anniversario dell’ingresso dellaBeata Caterina Cittadini in cielo, dove è andata per incontrare il suo Sposo che ha sempre amatocon tutto il cuore.La Celebrazione è stata preceduta da una Novena di preghiera durante la quale abbiamo pregatocon fervore per la nostra amata Fondatrice e Madre chiedendo le sue benedizioni celesti e l’assi-stenza per tutte noi, sue Figlie, e per la nostra piccola Famiglia religiosa fondata da lei con tantoamore e sacrificio.La Celebrazione è iniziata con la santa Messa di ringraziamento celebrata dalRev. p. Thaddeus Quinit, Cappellano della nostra Scuola, a cui hanno partecipato gli insegnanti,le Suore e le ragazze di Casa Cittadini di Valencia. Anche se per noi è periodo di vacanza, siamostate felici di avere con noi alcuni genitori, alunni e gli studenti che frequentano i corsi estivi.Durante l’Omelia il Sacerdote ha elogiato la Beata Caterina Cittadini come una grande madre ededucatrice: “la bellezza della sua missione educativa è sempre più urgente in questo mondo chesta perdendo il senso di Dio”. Ha esortato i genitori presenti all’importanza di formare i loro figlinon solo intellettualmente, ma anche spiritualmente e moralmente.Al termine della Santa Messa c’è stato il bacio della Reliquia della Beata mentre i bambini di Ca-sa Cittadini hanno cantato un Inno dedicato a lei.I ragazzi che frequentano i corsi estivi hanno trattenuto i presenti presentando varie attività daloro preparate; è seguito, poi, un semplice buffet per tutti, in particolare per gli insegnanti e ilpersonale della nostra scuola come ringraziamento del loro essere collaboratori della nostra mis-sione educativa.E’ stata una giornata di festa e di gioia in cui ciascuno, soprattutto noi Suore, ha ringraziato il Si-gnore per il dono di questa grande Madre ed Educatrice che continua ad assisterci dal cielo, as-sicurandoci la sua presenza fra noi: “Figlie carissime, non temete! Dio ha una particolare curadi voi; io dal cielo vi assisterò”.

Suor Molly Edacheril

TALUGTUG - NUEVA ECIJA

Comunità “Sant’Orsola”

L’11° anniversario della Beatificazione di Madre Caterina è stato da noi celebrato in spirito di ve-ra gratitudine. E’ il sentimento, infatti, che riassume i pensieri e le riflessioni fatte in questo perio-do dalla nostra Comunità e dagli Insegnanti della nostra Scuola “Cristo Re” in Talugtug.La Festa è iniziata con la lettura di quanto Papa Giovanni Paolo II ha rivolto ai presenti in PiazzaSan Pietro quando l’ha dichiarata Beata il 29 aprile 2011 ed è culminata con la Celebrazione Eu-caristica, presieduta dal Rev. P. Rufo Ramil H. Cruz.Abbiamo reso un senso di viva gratitudine a Dio per questa donna umile, nascosta e santa checontinua a toccare il cuore dei bambini e dei giovani con la sua maternità educativa attraversola presenza delle sue Figlie, le Suore Orsoline di Somasca che ricordano la loro grande Madreattraverso le sue incoraggianti parole: “Non abbiate paura… Dio ha una particolare cura di voi”.Questo semplice pensiero porta con sé la ricchezza di un’esperienza veramente vissuta con Dioe per Dio. E questo è molto significativo nella sua vita vissuta nella povertà, nel sacrificio e nel-l’abbandono totale a Lui, Dio provvidente, in tutto quanto ogni giorno essa faceva. La sua gran-dezza continua, ancora oggi, ad arricchire la Chiesa attraverso la sua missione educativa, svoltacon zelo da noi Sorelle.Abbiamo vissuto questo giorno con gioia e lode piena a Dio, ringraziandolo per il dono di Cate-rina, Madre ed Educatrice e continuiamo a pregare per la sua santificazione chiedendo, umil-mente, la sua benedizione.

Suor Vilma Pitogo

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CELEBRAZIONE 155° ANNIVERSARIO DELLA MORTE DELLA BEATA CATERINA CITTADINI

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“Si ricordino le Sorelle di non ritirarsi,ovvero rilasciarsi, né raffreddarsi e stancarsi mainella buona incominciata via del Signorericordandosi di andare sempre ogni giornocon fervore di spirito,col profitto delle virtù e delle opere buone”.

(Caterina Cittadini, Regole manoscritte 1855, Capo XXXVI, n. 10)

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Voci di casa nostra

I S T I T U T O S U O R E O R S O L I N E D I S A N G I R O L A M O I N S O M A S C A

Somasca, Luglio 2012

XXXIII CAPITOLO GENERALE

In spirito di comunione comunico che la nostra Congregazione

nel prossimo mese di luglio

celebrerà nella Casa Madre in Somasca il XXXIII Capitolo generale

dal tema

“Dal cuore della Trinità… vere madri in Cristo nel segno della comunione e della condivisione”.

Chiediamo il sostegno della preghiera,

perché il Signore illumini con la forza del Suo Spirito

il nostro cammino e ci renda capaci di essere testimoni sempre più credibili

di comunione e di condivisione per il bene della Chiesa.

Superiora generale

“La santità della Chiesa costantemente si manifesta

e si deve manifestare nei frutti della grazia che lo Spirito produce nei fedeli;

in un modo tutto suo proprio si manifesta nella pratica dei consigli

che si sogliono chiamare evangelici.

Questa pratica dei consigli porta

e deve portare nel mondo una luminosa testimonianza

e un esempio di questa santità”.

(Lumen Gentium, 39)

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Il Consiglio del CAMSOS (CentroAnimazione Missionaria Suore Or-

soline di Somasca) ogni anno orga-nizza, in primavera e in autunno, unaserata a tema... bergamasco!Nella nostra città e provincia operanodiverse Compagnie dialettali che, conpassione, arte e generosità, si rendo-no disponibili per allietare il pubblicoappassionato di lingua bergamasca.Pertanto sabato 21 aprile u.s. la Com-pagnia FOM (Filodialettale OratorioMozzo) si è resa disponibile ad in-trattenere le molte persone convenutenel salone-teatro dell’Istituto con lacommedia dal titolo “La passiensadel sciur preost”.Prima di iniziare, Suor Lucia ha datoil benvenuto a tutti e spiegato un po-co quanto il Camsos ha fatto e conti-nua a fare per le Missioni. E’ pure in-tervenuto il “poeta ufficiale” del“Giopì”, Cav, Gianni Pisoni, per di-chiararsi onorato dell’invito e perportare i saluti del Duca di Piazza

Pontida, Liber Prim, Sig. BrunoAgazzi, impegnato in un altro incon-tro.Ha avuto, quindi, inizio lo spettacolo:due atti ricchi di umorismo e “sapien-za” dei nostri vecchi!Praticamente la Commedia si svolgenello studio della casa del Parroco,tutto nel tempo di una mattinata! IlParroco deve preparare la predica perla domenica, ma un susseguirsi diimprevisti e di personaggi che arriva-no con problemi personali o relativi

alla parrocchia, lo interrompono con-tinuamente perché “obbligato” a dareimmediatamente delle risposte. Il tut-to supervisionato dalla vecchia mam-ma che, come buona perpetua, vuol

sapere tutto e tratta ilParroco come un figlioun poco discolo ed irri-spettoso della mamma!Le due ore dello spetta-colo sono trascorse in

un baleno e tutti i partecipanti hannoseguito e ringraziato con prolungatiapplausi.Scopo di questo ritrovarci a scadenzasemestrale per delle serate “rilassan-ti” è, in primo luogo, far conoscere edivulgare le attività delle Suore Orso-line in terra missionaria, quindi rac-cogliere quanto la generosità dei pre-senti lascia sotto forma di offertelibere o partecipando alle estrazioni apremi che avvengono nelle pause fraun atto e l’altro.L’altro appuntamento è fissato per ilmese di ottobre p.v.; anche la Com-pagnia che verrà invitata sicuramenteci farà partecipi di alcune ore di sanaallegria: con i tempi che corrono...,abbiamo proprio bisogno, ogni tanto,di dimenticare i problemi di ognigiorno per sorridere un poco.

