IL SANTUARIO DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE · intitolato alla Madonna delle Grazie in quanto...
-
Upload
truongkhanh -
Category
Documents
-
view
228 -
download
0
Transcript of IL SANTUARIO DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE · intitolato alla Madonna delle Grazie in quanto...
IL SANTUARIO DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE IN PONTICELLI SABINO
di
Umberto Massimiani
Sommario
LA FONDAZIONE.............................................................................................................................. 2
IL BEATO AMEDEO ......................................................................................................................... 5
IL PERIODO AMADEITA ................................................................................................................. 6
L‟IMMAGINE MARIANA ................................................................................................................. 8
I RIFORMATI ................................................................................................................................... 10
IL RITIRO.......................................................................................................................................... 11
SAN CARLO DA SEZZE ................................................................................................................. 13
IL BEATO BONAVENTURA DA BARCELLONA ....................................................................... 14
SAN LEONARDO DA PORTO MAURIZIO ................................................................................... 15
IL VENERABILE GIOVANNI BATTISTA DI BORGOGNA........................................................ 16
LA VIA CRUCIS ............................................................................................................................... 17
IL PERDONO DI ASSISI.................................................................................................................. 20
LA FIERA .......................................................................................................................................... 21
L‟ERA CONTEMPORANEA ........................................................................................................... 22
BENE CULTURALE E AMBIENTALE .......................................................................................... 25
NOTE ................................................................................................................................................. 27
LA FONDAZIONE
“ ….Quare pro parte vestra nobis fuit humiliter supplicatum, ut vobis locum praedictum recipienti
et inibi unam donum huiusmondi cum ecclesia, campanili umili campana, coemeterio, dormitorio,
plaustro, hortis, hortalitiis et aliis officinis necessariis in prefato loco construi faciendi, illamque
perpetuo inhabitandi licentiam concedere, aliasquae in praemissis opportune providere
dignaremur.
Non igitur ducis et ducissae praedictorum desiderium praedictum plurium in Domino
commendantes, huiumodi supplicationibus inclinati, vobis locum praedictum ducis largitione
offerendum recipienti et in illo unam donum cum ecclesia sub dicta invocatione S.Marie ac
campanili umili, campana, coemeterio, dormitorio, refectorio, claustro, hortis, hortalitiis et aliis
necessariis officinis praedictis construi faciendi, illaque pro vestris usu et habitatione praedictis
perpetuo retinendi, auctoritate apostolica, tenore praesentium, licentiam elargimur. Iure tamen
parochialis ecclesiae….In omnibus sempre salvo”.
Questi passi estratti dal Breve Pontificio “ Pia et Ecclesiae desideria” (1) di Sisto IV (2) del 20
giugno 1478 permettono al Beato Amedeo Menezes de Silva di accettare la costruzione di
Raimondo Orsini in Ponticelli Sabino.
Il Breve contiene gli elementi edilizi su cui disegnare la struttura architettonica del Santuario
intitolato alla Madonna delle Grazie in quanto realizzato quale ex voto per grazia ricevuta.
Le lunette laterali all‟altare (presbiterio) contengono a sua volta due ovali ornati, decorati con le
iscrizioni che ricordano l‟evento: “ Salvs nostra in manv tva o Maria” e “ Ego svm omnvm
gratiarvm mediatrix”.
Gli Orsini, potente famiglia patrizia romana, si erano attestati a Scandriglia il 16 ottobre 1337
quando furono nominati luogotenenti generali e difensori della piazza dai monaci di Farfa per
tutelare i loro interessi. Nel 1393 Francesco Orsini, duca di Gravina e prefetto di Roma, riuscì a
farsi concedere l‟enfiteusi perpetua del territorio di Scandriglia per lui e i suoi discendenti legittimi
in linea maschile, dietro l‟annuo censo di dieci libbre di cera da presentarsi all‟abbazia di Farfa per
la festa dell‟Assunta ( nel 1639 la linea si estinse e le terre tornarono alla Camera Apostolica).
Nel 1410 gli Orsini presero le terre di Ponticelli Sabino (nel 1644 a seguito dell‟estinzione della
linea maschile le terre furono vendute alla famiglia di Taddeo Barberini) e vi costruirono il Castello
con le mura castellane. Francesco Orsini col consenso di Orso, suo fratello, nel 1423 donò in
perpetuo ai suoi figli il castello di ponticelli con tutte le terre, selve, valli, monti, acque, pascoli,
casali e vassalli per frane l‟uso che ritenevano più opportuno (3). Il figlio Raimondo ereditò anche i
titoli di Duca di Gravina, Vice re di Napoli, Conte di Nerola.
Questo ramo degli Orsini possedeva terre da Montelibretti fino a Scandriglia inglobando Montorio
Romano, Nerola e Fara Sabina.
Dal castello di Nerola dominavano il territorio descritto e conosciuto in epoca romana come parte
della „Massa Torana‟ segnato dalla via Salaria, un territorio al centro della Sabina romana e reatina
che arrecava nuovo onore e prestigio alla casata (nel 1500 crearono il titolo di Principe di
Scandriglia).
Nel castello di Nerola, sede residenziale estiva degli Orsini, nel 1470 fu demolita una cappella
contenente una immagine mariana per impiantare nuovi sistemi difensivi alle offese delle prime
armi da fuoco, infatti il vecchio castrum fu rinforzato con nuovi corpi di fabbrica ed agli angoli,
sotto le vecchie torri quadrate, venne iniziata la costruzione di quattro robusti torrioni circolari.
Nel corso di questi lavori il quadro mariano andò perduto e fu ritrovato dal beato Amedeo per
ispirazione divina che lo collocò nel romitorio della SS.Trinità (4) (oggi detto del beato Amedeo),
situato tra la confluenza del torrente Corese che a sua volta riceve l‟acqua dalla fonte di Santa
Barbara e il terreno sottostante il Castello di Nerola, dove era solito ritirarsi.
Il beato Amedeo nel 1471 era venuto a Roma chiamato dal pontefice Sisto IV quale suo confessore
e segretario. Gli aveva donato la chiesa e il convento di San Pietro in Montorio sul Gianicolo dove
il suo sguardo si posava in Sabina.
E qui venne in cerca di solitudine e meditazione come eremita penitente per riscoprire le origini del
francescanesimo ( a volte si rifugiava in una grotta poi incorporata dove fu costruito il Convento di
S.Angelo in Montorio Romano per cui veniva detta anche „cella del beato Amedeo‟).
E qui nel Castello di Nerola che si ammalò l‟unico figlio di Raimondo Orsini e della consorte
Donna Giustiniana. Quando la medicina del tempo non fu più in grado di guarire e di salvare si
rivolsero alle preghiere del beato Amedeo, il piccolo Orsini era ormai in fin di vita.
Il beato Amedeo confortò gli Orsini e li esortò a confidare nella Madonna. Fu in quelle circostanze
che la famiglia Orsini fece il voto di costruire una casa degna all‟immagine per la guarigione del
figlio.
Gli Orsini ritrovarono se stessi e l‟immagine perduta….per questo il Breve Pontificio scrive „Pia et
Ecclesiae desideria‟.
La costruzione del Santuario formata da due corpi edilizi: chiesa e convento è intesa come un corpo
unico, una casa.
Inoltre convergono il desiderio degli Orsini e del Beato Amedeo quello cioè di diffondere il culto
della devozione mariana per cui dal punto di vista architettonico, come segno e simbolo, non ci
sono mura perimetrali alla primitiva costruzione perché non ci sono confini a questa missione.
Il santuario è collocato al centro delle terre degli Orsini come ad intendere nel loro „cuore‟ come lo
era l‟unico figlio. Questo centro è individuato accanto al romitorio del beato Amedeo e che secondo
frate Egidio da Parma, laico della Provincia Riformata Romana su un terreno della famiglia
Antonelli (o Antinelli) di Ponticelli che lo donarono agli Orsini a condizione che ci sia stata una
cappellina per essa a destra dell‟altare maggiore.
Secondo le ricerche sulla struttura dei materiali impiegati per la costruzione l‟architetto Alberto
Gazzè (5) ha riscontrato il sovrapporsi di due strutture non di pari epoca che fanno ritenere che il
Santuario sia stato ricavato da un precedente corpo. L‟ipotesi per cui si propende è che qui ci sia
stato un casale agricolo che abbia utilizzato materiale e disegno di epoca romana (villa rustica) che
costituisce il lato edilizio dell‟orto.
Il Padre Ludovico da Modena, in un documento conservato nell‟archivio del Convento di San
Francesco a Ripa in Roma, afferma che il Santuario fu costruito su un disegno antico e fabbricato
con buoni elementi edilizi.
Il Silvestrelli (6) afferma che il romitorio del beato Amedeo fu costruito nel X secolo dai monaci di
Farfa e che il dipinto del beato è di mano popolare. Ed anche questa affermazione conferma
l‟ipotesi precedente. Secondo Alessandro Rosati per la costruzione del Santuario è stato impiegato
parte del materiale edilizio del Castello stesso.
