IMPRESE - Corriere della Sera

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Lunedì, 4 Maggio 2015 www.corrieredibologna.it L’ECONOMIA, GLI AFFARI, LE STORIE DELL’EMILIA-ROMAGNA L’intervista Paolo Gerani (Gilmar): la politica rilanci il made in Italy 5 La novità Energica Ego la superbike elettrica conquista la California 11 La scadenza Paradosso Imu agricola e in molti vendono 17 Il giacimento industriale Cento imprese e 40mila occupati nella filiera dei produttori di impianti per l’industria estrattiva : sono l’eredità delle scoperte di idrocarburi in Adriatico e nella Pianura Padana. Ma lo stop delle concessioni dopo il sisma del 2012 ne mette a rischio l’attività Ormai lavorano solo all’estero e potrebbero andarsene. La tentazione Croazia L’analisi Molto meglio la piattaforma che un’azienda di Dario Di Vico I l tema è venuto fuori in un dibattito che si è tenuto di recente nella sede dell’Unione Industriali di Parma. Si discuteva di politica industriale ed era presente, tra gli altri, l’amministratore delegato del Fondo strategico italiano (Fsi), Maurizio Tamagnini. Del Fondo e della sua metodologia di azione si sa tutto sommato poco e l’occasione è stata utile per capirne di più. Ma veniamo al sodo. In campo agro-alimentare il Fsi nel novembre del 2014 ha fatto una scelta molto precisa: ha deciso di investire nella Inalca, la società del gruppo Cremonini. L’operazione è stata realizzata con il fondo sovrano del Qatar, ammonta a 165 milioni di euro e ha dato vita a una partecipazione del 28,4% nel capitale dell’Inalca che — ricordiamo — produce carne bovina ma si occupa anche di distribuzione alimentare all’estero. Nelle dichiarazioni ufficiali del giorno dopo si è sottolineato come i nuovi capitali dovessero servire a crescere attraverso acquisizioni e che Inalca avrebbe agito come «catalizzatore per lo sviluppo della distribuzione di prodotti agro-alimentari italiani all’estero». Ma perché il Fondo ha scelto la società X e non piuttosto la Y? Non c’è il doppio rischio di favorirne una e addirittura di creare, tramite soldi (in parte) pubblici, una concorrenza sleale nel settore? continua a pagina 19 L’intervento Muoversi nel mondo e attrarre investimenti per sviluppare valore L a Giunta regionale ha girato la prima boa, abbiamo approvato il bilancio, uscendo dalla fase straordinaria e stiamo varcando la soglia dei primi 100 giorni, du- rante i quali abbiamo messo in campo i caratteri essenziali di questa nuova legislatu- ra. Come ha ricordato Romano Prodi su que- sto giornale, la nostra regione — per la sua identità manifatturiera e per la vocazione in- ternazionale — assume un ruolo centrale nella ripresa dell’intero Paese. Parliamo in- nanzitutto della manifattura. Dopo un lungo periodo in cui sembrava ovvio cedere attività manifatturiere per rivolgere lo sviluppo dei Paesi occidentali verso finanza, attività ban- carie e speculazione, nell’idea di una società in cui la ricchezza si sarebbe dovuta creare senza lavoro né attività produttive, ecco che invece — sia a Oriente che a Occidente — crescono le economie che hanno mantenuto le proprie radici manifatturiere, lavorando su industria e servizi, agendo su internaziona- lizzazione e innovazione, aumentando il va- lore aggiunto dell’intero sistema produttivo. Le nostre imprese sono state capaci di rior- ganizzarsi e divenire leader a livello globale dei loro prodotti, un tempo prodotti di nic- chia, ma ora di mercati globali in crescita. continua a pagina 19 di Stefano Bonaccini* Repertorio Il pozzo Agip eretto a Santarcangelo di Romagna (Rimini) nei pimi anni 50 in una foto dell’archivio storico Eni Poste Italiane Sped. in A.P. D.L. 353/2003 conv. L.46/2004 art. 1, c1 DCB Milano. Non può essere distribuito separatamente dal Corriere della Sera IMPRESE

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Lunedì, 4 Maggio 2015 www.corrieredibologna.it

L’ECONOMIA, GLI AFFARI, LE STORIE DELL’EMILIA-ROMAGNA

L’intervistaPaolo Gerani (Gilmar):la politica rilanci il made in Italy

5

La novitàEnergica Ego la superbike elettrica conquista la California

11

La scadenzaParadosso Imu agricolae in molti vendono

17

Il giacimento industrialeCento imprese e 40mila occupati nella filiera dei produttori di impianti per l’industria

estrattiva: sono l’eredità delle scoperte di idrocarburi in Adriatico e nella Pianura

Padana. Ma lo stop delle concessioni dopo il sisma del 2012 ne mette a rischio l’attività

Ormai lavorano solo all’estero e potrebbero andarsene. La tentazione Croazia

L’analisi

Molto meglio la piattaformache un’aziendadi Dario Di Vico

Il tema è venuto fuori inun dibattito che si è tenuto di recente nellasede dell’Unione Industriali di Parma. Si

discuteva di politica industriale ed era presente, tra gli altri, l’amministratore delegato del Fondo strategico italiano (Fsi), Maurizio Tamagnini. Del Fondo e della sua metodologia di azione si sa tutto sommato poco e l’occasione è stata utile per capirne di più. Ma veniamo al sodo. In campo agro-alimentare il Fsi nel novembre del 2014 ha fatto una scelta molto precisa: ha deciso di investire nella Inalca, la società del gruppo Cremonini. L’operazione è stata realizzata con il fondo sovrano del Qatar, ammonta a 165 milioni di euro e ha dato vita a una partecipazione del 28,4% nel capitale dell’Inalca che — ricordiamo — produce carne bovina ma si occupa anche di distribuzione alimentare all’estero. Nelle dichiarazioni ufficiali del giorno dopo si è sottolineato come i nuovi capitali dovessero servire a crescere attraverso acquisizioni e che Inalca avrebbe agito come «catalizzatore per lo sviluppo della distribuzione di prodotti agro-alimentari italiani all’estero». Ma perché il Fondo ha scelto la società X e non piuttosto la Y? Non c’è il doppio rischio di favorirne una e addirittura di creare, tramite soldi (in parte) pubblici, una concorrenza sleale nel settore?

continua a pagina 19

L’intervento

Muoversi nel mondoe attrarre investimentiper sviluppare valore

L a Giunta regionale ha girato la primaboa, abbiamo approvato il bilancio,uscendo dalla fase straordinaria e stiamo

varcando la soglia dei primi 100 giorni, du-rante i quali abbiamo messo in campo icaratteri essenziali di questa nuova legislatu-ra.

Come ha ricordato Romano Prodi su que-sto giornale, la nostra regione — per la suaidentità manifatturiera e per la vocazione in-ternazionale — assume un ruolo centrale

nella ripresa dell’intero Paese. Parliamo in-nanzitutto della manifattura. Dopo un lungoperiodo in cui sembrava ovvio cedere attivitàmanifatturiere per rivolgere lo sviluppo deiPaesi occidentali verso finanza, attività ban-carie e speculazione, nell’idea di una societàin cui la ricchezza si sarebbe dovuta crearesenza lavoro né attività produttive, ecco cheinvece — sia a Oriente che a Occidente —crescono le economie che hanno mantenutole proprie radici manifatturiere, lavorando suindustria e servizi, agendo su internaziona-lizzazione e innovazione, aumentando il va-lore aggiunto dell’intero sistema produttivo.Le nostre imprese sono state capaci di rior-ganizzarsi e divenire leader a livello globaledei loro prodotti, un tempo prodotti di nic-chia, ma ora di mercati globali in crescita.

continua a pagina 19

di Stefano Bonaccini*

RepertorioIl pozzo Agip eretto a Santarcangelo di Romagna (Rimini) nei pimi anni 50 in una foto dell’archiviostorico Eni

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IMPRESE

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2 Lunedì 4 Maggio 2015 Corriere Imprese

PRIMO PIANO

Idrocarburi, produzione a picco in Emilia-RomagnaPOZZI PERFORATI A TERRA E A MARE

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N. pozzi perforati a mareN. pozzi perforati a terra

Fonte: elaborazione Rie su dati UNMIG

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RISPARMI NEI CONTICON L’LL ESTERO GRAZIEAL GAS ESTRATTOIN EMILIA-ROMAGNADAL 2003 AL 2013

N.p

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PRODUZIONE DI IDROCARBURI IN EMILIA-ROMAGNA 1980-2013

Produzione petrolio - scala di destra

Produzione gas - scala di sinistra

mili

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c migliaia

ditonn.

14,3miliardi di euro

,,(prezzi 2013)

I NUMERI DELL’LL OIL& GAS IN EMILIAROMAGNA

Piattaforme68

(1˚postoin Italia)

Concessionioff-shore

29(1˚posto

in Italia)

Pozzi209

(2˚postoin Italia)

Concessionia terra

37(2˚ posto

in Italia)

addetti40 mila

imprese100

30%dell'industria estrattivanazionale (1˚ posto in Italia)

48%della produzione nazionaledi gas

25%della produzione nazionaledi idrocarburi

Tra Piacenza e Ravenna l’eccellenza dell’industria estrattivanata negli anni 50 e 60. Ma se la Regione non toglie il blocco imposto dopo il terremoto la filiera rischia di emigrare Magari in Croazia per sfruttare il gas dell’Adriatico

Oil & Gas, 100 gioielliclandestini in patria

Non esiste una foto digruppo dei valorosiche l’estate scorsa ri-mossero il relitto del-la Concordia dal Gi-

glio, concludendo con un suc-cesso planetario la più impo-nente operazione di recuperomai effettuata in mare. Fossestata scattata, però, ritrarrebbeuna bella fetta di ravennati. Gliuomini della Micoperi, innan-zitutto, l’armatore che con Ti-tan firmò il progetto; o quellidel Centro iperbarico di Ra-venna, che assieme a Rana Di-ving si occupò dei lavori su-bacquei. Ancora la Bambinisrl coi suoi rimorchiatori e na-vi appoggio e la Rosetti Mari-no che costruì i due pilonisommersi da 1.500 tonnellateciascuno su cui fece perno ilrelitto per ruotare e raddriz-zarsi. Perfino la sicurezza furavennate, con gli uomini dellaDiag. I loro nomi li abbiamoperò letti su tutti i giornali, equalcuno, come il titolare del-la Micoperi Silvio Bortolotti,anche visto in tv.

Così è balzata alla ribaltauna filiera romagnola di eccel-lenze che in realtà esiste dapiù di 50 anni e, nata per tut-t’altre ragioni, continua a con-nettersi in tutt’altri scenari:quelli delle grandi piattaformeoffshore per l’estrazione di pe-trolio e gas.

Tutto ebbe inizio non percaso a Ravenna, il porto piùvicino ai grandi giacimentisottomarini di gas dell’Adriati-co che Eni scoprì e cominciò asfruttare a cavallo degli anni60. Fu così che al seguito del-l’allora Agip e del suo braccioimpiantistico Saipem in menodi un decennio centinaia dicarpentieri, armatori e operairavennati si trasformarono neimigliori professionisti dell’of-fshore al mondo; da allora inAdriatico hanno perforato 951pozzi, in 26 campi in conces-sione. E oggi lavorano tutti inaziende globali che fatturanofra i 50 milioni di Rana Diving,un team di 200 sommozzatoriiper specializzati, e i 300-400milioni di Micoperi, RosettiMarino, e del gruppo Tozzi-Comar specializzato nella ge-nerazione elettrica per grandi

cantieri e raffinerie. Sempre aRavenna hanno la sede italianai tre big dell’impiantistica pe-trolifera, Schlumberger, Hal-liburton e Saipem. E l’associa-zione che riunisce il mondodell’offshore, la Roca.