Oreste Fratus

Voci di casa nostra

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BERGAMO

CASA GENERALIZIA

COMMEDIA DIALETTALE

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Già, perché anche la seconda gitadelle famiglie della Scuola del-

l’Infanzia San Giovanni Battista diMozzo, svoltasi sabato 21 e domeni-ca 22 aprile u.s., è stata seguita dallafamosa nuvoletta e dalla sua pioggia,come è successo per l’inaugurazionedell’iniziativa l’anno scorso a Mez-zoldo.Però, proprio come l’anno scorso, l’a-desione delle famiglie è stata soddi-sfacente. I bambini si sono divertiti unmondo e i genitori hanno avuto unapiacevole occasione in più per stareun intero week-end con i propri figli.Quest’anno la gita ha avuto comemeta Toscolano Maderno, in provin-cia di Brescia, un piacevole angolodel lago di Garda poco sopra Salò.Anche l’idea del trasferimento in pull-man è stata premiante, perché per ibambini è stato un po’ un luna-park e

per i papà è stata un’oretta libera perparlare di calcio senza la tensionedella guida.Ma non ci siamo solo divertiti. Tra undisegno e una corsa dei nostri piccoli,noi genitori abbiamo potuto approfit-tare di momenti in cui fermarci unpo’ ad ascoltare lo psicologo Dome-nico Barillà, ospite tra noi sabato po-meriggio per scambiarci qualche ri-flessione sui suoi brillanti spunti.Ponendosi sul nostro stesso piano digenitore, Barillà ci ha facilmente por-tato a valutare il fatto che, conosceree comprendere la logica dei nostri fi-gli, potrebbe diventare un impegnopiù semplice se riuscissimo ad adot-tare uno sguardo attento e dinamiconell’osservazione del loro comporta-mento, cercando semplicemente nelleloro parole e nei loro gesti la soluzio-ne alle situazioni. Barillà ci sprona a

non lasciarci prendere dalla paura delnostro ruolo di educatori e a non la-sciarci sopraffare dalla responsabilitàche ci siamo assunti con esso; cisprona a non cedere alla tentazione didelegare a terzi le decisioni e a nonrinunciare al privilegio di educare inostri figli.Infine, Barillà ci ha regalato una nuo-va lettura del concetto di coraggio: ilcoraggio oggi è la tenacia di chi rea-gisce, si rialza e ricomincia daccapodopo aver commesso errori o subitosconfitte. Non più l’ardimento di chisfida nemici improbabili, quindi.Questo coraggio è un valore capitaleda trasmettere con l’esempio ai nostrifigli, più che mai oggi, in tempo dicrisi e di bulli.La domenica si è contraddistinta peril trasferimento con il traghetto a Tor-re del Benaco, sulla sponda veronesedel lago. Dal traghetto abbiamo go-duto di una vista unica sullo scenariodel lago e dei suoi colori, così decisidopo l’acquazzone che solo qualcheminuto prima ci aveva investiti!L’augurio è che il Parroco Don Giu-lio riesca davvero a rendere struttura-le questa gita nel programma scola-stico e che riesca anche adimplementare un programma di in-contri a tre (specialisti-genitori-edu-catori) per favorire la conoscenza e ilconfronto.Per concludere: sono certa di poterparlare a nome di tutti i partecipantiquando rinnovo i ringraziamenti aDon Giulio che ha impostato l’ideadella gita nella nostra Scuola e a Ma-rinella che l’ha realizzata. Ma anchea Suor Rosetta, Suor Theresa, Alice,Cristina e Francesca: pazienti anima-trici dei nostri bimbi!

Claudia Vavassori

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Voci di casa nostra

Un momento di sosta e... di gioia!

MOZZO (BG)

SCUOLA DELL’INFANZIA “SAN GIOVANNI BATTISTA”

GITA BAGNATA, GITA FORTUNATA

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FINALMENTEIL GRANDE GIORNO!

Dopo tanta preparazione arriva ilgrande giorno: la presenza tra noi delCardinal Tettamanzi.E’ stato un incontro all’insegna dellasemplicità che ha lasciato nel cuoredelle famiglie SPERANZA E CER-TEZZA che c’è un Dio in mezzo anoi e ogni famiglia è segno dell’A-more di Dio...

«Chi più sta in alto più deve avere lasaggezza e il coraggio di stare inmezzo alle persone, a tutte le personesenza alcuna distinzione».Così è iniziato il dialogo con il Car-dinale Dionigi Tettamanzi in quel belpomeriggio a Curno: un uomo capacedi farsi compagno di strada della gen-te che ha voluto incontrare a faccia afaccia, a cuore aperto.Di quella giornata restano tanti ricor-di, come tante parole, ma prima an-cora restano i tanti incontri che unuomo (una volta i Cardinali li chia-mavano i “Principi della Chiesa”)piccolo di statura, ma grande nel cuo-re e nella passione pastorale, ci ha te-stimoniato. Ha stretto le mani di tutti,grandi e piccoli, andando lui stessoincontro alle persone che affollavanola piazza e i cortili dell’Oratorio. Ma-ni che si stringono, sguardi che si in-crociano e il volto della Chiesa (sì,anche quello della Chiesa della gerar-chia) che si fa fraterno, paterno: voltodi educatore amichevole, di educato-

re che incoraggia, che parla con fran-chezza, ma sempre con umiltà e conrispetto e delicatezza.Un momento semplice e familiare, eproprio per questo significativo: mo-mento finale di un cammino fatto trale scuole e le famiglie. Le domandeche abbiamo posto al Cardinale sono,infatti, nate da un gruppo di genitoriche, su invito delle Scuole dell’Infan-zia di ispirazione cristiana del coordi-namento Adasm-Fism della zona diCurno-Dalmine, si sono trovati perdue intense serate a condividere ri-flessioni e pensieri attorno al temadella famiglia nella società e nellaChiesa. A queste serate hanno parte-cipato anche alcuni docenti e sacer-doti. Due serate pensate proprio invista dell’incontro con il Card. Tetta-manzi affinché, dal dialogo con lui,potessero nascere piste di ulteriore ri-flessione (e magari anche qualche ri-

sposta) alle tematiche che le famigliestesse sentono più urgenti e inevitabi-li. Abbiamo discusso molto, con mol-ta intensità e, al termine delle serate,abbiamo formulato insieme alcunedomande che abbiamo posto a SuaEminenza perché, con la sapienzache sempre lo contraddistingue, po-tesse offrirci uno sguardo più ampio,preciso e stimoli ulteriori.Una nota: le famiglie che si sono tro-vate (liberamente) rappresentavanouno spaccato interessante e significa-tivo della nostra società: vi erano fa-miglie sposate in chiesa, e famigliesposate civilmente; conviventi, sepa-rati, risposati, single. Tutti però unitinella ricerca di buone risposte (e dibuone domande) per essere famigliesignificative, per essere educatori au-tentici, per essere comunità solidali,per essere persone in ricerca di Dio(del Dio del Vangelo) e del Bene.Il Cardinale non ci ha proprio deluso,anzi! Ha affrontato tutte le questionisenza imbarazzo e si è messo a di-sposizione anche di ulteriori inter-venti.Non ha avuto paura delle domande:«Anch’io sono in ricerca: chi non ri-cerca è una persona morta o lì lì per

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CURNO (BG)

SCUOLA DELL’INFANZIA “SORELLE CITTADINI”

GIORNATA DELLA FAMIGLIA

Da sinistra: G. Sertori (ADASM), Sr Terry, Card. Tettamanzi e Marco Ubbiali.