La costruzione iniziata tra il 1478 e 1479 fu terminata nel 1480 quando il giorno di Pentecoste
l‟immagine mariana detta „delle grazie‟ lasciava in processione il castello di Nerola per la nuova
dimora.
Settimio Raimondi di Nerola riprendendo come Padre Francesco Conzaga una espressione
popolare la definiva devotamente come „Dolce e Celeste Castellana‟.
Un‟altra grazia è legata a quell‟evento segnato da una lunga siccità, la preghiera per l‟acqua che si è
rivelata con una copiosa pioggia. Testimonianza di frate Giovanni da Valle Imagna confidente del
Beato Amedeo e come scritto nelle cronache del tempo.
IL BEATO AMEDEO
Il beato Amedeo Menezes (Meneses) de Silva (Sylva) nacque a Ceuta in Marocco nel 1420 e morì a
Milano il 10 agosto 1482.
Nacque da un parto difficile e la madre ricevette l‟indicazione del nome da un mendicante che
diceva „Ama Dio‟ . Di origine nobile il giovane Amedeo fu ferito all‟età di venti anni al braccio
durante una battaglia. Ispirato da Dio abbandonò le armi ed illuminato dallo Spirito Santo decise di
partire per il martirio. La visione ammonitrice della Vergine e dei SS. Francesco e Antonio fu
determinante per la sua scelta francescana.
Fratello della beata Beatrice De Silva, fondatrice delle Concezioniste, si firma spagnolo mentre
alcuni scrittori registrano il cognome in diversa maniera: spagnolo o portoghese.
Nel 1442 fu ricevuto dai Girolamini di Guadalupe, presso i quali restò fino al 1452. Passato in Italia
e fermatosi ad Assisi, decise di farsi Minore ma soltanto nel 1455 raggiunse tale scopo.
L‟anno seguente, mandato in Lombardia, visse a Milano ( fu bene accetto agli Sforza di Milano e ai
Medici di Firenze) ed in altri conventi di quella regione dove secondo il Bascapè con un culto
accentuato della Vergine, con la predicazione, con la vita austera ed esemplare si prodigò per
riportare la pace nella città stremata dalle discordie civili. Nel 1459 fu ordinato sacerdote.
Attorniato da un numero sempre crescente di discepoli, gettò le basi di quella congregazione
francescana che da lui prese nome: Congregazione degli Amadeiti.
Questa arrivò ad avere una trentina di conventi nell‟Italia settentrionale, dei quali una ventina
ricevuti vivente il beato e intitolati quasi sempre alla „Madonna delle Grazie‟.
Nel 1471 fu invitato a Roma da Sisto IV per essere suo confessore e segretario. Il pontefice gli donò
la chiesa e il convento di San Pietro in Montorio dove compose “ Apocalypsis Nova” pervenutaci
interpolata.
Ai fasti della corte pontificia preferì il silenzio e la solitudine tra gli olivi della Sabina dove si
recava in ritiro presso il romitorio della SS.Trinità a Ponticelli di Scandriglia o a Sant‟Angelo di
Montorio Romano in una grotta dove si dice per tradizione che con il suo sangue penitenziale
colorava di rosso il crocifisso.
Amedeo gode del titolo di beato dell‟Ordine Francescano Minore e le relative pratiche dirette alla
conferma del culto sono state iniziate nel 1913.
Nel 1982 si è celebrato, all‟interno del giubileo di San Francesco d‟Assisi (1182-1226), il quinto
centenario della morte.
IL PERIODO AMADEITA
Nel capitolo francescano del 1217 erano state costituite le „province‟ e il territorio era articolato in
„custodie‟: Romana, Viterbese, Orvietana, Tiburtina, Marittima, della Campagna, Reatina.
Poco a poco le custodie andarono in disuso, soprattutto quando si affermarono le riforme e con esse
gli Osservanti (secolo XV), mentre i Conventuali si conservarono anche dopo la divisione del 1517
decretata da Leone X con la Bolla „Ite vos‟.
Lo storico Lazaro Iriarte ha definito questo periodo come quello „delle trasformazioni‟ dalla
fondazione (7).
Nei secoli XIV e XV (fondazione del santuario di Santa Maria delle Grazie) il dialogo tra il puro
ideale e le esigenze della vita reale riaffiorava…e al termine si imporrà il diritto all‟Osservanza
fedele alla Regola, fino alla scissione definitiva, mentre la comunità vivrà in uno stato più mitigato
e legale. Quell‟aspirazione acquisterà una forma con l‟Osservanza, lo stato legale nel
Conventualesimo.
Osservanti del primo Rinascimento sono coloro che desiderano un ritorno ai primi fervori
dell‟Istituto: amano il ritiro, l‟orazione mentale, l‟austerità, la povertà, la semplicità degli edifici e
nelle celebrazioni liturgiche.
Conventuali sono coloro che abitano, invece, in edifici spaziosi, ove il ritmo solenne ed ordinato
della vita comune è un valore primario, ben adattatisi con le mitigazioni legittime e con ciò che
avevano professato, nemici delle innovazioni e dei fervori estemporanei, combinano la serietà della
disciplina monastica con la fedeltà fondamentale all‟ideale e l‟efficacia del servizio alla Chiesa.
La provincia Romana (Regione Lazio) fu tra le più attive per quanto riguarda il movimento
riformistico per la più pura osservanza della Regola.
Vero fondatore dell‟Osservanza è ritenuto il beato Paoluccio Trinci (1368) di Foligno i cui primi
luoghi ceduti ai suoi seguaci furono nel 1373 Greccio, Fontecolombo e Poggio Bustone (Valle
Santa di Rieti oggi detto Cammino di Francesco).
All‟interno dell‟Osservanza saranno compresi altri movimenti: Riformati, Alcantarini, Recolletti,
Scalzi (Clareni, Puebliti, Guadalupesi) ed uniti: Colettani, Capriolanti ed Amadeiti.
I Villacreziani e i Martiniani sono legati ai Conventuali. I Cappuccini sono del 1525.
Il movimento amadeita iniziato nel 1464 con la presa di possesso del convento di Santa Maria di
Bressanoro in Castelleone (Cremona) fu favorito da Paolo II e venerato da Sisto IV. Il loro abito
non era molto diverso dagli Osservanti se si eccettua il cappuccio che scendeva più largo sulle
spalle, il colore era cinericcio tendente al rosso (marrone). Praticavano la tonsura che lasciava una
corona di capelli per ricordare la corona di spine di Gesù; il cingolo era una corda di canapa rozza e
semplice come gli zoccoli di legno per difendersi da fratello serpente.
La loro congregazione (formata da conventi ed eremitaggi sparsi per l‟Italia) nel 1518 fu riunita
nella provincia di San Pietro in Montorio e fu abolita nel 1568 da San Pio V che la unì agli
Osservanti.
Il Santuario di Santa Maria delle Grazie in base a questo approfondimento doveva pertanto
rispondere alla spiritualità amadeita: semplicità edilizia, semplicità liturgica, semplicità dell‟abito,
semplicità di vita. Gli amadeiti si impegnarono nella questua e nella penitenza.
Ad essi si deve la coltivazione a grano del prato circostante il Santuario e le spighe di grano erano
poste sull‟altare o ai piedi del crocifisso e dell‟immagine mariana. I frutti del lavoro erano portati
sull‟altare. Il beato Amedeo lasciò il suo mantello alla fraternità (8) quale ricordo e con la sua
partenza si avvisarono le difficoltà che minavano la congregazione a tal punto che su istanza del
cardinale Flavio Orsini il 10 aprile 1566 con la Bolla „Sollicitat Nos‟ il convento passò ai Riformati
della Provincia Romana.
L’IMMAGINE MARIANA
Il Padre Ludovico da Modena così narra nella sua cronaca: “ ..di chi la portasse e che ne fosse
autore, non si poteva avere certezza alcuna” (9).
Il Bernasconi scrive che nel 1449 sopra la porta maggiore di Nerola era dipinta una copia
dell‟immagine in quanto l‟originale si trovava nella cappella del castello Orsini.
Secondo Padre Giuseppe Maria da Monterotondo l‟immagine era di origine orientale (forse a
motivo del fatto che gli Orsini facevano parte dell‟Ordine Equestre di San Giovanni di
Gerusalemme).
Per altri come Padre Bonifacio da Amatrice essa sarebbe stata ritrovata sotto la Rocca di Nerola,
dichiarazione rafforzata dal celebre cronista dei Minori, Padre Lucas Waddingus, che sostiene fu
ritrovata dal beato Amedeo e collocata nella Rocca degli Orsini a Nerola.
Un documento interessante è quello del Cardinale Caraccio a seguito della visita pastorale del 1660
che così scrisse: “ …visitavit altare S.Maria Gratiarum in cappella posita a cornu evangelii sub
cappella con camerata; altare est totum consecratum et pulcherrime ornatum, et pro icona habet
devotissima imaginem B.Mariae Virginis Gratiarum nuncupatam, unde ecclesia coepit nomen et
frequentatur a confraternitatibus processionaliter in di Pentecostes quia eius festivitas est 2° die
Pentecostes et multa miracela diversorum edita od devotionem huius imaginis.
