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Impianto di cogenerazione e teleriscaldamento / telerefrigerazione alimentato a biomasse legnose vergini Biogenera srl – Comune di Calenzano ANTONIO MATUCCI, MARCO FRITTELLI CRIT SRL – Sesto Fiorentino (FI) RIASSUNTO L’impianto a biomasse oggetto dell’intervento progettato, da realizzare nel Comune di Calenzano (FI), prevede la combustione di biomassa cippata di legno vergine su un forno a griglia mobile per: produzione di energia elettrica (circa 800 kWe) tramite un ciclo organico ORC che viene alimentato da un circuito ad olio diatermico a 310 °C; produzione di acqua calda fino ad una temperatura massima di 105°C per teleriscaldamento urbano ad uso civile / terziario / edilizia pubblica (circa 3,5 MWtermici) ottenuta dal recupero termico del calore di condensazione del ciclo ORC e dal recupero termico sull’economizzatore fumi. L’acqua della rete di teleriscaldamento, è distribuita alle sottostazioni di scambio, costituite da scambiatori di calore a piastre, per il trasferimento del calore dalla rete all’impianto di riscaldamento interno all’utenza. In periodo estivo la stessa rete alimenta un impianto decentralizzato per la produzione di acqua refrigerata con l’impiego di un gruppo frigorifero ad assorbimento. La relazione illustra gli aspetti di maggiore criticità dovuti sia all’ottenimento delle necessarie autorizzazioni alla costruzione ed all’esercizio dell’impianto, sia alle conseguenti scelte tecniche effettuate. 1. INTRODUZIONE Gli impianti di cogenerazione a biomassa sono oggi ritenuti una valida opzione nell’utilizzo delle fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica e termica anche da parte delle associazioni ambientaliste. Ciò nonostante tale tipologia di impianto incontra ancora enormi difficoltà nell’accettazione da parte dei cittadini, ma anche degli enti preposti al rilascio delle autorizzazioni.

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Impianto di cogenerazione e

teleriscaldamento / telerefrigerazione

alimentato a biomasse legnose vergini

Biogenera srl – Comune di Calenzano

ANTONIO MATUCCI, MARCO FRITTELLI

CRIT SRL – Sesto Fiorentino (FI)

RIASSUNTO

L’impianto a biomasse oggetto dell’intervento progettato, da realizzare nel Comune di Calenzano (FI), prevede la combustione di biomassa cippata di legno vergine su un forno a griglia mobile per:

� produzione di energia elettrica (circa 800 kWe) tramite un ciclo organico ORC che viene alimentato da un circuito ad olio diatermico a 310 °C;

� produzione di acqua calda fino ad una temperatura massima di 105°C per teleriscaldamento urbano ad uso civile / terziario / edilizia pubblica (circa 3,5 MWtermici) ottenuta dal recupero termico del calore di condensazione del ciclo ORC e dal recupero termico sull’economizzatore fumi.

L’acqua della rete di teleriscaldamento, è distribuita alle sottostazioni di scambio, costituite da scambiatori di calore a piastre, per il trasferimento del calore dalla rete all’impianto di riscaldamento interno all’utenza. In periodo estivo la stessa rete alimenta un impianto decentralizzato per la produzione di acqua refrigerata con l’impiego di un gruppo frigorifero ad assorbimento.

La relazione illustra gli aspetti di maggiore criticità dovuti sia all’ottenimento delle necessarie autorizzazioni alla costruzione ed all’esercizio dell’impianto, sia alle conseguenti scelte tecniche effettuate.

1. INTRODUZIONE

Gli impianti di cogenerazione a biomassa sono oggi ritenuti una valida opzione nell’utilizzo delle fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica e termica anche da parte delle associazioni ambientaliste. Ciò nonostante tale tipologia di impianto incontra ancora enormi difficoltà nell’accettazione da parte dei cittadini, ma anche degli enti preposti al rilascio delle autorizzazioni.

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La mancanza di formazione e sensibilizzazione, la scarsa conoscenza delle opzioni tecniche, la costruzione di impianti a biomassa di grosse dimensioni finalizzati alla sola produzione elettrica, sono certamente alla base di tale difficoltà.

La progettazione di un impianto a biomasse, anche se finalizzato alla cogenerazione, ovvero all’utilizzazione della biomassa non solo per la produzione di energia elettrica ma per lo sfruttamento anche dei cascami di calore, risente necessariamente di questa situazione e pertanto deve orientarsi verso soluzioni che assicurino una tutela ambientale maggiore di quella richiesta dalle vigenti normative. Oltre a ciò risulta anche indispensabile una attività di comunicazione e trasparenza verso gli enti preposti al rilascio delle autorizzazioni per poter arrivare all’accettazione di un simile impianto sul territorio. Questo necessariamente porta ad un incremento dei costi di realizzazione e può incidere nella fattibilità economica dell’intervento.

A differenza dei grandi impianti finalizzati alla sola produzione di energia elettrica, dove viene massimizzato il rendimento elettrico e la redditività economica (ma non il rendimento termoelettrico globale), se si escludono i pochi impianti che si inseriscono in cicli industriali, nel momento in cui si parla di cogenerazione a biomassa occorre necessariamente pensare a reti di teleriscaldamento. Ciò obbliga ad una localizzazione degli impianti in prossimità di centri abitati, fattore che incide in maniera ancora più forte nella loro accettabilità.

In tale ambito si inserisce appunto il progetto presentato.

2. L’UTILIZZO DELLA BIOMASSA

Il territorio delle Province di Firenze e Prato ha un patrimonio boschivo notevole, talvolta oggetto di abusi, degrado e incuria. La presenza di significativi quantitativi di biomassa sul nostro territorio offre una opportunità non solo energetica ma anche di razionalizzazione delle risorse e di occupazione.

Nella produzione energetica dalle biomasse non è corretto parlare solo di impianto: l’impianto è infatti il risultato del lavoro di un “sistema” o meglio di una intera “filiera produttiva” che utilizza scarti e materiali naturali di scarso valore offrendo una opportunità per il territorio.

Il modello di “sistema” che si intende attuare a Calenzano, intende sfruttare pienamente le opportunità date dall’impiego della materia prima energetica di natura vegetale, in questo caso cippato di legno vergine, in termini di vantaggi ambientali e occupazionali.