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morire. Essere in ricerca è segno divivacità intellettuale e segno di vitacristiana. L’intelligenza e il seguireGesù Cristo sono qualcosa da attua-re tutti i giorni».Non è possibile qui riferire tutto ildialogo durato più di un’ora e mezza.Ci impegneremo a trascrivere tuttofedelmente per pensare magari aduna pubblicazione specifica. Ci bastatracciare alcuni tratti per tenere vivele domande, più ancora che le rispo-ste. Sembrerà strano preferire le do-mande alle risposte, ma è un po’quello che lo stesso Tettamanzi ci haricordato in apertura: «Mi avete postotante domande: proverò a buttare lìalcune riflessioni, ma sarei ancorapiù interessato a sapere cosa aveteda dire voi. Io sono celibe, non ho fi-gli. Chi è dentro la vita familiare,proprio perché è dentro, ha una lucedello Spirito e una saggezza umanache non solo aiuta a porre le doman-de, ma anche ad avere una risposta».Come a dire: famiglia, cercati un po-sto per riflettere e raccontare - a testessa prima di tutto - quello che sei.E pretendilo dalle comunità cristiane,dalle scuole, perché ti offrano spazidi riflessione e di condivisione.Con il Cardinale abbiamo discusso divalori e famiglia: «Ricordiamoci chelo sguardo sulla famiglia dovrebbeessere sulle famiglie del mondo: sia-mo in un’epoca di globalizzazioneche ci chiede di avere uno sguardoplanetario». Ci ha ricordato, però,che c’è un valore che attraversa tuttele culture, che è il valore più impor-tante che la famiglia vive (oggi comesempre): la relazione. La persona nonè un’isola, ma un arcipelago, un esse-re con gli altri. E insieme siamo unessere per. Persone con gli altri che siaprono agli altri.

«Il limite più forte che vediamo intante famiglie, anche in quelle piùformate, è il vivere insieme, ma inmodo solitario, senza relazione, sen-za dialogo, senza comunione. Do-vremmo insistere ancora di più sulvalore del rapporto, dell’essere con edell’essere per, in un legame che nonlimita, ma libera».Con grande realismo sociale e pasto-rale il Cardinale ha ripreso alcuneprassi e alcuni pensieri e progettazioniche facciamo nei nostri servizi alla fa-miglia pensando che famiglia e lavorosiano due dinamiche diverse: non ècosì. Le fatiche del lavoro si ripercuo-tono sulla famiglia, e viceversa. E nonpossiamo non tenerne conto.Alla domanda se la Chiesa sta capen-do la famiglia, i suoi bisogni, le suetrasformazioni, il Cardinale ci ha ri-portato alla nostra responsabilità dibattezzati: «Chi è la Chiesa per noi?Ricordiamoci che la Chiesa è la stes-sa famiglia, prima ancora che la co-munità locale, diocesana e universale.Certamente qualcosa deve cambiarenel rapporto tra Chiesa e famiglie,deve cambiare nelle comunità, ma de-ve cambiare anche nelle famiglie».Abbiamo poi toccato un tasto che famolto soffrire le famiglie che vivono

situazioni di frattura: il rapporto tra laChiesa e le varie situazioni in caso diseparazioni, di divorzi, nuove unioni.Il Cardinale ha dettato due compiti:capire e non giudicare. «Capire cioèentrare nelle situazioni reali e con-crete, diverse da persona a persona.Certo è difficile entrare nella situa-zione concreta perché il mondo delcuore umano è enigmatico: chi ci ca-pisce qualcosa è solo il Signore,nemmeno gli stessi protagonisti chevivono il dramma lo capiscono. E poiil giudizio vale innanzitutto sui valoriai quali ci si affida e non sulle perso-ne che sono in cammino verso questivalori».I valori sono una meta, le personefanno le loro strade. Il giudizio dellaChiesa è un giudizio sui valori cheaiuta le persone a realizzare se stesse,ma non giudica le persone, che amacon lo sguardo di Dio. Nessuno puòessere cacciato dalla comunione dellaChiesa: quando uno è battezzato lo èper sempre.Abbiamo poi chiesto una nota per lescuole di ispirazione cristiana, le vereorganizzatrici dell’incontro con ilCardinale (un grazie speciale allaScuola “Sorelle Cittadini” di Curno ealla sua coordinatrice Suor Terry

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Voci di casa nostra

Dialogo con il Cardinale.

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Marson, vera anima dell’evento, incollaborazione con la sua Comunità,con la rete delle scuole e con le par-rocchie): le Scuole di ispirazione cri-stiana (in particolare le Scuole del-l’Infanzia) incontrano oggi moltefamiglie, anche più persino degli ora-tori; e famiglie che sono uno spacca-to reale della nostra società. Qualecompito ci è affidato?«Il primo compito delle Scuole diispirazione cristiana è quello di sti-molare i genitori ad essere loro i pri-mi ministri dell’educazione dei figli.L’importanza delle Scuole dell’Infan-zia è che hanno dei bambini che sonofigli: non dobbiamo tanto pensare aquanto dobbiamo fare noi, ma cosadobbiamo dire e fare perché i genito-ri possano svolgere al meglio la loromissione. E poi, proprio perché Scuo-la dovrebbe costruire o rinsaldare ipassaggi, nel segno della reciprocità:così da affrontare il tema dell’educa-zione in maniera unita e alleata».La Scuola dell’Infanzia oggi haun’importanza maggiore rispetto alpassato perché vede la presenza deibambini per tante ore, a volte più chein famiglia. Riscoprendo una valenzasociale e socializzante diventa cosìuna scuola pienamente umana e uma-nizzante che trova questa forza nellapropria motivazione evangelica. In-somma: il compito primario oggi per

la Scuola di ispirazione cristiana è di-ventare Comunità educante.Un ultimo sguardo lo abbiamo chie-sto sulla società e sulla politica fami-liare odierna.Su questo il Card. Tettamanzi non haavuto peli sulla lingua: «Ma esisteuna politica familiare? La politicafamiliare non riguarda solo la fami-glia, ma l’intera società, senza maidimenticare che il nucleo fondantedella società è la famiglia. “Come èla famiglia, così è la società”. Si suoldire anche “Come è la società, così èanche la famiglia”. Ma nell’ordinedei valori è vera la prima. I tentatividi politica familiare oggi sono tuttitentativi settoriali, che non tengonoconto della globalità del problema.Sono state sprecate troppe parole afavore della famiglia, ma quanto aifatti…».Ma cosa possiamo ricordare ognigiorno per essere famiglia piena digioia, anche nelle fatiche, nei lutti,nelle fragilità? Anche nel mancato ri-conoscimento sociale e politico? IlCardinale ci ricorda la vocazione diogni famiglia: «La famiglia è segnodell’amore di Dio in mezzo a noi. C’èun vangelo che è dentro le nostre fa-miglie: c’è una buona notizia dentro

la vita familiare. Famiglia diventaanima del mondo: sii luce e sale del-la terra».E allora, cosa direbbe Gesù alle fami-glie oggi? «Famiglie, tutte, nessunaesclusa, vi voglio un grande bene».

Dott. Marco Ubbialimoderatore degli incontri

Lasciamo spazioad alcune famiglieche raccontano...

• Domenica 22 Aprile u.s., pressol’Oratorio “Jerzy Popieluszko” diCurno: giornata indimenticabile.Il regalo piu bello che la Scuola pote-va offrirci è stato l’incontro con ilCardinal Dionigi Tettamanzi... UNI-CO!!! Mentre tutti i bimbi erano im-pegnati nei giochi, i genitori si sonoriuniti insieme al Cardinale che havoluto rispondere a tutte le domande,alcune scomode, fatte dal nostro por-tavoce Marco Ubbiali. Risposte chehanno saputo colmare alcuni dubbipresenti in ogni famiglia. Il Cardinaleè stato molto disponibile; ci hannocolpito la sua umiltà e sincerità. No-nostante il ruolo che ricopre, ha sapu-to mettere a proprio agio chiunque,creando un clima veramente familia-re. Giornate come questa non capita-no spesso; ha lasciato in ognuno dinoi emozioni indescrivibili e un ri-cordo indelebile.

Dario e Daysi Delcarro

• Che fantastica emozione è stata perla nostra famiglia avere avuto l’onoredi conoscere il Cardinal Tettamanzi.Io e Roberto abbiamo preparato i no-stri tre bambini con tanta apprensio-ne, abbiamo raccomandato loro dicomportarsi bene, di baciare l’anello

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Incontro con il Cardinale: unico!

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a Sua Eminenza, in segno di rispet-to… all’improvviso ci siamo ritrovatidavanti una persona semplicissima,con un sorriso immenso, che ci ha il-luminato il cuore. Appena ci ha par-lato, e soprattutto salutato e accarez-zato i bambini e ha dato moltaimportanza ai loro nomi, ci sembravadi aver di fronte una persona cono-sciuta da sempre, un parente vicino,molto umile e molto semplice.La nostra prima impressione è stataconfermata dai colloqui avvenuti inseguito con tutte le famiglie dellaParrocchia intervenute e alle risposteche il Cardinale ha dato alle domandeche alcune famiglie avevano prepara-to: risposte semplici, dettate dal cuo-re e spontanee, ma ricche di saggezzae significato. La Messa, concelebratadai nostri Sacerdoti e da quelli delleParrocchie vicine, è stata molto coin-volgente; i ragazzi delle scuole hannosuonato benissimo, le famiglie l’han-no animata e il Cardinale aveva un’e-spressione serena e contenta sul vol-to. Grazie alla nostra Parrocchia e aSuor Terry per averci permesso di fe-steggiare la Giornata della Famigliavivendo questa grande emozione.

