IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA · IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA a cura di Stefano Casarino...

22
IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA a cura di Stefano Casarino Amedeo Alessandro Raschieri ATTI DEL CONVEGNO SALA GHISLIERI, MONDOVÌ (CN) 27 FEBBRAIO, 6 E 13 MARZO 2009 Associazione Italiana di Cultura Classica — Delegazione di Cuneo Istituto di Istruzione Superiore "Beccaria-Govone" di Mondovì

Transcript of IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA · IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA a cura di Stefano Casarino...

Page 1: IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA · IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA a cura di Stefano Casarino Amedeo Alessandro Raschieri ATTIDELCONVEGNO SALAGHISLIERI,MONDOVÌ(CN) 27FEBBRAIO,6E13MARZO2009

IL SENSODEL TRAGICO

E LA TRAGEDIA

a cura di

Stefano CasarinoAmedeo Alessandro Raschieri

ATTI DEL CONVEGNOSALA GHISLIERI, MONDOVÌ (CN)

27 FEBBRAIO, 6 E 13 MARZO 2009

Associazione Italiana di Cultura Classica — Delegazione di CuneoIstituto di Istruzione Superiore "Beccaria-Govone" di Mondovì

Page 2: IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA · IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA a cura di Stefano Casarino Amedeo Alessandro Raschieri ATTIDELCONVEGNO SALAGHISLIERI,MONDOVÌ(CN) 27FEBBRAIO,6E13MARZO2009

Copyright © MMXARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133/A–B00173 Roma(06) 93781065

ISBN 978–88–548–3066–0

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: febbraio 2010

Page 3: IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA · IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA a cura di Stefano Casarino Amedeo Alessandro Raschieri ATTIDELCONVEGNO SALAGHISLIERI,MONDOVÌ(CN) 27FEBBRAIO,6E13MARZO2009

Indice

Stefano CasarinoIl senso del tragico e la tragedia . . . . . . . . . . . 9

Aldo IntagliataLo scontro tra cultura magico-primitiva e ragione . 27

Lia Raffaella CresciFortuna e crisi del genere tragico . . . . . . . . . . 35

Gian Giacomo AmorettiVittorio Alfieri: il tragico fra mito e politica . . . . 49

Valter BoggioneIl romanticismo e la morte della tragedia . . . . . . 63

Giorgio Barberi SquarottiLa tragedia moderna di Gabriele d’Annunzio . . . 89

Giannino BalbisScrivere tragedia oggi . . . . . . . . . . . . . . . . 107

Michele RadosLa rappresentazione della tragedia . . . . . . . . . 115

Sergio GiulianiIl concetto di “tragico” nella contemporaneità . . . 119

Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 125

3

Page 4: IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA · IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA a cura di Stefano Casarino Amedeo Alessandro Raschieri ATTIDELCONVEGNO SALAGHISLIERI,MONDOVÌ(CN) 27FEBBRAIO,6E13MARZO2009
Page 5: IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA · IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA a cura di Stefano Casarino Amedeo Alessandro Raschieri ATTIDELCONVEGNO SALAGHISLIERI,MONDOVÌ(CN) 27FEBBRAIO,6E13MARZO2009

Stefano Casarino

Il senso del tragico e la tragedia

Premessa

Nel controverso romanzo di Jonathan Littel, Le benevole1 —caso letterario in Francia, vincitore del Prix Gouncourt e del GrandPrix du Roman de l’Académie Française; decisamente più modestala sua risonanza in Italia, con stroncature critiche anche feroci —possiamo leggere:

Ci sono tre possibili atteggiamenti di fronte a questaassurda vita. Prima di tutto l’atteggiamento della massa,oi polloi, che semplicemente si rifiuta di vedere che la vitaè uno scherzo. Loro non ridono, ma lavorano, accumulano,masticano, defecano, fornicano, si riproducono, invecchianoe muoiono come buoi aggiogati all’aratro, da idioti così comehanno vissuto. È la maggioranza. Poi c’è chi, come me, sache la vita è uno scherzo e ha il coraggio di riderne [. . . ]Infine [. . . ] c’è chi sa che la vita è uno scherzo, ma ne soffre.

Qui, dunque, vengono colti gli atteggiamenti di fondo nei con-fronti dell’umano esistere: la stolta indifferenza della massa, l’ari-stocratico cinismo di qualcuno, la lucida disperazione di altri. Hocitato questo libro perché costituisce un esempio, sin dal titolocol suo rimando alle Eumenidi eschilee, di come la tragedia grecacontinui ad ispirare e venga utilizzata ancor’oggi — in modo a

1Littell (2007).

9

Page 6: IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA · IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA a cura di Stefano Casarino Amedeo Alessandro Raschieri ATTIDELCONVEGNO SALAGHISLIERI,MONDOVÌ(CN) 27FEBBRAIO,6E13MARZO2009

10 Stefano Casarino

volte improprio, persino disonesto come nel caso di quest’opera.Se è vero — ma lo è? — che non si scrivono più tragedie, comun-que il senso del tragico non è sparito dalla coscienza occidentale,continua a corrispondere ad un bisogno autentico, anima operee suscita interrogativi pressanti, che vanno aldilà dello specificoletterario.

La tragedia: genere letterario e riflessione filo-sofica

Sui banchi del liceo e nelle aule universitarie la tragedia èoggetto di studio come genere letterario, tutto sommato facilmenteidentificabile e classificabile, dalla testimonianza della Poeticaaristotelica al saggio di G. Steiner, Morte della tragedia2. È unricco terreno di ricerche e di riflessioni che consente scorribande neisecoli e nelle diverse culture: molto di ciò comparirà negli interventiche seguiranno. Ma vi è un’altra strada che si può percorrere,intrapresa da non molto tempo: quella dell’approccio filosofico, iltentativo di inquadrare il tragico come «qualcosa di essenziale perla comprensione del mondo»3. Strada particolarmente battuta nelmondo germanico da Schelling e da Hegel in poi e di una certaattualità oggi, come risulta dalle pubblicazioni recenti dedicateall’argomento.