Ab, Amedeo, divina, ut fertur, revelatione inventam fuisse, ad quam ob crebra miracela confluunt
circumvicin populi, praesertium feria seconda post diem Pentecostes, perpetuo lucro indulgentiae
plenariae illuc invitati”.
Durante il periodo del Ritiro furono fatti molti esemplari del dipinto con la dicitura: “ Vera effige
della antica e miracolosa Madonna delle Grazie che si venera nella chiesa del noviziato dei padri
minori riformati del Ritiro di Ponticelli in Sabina”.
Il papa Pio VI incoronò l‟immagine il 3 ottobre 1779 con un diadema d‟oro, donato dal Principe
Alessandro Sforza, come ricorda la lapide marmorea posta nel presbiterio.
L‟incoronazione fu eseguita, dopo il processo canonico curato dal conte Alessandro Pallavicini, dal
delegato del Capitolo Vaticano, Mons. Francesco Guidi alla presenza dei devoti e dei fedeli dei
paesi circonvicini che avevano promosso l‟iniziativa insieme ai religiosi.
La lettera contenente la richiesta era indirizzata al vescovo della Sabina, il cardinale Andrea
Corsini: “ Eminenza, il guardiano e i discreti del convento di San Bonaventura di Roma del Ritiro
dei minori osservanti riformati umilmente rappresentano all‟E.V. che avendo nella chiesa di
S.Maria delle Grazie loro noviziato convento situato nel territorio di Ponticelli a Scandriglia della
diocesi di Sabina un‟antichissima e miracolosa immagine della Beatissima Vergine Maria,
vorrebbero farla coronare nelle solite forme dal Re.mo Capitolo di San Pietro e ciò per dilatare
maggiormente la devozione verso la medesima e quindi aumentare la protezione della Gran Madre
di Dio a pro dei popoli della diocesi.
Supplicano pertanto gli oratori la nota pietà all‟E.V. a promuovere, come vigilante pastore sì
grande opera con favorevole attestato di quanto si espone mentre oltre la non mai interrotta
devozione di detti popoli che vi concorrono specialmente nel secondo giorno di Pentecoste e che ne
solennizza la festa con panegirici e indulgenza plenaria perpetua anche con pubbliche processioni
delle comunità di Ponticelli e di Nerola, chiaramente constatano sì l‟antichità come la venerazione e
prodigi di detta immagine dagli annessi attestati fatti per tale effetto dai rispettivi arcipreti di
Scandriglia, di Nerola, di Montorio Romano, di Montelibretti, di Correse e di Ponticelli e quel che è
più degli annali del P. Luca Waddingo celebre cronista dell‟ordine serafico, il quale all‟anno 1478
pagina 216 parlando su tale argomento così si esprime: „Habetur illic in magna veneratione imago
quaedam ab Amadeo divina, ut fertur, revelatione inventa, ad quam ob crebra miracela confluunt
circumvicini popul, praesertim feria seconda post diem Pentecostes, perpetuo lucro indulgentiae
plenariae illuc invitati‟.
L‟immagine misura cm 0,74 (larghezza) e m 1,00 (altezza) è un olio su tela incorniciata ed era posta
nella prima cappella prima di essere passata alla terza e poi sull‟altare maggiore nel 1826.
Nel 1949 l‟immagine fu pellegrina in Sabina, nel 1957 Luisa Mortari e Federico Zeri soprintendenti
dei beni culturali (allora inseriti nel Ministero della Pubblica Istruzione) la studiarono nella
prospettiva di storici dell‟arte, nel 1975 fu inserita nella raccolta mariana mondiale del Santuario
Madonna del Divino Amore a Roma. Derubata degli ori nel 1983 fu restaurata in varie riprese fino a
quella definitiva del 2008 quando è stata incoronata dal cardinale Angelo Comastri…‟le mie mani
sono le vostre mani‟ disse all‟atto dell‟incoronazione alla vigilia del giubileo francescano della
Regola dell‟OFM. Da allora si celebra e si ricorda quel giorno come tradizione (ultima domenica di
agosto).
L‟immagine rappresenta la Madonna che con il braccio sinistro sostiene il bambino su uno sfondo
oro. La Madonna è adorna di una veste azzurra con motivi di stelle sorregge la mano sinistra il
bambino che indossa una veste rossa.
Prima del restauro ai lati dell‟immagine erano posti degli ex voto (oggi raccolti in bacheca).
La sua iconografia riprende quella di altre immagini come la „Salus Popoli Romani‟ o la
„Consolata‟ di Torino o della Madonna di Costantinopoli.
Recentemente l‟ipotesi ispirata alla scuola di Antoniazzo Romano detto „il madonnaro‟ è tornata a
farsi sentire e non appare improbabile anche se l‟immagine restaurata ha evidenziato una originale
„estetica di luce e di preghiera‟ pur in un modulo stilistico tardo-bizantino del secolo XV ma di
pregevole fattura che emana pace e bene.
I RIFORMATI
All‟interno dell‟Osservanza si generò il movimento dei „Riformati‟. A partire dal 1518 la riforma fu
iniziata dal Venerabile P. Stefano Molina, Bernardino d‟Asti, Francesco da Jesi ed altri, che
aspiravano a una più stretta osservanza ( il movimento fu detto anche „serafica riforma‟) della vita
francescana in luoghi umili ed aspri, le cosiddette „case di ritiro‟, abbandonando i conventi non
ritenuti idonei ai loro ideali. Il movimento ricevette una prima approvazione nel 1532 da Clemente
VII ma ebbe difficoltà ad affermarsi come distinto istituto in seno all‟Osservanza.
Nel 1642 i Riformati redassero i loro nuovi statuti in lingua italiana, che rimasero in vigore fino al
1897, quando Leone XIII riunì Riformati ed altre famiglie francescane nell‟Ordine dei Frati Minori.
Dagli statuti si apprende il modo e la forma di vestire da cui ( anche in contrasto con l‟abito nero dei
conventuali) nel settecento si inizierà ad adottare-adattare l‟abito nel colore marrone attuale (quando
i lanifici interni ai conventi responsabili di queste diversità cromatiche dovute alle diverse mescole
di tinture, cederanno il posto alle prime sartorie artigianali con una specifica colorazione). Infatti la
varietà (né bianco né nero, in ossequio alla Regola) di grigio chiaro o scuro, bigio o cinereo
tendente al rosso si determinerà nel marrone per l‟adozione della lana naturale scura.
Per i Riformati questo modo di vestire significava comunicare quanto era contenuto nella Regola,
battersi contro la mondanizzazione dell‟Ordine e recuperare lo spirito originario dell‟Ordine.
Alcuni punti sono eloquenti: 1- La materia dei panni sia vile e bassa, che escluda ogni sensualità per
quanto comporta la varietà dei paesi; li panni siano corbellati, e chi d‟altro panno non approvato dal
suo ministro si vestirà, sia privo di voce attiva e passiva per sei anni e il ministro che non esequirà
quanto di sopra, sia privo dell‟offitio; 7- Niuno ardisca dormire senza abito, corda, cappuccio e
mutande, né in altro che sopra il pagliericcio con capezzale di paglia (…se non dorme su tavole o
stuoie)…li trasgressori, per la prima volta facciano la disciplina in pubblico refettorio e ricadendo
siano puniti ad arbitrio del superiore locale o provinciale….; 8- Niun frate, senza necessità e licenza
espressa, ardisca di portare pianelle, scarpe, scarpini, berrettini in pubblico né in privato sotto pena
di mangiare in terra pane e acqua, con tenere avanti quella cosa in cui ha difettato e non
emendandosi, sia privo di voce attiva e passiva per due anni; 11- …Possino però li guardiani con il
consenso de discreti, dare qualche abito vecchio a devoti, specialmente moribondi, per guadagnare
l‟indulgenze. 12- Tutti i frati si radano almeno ogni tre settimane, la tonsura…Li trasgressori, tanto
il raso quanto il barbiere, faccino la disciplina e riformino subito la tonsura.
L‟abito francescano anche rattoppato, come quello di San Francesco, e i simboli della penitenza:
piedi nudi, cilicio, teschio e flagello diventavano segni dell‟austerità mentre la povertà e la
preghiera completavano questo scenario di una nuova presenza.
IL RITIRO
La Provincia Osservante Romana tenne il Santuario di Santa Maria delle Grazie fino al 1602 perché
il 31 maggio i Riformati vi celebrarono il loro primo capitolo custodiale presieduto da Padre Paolo
da Chiavari, Visitatore Apostolico nominato da Clemente VIII ( Bolla del 10.11.1601) e qui venne
eletto il primo custode indipendente dall‟Osservanza Padre Paolo da Nicotera con i relativi decreti
ed ordinazioni.
La prima piccola fraternità il 27 ottobre 1637 ricevette San Carlo da Sezze (10) fino al novembre
1638.
La chiesa di Santa Maria fu la sua prediletta e parlando dei frati così scriveva: “…i quali rimiravo
come angeli venuti dal paradiso, chè tali nello spetto mi parevano e sentivo alle volte uscir da loro
come un odore soavissimo che mi ricreava l‟anima e rendeva un santo timore riverenziale, che
eccitava la devozione. Ma più si ricreava il mio spirito in sentirli nelle ore canoniche cantare le
divine lodi al Signore e quando andavo in processione, che con l‟occasione di fermarsi o andare,
nominavano quei due dolcissimi nomi di Gesù e Maria e quando sentivo suonare le campane della
loro chiesa, restavo come rapito dai sensi”.