All’altro capo della nostraregione, e molti anni prima,qualcosa di simile era avvenu-to fra Piacenza e Parma con lascoperta dei primi giacimentidi petrolio e di gas a Caviaganel lodigiano, Fornovo, Corte-maggiore. Anche qui c’eral’Agip ad estrarre — siamo trale due guerre — e tanti piccoliartigiani a ingegnarsi per co-struire. Negli 80 anni successi-vi hanno scavato in regione857 pozzi in 37 concessioni dicoltivazione. Oggi quegli ex ar-tigiani si chiamano Bonatti,un gruppo di costruzioni par-mense da oltre 600 milioni dieuro, Drillmec del gruppo ce-senate Trevi che fattura quasialtrettanto negli impianti diperforazione o Sicim che conmontaggi e condotte tocca i450 milioni.

È il mondo dell’«Oil&Gas»emiliano-romagnolo. Un mon-do che rischia di sgretolarsi seil blocco dell’attività estrattivaimposto dopo il sisma del 2012non verrà rapidamente rimos-so. Ma l’auspicata rapidità èormai una chimera. Conclusidall’anno scorso gli studi tec-nici che scagionavano le estra-zioni dai giacimenti padanidall’accusa di aver innescato ilsisma e redatto col governo il

protocollo di sicurezza per lenuove trivellazioni, il via liberadella Regione sembrava que-stione di giorni. Invece è silen-zio. Dall’assessore all’ambientePaola Gazzolo, intervistata dalCorriere di Bologna il 29 mar-zo scorso, arrivano rassicura-zioni, ma anche accenni a ulte-riori valutazioni e a consulta-zioni con cittadini e comunitàlocali. Per chi ha orecchie finiquesta è l’anticamera dell’af-fossamento. L’aria generale, del resto, non è incoraggiante.Anche su altri fronti — operepubbliche e privatizzazioni —pare infatti che la politica siadi nuovo molto sensibile agliumori degli «anti».

Così l’industria degli idro-carburi è nuovamente in fibril-lazione; con i suoi 40 mila po-sti di lavoro in regione e unadecina di miliardi l’anno di ri-cavi. Solo il riavvio delle 22concessioni già autorizzate eoggi bloccate varrebbe 4,8 mi-liardi di euro di commesse ag-giuntive in dieci anni. Perl’economia regionale, un con-tributo di 20-30 mila posti dilavoro e introiti di 700-800 mi-lioni per l’Erario.

Per fortuna la sopravvivenza

delle principali aziende di questa filiera d’eccellenza (uncentinaio in regione) non di-pende dalla commesse ottenu-te «a chilometro zero»: il loromercato è il mondo e le majorpetrolifere loro clienti se liportano appresso in tutti icontinenti. E ora perfino sul-l’altra sponda dell’Adriatico, inCroazia, dove si apprestano —Eni compresa — a costruire 15nuove piattaforme per sfrutta-re i giacimenti di gas che noiabbandoneremo del tutto seprevarranno le proteste di am-bientalisti e antagonisti. I qualiperaltro hanno già ammonitoanche Zagabria con una letteradell’europarlamentare grillinoMarco Affronte sottoscritta da«ben» 200 sostenitori. E nonsiamo su «Scherzi a parte».

Perciò la tentazione di delo-calizzare è forte. Micoperi hagià trasferito il quartier gene-rale operativo a Ortona, inAbruzzo, dopo una lite con leistituzioni ravennati. E la Ro-setti Marino ha già qualcosa dipiù di un base logistica in Cro-azia. Quel che ancora le tieneinsieme, e le tiene insiemequi, nei luoghi d’origine, nonsono i ricavi delle commessedomestiche, che valgono or-mai meno del 2% del giro d’af-fari totale, quanto piuttosto ilvalore aggiunto di una filieralungo cui sperimentare solu-zioni sempre più innovative.Ma, dicono tutti, niente pozzi,niente filiera.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Costa ConcordiaNel consorzio che ha rimosso la nave naufragata c’erano 4 aziende ravennati

Paola Gazzolo, Piacenza, 1966, è assessore regionale alla Difesa del suolo e della costa, protezione civile e politiche ambientali e della montagna

Chi è

milasono i posti di lavoro in Emilia-Romagnanel settore estrattivo

40

sono le aziende che lungo la via Emilia si occupano di estrazione di idrocarburi

100

Il trend

di Nicola Tedeschini

È il momento dei broker di energia

L’Emilia-Romagna èoggi terra d’avanguardia per igrandi gruppi diacquisto di gas ed

elettricità, incentivati dall’ormai ultradecennale deregulation dei mercati. «Mercati europei», precisa l’ingegnere Andrea Lugli, che ha fondato, dirigendoli tuttora, i consorzi Modena Programma Energia, nel 2001; e, nel 2009, Energia&Industria, realtà oggi da 26 aderenti, tra cui ilcolosso delle carni Cremonini. Si parla di consulenze di acquisto per forniture annue da 500 milioni di kilowattora e 550 milioni di metri cubi: in controvalore sono circa 30 e 170 milioni di euro. «Assistiamo i consorziati e i terzi che si affidano a noi nel definire la migliori strategie di costo, in base alle diverse necessità industriali e alla diversa propensione al rischio», puntualizza Lugli. «E&I, inoltre, in partnership con la svizzera Openlogs, può gestire tutta la logistica necessaria perché il metano arrivi, ad esempio, dai giacimenti nord-europei alle ceramiche di Sassuolo».Guardando sempre al distretto sassolese, Armando Cafiero, direttore di ConfCeramica, è anche il consigliere delegato di Gas Intensive. E ancora grazie al sistema Confindustria è oggi attiva su Bologna e Modena, in sinergia con Legacoop, Emilia Energia, già Consorzio Galvani, che sul proprio sito dichiara 700 aderenti. Tra la Dotta e la Ghirlandina, tante pmi si affidano poi al Cenpi, costola di Confartigianato che però vede la direzione operativa a Milano. Il gruppo Amadori e i big cooperativi dell’ortofrutta animano invece il Consorzio Romagna Energia di Cesena con 400 soci sperò sparsi in tutta Italia. Nel 2014, i volumi intermediati hanno raggiunto gli 1,3 terawattora, includendo la controllata Energia Corrente srl, che vende ai clienti terzi e tratta anche metano (50 milioni di metri cubi).Per singoli cittadini e partite Iva c’è infine Confcooperative,che ha partorito delle società mutualistiche di utenza a Bologna, Ferrara, Ravenna e Modena. Anzi, in terra geminiana la cooperativa Insieme era stata fondata già nel 2010 per puntare al ribasso sulle polizze auto. In inverno la centrale bianca ha svolto una selezione per il miglior fornitore di luce e gas: ha vinto Trenta, azienda del gruppo Dolomiti Energia.© RIPRODUZIONE RISERVATA

di Massimo Degli Esposti

BO

3Lunedì 4 Maggio 2015Corriere Imprese

Piattaforme oceaniche e trivelle «spaziali»I casi di Rosetti Marino e Drillmec: ai vertici dell’hi-tech grazie alle sperimentazioni sui giacimenti emiliano-romagnoli. «I clienti ci vorrebbero all’estero, ma restiamo qui. Per ora»

La piattaforma è una struttura per l’esplorazione di aree marine, ove si trovano potenziali giacimenti di idrocarburi e gas. Vengono usate per la perforazione di pozzi, per l’estrazione e quando il giacimento è esaurito possonoessere spostate

Cos’èLa Rosetti Marino dell’inge-

gner Gianfranco Magnani è unpo’ la mamma del polo raven-nate dell’offshore. Esiste infat-ti dal 1925, molti anni primache partisse la corsa al meta-no in Adriatico e fiorisse così,a cavallo degli anni 60, tutta laf i l i e r a r o m a g n o l a d e l -l’«Oil&Gas». Occupandosi dicarpenterie metalliche, fu laprima che Agip interpellòquando dovette realizzare lepiattaforme per i pozzi appe-na scoperti al largo di Raven-na. Allora funzionava così: lacontrollata Saipem progettavae Rosetti Marino costruiva,sperimentando sul campo co-sa volesse dire lavorare soprae sott’acqua, anziché sulla ter-raferma.

Oggi lo sa meglio di chiun-que altro. E dopo aver firmatobuona parte delle centodieci«isole di ferro» comprese frale coste di Romagna e Abruz-zo, ha accumulato tante com-petenze di impiantistica daprogettarsele in casa comemain contractor di tutti i co-lossi petroliferi; poi le fa navi-gare fino a destinazione, lun-

go le coste di tutti gli oceanidel mondo. L’ultima è salpatadue mesi fa, diretta in Costad’Avorio. È stata venduta per143 milioni di dollari. La Ro-setti Marino è anche l’impresache capeggia la battaglia deldistretto ravennate contro lostop alle nuove perforazioni.Nel piacentino fa lo stesso ilpresidente di Drillmec, l’inge-gner Claudio Cicognani ,espressione romagnola della

capogruppo Trevi. AncheDrillmec è cresciuta conl’Agip, sui giacimenti di Corte-maggiore e dintorni. Esclusiutensile e aste, tutto ciò cheserve a trivellare un pozzo, va-le a dire argano, torre, pompee software, cioè una macchinada 3-4 mila tonnellate e 15 mi-lioni di dollari di costo (solo ilsedile con joystick del «pilo-ta» ne costa più di 20 mila) èmade in Piacenza. Compreso

un simulatore da addestra-mento che ricorda quelli di unjet. «Un’azienda da 1.500 di-pendenti e quasi 600 milionidi fatturato come la nostra og-gi non ci sarebbe — dice Ci-cognani — se non avessimolavorato con l’Eni nei giaci-menti emiliano-romagnoli.Qui testiamo ogni innovazio-ne, qui sono nate le macchineidrauliche che hanno rivolu-zionato la tecnologia della tri-

IdrocarburiUna piattaforma in Adriatico

vellazione e già abbiamo ven-duto in 200 esemplari nelmondo». «È la supremaziatecnologica — spiega poi Ci-cognani — che consente allenostre imprese non solo dibattere la concorrenza, ma an-che di resistere alle pressionidei committenti che per in-graziarsi i governi locali prefe-rirebbero fornitori basati neiluoghi delle concessioni». Lofanno tutti. Non gli italiani,che pur di chiudere i rubinettidei pozzi sembrano disposti asacrificare migliaia di posti dilavoro. Eppure sarebbe il mo-mento ideale per stenderetappeti rossi ai petrodollari, oalmeno per non ostacolarli.«Oggi molte aree di estrazionesono diventate insicure —spiega Stefano Silvestroni,consigliere delegato agli affarigenerali della Rosetti Marino— e gli investitori cercano di-speratamente destinazioni piùtranquille. La voglia di venirein Italia è tanta. Ma come si fase non c’è più certezza del di-ritto?».

M. D. E.© RIPRODUZIONE RISERVATA

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4 Lunedì 4 Maggio 2015 Corriere Imprese

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5Lunedì 4 Maggio 2015Corriere Imprese

Il comparto dell’abbigliamento in Emilia-Ro-magna tiene e se c’è qualche problema èsemmai da imputare alla politica nazionale.Che non riconosce come il made in Italy dialustro al Paese e lavoro a centinaia di miglia-

ia di persone. Paolo Gerani lo dice chiaro etondo e può parlarne a ragion veduta. La suaGilmar, di cui è ad e direttore artistico, da SanGiovanni in Marignano, nel Riminese, in oltre50 anni ha conquistato i negozi di tutto ilmondo e si appresta a crescere ancora.