Per me resta imprescindibile il contributo di Karl Jaspers4:«la concezione tragica originaria è un interrogare e un rifletterein immagini ; inoltre questa coscienza tragica contiene sempreil superamento del tragico stesso, [. . . ] in un supremo richiamoall’ordine, al diritto, all’amore degli uomini, attraverso la fiducia,l’apertura spirituale, la ricerca per se stessa, senza la pretesa diuna risposta»5. La mia esplorazione del senso del tragico vuolessere un modesto tentativo di mediazione tra le due impostazionie avrà come guide George Steiner e Miguel de Unamuno. Delprimo, dal saggio già citato, riprendo due considerazioni:

2Steiner (1992).3S. Givone, prefazione a Szondi (1996).4Jaspers (2008); in realtà un capitolo di Jaspers (1958).5Jaspers (2008), p. 81.

Page 7: IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA · IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA a cura di Stefano Casarino Amedeo Alessandro Raschieri ATTIDELCONVEGNO SALAGHISLIERI,MONDOVÌ(CN) 27FEBBRAIO,6E13MARZO2009

Il senso del tragico e la tragedia 11

Ogni uomo nella vita conosce la tragedia. Ma la tragediacome forma drammatica non è universale [. . . ]. La rappre-sentazione della sofferenza e dell’eroismo individuale, che noichiamiamo tragedia, è tipica della tradizione occidentale. [. . . ]Questa idea e la concezione della vita da cui deriva sono diorigine greca. E tutte le forme tragiche, quasi fino al lorodeclino, sono elleniche.6

La tragedia vuole che sappiamo che l’esistenza umanaè di per sé una provocazione o un paradosso; ci dice chele intenzioni degli uomini spesso s’infrangono contro forzeinspiegabili e distruttive, forze che stanno all’esterno eppurevicinissime. Chiedere agli dei perché proprio Edipo sia statoscelto per soffrire il suo destino o perché Macbeth abbiadovuto incontrare le streghe sul suo cammino, è come chiedereragione o giustificazione alla notte. Non c’è risposta.7

Due velocissime puntualizzazioni:

• l’imprescindibilità — in questo, come in tanti altri campi —della cultura greca;

• il carattere di “opera aperta” della tragedia, che non è untrattato dimostrativo.

Dello scrittore spagnolo, invece, voglio ricordare il convinci-mento che sorregge la sua opera, in verità piuttosto disomogenea,Del sentimento tragico della vita8:

Esiste qualcosa che in mancanza di un altro nome, chia-meremo il sentimento tragico della vita, che condiziona tuttoun modo di concepire la vita stessa e l’universo, tutta una fi-losofia più o meno formulata, più o meno cosciente. E questosentimento possono sperimentarlo, e lo sperimentano, nonsolo individui singoli ma interi popoli. E questo sentimentopiuttosto che nascere dalle idee le genera, ancorché poi —chiaramente — queste idee agiscano di riflesso su di esso,fortificandolo. A volte può derivare da una malattia acci-dentale [. . . ]; ma altre volte è costituzionale. E non serve,parlare, come vedremo, di uomini sani e malati. A parte il

6Steiner (1992), p. 7.7Steiner (1992), p. 112.8de Unamuno (2004).

Page 8: IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA · IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA a cura di Stefano Casarino Amedeo Alessandro Raschieri ATTIDELCONVEGNO SALAGHISLIERI,MONDOVÌ(CN) 27FEBBRAIO,6E13MARZO2009

12 Stefano Casarino

fatto che non possediamo una nozione normativa della salu-te, nessuno ha dimostrato che l’uomo debba essere per suanatura gioioso. C’è di più: l’uomo per il fatto di essere uomo,per il fatto di essere consapevole, è già, rispetto all’asino o algambero, un animale malato. La coscienza è una malattia.9

Sentire come soffrire: dato ontologicamente imprescindibile, cuila tragedia dà voce, come e più della lirica.

Al di là del genere

È certamente vero che alcune età più di altre hanno esplorato“il senso del tragico”, lasciandoci opere imperiture. Jaspers ricordaOmero e le leggende eroiche di tutti i popoli (e questo è quantodiciamo a scuola, quando insistiamo sull’epica come origine dellatragedia); Eschilo, Sofocle, Euripide; le tre figure nazionali: Shake-speare, Calderòn, Racine; Lessing e la tragedia tedesca (Schiller);la coscienza tragica in Kierkegaard, Dostoevskij, Nietzsche.

Di tutte queste segnalazioni mi pare particolarmente importantequella di Dostoevskij, del quale citerei I fratelli Karamazov, operache ha davvero in sé tutti gli ingredienti — che analizzeremo inseguito — della tragedia: i conflitti dirompenti all’interno dellafamiglia (tra padre e figli e tra gli stessi fratelli); quelli tra rivaliin amore; quelli ideologici-politici; il grande tema della teodiceae della presenza-assenza di Dio, chiamato in causa col tremendointerrogativo «Perché i bambini devono soffrire?».

Risulta evidente quindi che, se si ragiona così, il tragico non èsolo appannaggio della tragedia, ma trova spazio nel romanzo enell’opera filosofica. Cos’è allora che conferisce tragicità, che rendetragico un fatto? È un problema quantitativo e qualitativo. Quan-titativo, perché l’eccesso orienta altrove, al macabro, all’horror. Setutto è tragedia, niente è tragedia: un pensiero nichilista non è unpensiero tragico. Eppoi, è purtroppo vero quanto scrive Uhlman:«Non si può soffrire per un milione di morti»10.