Gli aspetti positivi che derivano dal sistema suddetto sono pertanto i seguenti: � lo smaltimento del materiale legnoso di scarto delle aziende agricole può essere

rivalutato dalla filiera energetica delle biomasse; � la valorizzazione dei materiali boschivi facilita la preservazione e la tutela dei boschi

(maggior sicurezza anche ai fini di incendio), nonché agevola il turismo ambientale che può usufruire di ambienti naturali più accessibili;

� la filiera delle biomasse apporta occupazione nei territori ad alto rischio di spopolamento come le comunità montane;

� è possibile intervenire sul territorio con corrette opere di riforestazione: queste permettono di recuperare terreni altrimenti abbandonati per destinarli alla produzione di biomasse. Anche le coltivazioni dedicate esclusivamente a produrre biomasse da

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destinare alla produzione elettrica non fanno eccezione alla naturale caratteristica di filtro delle piante e creano nuove opportunità di lavoro.

Esistono già esperienze positive in tal senso: Tirano e Dobbiaco sono sistemi funzionanti

ed esemplificativi in Italia, ma molti e più numerosi interventi realizzati in Europa indicano chiaramente l’interesse e l’importanza dell’utilizzo energetico della biomassa.

La produzione di energia elettrica dalla combustione delle biomasse, se abbinata ad impianti di teleriscaldamento urbano, potrebbe dunque diventare una ottima opportunità di sfruttamento di una fonte di energia rinnovabile, se gestita in modo razionale e sostenibile.

3. CRITERI DI DIMENSIONAMENTO DELL’IMPIANTO

In considerazione della volontà del committente di realizzare un impianto centralizzato per il teleriscaldamento urbano è stato necessario pensare ad una adeguata localizzazione in prossimità del centro abitato. Questo, come già indicato, porta ad adottare ulteriori attenzioni progettuali nelle scelte tecniche al fine di rispettare i criteri base di accettabilità:

� dimensionamento sulla base della possibilità di pieno sfruttamento del combustibile biomassa, ovvero sulle richieste locali di energia termica ed eventualmente frigorifera;

� dimensionamento sulla disponibilità locale di biomassa; � minimo impatto sull’ambiente con particolare riferimento alle emissioni in atmosfera; � minimo impatto sulla viabilità locale; � impiego di tecnologie provate ed affidabili; � monitoraggio e controllo delle prestazioni ambientali a garanzia della corretta gestione

dell’impianto. Quanto sopra concorre a determinare la scelta della potenzialità dell’impianto, che

comunque deve consentire di avere al tempo stesso una fattibilità economica tale da garantire un ritorno economico in tempi sufficientemente contenuti.

Primo passo della progettazione è stata dunque l’individuazione delle esigenze di riscaldamento nell’area di influenza dell’impianto. Ciò ha richiesto un’analisi preliminare dei fabbisogni energetici degli edifici esistenti e di futura realizzazione sulla base dei piani urbanistici e strutturali. In considerazione dei fattori di contemporaneità dei carichi termici, sono state poi individuate anche tipologie diverse di utilizzo presenti o di futura realizzazione quali piscine, alberghi, scuole, abitazioni, impianti sportivi, terziario, Di fatto comunque la tempistica di realizzazione dei futuri interventi di edificazione costituisce una incognita che potrebbe avere una certa incidenza sul ritorno economico dell’intervento.

Sulla base dei fabbisogni energetici individuati è stata quindi verificata l’effettiva disponibilità di approvvigionamento della biomassa. Al tempo stesso è stato definito che l'approvvigionamento della biomassa combustile dovesse avvenire esclusivamente entro un raggio di 50 km dalla centrale, con l’intento di non gravare sulla viabilità regionale e non necessitare di lunghi spostamenti di automezzi per il trasporto del materiale organico. L’approvvigionamento e il trasporto del materiale per la combustione è un altro aspetto ambientale da non sottovalutare, assieme agli eventuali disagi creati alla viabilità locale. Le emissioni derivanti dal trasporto sono funzione della tipologia di strada da percorrere, velocità di percorrenza ma soprattutto della distanza da percorrere.

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Tabella I – emissioni da camion di 32-40 t alla velocità media di 80 km/h [1]

Inquinante Grammi/veicolo al km

CO2 (anidride carbonica) 1.672,48 CO (ossido di carbonio) 5,15 NOx (ossidi di azoto) 28,384 VOC (composti organici volatili) 2,282 PM (particolato) 0,400

Risulta evidente come all’aumentare del fabbisogno di biomassa dell’impianto sia necessario ampliare sempre più il bacino di intervento, sia per trovare la biomassa necessaria, sia per “calmierare” il prezzo della biomassa resa all’impianto. Questo porta necessariamente ad un incremento dei percorsi dei veicoli interessati al trasporto e quindi ad un incermento delle emissioni.

L’impianto in oggetto è stato quindi tarato su un fabbisogno minimo di biomassa che rappresenta circa il 20% della disponibilità interno di un bacino di circa 50 km di raggio. In tali ipotesi gli automezzi che arrivano giornalmente all’impianto dovrebbero risultare dell’ordine delle 12 – 15 unità, che potranno ridursi in funzione della portata dei camion impiegati (in ogni caso il numero di mezzi interessati non risulta significativo ai fini del traffico locale).

In considerazione di tutti gli aspetti precedentemente indicati, ma anche della situazione derivante dal recente riordino del settore dell’energia indotto dalla approvazione della Legge 23 Agosto 2004, n. 239, sono state quindi valutate soluzioni impiantistiche che rimanessero nel campo della microgenerazione e che quindi fossero in grado di generare una potenza elettrica non superiore ad 1 MW con una potenza termica immessa inferiore a 6 MW. Impianti di questa taglia offrono i seguenti vantaggi:

� regime di norme autorizzative semplificate per l’istallazione; � possibilità di accedere al regime di scambio dei certificati verdi.

Per contro gli svantaggi che presentano si possono riassumere in: � ridotta flessibilità di utilizzo a carichi parziali; � limitato numero di soluzioni impiantistiche possibili sulla base di un’analisi costi –

benefici; � necessità di un grado di automazione elevato (con la supervisione di addetti per le

operazioni di carico e scarico di biomassa, reagenti, scorie e per la manutenzione); � costi di realizzazione e di gestione più elevati se rapportati al kW installato rispetto ad

impianti di grandi dimensioni.

