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MED Finance Il secondo orizzonte. Una analisi dei Fondi Sovrani MENA vis-a-vis con l’Europa e l’Italia Marzo 2015

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MED Finance

Il secondo orizzonte. Una analisi dei Fondi Sovrani MENA vis-a-vis con l’Europa e l’Italia

Marzo 2015

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Il presente studio è estratto da:

SRM, Le relazioni economiche tra l’Italia e il Mediterraneo. Rapporto Annuale 2014,

Giannini Editore, 2014

Per maggiori informazioni consultare il sito www.srm-med.com

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Indice 1. I Fondi Sovrani, un veicolo di investimento pubblico in piena

crescita 3

2. Lo sviluppo dei Fos dell’area arabo mediterranea 7

3. I FoS MENA, storicamente impegnati in investimenti in Europa e in accordi bilaterali

8

4. Italia: servono politiche specifiche per attrarre Fondi MENA 13

5. La sfida per l’Italia: riusciremo ad attrarre da 1,5 a 2,5 miliardi di dollari all’anno?

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Il secondo orizzonte. Una analisi dei Fondi Sovrani MENA vis-a-vis con l’Europa e l’Italia 1. I Fondi Sovrani, un veicolo di investimento pubblico in piena crescita

I Fondi Sovrani o FoS sono fondi definibili come veicoli di investimento pubblico posseduti e controllati dai governi dei relativi Paesi. Questo tipo di fondi è nato storicamente in quei Paesi che possono vantare importanti giacimenti di materie prime da esportare (tipicamente commodity, come petrolio o gas) o eccedenze della bilancia commerciale derivanti dal settore manifatturiero (come nei casi di Cina e Singapore) o ancora proventi ricavati dalle dismissioni di asset pubblici. Possono assumere la forma di fondi, di riserve o di vere e proprie società di investimento e si possono prefiggere una o più mission che solitamente comprendono: a) un’azione di stabilizzazione delle entrate pubbliche o del prezzo di beni strategici; b) accantonamenti per investimenti futuri o a vantaggio dei sistemi pensionistici. Recentemente si sono sviluppati con sempre maggiore frequenza fondi che agiscono come strumenti di programmazione economica, tesi ad aumentarne la competitività o diversificare il tessuto economico-produttivo di uno Stato. Un altro genere di recente sviluppo è il fondo di investimento teso a generare utili da destinare alle varie poste del bilancio pubblico.

Il successo dell’istituto dei Fondi Sovrani è certificato dal numero crescente di stati che se ne stanno dotando. Una prima accelerazione si è avuta negli anni Novanta, quando agli storici quattordici fondi se ne sono aggiunti un’altra decina, per poi crescere ulteriormente nello scorso decennio ed arrivare agli attuali “62 fondi censiti dal SWF Institute”. L’instabilità economica provocata dalla crisi internazionale ha spinto molti governi a dotarsi di questo strumento che completa il ventaglio delle leve a disposizione dei governi nel campo delle politiche economiche-monetarie. Nel 2012 sono nati il Fundo Soberano de Angola ($5bn), la National Investment Corporation of Kazakhistan ($2bn), la Nigerian Sovereign Investment Authority ($1,4bn) e il Fondo de Ahorro de Panama ($1,2bn), il Senegal Fonsis ($1bn), il Western Australia Future Fund ($0,3bn), in totale 6 nuovi Fondi Sovrani si sono affacciati con nuove risorse da investire pari a 11,9 miliardi di dollari da investire. In percentuale degli AUM globali, pari a 6,8 trilioni di USD, i nuovi fondi rappresentano il 2 per mille del complesso. È pertanto evidente che la crescita annuale delle AUM, ossia delle masse gestite, che negli ultimi due anni è stata superiore al 10 per cento p.a. avvenga ormai quasi esclusivamente per via del rendimento degli investimenti.

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La finanza e i flussi finanziari

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Il 2013 non ha visto la nascita di nuovi Fondi, per quanto alcuni di essi abbiano invece dato vita a veicoli specializzati di investimento, in relazione a orizzonti strategici di investimento che ormai tendono a premiare l’investimento diretto rispetto a quello mediato dalle grandi case internazionali di Asset Management.

Scomposizione dei Fondi Sovrani per anno di costituzione. Confronto fra i primi sessanta FoS al mondo e l’area MENA (2013)

Graf. 1 - Fonte: SWF Institute

A settembre del 2014 il capitale gestito dai FoS censiti dal SWF Institute raggiungeva i 6.830 miliardi di dollari, in crescita del 12 per cento rispetto al 20131.

Questo valore è in significativa crescita dall’autunno del 2007 (+108%), con un unico periodo di flessione dalla fine del 2008 al primo trimestre del 2009, allorquando il valore del capitale complessivo è sceso da 4.140 a 3.750 miliardi di dollari, con una caduta di poco inferiore ai dieci punti percentuali (-9,4%). Dopo questo rallentamento il totale delle risorse gestite dai FoS è cresciuto ininterrottamente per ben 22 trimestri. Per renderci conto dell’importanza di questo risultato, basti pensare che mentre nel 2011 il valore degli asset in capo ai FoS cresceva di quasi 10 punti percentuali quello riconducibile alle banche si contraeva del 4%2. Questo risultato è probabilmente dovuto alla asset allocation dei Fondi Sovrani. Da un primo momento in cui i fondi erano semplicemente alla ricerca di “una cedola”, oggi i fondi investono in modo bilanciato in tutto il mondo, in azioni quotate e non, obbligazioni, infrastrutture, real estate e strategie a ritorno assoluto (hedge funds).

Concentriamoci ora sull’oggetto della nostra analisi, i FoS presenti nell’area MENA3. Quest’area è stata la maggior protagonista della nascita e dello sviluppo di

1 Il dato riportato nel grafico 2 ha come fonte l’SWF Institute ed è la somma dei 58 valori disponibili. Cinque fra i 62 fondi censiti non rendono pubblico il dato. 2 Fonte: UNCTAD e BIS. 3 Acronimo di Middle East and North Africa, che comprende i quei paesi che si affacciano sulla parte sud del Mediterraneo e del Medio Oriente: dalla Mauritania alla Siria, tutta la Penisola arabica, Iraq e l’Iran. La lista dei Paesi MENA come da elenco ufficiale del Fondo Monetario Internazionale comprende: Algeria, Bahrain, Djibouti, Egitto, Repubblica Islamica dell’Iran, Iraq, Giordania, Kuwait,

Pre - 1990 21%

1990 - 199915%

2000 - 2005 21%

2006 - 2011 34%

20129%

First 60 SWF

Pre - 1990 22%

1990 - 19996%

2000 - 2005 28%

2006 - 2011 44%

MENA SWF

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questi veicoli di investimento, con ben quattro di essi attivi da prima degli anni Novanta e presenta la più alta concentrazione di FoS al Mondo. Più della metà dei Paesi MENA (undici su venti4) ne possiede almeno uno. I Paesi dell’area che si sono già dotati di questo strumento sono: l’Algeria, l’Arabia Saudita, il Bahrain, gli Emirati Arabi Uniti, l’Iran, il Kuwait, la Libia, la Mauritania, l’Oman, il Qatar e la Siria. A questi si può aggiungere la Palestina. Sono fondi con alcune caratteristiche comuni. Ad esempio, quasi la totalità di essi ha accumulato eccedenze monetarie grazie ai giacimenti di idrocarburi presenti nei relativi territori. Sono quindi cosiddetti Fondi commodity, i cui proventi derivano dall’esportazione (o dai diritti di estrazione) del petrolio e in due casi (Oman e Mauritania) anche del gas. Gli unici fondi non-commodity sono quelli del Bahrain e quello Palestinese5.