San Carlo qui compose canzoni devote ed esercitò vari uffici dal questuante al cuoco. Rimasto
ferito al volto da acqua calda del paiolo, i frati gli prestavano cura con medicamenti alle erbe ma lui
preferì le preghiere e l‟olio del S.Sacramento da cui ne uscì prodigiosamente illeso.
Nel 1644 il Santuario ospitò i novizi di Fonte Colombo (Rieti) perché necessitava di lavori di
restauro.
In Sabina dalla fondazione di San Francesco d‟Assisi a quel periodo registrava circa quaranta case
ma la „soppressione innocenziana‟ con la costituzione „Instaurandae regularis disciplinae‟ intendeva
sopprimere tutti quei conventi incapaci di sostenere almeno sei religiosi e di conseguenza di
condurre una vita regolare. Come era avvenuto per gli amadeiti nel 1508 che gli Orsini mostrarono
affetto nel soccorrerli, così avvenne nel 1652 da parte di Fernando e Antonio Orsini ed in più le
popolazioni di Scandriglia, Nerola, Montelibretti e Canemorto ( oggi Orvinio) scrissero al pontefice
Innocenzo X una lettera, il cui esito ebbe buon effetto: “ Beatissimo padre, è stato tanto il cordoglio
inteso dalla gente di Scandriglia per aver inteso che si tratta di far lasciare la chiesa e il convento dei
Frati Riformati di san Francesco vicini alla detta terra, ove si trova una Madonna miracolosa dai
popoli molto frequentata e da tutti padri benissimo officiata, perché ad altro non attendono che ad
amministrare sacramenti e all‟acquisto delle anime con quel buon esempio che si riceve per tale
effetto. Pertanto, noi priori della sopradetta terra, bramosi di rimediare al notevole e universale
danno di queste anime, di tutta la comunità. Supplichiamo Vostra Beatitudine non voler permettere
tanto gran male, nel quale s‟incontrerebbe col rimuovere detti padri; ricevendo il tutto a grazia
singolare”.
E‟ in quel periodo che il Santuario incontrò provvidenzialmente la figura e l‟opera del beato
Bonaventura da Barcellona (11).
Egli nel 1658 dal convento di Fonte Colombo inviò una domanda al papa Alessandro VII per la
fondazione dei Ritiri. Il beato Bonaventura si faceva interprete della riforma all‟interno dell‟Ordine
con la predicazione alla povertà, alla penitenza e alla contemplazione attraverso la costituzione dei
conventi di ritiro ( proseguo dell‟opera di San Pietro d‟Alcantara da cui gli alcantarini o discalciati.
San Pietro d‟Alcantara 1499-1562 la cui festa si celebra il 19 ottobre fu beatificato nel 1627 –data
di fondazione di Propaganda Fide oggi Congregazione per l‟Evangelizzazione dei Popoli- e
canonizzato nel 1670 visse nei primi anni del suo apostolato sacerdotale come eremita per poi
passare alla penitenza e povertà iniziale dell‟Ordine. Di lui si ricorda il „Trattato‟ e l‟uso di piantare
la croce al termine della missione. Patrono delle guardie notturne ).
Con l‟intervento del Cardinale Protettore dell‟Ordine, Francesco Barberini, nel 1662 il 30 agosto fu
emesso il decreto di erezione e approvazione degli statuti di recollezione “ Ecclesiae Catholicae
regimini” e pertanto il 25 novembre con l‟ingresso di quindici confratelli, Ponticelli Sabino
diventava il primo dei conventi di ritiro.
Inoltre sempre su richiesta del beato Bonaventura, a Ponticelli si istituiva il noviziato dal 25 gennaio
1669.
L‟iniziatore, il beato Bonaventura, per questa sua riforma detta volgarmente ‟riformella‟ ha il
merito di aver prodotto un benefico innesto all‟albero francescano, da cui si formeranno belle figure
di frati. Tra queste: San Leonardo da Porto Maurizio (12) e il Venerabile Giovanni Battista di
Borgogna (13).
Di quella fraternità il cronista Padre Bernardo da Lisbona traccia un quadro : “ Il silenzio era
perpetuo, la ritiratezza singolare, il coro assiduo, l‟orazione frequente, la mortificazione esemplare
che era cosa prodigiosa come venivano assistiti dalla divina provvidenza i venticinque religiosi,
quando prima appena dodici vi potevano vivere”. E continua in un altro passo: “ Tutti i religiosi
provenienti da ogni provincia si sottomettevano alle sue regole ed iniziative, tutte dirette al
disprezzo del mondo, lontananza dal secolo , alla frequenza del coro, assistenza all‟orazione,
allegrezza nella povertà, coraggio nella mortificazione, esattezza nel silenzio, contentezza nei
patimenti, rassegnazione alla divina povertà, zelo e perfezione nella serafica regola, al segno che il
convento pareva, al dire di San Lorenzo Giustiniano „un paradiso‟”.
Frate Innocenzo da Spoleto ebbe una visione in cui gli fu mostrato la vita celestiale dei frati di Santa
Maria e così su autorizzazione del cardinale Facchinetti andò a visitarli rimanendone affascinato.
Il convento di Santa Maria delle Grazie farà capo alla „Custodia di San Bonaventura al Palatino in
Roma‟. I Ritiri della Riformella rimasero unificati alla Provincia Riformata Romana di San
Francesco a Ripa in Roma fin quando, il 23 febbraio 1845 , la Custodia di San Bonaventura si rese
indipendente passando direttamente sotto la giurisdizione del Padre Generale dell‟Ordine dei frati
Minori.
SAN CARLO DA SEZZE
Nato a Sezze (Latina) il 19 ottobre 1613 da Ruggero Marchionne e Antonia Maccione. Sospese gli
studi elementari per fare il pastore e il contadino. A diciassette anni emise il voto di perpetua castità
in onore della Vergine e quindi contro il parere dei genitori e parenti che lo avrebbero voluto
sacerdote, preferì per umiltà rendersi religioso converso.
Vestì l‟abito francescano nel convento San Francesco a Nazzano il 18 maggio 1635 e dopo aver
superato molte difficoltà emise la professione il 18-19 maggio 1636.
Da allora fu come un pellegrino in vari conventi: S.Maria Seconda in Morlupo, S.Francesco a
Palestrina, S.Pietro a Carpineto Romano, S.Pietro in Montorio a Roma, S.Francesco a Ripa in
Roma, S.Maria delle Grazie a Ponticelli Sabino (1637-8). Impegnato negli uffici del suo stato fu
cuoco, questuante, ortolano, portinaio e sagrestano San Carlo si distinse per pietà serafica, umiltà,
obbedienza e amore verso il prossimo, riuscendo ad unire alla più intensa vita interiore e
contemplativa una instancabile attività caritativa ed apostolica che lo condusse ad Urbino, Spoleto,
Napoli ed in altre città. Aveva il dono del consiglio, della scienza infusa e della predizione, per
questo ci ha lasciato lettere e discorsi che compongono dieci volumi di ascetica e mistica. Mistico,
devoto mariano e del presepe fu paragonato a San Giovanni della Croce e a Santa Tersa d‟Avila.
Nel 1648 rimase ferito prodigiosamente da un raggio proveniente dall‟ostia consacrata mentre si
trovava nella chiesa di San Giuseppe a via Capo le Case in Roma. .Dopo la morte avvenuta a Roma
in San Francesco a Ripa, il 6 gennaio 1670 comparve sul suo petto un singolare stigma, che fu
riconosciuto di origine soprannaturale da una apposita commissione medica e ciò fu addotto come
uno dei due miracoli richiesti per la beatificazione. Clemente XIV dichiarò eroiche le sue virtù,
Leone XIII lo beatificò il 22 gennaio 1882 e Giovanni XXIII lo canonizzò il 12 aprile 1959.
IL BEATO BONAVENTURA DA BARCELLONA
Michele Battista Gran nasce a Riudomes ( diocesi e provincia di Tarragona in Spagna) il 24
novembre 1620 da famiglia di umili condizioni e profondamente religiosa.
La condizioni familiari lo portarono a lasciare gli studi per fare il pastore e il contadino. A diciotto
anni per volere dei genitori contrasse il matrimonio, pur essendo ispirato ad abbracciare lo stato
religioso, e d‟accordo con la moglie vissero in castità. Dopo sedici anni di matrimonio morì la
moglie e così vincendo le riluttanze paterne il 14 luglio 1640 vestì l‟abito francescano nel convento
di ritiro di Escornalbou con il nome di Bonaventura. Emessa la professione l‟anno dopo rimase per
diciasette anni nella provincia religiosa di Catalogna dimorando nei romitori e nei conventi di ritiro
esercitando gli umili uffici di cuoco e questuante, portinaio ed infermiere.