Il problema della ricezione della tragedia non vale solo per ilpubblico che assiste a teatro, vale sempre, tanto più oggi che siamoquotidianamente bersagliati da immagini di rovina e distruzione,

9de Unamuno (2004), pp. 60–61.10Uhlman (1999), p. 33.

Page 9: IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA · IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA a cura di Stefano Casarino Amedeo Alessandro Raschieri ATTIDELCONVEGNO SALAGHISLIERI,MONDOVÌ(CN) 27FEBBRAIO,6E13MARZO2009

Il senso del tragico e la tragedia 13

alle quale siamo ormai assuefatti: «Milioni di persone muoiono difame, senza che si possa citare il nome di nessuna: ci limitiamoa osservare la tragedia, ad assistere a questa anonima morte dimassa»11. Qualitativo: definire il tragico è forse possibile dicendocosa non è. Non è il quotidiano, il banale, il normale. È, quindi, lostraordinario, l’eccezionale. Ci soccorre quanto afferma Jacquelinde Romilly, che parla specificamente della tragedia greca, ma offreconsiderazioni che si possono facilmente amplificare:

Ad attribuire alle sciagure della tragedia greca quelladimensione particolare senza la quale non si ha vera tragedia,non è il fatto che esse siano state pre-decretate dagli dei,ma che assumano un senso rispetto ai più vasti problemilegati alla condizione umana. La tragedia si definisce più perla natura degli interrogativi che pone, che per quella dellerisposte che fornisce. E il tragico consiste nel misurare la sortedell’uomo in generale in funzione di mali che sono individuali,e spesso eccezionali. Una situazione può essere triste, orribileo drammatica: in questo caso essa suscita un sentimentodi pietà verso colui che vi si trova coinvolto. La si dicetragica, quando vi interviene una specie di distanza che la faapparire come una prova delle sofferenze che, inevitabilmenteed inesorabilmente, possono capitare all’uomo.12

È importante l’affermazione sulla distanza che deve intercorreretra l’accadimento e la rappresentazione del fatto tragico: il chespiega perché non si dia tragedia dell’attualità, e, forse, perché nonsia ancora del tutto possibile avere una vera tragedia sulla Shoah.

Gli ingredienti del tragico

Proviamo a tentare una ricognizione di ciò che costituiscel’essenza, il fondamento del senso del tragico.

Valori e passioni. Si ha senso del tragico e si ha tragedia quandosi ha a che fare con valori e passioni in relazione biunivoca: valoriche diventano passioni, passioni che sono valori. E tutto ciò originaparole, comportamenti ed azioni. Senza azioni non vi può essere

11Kapuscinski (2009), p. 24.12de Romilly (1996), p. 152.

Page 10: IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA · IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA a cura di Stefano Casarino Amedeo Alessandro Raschieri ATTIDELCONVEGNO SALAGHISLIERI,MONDOVÌ(CN) 27FEBBRAIO,6E13MARZO2009

14 Stefano Casarino

tragedia: assunto aristotelico della Poetica13. Ma le azioni sonovolute e poste in essere da caratteri che sono mossi da forti valorie/o passioni. Senza valori forti non c’è tragedia: troppo relativismouccide il tragico; col pensiero debole e col minimalismo non c’ètragedia. Lo ha ben compreso Cantoni:

In un universo privo di valori — come quello che costruiscead esempio la fisica rigorosamente meccanica — non vi sonotragedie. Solo dove si fronteggiano ciò che è nobile e ciò cheè volgare, ciò che è alto e ciò che è basso, possono essercieventi tragici. Il tragico è sempre portato o fondato da valorie relazioni di valore. Senza movimento e conflitto, senza ladimensione del tempo e della storia, nella quale avvengonoeventi, tensioni, perdite, annientamenti in cui sono implicativalori, non vi può essere alcuna tragicità.14

La fede nella parola. I valori si incarnano nel linguaggio, sonole parole a rivestirli e a trasmetterli, a mettersi al loro servizio.Nella tragedia le parole hanno sempre un peso notevole, sono“parole di pensiero”. Ma se si perde la fede nella parola, se dominaincontrastata l’incomunicabilità non vi è tragedia. Le celebri paroledel Padre nei Sei personaggi in cerca d’autore (1921) di Pirandellodischiudono la strada al dramma del Novecento, che è altra cosarispetto alla tragedia:

Ma se è tutto qui il male! Nelle parole! Abbiamo tuttidentro un mondo di cose; ciascuno un suo mondo di cose!E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch’iodico metto il senso e il valore delle cose che sono dentro dime; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col sensoe col valore che hanno per sé, del mondo com’egli l’ha dentro?Crediamo d’intenderci; non c’intendiamo mai!

La tragedia vive di parole: l’impressionante violenza verbaledelle Erinni nelle Eumenidi eschilee, i lunghi discorsi del Filottetesofocleo, i monologhi che abbondano in Euripide, in Shakespeare,in Dostoevskij. Esiste oggi la fede nella parola? Scrive Steiner:

13Arst. Poetica, 50 d 23–24.14Cantoni (1978), p. 103.