Totale del valore del capitale gestito dai maggiori Fondi Sovrani mondiali.

Evoluzione storica e tasso di crescita tendenziale (2010 – 2014, dati in migliaia di miliardi di dollari)

Graf. 2 - Fonte: elaborazioni Step ricerche su dati SWF Institute

Libano, Libia, Mauritania, Morocco, Oman, Qatar, Arabia Saudita, Sudan, Siria, Tunisia, Emirati Arabi Uniti e lo Yemen. 4 Considerando i Paesi che fanno parte dell’UAE (gli Emirati Arabi Uniti) come un’unica entità. 5 Il SWF classifica il fondo palestinese come non-commodity, ma bisogna tenere conto che uno dei suoi principali progetti prevede l’estrazione di gas naturale dai fondali marini antistanti la striscia di Gaza.

Mar- 10

Jun -10

Sep -10

Dec- 10

Mar- 11

Jun -11

Sep -11

Dec- 11

Mar- 12

Jun -12

Sep -12

Dec-12

Mar-12

Jun-13

Sep-13

Dec-13

Mar-14

Jun-14

Sep-14

Total 4,05 4,11 4,15 4,41 4,55 4,73 4,85 4,83 5,00 5,03 5,147 5,20 5,40 5,49 6,00 6,11 6,36 6,61 6,83

Growth rate 7,5% 7,8% 5,8% 9,2% 11,3 13,7 14,6 8,7% 9,2% 6,0% 6,0% 7,1% 7,8% 8,5% 15,5 15,1 15,6 17,6 12,6

0,0%

2,0%

4,0%

6,0%

8,0%

10,0%

12,0%

14,0%

16,0%

18,0%

20,0%

3,30

3,80

4,30

4,80

5,30

5,80

6,30

6,80

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La finanza e i flussi finanziari

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I sedici FoS dell’area MENA, di cui conosciamo il valore del capitale gestito al settembre del 2014, cumulavano più di 2.700 miliardi di dollari, quasi 800 in più rispetto al 2012, ossia alla data del precedente aggiornamento di questo rapporto. Una crescita che in termini percentuali equivale a +42%, superiore al dato aggregato mondiale, pari a +29% in 2 anni6. Dopo alcuni rallentamenti (quando non perdite) subite fra il 2010 ed il 2011, a causa del deprezzamento di asset legati al mondo della finanza acquistati durante la crisi o per l’impegno nel salvataggio di banche ed altre aziende nazionali, gli asset dei FoS MENA è ritornata a crescere. I FoS dell’area MENA gestiscono il 40,0% del totale del valore degli asset attribuiti ai FoS mondiali.

Elenco dei principali Fondi Sovrani nell’area MENA(dati a luglio 2012)

Country Fund Name Size

June 2011 ($ bn)

Size July 2012 ($

bn)

Size Sept. 2014

($ bn)

Date of fundation

1 UAE – Abu Dhabi Abu Dhabi Investment Authority 627 627 773 1976 2 Saudi Arabia SAMA Foreign Holdings 415 532,8 757 n/a 3 Kuwait Kuwait Investment Authority 202,8 296 548 1953 4 Qatar Qatar Investment Authority 65 100 170 2005 18 UAE – Abu Dhabi Abu Dhabi Investment Council n.a. n.a. 90 2007 8 Algeria Revenue Regulation Fund 54,8 56,7 77,2 2000 5 UAE – Dubai Investment Corporation of Dubai 19,6 70 70 2006

6 UAE – Abu Dhabi International Petroleum Investment Company

14 65,3 68,4 1984

7 Libya Libyan Investment Authority 133 65 66 2006 9 UAE – Abu Dhabi Mubadala Development Company 24,4 48,2 60,9 2002 10 Iran Oil Stabilisation Fund 23 23 23 1999 17 UAE – Federal Emirates Investment Authority n.a. n.a. 15 2007 12 Oman State General Reserve Fund 8,2 8,2 13 1980 11 Bahrain Mumtalakat Holding Company 9,1 9,1 10,5 2006 19 Oman Oman Investment Fund n.a. n.a. 6 2006 13 Saudi Arabia Public Investment Fund 5,3 5,3 5,3 2008

14 UAE – Ras Al Khaimah RAK Investment Authority 1,2 1,2 1,2 2005

15 Palestine Palestine Investment Fund n.a. 0,8 0,8 2003 16 Mauritania National Fund for Hydrocarbon Reserves 0,3 0,3 0,3 2006 Tab. 1 - Fonte: elaborazioni Step Ricerche su SWF Institute e altre fonti

Lo stesso dato nel 2012 si fermava al 37,7%. Dinamiche virtuose si registrano anche a livello di dati disaggregati per Paese: fra i primi venti FoS al mondo, ben 10 sono MENA (9 nel 2012). Per avere un’idea dell’importanza dei FoS nel panorama economico-finanziario mondiale è bene confrontare il loro potenziale con quello di altre istituzioni come banche, assicurazioni, fondi pensione ecc. Per dimensione totale i FoS f anno sicuramente parte dei maggiori aggregati monetari mondiali. Valgono circa il triplo degli hedge funds, pesano fra il 20 ed il 27% degli asset gestiti dai fondi pensione o dalle compagnie di assicurazione internazionali. Una delle loro caratteristiche peculiari è poi quella di concentrare il loro patrimonio nelle mani di un ristretto numero di soggetti: i primi dieci FoS amministrano capitali per quasi 5mila miliardi di dollari. Anche rispetto al totale dei veicoli di investimento sovrani del

6 Il periodo considerato va da giugno 2011 a giugno 2012.

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2012 (stimati dal rapporto di CityUK in poco più di 20mila miliardi di dollari), i Fondi Sovrani pesano circa un quarto.

Scomposizione percentuale della capitalizzazione dei Fondi Sovrani per area

geografica di appartenenza (confronto 2012 – 2014)

Graf. 3 - Fonte: elaborazioni Step Ricerche su dati SWF Institute e altre fonti

Confronto fra i Fondi Sovrani ed altri veicoli di investimento sovrani e privati (2014)

Graf. 4 - Fonte: stime CityUK, UNCTAD, OECD, FMI 2. Lo sviluppo dei Fos dell’area arabo mediterranea

I Fos sono dunque veicoli di investimento che rivestono un ruolo sempre più rilevante nel panorama finanziario mondiale. All’inizio della loro fondazione la loro importanza era ampiamente correlata alla disponibilità di surplus di bilancia commerciale, essenzialmente dovuti, nell’area MENA, alle esportazioni di risorse energetiche e prodotti raffinati.