Nel 1658 si recò a Roma da dove si recò a Loreto ed Assisi, qui pregando in San Damiano sentì
ripetere più volte l‟ordine di recarsi a Roma. Dalla casa generalizia all‟Aracoeli passò ai collegi di
S.Isidoro e Capranica di Sutri. Da Fontecolombo scrisse al pontefice per erigere sul modello
spagnolo, case di ritiro, che la Provvidenza volle per primo a Santa Maria delle Grazie in Ponticelli
Sabino e poi nel 1666 a Montorio Romano, nel 1668 a Vicovaro, nel 1677 a Roma (convento San
Bonaventura da Bagnoregio) a cui si aggiunsero dopo la sua morte nel 1700 a Pofi e nel 1703 a
Vallecorsa.
Questi ritiri i cui statuti furono approvati dal pontefice, insieme a quelli di Firenze (1708-82) e di
Prato (1712-82) costituivano la cosiddetta „Riformella‟ che sopravvisse fino al 1897 quando fu
emessa l‟Unione Leoniana. Praticò la povertà estrema e l‟umiltà.
Morì a Roma nel convento del Palatino , dove fu conosciuto come “l‟apostolo di Roma” per
l‟apostolato tra i poveri, i carcerati e gli oppressi ricevendo stima ed ammirazione tra i cardinali e i
pontefici, il 11 settembre 1684. Fu beatificato da San Pio X il 10 giugno 1906 e nel 1909 fu ripresa
la causa di canonizzazione.
Il beato Bonaventura fa parte di quel gruppo detto dei „santi spagnoli‟ in cui si ricordano: San Pietro
d‟Alcantara (1499-1562), San Salvatore da Horta (1520-1567) canonizzato nel 1938 festa del 18
marzo; San Pasquale Baylon (1540-1592) canonizzato nel 1690 festa del 17 maggio detto il
“Serafino dell‟eucarestia” per il suo libro scritto sulla presenza di Cristo nell‟eucarestia e quale
patrono delle opere eucaristiche e dei congressi eucaristici dal 1897. Un trittico di santità espressa
nella povertà e nella prova.
SAN LEONARDO DA PORTO MAURIZIO
Nato il 20 dicembre 1676 a Porto Maurizio di cui oggi insieme ad Oneglia forma la città di Imperia,
da Domenico Casanova e Anna Maria Benza, fu battezzato con il nome di Paolo Girolamo.
Dodicenne fu inviato a Roma presso uno zio paterno, che gli fece frequentare il Collegio Romano
dei Gesuiti e l‟Oratorio dei Filippini per lo studio delle lettere e della filosofia. Da tempo coltivava
la vocazione allo stato religioso che maturò all‟ombra del Palatino. Il 2 ottobre 1697 vestiva il saio
francescano nel convento di Santa Maria della Grazie, con il nome di Leonardo, dove l‟anno
successivo fu ammesso a pieni voti alla professione. In età matura quel periodo lo chiamò come „il
mio anno santo‟ e in quel ritiro si distingueva tra i frati più fervorosi e di esempio ai religiosi più
provetti.
Nel 1702 fu ordinato sacerdote ed ebbe l‟incarico di insegnare filosofia, voleva essere missionario
in Oriente ma ammalatosi di tubercolosi e riusciti vani i tentativi di guarigione fece voto alla
Vergine di impegnare tutte le sue energie alla predicazione. Guarito iniziò la sua missione
concentrata sulla propagazione e diffusione dell‟esercizio della „via crucis‟ in gran parte d‟Italia,
erigendone ben 562 di cui la più famosa fu quella del Colosseo e sulla promozione del dogma
dell‟Immacolata Concezione.
Di lui Sant‟Alfonso de Liguori lo chiamava „gran ministro del vangelo, Benedetto XIV lo chiamava
„gran cacciatore del paradiso‟ ma da tutti era considerato “l‟apostolo della via crucis”.
Morì a Roma il 26 novembre 1751.
Beatificato nel 1796 fu canonizzato nel 1867 dal beato Pio IX.
Pio XI con la lettera apostolica del 17 marzo 1923 lo nominò Patrono dei missionari nei paesi
cattolici, nello stesso anno fu proclamato patrono di Imperia che in suo onore ha istituito un Centro
Studi Leonardiani nel 1993. Dal 1996 le sue spoglie riposano ad Imperia.
IL VENERABILE GIOVANNI BATTISTA DI BORGOGNA
Nato il 30 luglio 1700 in Francia nella regione della Borgogna a Bellicut di Noyserè.
I suoi genitori, Antonio Du Tronchet e Claudia Stefana D‟Alepys vollero battezzarlo con il nome di
Claudio Francesco. Rimasto orfano nel 1713 raggiunse i suoi due fratelli a Roma per studiare nel
Collegio Romano e sull‟esempio di San Leonardo il 19 ottobre 1718 vestiva l‟abito francescano a
Santa Maria delle Grazie con il nome di Giovanni Battista. Lo definivano „un angelo in carne‟ per le
sua obbedienza, pazienza, umiltà. Si manteneva sempre tranquillo e pacifico ad ogni prova,
chiedeva il cilicio e la disciplina oltre il consueto. Alcune perplessità legate alla sua salute non
consentiva di sciogliere la riservatezza dei superiori, per cui era un assiduo frequentatore della
cappella della Madonna del Noviziato per chiedere l‟intercessione benevola all‟ammissione alla
professione che avvenne il 25 novembre 1720. Si racconta che la Madonna gli apparve
mostrandogli tre rose, quale segno premonitore dei tre voti richiesti per la professione desiderata ed
attesa.
Rimase a S.Maria esercitando le funzioni di sagrista e procurando decoro all‟Ordine e al ritiro fino
al giugno 1721 quando fu trasferito al ritiro di Vicovaro per lo studio della filosofia e nel 1722 a
Roma in San Bonaventura al Palatino per lo studio della teologia. Il peso degli studi fece riaffiorare
la malattia subdola con alterne vicende. Inviato al convento di S.Angelo di Montorio Romani passò
a Vallecorsa e a Napoli nel convento di Santa Maria dove moriva il 22 marzo 1726 ad un anno dalla
sua ordinazione sacerdotale avvenuta il 26 maggio 1625 in San Giovanni in Laterano conferitagli
dal papa Benedetto XIII.
Tre giorni dopo la morte, due periti medici praticarono una incisione al cuore e ne scatur‟ sangue
vivo e vermiglio, cosa che si ripetè più volte dopo sette giorni. Molti prodigi furono attribuiti alla
sua intercessione. Nel 1865 le spoglie furono traslate a Roma nel convento del Palatino e nel 1916
Benedetto XV lo presentò come modello di perfetta imitabilità ed esempio di vocazione essendo
protettore degli orfani, dei malati, dei giovani e per questo lo definirono: „giglio serafico‟, „ fratino
santo‟, „angelo di purezza‟, „ martire di sofferenza‟, „serafino di carità‟.
LA VIA CRUCIS
La Pasqua è stata la prima festa a prendere una forma e a sistemarsi nella liturgia. Il ricordo della
Passione e della Resurrezione di Cristo fu celebrato spontaneamente fin dai primi tempi del
cristianesimo nelle ricorrenze annuali, dando luogo a riti che poi si sono diffusi e codificati nella
Chiesa. Tra questi riti, la via crucis.
San Francesco recitava un suo ufficio della via crucis e dopo che si era recato in Terra Santa nel
1219 il primo frutto fu quello dell‟anno seguente in cui si iniziò a diffondere la devozione alle sette
parole di Gesù in croce:
- Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno
- In verità ti dico: oggi, sarai con me in Paradiso
- Padre, nelle tue mani raccomando il mio spirito
- Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
- Donna, ecco tuo figlio! Ecco tua madre!
- Ho sete
- Tutto è compiuto.Padre alle tue mani affido il mio spirito.
San Bonaventura da Bagnoregio dice che non c‟è esercizio di pietà, che cagioni effetti più nobili di
santità, quanto l‟esercizio della via crucis.
I francescani ad Assisi,inoltre, nel 1337 diffusero la devozione alle cinque piaghe per ricordare
insieme Gesù e Francesco (stimmate di San Francesco): mano sinistra, mano destra, piede sinistro,
piede destro, costato. Quando poi nel 1342 fu ufficialmente istituzionalizzata la Custodia di Terra
Santa con l‟erezione dei Commissariati, in tutte le chiese ad essi affidati era svolto l‟esercizio della
via crucis. Fu considerato un privilegio tanto che nel 1688, ormai in pieno svolgimento, un decreto
dell‟Ordine invitava i frati a vigilare su quel privilegio ritenuto tale da ogni abuso o usurpazione.Nel
secolo successivo questo motivo troverà la sua iconologia nello stemma dell‟Ordine.
Queste devozioni insieme a quelle del secolo XV ovvero quando all‟interno delle chiese si
allestiscono i sepolcri, si inizia la costruzione dei „calvari o sacri monti e dei luoghi sacri ( colonne,
edicole, immagini, sculture), si inizia nei secoli successivi a stampare dei libri oltre alle processioni
degli eventi della Passione detti „i misteri‟ o della cosiddetta „inchinata (Gesù incontra sua madre).