Gerani, il brand di punta Iceberg ha appe-na compiuto 40 anni. Qual è il suo bilancio?

«Positivo. Iceberg è a sua volta legato a Gil-mar che ha più di 50 anni. Nasciamo comemaglificio dalla passione di mia mamma egrazie alla curiosità della prima generazionequi sono transitati gli stilisti più belli al mon-do. Ci siamo adeguati alle richieste di questicreativi e abbiamo assunto un know-how chefa produrre bene il denim, l’uomo, la donna, lamaglieria e lo sportswear».

E dal punto di vista economico?«Gli anni 70, gli 80 e in parte i 90 sono stati

straordinari per la crescita della moda. Il madein Italy era sinonimo di eccellenza. Poi il mon-do è cambiato, chi fa il nostro mestiere non samai cosa succederà da un giorno all’altro, adesempio in Russia. Oggi, in mezzo a problema-tiche quotidiane, posso dire che la nostraazienda è sana, al 100% nelle mani della nostrafamiglia e continua a innovare».

A breve arriverà il lancio di Gilmar Lab, lavostra piattaforma e-commerce. Non temetela concorrenza di altri player?

«La lanciamo dopo aver inaugurato pochimesi fa Gilmar box, piattaforma su outlet cheha ricevuto 150 mila visitatori con un buontasso di conversione. L’e-commerce è una real-tà da cui non si può più prescindere. Ci sonocolossi, è vero, ma ciò non toglie che si possafare un buon lavoro anche in casa nostra. Pos-siamo veicolare la nostra immagine senza de-mandare a terzi e questi primi dati sono con-fortanti. Contiamo di crescere in un paio dianni».

A settembre il nuovo flagship store a Mila-no. Quale sarà la vostra politica retail in unmondo in perenne cambiamento?

«I monomarca sono strumenti costosi, manecessari, che vanno osservati attentamenteproprio per l’evoluzione che il mondo sta aven-do. Con Milano faremo un passo ulteriore percomunicare fedelmente la nostra immagine. Imercati da attenzionare rimangono la Cinache, benché più stanco rispetto a 2 anni fa,sarà da seguire per i prossimi 15 anni; poi laRussia, anche se in difficoltà, Medioriente eAmerica, che sta andando bene grazie al “su-perdollaro”. Purtroppo la “vecchia Europa” fafatica».

La Cina ha varato una stretta su moda elusso. Non temete difficoltà?

«È vero, il nuovo presidente ha messo un po’di calmiere, il made in Italy era usato anchecome leva corruttiva, però è un mercato checresce a velocità enormi e su cui tocca puntareper la legge dei grandi numeri. La ricchezza,poi, in Cina è abbastanza allargata, a differenzadella Russia, dove è concentrata in un gruppodi famiglie».

Quanto pesa l’export sul vostro fatturato?«Vale per il 70%. Cina, Russia e Medioriente.

Il restante 30% sono vendite in Italia».Da dove passa il rilancio di un distretto

emiliano importante come quello dell’abbi-gliamento?

«Nella nostra zona, nel Carpigiano e nel Bo-lognese c’è una tradizione importante, la pic-cola e media impresa tessile con qualche ecce-zione e qualche inciampo ha tenuto bene. Nonvedo particolari problematiche, la nostra è unadelle regioni più belle da vivere. Il problemanon è il nostro comparto, semmai noi soffria-mo i malanni di un Paese intero».

Ovvero?«L’Italia si è depauperata e ha impoverito

tutte le sue eccellenze. Gli italiani sono piùsvegli di altre genti, ma incapaci di lavorareassieme, avrebbero bisogno di una guida pre-cisa. Il solo made in Italy basta alla bilanciadello stato, ma se vediamo come va la nazionequalcosa non torna. E la Camera della modaancora oggi fa fatica a fare squadra. Occorronoriforme per dare fiducia a chi investe».

La sua produzione per il 30% è all’estero.Sta pensando a riportarla in Italia?

«Mi piacerebbe, per aiutare così quel terzia-rio fantastico che abbiamo, anche in Emilia-Romagna. Ma se producessi tutto qui uscirei dicompetitività per certi prodotti. Noi imprendi-tori siamo costretti a cercare aree produttiveestere e se non ci vado io ci va il concorrente.Invece con sgravi fiscali in Italia le produzionisi potrebbero mantenere in vita».

Gilmar produce e distribuisce dal 2012n°21, brand fondato e diretto artisticamenteda Alessandro Dell’Acqua. Nel 2013 c’è statoil lancio della linea uomo e adesso le immi-nenti aperture di Seul. Quali sono le strate-gie di espansione nell’ambito wholesale?

«Sono aperto all’innovazione, che non signi-fica però disegnare nuovi capi. Devi essere at-tento al mutamento del mercato economico eai cambiamenti sociologici. Ci sono giovaniche si muovono con scelte estetiche particolari.Ci piacerebbe portare in Gilmar quei marchi equei giovani talenti, stiamo studiando nuoveacquisizioni».

Ma farete anche nuove assunzioni? Il Job’sact pare abbia incoraggiato altri suoi colle-ghi.

«Il Job’s act è stato uno strumento interes-sante. Mi auguro di aumentare le assunzioni,stiamo lavorando con coraggio, con grandeimpegno e investiamo tantissimo. Per noi cre-scere è fondamentale».

Il presidente Bonaccini sta lavorando al-l’internazionalizzazione delle imprese e perattrarre nuovi investimenti.

«Sin da quando eravamo piccoli siamo statiabituati a lavorare a testa bassa e non abbiamomai ricevuto un euro di aiuto dallo stato. Ilmade in Italy non ha mai ricevuto un aiuto,tranne un po’ ultimamente dal governo Renzi,e dà più lavoro della Fiat. Se capiranno che ilmade in Italy dà lavoro, sarà tardi, ma comun-que ben accetto».

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Gilmar

Quell’azienda nata in casa 50 anni fa che ha stregato anche Marc Jacobs

G iuliana Marchini aveva 15anni e un sogno: diventarebrava come la sua vicina

magliaia. Fu il papà con una fir-ma all’allora Credito Romagnoloa garantire per l’acquisto dellaprima macchina da maglieria. Fualloggiata in soggiorno a Cattoli-ca e ben presto arrivarono tantealtre ragazze ad aiutare il confe-zionamento di abiti che finivanonei negozi di Rimini. Nel 1959,sull’albo delle imprese artigianedella città comparve la Gilmar,dalle iniziali di Giuliana Marchi-ni. Nel 1964 a Cattolica il primomonomarca con prodotti a mar-chio Gilmar.

L’azienda cresce, il capitalesociale si divide tra Giuliana, ilfratello Luciano e il marito di leiSilvano Gerani; le vecchie came-re dei figli Patrizia e Paolo nonbastano più a contenere i vestitie la casetta viene sostituita daquello che diventerà l’attuale po-lo industriale di San Giovanni inMarignano: 45 mila metri quadriin cui lavorano 370 dipendenticon un’età media di 36 anni. Ilmagazzino adesso può ospitarefino a 250mila capi e Silvano èdiventato presidente, mentre ilfiglio Paolo è ad e la sorella Pa-trizia siede nel cda ed è respon-sabile stile.

Il marchio Iceberg nacque nel1974 grazie all’estro di Jean Char-les de Castelbajac, scovato in unascuola di moda a Parigi. Si carat-terizzava per i cartoon comeBugs Bunny e diventò un cult;costava diverse centinaia di mi-gliaia di lire ed era uno statussymbol. La moda allora era ac-cessibile veramente a pochi, unvero lusso, e l’immagine era an-che molto ingessata: Iceberg fuuna rivoluzione perché imposeinvece uno stile pop (infatti siispirava alla pop art) e funny:uno dei primi esempi di conta-minazione tra arte e moda. Aorchestrare la campagna pubbli-citaria fu Oliviero Toscani, coin-volgendo famosissimi come An-dy Warhol, Carla Fracci, VivienneWestwood. Vennero poi StevenMeisel, David LaChapelle, PeterLindbergh. La nuova campagnache celebra i 40 anni del brandsono 22 Polaroid scattate da Oli-vier Zahm. Paolo Gerani stesso(classe 1963) è un grande colle-zionista di opere e si è buttatonell’hotellerie con il Riviera golfresort di San Giovanni in Mari-gnano.

Nella storia di Gilmar ci sonopoi la scoperta di nuovi talenti ela produzione di linee importan-ti come Marc by Marc Jacobs,Giambattista Valli e da luglio2012, grazie ad un accordo dilicenza quinquennale, ancheN°21 disegnata da AlessandroDell’Acqua. Nel 2013 ha siglatoun accordo di licenza di produ-zione e distribuzione della colle-zione uomo firmata Paolo Peco-ra e un altro contratto di licenzacon Siviglia. L’anno dopo conFausto Puglisi. Il 2014 si è chiusocon 100 milioni di fatturato;l’azienda di Gerani è presente in71 Paesi con 2.008 clienti multi-brand e 40 tra franchising e mo-nobrand.

A. Rin.© RIPRODUZIONE RISERVATA

La storia

di Andrea Rinaldi

E-commerce sotto l’Iceberg

Mi piacerebbe riportare la produzione in Italia per aiutare quel terziario fantastico che abbiamo. Ma uscirei di mercato per certi prodotti. Con qualche sgravio fiscalepotremmo essere competitivi anche qui

L’INTERVISTA

Paolo GeraniAcquisizioni di nuovi marchi e debutto online per lo stilista riminese. «I distretti della moda hanno retto alla crisi, ma il made in Italy dovrebbe fare squadra»

Chi è

Paolo Gerani, classe 1963, è nato a Cattolica (Rimini) e oggi è ad e direttore artistico di Gilmar. Laureatoin Economia e Commercio, si è specializzato in Business Administration all’Università di Los Angeles, California (Ucla)

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6 Lunedì 4 Maggio 2015 Corriere Imprese

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7Lunedì 4 Maggio 2015Corriere Imprese

L’acqua c’è, ma il caval-lo non beve. L’acqua èla disponibilità diBper Banca ad allar-gare il credito alle im-

prese. Le aziende emiliano ro-magnole, però, restano timi-de. «Negli ultimi 3 mesi qual-cosa si è mosso, ma solo perfinanziare gli investimenti in-dispensabili». Insomma, an-che se il sentiment sembra es-sere più positivo, per ora soloordinaria manutenzione delbusiness, come sintetizza Fa-brizio Togni, direttore genera-le del primo istituto di creditodella regione e sesto gruppobancario italiano.

Accusavano le banche ditener stretti i cordoni dellaborsa e oggi, d’improvviso,siete voi a ribaltare le accu-se. Cos’è successo?

«Piano: ho detto che nelprimo trimestre 2015 un’inver-sione di tendenza c’è stata.Bper Banca ha erogato circaun miliardo di euro di nuovifinanziamenti, più o menoequamente divisi tra famigliee imprese. È un dato significa-tivo, il migliore degli ultimianni. Però ribadisco che sa-remmo in grado di erogaremolto di più».

E come mai? Sono svanititutti i vincoli patrimoniali efinanziari che avevano pro-dotto la stretta creditizia de-gli ultimi cinque anni?