Dunque, il trend crescente dei prezzi del petrolio è stato sempre assai importante per la loro alimentazione. Questo è però diventato assai più sfumato nel 2013-2014. Come si è visto anzi, nel biennio i FoS Mena sono cresciuti del 42 per cento, nonostante la crisi economica in Europa e la insoddisfacente crescita nei paesi emergenti abbia raffreddato la corsa dei prezzi petroliferi che in due anni sono passati da oltre 95 a poco più di 80 dollari al barile (si veda la Tabella 2).

MENA 38%

Asia, Others41%

Europe16%

Africa, Others00%

North and South America

03%

Oceania 02% 2012

MENA 40%

Asia, Others38%

Europe17%

Africa, Others00%

North and South America

03%

Oceania 02%

2014

Sovereign Wealth Funds

7%

Insurance Funds26%

Pension Funds34%

Hedge Funds3%

Private Equity 2%

Mutual Funds28%

Sovereign Wealth Funds

26%

Sov. Investors, Others28%

Foreign Reserves (Currencies)

46%

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La finanza e i flussi finanziari

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I FoS Mena sono dunque entrati nella fase di maturità, quella nella quale essi crescono grazie alle proprietà positive della loro asset allocation, più che non per le risorse fresche disponibili dai surplus energetici. Questa fase è una fase più delicata della precedente, perché richiede un vero orientamento strategico delle scelte, ossia una asset allocation decorrelata dai prezzi petroliferi e in grado di catturare i benefici della crescita economica del pianeta ovunque siano, in qualunque settori essi si formino.

Andamento del prezzo del petrolio, gas naturale e loro prodotti dal 2010 al 2014* (Media settimanale del prezzo FOB complessivo di tutti gli Stati.

Media ponderata per i barili commercializzati stimati). 2010 2011 2012 2013 2014

Crude Oil Price 79,4 94,86 95,66 92,63 81,4

(WTI, [1] $US/barrel)

Crude Oil Price 79,51 111,26 111,81 103,38 86,1

(Brent, $US/barrel)

Gasoline [2] 2,78 3,35 3,64 3,43 2,21

(dollars per gallon) Natural Gas ($US/thousands of cubic-feets)[3] 11,37 11,01 10,9 11,09 9,24

Electric Power 11,54 11,79 11,91 12,02 10,59 [1] West Texas Intermediate. [2] Prezzo medio alla pompa, Stati Uniti. [3] Media prezzi del mercato domestico. Tab. 2 - Fonte: EIA 3. I FoS MENA, storicamente impegnati in investimenti in Europa e in accordi

bilaterali Abbiamo visto come i FoS MENA siano importanti investitori con un patrimonio in

espansine, destinato a crescere ancora negli anni a venire. Le caratteristiche che rendono i FoS MENA degli interessanti target per gli operatori (pubblici e privati) operanti nell’attrazione di investimenti sono però molteplici: sono in grado di compiere operazioni dell’ordine di qualche miliardo di euro ed a differenza della maggior parte degli investitori privati hanno un orizzonte di medio-lungo periodo e un leverage basso. Attraverso di loro passano non solo le politiche di investimento degli Stati osservati, ma spesso anche le politiche di sviluppo industriali e infrastrutturali, che non di rado privilegiano gli investimenti esteri. Se si scompongono gli affari fatti dai FoS nel decennio scorso fra quelli destinati al mercato interno e a quelli esteri, emerge come in nove anni su undici, i FoS abbiano preferito allocare almeno il 60% dei propri investimenti all’estero. Percentuale che cresce nella seconda metà del decennio mantenendosi stabilmente sopra ai due terzi del totale. Gli investitori più

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votati all’estero sono proprio i FoS dell’area MENA. Questi ultimi, secondo una ricerca promossa dall’Harvard Business School7, investono nel proprio Paese una percentuale media ponderata del 9%, che diventa un 16% se si allarga il campo di osservazione a tutta l’area mediorientale.

Come si vede dal Graf. 5, l’orientamento internazionale degli investimenti si è però straordinariamente mitigato. Nel 2013 i FoS-MENA hanno rivolto il 42 per cento degli investimenti all’interno. Che cosa è cambiato? Il panorama strategico petrolifero è assai differente rispetto a solo due anni fa. I prezzi relativi del petrolio sono caduti e il maggiore consumatore mondiale, gli Stati Uniti, si apprestano non solo a diventare indipendenti, ma addirittura esportatori netti in un tempo piuttosto breve.

I FoS hanno dovuto dunque accelerare sugli investimenti interni, per preparare le economie che li hanno originati a crescere e sostenersi grazie a una base produttiva diversificata e tecnologicamente avanzata. Tracce di questo comportamento sono molto evidente nel file delle transazioni dei FoS-MENA, qui riportato nella Tabella 4, che evidenzia una forte attenzione alle economie domestiche di questi fondi e agli investimenti in grado di produrre un trasferimento tecnologico importante verso i paesi investitori.

Alla luce di questi cambiamenti, anche il tradizionale orizzonte di lungo periodo nel ritorno degli investimenti potrebbe, almeno in parte, cambiare a vantaggio di investimenti che assicurano ritorni di più breve periodo.

Tradizionalmente, i Fondi Sovrani non sono istituzioni che forniscono credito agli investitori, ma investono direttamente (o indirettamente) i propri capitali. Per via della loro natura pubblica, fino ad anni recenti, erano orientati ad investimenti con orizzonte temporale di lungo termine e profilo di rischio medio basso. Erano anche orientati agli investimenti indiretti rispetto a quelli diretti. Parallelamente al mutamento e sviluppo delle mission dei FoS, si sono diversificati anche gli oggetti sui quali essi investono. La natura pubblica dei fondi ha dapprima spinto gli stessi a privilegiare investimenti con ritorni certi di medio lungo periodo: un oggetto tipico era rappresentato dai titoli di stato emessi da Paesi considerati solvibili. Nonostante questi asset siano ancora fortemente presenti in molti dei loro portafogli (circa quattro su cinque), sempre più spesso sono preferiti beni alternativi, che garantiscano ritorni maggiori o un’attiva politica industriale (diretta o indiretta). Ormai lo stock di capitali allocati in azioni ha superato quello in titoli di Stato o altri titoli a reddito fisso.

7 Bernstein, S., Josh Lerner, and Antoinette Schoar (2009) “The Investment Strategies of Sovereign Wealth Funds”, Harvard Business School Finance Working Paper No. 09-112.