Alessandra e Roberto Vitalicon Alberto, Andrea e Alessandro

• Incontrare il Cardinale Dionigi Tet-tamanzi, uomo di grande carica uma-na, è sempre una forte emozione. Ilcarisma del Cardinale lo respiriamoal suo passaggio tra canti e profumidi incensi e lo leggiamo nei suoi oc-chi quando il suo sguardo incontra ilnostro e si ferma negli occhi di nostrafiglia. Si illumina, tenendo, con lesue mani delicate, le giovani manidella nostra bambina e sorride, con isuoi piccoli occhi, che scrutano e leg-gono nel profondo dei cuori. Il Cardinale è seduto sotto l’altare,azalee rosa gli fanno da cornice, ma ècome se fosse seduto in mezzo a noiperché il suo modo, leggero e soave,di rispondere alle nostre domande cirapisce.Siamo in tanti sotto il tendone del-l’Oratorio di Curno, tante personeche aspettano di ascoltarlo. E la suavoce ci conquista, ci incanta e ci la-scia lo spazio per pensare.Il Cardinale cerca di dipanare i nostridubbi di genitori, di educatori, di fa-miglie in ricerca. Sono molte le do-mande nate dagli incontri che abbia-mo avuto nel salone della Scuoladell’Infanzia “Sorelle Cittadini” diCurno, con suor Terry, con don Alex,con il dott. Marco Ubbiali, durante le

serate che avremmo voluto non finis-sero mai, tante erano le strade deipensieri che volevamo percorrere.Il Cardinale Tettamanzi è riuscito afarci credere all’importanza della fa-miglia, all’importanza dell’educare edel sapere aspettare, in silenzio, peraccogliere i doni di Dio. Ha saputocalarsi nella nostra società per cattu-rarci, ponendo al centro l’individuocome persona con i suoi valori e coni suoi limiti.E, come saluto, la sua benedizione,con le parole che avrebbe detto Gesù:“Vi voglio bene, famiglie, ad ognunadi voi”. Grazie Cardinale.

Christian e Elena Rota

• In occasione della VIIª GiornataMondiale delle famiglie, abbiamoavuto il piacere di partecipare con inostri figli ad un pomeriggio denso epregno di significati, alla riscopertadel dialogo e alla ricerca del sensocristiano della famiglia.L’incontro è stato imperniato attornoalla straordinaria presenza e disponi-bilità del Cardinal Tettamanzi. Le fa-miglie hanno espresso le loro que-stioni attraverso le domande poste daun rappresentante dei genitori, vistala difficoltà di organizzare un dialogoe un dibattito aperto a tutti, e le rispo-ste dell’Arcivescovo hanno riempitol’aria fresca di un capriccioso aprile.Le parole dell’alto Prelato hanno spa-ziato dall’analisi dei tempi modernialle critiche, largamente condivise,alle politiche sociali per la famigliapromosse o meglio NON promossedalle Amministrazioni pubbliche atutti i livelli. Nei concetti principali èstata sottolineata l’importanza dellariscoperta dei valori portanti su cuideve poggiare la famiglia fra i quali,anche se considerati a volte demodè,

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Voci di casa nostra

...soprattutto ha salutato e accarezzato i bambini.

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la fedeltà coniugale, la preghiera in-segnata dai genitori ai figli e il mo-mento di preghiera che deve essercondiviso fra genitori e figli.Il pomeriggio è scorso veloce per inostri bimbi, grazie al formidabile esempre coinvolgente lavoro delle no-stre maestre-educatrici e dalla parte-cipata allegria dei ragazzi dell’Orato-rio che hanno organizzato giochi,canti e danze allietando le quasi dueore di assenza dei loro genitori. I lorofragorosi suoni e schiamazzi giunge-vano spesso alle orecchie del Cardi-nale che appariva pervaso da una pia-cevolezza che talvolta sfociava incompiaciuti sorrisi.A nostro avviso l’apoteosi del cardinalpensiero si è raggiunta quando, solle-citato a dispensar ricette e consigli, hasottolineato come il principale compi-to di ogni genitore corrisponde esatta-mente a ciò che ci chiedono i nostri fi-gli, ovvero di ESSERCI; essercifisicamente, esserci sinceramente edesserci per ascoltarli perché, in fondo,è ciò che vogliono ed è tutto ciò di cuihanno bisogno i nostri bambini.Il pomeriggio è continuato con laSanta Messa con la sorpresa di unabreve e semplice, ma altrettanto in-

tensa, omelia del Cardinale.La giornata si è conclusa con una de-liziosa pizzata organizzata dal Grup-po volontari dell’Oratorio che ha for-nito ulteriore occasione di confronto,dibattito e, perché no, anche di ap-profondimento della reciproca cono-scenza!

Lorena e Orazio Malvestiti

• “E’ stata proprio una bella giorna-ta” con questa frase ci siamo salutatidomenica 22 aprile.Il Cardinale Dionigi Tettamanzi è ar-rivato nella nostra Scuola alle ore12.00 portando con sé il sole sia nelcielo che nel nostro animo.Eravamo tutte un po’ agitate, aveva-mo paura di non essere all’altezzadella situazione, ma questa si è dimo-strata una vana paura quando ci sia-mo trovate di fronte alla sua persona:un piccolo uomo con uno sguardoprofondo e una capacità empatica edi condivisione unica. Subito ci hafatto sentire a nostro agio, ha volutovisitare la cucina, ha apprezzato il ci-bo che abbiamo preparato per lui e losforzo di ognuna. Ha voluto conosce-re il nome di ognuno e per nome ciha chiamato in seguito.

Dalle sue parole, ma soprattutto dalsuo sguardo, ho percepito la disponi-bilità all’ascolto, il desiderio di cono-scere e accogliere chi aveva di fronte:atteggiamento che ha mantenuto, poi,per tutta la giornata con tutti.E’ stato un pomeriggiofelice: tutta lacomunità di Curno si è riunita per ac-cogliere quest’uomo che ha saputogioire della loro presenza e dimostrar-lo. Mi sono sentita orgogliosa e felicedi fare parte di questa Comunità.Lo sguardo del Cardinale mi ha datofiducia, speranza, mi sorrideva.Credo sia il miglior modo di vivere:pieni di fede.

Laura Carrara

Un grazie a Don Alex per la colla-borazione, alle mie insegnanti,agli animatori dell’Oratorio e atutte le famiglie che hanno parteci-pato.

Suor Terry Marson

Voci di casa nostra

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Foto ricordo!

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La Scuola Primaria “Caterina Cit-tadini” di Ponte San Pietro è ri-

sultata in bella evidenza nella decimaedizione di «Primi in sicurezza -Premio Emilio Rossini», l’iniziativaper la scuola in tema di sicurezza eprevenzione degli infortuni sul lavo-ro, promossa da Rossini Trading, An-mil e dal mensile per la scuola Okay!La Scuola ha partecipato al grancompleto, ottenendo nientemeno cheil primo posto assoluto a livello na-zionale per quanto riguarda la cate-goria delle Scuole primarie.Un esito davvero brillante e lusin-ghiero, che è stato reso ancor più im-portante e significativo dal fatto chesarà accompagnato dal conferimentodella prestigiosa Medaglia assegnatadal Presidente della Repubblica Gior-gio Napolitano. Davvero un grandeonore per la Scuola “Cittadini” di

Ponte San Pietro, che quest’annogiunge allo storico traguardo dei suoi130 anni di fondazione.Gli alunni hanno preso parte all’ini-ziativa producendo una grande va-rietà di materiale, seguendo le indica-zioni stabilite dalle piste didattiche di“Primi in Sicurezza”.Sono stati realizzati posters, album,tabelloni, ricerche, collages e video-documenti, con gli alunni che si sonoimprovvisati cronisti e reporters, an-dando sul posto di lavoro dei proprigenitori ed intervistandoli sulle con-dizioni di sicurezza. Un lavoro dav-vero impegnativo che, tra l’altro, èrientrato a pieno titolo nell’obiettivoeducativo dell’anno scolastico2011/2012 incentrato sull’attenzionenei confronti degli altri (Occhi negliOcchi).Il successo della Scuola di Ponte San