4. TIPOLOGIA E QUANTITATIVI DI BIOMASSA PER L’IMPIANTO IN OGGETTO

Il progetto sviluppato prevede l’utilizzo di cippato prodotto da un mix di tipologie di specie arboree e vegetali di diversa natura; in ogni caso trattasi esclusivamente di biomasse combustibili vergini quali:

� materiale vegetale prodotto da coltivazioni dedicate;

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� materiale vegetale prodotto da trattamento esclusivamente meccanico di coltivazioni agricole non dedicate;

� materiale vegetale prodotto da interventi selvicolturali, da manutenzione forestale e da potatura;

� materiale vegetale prodotto da trattamento esclusivamente meccanico di legno vergine e costituito da cortecce, segatura, trucioli, chips, refili e tondelli di legno vergine, granulati e cascami di legno vergine.

Le principali tipologie di legname previsto sono le seguenti: � Tagli forestali, prevalentemente conifere (Pino, Abete), verrà utilizzato in larga misura

legname non pregiato; � Tagli sui corsi d'acqua, vegetazione idrofila (Pioppo bianco, Pioppo Nero, Salix sp.,

etc); � Scarti agricoli, quasi esclusivamente ramaglie di ulivo e in minima parte potature vite; � Potature verde pubblico e privato, composizione varia (Conifere, Tigli, Bagolari,

Lecci, etc).

Tabella II –biomassa prevista in alimentazione all’impianto

Alimentazione impianto

Fabbisogno biomassa annua 9.000/12.000 t/anno Fabbisogno biomassa giornaliero 35-40 t/gg Funzionamento 24 h/gg Periodo di fermo annuo 30 gg circa % media di umidità legname 30%

Tipologia biomasse: da potature di verde urbano 2.000-2.500 t/anno da gestione forestale 5.000-8.000 t/anno da manutenzione corsi d'acqua 1.000 t/anno da manutenzione verde privato 500 t/anno da scarti agricoli (potature ulivo) 2.000 t/anno

Per quanto sopra esposto, nelle condizioni di progetto, il materiale sarà così caratterizzato:

Tabella III – caratteristich emedie della biomassa in alimentazione all’impianto

Umidità relativa di progetto % 30

P.C.I. medio di progetto kJ/kg 12.866 Peso specifico medio kg/m3 300

Come noto la biomassa ha comunque caratteristiche piuttosto variabili, accentuate dalle diverse tipologie di legname che perverranno stagionalmente all’impianto: a tale scopo esso è stato progettato per avere una adeguata flessibilità di impiego.

Tabella IV –variabilità prevista per la biomassa in alimentazione all’impianto

min design max

P.C.I. kJ/kg 9.200 12.866 15.000 Portata sulla griglia kg/h 2.200 1.574 1.350

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5. SCELTA DELLE ALTERNATIVE

Per la conversione di energia termica in energia elettrica sono possibili tre soluzioni tecnologiche, che differiscono sostanzialmente per tipologia di fluido termovettore e taglia impiantistica minima tale da rendere economicamente recuperabile l’investimento richiesto.

L’analisi è iniziata dalla possibilità di impiego di un ciclo a vapore di tipo tradizionale. Quella a vapore è il tipo di tecnologia più consolidata nell’ambito della conversione di energia termica in energia elettrica, anche per la potenzialità elettrica di interesse (inferiore ad 1 MW elettrico). Le configurazioni impiantistiche in cui può essere utilizzata una turbina a vapore in cogenerazione su questa taglia di impianto sono fondamentalmente due: è possibile la soluzione con impianto a contropressione in cogenerazione (in cui l’utenza termica è servita dal fluido termovettore che circola in un condensatore pressurizzato in cui condensa il vapore allo scarico della turbina) o con spillamento controllato dove parte del vapore che fluisce nella turbina che viene estratto e fatto condensare in un apposito scambiatore.

In particolare, per la specifica applicazione dove si intendeva appunto gestire anche una rete di teleriscaldamento urbano, è stata valutata la possibilità di impiego di una turbina a doppia girante e spillamento regolato tra corpo di alta pressione e corpo di bassa pressione.

Disponendo di circa 6 MW termici in ingresso come biomassa la producibilità di vapore si aggira attorno ai 7000 kg/h che consentono di avere una produzione elettrica di circa 1 MW. Per consentire un efficiente recupero termico si deve provedere poi uno spillamento di vapore tra i due corpi della turbina per l’alimentazione dell’impianto di teleriscaldamento. Per le esigenze del progetto si è ipotizzato uno spillamento di 3 t/h: la produzione elettrica netta con lo spillamento ipotizzato risuterà di circa 800 kWe.

Il rendimento medio di potenza elettrica si attesta su valori del 20 % per valori del rendimento globale (termico + elettrico) dell’ordine dell’ 80 – 85 %.

Tabella V – comportamento di una turbina vapore a doppio stadio con e senza spillamento per il

teleriscaldamento

Ipotesi condizioni di utilizzo 1° stadio 2° stadio

Vapore vivo Pressione abs. T1 [barabs] 40,00 40,00 Temperatura T1 [°C] 400,00 400,00 Pressione abs T2 [barabs] 4,30 4,30 Temperatura T2 [°C] 204,00 204,00 Vapore scarico Pressione abs. T1 [barabs] 4,50 4,50 Temperatura T1 [°C] 204,00 204,00 Pressione abs. T2 [barabs] 0,15 0,15 Temperatura T2 [°C] 54,00 54,00 Potenza, Portata Portata vapore T1 [kg/h] 6500,0 6500,0 Portata vapore T2 [kg/h] 6500,0 3500,0 Potenza ai morsetti [kW] 1192 854

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Questa soluzione implica la produzione di vapore surriscaldato almeno a 350°C e 35 bar, anche se sarebbe da prendere in considerazione ragionevolmente l’ipotesi di arrivare a 400°C e 40 bar. Ciò comporta la realizzazione di una caldaia di livello elevato come caratteristiche realizzative, nonché di un impianto di trattamento dell’acqua di alimento relativamente complesso in rapporto alla potenzialità dell’impianto di produzione di energia elettrica che va a servire.