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La finanza e i flussi finanziari

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Scomposizione percentuale sul totale degli investimenti dei FoS-MENA, per Paese di destinazione: interno all’area MENA o esterno (dal 2000 al 2013)

Graf. 5 - Fonte: Monitor - FEEM SWF Transaction Database L’investimento in equity è ormai spesso un investimento diretto e, come dimostra

il file delle transazioni (tabella 4) è anche sfatato il mito dei grandi importi (mezzo miliardo o niente). Se c’è un obiettivo strategico, un settore innovativo in cui entrare per mirare anche a un trasferimento di tecnologie, l’investimento può essere anche solo di centinaia o di decine di milioni di dollari.

Infine, se il settore finanziario dal 2005 al 2011 è stato il principale centro di interesse degli amministratori dei FoS mondiali, con un picco di investimenti diretti verso di esso, che il rapporto di CityUK quantifica in 82 miliardi di dollari nel 2008, circa a un terzo del totale degli investimenti operati dai FoS, dopo il 2008 però vi è stata un’inversione di tendenza, complice il perdurare del rallentamento dell’economia mondiale e la perdita di alcuni degli investimenti fatti in alcune banche americane. Fino al 2011 i primi tre settori di investimento erano finanza, energia e real estate. Adesso si sono fatti spazio nuovi settori: Infrastrutture, Health- Care sia in termini di servizi che di tecnologie, ICT, materiali innovativi, Lusso. Il real estate resta importante, ma i FoS sono diventati molto esigenti in termini di rapporto rischio/rendimento. Come vedremo nei paragrafi successivi, la tendenza alla diversificazione dei portafogli e ad un maggiore coinvolgimento nel capitale delle società è comune alla maggior parte dei Fondi MENA.

26%32%

6%

22%

42%

74%68%

94%

74%

58%

2000 - 2008 2009 2010 2011 2013

Domestic

Foreign

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Presenza dei FoS per tipologia di investimento

Graf. 6 - Fonte: Prequin

Scomposizione del flusso degli investimenti dei FoS-MENA, per area di destinazione. Dal 2000 al 20138

MENA Europe Russia and Central Asia Asia - Pacific North

America South

America Africa(Sub-

Saharian) 2000 - 2008 26% 35% 1% 7% 29% 0% 3%

2009 32% 56% 0% 2% 8% 1% 0%

2010 6% 27% 4% 49% 4% 10% 1%

2011 22% 53% 2% 15% 8% 0% 0% 2013 42% 31%

Italy (5-8%) 11% 7% 7% 2% 0%

Tab. 3 - Fonte: Monitor - FEEM SWF Transaction Database

Rispetto alla destinazione di questi investimenti notiamo come i Fondi MENA si comportino differentemente da quelli del resto del Mondo e in generale dalle scelte di investimento medie degli operatori economici, che ormai da almeno un decennio tendono a spostare il flusso degli investimenti esteri dalle regioni a più antica industrializzazione verso le economie emergenti. Analizzando le scelte allocative dei FoS-MENA nell’ultimo decennio, infatti, ci rendiamo conto di come la loro prima destinazione estera sia l’Europa. Negli ultimi anni il Nord America ha perso di importanza a vantaggio dei Paesi Asiatici che si affacciano sul Pacifico.

8 Il valore dell’Italia riportato nel box è stimato da Step Ricerche e si riferisce al potenziale di attrazione in percentuale sul totale degli investimenti dei FoS MENA.

79%

79%

55%

51%

47%

37%

85%

76%

59%

56%

61%

36%

82%

86%

51%

54%

57%

31%

Listed Companies

Bonds

Private Equities

Real Estate

Infrastructures

Hedge funds

2010

2011

2013

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La finanza e i flussi finanziari

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Le maggiori operazioni compiute dai FoS - Mena nel 2013-2014 27.10.2014 Qatar Investment Authority è il probabile nuovo acquirente della HSBC Tower in Londra, messa in vendita dall’attuale

proprietario, il Korea’s National Pension Fund, che l’aveva acquistata nel novembre 2009 per 772,5 Mio di Gbp.

24.10.2014 La KIA Kuwait Investment Authority sta cercando acquirenti per 3 local business, che metterà in vendita per circa 5,4 miliardi di dollari nella prima metà del 2015, nell’ambito di un riassetto di portafoglio

20.10.2014 Hong Kong’s Jynwel Capital together associate con Abu Dhabi Funds offrono €1.7 billion (RM7 billion) per Adidas AG.

20.10.2014

QIA Qatar Inv. Auth. Compra il 20% di Lifestyle International Holdings Ltd. (1212) per 616 Mio di USD, in una strategia di accrescere il suo portafoglio retail e consumer

7.10.2014 Mubadala Dev. Co. (UAE) compra il 40% di Injazat Data Systems da HP, diventandone l’azionista unico

9.09.2014 KIA, Kuwait Investment Authority ha partecipato in qualità di pivot investor alla IPO (India) di Sharda Cropchem, sottoscritta 60 volte la sua IPO

8.09.2014 Sovereign fund Investment Corp of Dubai (ICD) ha comprato una partecipazone dell’1,4 per cento, per 300 milioni, in Dangote Cement, la maggiore impresa quotata alla Borsa della Nigeria $25B

28.08.2014 GEMS, società quotata al Nasdaq Dubai, che opera più di 100 scuole private in 100 paesi, potrebbe cedere una quota del 25% a Blackstone, per 500 Mio USS, facendo il suo primo investimento nel medio oriente

25.07.2014 ADIA annuncia un investimento congiunto con GS PE arm in Fleury SA (Brazil, medical services). Fleury ha una capitalizzazione di 1,2 bln USD.

25.07.2014 QIA, già azionista al 26% dei supermercati Sainsbury plc., mira a un possibile aumento di quota azionaria, per sollecitare una strategia di creazione del valore

10.07.2014 Qatar Holdings potrebbe vendere la sua quota del 15% nel LSE 1.06.2014 ADIA e altri Fondi Sovrani mediorientali manifestano interesse per il 49% di F2i-Aeroporti 8.05.2014 QIA compra il 50% di Qatar Airlines, rilevandolo da investitori privati 8.05.2014 Investment Corporation of Dubay emetterà 750 USD Mio di obbligazioni 15-ennali al 5%

4.05.2014 KIO Kuwait Investment Office entra a sorpresa in Lunar Investrors Holdings, che raccoglie gli investitori qualificati in Williams & Glyn’s, la nuova banca nata da ex RBS

29.04.2014 KIA investe 100 milioni di USD in NantHealth Llc, CA, US, un operatore ICT nel settore sanitario che punta a una piattaforma clinica integrata

18.04.2014 Mubadala (Abu Dhabi) seleziona sei banche, tra cui Deutsche Bank, per progettare un’emissione sul mercato degli eurobond

6.04.2014 Il Governo dei territori della Australia del Nord avvia colloqui con un fondo sovrano del medio oriente per un investimento in infrastrutture

2.04.2014 Al-Ajial Investment Fund della Kuwait Investment Authority (KIA) investirà 400 Mio euro in Wessal Capital Gulf. L’investimento complessivo di 780 Mio coinvolgerà anche altri FS e sarà diretto a costruire il porto turistico di Casablanca