Fedeli a San Francesco che voleva che i suoi frati impiantassero la croce, a Santa Maria la colonna
della croce è impiantata all‟ingresso del viale dei cipressi mentre il beato Bonaventura impiantava la
via crucis all‟interno del Ritiro. Proprio la via crucis con le sue stazioni costituiva una caratteristica
se non il perno centrale del Ritiro. Il modello del Ritiro è Gesù tanto che si parla di una
„crocifissione interna‟ per amore.
Il Ritiro aveva molti scopi e funzioni: massimo raccoglimento durante la messa, non si raccolgono
elemosine, l‟arredo della chiesa deve essere povero ma decoroso, le celle prive di comodità, ogni
giorno due ore e mezzo di orazione mentale, il vestiario poverissimo e soltanto il necessario,
rigoroso silenzio, la preghiera assidua, si cammina scalzi e soltanto quando c‟è la messa si
indossano i sandali, il venerdì digiuno e quanto è imposto dalla Chiesa, le quaresime sono sette, si
mangia in ginocchio i giorni di vigilia e i venerdì di marzo, non si compra carne, discipline,
lavaggio dei piedi ai religiosi forestieri alla presenza dei religiosi del ritiro, esercizi spirituali due
volte l‟anno; lettura in refettorio della Santa Scrittura, delle Costituzioni Pontificie e degli Editti
dell‟Inquisizione; conferenze teologiche, frequenza del coro dalle sette alle otto ore, austerità.
Il beato Bonaventura portò dalla Spagna in Italia, le quattordici stazioni diffuse dal padre Antonio
Daza ed eresse all‟esterno del Santuario le relative edicole come rappresentato in un antico disegno
perché all‟esterno della Porziuncola vi erano le stazioni.
La pratica era quotidiana e lo stesso Bonaventura seguito dai frati seguiva l‟itinerario con la croce in
spalla coinvolgendo anima e corpo.
San Leonardo da Porto Maurizio intese la via crucis come una missione perpetua per cui volle che
ad ogni missione fosse eretta una croce che da allora fu detta anche „croce penitenziale o del
calvario o della passione‟ perché ad essa si univano gli strumenti della passione: chiodi, lancia,
martello, spugna, tenaglie, telo, corda). Ad essa dette una struttura, un metodo, un regolamento ed
un linguaggio: avviso alle autorità, durata della missione di circa quindici giorni, formazione
catechistica –lettura, preghiera , meditazione- il crocifisso tra le mani, invito ad erigere croci e le
edicole ed associazioni tra fedeli laici (culto dell‟Addolorata).
Lo scopo della via crucis è la conversione di vita: perdono, preghiera, penitenza. Se lo scopo poteva
apparire quello di lucrare l‟indulgenza, San Leonardo, si richiamava alla partecipazione dei dolori
di Gesù. San Leonardo non apparteneva a quella schiera della tendenza limitativa ovvero soltanto
all‟interno della Chiesa ma apparteneva ed era interprete oltre che diffusore della tendenza estensiva
ovvero anche fuori della chiesa perché la via cruis è nella vita quotidiana di ogni giorno.
La prospettiva leonardiana è una comunicazione interdisciplinare che coinvolge missiologia,
formazione, educazione, antropologia, pastorale, cultura.
L‟azione missionaria di San Leonardo nel 1730 si estende dal Lazio all‟Umbria e nelle Marche oltre
ad investire il Regno di Napoli nel 1739.
Le quattordici stazioni di San Leonardo:
1 Gesù condannato a morte
2 Gesù caricato della croce
3 Gesù cade la prima volta
4 Gesù incontra la sua madre
5 Gesù aiutato dal Cireneo
6 Gesù asciugato dalla Veronica
7 Gesù cade la seconda volta
8 Gesù consola le pie donne
9 Gesù cade la terza volta
10 Gesù spogliato delle vesti
11 Gesù inchiodato sulla croce
12 Gesù muore sulla croce
13 Gesù deposto dalla croce
14 Gesù posto nel sepolcro
Durante il Concilio Vaticano II (1962-65), celebrando il decennale della riforma della settimana
santa del 1955, Paolo VI volle riprendere il rito della via crucis al Colosseo svolto da San Leonardo
nel giubileo del 1750, era il 1964 ed in essa il papa vedeva anche un'altra lettura e un altro
messaggio proprio del concilio: l‟ ecumenismo.
Su questa ispirazione si inseriva il vescovo francescano Arduini Terzi (1884-1971) che nel 1965
donava al Santuario di Santa Maria insieme a quello di Poggio Bustone, le maioliche di Deruta
raffiguranti la via crucis secondo la lettura leonardiana. (14) Le piastrelle maiolicate sono dello
scultore Lorenzo Ferri su disegno dell‟architetto Carlo Alberto Carpiteci, ogni edicola si compone
di sei piastrelle e sono un interessante intreccio tra colore e segno, tra estetica e semiologia.
IL PERDONO DI ASSISI
Il Perdono di Assisi o della Porziuncola si celebra il 2 agosto, festa della Madonna degli Angeli.
Così scrive San Bonaventura da Bagnoregio nella Leggenda Maior: “ Francesco andò finalmente in
un luogo chiamato Porziuncola, nel quale vi era una chiesa dedicata alla beatissima Vergine: una
fabbrica antica, ma allora assolutamente trascurata e abbandonata. Quando l‟uomo di Dio la vide
così abbandonata, spinto dalla sua fervente devozione per la Regina del mondo, vi fissò la sua
dimora, con l‟intento di ripararla. Là egli godeva spesso della visita degli Angeli, come sembrava
indicare il nome della chiesa stessa, chiamata fin dall‟antichità Santa Maria degli Angeli. Perciò la
scelse come sua residenza, a causa della sua venerazione per gli Angeli e del suo speciale amore per
la Madre di Cristo. Il Santo amò questo luogo più di tutti gli altri luoghi del mondo. Qui infatti
conobbe l‟umiltà degli inizi, qui progredì nelle virtù, qui raggiunse felicemente la meta. Questo
luogo al momento della morte, raccomandò ai frati come il luogo più caro alla Vergine”.
Una notte del 1216 San Francesco era immerso nella preghiera e nella contemplazione alla
Porziuncola quando improvvisamente dilagò nella chiesa una luce e Francesco vide sopra l‟altare il
Cristo e alla sua destra la sua Madre Santissima, circondati da una moltitudine di Angeli.
Francesco adorò in silenzio con la faccia a terra il Suo Signore!
Gli chiesero che cosa desiderasse per la salvezza delle anime. La riposta di Francesco fu immediata:
“Santissimo Padre, benché io sia misero peccatore, ti prego che a tutti quanti, pentiti e confessati,
verranno a visitare questa chiesa, gli conceda ampio e generoso perdono, con una completa
remissione di tutte le colpe”.
“ Quello che tu chiedi, o Frate Francesco, è grande – gli disse il Signore-, ma di maggiori cose sei
degno e di maggiori ne avrai. Accolgo la tua preghiera, ma a patto che tu domandi al mio Vicario in
terra, da parte mia, questa indulgenza”.
E Francesco si presentò al papa Onorio III che in quei giorni si trovava a Perugia e con candore gli
racconto la sua visione. Il papa lo ascoltò e poi disse: “ Per quanti anni vuoi questa indulgenza?”
Francesco ripose: “ Padre santo, non domando anni ma anime!” Detto questo se ne andava, quando
il pontefice lo richiamò: “ Come non vuoi nessun documento?”
E Francesco: “Santo Padre, a me basta la vostra parola! Se questa indulgenza è opera di Dio, Egli
penserà a manifestare l‟opera sua, io non ho bisogno di alcun documento, questa carta deve essere
la Santissima Vergine Maria, Cristo il notaio e gli Angeli i testimoni”.
Così annunciò l‟indulgenza plenaria tra le lacrime: “Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in
paradiso!”
Il 2 agosto di ogni anno dalle ore 12 del 1 agosto alle ore 24 del 2 agosto si acquista l‟indulgenza
plenario facendo la confessione sacramentale, la comunione eucaristica, la recita del Padre Nostro,
del Credo e secondo le intenzioni del papa, visitando una chiesa francescana devotamente.(14)
LA FIERA
La fiera di Santa Maria delle Grazie si origina spontaneamente verso il secolo XVII e si svolse per
ben tre secoli fino al suo estinguersi intorno al decennio del 1960 quando iniziò ad affermarsi quella
di Osteria Nuova (km 55 via salaria nuova, la prima domenica di ogni mese).
La fiera si teneva il 2 agosto, quando si celebrava il Perdono di Assisi per cui tra la gente si usava
dire l‟espressione „festa e fiera‟. La centralità del santuario tra il Casale della Dogana in territorio di
Montorio Romano e il Ponte Porzio sulla Salaria (antica) dove era posto il confine tra la Comarca di
Roma e di Rieti vigilata da una stazione di gendarmeria la rendeva un appuntamento importante
perché in posizione strategica e libera da ogni tassa.