Page 11: IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA · IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA a cura di Stefano Casarino Amedeo Alessandro Raschieri ATTIDELCONVEGNO SALAGHISLIERI,MONDOVÌ(CN) 27FEBBRAIO,6E13MARZO2009

Il senso del tragico e la tragedia 15

Molte abitudini linguistiche della nostra cultura non sonopiù reazioni spontanee o creative alla realtà, ma gesti stilizzatiche l’intelletto sa ancora eseguire efficacemente, ma da cuitrae intuizioni e sensazioni sempre più povere. Le nostreparole sembrano stanche e consunte. [. . . ] Sociologi, espertidella comunicazione di massa, sceneggiatori di soap-operas,scrittori di discorsi politici e insegnanti di scrittura creativasono i becchini della parola.15

L’importanza del silenzio. La parola di pensiero, alta, solen-ne, definitiva, riecheggia nel silenzio, nelle indispensabili pause deldiscorso.16 Troppo rumore non si addice al tragico; il sapienteequilibrio di parole e silenzio permette suspence, crea tensione. Unpersonaggio improvvisamente ammutolisce: è il caso della Senti-nella nel prologo dell’Agamennone eschileo.17 Un altro, semprezitto, altrettanto improvvisamente parla e dice il parere risolu-tivo: è il caso di Pilade nelle Coefore.18 Altri personaggi sonoreticenti, devono essere indotti quasi con la forza a parlare: Tiresianell’Antigone e nell’Edipo re, il vecchio pastore tebano semprenell’Edipo re, nella tremenda scena della rivelazione che precede lacatastrofe finale. Un personaggio, addirittura, incarna la reticenzastessa:

Una muta, una ostinata ed altamalinconia mortale appanna in leiquel sì vivido sguardo: e piangesse ella!. . .Ma, innanzi a me, tacita stassi; e semprepregno ha di pianto, e asciutto sempre ha il ciglio.E invan l’abbraccio; e le chieggo, e richieggo,invano ognor, che il suo dolor mi sveli:niega ella il duol; mentre di giorno in giornoio dal dolor strugger la veggio.19

15Steiner (1992), p. 272.16Un discorso a parte meriterebbe la trattazione dello stile tragico, riprendendo

le osservazioni della Poetica aristotelica e del Sublime. Si veda in merito Steiner(1992), pp. 206 sgg.

17Eschl. Agamennone, vv. 36–39.18Eschl. Coefore, vv. 900–902.19V. Alfieri, Mirra, Atto I, Scena I, vv. 14 sgg.

Page 12: IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA · IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA a cura di Stefano Casarino Amedeo Alessandro Raschieri ATTIDELCONVEGNO SALAGHISLIERI,MONDOVÌ(CN) 27FEBBRAIO,6E13MARZO2009

16 Stefano Casarino

Il silenzio più raggelante è certamente quello degli dei: os-servano, forse, le vicende e le sofferenze umane, ma tacciono.Un momento di altra tragicità è quando, nelle Troiane di Euripide,Ecuba di fronte alla sua città in fiamme grida a Zeus: «PadreZeus, signore di Troia, hai visto cosa ci tocca subire?» ed è il Corol’unico a risponderle: «L’ha visto: ma la nostra grande città non èpiù una città, Troia non c’è più!»20

Il conflitto significativo. Riprendendo la lezione steineriana21,l’Antigone sofoclea ha un valore paradigmatico per comprenderei cinque conflitti fondamentali del tragico, che essa tutti contie-ne: uomo/donna; giovane/vecchio; individuo/società; vivo/morto;uomo/dio. Sul conflitto dice cose illuminanti Jaspers:

Tragico è quel conflitto in cui le forze che si combattonotra loro hanno tutte ragione, ognuna dal suo punto di vista.La molteplicità del vero, la sua non-unità, è la scoperta fonda-mentale della coscienza tragica. Ecco perché nella tragedia èviva la domanda: Che cosa è vero? E come sua conseguenza:Chi ha ragione? Il diritto si afferma, nel mondo? La veritàtrionfa? Il manifestarsi di una verità in ogni forza che agiscae, insieme, i limiti di tale verità e quindi la rivelazione diun’ingiustizia in ogni cosa è il processo della tragedia.22

Indubbia la portata filosofica di tale osservazione: la tragedianon è una contrapposizione manichea tra chi ha sicuramente torto echi sicuramente ragione; il dibattito è oscillante, a tratti sembra cheun po’ di ragione sia anche in chi, come Creonte, ha torto e un po’di torto sia anche in chi, come Antigone, ha ragione. È la dinamicadegli eventi che si svolge nel tempo a svelare come stanno veramentele cose. Considerazioni importanti svolge Franzini:

Pensare l’impensabile, sopravvivere all’invivibile sonole sfide che accomunano, al di là delle differenze temporalie storiche, ogni percorso dell’idea di tragico, in cui Eschiloè accanto a Nietzsche e Sofocle si pone vicino a Hölderlin.Il tragico è un paradosso di fronte al quale il pensiero, nelsuo accendersi, si spegne, quasi travolto da eventi che non

20Eu. Troiane, vv. 1288 sgg.21Steiner (1984).22Jaspers (2008), p. 39.

Page 13: IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA · IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA a cura di Stefano Casarino Amedeo Alessandro Raschieri ATTIDELCONVEGNO SALAGHISLIERI,MONDOVÌ(CN) 27FEBBRAIO,6E13MARZO2009

Il senso del tragico e la tragedia 17

sa né dominare né giustificare, che con la loro “presenza”, inprimo luogo scenica, travolgono ogni nostro regolato tentativodi pacificata rappresentazione concettuale. [. . . ] Il tragicoè un destino antropologico: è il nostro porsi di fronte alpossibile con la certezza di non poterlo mai del tutto dominare.E con l’uguale certezza che, per dirla con Borges, il destinoè quell’istante in cui l’uomo sa per sempre chi è. Istante,appunto, che è compito del tragico presentare, anche se questapresentazione esprime l’ignoto e dice l’impensato (per usare ledue formule con cui lo definisce Hölderlin). [. . . ] La tragediasempre di nuovo insegna che la verità è dialogica, vive neldissidio, nello scontro e nel confronto di valore: e se laserenità non è raggiunta, si manifesta ancora la tensioneverso di essa.23