17.03.2014 American Express vende metà della divisione business Travel per 900 Mio USD a una combinazione che include Blackrock e il Governo del Qatar

9.03.2014 Mubadala (Abu Dhabi) riorienta il portafoglio dagli emerging markets ai developed, per approfittare della loro ripresa

10.02.2014 NSIA Nigerian Sovereign Investment Authority riceve 550 Mio USD da investire da parte del suo governo, AUM totali 1,55 bln USD

2.01.2014 TAQNIA, un investitore sovrano dell’Arabia Saudita, compra il 50% di Sun & Life, leader locale nell’energia solare 31.12.2013 Qatar Holdings compra una quota del 25% in Vente Privée, commercio online 26.12.2013 Mubadala acquista circa il 5% di NxStage Medical Inc, quotata 921 Mio Usd. 12.12.2013 Adia investe 250 Mui USD in Hines India Real Estate 18.11.2013 Mubadala investe 2,5 Mld. Usd nel settore delle tecnologie e dei materiali aereonautici 17.11.2013 Mubadala sale dal 33 al 41% in Piaggio Aero, Tata scende corrisondentemente 5.11.2013 QIA dichiara di aver acquistato 1 bln USD di azioni BoA

31.10.2013 OIF Oman Investment Fund fa una joint venture con Tri-Star Resources (UK) per realizzare un impianto da 20.000 ton annue di antimonio in Oman

10.09.2013 Mubadala (Abu Dhabi) e Trafigura (secondo maggiore metal trader) comprano il 65% del terminale portuale brasiliano Porto Sudeste, specializzato nei minerali ferrosi.

22.10.2013 Oman India Joint Investment Fund (OIJIF) acquista per $8M un 5,3% addizionale del mercato future indiano NCDEX

15.05.2013 Mubadala and Dubai Aluminium (DUBAL) acquistano il 100% di Guinea Alumina Co. (GAC), il maggiore possessore di riserve di bauxite nel mondo. Intendono costituire in UAE un hub globale dell'alluminio

3.04.2013 Hassad Food Co (Qatar) compra per 100 Mio USD la maggioranza di Bush Foods, un esportatore indiano di riso basmati

19.02.2013 Qatar Holdings costituisce Doha Global Investment, come veicolo per acquistare azioni di società quotate all’estero fino a 12 bln USD

19.11.2012 Qatar Holdings firma un accordo con FSI per costituire un veicolo di investimento a governance paritetica IQ Made in Italy per investire fino a 2 bln nei primi 4 anni

Tab. 4 - Fonte: Step ricerche su fonti varie

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Il secondo orizzonte. Una analisi dei Fondi Sovrani MENA Vis-a-vis con l’Europa e l’Italia

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Gli investimenti verso l’Europa sono stati paradossalmente favoriti dalla crisi, che ha reso i prezzi di asset finanziari e industriali strategici e prestigiosi più accessibili. Osservando la tabella con le maggiori operazioni di acquisizione da parte dei Fos MENA, abbiamo la conferma delle tendenze appena descritte. I FoS MENA sono molto attivi e attenti alla questione della diversificazione produttiva. Si notino gli interventi in settori che si potrebbero considerare insoliti (Adidas-sportware, GEMS-education, NantHealth-Health Care) e che invece fanno parte di una strategia di diversificazione puntando o a marchi globali, o a nicchie innovative capaci di produrre un rendimento tecnologico, oltre che finanziario). 4. Italia: servono politiche specifiche per attrarre i Fondi MENA

L’Europa è la destinazione più ambita dai Fondi Sovrani e in particolare da quelli MENA, che qui hanno relazioni e trovano aperture di credito negate altrove (in particolar modo in Nord America). Ad oggi la City di Londra costituisce il luogo di atterraggio privilegiato dei Fondi Sovrani, in primis di quelli dell’area MENA. Questo è in larga parte dovuto a due fattori: Londra è la capitale dell’asset management e il suo mercato immobiliare il più liquido del mondo e capace di attrarre capitali internazionali.

L’analisi dello stock degli ultimi diciassette anni di investimenti dei FoS in Europa, ci fa capire come più della metà di essi siano stati destinati al Regno Unito. A Londra molti dei più importanti FoS mondiali, come il Kuwait Investment Authority, la Brunei Investment Agency, l’Abu Dhabi Investment Authority, il Temasek Holdings e il General Investment Corporation di Singapore, hanno un ufficio di rappresentanza ed altri stanno per aprirne uno. I motivi di successo della capitale inglese sono diversi: la presenza di un importante polo finanziario, di un’ampia offerta di servizi finanziari di qualità, di un mercato aperto all’internazionale e un sistema giuridico-normativo efficiente. Da sottolineare è poi la politica specifica per attrarre investitori internazionali (Fondi Sovrani e non) portata avanti dal governo britannico tesa a favorire l’afflusso degli investimenti diretti esteri nel paese. Il “Memorandum of Understanding on Enhancing Cooperation in Infrastrucrure” firmato con il Governo cinese nel settembre del 2011 ne è un esempio, così come il dialogo continuo fra il governo della Gran Bretagna e quelli dei paesi MENA.

Tuttavia, anche gli altri mercati si stanno facendo interessanti, anche perché più i Fondi procedono sulla strada dell’investimento diretto, più si allontanano dall’investimento mediato dagli Asset Manager della City. Nel 2013 questo Paese è sempre stato capace di attrarre il 36% degli investimenti effettuati dai fondi sul vecchio continente, ma nel periodo 1995-2000 la percentuale era stata del 49%.

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La finanza e i flussi finanziari

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Scomposizione degli investimenti dei FoS in Europa per Paese di destinazione, 2013 e stock dal 1995 al 2010

Graf. 7 - Fonte: elaborazioni Step Ricerche su dati Sovereign Investment Lab, Universitá Bocconi e Deusche Bank

La restante parte del flusso di investimenti del 2013 è stata destinata alla Francia (42%) e all’Italia, che segna un aumento della sua incidenza dal 4% nel 2012 all’8% nel 2013. In altri termini, le pur poche operazioni compiute in Italia assegnano al nostro paese una quota non piccola degli investimenti complessivi in Europa, determinata proprio dal fatto che è nei paesi che hanno subito una maggiore crisi che i prezzi degli asset sono più interessanti per gli investitori.

I FoS sono presenti da anni nel capitale delle imprese italiane. Un recente studio della Consob9 afferma come oltre un terzo delle società italiane abbia un fondo sovrano fra i suoi azionisti, per un totale di 102 società. Negli altri paesi europei la penetrazione dei FoS sul totale delle aziende quotate è compresa fra il 15 ed il 25%. Il dato cambia se si prende in considerazione il peso dei FoS rispetto alla capitalizzazione borsistica nazionale totale: riducendosi fra il 2 ed il 3%, in Italia come negli altri poli finanziari europei. La penetrazione dei FoS in Italia sembrerebbe dunque maggiore che altrove, ma questa avviene su un numero di imprese quotate e con un ammontare di capitali mediamente minore che nel resto d’Europa. Questo è probabilmente dovuto alla limitata dimensione delle imprese italiane quotate su un mercato borsistico e dimostra come la quotazione in Borsa possa essere un canale di afflusso di equity molto interessante, proprio in tempi di crisi.