Pietro risalta ancora di più se si pensache la “campagna” era estesa a tuttoil territorio nazionale. Da nord a sud,da est a ovest della Penisola, sonostate tantissime le Scuole che hannopartecipato all’edizione di quest’an-no, quella del decennale. La Com-missione giudicatrice si è ritrovata afare i conti con un numero altissimodi elaborati, oltre 1.500, tra questio-nari, ricerche, spot, videoclip, t-shirt,canzoni, filastrocche, disegni e car-telloni, tutti portatori di un messaggioimportante: prevenire gli infortunicon una radicata e consapevole cultu-ra della sicurezza, sia sui luoghi di la-voro sia nell’ambito scolastico.I membri della Giuria incaricati didecretare le Scuole vincitrici, erano:Marco Rossini (Presidente e Ammi-nistratore delegato di Rossini Tra-ding) con le sorelle Wilma e Tiziana,Luigi Feliciani (Presidente provincia-le ANMIL Bergamo), Roberto Albor-ghetti (Direttore di Okay!), DanielaMorandi (Il Corriere della Seraed. Bergamo), Micaela Vernice (L’E-co di Bergamo), Claudio Chiari (Di-rettore di Video Bergamo) e CarloForesti (Giornalista de La Rassegna emembro dell’Ascom).La cerimonia conclusiva, alla qualeparteciperanno anche gli alunni e idocenti della Scuola “Cittadini” diPonte San Pietro, avrà luogo giovedì31 maggio alle ore 10,30 presso laCasa del Giovane di Bergamo1. Perl’occasione si riuniranno centinaia distudenti, che trasformeranno la gior-nata in una vera e propria festa, percelebrare nel migliore dei modi il de-cennale del Premio Emilio Rossini e«Ricominciare da… 10», per costrui-re un futuro lavorativo in totale sicu-rezza.Ai quattro Istituti scolastici – tra cuiappunto anche la Scuola “Cittadini”

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Voci di casa nostra

PONTE SAN PIETRO (BG)

SCUOLA PRIMARIA “CATERINA CITTADINI”

“PRIMI IN SICUREZZA 2012”: GRANDE EXPLOIT PER LA SCUOLA “CITTADINI”

DI PONTE SAN PIETRO CHE RICEVE ANCHELA MEDAGLIA DEL CAPO DELLO STATO

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di Ponte – che più si sono distinti peroriginalità, presa di coscienza e qua-lità nella presentazione dei proprielaborati, saranno consegnate le me-daglie del Presidente della Repubbli-ca, che testimoniano l’importanzadell’iniziativa sia a livello nazionaleche europeo. Oltre a questi specialiriconoscimenti sarà assegnato, alleScuole vincitrici, materiale didatticoche rimarrà a disposizione delle stes-se per le attività interne dell’Istituto.“Primi in sicurezza” ha coinvolto,in questi dieci anni di attività, più di2.900 Scuole e oltre 1.000.000 di al-lievi. Tutti i partecipanti hanno af-frontato con grande serietà e impe-gno il tema della sicurezza negliambienti di lavoro e l’obiettivo di«Primi in sicurezza» è stato cosìraggiunto: riflettere e far riflettere suun argomento impegnativo coinvol-gendo direttamente gli studenti, i la-voratori e i datori di lavoro di doma-ni.L’iniziativa si è guadagnata, negli an-ni, il patrocinio della CommissioneEuropea, della Presidenza del Consi-glio dei Ministri, del Ministero delLavoro, del Consiglio Regionale del-la Lombardia, della Provincia di Ber-gamo, del Prefetto di Bergamo, del-l’Ufficio Scolastico Provinciale, delComune di Bergamo, di Confindu-stria Bergamo, della Camera di Com-mercio di Bergamo, di Sistema ModaItalia, dell’Associazione Carabinieriin Servizio Pastrengo, di AssoSic(Associazione italiana fabbricanti ecommercianti prodotti antinfortuni-stici) e dell’AIPAA (AssociazioneItaliana per l’Anticaduta e l’Antinfor-tunistica).

Andrea Rossi

1 Se ne parlerà più direttamente sul prossimo nu-mero di IN ALTUM, essendo lo stesso attual-mente già in stampa.

Per ricordare il 55° anniversa-rio del martirio e il 25° della

Beatificazione di Pierina Morosi-ni, e per pregare con intensità perogni vocazione, il 2 maggio scor-so nella Chiesa parrocchiale di

Fiobbio si è tenuta una Veglia che havisto la partecipazione di tanta gente,tra cui tantissimi giovani che, attra-verso il canto e la preghiera, hannoespresso la loro gioia di essere pre-senti.Ma chi era questa giovane bergama-sca che preferì morire pur di non pie-gare la sua dignità di donna, che dife-se, a costo della vita, la sua scelta dipurezza e castità? Chi era PierinaMorosini?Nella preghiera, suddivisa in quattro“momenti”, si sono ripercorsi alcunitratti della sua vita spesa nella sem-plicità: la sua santità nascosta, umile,frutto di bontà, di fede, di preghiera,di quotidiana disponibilità agli altri,alla famiglia, alla Parrocchia, all’A-zione cattolica, è scaturita dall’intimapurezza, dal profondo silenzio versole effimere cose terrene, dall’intimoraccoglimento verso il Signore e gliinsegnamenti della Chiesa.

Voci di casa nostra

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FIOBBIO DI ALBINO (BG)

PARROCCHIA DELLA BEATA PIERINA MOROSINI

RISPONDERE ALL’AMORE... SI PUÒVEGLIA DIOCESANA

PER LA GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERAPER LE VOCAZIONI

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Ed è questa santità che l’ha portata asentire presto nel suo cuore il richia-mo alla Vocazione religiosa, che ave-va ripetutamente manifestato, di cuitutti erano a conoscenza, e che era sulpunto di abbracciare quando la sor-prese la barbara furia omicida.L’inizio di ogni “momento” è statocaratterizato da un segno che una fa-miglia, un monaco, una consacratalaica e una religiosa missionaria han-no portato all’altare: la clessidra, l’in-censo, i gigli, la croce: segni chescandiscono lo scorrere del tempo,della preghiera, della vita donata,dell’Amore sacrificato.Al termine di ogni “momento” i gio-vani rivolgevano al Vescovo una do-manda alla quale Mons. Beschi, ri-spondeva ampiamente rifacendosisoprattutto alla vita della Beata Mo-rosini e invitando ad affidarsi al Si-gnore ogni giorno e, se necessario,più volte al giorno.Come? “Affidarci al Signore ognigiorno, proprio quando non lo avver-tiamo e proprio lì fare un gesto di af-

fidamento: ‘Non ti vedo, non ti sento,ma io mi affido a te’; è una preghierache supera la distanza”.Tre pensieri ha lasciato il Vescovo, altermine dei suoi interventi, che dob-biamo avere la capacità di riprenderee di vivere nei nostri giorni:1. Abbandonare la pigrizia e la

paura di donare;2. Riproporci una fedeltà semplice

alle cose di ogni giorno;3. Gustare la bellezza della gene-

rosità, della gratuità, del sognodi un mondo migliore.

La Beata Pierina ci dice che non è fa-cile vivere così, ma che non è neppu-re impossibile se si guardano le cosee le persone con uno sguardo piùprofondo, ripensando la vita per co-glierne la vera bellezza.Non sapeva Pierina che quel giornosi sarebbe compiuto il suo destino,non sapeva che nell’ombra c’era unuomo che stava per affidarla alla Lu-ce, c’era un bruto che l’attendeva perdarle la morte terrena e consegnarlaalla Vita eterna.La sua vocazione: vissuta nel pienodel dono totale!Ecco quanto è stato trovato nel suolungo diario: “Se c’è qualcosa percui vale la pena morire, allora valeproprio la pena vivere”.

La sua intercessione ottenga a tuttinoi la capacità di donarci senza riser-ve fino alla fine!