«Io parlo per Bper Banca.Noi siamo usciti molto benedagli stress test della Bce, tan-to che l’istituto di vigilanza ciha riconosciuto un surplus dicapitale di oltre 630 milioni,cioè la maggior parte dell’au-mento da 750 milioni conclu-so con successo lo scorso an-no. Gli accantonamenti degliultimi anni ci hanno permes-so di aumentare la coperturadei crediti dubbi oltre la so-glia del 40%, e nonostante ciòsiamo, fra le prime 13 bancheitaliane, una delle tre capaci diaver attraversato la crisi 2007-2014 col segno più nella som-ma algebrica di utili e perdite.

Ecco perché dico che avrem-mo margini per incrementaregli impieghi ben oltre il mi-liardo erogato, che tra l’altro èstato interamente coperto daun’analoga raccolta diretta».

Oltretutto il denaro costapochissimo. Allora perché ilcavallo non beve? Cosa le di-cono i clienti?

«Che non si fidano del futu-ro, perciò continuano a navi-gare a vista. Molte vedono cre-scere il loro giro d’affari, masenza un riscontro nei datimacroeconomici, preferisconosaturare la capacità produttivaesistente, semmai aggiornan-do appena tecnologie e pro-dotto, senza ancora osare diimpegnarsi su progetti piùambiziosi».

Cosa potrebbe indurle ascommettere sulla ripresa?

«Un netto aumento dei con-sumi. In questo senso la cre-scita della domanda di creditodelle famiglie fa ben sperare.Ora aspettiamo che si scarichisul mercato».

Il boom dei mutui, peresempio...

«Indubbiamente c’è, ormaida più di un semestre. Però ilmercato immobiliare, e quindile costruzioni, sono così de-pressi, l’invenduto così consi-stente, che pensare a una ri-presa in tempi brevi mi sem-bra ottimistico, anche se si af-f a c c i a q u a l c h e t i m i d ospiraglio positivo. Poi non cisono solo le abitazioni. Sonocrollati anche i valori di ca-pannoni, uffici, negozi. Co-munque, per la prima volta daanni, abbiamo rivisto qualchecompratore alle aste immobi-liari».

Questo può aiutarvi arientrare delle massicce sof-ferenze?

«Sì, ma non solo questo.Noi pensiamo che possa con-tribuire anche il leggero mi-glioramento dei bilanci azien-dali, evitando che crediti pro-blematici si trasformino in ve-re e proprie nuove sofferenze.Tutto sommato le aziende so-

Emilia-Romagna, spiragli di ripresaCONTO ECONOMICOREGIONALE

ANDAMENTO DEI PRESTITI ALLE IMPRESE IN REGIONEA CONFRONTO CON LA MEDIA NAZIONALE (var. % a/a)

Fonte: Prometeia, Scenari delle economie locali, febbraio 2015 Fonte: Banco d’Italia

Prodottointerno lordo

3,0

8,0

3,6

2,8

4,7 5

,0

-2,1

0,6

1,8

-4,6

-1,3

0,3

DIC2010

GIU2011

DIC2011

GIU2012

DIC2012

GIU2013

DIC2013

GIU2014

DIC2014

6%

4%

2%

-2%

-4%

-6%

-8%

0%

Emilia RomagnaItalia

Import Export Consumifamiglie

Investimentifissi lordi

-1,5

0,2

1,2

201520142013

pravvissute alla crisi oggi sonotornate in equilibrio».

I tassi interbancari sonoscesi sottozero, segno checon tanta liquidità in giro lebanche sono costrette a par-cheggiarla rimettendociqualcosa. Ma allora comemai, ai clienti, il denaro co-sta ancora dal 3% in su?

«Lo spread ripaga di un ser-vizio: il denaro va lavorato peressere trasferito dalla Bce alcliente sotto forma di un pre-stito. Questo ha un costo».

Bankitalia sostiene che inItalia è eccessivo.

«Un tempo, forse. Oggi lecose sono molto cambiate. Inostri margini d’intermedia-zione sono bassissimi, cosìbassi che mantenere la reddi-tività è un po’ la cartina ditornasole delle capacità di unabanca. Noi come Bper Bancasiamo piuttosto bravini: tral’altro abbiamo un rapportocosti-ricavi tra i migliori in Italia».

Però l’ultimo piano trien-nale prevede la chiusura di130 sportelli su circa 1.270.Tagliate ancora per far qua-drare i conti?

«Non sono tagli, ma razio-nalizzazioni. Avremo un po’

«Imprenditori, chiedete e vi sarà datoAbbiamo margine per aumentare il credito»Parla Fabrizio Togni, dg di Bper Banca. Un miliardo erogato nei primi 3 mesi, ma si può fare molto di più. «Servono investimenti per internazionalizzare e innovare»

meno sportelli, ma molto me-glio serviti. Meno personalegenerico e molti più speciali-sti per assistere i clienti nelleoperazioni più sofisticate».

Per esempio?«L’assistenza alle imprese

esportatrici. Sono ormai lamaggioranza nel nostro terri-torio e molte stanno investen-do oltre confine più che inItalia. Noi siamo in grado diassisterle ovunque, introdurlee accompagnarle con una pre-senza diretta in una quindici-na di paesi Oggi un quartodell’interscambio emiliano-ro-magnolo con l’estero è inter-mediato da noi».

Quindi le imprese, così ti-mide, come ha detto lei, nel-l’investire in Italia, ritrovanoil coraggio quando si trattadi spendere in giro per ilmondo?

«Capita. Invece la nostra in-dustria avrebbe un bisognodisperato di innovazione tec-nologica, di rafforzarsi e dicrescere. Tassi così bassi etanta disponibilità di creditocreano condizioni irripetibiliper farlo. Proprio adesso, e infretta».

Massimo Degli Esposti© RIPRODUZIONE RISERVATA

L’ aiutino della Regione all’internazionalizzazione dell’hi-mechBando da 150 mila euro collegato a Expo. Ma per uno studio Sda Bocconi, le migliori fanno da sé

C redito e servizi, certo, perpromuovere l’internaziona-lizzazione delle piccole emedie imprese. Ma anche

incentivi e mezzi propri. Per i pri-mi interviene la Regione Emilia-Romagna. Sul ruolo fondamentaledella capitalizzazione e della diver-sificazione dei mercati fa luce unostudio del «Claudio Dematté Rese-arch» della Sda Bocconi, in colla-borazione con il gruppo interna-zionale di consulenza EY. La giun-ta regionale, il 23 aprile scorso, haapprovato un bando per sostenere«progetti e percorsi di internazio-nalizzazione delle imprese», maanche iniziative da realizzare inEmilia-Romagna durante l’Expo2015, in corso dal 1° maggio a Mi-lano. Il bando (delibera 443, che

segue quella da 200mila euro alsistema fieristico, del febbraioscorso) è proposto dall’assessorealle Attività produttive Palma Costie concede contributi ai progetti,nel limite del 50% e fino a unmassimo di 150 mila euro, propo-sti non da singole imprese, ma daiconsorzi per l’internazionalizzazio-ne, formati da almeno otto azien-de di gruppi diversi. Se si tratta diconsorzi artigiani, possono basta-re cinque imprese. Eventi e inizia-tive collegati ai temi di Expo do-vranno essere realizzati durantel’esposizione, e cioè entro fine ot-tobre, con l’obiettivo di attrarrenella regione gli operatori esteri.Si tratta di una piccola spinta, mapuò essere aiutare i consorzi dellafood valley e anche i distretti dellameccanica e del packaging, le cuitecnologie sono spesso rivolte al

settore alimentare.Sono ammessi solo i consorzi

con sede legale in Emilia-Roma-gna, ma possono farne parte ban-che, enti pubblici e imprese digrandi dimensioni o altra regione(se non superano un quarto diquelle consorziate), purché non si-ano destinatarie del contributo (dovranno essere indicate le im-prese beneficiarie e le quote diciascuna). Le promozioni rivolte aimercati esteri dovranno svolgersientro l’anno.

Per mettere a punto i progetti echiedere il contributo i tempi so-no abbastanza ampi: entro il 25giugno all’indirizzo di posta certi-ficata [email protected]. Per selezionare i progetti meritevolioccorreranno però tre mesi. Reste-rà appena un mese per i progetti

legati a Expo (o già svolti, nellasperanza di ottenere poi il contri-buto) e un trimestre per le promo-zioni all’estero.

All’internazionalizzazione del-l’eccellenza italiana è dedicato lostudio sull’evoluzione nel decen-nio 2004-2013 di un campione di 2mila imprese (poi focalizzato su370), coordinato da Maurizio Dal-locchio, ordinario di Finanzaaziendale alla Bocconi, in collabo-razione con Andrea Paliani e An-drea Bassanino di EY Advisory Ser-vices. La crisi non ha risparmiatonessuno, com’è noto, ma soloquelle industrializzate hanno rea-gito prontamente, si sono consoli-date con la crescita dimensionale,e i loro indicatori di redditività delcapitale e degli investimenti (Roee Roa) sono sempre rimasti inarea positiva. Dal 2013 la tendenza

è tornata al rialzo con valori per-centuali, rispettivamente, intornoal 4% (Roe) e al 2% (Roa). L’indebi-tamento è sempre rimasto a livellofisiologico, fra il 70 e l’80% delcapitale proprio, ma con una ten-denza alla riduzione, e quindi alrafforzamento del capitale. Alleimprese dell’Emilia-Romagna siattaglia in modo particolare undato: la specializzazione e la diver-sificazione dei mercati è premian-te rispetto alla diversificazioneproduttiva o alla concentrazionesu poche aree, che aggrava il ri-schio-paese o dovuto alle vicendevalutarie. L’eccellenza del campio-ne (ampia internazionalizzazione,Roa positivo) è formata quasi perla metà da imprese meccaniche:tra di loro si scorge il profilo fami-liare di molte imprese hi-mech.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

di Angelo Ciancarella

INVESTIMENTI & FINANZA

Chi è

Fabrizio Togni,direttore generaledi Bper Banca, è stato direttore generale della Banca di Sassari, della Cassa di risparmio di Vignola e della Banca popolare diRavenna.

Chi è

Maurizio Dallocchio,è professore di Finanza Aziendale all’Università Bocconi di Milano ed è titolare della cattedra «Nomura»

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8 Lunedì 4 Maggio 2015 Corriere Imprese

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9Lunedì 4 Maggio 2015Corriere Imprese

AMARCORD

Della storia finora notadella De Tomaso, le ri-ghe finali le ha scrittela Coldiretti, che hagridato allo scandalo

per «l’ultimo marchio del ma-de in Italy finito in mani cine-si». Ironia della sorte, pureAlejandro De Tomaso, nato aBuenos Aires nel luglio 1928,veniva dalla terra. Dal latifon-do, meglio, dalle estancias incui il padre marchiava il bestia-me con quella grande «T» chesarebbe poi stata il logo azien-dale. I rovesci famigliari all’av-vento del peronismo lo aliena-rono dal Paese natìo, dove lui,prima dell’arresto per l’attivi-smo anti-regime, fu marito, trevolte padre e già pilota.

«Papà non si sentiva argenti-no, lui era modenese», confer-ma oggi il figlio Santiago. «Delresto, quando arrivò nel 1955per correre in Maserati, delleautomobili questo era l’ombeli-co del mondo: non c’erano so-lo Ferrari e Tridente, c’eranoStanguellini e tanti altri. Non

era infrequente incontrare daqueste parti Fangio, Phil Hill eMoss». Il rombare dei motoriemiliani fu la colonna sonoradel boom economico di un Pa-ese che, proprio come De To-maso, vedeva trasmigrare l’ani-ma dai campi alle fabbriche.«Da Modena si vede il mon-do», soleva dire il Drake, unoche aveva barattato le velleitàin pista con i sogni in officina.Don Alejandro lo emulò nel1959, lasciando la Osca, ma leanalogie qui si fermano: erme-ticamente carismatico uno, En-zo, che dentro la fortezza diMaranello persino le tortuositàsentimentali offuscava. Istrio-nico al parossismo l’altro, a cuii serrati battibecchi con la Tri-plice non negavano fellinianeatmosfere, un viveur che inse-diò l’headquarter in uno deglialberghi più in vista di Mode-na, l’Hotel Canalgrande, tuttoradi proprietà degli eredi.