Presenza e peso dei Fondi Sovrani nelle borse dei principali paesi europei Country N. of listed societies,

participated by SWF % of societies participated by

SWF on the total % value of the SWF participation on

capitalization total Italy 102 35,6% 2,2%

France 172 19,0% 2,0%

Germany 174 16,5% 2,6%

UK 400 24,6% 3,0%

Tab. 5 - Fonte: CONSOB

9 Discussion papers, “I Fondi Sovrani e la regolazione degli investimenti nei settori strategici”. S. Alvaro, P. Ciccaglioni – CONSOB – (2012).

Spain9%

Germany4%

France42%

Italy8%

UK36%

UE, Others0%

Europe, Others1%

2013

UK49%

Germany15%

France12%

NL6%

Italy4%

Denmark4%

Spain2%

Others8%

1995-2010

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Il secondo orizzonte. Una analisi dei Fondi Sovrani MENA Vis-a-vis con l’Europa e l’Italia

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Storicamente il Fondo Sovrano più attivo In Italia è il Libyan Investment Authority (LIA). La LIA è un’organizzazione governativa creata nel 2006, dall’accorpamento di diversi portafogli e società di investimento statali, al fine di gestire i ricavi derivanti dalle riserve petrolifere e diversificare le entrate statali. Opera sia all’interno del continente africano, tramite la controllata Libyan Africa Investment Portfolio (LAP), sia all’estero tramite la Libyan Arab Foreign Investment Company (Lafico) e l’Oilinvest. La LIA è poi legata all’ESDF (Economic and Social Development Fund), incaricata dello sviluppo dell’economia libica. Altre istituzioni libiche che investono all’estero sono la Libyan Foreign Bank e la Libyan National Oil Company.

In un solo anno il capitale gestito dalla LIA è sceso dai 133 miliardi di dollari del 2011 ai 65 del 201210, come conseguenza del congelamento dei fondi in seguito alla guerra civile ed al cambio di gestione dopo la caduta del regime della famiglia Gheddafi. Mutamenti che hanno comportato un diversa politica di investimento (e qualche perdita). Il fondo possiede un portafoglio più liquido della media dei FoS, persegue ritorni sugli investimenti di medio-lungo termine e, a differenza di molti altri fondi che preferiscono non rendere pubbliche le loro partecipazioni, è presente nei consigli di amministrazione grazie a investimenti che solitamente superano il 2% del capitale totale delle aziende. La LIA è nata contestualmente alla fine dell’isolamento internazionale del governo libico, costituendo uno dei principali veicoli di investimento che hanno accompagnato l’incremento dei rapporti politici e commerciali con l’Italia, culminati con la firma del trattato fra l’Italia e la Libia nell’agosto del 2008. Oltre alle partecipazioni del fondo libico o della banca centrale in diversi settori della nostra economia come lo sport (le squadre di calcio Juventus e Triestina), o il manifatturiero (Fiat e Olcese), la Libia si è ultimamente rivolta ai settori della finanza (Banco di Roma e, dopo la fusione, Unicredit) e dell’energia (ENI).

Il trattato di cooperazione fra l’Italia e la Libia ha segnato un nuovo corso, che punta a siglare delle intese di ampio respiro con le maggiori realtà industriali e finanziarie italiane per sviluppare congiuntamente, spesso sotto forma di joint venture, investimenti tanto in Italia che nel area MENA. Gli esempi sono numerosi: dalla joint venture Gran Jamahiria con Impregilo a Banca UBAE (con Unicredit), fino al memorandum firmato, nell’agosto del 2009, fra la LIA e Finmeccanica, che si inserisce nel solco del trattato fra i due paesi e si concentra sui settori dell’aerospazio, dell’elettronica, dei trasporti e dell’energia. Uno dei maggiori frutti di quest’accordo si è avuto il 25 gennaio del 2011, allorquando la LIA ha investito 100 milioni di euro per entrare nel capitale di Finmeccanica (fermandosi al 2%, al di sotto della soglia del 3%, che richiede l’autorizzazione del Governo italiano). Sempre nel 2009 la LIA ha concluso un altro accordo con Mediobanca per la creazione di un fondo comune volto a investimenti in società italiane dei settori delle costruzioni, delle telecomunicazioni, del farmaceutico e del real estate. Il nuovo corso successivo alle “Primavere arabe” pone qualche interrogativo, in seguito alla sentenza del tribunale internazionale

10 Stime SWF Institute.

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La finanza e i flussi finanziari

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dell’Aia che congela i fondi libici, anche a scopo di usarli come risarcimento per le vittime di crimini commessi dalla famiglia Gheddafi.

Le autorità libiche sono ora impegnate a dimostrare l’appartenenza dei fondi allo stato libico e conseguentemente la legittimità dell’uso a favore delle politiche governative. Prima del congelamento i nuovi amministratori hanno privilegiato gli investimenti produttivi, liberando liquidità grazie alla vendita di altre partecipazioni: a inizio del 2012 la LIA non ha sottoscritto né l’aumento di capitale di Unicredit (scendendo al 1,25%), né quello della Juventus (scendendo da una quota del 7,5% ad una del 1,5%).

Non è poi raro osservare delle operazioni congiunte (anche in Italia) fra il FoS libico e l’Abu Dhabi Investment Authority (ADIA), il più grande FoS al Mondo, forte del suo portafoglio da 773 miliardi di dollari. Lo scorso anno l’ADIA ha concluso 13 operazioni in tutto il Mondo per un totale di 1,9 miliardi di dollari. È attivo in Italia sin dal 1996 quando per 124 miliardi di lire acquistò l’1,7% del gruppo Mediaset, prima del collocamento in borsa. Da allora questa quota è dapprima salita e poi scesa poco al di sotto del 2%. Il fondo ha operato altri due investimenti nel settore finanziario: uno nella Banca di Roma, a sua volta confluita in Unicredit Group, l’altro nell’attuale UBI (Banca Popolare del Commercio e dell’Industria). L’interesse per l’economia italiana è stato rinnovato all’inizio del 2012, quanto il fondo di Abu Dhabi ha partecipato alla ricapitalizzazione di Unicredit con 500 milioni di euro, incrementando la sua quota nel capitale sociale dal 4,9% al 6,5% e rafforzando la sua posizione di primo azionista.

L’ADIA ha poi una partecipazione nel settore del lusso, detenendo il 2% di Bulgari. Nel 2011 è anche entrata nel novero dei contendenti per l’acquisizione dell’AS

Roma, ma senza portare a termine l’operazione.