Suor Concetta Rota Bulò

Ieri per la prima volta a Fiobbio,durante la Veglia di preghiera per

le Vocazioni, ho incontrato il Vesco-vo Francesco Beschi. L’impressioneche ho avuto subito è stata quella diincontrarmi con un vero papà che ac-coglie, esorta e pacifica.Le parole che ci ha trasmesso, sem-plici, ma profonde e facili da intuire,mi sono arrivate diritte al cuore per-ché cariche di umanità e di vita vis-suta.Da ventotto anni lavoro in Bolivia eda poco sono rientrata in Italia per unperiodo di riposo. L’occasione diquesta Veglia di preghiera è stata perme motivo di respiro e di ricaricanuovi. Abbiamo bisogno, a volte, disentirci ripetere che “Ogni personaumana è frutto di un pensiero e di unatto di amore di Dio” (Benedetto XVI)

perché il darlo troppo per scontato ciimpedisce, come ci da detto il Vesco-vo, di riproporci una fedeltà semplicealle cose di ogni giorno.

Suor Antonella Mosconi

• • •

Un dono è stato questa Veglia dipreghiera!

Un grande silenzio regnava nellaChiesa di Fiobbio: silenzio di ascol-to, di preghiera, di invocazione, di ri-sposta al dono che Dio fa ad ognicreatura.La riflessione sulla figura della BeataPierina Morosini, così come la pre-ghiera semplice di fiducia e di affida-mento a Cristo mi hanno aiutata a ri-portare alla luce i valori dell’essereuomo e donna nell’oggi.La Veglia si è scandita in quattro“momenti” e il “momento della cro-ce” è stato per me occasione di medi-tazione profonda. Portando, infatti, il

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Voci di casa nostra

...una famiglia...

...un monaco... ...una consacrata...

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Crocifisso all’altare, mi sono rivistanel mio camminare di ogni giornonella sofferenza di quanti sono chia-mata a servire in Brasile, nelle lorosperanze, nei loro sogni, desideri edubbi e ho capito, ancora di più, cheper portare “Lui solo” bisogna esserecapaci di amore vero che dà signifi-cato ad ogni amore: – “Nessuno è co-me Te, Signore!” –.Nell’abbraccio del Vescovo ho rinno-vato il mio essere Chiesa che acco-glie e invia per manifestare la rispo-sta dell’Amore ricevuto come fontedi vita e certezza nell’unico Dio alquale appartiene ogni persona.

Suor Angela Pellicioli

La presenza delle Suore Or-soline di Somasca ai festeg-

giamenti per i “50 anni di…Missione” presso il Centro Cat-tolico Italiano (C.C.I.) di Water-schei, nella città di Genk è do-vuta, in primo luogo, allasensibilità della Rev.da Madregenerale Suor Letizia Pedretti,ma anche alla Presidente delGruppo Vedove di Winterslag,Sig.ra Carolina Prandini e aDon Gregorio Aiello, attualeResponsabile del CCI, che affet-tuosamente richiedevano la par-tecipazione delle Suore, ricono-scendo in tal modo lo specifico

ruolo da loro vissuto nella Missione.Di tutte le Sorelle che hanno svolto laloro opera missionaria a Genk, eranopresenti Suor Matilde, Suor Elisa eSuor Osvalda, le ultime Suore che,con grande amarezza, dovettero porrefine alla loro valida presenza nellaMissione nel settembre del 2009.Sentiamo direttamente il racconto diuna delle Suore bergamasche.

“Il giorno successivo al nostro arrivo,abbiamo subito iniziato un particolareperegrinaggio tra le famiglie dei nostriconnazionali. Questi incontri sono statimotivo di grande gioia e di gratificazio-ne personale per ciascuna di noi, poi-

Voci di casa nostra

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LIMBURGO: WATERSCHEI-GENK

SALUTO DI RICONOSCENZAALLE SUORE ORSOLINE DI SOMASCA

IN OCCASIONE DEI FESTEGGIAMENTIPER I 50 ANNI DI PRESENZA

DEGLI EMIGRANTI ITALIANINEL LIMBURGO BELGA

BELGIO

...una religiosa.

Don Gregorio Aiello. Da destra: Sr Osvalda, Sr Matilde, Sr Elisa.

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ché era sincero l’entusiasmo con cui ve-nivamo accolte; tutti ci volevano ospitiin casa. Purtroppo abbiamo potuto ac-contentarne solo una piccola parte.Nella giornata di domenica 22 aprileu.s. erano stati programmati, e da noiquindi effettuati, incontri comunitarinelle zone di Meulemberg, Houdenzolg,Beringen, Maasmechelen, incontri checi hanno permesso di raggiungere unmaggior numero di persone; altri incon-tri sono stati possibili nei giorni succes-sivi anche a Winterslag e a Waterschei.La commovente accoglienza che abbia-mo ricevuto in tutti questi incontri testi-monia il valore di un lavoro sempresvolto con spirito di servizio.Purtroppo la nostra partenza ha priva-to dell’assistenza spirituale che setti-manalmente o mensilmente svolgevamotra i malati ricoverati nell’Ospedale,nelle Case di Riposo, nelle famiglie co-sì pure dell’animazione liturgica, dellapreparazione ai Sacramenti, degli in-contri settimanali di preghiera e di for-mazione.Questo lavoro è, ora, svolto in parte,ma con tanto entusiasmo, dai laici che,col tempo, sono stati preparati.Una prova della gradita nostra presenzaè stata dimostrata dal Gruppo Vedove diWinterslag, guidate dalla loro Presiden-te. Il Gruppo, già l’anno scorso, avevarinunciato ai festeggiamenti per i trenta-

cinque anni della loro fondazione, perinserire tale ricorrenza nella Settimanadi Festa per il 50° del CCI, invitandoanche noi Suore ad essere presenti, rin-saldando in tal modo le amicizie conuna più sentita partecipazione di fede esolidarietà alla loro manifestazione.Si può dire che se il nostro Istituto, tra-mite le nostre umili persone, ha potutodare testimonianza di fede e di assisten-za anche materiale, ciò è stato fatto neilimiti delle nostre possibilità e capacità;ma molto di più possiamo testimoniaredi aver ricevuto in cambio dalle fami-glie e dalle comunità dei nostri emi-granti.In questo scambio possiamo dire di es-serci arricchite di una più profonda spi-ritualità e di una maggiore consapevo-lezza di che cosa significhi essere“migranti”.Così arricchite, ora ci sentiamo di poteroperare meglio con quanti si trovanomigranti in Italia, considerando quantosia stato difficile per i primi emigrantiprovenienti dall’Italia avere i rapporticon la gente del posto. Oggi tale rap-porto è migliorato: le nuove generazio-ni si sono e si integrano sempre più nel-le realtà della società belga.Se sapremo mantenere, noi e loro, lastessa fede nel Signore e continuare adaprirci gli uni verso gli altri, potremocamminare insieme e unirci nella soli-darietà pur nella lontananza fisica.Ricordo con vero affetto e riporto la te-stimonianza di Sergio Panizieri, figliodi primi emigranti, incontrato in questaoccasione:“Abbiamo avuto la grazia di ritrovarcidopo più di due anni dalla vostra parten-za. Allora non abbiamo voltato la pagi-na, adesso dobbiamo farlo nella certezzache il Signore ci ha offerto questa op-portunità e dobbiamo approfittarne: nonè una partenza definitiva, ma l’inizio diqualcosa di nuovo in cui voi siete forti-

ficate dalla nostra amicizia e fraternità enoi dal vostro insegnamento, dal vostroesempio e dal vostro Carisma”.“Cosa intendesse con quel … ‘alloranon abbiamo voltato la pagina…’ nonabbiamo voluto, né avuto, forse, il co-raggio di chiedere. Mostra, però, tuttaintatta la necessità e la ricerca di undialogo costante, di intreccio tra l’indi-viduo, la comunità, le Istituzioni, in mo-do che ci si possa ancora aiutare neldifficile eppur affascinante camminodella vita nella fede”.