In alternativa, vista la potenzialità limite fissata, può risultare interessante per la generazione di energia elettrica impiegare un motore a vapore con i seguenti vantaggi:

� si può utilizzare un generatore di vapore a pressione piuttosto ridotta e quindi più vicina a quella dei generatori usati normalmente per la produzione di vapore tecnologico;

� la temperatura di surriscaldamento del vapore può essere inferiore a quella richiesta da un generatore che alimenti una turbina, pur prestando attenzione alle perdite energetiche per scambio termico;

� la distribuzione per una macchina a due tempi risulta semplificata con l’immissione del vapore attraverso valvole comandate e lo scarico attraverso luci affacciate direttamente al collettore di alimento della rete di vapore;

E’ però possibile il trascinamento dell’olio di lubrificazione del pistone da parte del vapore con diversi inconvenienti in rete e negli utilizzatori: anche se il problema può essere risolto con l’adozione di un separatore rimangono i problemi della gestione e manutenzione di una macchina alternativa. A questo si aggiungano la scarsa diffusione di questa tecnologia, i bassi rendimenti e la difficoltà di utilizzare questa tipologia di impianto per la produzione anche di energia termica al teleriscaldamento.

La terza possibilità analizzata è stata quella costituita dall’impiego del ciclo Rankine con fluido organico. Questo è simile in tutto e per tutto ad un ciclo a vapore tradizionale, eccetto per il fluido operativo costituito da un fluido organico ad alto peso molecolare. Per sua natura questo ciclo è destinato al teleriscaldamento: per chiudere il ciclo esiste l’esigenza di condensare il vapore del fluido organico e per far questo è necessaria acqua alla temperatura di 70°C circa. Questo legame stretto fra produzione elettrica e di calore può costituire in alcuni casi un problema: in assenza di richiesta di calore per avere la produzione elettrica occorre dissipare energia oppure ridurre l’energia introdotta diminuendo ovviamente anche la produzione elettrica. Il suo utilizzo differisce quindi in maniera sostanziale rispetto a quello di un impianto con turbina vapore, ma laddove esista l’esigenza di calore durante buona parte dell’anno un impianto a fluido organico può certamente costituire una valida alternativa.

Questa tipologia di impianti ha avuto in tempi recenti una larga diffusione in tutta Europa proprio in abbinamento a reti di teleriscaldamento, raggiungendo elevati standard qualitativi e di affidabilità.

I vantaggi che risiedono nell’adozione di un fluido organico sono essenzialmente costituiti da:

� assenza di necessità di operatore caldaista patentato ed operatività dell’impianto totalmente automatizzata;

� elevata efficienza della turbina con ridotto stress per le parti meccaniche dovuto alla ridotta velocità periferica;

� assenza di riduttore per il generatore elettrico; � assenza di erosione della palettatura con maggiore durata ed affidabilità dell’impianto;

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� procedure di avvio/arresto semplificate;

Applicazioni caratteristiche sono non solo quelle di recupero calore da impianti di combustione di biomassa ma anche quelle nel campo del recupero di calore da fonti a bassa temperatura. La taglia di questi impianti relativamente alla produzione elettrica oscilal in un range di potenza compreso da pochi kW a 3 MW.

Tabella VI –comportamento di un ciclo ORC per teleriscaldamento

Caratteristiche ciclo ORC Potenza introdotta in caldaia 5.

900 k

Wt Potenza termica utile olio diatermico 4.

500 k

Wt Temperatura dell’olio in uscita 3

10 °

C Temperatura dell’olio in ingresso 2

40 °

C Temperatura acqua ingresso condensatore ORC 7

0 °

C Temperatura acqua uscita condensatore ORC 9

0 °

C Portata acqua rete TLR 1

40 m

c/h Potenza termica recuperata dal condensatore per rete

TLR 3

250 k

Wt Potenza elettrica lorda generata 7

90 k

We A fronte dei vantaggi precedentemente indicati esistono anche alcuni svantaggi, oltre alla

già citata esigenza di dissipare il calore di condensazione del ciclo: � il trasferimento di calore tramite uno scambiatore ad olio diatermico causa

l’assorbimento di una parte del calore scambiato tra i fumi di combustione ed il generatore di vapore dell’ORC;

� la presenza del circuito ad olio diatermico comporta un costo addizionale per quanto riguarda il consumo di olio e la sua sostituzione;

Confrontando tali alternative, ed analizzandole anche sotto il punto di vista della fattibilità

economica, è stata scelta la soluzione con ciclo ORC che consentiva una gestione e manutenzione più semplice e sicura dell’impianto. Dovendo realizzare un nuovo impianto, non inserito in cicli tecnologici civili e/o industriali dove la preparazione del personale risulta già consolidata, si è ritenuta determinante la maggior semplicità di utilizzo dei circuiti ad olio diatermico e dei sistemi di produzione di energia elettrica con circuiti chiusi.

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6. CARATTERISTICHE ESSENZIALI DELL’IMPIANTO

La combustione delle biomasse legnose sarà realizzata in un forno a griglia mobile dove

le condizioni operative per il controllo della combustione risultano le seguenti: � alimentazione automatica del combustibile; � controllo automatico della combustione.tramitte controllo della temperatura e del

tenore di ossigeno con regolazione automatica del rapporto aria combustibile attraverso il controllo dell’alimentazione, del movimento della griglia e della portata di aria di combustione;

� ricircolo fumi. Il recupero termico del contenuto entalpico dei fumi di combustione avverrà tramite una

caldaia ad olio diatermico. L’olio diatermico, riscaldato alla temperatura di circa 310°C, viene inviato all’evaporatore dell’impianto di produzione di energia elettrica che utilizza, in ciclo chiuso, un fluido organico (ORC Organic Rankine Cycle). L’impianto di produzione di energia elettrica è in tal caso costituito da:

� evaporatore del fluido organico, tramite olio diatermico; � turbina a fluido organico, accoppiata a generatore sincrono, con la quale viene

effettuata la produzione di energia elettrica; � economizzatore per pre-riscaldo fluido organico; � scambiatore di calore (condensatore) dove il calore viene recuperato per

l’alimentazione della rete di teleriscaldamento in acqua calda. A valle della caldaia a recupero e dell’economizzature, un sistema di trattamento fumi

costituito da cicloni e filtri a manica consentirà ai fumi di scarico di rispettare ampiamente i limiti di emissione previsti per questi impianti.

Nelle sue linee essenziali, gli impianti tecnologici principali della centrale sono composti dagli elementi riportati nella figura 1.