In breve, era la stoffa del pla-teale corteggiatore con la siga-retta a mezza bocca: le galante-

rie di pista con la yankee Eliza-beth Haskell, poi sua secondamoglie, gli valsero finanziaria-mente la svolta. Azionista dellaGeneral Motors, Haskell eracomproprietaria della RowanController, che forniva apparatielettrici agli stessi big automo-bilistici di Detroit. Per la miticaofficina di via Virgilio, il tempodella F1 si spezzò tragicamentenel 1970, quando il driver in-glese Piers Courage perì nelGp d’Olanda. Meglio andò nel-le supercar da strada, dalla

Mangusta alla Longchamp: no-mi spesso dai richiami esotici,ben in linea con la vena di unGrande Gatsby con variazionilatine che per le consegne ave-va il vezzo di convocare di per-sona in fabbrica i compratori.Eh sì, tanta America comunquerestava nel dna De Tomaso: neiclienti, nella partnership conFord, nella capogruppo inse-diata nel New Jersey e quotataa Wall Street, con fatturato, nel1979, equivalente a 200 miliar-di di lire.

De Tomaso cinese?«Papà avrebbe detto: a Modena o niente»Il figlio Santiago ricorda l’amore per la città, la Maserati, le moto e l’alta società

Ford a parte, decisivo fu ilsodalizio con la finanziaria diStato Gepi. Il bottino furonoGuzzi e Innocenti, Benelli eMotoBi, Ghia e Vignale. Nel1976, la riconquista della Mase-rati. Fu lì che il vento girò:l’idea di scendere leggermentedi segmento fu felice in teoriaed esiziale nella concretizzazio-ne, con l’inaffidabile Biturbodel 1982. Nel 1993 don Alejan-dro passò la mano alla Fiat diRomiti, ansioso di fare un di-spetto all’altro pretendente, ilpredecessore Vittorio Ghidel-la. Per la De Tomaso, poi, andòcome andò: la malattia del fon-datore, la sua morte nel 2003,lo stop del 2004. Anche qui, ipiemontesi si presero marchioe produzione, con GianmarioRossignolo, altro ex managerFiat, poi arrestato nel 2012.Quindi il nuovo fallimento,l’ultima asta, il bluff svizzero e,infine, la vittoria dei cinesi diIdeal Team Venture per 10milaeuro di margine. Di tutto que-sto i modenesi, oggi atterritidall’idea di una Ferrari con tar-ga olandese, non si sono maicurati troppo, come se la Ghir-landina dei motori avesse solodue figli davvero legittimi, Ca-vallino e Tridente. «Il fatto nonsono i cinesi in sé, anzi nessunproblema se la proprietà è stra-niera: a me spiacerebbe se fos-se spostata la produzione. Dipiù: la De Tomaso dovrebbetornare a Modena». Parola, an-cora, di Santiago. E pensareche suo padre ripeteva convin-to che, a portargli via le azien-de, sarebbe stata la Cgil.

Nicola Tedeschini© RIPRODUZIONE RISERVATA

Alejandro De Tomaso, immancabile presenza all’HotelCanalgrande di Modena, tuttora di proprietà degli eredi

Chi era

Al volanteAlejandro De Tomaso in piedia destra ; nella monoposto il pilota Piers Courage

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10 Lunedì 4 Maggio 2015 Corriere Imprese

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11Lunedì 4 Maggio 2015Corriere Imprese

Un tempo pensavo chenella vita avrei fatto al-tro. Sognavo l’arte, mipiaceva dipingere». Poiper fortuna Livia Cevoli-

ni, trentaseienne ceo di EnergicaMotor Company, ha preso un’altrastrada. Quella che da qualchetempo l’ha portata in California,dove la sua superbike elettricaEnergica Ego si è conquistata unposto speciale nell’Olimpo dellasostenibilità ambientale unita alleprestazioni della meccanica e deldesign made in Italy. «Ho studia-to ingegneria ed è stato faticosis-simo — racconta — ma ho sco-perto che si può essere creativianche in un lavoro tecnico».

E in effetti questo bolide dalcuore verde e dai 240 km/h divelocità massima, che il SanFrancisco Chronicle ha definito la«Tesla italiana delle super-moto»,è un gioiello di innovazione e tec-nologia. Nata dall’esperienza dellacasa madre modenese Crp, la su-persportiva vive grazie a una bat-teria a polimeri di litio ad altaenergia, inserita in un guscio er-

metico che consente di mantene-re isolati tutti i componenti adalta tensione. Energica ha proget-tato per la sua Ego anche un si-stema di ventilazione che aggira ilproblema del surriscaldamento, tallone d’Achille delle batterie allitio. La moto è dotata di partistampate in 3d e di un dashboardcon integrato il Gps e il Bluetoothper comunicare con il propriosmartphone.

Sulla progettazione ha giocatoun ruolo fondamentale la storiadel Gruppo Crp, da oltre 45 annidella famiglia Cevolini e fornitoreufficiale della maggior parte deicostruttori automobilistici. «Tra il2008 e il 2009 abbiamo deciso diiniziare a guardare a quello chesecondo noi era il futuro: i veicolielettrici», racconta l’ad di Energi-ca.

L’azienda di famiglia aveva giàvalicato le frontiere dei motori,quando ad esempio la Crp Tech-nology mise a punto il primo pro-totipo di scarpone da sci costrui-to in Windform, grazie alla stam-pa 3d e allo speciale materiale

usato in Formula Uno.Dalla Motor Valley italiana alla

Silicon Valley il passo è stato bre-ve. «La California è il mercatoprincipale per i veicoli elettrici –dice Cevolini — la scelta di ap-prodare lì è stata quasi scontata».Al punto che sono arrivate anchedue importanti partnership: laprima con Chargepoint, la piùgrande rete di ricarica EV al mon-do grazie alla quale i proprietaridi Ego potranno accedere a 18 mi-la punti di ricarica in tutto il NordAmerica; la seconda con Eva Gre-en Power che in California instal-lerà gratuitamente un impiantofotovoltaico in casa dei proprieta-ri della moto. Come rispondel’Europa? «Qui non c’è la stessa

apertura mentale — frena l’inge-gnere — si è ancora troppo tradi-zionalisti, ma Olanda, Germania,Danimarca e Svizzera si stannorivelando mercati interessanti».

Scommesse da affrontare. Laprima, un posto di comando alfemminile da preservare, è giàvinta. «L’ambiente dei motori hauna tradizione maschile – com-menta la ceo di Energica –. Doper scontati i pregiudizi, ma chivuole fare del business con que-sta azienda deve farlo con me. Ecredo che le donne che ce l’han-no fatta abbiano dei numeri inpiù perché per emergere hannofatto più fatica».

Mara Pitari© RIPRODUZIONE RISERVATA

Energica Ego,la superbike elettricasogna la CaliforniaNata a Modena dal genio di una giovane ingegnere, fa i 240 all’ora e sbarca negli Usa

Bolide La motocicletta Energica Ego ai piedi del Golden Gate

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Arriva Famosala startup che ti dice quando cogliere i frutti

Idee e soluzioni per progettare e programmare passo passo le politicheaziendali più adatte e tutta la filiera ortofrutticola (cioè quando irrigare, raccogliere, diserbare... ) integrando

vecchie e nuove tecnologie che permettono di individuare anche l’epoca di maturazione precisa di frutta e ortaggi. La startup Famosa, nata nell’imolese poco più di un anno fa, va incontro alle esigenze di consorzi, cooperative e privati con il monitoraggio real time di parametri ambientali, fisiologici e produttivi.«Il nostro portale web — spiegano i due giovani fondatori, Massimo Noferini ed Elisa Bonora — manda un alert che avvisa subito l’agricoltore se la temperatura in serra è troppo alta o se invece l’irrigazione è eccessiva». «Ora stiamo lavorando su dati provenienti dal Cile relativi allo stadio di maturazione del kiwi giallo per definirne a breve il periodo di raccolta — aggiunge Noferini, esperto di fama internazionale e inventore di due brevetti per la maturazione della frutta—. In questo modo il distributore italiano conoscerà per tempo la data di arrivo del prodotto, con il preavviso di almeno una settimana, e potrà così programmarne la commercializzazione». In occasione dell’inaugurazione della sede imolese dell’incubatore Innovami, avvenuta a febbraio, a Famosa è stato consegnato il premio Innovami Start-up di 8.000 euro.

B. B.© RIPRODUZIONE RISERVATA

Livia CevoliniLe donne che ce l’hanno fattahanno una marcia in più

Olanda, Germania e Svizzera sono mercati interessanti

INNOVATORI

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12 Lunedì 4 Maggio 2015 Corriere Imprese

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13Lunedì 4 Maggio 2015Corriere Imprese

ELa risalita del mercato im-mobiliare potrebbe averepiù ostacoli del previsto. Isegnali che arrivano dai da-ti sulle compravendite —

che dopo un buon 2014 (+3,6% nelsolo residenziale secondo l’Agen-zia delle entrate) continueranno asalire anche nel 2015, superando il12% a fine anno e raggiungendo le486 mila unità — non sono suffi-cienti però per delineare un qua-dro positivo. Il settore del creditoappare infatti ancora impreparatoa rilanciare il mattone, nonostantei dati confortanti sui mutui del pri-mo Osservatorio Nomisma sulmercato immobiliare: la prospetti-va per il 2015 è una crescita del30% per un totale di circa 32 mi-liardi di euro erogati. «È un datopositivo, ma che può rivelarsi fuor-viante – sottolinea Luca Dondi, di-rettore generale di Nomisma –perché più della metà di quei mu-tui sono in realtà surroghe che evi-dentemente non alimentano ilmercato».

Un rilancio «fittizio», dunque,dovuto a un’offerta di credito anco-ra limitata e disomogenea. Nono-stante gli sforzi della Banca Cen-trale Europea abbiano effettiva-mente aumentato le capacità dellebanche, molte di queste non han-

no ancora smaltito gli eccessi delpassato.

Tutto ciò pone un freno alla do-manda e contribuisce all’ulteriorecalo dei prezzi previsto nel 2015:-2,9% per le abitazioni, -3.1% per gliuffici e -2.6% per i negozi. Oltrealle frizioni sul credito ci sono altrifattori che incidono sui prezzi:«L’invenduto è ancora tanto e siprevede un’offerta a pioggia per il2015 e il 2016 che spingerà in bas-so i prezzi e rinvierà al 2017 larisalita. Inoltre non va trascurata laspirale deflazionistica». Dunque il2016 dovrebbe essere l’anno diconclusione della fase di flessionedei prezzi, mentre nel 2017 po-tremmo finalmente assistere aun’inversione di tendenza nelleprincipali città italiane. Bolognapotrebbe essere la prima a effet-tuarla. La città infatti sta recupe-rando più velocemente, rispetto aiprincipali capoluoghi italiani,quella fetta del mercato delle com-pravendite che la congiuntura ne-gativa 2012-2013 aveva eroso. Dalpreconsuntivo Nomisma si evinceuna ripresa dell’attività transattivasia nel segmento residenziale, chein quello per l’impresa, di intensitàpiù sostenuta rispetto alla mediadei principali mercati: +16,9%scambi di abitazioni a Bologna,

contro il +5,5% delle 13 principalicittà italiane; e +16,5% scambi diimmobili per le attività economi-che, contro il -0,1% degli altri capo-luoghi. «Il fenomeno bolognese èpiuttosto sorprendente — aggiun-ge ancora Dondi — perché Bolo-gna è stata una delle prime città asentire la crisi immobiliare e saràprobabilmente una delle prime auscirne». Se le previsioni sui prez-zi del 2015 sono infatti ancora fo-

sche (-3%) il capoluogo felsineodovrebbe invertire la rotta già nel2016, in cui si prevede un +1,1%,ancora migliorato dal +3% del 2017.