Domenica 29 aprile u.s., alla fine del-la Santa Messa, presieduta da S. E.Mons. Patrick Hoogmartens, Vescovodi Hasselt (capoluogo del Limburgo),tra i vari interventi Suor Osvalda haportato il saluto della Madre genera-le, ha ricordato l’11° anniversariodella Beatificazione di Madre Cateri-na Cittadini e tutte le Consorelle chehanno lavorato nel Limburgo; ha ri-volto, pure, un particolare saluto, nelgiorno del suo compleanno, al defun-to Don Angelo Gualdi che ha operatonella CCI per ben trent’anni.Dopo la Santa Messa, in chiusuradella Settimana dei festeggiamenti, inostri connazionali si intrattenevanoper il pranzo e, quindi, mantenevanoviva la festa con visite ai vari gazeboallestiti da Associazioni di solidarietào da privati per proporre i loro pro-dotti.Una lotteria concludeva simpatica-mente tutta la settimana.

Angelo Mapelli

Un ringraziamento e un caloroso salu-to a tutti coloro che ci hanno permessodi far vivere questa gioiosa, indimenti-cabile esperienza a Suor Matilde, aSuor Elisa, a Suor Osvalda.

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Voci di casa nostra

Un grazie a Suor Matilde.

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Nel mese di marzo mi sono reca-to, come faccio ogni anno dal

1991, nella città di Teresina nelNord-est del Brasile per visitare lamissione che Padre Pedro Balzi hainiziato sin dal 1987.Nella città di Teresina operano anchele Suore Orsoline di Somasca che, inun quartiere periferico, vicino all’Ae-roporto chiamato Real Copagre, vi-vono in una casa accanto a tante altrecase di famiglie povere.Scopo principale di un cristiano ècondividere la propria vita con i fra-telli e, se poi si fa parte di un Istitutoreligioso, è un obbligo aiutare chibussa alla propria porta.Poiché lo scopo specifico - in termineecclesiale CARISMA - dell’Istitutodelle Suore Orsoline di Somasca èaiutare i giovani a formarsi mediantelo studio, anche a Teresina le buoneSuore hanno aperto la loro casa peraccogliere adolescenti e giovani.In Brasile la situazione scolasticapubblica a definirla carente è un ap-prezzamento! Basti pensare che que-st’anno, per ben tutto il mese di mar-zo, i professori sono stati in sciopero.Tutto giusto, da mesi non ricevevanoil loro salario, ma a rimetterci sonopoi gli studenti. Pertanto le Suore daanni hanno istituito dei Corsi di“reforso”, diciamo doposcuola, percirca duecento ragazzi, tutti figli difamiglie povere del quartiere.

Responsabile di questi corsi è la ber-gamasca Suor Amabile Burini. I ra-gazzi vengono divisi in gruppi ed af-fidati a giovani che frequentano lescuole superiori. Con questi corsi,anche i figli delle famiglie povereriescono a mantenere un livello distudio accettabile. Molti dei genitoridi questi ragazzi, uomini e donne de-gli anni ‘80, sono analfabeti o nonhanno terminato le scuole elementari!Anche in Brasile la tecnologia avan-za e il computer non è più un oggettosuperfluo, ma necessario, se si vuolmentenere aperta una possibilità la-vorativa. E, proprio per questo, unagiovane Suora brasiliana, Suor KellyBorges, ha dato il via a corsi-base di

computer: sono due corsi frequentaticiascuno da una ventina di persone esono importanti per la possibilità cheoffrono ai frequentanti di trovare unlavoro.Questi corsi sono partecipati da gio-vani e adulti; hanno una durata diquattro mesi, con una frequenza ditre giorni la settimana.Suor Kelly ha un sogno: quello di po-ter prossimamente avviare anche unCorso di informatica avanzato. Iospero che la forza di volontà delleSuore, e magari l’aiuto economico diqualche benefattore, riesca a dare vitaanche a questo nuovo corso.Amici! come potete constatare, leSuore gettano continuamente semi disolidarietà con pazienza, tenacia e fe-de nella Provvidenza: a noi, nel limi-te delle nostre possibilità, il compitodi aiutarle.

Oreste Fratus

Voci di casa nostra

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TERESINA

INIZIATIVE “EDUCATIVO-CULTURALI”

BRASILE

Sr Kelly Borges tra gli allievi.

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“Bote fé” Teresina, così sono chia-mate queste giornate di prepara-

zione all’evento ecclesiale che sisvolgerà a Rio de Janeiro dal 23 al28 luglio 2013 con la presenza di Pa-pa Benedetto XVI.E’ urgente essere testimoni dell’amo-

re di Gesù, rinnovare la fede perchétrasformati dall’incontro con Lui,credere nei giovani.La Conferenza dei Vescovi del Brasi-le ha programmato un pellegrinaggiocon i due simboli della GMG che perla prima volta percorrono il Brasileattraversando, in diciannove mesi,duecentosettantacinque Diocesi.Lungo questo tragitto, iniziato in SanPaolo nel settembre 2011, i giovani emolta gente avranno l’opportunità diravvivare la loro fede e di fare l’espe-rienza di quello che sarà questa GMG2013.Durante quest’anno 2012 i simbolihanno percorso il Brasile; in dicem-bre percorreranno il Paraguay, l’Uru-guay, il Cile e l’Argentina.In gennaio 2013 saranno nel Sud delBrasile, nello Stato del Minas Gerais,mentre in luglio saranno a Rio.Il tema di queste giornate sarà: “An-

date e fate discepoli tutti i popoli,battezzandoli nel nome del Padree del Figlio e dello Spirito Santo”(Mt. 28, 19).L’Arcidiocesi di Teresina-Piauì, dovesiamo presenti noi Suore Orsoline diSan Girolamo in Somasca, ha ricevu-to la Croce e l’Icona di Maria neigiorni 16-19 marzo u.s.Tanti sono stati gli incontri di prepa-razione a questo evento e le attivitàdi comunione nei vari settori pastora-li, nei movimenti, nelle comunità.I giorni 12-14 marzo sono stati giornicaratterizzati dalla preghiera, dalla ri-flessione, da Via Crucis… per acco-gliere, come momento di Grazia,questa grande occasione.Il 16 marzo il grande giorno: l’acco-gliere la Croce e l’Icona di Maria hariempito tutti di gioia e di emozioneforti; tutti volevano avvicinarsi, toc-care, prendere su di sé…Momenti forti hanno segnato questegiornate di lode, di adorazione not-turna, di confessione, di incontri suvari temi e, per diverse categorie dipersone, di visita alle carceri, a luo-ghi in cui si vive in maggior diffi-coltà.

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Voci di casa nostra

PELLEGRINAGGIO DELLA CROCEE DELL’ICONA DI MARIA

DELLA GIORNATA MONDIALEDELLA GIOVENTÙ

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La notte del giorno 16 marzo, anche noi Suore Orsoline,insieme a tutte le comunità della zona di Teresina, abbia-mo animato un’ora di preghiera e di adorazione vocazio-nale nella Cattedrale “Nossa Senhora das Dores”.L’attesa della Croce e dell’Icona è stata caratterizzata dasperanza, festa, preghiera, sperimentando che senza Cristola vita non ha senso.E’ stata richiamata la figura del Beato Giovanni Paolo IIche ha consegnato ai giovani la Croce perché possano por-tarla nel mondo come simbolo di Amore del Signore pertutta l’umanità, perché solo attraverso di essa possiamo in-contrare la salvezza e la redenzione.Tutti insieme, durante la notte di preghiera, abbiamo chie-sto di aiutarci a costruire la civiltà dell’Amore, a vivereper Cristo, a rimanere radicati in Lui e ad essere forti nellafede.In questa esperienza di comunione abbiamo sentito fortela presenza di Maria che ci insegna a ricevere la Parola diDio, a valorizzarla, a meditarla nel cuore per arrivare apronunciare un SI libero e liberante.Tanti giovani e adulti hanno preso parte a queste giornate;insieme abbiamo cantato la vita guardando a quella Crocee a Maria, illuminati da vari colori che, ancora una volta,invitavano a superare le angosce, le sfide, le difficoltà, ledebolezze per aprirsi maggiormente a Lui, vera speranzadella nostra vita.Molti giovani saranno presenti a Rio de Janeiro l’annoprossimo e chissà che ci sia pure la presenza dei “nostri”del Nord-Est di Teresina…

Suor Angela Pellicioli

Voci di casa nostra

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CAMARGO

ORFANOTROFIO “SAWATZKI”