Conferimento e stoccaggio della biomassa

Area stoccaggio biomassa legnosa pezzatura media e grossa

Trattamento meccanico mediante cippatrice

Area stoccaggio cippato sotto copertura

Silo di cippato con rastrelli per dosatura ed alimentazione impianto

Ciclo termico con produzione di energia elettrica

Bruciatore a griglia mobile di potenzialità in ingresso massima pari a 5,9 MW

Caldaia a recupero ad olio diatermico di potenzialità resa pari a 4,5 MWt con economizzatore

Turbogeneratore ORC a ciclo Rankine con fluido organico per la produzione di 800 kWel

Trattamento fumi:

Ciclone depurazione dei gas di combustione

Maniche di abbattimento polveri

Camino

ENERGIA TERMICA RECUPERATA

(pari a circa 3,5 MWt)

ENERGIA ELETTRICA PRODOTTA

(pari a circa 0,79 MWe)

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destinata alla rete di teleriscaldamento,

sotto forma di acqua calda / surriscaldata

Utilizzata per la centrale ed immessa per le

eccedenze nella rete ENEL

Fig.1: schema dell’impianto

Lo schema semplificato riportato in figura 2 individua il processo tecnologico

precedentemente illustrato.

Fig.2: schema del processo

Sulla base delle caratteristiche della biomassa in ingresso si stima una capacità operativa

media della griglia di 1.574 kg/h. Considerando poi il ciclo di lavoro su cui si svilupperà l’attività dell’impianto (24h/g per 245 gg/anno) è possibile determinare la capacità produttiva attesa.

Tabella VII – dati generali sulla capacità produttiva dell’impianto

Potenzialità massima dell’ impianto (MCR)

Potenzialità termica in ingresso MW 5,9 Potenzialità elettrica generata MW 0,86

Potenzialità termica al teleriscaldamento MW 3,9 Portata fumi al camino N m3/h (wet) 10.600

N m3/h (dry) 9.060 Contenuto di O2 nei fumi % 8 Portata fumi di ricircolo N m3/h (dry) 2.840

Ciclo medio annuo di funzionamento - stima

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Ore di funzionamneto annuo h 5.880 Quantità annua di biomassa t/anno 9.255

Energia annua immessa GJ/anno 119075 Produzione annua di energia elettrica MWh 4.704. Energia termica al teleriscaldamento MWh 22.344

Per il trattamento fumi, oltre al necessario ciclone per la separazione delle polveri pesanti, è stata prevista una filtrazione a tessuto. Il filtro a tessuto è un depolveratore automatico ad emissione costante: per questo a livello progettuale è stato ritenuto preferibile rispetto ad un elettrofiltro. Questo peraltro è anche il motivo di fondo della valorizzazione della filtrazione su tessuto che si è verificata negli ultimi anni in concomitanza col progressivo abbassamento dei limiti di concentrazione degli inquinanti fissati dalle norme. Inoltre il filtro a tessuto, essendo utilizzabile sia come depolveratore sia come reattore chimico, potrebbe essere in futuro utilizzato per abbassare ulteriormente i livelli inquinanti qualora le normative lo richiedessero.

I filtri a tessuto basano il loro funzionamento sul principio elementare in base a cui un fluido convettore di polveri che attraversa un tessuto vi deposita le polveri con granulometria maggiore delle maglie del mezzo di filtrazione e pertanto è in grado di trattenute le polveri più fini generatesi nel processo di combustione. Feltri e tessuti sono in grado di trattenere particelle di dimensioni anche notevolmente inferiori rispetto a quelle dei loro pori, infatti, dopo le prime ore di funzionamento di un tessuto nuovo, la captazione delle particelle non è dovuta solo al tessuto quanto anche ai ponti di polvere che si formano nello spessore del tessuto, tra una fibra e l'altra (condizionamento del tessuto).

La captazione avviene per tre meccanismi diversi, ciascuno prevalente in un determinato intervallo dimensionale:

� le particelle di dimensione superiore a circa 1µm non sono in grado di seguire, a causa della loro massa, le accelerazioni del fluido che le trasporta attraverso gli ostacoli del mezzo filtrante e rimangono da questo catturate per impatto inerziale;

� differentemente, la massa esigua delle particelle di dimensione compresa tra 1 e 0.2 µm rende insignificante tale effetto. Queste particelle tendono a seguire il percorso del fluido e rimangono catturate soltanto quando sbattono nell'ostruzione o vi giungono a distanza ravvicinatissima (intercettazione diretta);

� le particelle di dimensioni minori di 0.2 µm seguono anch'esse la corrente del fluido, ma vi si muovono disordinatamente, con reciproche collisioni, per fenomeni diffusionali (moto browniano). Questi movimenti determinano occasioni di contatto tra particelle e mezzo filtrante costituendo così il meccanismo predominante della ritenzione (cattura per diffusione).

Il rendimento di captazione risulta così elevato anche per particelle aventi dimensioni inferiori ad 1 micron. E’ stato così previsto un filtro a moduli multipli per consentire il lavaggio delle maniche sia in modalità on-line che off-line, e la sua sicurezza nei periodi in cui l’impianto non risulta presidiato (possibilità di escludere automaticamente una cella).

Tabella VIII –caratteristiche del filtro a maniche

Tipo Filtro maniche Portata fumi 15000 Nm3/h

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Temperatura in esercizio continuo 130 °C Temperatura massima in esercizio 180 °C Numero di moduli 3 Superficie minima filtrante 420 m2 Perdite di carico massime 180 mmca Materiale maniche ryton

7. IL REGIME AUTORIZZATIVO

La normativa regionale Toscana (L.R. 39/2005) prevede che venga rilasciata una

Autorizzazione Unica per la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di Energia, demandando alle Province competenti la redazione della fase istruttoria che deve prevedere una Conferenza dei Servizi entro 90 gg dalla consgena della documentazione allo Sportello Unico provinciale. Questo da una parte è volto a semplificare l’iter, nonché a fornire al richiedente la certezza di tempi autorizzativi definiti, dall’altra rende più complessa l’elaborazione della documentazione e quindi più lungo il periodo che intercorre fra la fattibilità tecnico-economica e la fase autorizzativa poiché si rende necessario effettuare scelte tecniche anche di dettaglio che altrimenti sarebbero state rimandate alla fase di progettazione esecutiva. Per il raggiungimento dell’autorizzazione unica è stato necessario quasi un anno di lavoro e la realizzazione di una progettazione particolarmente dettagliata.

Particolare attenzione è stata quindi posta nella progettazione delle parti che potevano avere influenza sulle emissioni in atmosfera e sulla loro ricaduta al suolo. Non a caso era già stata effettuata nella prima fase del progetto una precisa scelta sul sistema di filtrazione con filtri a tessuto, scelta apprzzata da parte degli enti preposti alle autorizzazioni. Nelle tabelle che seguono si riportano i limiti di emissione ed i sistemi di controllo e gestione richiesti per un impianto di potenza termica immessa inferiore a 6 MW, quale quello in oggetto.