La fiera fu il riferimento sociale ed economico non soltanto per la Sabina ma anche di terre
confinanti, tanto che il celebre almanacco-lunario Barbanera dell‟editore Campi di Foligno sin dalla
fondazione del 1762 la registra nelle sue pubblicazioni.
Il 2 agosto vi sostavano i pastori in transito per la transumanza o quanti si dirigevano nell‟Agro
Romano o a Roma come i nevicari che percorrevano la via della neve. Si effettuavano acquisti e
vendite di merci e bestiame, trattazioni e contratti per opere di lavoro agricolo ed artigianale. Era lo
spazio di arti e mestieri oggi scomparsi e di incontri di dialetti e culture diverse.
La fiera occupava entrambi i lati del prato e a margine del fontanile c‟era la „gabbia‟ ovvero una
impalcatura di legno per la „merca‟ e la monta di equini e bovini.
L‟artista Francesca Angeloni di Ponticelli ha in due disegni ricostruito le scene della fiera.
Quando nel 1926 il regime fascista individuò ad Osteria Nuova, per far rivivere la romana potenza,
la sede di un Centro Agro-Zootecnico e di un Ufficio di Collocamento Agrario che fu alla base
dell‟istituzione di un mercato di merci e bestiame nel 1953 iniziò a diminuire la frequenza alla Fiera
di Santa Maria.
Su Osteria Nuova, al 55 km della via Salaria, convergono ben cinque paesi della provincia di Rieti:
Scandriglia, Poggio Nativo, Poggio Moiano, Frasso Sabino e Toffia che nel 1992 in base alla Legge
142 sulle autonomie locali veniva a trovarsi in una prospettiva di sviluppo infrastrutturale che ne
decretava il suo espandersi.
Oggi la fiera di Osteria Nuova si svolge la prima domenica di ogni mese. E‟ una fiera di merci e
bestiame tra le più note ed interessanti dell‟Italia centrale su cui affluiscono operatori di quelle
regioni oltre presenze occasionali di venditori ambulanti stranieri (slavi, africani, andini e asiatici).
Un mare di macchine parcheggiato lungo la via Salaria sembra contenere lo spazio espositivo in cui
si muove una massa di migliaia di persone attratti da oltre trecento bancarelle. (15)
L’ERA CONTEMPORANEA
La storia del Santuario di Santa Maria delle Grazie si può articolare in tre fasi: I – il periodo
Amadeita (1478-1566), II- il periodo dei Riformati (1566-1897), III – il periodo dei Minori (dal
1897 ad oggi) che coincide con l‟era contemporanea.
Se il nostro racconto l‟abbiamo lasciato all‟incoronazione dell‟Immagine che a sua volta conclude
felicemente il diciottesimo secolo non altrettanto si può dire dell‟inizio del nuovo secolo, il
diciannovesimo. Esso si annuncia minaccioso come una tempesta in arrivo e ciò avvenne in quel 7
maggio 1810 quando Napoleone decretava la soppressione di „tutte le corporazioni di religiosi, di
qualunque ordine o congregazione che sia, che possiedono beni o che siano mendicanti…‟ nei
dipartimenti di Roma e del Trasimeno.
In esecuzione di tale decreto la Consulta straordinaria per gli stati romani, il 28 maggio ordinava: „
Tutti i religiosi e le religiose componenti le dette congregazioni dovranno nel giorno 15 di giugno
prossimo uscire dai conventi da loro abitati e ritirarsi nel luogo di loro nascita‟.
Il convento di Santa Maria fu chiuso e il noviziato sospeso, contava tra religiosi e chierici, laici e
studenti ben venti presenze e subì il primo saccheggio.
Cessata la dominazione francese nella prima metà del 1814 il 12 ottobre furono eletti i superiori
interini per il recupero dei conventi. Per Ponticelli fu dato l‟incarico al Padre Stefano Salvini da San
Remo. Dietro la sua istanza presentata al Canonico Nicola Mazzoni, amministratore dei Beni
Ecclesiastici il 7 gennaio 1815 firmò l‟ordine di restituzione del convento e ne commise
l‟esecuzione al vicario foraneo di Scandriglia. Dopo il convento fu riaperto il noviziato che fu a sua
volta richiuso dopo un quarantennio. L‟11 dicembre 1860 il Regio Commissario Generale per
l‟Umbria Gioacchino Napoleone Pepoli firmava a Perugia il decreto numero 205 per la
soppressione delle corporazioni religiose, dei capitoli, delle chiese e delle collegiate,etc…che
avrebbe dovuto essere eseguito entro quaranta giorni dalla pubblicazione del decreto ma che
divenne esecutivo solo dopo la pubblicazione delle leggi numero 2987 del 28 giugno 1866 e
numero 3096 firmate a Firenze dal Luogotenente del Regno d‟Italia, Eugenio di Savoia il 7 luglio
1866.
Tra le due date ed esattamente nel 1863 il noviziato fu trasferito a Pofi. Il municipio di Scandriglia
(provincia di Perugia fino al 1927 quando fu costituita la nuova provincia di Rieti) ottenne che la
chiesa restasse aperta al culto, come necessaria ai bisogni spirituali dei paesi circonvicini, in virtù
della grande devozione all‟Immagine mariana venerata.
Per officiare furono lasciati due sacerdoti ed un fratello laico.
Il convento fu messo all‟asta il 10 novembre 1886 al prezzo base di lire 6.112,20 alla pretura di
Orvinio. Ad essa concorse il Principe Don Maffeo Sciarra, tramite un suo ministro e i frati per
mezzo del signor Francesco Montechiari. L‟immobile rimase aggiudicato al Principe per lire 26.000
che intendeva farne una azienda agraria in considerazioni dei suoi possedimenti in zona.
Circa un‟anno dopo, nel 1867 una colonna di garibaldini con a capo Menotti e Ricciotti Garibaldi,
provenienti da Terni percorse la via Salaria e si attestò presso il Santuario saccheggiandolo per
occupare il 26 ottobre la città di Monterotondo. Battuti a Mentana il 3 novemnbre dai Zuavi
pontifici e dalle truppe francesi, i garibaldini una parte riprese la via del nord ed un‟altra si disperse
nei paesi vicini.
Tra la prima soppressione detta „Napoleonica‟ e la seconda detta „Italica‟ un terremoto –1826-
danneggiò le mura e le cappelle laterali. Fu questa la circostanza che consigliarono di collocare
l‟immagine mariana sull‟altare maggiore e il trittico nella prima cappella (in sostituzione).
Oltre a queste sciagure ci furono audaci rapine nel 1872 e 1885 che svuotarono ulteriormente i doni
offerti alla Madonna. I ladri erano armati, umiliarono i frati ed uccisero un contadino che accorreva
a soccorrere i religiosi. Ed infine il colpo fatale del 1 aprile 1889 quando con Decreto reale venne
chiusa anche la chiesa e le sue pertinenze (coro, sagrestia, pulpito).
Nel corso di questi anni il progetto del Principe Sciarra si era arenato per assenza di investimenti
prospettati per cui era diventato da risorsa a problema, in questa situazione ritenne di disfarsi del
convento al prezzo di lire 16.692,06 cedendolo ai padri Ermenegildo Ferraris e Benedetto Palanca,
su pressione di Carolina Sciarra.
L‟anno dopo fu la volta del prato che fu acquistato dal signor Leopoldo Pallucchini (sindaco di
Scandriglia) ceduto poi negli anni successivi ai religiosi.
E così arrivò Padre Giovanni Di Giacomo da Contrada (1832-1927) che iniziò il recupero del
Santuario con lavori di restauro e strutturali ricevendo per un breve periodo (1894-1901) i novizi.
Era il segno di un ritorno al suono della campana,della preghiera e della liturgia.
Quel periodo della soppressioni misero gli „esclaustrati‟ come venivano chiamati i frati,ad un nuovo
contatto con la gente e le nuove dimensioni del mondo, ma essi non abbandonarono l‟abito ma si
misero a disposizione negli ospedali, nelle sagrestie o partirono come missionari con il pianto nel
cuore e videro tutto questo come una purificazione che preparò la Bolla „Felicitate quadam‟ con la
quale il 4 ottobre 1897 Leone XIII ordinava la fusione (Unione Leoniana) degli Osservanti e dei
Riformati in una unica famiglia, detta Frati Minori. Il colore dell‟abito fu anche il segno esteriore
dell‟unione, infatti, le varie tonalità (grigio, bigio,cenere,blu) furono sintetizzate nel colore
marrone,secondo il desiderio del papa Leone XIII (terziario francescano).
Leone XIII nel 1882, anno giubilare francescano con l‟Enciclica „Auspicato‟ diceva. “ Scossi
adesso da una tremenda tempesta, si trovano sottomessi ad una immeritata prova. Voglia Dio che
per la protezione del loro santo fondatore, possano uscire presto da questo temporale, più vigorosi e
pieni di zelo”.
Nel 1910 le due province erano ricostituite con il titolo di S.Maria in Aracoeli (Osservante) e San
Michele Arcangelo (Riformata), bisognerà aspettare il 1946 quando Pio XII con il decreto „Quam
maximas‟ ordinava le province e a quella romana assegnata il titolo di SS.Apostoli Pietro e Paolo.