Impiegheranno di più a sterza-re, invece, Modena e Parma, i cuidati sul 2014 sono allineati sulfronte prezzi (-2,8% la prima, -2,2%la seconda), ma sono decisamentedivergenti sulle compravendite,che sotto la Ghirlandina hannoraggiunto il +22% per il solo setto-

Casa, la ripresina non scalda i prezzi «Il mercato è ingolfato, se ne riparla nel 2017»Bologna la prima città che uscirà dalla crisi immobiliare. Modena e Parma in ritardo

re residenziale, mentre nella cittàDucale sono ferme al +12,4%. «Po-trebbe essere una differenza irrile-vante: questi dati vanno valutatisulla distanza di due anni. Modenapotrebbe aver avuto un picco nel2014 per poi cedere qualcosa nel2015, mentre Parma potrebbe se-guire il percorso opposto». E se aParma è 9,5 mesi il tempo mediodi vendita delle abitazioni e 3 mesiper la locazione, a Modena è di11,5 mesi per la vendita e 2,5 per lalocazione, mentre a Bologna sono8,4 i mesi che si impiegano pervendere e 3,5 quelli per affittare.

Le previsioni sul mercato nonresidenziale paiono invece più po-sitive, anche grazie alla fiducia ri-posta dagli addetti ai lavori neiconfronti del quadro macroecono-mico nazionale. Sotto le Due Torrinel 2015 i prezzi dei negozi do-vrebbero perdere «solo» lo 0,9%per poi risalire nel 2016 al +2,1% enel 2017 al 4,1%. Le previsioni sulmercato non residenziale paionopiù positive, anche grazie alla fidu-cia riposta dagli addetti ai lavorinei confronti del quadro macro-economico nazionale. A Bolognanel 2015 i prezzi dei negozi do-vrebbero perdere lo 0,9% per poirisalire nel 2016 al +2,1% e nel 2017al 4,1%. In questo caso, però, po-trebbe essere proprio il centro ur-bano a soffrire: «Risulta assai diffi-cile valorizzare alcune aree urbanebolognesi, come ad esempio la zo-na universitaria. Ma in quel caso lecause sono più politiche che eco-nomiche. Solo una visione urbanastrategica può effettivamente valo-rizzare alcune aree cittadine e farripartire il mercato che attualmen-te risulta essere lento, quasi fer-mo».

Simone Jacca© RIPRODUZIONE RISERVATA

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DondiAncora tanto l’invenduto, ci sarà un ribassodei prezzi

TERRITORI E CITTÀ

Il borsino della casaMonolocali canone mensile in euro in euro e variazione % semestrale

BOLOGNA

CESENA

FERRARA

FORLÌ

MODENA

PARMA

RAVENNA

REGGIO EMILIA

RIMINI

Centro Var. %

410

400

350

300

420

370

450

350

450

-5,7

-11,1

- 5,4

-2,5

-2,3

-7,5

-6,3

-12,5

-10

Semicentro Var. %

373

350

300

375

400

400

400

330

450

-5,1

-12,5

-6,3

-16,7

-4,8

0

-4,8

-13,2

-

Periferia Var. %

350

300

300

375

380

350

350

300

400

-

-14,3

-6,3

-6,3

-5

-16,7

-5,4

-14,3

-

BO

14 Lunedì 4 Maggio 2015 Corriere Imprese

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15Lunedì 4 Maggio 2015Corriere Imprese

Oltre il 50% delle azien-de dell’alimentare ita-liano non ha un pro-cesso integrato di pia-nificazione della do-

manda e l ’80% ammette dirincorrere il mercato. In pienoExpo dedicato alla nutrizione asparigliare le carte arriva un’in-dagine di Gea-Asset che consi-glia agli imprenditori del settoredi evolvere verso pratiche più vir-tuose nella gestione della filiera.Raccomandazione di cui leaziende emiliano-romagnolepossono fare a meno, dato che,proprio secondo il report, rap-presentano un raggruppamentodi eccellenza rispetto al restod’Italia.

E basta veramente poco perrendersi conto dell’importanzadei dati forniti: il 20% delle 973maggiori imprese del food & be-verage italiane ha sede tra Pia-cenza e Rimini; il loro fatturato èil 24% del totale così pure il nu-mero di addetti (fonte Aida,2013). Nell’indagine Gea le emi-liano-romagnole rappresentano

il 24% del campione intervistato.Chiarito questo, il quadro diavanguardia fornito dalla nostraregione è ancora più delineato.Per quanto riguarda il processodi sales & operation planning, ilbuon livello emiliano-romagnolonasce dall’adozione di prassimolto evolute. «Il 50% delle im-prese effettua aggiornamenti rol-ling e continuativi delle previsio-ni, con cadenze inferiori al mese;il restante 50% fa aggiornamentimensili, comunque buono — te-stimonia lo studio di Gea — el’80% delle aziende gestisce unorizzonte congelato di pianifica-zione ragguardevole, tutelandol’efficienza del sistema produtti-vo». Questo secondo aspetto lospiega bene Tito Zavanella, se-nior partner di Gea Consulenti didirezione: «Tanto più sono incer-te le previsioni e tanto più è dif-ficile stilare programmi di pro-duzione stabili. Quanto più siriescono ad anticipare gli eventidel mercato e tanto più il flussodi produzione è lineare ed effi-ciente. La gestione di un orizzon-

te congelato è un indicatore chia-ve per capire se l’azienda governabene la domanda». In Emilia-Ro-magna le imprese hanno coltobene l’importanza di investire sulprocesso «cerniera» tra doman-da e produzione. L’80% delle dit-te intervistate dichiara di utilizza-re strumenti evoluti, coadiuvatida personale capace di pianifica-re. «Queste aziende hanno mes-so a punto processi strutturati didialogo e di coordinamento tradomanda e produzione attraver-so meeting, flussi di informazio-ni e parametri, perché spesso levendite (che guardano al ricavo)e la produzione (che guarda al-l’efficienza) fan fatica a parlarsi».

Due esempi sono Grandi Sa-

lumifici Italiani, che ha lavoratosul proprio processo di ammini-strazione della domanda, e Ba-rilla, che ha messo a punto unagestione integrata della propriasupply chain. «Con le societàagricole cooperative della regio-ne – rivela Antonio Copercini,chief group supply chain delgruppo Barilla - abbiamo messoa punto una collaborazione checi permette di prenotare varietàdi grano di anno in anno, anchein anni di crisi o deficit e conce-dere inoltre un premio agli agri-coltori quando si raggiunge undeterminato standard qualitati-vo».

Andrea Rinaldi© RIPRODUZIONE RISERVATA

La filiera alimentareimpreparata a ExpoMa non sulla via Emilia Indagine Gea: le aziende della regione sanno far dialogare vendita e produzione

Regione

Danni da maltempoproroga per le richieste di risarcimento

Arriva la proroga per richiederealla Regione i risarcimenti deidanni a favore delle aziendecolpite dall’alluvione del gennaio2014, dalla tromba d’aria del

maggio 2013 e dell’aprile 2014. Ci sarà tempo fino al 30 giugno per beneficiare dei contributi — 80 milioni di euro — stanziati a favore delle imprese industriali, dei servizi, commerciali, artigianali, turistiche, agricole, agrituristiche, zootecniche, professionali. Tutti gli interventi ammessi al contributo dovranno essere realizzati entro il 31 dicembre 2015 e dovranno riguardare la riparazione, il ripristino, la ricostruzione di immobili a uso produttivo degli impianti e delle strutture produttive agricole; la riparazione e il riacquisto di beni mobili strumentali all’attività, di beni mobili registrati e la ricostituzione delle scorte vive o morte connesse all’attività di impresa, il ristoro dei danni economici subiti dai prodotti agricoli, e della perdita di reddito dovuto alla distruzione della produzione agricola. I comuni colpiti dalla tromba d’aria del 3 maggio 2013 sono Castelfranco Emilia e Mirandola, mentre quelli interessati dagli eventi alluvionali avvenuti tra il 17 e il 19 gennaio 2014 sono Bastiglia, Bomporto, Camposanto, Finale Emilia, Medolla, San Felice sul Panaro, San Prospero (a cui si aggiungono il comune di Modena le frazioni di Albareto, La Rocca, Navicello e San Matteo). Regione.emilia-romagna.it.

Francesca Candioli© RIPRODUZIONE RISERVATA

BarillaPossiamo prenotare il grano anchein anni di crisi

Premiamo gli agricoltori se ottengono un grano di qualità

Emilia-Romagna: aziende eccellenti nel gestire domandae offerta del settore food & beverage

Le vendite all'estero

Il 24%del totale dei dipendentidel settore lavora qui Il 50%

delle aziende effettuaaggiornamenti rollinge continuatividelle previsioni

Il 24%del fatturato totaleè prodotto qui

Il 20%delle 973maggiori aziendefood italiane risiedein Emilia-Romagna

95%la produzionein stabilimentidi proprietà italianache garantisce qualità

L'80%delle aziende godedel supporto di algoritmidi analisi

le imprese che riesconoa garantire un orizzontecongelato alla produzione

80%

20%superiori al

nel 50%dei casi

50%superiori al

nel 16%dei casi

FOOD VALLEY

BO

16 Lunedì 4 Maggio 2015 Corriere Imprese

BO

17Lunedì 4 Maggio 2015Corriere Imprese

Imu, il caso di MeldolaCOMUNI PARZIALMENTE MONTANI

Il terreno di proprietà dell’esempio sottostante finoal 2013 rientrava nei comuni svantaggiati per cui nonera soggetto a IMU, con la nuova IMU 2014 invece risultaassoggettato perché il proprietario non rientranelle categorie: agricoltore professionale (IAP)o coltivatore diretto (CD)

COMUNI NON MONTANI

Pagano tutti l’Imu agricola (sia CD che IAP)

Es. Comune di Meldola (Fc) ALIQUOTA IMU 9.4‰

TERRENOPARZIALMENTEMONTANO

5.347.90euro Imu

anno 2014

Aliquota stabilita dal Comune 9.4‰X

Imponibile Imu 568.925.44

Moltiplicatore per l’Imucome da legge statale 135%

X

Moltiplicatore per il terrenocome da legge statale 125

XREDDITO DOMINICALE (in euro) 3371.41

IL CD O IAPcome moltiplicatore usa il 75 anziché 135e ha diritto alle detrazioni sulla basedel reddito dominicale

IL NON CD O IAPcome moltiplicatore usa solo il 135e non ha ovviamente diritti alle detrazioni

NBFino al 2013 alcuni Comuniattualmente “non montani”,possedevano parecchi “foglie particelle” in zone svantaggiate -sia collinari che montane -quindi venivano esoneratidall’imposta

per centoil crollo del valore di mercato dei terreni negli ultimi 8 mesi

50

In Europa

Progetto Esta: le aziende italiane pronte a certificare laconcia delle sementi

N ato per garantire qualitàe sicurezza della concia,a Bologna è stato pre-

sentato il progetto europeoEsta (European Seed Treat-ment Assurance Scheme), cheimpegna le aziende sementie-re italiane a certificare l’effi-cienza degli impianti e i rigo-rosi processi di trattamentodelle sementi dallo stoccaggiodei concianti fino al confezio-namento e alla gestione deirifiuti.