Tabella IX –limiti di emissione Limiti di emissione

O2 11% fumi anidri alle condizioni normali ( 0 °C ;

0,1013 Mpa) [mg/Nm3]

Potenza termica nominale complessiva installata

MW > 3 ̧< 6

mg/Nm3 (1)

polveri totali 30

carbonio org. totale (COT) -----

monox di carbonio (CO) 300

ox di azoto come NO2 500

ox di zolfo come SO2 200

Tabella X –condizioni di esercizio

Condizioni di esercizio Potenza termica nominale complessiva installata (MW)

MW > 3 ̧< 6

Alimentazione automatica del combustibile si

registrazione t e O2 in camera di combustione si

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regolazione autom. rapporto aria/comb.le si

bruciatore pilota a comb. gassoso o liquido no

Gli apparati di controllo per il monitoraggio in continuo delle emissioni non sono richiesti

a livello di istallazioni impiantistiche di potenzialità inferiori a 6 MW. Nonostante che l’impianto fosse stato progettato per rispettare pienamente i limiti di

emissione previsti da normativa, e nonostante la scarsa rilevanza della ricadute al suolo individuata attravreso lo studio di impatto ambientale, si è ritenuto opportuno prevedere anche un sistema di controllo in continuo delle emissioni in atmosfera al fine di assicurare la corretta gestione ambientale dell’impianto, la visibilità delle sue performance, ed un ulteriore feedback sulla gestione tecnica dell’impianto. Si è pertanto previsto il monitoraggio al camino dei principali inquinanti quali NOx, SO2, CO, oltre al monitoraggio di ossigeno, temperatura e portata dei fumi.

Il sistema di analisi previsto è composto da: � sistemi di prelievo del gas campione con linea flessibile riscaldata; � armadio di analisi completo di aspirazione e condizionamento del gas campione; � analizzatore a microprocessore certificato TÜV composto da:

modulo (NDIR), per la misura di CO, NO, SO2 modulo (Paramagnetico), per la misura di O2, unità centrale di controllo collegata tramite bus ai moduli di analisi

� convertitore NO2/NO � misura portata fumi � misura temperatura fumi � PC per supervisione e gestione dati

8. IMPATTO AMBIENTALE

Trattandosi di un impianto al di sotto dei 6MW termici e sotto 1 MW elettrico non è

prevista l’obbligatorietà della V.I.A. Ciononostante al fine di rendere il più chiaro e trasparente possibile il comportamento di questo impianto è stata effettuata una valutazione di impatto ambientale delle emissioni in atmosfera, che rappresenta per questa tipologia di impianto l’impatto più significativo, se non l’unico, sull’ambiente.

Il modello prescelto per la valutazione della diffusione degli inquinanti è un modello gaussiano stazionario che permette di gestire reti di rilevamento particolarmente complesse (reticoli quadrati, rettangoli, polari o composizioni di diverse tipologie di reticoli). Il codice diffusionale è stato utilizzato nella duplice versione di Short Term e di Long Term per verificare sia gli impatti sul breve periodo (medie orarie) sia sul lungo periodo (annuali e stagionali).

La modellazione di Short-Term utilizzata é finalizzata a simulare condizioni particolarmente sfavorevoli (l’analisi eseguita viene anche detta di carattere “sanitario”): in questo modo si ottengono infatti le massime concentrazioni previste nelle zone più sensibili dal punto di vista ambientale.

La valutazione di “Long-Term” è effettuata relativamente allo studio delle concentrazioni al suolo mediamente raggiunte nel periodo di esame di un anno e permette di verificare quali

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siano le aree sottoposte, nel lungo periodo, ad un carico ambientale mediamente più elevato rispetto alle altre.

Gli intervalli di tempo utilizzati per la mediazione dei valori di concentrazione sono gli stessi intervalli di riferimento a cui sono riferiti i valori limite per la qualità dell’aria dalla normativa vigente. Sono state quindi prese in esame le seguenti tipologie di inquinante:

� ossidi di azoto (NOx) � monossido di carbonio (CO) � polveri totali (PM) � ossidi di zolfo (SOx)

I recettori sono stati considerati tutti ad un altezza dal suolo pari a 2 metri su una griglia di ricettori differenziata con centro nel camino (coordinate x,y (0,0)) La griglia risulta più fitta in prossimità del camino (dimensione della maglia elementare di griglia di 20 metri per 20 metri) per poi allargarsi agli estremi dell’area di valutazione di lato pari a 4 km (maglia elementare di 100 metri per 100 metri.

Poiché uno degli obiettivi del progetto era quello di massimizzare la dispersione degli inquinanti sul territorio, il progetto si è concentrato sulla definizione della configurazione ottimale del camino, anche utilizzando i risultati della stessa analisi diffusionale che è stata quindi ripetuta più volte con diverse caratteristiche del punto di emissione. Una volta definiti i parametri ottimali del camino in relazione alla zona dove è ubicato l’intervento (altezza pari a 22 m con velocità dei fumi allo sbocco compresa fra i 15 e i 20 m/s ed una temperatura di uscita di 160°C), è stata realizzata una analisi diffusionale completa per tutte le tipologie di inquinanti indicati. Nelle figure seguenti si riportano i risultati grafici limitatamente alle concentrazioni derivanti dall’inquinante NO2.

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Fig.4: short term – inquinante NO2

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Fig.5: long term inquinante NO2

L’impiego di un camino di altezza significativa è stato valutato positivamente, anche se

rimane ovviamente un impatto legato alla sua visibilità, impatto che comunque è stato ritenuto meno importante rispetto alla sua capacità di dispersione degli inquinanti.

Occorre considerare che i risultati sono stati ottenuti considerando ipotesi estremamente cautelative, quali ad esempio una emissione continua e pari ai valori limite definiti per normativa e riportati alal precedente tabella IX. Nello svolgimento dello studio sono state adottate anche altre ipotesi conservative per l’effettuazione delle valutazioni: ciononostante i risultati ottenuti e riportati in tabella XI per ognuna delle specie simulate, presentano dei valori massimi di concentrazione per la ricaduta al suolo in assoluto largamente inferiori ai limiti fissati dalla normativa vigente.