La presenza di forti individualità. Per confliggere, bisognaanzi tutto esistere e sapere di esistere. Il personaggio tragico hauna forte autoconsapevolezza, sa benissimo chi è; ha, per dirlaancora una volta con Steiner, la «sintassi dell’ego»: il suo valoreparadigmatico sta in questo, più ancora che nel suo rango sociale.Nella Poetica Aristotele afferma che la tragedia è «imitazionedi persone migliori di noi»24: il comparativo deve essere intesonel senso più vasto, «più grandi, più nobili, più sicure di sé, piùdeterminate». È certo, allora, che la scoperta dell’alterità dell’io, lasua scomposizione e disintegrazione, il pirandelliano «uno, nessunoe centomila» allontanano irrimediabilmente dal tragico. L’identitàdel personaggio tragico subisce traumi, esplora tutte le possibilitàdella sofferenza, ma resta sempre coerente e fedele a se stessa. Moltieroi confrontano quello che erano con quello che sono diventati:Aiace, Medea, Eracle, Ecuba. Andromaca, nell’omonima tragediaeuripidea, così si presenta in scena:

Città di Tebe, ornamento dell’Asia, da cui, col fasto d’orodella dote, venni alla casa regale di Priamo un giorno, sposafeconda per Ettore, io, l’invidiata Andromaca in passato, oggila più infelice delle donne.25

23Franzini (2008), pp. 203–207.24Arst. Poetica, 54 b 8–9.25Eu. Andromaca, vv. 1–6.

Page 14: IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA · IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA a cura di Stefano Casarino Amedeo Alessandro Raschieri ATTIDELCONVEGNO SALAGHISLIERI,MONDOVÌ(CN) 27FEBBRAIO,6E13MARZO2009

18 Stefano Casarino

Sull’individualità tragica sono importanti le considerazioni diCantoni:

L’individualità tragica, invece, come ci mostrano Eschiloo Sofocle, Shakespeare o Dostoevskij, non subisce il fascinodella morte e del nulla, è mossa da forti passioni, vuole vivere eaffermare la propria personalità, non chiudersi in una desolatacontemplazione del naufragio e della morte. L’esperienzatragica non è solo distruttiva e annientatrice, bensì, per largamisura, ricostruttiva, edificante, quando l’uomo vi accerti,fuor di ogni alibi o scampo, il carattere e il significato cheassume la sua presenza nel mondo.26

Forse ciò è paradossalmente vero anche in uno dei maggioriesempi di individualità tragica, di “eroe negativo” del moderno,il Caligola di Albert Camus (1941 e 1944), di cui mi piace citarequesto brano:

Amare qualcuno vuol dire accettare d’invecchiare conlui. Io non sono capace di un tale amore. [. . . ] Crediamodi conoscere il dolore quando perdiamo chi amiamo. Ma c’èuna sofferenza molto più terribile: quando ci accorgiamo cheanche i dolori non durano a lungo. Anche il dolore non hasenso. [. . . ] Io vivo, io uccido, io esercito il potere delirantedel distruttore, al confronto del quale il potere del creatorenon è che una pallida imitazione. È questa la felicità. . . — lafelicità, questa liberazione insopportabile, questo disprezzouniversale, il sangue, l’odio che mi circonda, questo isola-mento ineguagliabile che mi permette di controllare con unosguardo tutta la mia vita, la gioia infinita del delitto impunito,questa logica implacabile che cancella vite umane.27

L’individualità inserita in un preciso contesto relazionale(di affetti e/o di valori). L’io tragico è forte, soverchiante, maquasi mai isolato. A ben guardare, si incorre spesso in un equivocoquando si rimarca l’assoluta solitudine dell’eroe tragico. In realtà,c’è sempre un contesto imprescindibile: quello del ghenos o dellaphilia o della polis28. Vale per l’eroe greco e, mutatis mutandis,

26Cantoni (1978), p. 100.27Camus (1986), pp. 60–61.28Su quest’ultimo elemento è fondamentale quanto osserva J. de Romilly circa

la risonanza politica-culturale della rappresentazione tragica classica: «il giorno

Page 15: IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA · IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA a cura di Stefano Casarino Amedeo Alessandro Raschieri ATTIDELCONVEGNO SALAGHISLIERI,MONDOVÌ(CN) 27FEBBRAIO,6E13MARZO2009

Il senso del tragico e la tragedia 19

anche per quello moderno. L’eroe è il campione, il paradigma deivalori che rappresenta, assume un valore simbolico proprio perchénon è un isolato, è semmai organico ad un contesto diverso da quelloche appare: Prometeo, isolato dagli dei, ama l’umanità; Antigone,incompresa tra i vivi, sarà accolta da Ade e nel regno dei mortisi riunirà al suo ghenos; Amleto è in compagnia del fantasma delpadre, come Macbeth delle streghe, ecc. La solitudine assoluta èpiuttosto una condanna (Creonte al termine dell’Antigone è l’unicoa sopravvivere, col tremendo rimorso d’esser stato causa della mortedei suoi) oppure una condizione di straordinaria elezione (Edipo).

L’assenza di realismo. Il senso del tragico comporta un senti-re elevato, al punto da trascendere la contingenza e da ignorarela quotidianità. La tragedia, che è connaturata all’uomo, va oltrela realtà. È un aspetto fondamentale, ben compreso da Aristoteleche osserva come sia il tragico che il comico rappresentino uno“scarto” rispetto alla normalità («la commedia si propone di rappre-sentare persone peggiori, la tragedia migliori che nella realtà»)29 edal Sublime:

Un vero oltraggio alla grandezza è la sciatteria del lin-guaggio. [. . . ] Nei luoghi sublimi non bisogna precipitare inespressioni sordide e sconce, a meno che non vi si sia costrettida qualche necessità: si deve conservare un linguaggio con-veniente all’argomento, e imitare la natura che creò l’uomo:essa non collocò in mezzo al volto le parti che conviene tacere,e neppure quelle che scaricano il peso del corpo, ma le nascosecome poté, e, per citare Senofonte, «deviò i relativi condottiil più lontano possibile, per non deturpare in alcun modo labellezza dell’intero essere vivente».30

Tranne qualche sporadica eccezione, ciò ha valore universale.Scrive Steiner:

Nei palazzi della tragedia non vi sono servizi igienici, mafin dalle origini la commedia ha avuto bisogno dei vasi danotte. Nella tragedia la gente non mangia e non russa. Ma

in cui viene spezzato il legame che la unisce alla città, la tragedia greca muore»,de Romilly (1996), p. 135.