Principali presenze dei FoS MENA nel tessuto produttivo italiano SWF purchaser Country Bought asset Sector Share % on total

Libyan Investment Authority Libya

Fiat Spa e Fiat Industrial Automotive 0,33% Juventus FC Sport 1,50% Eni Energy 1,00% UniCredit SpA Finance 1,26% Finmeccanica Aerospace 2,00%

Libyan Telecommunication and Information Technology Company

Libya Retelit Telecom 14,80%

Central Bank of Libya e Libyan Foreign Bank Libya UniCredit SpA Finanza 4,60%

Qatar Investment Authority Qatar Hotel Gallia di Milano Real Estate 100,00% Valentino Fashion Group Luxury 100,00%

Mubadala Development Company EAU - Abu Dhabi Piaggio Aero Industries Aerospace 35,00%

ADIA EAU - Abu Dhabi

Bulgari Luxury 2,00% Mediaset Telecom 2,00% Banca Popolare del Commercio e dell'Industria

Finance 4%

IPIC UniCredit SpA Finance 6,50% Tab. 6 - Fonte: Consob, Monitor, SWF Institute

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L’ADIA è un fondo interessante per l’Italia poiché, analizzandone il portafoglio, si nota come esso prediliga società estere, sia pubbliche che private, appartenenti alle economie di più antica industrializzazione. Non trascurabile è anche le quota dedicata agli small cap equities, che pesano fra l’1 ed il 5% del portafoglio del FoS. Negli ultimi anni i gestori del fondo stanno cambiando strategia, preferendo sempre più una gestione diretta dello stesso con un minor ricorso a fondi di investimento terzi.

L’ADIA continua a puntare sull’Italia, avendo nel corso del 2014 manifestato interesse, insieme a altri FoS-MENA, a rilevare il 49% di F2i-Aeroporti, in modo da realizzare un investimento sinergico con quello di Etihad sulla compagnia di bandiera Alitalia.

Vision e mission simili a quelle dell’ADIA sono portate avanti da un altro fondo di Abu Dhabi, il Mubadala che, pur avendo dimensioni più contenute (la somma dei beni posseduti nel 2012 arrivava a 48,2 miliardi di dollari, contro i 627 dell’ADIA), ha fatto segnare un attivismo superiore alla media negli ultimi anni, raddoppiando il proprio capitale complessivo dal 2010 al 2012 e investendo 3,56 miliardi di dollari in 13 operazioni diverse nel solo 2011.

La sua mission principale non si limita al ritorno sugli investimenti ma punta alla diversificazione dell’economia dell’emirato. Coerentemente con questo scopo il fondo ha una strategia commerciale incentrata sugli investimenti a lungo termine e ad alta intensità di capitale. Non è un caso se il 30% del suo portafoglio sia impegnato in quote di società multinazionali. Predilige le partnership con realtà di rilievo internazionale in settori come quello aerospaziale (detiene il 35% di Piaggio Aero Industries), del life science, dell’ICT, delle infrastrutture e del real estate. Un esempio ci è fornito dal investimento fatto in Ferrari nel 2005 (quota poi riacquistata dal gruppo Fiat), che ha permesso all’emirato di ottenere visibilità internazionale e di inserirsi nei circuiti della Formula 1, nonché nel settore dell’automotive (detiene una partecipazione in Tata). In questo solco si colloca la scelta di costruire, all’interno dei suoi confini un parco di divertimenti dedicato al tema della velocità e legato al marchio Ferrari.

Mubadala si muove sempre di più prediligendo le partnership industriali come quella siglata nel 2007 con il Gruppo Poltrona Frau che aveva lo scopo di aprire dei negozi di arredamento nell’emirato, ma soprattutto di intercettare le commesse legate agli importanti progetti immobiliari della zona del Golfo Persico, diffondendo la cultura del design di alta qualità. Un altro accordo è poi stato trovato l’anno successivo con Alenia, controllata da Finmeccanica. L’oggetto dello stesso riguarda la realizzazione di componenti aeronautici e nuove tecnologie (ad esempio per aerei unmanned) per il settore civile presso un impianto produttivo sito ad Abu Dhabi.

Tra gli altri FoS MENA operanti in Italia vi è il KIA (Kuwait Investment Authority) attento alla gestione diretta del business legato al petrolio. Non a caso in Italia tramite una sua controllata (la KPC) gestisce la Q8 (che a sua volta ha acquistato il 100% delle Mobil Oil Italia) e con ENI (joint venture al 50%) possiede la raffineria di Milazzo. Nel 2010, in seguito alla visita in Italia dell’emiro Sheikh Sabah Al Ahmad, sono stati

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firmati tre accordi bilaterali per i settori dell’ambiente, della salute e del turismo. I margini di collaborazione fra l’Italia ed il Kuwait ed in particolare con il fondo KIA, che nel 2011 ha investito globalmente 2,83 milioni di dollari in 15 operazioni, sono ancora ampi. Sempre legato agli idrocarburi è l’investimento (pari al 45% del totale) operato da Quatar Petroleum per dar vita al rigassificatore di Rovigo, inaugurato nel ottobre del 2009. Un fondo, quest’ultimo, che si caratterizza da sempre per il grande dinamismo: nel solo 2011 ha dato vita a 26 operazioni per 11,98 miliardi di dollari di investimenti totali. In Europa per ora ha concentrato la sua attenzione nei settori del real esatate (Sainsburys, Harrods), delle infrastrutture (InfraRed Infrastructure Fund II) e della finanza (London Stock Exchange, Barklays e Credit Suisse). Nel luglio di quest’anno lo sceicco Hamad bin Kahlifa al Thani, presidente della Quatar Investment Authority ha acquistato per 700 milioni di euro il Valentino Fashion Group e sta esaminando il possibile acquisto della Snam (rete gas) e di Fincantieri, per entrare nel settore delle navi da crociera.

Interessato al real estate ed alla cantieristica navale italiana è anche lo State General Reserve Fund dell’Oman, che ha commissionato nel solo 2006: cinque catamarani per 90 milioni di dollari ai Cantieri Navali Rodriguez, tre turbine per centrali elettriche ad Ansaldo Energia per 100 milioni di dollari. Interessante è la commessa vinta dalla società di ingegneria Sering che si è aggiudicata la progettazione del nuovo porto di Shinas. Altre operazioni dei FoS MENA in Italia hanno coinvolto: la Dubai World che ha mostrato interesse per un investimento fra i 500 ed i 700 milioni di euro nell’area ex-Falck di Sesto San Giovanni e per la ristrutturazione del centro di Palermo.

In tempi più recenti, il nostro paese è finito nel mirino degli investimenti sovrani del Qatar. Qatar Holdings ha annunciato insieme al Fondo Strategico Italiano una partnership (IQ Made in Italy) finalizzata ad investire in imprese anche PMI del Made in Italy fino a 2 miliardi di dollari in 4 anni. 5. La sfida per l’Italia: riusciremo ad attrarre da 1,5 a 2,5 miliardi di dollari all’anno?