«La concia delle sementi —osserva Guido Dall’Ara, presi-dente di Assosementi, l’asso-ciazione che da Bologna rap-presenta a livello nazionale ilsettore sementiero e sta ope-rando per sostenere Esta nelnostro Paese — è un processodeterminante per offrire agliagricoltori sementi sicure,contribuendo ad abbassare icosti colturali e ottenere resepiù elevate».

Dall’Ara ha inoltre sottoli-neato come «una concia diqualità, realizzata all’internodi impianti sementieri gestitiin modo altamente professio-nale, possa garantire l’applica-zione di una ridotta quantitàdi sostanza attiva direttamen-te sul seme, in misura netta-mente inferiore rispetto alladistribuzione sulle colture inpieno campo. E le aziende ita-liane sono pronte ad adottarequesti protocolli».

Gli audit saranno eseguitida enti di certificazione indi-pendenti e consentiranno alleaziende accreditate di esporreil logo Esta sulle sementi con-fezionate a garanzia della qua-lità dei processi di lavorazio-ne.

B. B.© RIPRODUZIONE RISERVATA

Qualità

Èuna sciocchezza. Mene assumo io la re-sponsabilità», ha rassi-curato il premier Renzia proposito della nuo-

va Imu agricola (legge n. 34,di conversione del D.L. n.4/2015), che per la prima vol-ta tassa chi coltiva la terra incomuni «parzialmente mon-tani» e cambia le carte in ta-vola anche agli agricoltori deicomuni cosiddetti «non mon-tani», dove tutti i terreni rica-denti in aree svantaggiate,collinari o pedemontane, han-no perso le esenzioni prece-dentemente applicate.

L’imposta penalizza i primiquando non rientrano nellacategoria imprenditore agri-colo professionale (Iap) o col-tivatore diretto (Cd) e i secon-di sempre e comunque, in mi-sura però differente: se sonoIap o Cd usufruiscono di uncalcolo agevolato (il moltipli-catore è inferiore) e hanno di-ritto a detrazioni in base alreddito dominicale; per tuttigli altri invece nessuno sgra-vio o agevolazione.

Ma come la pensano gliagricoltori di collina che han-no versato al 30 marzo l’Imu2014? Se in pianura, infatti, l’imposta sui terreni è ingiu-sta, in aree svantaggiate e po-co produttive diventa un veroproblema. Lo dicono bene gliultimi dati sulla messa in ven-dita dei terreni a uso agricolo.Roberto Maccaferri, presiden-te della Federazione italianamediatori agenti d’affari Bolo-gna, parla di «fuga dall’inve-stimento agricolo evidenzian-do negli ultimi 6-8 mesi unaumento dell’offerta pari al 10-15%». «In realtà — precisa —per i terreni collinari, menoredditizi e gravati anche dallanuova imposta, si tratta pur-troppo di “tentativi di vendita”che possono trovare riscontrosolo se sussiste un interesseall’acquisto da parte del pro-prio confinante». In questi ca-si il valore di mercato in re-gione è crollato anche del50%, esclusi gli areali partico-larmente vocati alla viticolturacome i colli piacentini e par-mensi oppure certi agrituri-smi doc o ancora versanti pa-

noramici in prossimità di ca-sali e ville padronali. «Il ri-schio — avverte Denis Pantini,responsabile area agroalimen-tare di Nomisma — è il degra-do ambientale e paesaggisticooltreché produttivo del nostroterritorio: se alla flessione delreddito agricolo in Emilia-Ro-magna, pari all’11% in medianel 2014 e in linea con il datonazionale, si aggiunge la nuo-va Imu, ecco allora che l’agri-coltura nelle zone fragili nonriesce più a sopravvivere».

Per molte realtà già in crisi,è l’ennesima beffa della malapolitica; un ulteriore balzellonato peraltro da un’esigenzapuramente contabile delloStato, quella di trovare in tem-pi stretti la copertura finan-ziaria agli ammanchi di bilan-cio.

«Ho pagato l’Imu anche sulmezzo ettaro di ciliegi che è

franato dove sono stato co-stretto a sradicare gli alberi»,lamenta Mauro Giovini, frutti-coltore sulle colline di Castel-vetro (Modena). «Le susine,conferite in cooperativa a 30centesimi al chilo, sono costa-te 50 di produzione; la raccol-ta 2014 di pere Abate, verràsaldata solo a fine giugno. Epensare che è proprio il frut-teto ad innalzare l’aliquotanella mia zona».

Claudio Canali tra Meldolae Civitella nel Forlivese ha ver-sato circa 6 mila euro di Imusu 106 ettari di proprietà purcoltivandone solo 64. La parterestante è per lo più costituitada boschi e calanchi. «Non èuna guerra tra pianura e colli-na», tiene a precisare. «Di fat-to, però, trebbiare cereali inpianura costa 2 euro al quin-tale mentre in collina 5». Sifinisce per tassare anche i ter-

reni smottati o imbevuti d’ac-qua, quindi non coltivabili,senza contare che sulle spalledell’agricoltore pesano già icosti di ripristino e la perditadel prodotto.

«Ho comprato persino unescavatore per sistemare icontinui cedimenti del terre-no dovuti alle forti piogge»,aggiunge Andrea Bambozzi daFidenza, dove coltiva 60 ettaridi seminativi, orticole e fruttabio. Eppure l’esattore non harisparmiato neanche lui.«Molte aziende agricole neidintorni hanno già chiuso»,dice. «Solo per il rifacimentodei fossi ho speso quest’anno11 mila euro», osserva LuigiChecchi che in Valsamoggia(Bologna) governa 10 ettari divigneto sui 143 di proprietà.«Poi ho effettuato interventiselvi – colturali e di riequili-brio idrogeologico; “corridoibiologici” che permettono ilmantenimento e il passaggiodelle specie animali e una ra-gnaia, alberi ad alto fustomantenuti a siepe». Per lui unconto salato di quasi 5 milaeuro.

Barbara Bertuzzi© RIPRODUZIONE RISERVATA

Imu agricola, arriva la stangataMolti vendono e cala il valore dei terreniMaccaferri (Fimaa): «Negli ultimi 8 mesi le offerte di appezzamenti su del 15%»

Stagione per stagione

di Barbara Bertuzzi

Verde e si cuoce perfettamenteÈ arrivato il tempo dell’asparago

Vanta 40 qualità organolettiche, ma ognigiorno successivo alla raccolta ne per-de una». Cita un famoso detto popola-re della pianura padana, Agostino Fala-vigna, ex direttore del Cra-Unità di ri-

cerca per l’orticoltura di Montanaso Lombardo(Lodi), sapiente conoscitore della coltura del-l’asparago e costitutore di molte, nuove varietà.

Se mangiamo asparagi belli e buoni lo dob-biamo principalmente a lui, che negli ultimidecenni si è dedicato alla selezione di cultivarqualitativamente migliori e più produttive par-tendo da quella coltivata al Nord già nel perio-do napoleonico. L’asparago verde Igp di Altedo,al supermercato sui 7.9 euro/kg (fonte Cso), èfrutto del suo lavoro. Tra i risultati, resa ottima-le, longevità della coltura (oltre 12 anni) e per-fezionamento degli aspetti visivi oltre che bio-metrici: colore verde intenso con sfumatureantocianiche, uniformità del turione (permette

un tempo di cottura omogeneo) e scarsa fibro-sità (evita la pelatura). «Dà ancora reddito, in20 anni abbiamo notevolmente abbassato i co-sti di produzione passando da 13 a 23 chili diraccolto all’ora», rimarca Gianni Cesari, presi-dente del Consorzio di tutela, che coltiva nellabassa bolognese la varietà più diffusa: Eros,consistenza tenera e sapore intenso, in venditadai 3 ai 5 euro/kg. A grande richiesta, commer-cializza pure i rizomi di un anno da impiantaredetti «zampe» (20-30 centesimi l’uno), «ne ba-stano 20 in famiglia per mangiare asparagi ungiorno sì e uno no».

Roberto Carlotti a Poggio Renatico (Ferrara)produce le varietà Franco, bel calibro e puntaspessa, e Italo, colore verde chiaro e dolce alpalato da gustare persino in pinzimonio (sui3.5 euro/kg). Nei risotti però consiglia «l’ama-rognola asparagina, diventata oramai una rari-tà» intorno ai 2.5 euro/kg.

Emanuela Cabrini, presidente del Consorziodi tutela dell’Asparago Piacentino, raccoglie amano anche i turioni dell’ibrido Giove, calibroelevato con punta compatta e vende quasi tuttonelle prime 24 ore sui 4-5 euro/kg. «Il terreno,qui a Muradello (Piacenza), è argilloso e riccodi microelementi che conferiscono all’ortaggioun dolce sapore».

In Puglia, l’ottimo asparago verde, ottenutofinora da varietà californiane, sta lentamentecambiando il passo grazie alle nuove Italo eVittorio e si colloca sugli scaffali a partire da3.6 fino a 6.7 euro/kg (fonte Cso).

Miglioramenti anche per l’asparago bianco,meno cucinato in Emilia-Romagna seppur pre-giato e apprezzato per il suo gusto delicato (da7.9 euro/kg). «La varietà Zeno — dice Falavi-gna che l’ha creata — si distingue per resaelevata, bassa fibrosità e qualità garantita».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

L’ortaggioL’Asparago è una pianta erbacea perenne forse originaria della Mesopotamia. L’asparago verde di Altedo Igp può esser coltivato solo in 30 comuni della provincia di Bologna e in 26 della provincia di Ferrara perché le sue qualità dipendono dall’origine geografica,

Un frutticoltoreLe susine conferite in cooperativa a 30 cent al chilo, sono costate 50 di produzione. E pensare che è proprio il frutteto a innalzare l’aliquota nella mia zona

L’agenda 4 maggioAll’Università di Parma giornata dedicata all’Expo 2015: «Nutrire il Pianeta. Energia per la vita»

5 maggioAlla Reggia di Colorno (Pr) l’Académie Internationale de la Gastronomie assegnerà il Gran Premio della cultura gastronomica alla scuola di cucina Alma.

6 maggioA Unindustria Bologna (16.30) l’incontro tematico «Gli strumenti per entrare nel mondo del lavoro: il curriculum e il colloquio di selezione»

6 maggioA UnionCamere Emilia-Romagna (Bologna) il workshop per le imprese con approfondimenti sugli aspetti legati all’export (ore 9.45).

7 maggioA Unindustria Reggio Emilia il secondo appuntamento sulla consapevolezza d’impresa «Web 3.0: un rischio o un’opportunità?» (ore 17)

11 maggioReggio Emilia, via dello Statuto, inaugurazione Impact Hub, il primo coworking cittadino destinato alle professioni

FOOD VALLEY

BO

18 Lunedì 4 Maggio 2015 Corriere Imprese

BO

19Lunedì 4 Maggio 2015Corriere Imprese

Fatti e scenari

Turismo dei distrettiNelle Marche e in Umbria funzionaperché non sperimentarlo da noi?