29Arst. Poetica, 48 a 16–18.30Anonimo (1991), pp. 127–131.

Page 16: IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA · IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA a cura di Stefano Casarino Amedeo Alessandro Raschieri ATTIDELCONVEGNO SALAGHISLIERI,MONDOVÌ(CN) 27FEBBRAIO,6E13MARZO2009

20 Stefano Casarino

il berretto da notte e il mestolo da cucina assurgono a ruolidi primo piano nell’opera di Aristofane e di Menandro. E cicacciano giù, nel mondo della prosa.31

L’indifferenza totale alla verosimiglianza realistica è ben rap-presentata dalla famosa scena del riconoscimento di Oreste nelleCoefore32, poi criticata da Euripide («Ma come vuoi che un piedesulla rocca lasci un’impronta? E anche ad ammetterlo, il piedenon può mai essere eguale tra fratello e sorella. Quello del maschioè più grande»)33.

La singolarità delle vicende. La tragedia alberga nello stra-ordinario: non è tale il singolo omicidio, lo sono la catena di luttiche una violenza genera, come nell’Orestea e nell’Amleto. Nonè la guerra di per sé ad essere tragica, così perlomeno sentivanogli antichi Greci, ma è il conflitto che determina la distruzionedi un’intera città (Troia) o di interi eserciti (i Persiani). Nonvi sono tragedie sulla guerra del Peloponneso, ma tante allusio-ni. Nell’Andromaca euripidea, rappresentata dopo il 431 a.C.,troviamo la seguente “tirata”:

Spartani, maledetti, voi fra tutti maledetti, assemblea diogni inganno, signori della menzogna, orditori di ogni male,tortuosi, mai diritti, sempre pronti al raggiro, come ingiustaè la vostra fortuna nella Grecia! Che cosa non avete? Sonovostri mille delitti, avidità spregevoli e ciò che avete sullelabbra sempre si scopre che non era nel pensiero. Oh, morite,morite!34

Nelle Troiane, rappresentate nel 415, l’anno dopo la distruzionedi Melo e l’anno prima della spedizione in Sicilia, sono significativele parole del Coro:

Mi piacerebbe andare in Attica, nella gloriosa e feliceterra di Teseo. Mai e poi mai vorrei trovarmi a Sparta, sullerive dell’Eurota. Il paese di Elena mi fa orrore: essere schiava

31Steiner (1992), p. 214.32Eschl. Coefore, vv. 185–211.33Eu. Elettra, vv. 534 sgg.34Eu. Andromaca, vv. 445 sgg.

Page 17: IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA · IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA a cura di Stefano Casarino Amedeo Alessandro Raschieri ATTIDELCONVEGNO SALAGHISLIERI,MONDOVÌ(CN) 27FEBBRAIO,6E13MARZO2009

Il senso del tragico e la tragedia 21

e per di più trovarsi davanti Menelao, lui che ha distruttoTroia.35

Nel moderno il fatto eccezionale che sconvolge le coscienze erappresenta un insanabile miasma della storia è ben rappresentatoda Assassinio nella cattedrale (1935) di T.S. Eliot, l’assassiniodell’arcivescovo di Canterbury il quarto giorno dopo Natale dentrola Chiesa: la reazione del Coro delle donne di Canterbury allavista dell’omicidio, uno dei vertici assoluti del Novecento, contienesignificative analogie con la tragedia greca:

Rinnovate l’aria! Ripulite il cielo! Purificate il vento!Separate pietra da pietra e lavatele, la terra è sporca, l’acquaè sporca, le nostre bestie e noi stessi siamo imbrattati di san-gue. Una pioggia di sangue ha accecato i miei occhi. Dov’èl’Inghilterra? Dov’è il Kent? Dov’è Canterbury? Lontano,molto lontano, nel lontano passato. Io mi aggiro per unaterra di rami stecchiti: se li spezzo, sanguinano. Mi aggiroper una terra di pietre riarse: se le tocco, sanguinano. Comepotrò, come potrò mai tornare alle dolci stagioni tranquille?Notte, rimani su di noi. E tu, Sole, fermati. Fermati, sta-gione. Non venga il giorno, non venga la primavera. Comepotrò guardare ancora il giorno, le semplici cose di tutti i igiorni, e vederle imbrattate di sangue, attraverso una cortinadi sangue che cola? Noi non volevamo che accadesse piùniente. Siamo state consapevoli della catastrofe privata, dellaperdita personale, della miseria generale, vivendo e quasivivendo. Siamo state consapevoli che il terrore della nottefinisce nell’azione del giorno e il terrore del giorno si concludenel sonno; fare chiacchiere al mercato, mettere mano allascopa, ammucchiare le ceneri al cadere della notte, accendereil focolare all’apparire del giorno, queste abitudini mettevanoun limite alla nostra sofferenza. Ogni orrore trovava unasua definizione, ogni dolore aveva una sua specie di fine: nel-la vita non c’è tempo per rattristarsi a lungo. Ma questo,questo è fuori della vita, questo è fuori del tempo, come un’in-combente eternità d’ingiustizia e di male. Siamo sporche diuna sozzura che non si può ripulire, infestate dal verminaiosoprannaturale. Perché non siamo noi sole, non sono soltantola città e la casa invase dalla sozzura, ma è il mondo cheè sporco, tutto intero. Rinnovate l’aria! Ripulite il cielo!

35Eu. Troiane, vv. 207 sgg.