GRAZIEPER IL VOSTRO CUORE

Dopo due anni di lavori, la Parrocchia di Camar-go il 6 gennaio 2010 inaugura il Centro di acco-

glienza “ALBERGUE SAWATZKI” (chiamato così aricordo del benefattore tedesco Rolf Sawatzki) per ibambini a rischio.Nel mese di agosto dellostesso anno, ha as-sunto la conduzio-ne dello stesso laCongregazionedelle Suore Or-soline di San Giro-lamo in Somasca pre-senti sul posto con unaComunità di tre Suore: Suor Carmen Mercado, la Su-periora, Suor Delia Ortega e Suor Laura Cruz.Dopo parecchi contatti con le varie autorità locali, re-gionali e di dipartimento, questo Centro è stato valu-tato come uno dei migliori circa le infrastrutture e intermini di qualità e di calore umano del personalepresente.Un grazie grande va a questa Comunità di Sorelle Or-soline che, nonostante molte difficoltà, hanno preso acuore questa Istituzione, guidando e motivando tuttoquanto fa con il desiderio di essere vicino ai più biso-gnosi nella promozione umana e nell’educazione cri-stiana di questi bimbi che provengono da situazionifamiliari disastrate.Le prime esperienze non sono state piacevoli, ma gra-tificante e fondamentale, per questi bambini, è stato,ed è tuttora, il ruolo delle Suore che permettono lorodi crescere, sia nella scuola che nella vita quotidiana,superando i loro tanti problemi.

Miryan Calizaya CayoAssistente sociale

BOLIVA

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ADOZIONI

“Caterina Cittadini”F O N D A Z I O N E

ONLUS

• con bonifico bancario sul c/c n. 5300IBAN: IT79 R054 2811 1090 0000 0005 300UBI Banca Popolare di Bergamo intestato a Fondazione “Caterina Cittadini” O.N.L.U.S.,con la specifica del versamento• con versamento sul c/c postale n. 42739771intestato a Fondazione “Caterina Cittadini” O.N.L.U.S.,con la specifica del versamento.

Anche nel 2011 è possibile destinare il 5‰a “Fondazione Caterina Cittadini” ONLUSsegnalando il Codice Fiscale 95121540165Ricorda che, essendo ONLUS la Fondazione, puoi detrarre la donazionedalle imposte per le persone fisiche ai sensi dellart. 13-bis del DPR 917/86e per i redditi dimpresa ai sensi dellart. 65 dello stesso DPR.

Ecco come puoi offrire il tuo aiuto alla Fondazione:

che qualsiasi somma, anche minima,è preziosa: è una goccia nel mare,ma il mare è fatto di gocce!

La Fondazione, in sintonia con gli obiettivi educativi dello Statuto,si impegna a promuovere la crescita integrale dei minori, a combattere il disagio femminile, a sostenere attività

organizzate in vista del miglioramento delle condizioni di vita nei territori di missione Ad Gentes dellIstituto.Assume, in particolare, le seguenti iniziative:

costruzione in terra di missione di strutture rispondenti al Carisma educativo dellIstituto;adozioni a distanza; interventi di solidarietà sociale; microrealizzazioni.

Già in atto da una quindicina di anni, l'iniziativa,estesa alla Bolivia, al Brasile, all'India,alle Filippine, allIndonesia dove operanole Suore Orsoline di Somasca, prevede l'assistenzaa bimbi indigenti, sia a livello sanitario che scolastico.

Vuoi amare e aiutare un bambinoa crescere?Vuoi sentirti padre o madredi chi non ce lha?

Gli adottati sono tutti co-nosciuti e assistiti dalleSuore che, periodica-mente, ne danno notizia.Ad ogni richiedente vie-ne inviata una schedacon la foto del bimbo/aadottato/a e brevi notiziesulla situazione familia-re; è richiesto un impe-gno almeno quinquenna-le per dare all'adottato lapossibilità della frequen-za scolastica di base.È chiesta pure la dispo-nibilità per la sostituzio-ne dell'adottato qualoraquesti non fosse più re-peribile o non avesse piùnecessità di aiuto.

Sono previsti versamenti:- annuali (euro 230,00)- mensili (euro 20,00).

Vuoi offrire il tuo contributoalla Fondazione a sostegno

della “carità educativa”di Madre Caterina?

Un fondo, alimentato daofferte libere, è destina-to:

• a iniziative di solida-rietà sociale a favoredi persone minorennie maggiorenni svan-taggiate;

• a microrealizzazioni(fornitura di medicina-li, di alimenti, di mate-riale scolastico ecc.).

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Page 51: In Altum

Libri in vetrinaa cura di Maria Marrese

Nel 2005 nasce la manifestazione“Torino Spiritualità” con lo scopo dipromuovere il dialogo interreligiosoe interculturale, oltre che per creareoccasioni di incontro e di confrontosulla dimensione etica e spiritualedell’uomo, nella convinzioneprofonda che anche chi non credetenda comunque all’Assoluto.La settima edizione del Festival èstata dedicata ad esaminare ciò cheil futuro prospetta all’umanità. Con-siderato che non è possibile scanda-gliare il futuro senza dare un occhioal passato, è nato lo spettacolo “Evide che era buono” un reading-concerto in cui Roberto Piumini, ac-compagnato dal coro di voci bian-che Pequenas Huellas, ha propostouna rilettura poetica della Genesi.Da qui la nascita di questo volume,nel quale i bambini potranno im-mergersi nella bellezza della crea-zione e godere del connubio perfet-to tra i due diversi linguaggi dellapoesia e del disegno.Il testo del grande scrittore per ra-gazzi viene magistralmente illustra-to da Roberta Angeletti.

ROBERTO PIUMINI

La ballatadella Genesi

San Paolo, 2012

Questo libro, nato dall’incontro tralo psicoterapeuta Domenico Barillàe l’illustratrice Emanuela Bussolati,vuole aiutare i bambini ad avvici-narsi a Dio e a distinguere le reli-gioni che spingono a collaborare av-vicinando gli uomini nell’amore daquelle che, al contrario, allontananoe contrappongono. L’autore cerca,con parole semplici e chiare, di ri-spondere alle domande che solita-mente i bambini si pongono su Dioe sulla Sua presenza nel mondo:“Dio è come una nuvola che viaggiaper il mondo e appartiene a tutti, an-che a quelli che non la vedono pas-sare. Ognuno la chiama con un no-me diverso, ma è sempre la stessanuvola”. Attraverso la lettura di questo testo inostri piccoli potranno sentire quan-to è grande e potente l’amore di Dioriuscendo, nello stesso tempo, adindividuare coloro che usano il suonome per allontanarli dai valori cheEgli ci ispira.

Enzo Bianchi ha il dono speciale diparlare ai bambini di temi spiritualicon grande verità e semplicità. Cos’èla preghiera? Una domanda impegna-tiva anche per molti adulti, ma le ri-sposte che il priore di Bose proponesono chiarissime: è DIALOGO CONDIO; è ASCOLTO perché Dio parla eciò ci permette di entrare in relazionepersonale con lui; è ACCOGLIENZAdi Dio dentro di noi; è COMUNIONEossia “la Parola, che ti ha permesso discoprire la presenza di Dio e di acco-glierla in te stesso, ora ti invita allarelazione con il Padre”; è CONTEM-PLAZIONE dell’amore di Dio che cipermette, per Grazia, di vedere tutto ilmondo con i suoi occhi.Dopo aver spiegato ai bambini cos’èla preghiera, l’autore si sofferma sulcome pregare partendo dalla prepara-zione dello spirito al dialogo con Dio,per poi spiegare sul modo e sul valoredi questo dialogo.Questo è un libro che sicuramentesarà utile ai nostri bambini, ma darà isuoi benefici anche agli adulti chevorranno leggerlo insieme a loro,spingendoli a recuperare il senso verodella preghiera, ricordando che “quan-do preghi, entra nella tua camera e,chiusa la porta, prega il Padre tuo nelsegreto; e il Padre tuo, che vede nelsegreto, ti ricompenserà” (Matteo 6, 6).Anche la decisione di concludere ilvolume con il Padre Nostro è unascelta importante: fare nostra, fin dapiccoli, questa splendida preghiera alPadre, capirne il significato profondoe non limitarsi a ripeterla meccanica-mente, è elemento fondamentale perla nostra crescita spirituale.

ENZO BIANCHI

La preghieraSan Paolo, 2012

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aDOMENICO BARILLÀ

Il coraggiodi pensare a Dio

Carthusia, 2012

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