Basandosi anche sui dati monitorati da impianti esistenti e da stime di progetto, la situazione attesa per le emissioni di NOx e SO2 risulta notevolmente migliore rispetto a quanto indicato nei valori limite, stessa situazione per le polveri. Da tali considerazioni risulta maggiormente evidente come l’impatto ambientale dell’impianto proposto risulti trascurabile, semprechè siano adottati adeguati dispositivi di trattamento fumi e camini correttamente dimensionati.

Di seguito si riportano quindi, in forma tabellare, i risultati completi dell’analisi raffrontati con i valori previsti dalla normativa allora vigente. Nella colonna A sono indicati i valori

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massimi registrati in prossimità del nucleo abitato mentre in colonna B i massimi assoluti che si possono verificare in prossimità dell’impianto.

Tabella XI –valori di riferimento e risultati della simulazione

Valore limite per la protezione della salute umana (DM 60/02)

A

B

CO Max media mobile su 8h consecutive nelle 24h

10 mg/m3 dal 01.01.2005

0,00644

0,0266

PM10

Media giornaliera 50 µg/m3 dal 01.01.2005

0,28

1,20

Media annuale 40 µg/m3 dal 01.01.2005

0,04

0,27

NO2

Media oraria 200 µg /m3 dal 01.01.2010

24,64

56,10

Media annuale delle medie orarie

40 µg /m3 dal 01.01.2010

0,59

4,45

SO2 Media oraria 350 µg /m3 dal 01.01.2005

9,89

22,45

Media annuale 20 µg /m3 dal 19.07.2001

0,24

1,78

Chiaramente il tipo di combustibile caratterizza la tipologia di inquinanti emessi: a fronte

di una consistente riduzione di inquinanti quali la CO2 (vista come bilancio globale) si ha una maggiore immissione di inquinanti caratteristici della combustione di combustibili solidi quali gli NOx. Gli ossidi di azoto vengono generati in tutti i processi di combustione perché questi vengono fatti sempre avvenire in eccesso d’aria: quindi, date le temperature di processo si realizzano reazioni ossidative dell’azoto. L’eccesso d’aria è maggiore quando vengono usati combustibili solidi, o liquidi ad alto peso molecolare: pertanto appare logico che la minor produzione di azoto si realizzi quando come combustibile viene utilizzato il metano che, essendo gassoso, richiede il minor eccesso d’aria. Il maggiore responsabile dell'inquinamento antropico da ossidi di azoto rimane comunque il traffico autoveicolare che rappresenta quasi il 50% della produzione globale.

L’analisi diffusionale non prende poi in considerazione l’effetto della diminuzione delle concentrazioni in atmosfera delle specie chimiche analizzate derivanti dagli impianti termici attualmente presenti sul territorio e di fatto sostituiti dal nuovo impianto: tale emisiioni sono poi di solito caratterizzate da punti di emissione piuttosto bassi la cui ricaduta si fa sentire proprio nell’intorno dell’impianto stesso, ovvero nel nucleo abitato.

Volendo andare anche a considerare gli inquinanti emessi in termini quantitativi assoluti risulterà necessario effettuare un bilancio ambientale più esteso che prenda in considerazione anche tutti gli altri effetti correlati alla realizzazione di un simile impianto.

Infatti se da un lato l’impianto presenta necessariamente delle emissioni concentrate in un punto (che comunque vengono disperse in maniera efficace in una area estesa come

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dimostrato dalla valutazione di impatto realizzata), dall’altro abbiamo una serie di bilanci positvi in termini di emissioni sostituite derivanti da:

� emissioni sostituite dal mancato funzionamento delle centrali termiche a gas metano e a gasolio presenti sul territorio per la produzione degli stessi quantitativi di calore;

� emissioni sostituite dal mancato consumo elettrico di apparecchiature ausiliarie per il funzionamento delle centrali termiche locali (pompa ricircolo caldaia, bruciatore ,..);

� emissioni sostituite derivanti dalla produzione degli stessi quantitativi di energia elettrica;

� emissioni evitate dalla combustione incontrollata della biomassa legnosa raccolta dalle aziende agricole;

� emissioni evitate da incendi indesiderati derivanti da tali sistemi di combustione incontrollata e dalla mancanza di manutenzione del patrimonio boschivo.

Sulla base del ciclo di funzionamento previsto (che consente di recuperare dall’impianto

22.344 MWh per la produzione di acqua calda e 4.704.000 kWh/anno di energia elettrica) sarebbe dunque possibile effettuare anche una valutazione quantitativa degli inquinanti sostituiti, basandoci ad esempio sui fattori di emissione specifici indicati dalla Europea Environment Agency, dalla EPA o dagli stessi dati pubblicati da ENEL nell’ambito dei rapporti ambientali annuali. Nella scelta dei fattori emissivi da diversi sistemi di combustione esiste una certa discrezionalità che può portare a delle valutazioni in qualche modo arbitarie.

Si ritiene utile invece evidenziare almeno le emissioni sostituite per la produzione dei quantitativi di energia elettrica producibile dall’impianto. Considerando una condizione media impiantistico degli impianti che attualmente producono energia elettrica sul territorio nazionale, sulla base del “rapporto ambientale ENEL” anno 2004 la situazione emissiva che si va a eliminare risulta la seguente.

Tabella XII –emissioni equivalenti sostituite per la produzione di energia elettrica

Emissioni di inquinanti dal mix di centrali termoelettriche presenti sul territorio nazionale

kg/GWh g/kWh kWh/anno kg/anno CO2 690 4.704.000 3.245.760,00 NOx 0,6 4.704.000 2.822,40 CO 166 0,166 4.704.000 780,86 SO2 1 4.704.000 4.704,00 COT 34,2 0,0342 4.704.000 160,88 Polveri 0,04 4.704.000 188,16

Nella prima colonna, in kg/GWh, sono indicati i valori di emissione [2] ricavati da fattori

di emissione EPA per una centrale a ciclo combinato alimentata a metano di potenzialità 700 MW ed elevato rendimento elettrico 55% (tali valori non risultavano infatti disponibili dal rapporto citato).

A questo carico ambientale sostituito dal funzionamento dell’impianto a biomasse, come già indicato, andrebbe aggiunto anche quello evitato e derivante anche dalle altre emissioni sostituite.

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Rimane certo comunque che le emissioni dall’impianto sono da considerarsi in buona parte come emissioni sostitutive e non aggiuntive rispetto a quelle attuali.