Page 18: IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA · IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA a cura di Stefano Casarino Amedeo Alessandro Raschieri ATTIDELCONVEGNO SALAGHISLIERI,MONDOVÌ(CN) 27FEBBRAIO,6E13MARZO2009

22 Stefano Casarino

Purificate il vento! Separate pietra da pietra, separate lapelle dal braccio, il muscolo dall’osso e lavateli. Lavate lapietra, lavate l’osso, lavate il cervello, lavate l’anima, lavateli,lavateli.36

La dipendenza dall’epica e dal mito, ma anche dalla storia.È stato Aristotele a definire, in modo forse troppo netto, i limitidi campo e le diverse pertinenze di “storia” e di “poesia”.37 Ci si èchiesti, in tempi lontani, se la storia poteva costituire l’ispirazioneper il romanzo; che possa essere di ispirazione per la tragedia èdel tutto evidente, se solo si riflette che la prima tragedia a noipervenuta sono i Persiani di Eschilo. E, prima ancora, Erodoto cidà notizia di una tragedia di Frinico, rappresentata nel 492 a.C.sulla distruzione di Mileto, che sconvolse a tal punto il pubblico daessere vietata e da determinare il pagamento di una forte multa(mille dracme!) per l’autore.38 È vero che le tragedie greche rimastesono tutte di argomento mitologico e di derivazione dall’epica: mail teatro shakespeariano, quello di Schiller, quello di Alfieri eil teatro romantico traggono dalla storia la materia per le lorotragedie. Forse ciò che si può dire è, riprendendo le osservazioni diJ. de Romilly, che il senso tragico non emerge dall’attualità, chec’è bisogno che il passato lontano si confonda col mito.

Il superamento della contingenza in un’ottica trascenden-te. Spesso si dimentica che la tragedia nasce come liturgia: la rap-presentazione avveniva attorno ad un altare, costanti e ripetutierano gli inni cletici, le invocazioni agli dei. Jaspers lo rimarca conprecisione:

La tragedia greca fa parte di un atto di culto. È la ri-sultante di un anelito verso gli dei e verso il senso ultimodelle cose, verso la giustizia. Dapprima (in Eschilo e ancorain Sofocle) è legata alla fede nell’ordine e nella divinità, inistituzioni fondamentali e sempre valide, nella polis; poi du-bita di tutte queste realtà, divenute ormai storiche, ma non

36Eliot (2003), pp. 129–130.37Arst. Poetica, 51 b 1–7.38Er. VI, 21.

Page 19: IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA · IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA a cura di Stefano Casarino Amedeo Alessandro Raschieri ATTIDELCONVEGNO SALAGHISLIERI,MONDOVÌ(CN) 27FEBBRAIO,6E13MARZO2009

Il senso del tragico e la tragedia 23

dell’idea della giustizia in se stessa, non del bene e del male(Euripide).39

L’idea fondamentale, alla quale occorre fare costante riferimen-to, è che non esiste, non può esistere tragicità priva di trascendenza:

Il tragico non si rivela che alla coscienza trascendente.Un componimento poetico nel quale venga solo rappresentatol’orrido come tale, e cioè rapine, assassinii, intrighi, insommail terrificante nelle sue forme sensazionali, non può dirsiuna tragedia.40

Se non c’è tragicità senza trascendenza, allora quando Dio cessadi essere un problema, quando si rimuove l’idea stessa del divinola tragedia smette di esistere: è la ben nota tesi di Steiner.

Il condizionamento del sovrannaturale. Il superamento del-la contingenza e l’assenza di realismo comportano la presenza disogni, incubi, presagi, vaticini, fantasmi, apparizioni di divinità.Nei Persiani due momenti salienti sono il racconto del sogno diAtossa e l’apparizione risolutiva del fantasma di Dario; nel prologodell’Alcesti c’è Thanatos (Morte) che dialoga con Apollo; l’Ecubadi Euripide si apre col fantasma di Polidoro; molte tragedie classi-che iniziano con una divinità in scena (Alcesti, Ippolito, Troiane,Baccanti) e si chiudono col deus ex machina (Filottete, Ione, leSupplici di Euripide, Elettra di Euripide). Ciò però va ben aldilàdella tragedia greca. Basti pensare a Shakespeare: le streghe eil fantasma di Banqo nel Macbeth; il fantasma del padre in Am-leto; la sfilata degli spettri in Riccardo III ; ecc. Nel moderno èstraordinaria la condizionante presenza dei morti ne Le mosche(1943) di J.P. Sartre:

Voi, i dimenticati, gli abbandonati, i disillusi, voi chevi trascinate raso terra, nel buio, come delle fumarole, eche non possedete più niente se non il vostro risentimento,voi i morti, su, è la vostra festa! Venite, ascendete allaluce come un enorme vapore di zolfo spazzato via dal vento;salite alle viscere del mondo, o morti cento volte morti, voiche ogni battito dei nostri cuori fa morire di nuovo. Vi

39Jaspers (2008), p. 17.40Jaspers (2008), p. 57.

Page 20: IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA · IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA a cura di Stefano Casarino Amedeo Alessandro Raschieri ATTIDELCONVEGNO SALAGHISLIERI,MONDOVÌ(CN) 27FEBBRAIO,6E13MARZO2009

24 Stefano Casarino

invoco in nome della collera e dell’acredine e dello spirito divendetta, venite a saziare il vostro odio sui viventi! Venite,spandetevi in fitta nebbia sulle nostre strade, insinuate levostre schiere serrate tra la madre e il figlio, tra l’amante el’amata, fateci rimpiangere di non essere morti. Su, vampiri,larve, spettri, arpie, incubi delle nostre notti. Su i soldatimorti bestemmiando, su i disgraziati, gli umili, su i morti difame il cui grido d’agonia fu una maledizione. Guardate, làsono i vivi, le grasse prede viventi! Su, abbattetevi su di lorocome un turbine, rodeteli sino alle ossa. Su, su, su!41

E i vivi replicano: «perdonateci perché viviamo mentre voisiete morti».