L’ hotel Seeport di Ancona organizza tour per por-tare i clienti a visitare non solo musei e monu-menti, ma anche le eccellenze produttive delterritorio: le botteghe sartoriali del paese di

Filottrano, ad esempio. L’hotel Excelsior a Pesaro inve-ce conduce gli ospiti a visitare i calzaturifici di Civita-nova e Montegranaro. Stessa ricetta per la Locanda delBorgo di Pietralunga, che conduce i suoi avventori neilaboratori artigianali aperti pure di domenica. I primidue esercizi sono nelle Marche e sulla costa, il terzo inUmbria, ma con lo stesso fine si sono organizzatianche a Firenze e a Bergamo. La domanda allora sorgespontanea. Perché non succede anche in Emilia-Roma-gna, dove si spalancano le porte solo delle fabbrichealimentari? I distretti qui da noi non mancano e sonouna potenza, pensiamo al fashion di Modena e dintor-ni o a quello calzaturiero di San Mauro Pascoli. Unacapatina per vedere come nascono prodotti di compro-vata qualità magari portarsi a casa un pezzo di Emilia.

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Studenti a scuola dal sindacatoA Modena prove tecniche di staffetta generazionale

C hissà se si tratta, sotto sotto, della nuovamossa del sindacato per rinnovare il pro-prio approccio al mondo del lavoro esvecchiarsi. Di certo c’è che è stata presen-

tata come un’iniziativa parauniversitaria. Di fattoè il primo progetto in regione dal sindacato pen-sionati della Cisl. Un paio di settimane fa infattiè stata firmata una convenzione triennale tra laFnp-Cisl modenese con le Università di Modena-Reggio Emilia e Bologna. Il tirocinio è rivolto ailaureandi modenesi e reggiani in Giurisprudenzae a quelli bolognesi in Scienze politiche e per-metterà di comprendere come funziona la fiscali-tà locale e il sindacato grazie anche all’affianca-mento agli operatori sui temi della tutela dellepersone fragili e dell’equità sociale. È pure previ-sto un rimborso spese, cosa ormai sparita nelmagico mondo degli stage. Chissà se la staffettagenerazionale potrà proprio ripartire da qui.

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L’analisi

Molto meglio la piattaforma che un’azienda

SEGUE DALLA PRIMA

La risposta di Tama-gnini è stata che, agiudizio del Fsi,Inalca era lo stru-mento giusto, anzi

«la rete» migliore, perportare all’estero non so-lo i prodotti del gruppoCremonini ma anchequelli di molte altreaziende italiane.

Poi davanti a qualcheperplessità manifestatadagli imprenditori pre-senti alla discussione Ta-m a g n i n i n o n a ve v aescluso che l’operazioneInalca potesse essere abreve doppiata magarida un investimento pro-prio su Parma.

E qui vale la pena fer-marsi un momento e al-largare la riflessione. Po-sto che l’operazione Cre-monini sia stata indovi-nata invece di replicarlacon lo stesso metodonon converrebbe agire inuna logica sistemica? In-vece di privilegiare unasingola azienda parmen-se non sarebbe meglioda parte del Fsi investirenella piattaforma Cibus?

Oggi Cibus è regolatoda un contratto tra laFiera di Parma e la Fede-ralimentare ma nullavieta che si possa dareuna struttura societaria,giuridica e di governancepiù confacente e cometale «ospitare» un inve-stimento strategico.

Se infatti si è sceltoCremonini per la retequale migliore opzionec’è di investire in qualco-sa che è già — con tuttii limiti — la migliore re-te esistente sul territo-rio? Oggi Cibus è il vei-colo fieristico e promo-zionale di molte Pmidell’agro-alimentare ita-liano e quindi si presta arealizzare quell’effetto disistema che il Fsi si èproposto in ognuna del-le sortite che ha fatto invari settori (non ultimoquella che sta tentandonel business alberghie-ro).

In un’ottica di questotipo il Fondo potrebbeprivilegiare innanzituttola presenza sui mercatiesteri sviluppando tuttele iniziative più conge-niale al raggiungimentodell’obiettivo e potrebbeanche dotarsi di unapiattaforma di e-com-merce competitiva. Nonè poco.

Dario Di Vico© RIPRODUZIONE RISERVATA

OPINIONI

& COMMENTI

La risposta di Andrea Rinaldi

RITARDI E POCA PROMOZIONEPER FICO OCCORRE PAZIENZA

Ho letto nell’inserto Corriere Imprese l’arti-colo su Fico. I toni erano elogiativi. Eppuredoveva partire entro quest’anno, in continuitàcon Expo di cui ricalca i temi oltre che l’obiet-tivo di catalizzare l’interesse degli stranierisulle eccellenza del food italiano e invece slittaal 2016. Perché questi ritardi? E infine: nessu-no fra i miei conoscenti che risiedono fuoriBologna ne ha mai sentito parlare. Non vipare che il progetto non sta marciando comedovrebbe e chiederne conto ai promotori?

s. m.

C aro lettore, grazie per la lettera che anco-ra una volta ci consente di fare chiarezzasulla tanto attesa «Disneyland del cibo»

di Bologna. Andiamo con ordine. Il professorAndrea Segrè, presidente di Caab e del comi-tato consultivo di Fico, lo ha spiegato più diuna volta: era impensabile che con il grandeavvento di Expo, il giorno dopo la chiusuratutti i grandi marchi dell’agroalimentare intrasferta a Milano fossero già presenti e prontia Bologna. Ma ci sono altre cause che hannocontribuito allo slittamento dell’apertura. In

primis la lite tra i vertici del Centro agroali-mentare e i grossisti dell’ortofrutta che si rifiu-tavano di traslocare nei nuovi spazi a loroassegnati. La contesa è andata avanti per duemesi buoni e ha coinvolto pure degli avvocati.In secundis, e qui gioca un ruolo importanteil buonsenso, non sarebbe stata una mossaavveduta aprire un parco con campi di granoe ulivi in pieno autunno. C’è infine un altrofattore da considerare e che è entrato di pesonegli ingranaggi della macchina Fabbrica ita-liana contadina. Il marketing. Pubblicizzarecon tanta enfasi già da subito, urbi et orbi, ealmeno un anno prima che diventasse operati-vo, una grande attrazione come Eatalyworldavrebbe potuto inficiare la riuscita dell’«effettoattesa». Sgonfiato per giunta dall’apertura diExpo 2015. Per cui la coda lunga della promo-zione riprenderà e in maniera più massicciadopo l’estate, cioè subito dopo l’avvenuto tra-sferimento dei grossisti e l’avvio del popola-mento del parco. In quel periodo inizierà unacampagna per far conoscere Fico negli altricapoluoghi dell’Emilia-Romagna, anche perattuare collaborazioni, e poi con molte altrerealtà fuori regione. Non resta dunque cheaspettare.

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Piazza Affari

Esportatori attenzioneil superdollaro finirà

C’ è un orologio le cui lancette, fino aqualche anno fa, non erano in movi-mento, ma che, da quando la politicamonetaria Usa ha scelto il Quantitative

Easing come strada maestra, regolano anche ilrapporto di cambio tra euro e dollaro. Deprimen-do, negli anni passati, il biglietto verde e indiriz-zando gli investitori verso strumenti denominatiin euro e risollevandone il valore da pochi mesia questa parte, nel momento in cui è parsochiaro che la Bce avrebbe posto in essere lastessa strategia: il Quantitative Easing.

Il tasso di cambio euro-dollaro è una variabilecruciale per le numerose aziende esportatriciemiliano-romagnole (l’export verso gli Usa hasuperato l’anno scorso i 5 miliardi e quasi lametà dei 51 miliardi fatturati all’estero è negozia-ta in valuta Usa) che sperano di avere più spazidi mercato oltre l’Atlantico se la rivalutazione deldollaro dovesse proseguire.

Ormai il rapporto di parità tra le due valute erainfatti considerato un traguardo ineluttabile. Ad-dirittura si dava per certo un valore dell’euro ai

livelli minimi toccati pochi mesi dopo l’esordio.Non sarà così.

Chi prevede questi scenari dimentica che tra lecause che hanno contribuito a riportare in positi-vo il pil americano hanno avuto un ruolo tutt’al-tro che secondario le esportazioni, favorite inbuona parte dalla continua svalutazione del dol-laro stesso.

Dove la Banca Centrale è espressione di unsolo Paese la politica monetaria agisce a 360gradi. Interessandosi non solo della dinamicadell’inflazione, ma monitorando con molta piùattenzione le prospettive economiche. Pronta acreare le condizioni affinché la produzione inter-na non soffra perché il valore della propria mo-neta aumenta eccessivamente. Ed è ciò che, inbuona parte, la Federal Reserve sarà pronta afare, rinviando ancora il rialzo del tasso ufficiale.

Aspettiamoci quindi, nelle prossime settima-ne, sedute di scambi nelle quali sarà il valoredell’euro ad apprezzarsi, seppure in misura con-tenuta.

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di Angelo Drusiani

SEGUE DALLA PRIMA

D obbiamo far crescere il nu-mero di imprese capaci dimuoversi a livello globale,

ma anche i subfornitori, rigene-rando un contesto dinamico chepossa non solo far crescere leesportazioni, ma anche attrarre lemigliori imprese multinazionali,per posizionare qui le loro attivitàdi ricerca ed innovazione.

L’Emilia-Romagna è già larga-mente in testa fra le regioniesportatrici, sia a livello nazionaleche europeo, ed è leader per ca-pacità di attrarre investimenti dal-l’estero.

Il vero motore dello sviluppodel cosiddetto «valore aggiunto»,delle competenze e dell’aumentodelle intelligenze, sono la scuola ela formazione professionale. Suquesto fronte siamo pronti a im-parare dalla Germania, ma abbia-mo certamente già accumulatomolte esperienze di integrazione

fra scuola, formazione e lavoro divasta eco internazionale.

Le esperienze di educazioneduale che le multinazionali porta-no nella nostra terra sono impor-tanti per spingere le nostre im-prese e i sindacati a porre al cen-tro della contrattazione le compe-tenze delle persone, restituendoattenzione all’istruzione e forma-zione tecnica e professionale,cuore della nostra infrastrutturaeducativa per lo sviluppo.

Proprio legando scuola e lavo-ro, stiamo proponendo a tutte lecomponenti della nostra societàun Patto per il lavoro, base dellanostra azione in questa nuova le-gislatura.

L’industria cambia, e bene faRomano Prodi a ricordarci congrande lungimiranza che anche ilsupercalcolo oggi è nuova indu-stria. Lo sono i laboratori che fan-no ricerca sui nuovi materiali. Losono le nuove attività di servizioalla comunità, una comunità chevogliamo solidale ed efficiente,

che non lascia indietro nessuno,ma che ritiene che chi si deveoccupare dei servizi alle persone ealla comunità debba avere compe-tenze adeguate e deve potersi av-vantaggiare di strutture adeguate.

In questi 100 giorni abbiamoposto le condizioni per lo svilup-po di una società emiliano-roma-gnola che vuole agire su una vi-sione lunga, ricreando una pro-pria base manifatturiera — unanuova e più intelligente manifat-tura — che sappia innanzituttorispondere ai nuovi bisogni diuna società aperta e più comples-sa del passato.

I principali istituti italiani ci di-cono che nel 2016 l’economia po-trebbe crescere del 1,5-1,6%, accre-ditando però la nostra regione diun tasso quasi doppio, proprioper la nostra determinazione a ri-manere innovatori, non solo nellamanifattura, ma nella società. Perquesto siamo convinti che l’Emi-lia-Romagna sia e debba esserefra i motori della ripresa del no-stro Paese. Per questo stiamo la-vorando.

*presidente della Regione Emi-lia-Romagna

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Calzature Una fase della produzione delle scarpe

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