9. RETE DI TELERISCALDAMENTO

La rete di teleriscaldamento ritenuta più adatta alle esigenze del bacino di utenza preso in

considerazione, è una rete a due tubi interrati, del tipo ramificato, percorsa da acqua calda. Parallelamente alla rete di teleriscaldamento, per tutto il percorso della stessa, verrà posato anche un cavidotto corrugato in PEAD contenente il cavo BUS di segnale per la rete di trasmissione dati fra le sottocentrali ed il sistema di controllo e supervisione.

Il primo tratto della rete dalla centrale termica a biomasse fino alla centrale di soccorso e stazione di pompaggio (posta a circa 500 m dalla centrale) sarà del tipo a portata costante e verrà alimentata dalle pompe situate nell’edificio di centrale. In tale tratto non sono presenti utenze da alimentare.

Il secondo tratto della rete, dalla sottostazione di pompaggio in poi, è del tipo a portata variabile al fine di ridurre i costi di esercizio e di consentire una maggiore flessibilità di funzionamento: la potenza immessa nella rete potrà quindi essere controllata attraverso la portata ed eventualmente attraverso l’innalzamento della temperatura nel ramo di mandata.

Il funzionamento alle condizioni nominali è previsto con acqua di ritorno alla temperatura di 70°C che, dopo aver effettuato il raffreddamento del ciclo ORC, verrà innalzata dal condensatore fino a 90°C (con funzionamento del ciclo ORC a pieno carico). Successivamente l’acqua della rete potrà essere ulteriormente riscaldata tramite l’utilizzo dell’economizzatore fumi fino alla temperatura di 95 °C.

Per la tipologia di impianto individuato risulta di fondamentale importanza il recupero termico del calore di condensazione dal ciclo ORC in quanto questo risulta strettamente legato alla produzione elettrica raggiungibile. Di fatto tale aspetto, nonostante la preliminare analisi dei fabbisogni energetici, costituisce la principale incognita sia in ambito progettuale per la definizione della taglia ottimale, sia in ambito di valutazione di fattibilità economica volta a determinare il tempo di ritorno dell’investimento. In questa situazione è necessario pensare ad una rete di tipo aperto, intendendo con questo che saranno possibili ulteriori ampliamenti con l’alimentazione di altre utenze o di sottoreti appositamente realizzate (e in grado di funzionare anche autonomamente). Lo scopo è quello di far sì che il calore prodotto dalla centrale a biomasse sia quello necessario a coprire la base minima delle richieste dell’area servita: questo consentirà di allungare il periodo di esercizio dell’impianto e di ridurre al minimo la necessità di raffreddamento del circuito con sistemi di dissipazione per assicurare la condensazione del ciclo ORC.

La stessa rete dovrà poi rimanere in esercizio anche nel periodo estivo per la produzione di acqua calda sanitaria. In questa prospettiva è stato necessario andare ad individuare anche le potenziali richieste di condizionamento estivo da soddisfare tramite l’impiego di gruppi ad assorbimento locali previsti per la produzione decentralizzata di acqua refrigerata. E’ proprio nel periodo estivo che la temperatura della rete potrebbe essere ulteriromente innalzata per consentire un miglior funzionamento degli assorbitori. Sebbene come noto il COP dei gruppi ad assorbimento alimentati ad acqua calda risulti modesto, risulta comunque un recupero

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termico che evita il dover installare gruppi elettrici con i sempre crescenti problemi di disponibilità di potenza elettrica sulla rete nel periodo estivo.

In particolare nel progetto è stata individuata un’area di richieste di condizionamento sufficientemente concentrate che hanno portato a prevedere la realizzazione di una unica sottocentrale termo-frigorifera presso questi utilizzi: tale sottocentrale alimenta a sua volta una rete di distribuzione secondaria funzionante sia in periodo invernale per il vettoriamento dell’acqua calda ad uso riscaldamento ambienti, sia in periodo estivo per il trasporto di acqua refrigerata ad uso condizionamento. Questo ha permesso di prevedere l’installazione di un gruppo frigo ad assorbimento per una potenzialità di 1500 kW frigoriferi che potrà utilizzare in periodo estivo una buona parte del calore reso disponibile dal recupero dall’impianto a biomassa. La parte rimanente sarà destinata al riscaldamento dell’acqua calda sanitaria ad uso civile distribuita su tutta la rete. Il dimensionamento del gruppo ad assorbimento è stato effettuato considerando un salto termico all’evaporatore di 20-25°c, questo per consentire il pieno sfruttamento dell’energia termica vettoriata sulla rete principale.

10. CONCLUSIONI

L’integrazione di un simile impianto nel tessuto urbano, appare certamente come una

soluzione praticabile applicando tecnologie ormai mature ed affidabili ed anzi auspicabile anche sotto il profilo ambientale.

Lo studio svolto sulla valutazione degli impatti ambientali, relativamente alla componente atmosfera, dovuti alle emissioni di diverse tipologie di inquinanti da un impianto di trattamento delle biomasse vergini per fini energetici dimostra il limitato impatto di questa tipologia di impianti laddove sia previsto il recupero termico. In termini di qualità dell’aria inoltre si sostituiscono molteplici emissioni puntiformi con scarsa capacità diffusionale (minime altezze degli scarichi), difficilmente controllabili, e localizzate proprio in prossimità delle abitazioni servite che sicuramente impattano localmente in termini di concentrazione di inquinanti. In sostanza il risultato che si ottiene dalla centralizzazione degli impianti termici in aree esterne a quelle del nucleo abitato è quella di alleggerire proprio la pressione esercitata sull’ambiente dalle emissioni dovute alle attuali centrali termiche, singole o condominiali, installate presso le utenze termiche della rete di teleriscaldamento.

Anche la fattibilità a suo tempo eseguita ha portato a stimare un tempo di ritorno di circa 6 anni a fronte di un investimento complessivo di circa 8.000.000,00€. (impianti e rete di teleriscaldamento), al netto di una quota di contributo regionale a fondo perduto. Tale tempo di ritorno è però sensibile a molti fattori fra i quali ovviamente il valore dei certificati verdi, aumentato in questi ultimi due anni, ed il costo della biomassa cippata che attualmente si attseta attorno ai 40 €/t e che anch’essa risulta crescente negli ultimi anni.

BIBLIOGRAFIA

[1] Fonte TRT trasporti e Territorio [2] Emissioni di centrali a ciclo combinato Daniele Fraternali - Olga Oliveti Selmi Novembre 2003 Richmacc Magazine).