Il condizionamento del sovrannaturale e lo stravolgimento delreale si ha anche con le numerose scene di pazzia che compaiononella tragedia: l’invasamento divino, l’accecamento (ate) prodottodagli dei, la “mania” di un personaggio che improvvisamente irrom-pe sulla scena e si traduce in comportamenti irrazionali, paradossali,violenti: il delirio omicida di Clitennestra nell’Agamennone; la fol-lia di Aiace che si avventa sulle greggi credendo di uccidere i suoinemici; l’improvvisa pazzia di Eracle nella tragedia omonima diEuripide che, dopo averli salvati, uccide i suoi figli; Agave che nelleBaccanti sbrana con le proprie mani il figlio, credendolo un leone;le numerose scene di pazzia del teatro shakespeariano (Amleto eOfelia, lady Macbeth, Lear, ecc.).

L’importanza della conclusione. Anche qui c’è un equivocoda chiarire: non è sempre vero che “tragico” sia ciò che finiscemale. Molte tragedie si concludono invece bene: l’unica trilogiapervenutaci, l’Orestea, termina con la trasformazione delle Furiein divinità benefiche; tante opere dell’ultimo Euripide hanno unaconclusione positiva (Elena, Ifigenia in Tauride, Oreste, Ione).Anche ciò che sembra finire male (Edipo re) a distanza di tempo— vent’anni nella vita umana, tra le due rappresentazioni; mail tempo della storia non è il tempo del mito! — finisce bene (Edipoa Colono). Il problema non è il sad-end o l’happy-end, ma il valoreparadigmatico della conclusione che svela un insegnamento.

41Sartre (1947), Acte II, pp. 156 sgg.

Page 21: IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA · IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA a cura di Stefano Casarino Amedeo Alessandro Raschieri ATTIDELCONVEGNO SALAGHISLIERI,MONDOVÌ(CN) 27FEBBRAIO,6E13MARZO2009

Il senso del tragico e la tragedia 25

Il valore educativo del tragico. E con ciò arriviamo a quelloche è per me il tratto distintivo del tragico: il suo valore conoscitivo.La tragedia non ha prioritariamente il valore della denuncia o dellaprotesta, ma è un processo di conoscenza. Da Eschilo in poi sifissa in modo indelebile il precetto “pathei mathos” (“attraversola sofferenza la conoscenza”). L’esperienza tragica è l’esperienzadell’interiorizzazione della conoscenza, l’autentico processo di ma-turazione psicologica e caratteriale. Valore didattico, certamente,ma non di un apprendimento esteriore di nozioni. Scrive Unamuno:«il dolore è la via della coscienza, ed è attraverso il dolore che gliesseri viventi giungono ad avere coscienza di sé».42 Ed è propriocon tre grandi insegnamenti del teatro greco che mi piace conclude-re. Il primo è nella formidabile parodo del Coro dell’Agamennoneeschileo:

Zeus, chiunque egli sia e se gli piace essere chiamatocosì, ora io invoco! Non so chi altro immaginarmi, pur seesamino bene ogni caso, all’infuori di Zeus, se devo gettarevia davvero questo vano peso dal cuore. [. . . ] Preparò levie della conoscenza ai mortali: “con il dolore si impara”,stabilendo ben saldo questo principio. [. . . ] Questa angosciache logora il cuore stilla una pena che toglie il sonno: e anchechi non vuole giunge a sapere. Questa è la grazia degli dei,delle potenze che con violenza governano il cosmo?43

È quanto abbiamo già citato, la legge voluta dagli dei di quellache potremo chiamare la “pedagogia del dolore”. Non è l’unica, maè certo la più importante. Il secondo è la tremenda consapevolezzadella precarietà della condizione umana, affermata con dolorosachiarezza dalle ultime parole che concludono l’Edipo re:

Guardate, ecco Edipo, colui che ha risolto il famoso enig-ma e che è stato potentissimo; chi dei cittadini non ha provatoinvidia della sua sorte? Ed ora in quale vortice di tremendodestino è finito! Nessun uomo si può dire felice se deve ancoravedere l’ultimo giorno dell’esistenza, prima che abbia varcatoil termine della sua vita senza patire alcun male.44

42de Unamuno (2004), p. 159. Su questa problematica è utile il bel saggio diNatoli (1986).

43Eschl. Agamennone, vv. 160–183.44Sof. Edipo re, vv. 1524–1530.

Page 22: IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA · IL SENSO DEL TRAGICO E LA TRAGEDIA a cura di Stefano Casarino Amedeo Alessandro Raschieri ATTIDELCONVEGNO SALAGHISLIERI,MONDOVÌ(CN) 27FEBBRAIO,6E13MARZO2009

26 Stefano Casarino

Massima che già era in Erodoto45, ma che pronunciata dal Coroha una risonanza assoluta. Il terzo ed ultimo esempio non è quellodi una verità proclamata ieraticamente dal Coro, ma l’affermazionedi un’acquisizione interiore da parte del personaggio che incarnal’idea stessa di forza e che scopre la sua debolezza ed arriva persinoa meditare il suicidio:

Pur trovandomi in queste sciagure, ho pensato che potreiessere chiamato vigliacco se fuggo la luce del giorno. Chi nonsopporta le sventure non saprebbe restare saldo davanti alnemico. Resisterò all’esistenza: verrò nella tua città, ti saròmille volte riconoscente per i doni che mi fai.46

È Eracle a parlare, a sancire la virile accettazione del dolore:forse il più importante insegnamento del senso del tragico, che cimisura e col quale, vivendo, costantemente ci misuriamo.

45Er. I, 29 sgg. (il celeberrimo episodio dell’incontro tra Creso e Solone).46Eu. Eracle, vv. 1347–1352.