Negli ultimi due anni gli asset gestiti dai FoS MENA sono cresciuti del 21% per anno raggiungendo i 2.755 miliardi di dollari. Si tratta di un importo che sfiora 1,5 volte il Pil dell’Italia. Questa dinamica virtuosa potrebbe proseguire nei prossimi anni non tanto per la domanda e il prezzo del greggio, quanto per il rendimento degli investimenti effettuati. I rendimenti sostituiranno la vendita degli idrocarburi come principale sorgente del funding dei FoS-MENA.

Ipotizzando una crescita media dei FoS mondiali pari al 10% all’anno per i prossimi cinque anni (stima prudenziale rispetto al grafico 2), possiamo attribuire lo stesso tasso anche ai FoS MENA, che nel 2020 si troverebbero ad amministrare un patrimonio pari a cinque 5.000 di dollari, quasi il doppio del PIL della Germania.

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Il secondo orizzonte. Una analisi dei Fondi Sovrani MENA Vis-a-vis con l’Europa e l’Italia

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Questo ammontare di capitale è destinato a alimentarsi e produrre flussi di investimenti. Nel caso dei FoS arabo-mediterranei in particolare vi è poi una predilezione per destinare gli investimenti al continente europeo: fra il 2009 ed il 2011 questi sono valsi in media 17,6 miliardi di dollari. Supponendo che questo flusso cresca del 10% all’anno (un tasso pari a quello dello stock amministrato) fino al 2020, avremmo in media ogni anno 30 miliardi di dollari a disposizione dei fondi arabo-mediterranei, per investimenti da destinare alle piazze europee. Ora non ci resta che calcolare la parte della torta spettante all’Italia. Sappiamo, da uno studio della Deusche Bank, che in 15 anni l’Italia ha attratto circa il 4% degli investimenti dei Fos in Europa, ma che nell’ultimo anno il flusso è stato dell’8 per cento (grafico 7). Conoscendo gli acquisti di partecipazioni o altri beni operati dei FoS in Italia e la predominanza dei FoS arabo-mediterranei, è possibile e prudente immaginare che nei prossimi 5 anni almeno un 5-8% degli investimenti dei FoS MENA possa essere intercettato dal nostro Paese, per un valore compreso nella forchetta di 1,5-2,5 miliardi di dollari per anno.

Quando si parla di investimenti, sia finanziari che a maggior ragione reali, il matching tra l’offerta di capitali – nel nostro caso abbondante – e la domanda di fondi – che anche in questo caso è abbondante non avviene automaticamente. In particolare, la domanda di investimenti è segmentata secondo le necessità degli investitori.

Occorre comprendere che la domanda di investimenti dei FoS-MENA è andata molto differenziandosi negli ultimi anni e la chiave di comprensione di questa segmentazione è il processo di diversificazione strategica. La diversificazione dei portafogli dei Fondi Sovrani-MENA non ha infatti mera matrice finanziaria, ossia non è un’ottimizzazione del rapporto rischio-rendimento.

I FoS-MENA e, più in generale, i Fondi Sovrani che hanno superato la fase di start-up cercano oggi investimenti:

Non solo in equity, non solo in obbligazioni, non solo finanziari. Sono sempre più inclini ad assumere il ruolo di azionista non semplicemente passivo o di minoranza, ma vogliono essere di stimolo e di indirizzo per il management;

Non in qualsiasi settore, ma in settori che siano ad alta crescita nel mondo e/o possano comportare investimenti esteri nei paesi di origine dell’investitore;

In settori di punta dell’innovazione tecnologica e con ampia possibilità di applicazioni di massa (Health-care).

Qui si innesta l’aspetto dell’offerta degli investimenti, che in Italia non è

pienamente matura. Il numero delle imprese “visibili” e “investibili” perché quotate nei mercati regolamentati è esiguo al confronto dei partner esteri. In secondo luogo, i paesi del Golfo sono sempre più destinazione di missioni di affari da parte dei banker di diversi paesi. Mano a mano che la City perde attrattività, sono i banker della City che seguono i loro potenziali clienti direttamente nel Golfo.

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Tutto questo significa che catturare da 1,5 a 2,5 miliardi all’anno di investimenti da parte dei FoS-MENA è possibile, ma dotandosi di una strategia selettiva di composizione dell’offerta italiana e di una strategia attiva di proposta.

Per aumentare l’attrattività del nostro Paese e la probabilità di avere successo nell’attrazione di questi investitori, occorre insistere su investimenti soft, come quelli nelle relazioni italo-mediterranee nell’ambito di accordi e protocolli bilaterali fra i principali attori dei relativi stati. Nell’approccio ai FoS, le relazioni interstatali e istituzionali sono non meno importanti delle relazioni d’affari o finanziarie.

Si dovrebbero creare azioni sistemiche (in Italia come all’estero) che coinvolgano le istituzioni pubbliche, le aziende partecipate dallo stato, lo stesso Fondo Strategico Italiano, le filiere produttive e le dorsali di assistenza economico e finanziaria all’estero così come le reti bancarie. I maggiori istituti di credito sono presenti in quasi tutti i Paesi del sud del Mediterraneo e della Penisola araba, con filiali proprie, uffici di rappresentanza specializzati nel supporto alle imprese italiane o protagoniste di accordi di collaborazione con le banche locali. Devono però fare in molti casi il passo in avanti per diventare vere e proprie antenne di merchant bank.

Le leve da attivare nel corso di questa attività si devono poi rinnovare tenendo conto del quadro economico-politico mutato dopo i movimenti della “Primavera araba”. I governi nord africani o mediorientali hanno ora ancora maggiore esigenza di far ricadere parte del business, quando non del know how, sui loro stessi territori per supportare il potere d’acquisto delle popolazioni locali e contrastare la disoccupazione giovanile.

È necessario essere in grado non solo di intercettare i flussi di investimenti rivolti all’Europa, ma di fornire servizi e prodotti dall’Italia a quei Paesi, anche perché essi, da Paesi consumatori dei redditi da idrocarburi, si stanno rapidamente trasformando in importanti piattaforme produttivo-commerciali, sfruttando la disponibilità di capitali da investire in infrastrutture e opere di industrializzazione e la loro posizione geografica baricentrica fra Europa, Asia e Africa. Non è un caso se il Fondo Monetario Internazionale ne stima il prodotto interno lordo in crescita nei prossimi cinque anni, con tassi superiori al 4%: più della media mondiale, il doppio della media delle economie avanzate ed il quadruplo dell’Area Euro.

È tuttavia necessario affilare le armi a disposizione di investitori privati e istituzioni italiane, in modo che questi Paesi non si trasformino in concorrenti, come ha dimostrato il caso dell’Alcoa, ma trovino in Italia un luogo di atterraggio privilegiato per i loro investimenti e dei partner rispondenti alla domanda di conoscenza tecnologico-produttiva a cui dare corso anche nei propri Paesi.

Se avremo la capacità di convincere gli investitori arabo-mediterranei, per caratteristiche e portata questa sarà senza dubbio una delle rotte che l’Italia potrà sfruttare per ritrovare un cammino di crescita e competitività.

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Med Business& Trade IndicatorsItaly—Med Area

June 2011

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