Le spinte autonomiste si dissolvevano ma le vocazioni si riducevano.
Il santuario tornava alla vita, nel 1926 anno giubilare francescano, l‟antica strada veniva allargata e
adattata alle nuove esigenze del tempo.
Il Santuario durante la seconda guerra mondiale ospitò gli studenti di Palestrina e con essi di
nascosto proteggeva o assisteva quanti fuggivano dal campo di prigionia tedesco in Fara Sabina. Le
porte si aprivano a quanti pregavano per i loro cari e per quanti avevano fame e sete.
Il padre Michele Di Pietri e il padre Adolfo Porfido sono due testimoni di quel tempo insieme a
padre Gentile Lucioli.
Dopo l‟8 settembre 1943 i tedeschi si stanziarono a Scandriglia, quale retroguardia del fronte di
Cassino con rifornimenti di benzina. Frequenti erano gli scontri aerei. Il santuario nella prospettiva
tedesca doveva diventare un ospedale. A seguito di una evasione al campo P.G. 54 di Passo Corese
a circa quaranta chilometri da Roma e dell‟abbattimento di un aereo inglese in zona, i tedeschi
perquisirono il santuario alla ricerca dei prigionieri alleati. Tra quelli che beneficiarono
dell‟assistenza dei francescani c‟era il futuro ambasciatore del Sud Africa, il tenente John Brent
Mills che qui tornò nel 1978 per celebrare i cinquecento anni del santuario offrendo una vetrata
policroma dell‟artista sudafricano Leo Theron raffigurante San Francesco e il cantico delle
creature.
Tra le mura del santuario si sono maturate vocazioni, come quella di frate Angelo Savini
(Innocenzo) di Ponticelli Sabino (1869-1939) che collabora con il suo lavoro alla ricostruzione del
Santuario. Ammalatosi, chiese alla Madonna delle Grazie il dono e la grazia della guarigione e per
voto si fece missionario in Argentina tra gli Indios dove è venerato come un novello fra Ginepro.
Nel novecento, si sono formate due figure di religiosi: Padre Ginepro Cocchi ( 1900-1939) martire
in Cina e Padre Giuseppe Spoletini (1870-1951), servo di Dio ed anche una bella figura di terziario
francescano oltre che dell‟apostolato laico: l‟avvocato Lamberto Vignoli (1878-1941) presidente
dell‟Azione Cattolica Italiana nel 1936-39 e promotore dell‟Unione Sabina (1922-44).
L‟era contemporanea è caratterizzata dal recupero della memoria storica, dagli studi-ricerche, dalla
promozione dell‟Ordine nella sua spiritualità e nel suo apostolato ma soprattutto di essere accanto
alla Madonna delle Grazie e a San Francesco d‟Assisi, perché il santuario sia luogo di fede e di
grazia, di lode e di onore alla Vergine Maria. Sono forti e chiare le parole di Pio XI quando nel
giubileo del 1925 disse ai Sabini in udienza: “ I Sabini sono vicini al mio cuore come il loro
territorio è vicino alla madre Chiesa”. (16)
BENE CULTURALE E AMBIENTALE
Il Breve pontificio „Pia et Ecclesiae desideria‟ contiene la descrizione tipologica dell‟insediamento
francescano in cui la povertà edilizia è intesa come semplicità.
Questo luogo deve contenere il carisma francescano: semplicità, povertà, umiltà e fraternità.
Malta, pietre, legno, vetro questi gli elementi adoperati per erigere il santuario definito „la perla
della Sabina‟ da Padre Tommaso A.Maggi ofm. Nel santuario troviamo linee e forme che rendono
interessante il corpo longitudinale della chiesa, ad unica navata, suddiviso da archi a sesto acuto
(stile gotico) per intervalli irregolari come ne suddividessero le funzioni e creare nel contempo una
prospettiva con il punto di vista dall‟ingresso della chiesa, nel cui lato sinistro si trovano le tre
cappelle, prolungata dalle suddivisioni per spicchi dell‟abside a pianta poligonale (esagonale).
La prima cappella presenta una volta a botte e qui era situata l‟immagine della Madonna delle
Grazie, collocata nel 1826 nell‟altare maggiore. La seconda e terza cappella hanno la volta a
crociera. La cappella centrale era quella del crocifisso a motivo simbolico della centralità della
croce. La terza era privata perché affidata alla cura della famiglia Antonelli o Antinelli come ci ha
riferito fr. Egidio da Parma e differisce dalle altre per gli stucchi e gli ornamentali settecenteschi
contenenti due reliquari laterali a finestra. In questa cappella „i cordigeri‟ potevano ricevere il
cordiglio e il saio richiesto, per essere seppelliti con essi, per acquistare indulgenze, per impegnarsi
nella preghiera e nella carità.
Con il passaggio dagli Amadeiti ai Riformati, alla terza cappella è stato collocato il quadro
seicentesco delle Stimmate di San Francesco ( è stata indicata come „cappella di San Francesco‟)
che il padre Giovanni da Contrada sistemerà in sagrestia per introdurre il quadro di San Leonardo
da Porto Maurizio, dipinto nel 1858 da Fr. Pietro da Copenaghen (Albert Kuchler 1803-1886, detto
il Raffaello del Palatino). Nell‟altare maggiore vi era il trittico in legno di noce, commissionato
dagli Orsini ad Antoniazzo Romano (Marcantonio Aquili) per comunicare la grazia ricevuta. La
Madonna con il Bambino è al centro, tra i santi Francesco d‟Assisi (a sinistra) raffigurato con la
croce e il vangelo, con la tonsura e le stimmate; a destra S.Antonio da Padova con il giglio e il
vangelo. I colori delle vesti della Madonna sono verdi e rossi (speranza e carità) nella mano sinistra
c‟è la fascia per coprire le ferite o per avvolgere i bimbi appena nati (il motivo della malattia del
figlio degli Orsini, guarito). Il bambino Gesù è senza vesti e ha in mano una pera (simbolo di
abbondanza della grazia) ed è chiaro il motivo di mostrare l‟essere sano. Il trono della Madonna su
cui è seduta è sorretta da una predella con motivi ornamentali in cui c‟è una scena di battaglia
(quella sostenuta in vita dal beato Amedeo) e del sepolcro di Gesù che resuscita con a lato i santi
Pietro e Paolo, San Bernardino e Santa Chiara.
Con i Riformati e la fondazione del Ritiro, la via crucis era il centro della spiritualità mentre con i
Minori si inizia a diffondere il culto dei santi francescani.
La chiesa è a navata unica, a pianta rettangolare con a lato sinistro le tre cappelle. Il restauro degli
anni duemila hanno donato una luce nuova ed una estetica dialogante (vetrate dei fiori, dei frutti,
delle rondini, della carità e della riconciliazione).
L‟abside presenta la volta a crociera ed è la sede del coro, dietro l‟altare maggiore è stato collocato
il crocifisso. Il tetto della chiesa è a capriate. Al centro della parte di destra della chiesa troviamo il
pulpito ligneo che si può datare tra il sec. XVI-XVII ad esso si accede dall‟interno del convento.
La porta di ingresso alla chiesa ha una sovrastante lunetta con lo stemma francescano.
Nel lato destro della chiesa una serie di porte funzionali ci collegano all‟attiguo convento con il
refettorio, il chiostro, la clausura e le officine. Nelle pareti della chiesa ci sono stampe del sec.
XVIII raffigurante la via crucis.
Il convento è a due livelli: piano terra e primo piano, contiene undici stanze ed una collezione di
dipinti frutti di scuole artistiche o popolari-votive raffiguranti i santi.
Tra le officine del convento sono da citare l‟ingresso all‟orto e la trasformazione della cantina in
cappella (aperta nel 2000). Dal punto di vista architettonico va osservato il contrasto tra i lavori
pazienti del Padre Giovanni da Contrada che realizzò le mura perimetrali e lo pseudo restauro del
decennio 1950-60 che ha distrutto il pozzo circolare , l‟orologio solare ed ha „inventato‟ il Centro
Ospitale.
All‟interno del refettorio troviamo l‟affresco del sec. XV attribuito a Lorenzo da Viterbo
raffigurante la crocifissione di Gesù tra i santi ( da sinistra a destra: San Antonio da Padova, la
Madonna, San Francesco in ginocchio che bacia i piedi di Gesù, San Giovanni e San Bernardino da
Siena) sullo sfondo di Gerusalemme. Di fronte all‟affresco è stato collocato il quadro della
Madonna del Noviziato (proveniente dall‟ex cappella detta del Noviziato all‟interno del convento).
Una menzione particolare va rivolta alla biblioteca il cui patrimonio in parte è stato distrutto durante
i saccheggi napoleonici e garibaldini, in parte trasferito ad altre sedi durante la seconda guerra
mondiale per cui oggi rimangono circa 3500 libri di varia epoca e disciplina.
Nell‟orto si trova la cappella dell‟ex romitorio del beato Amedeo, restaurata nel 1974. Spiccano le
quattordici edicole della via crucis, distanziate nel prato, dove all‟interno delle nicchie arcuate, le
piastrelle maiolicate policrome a mosaico di L. Ferri della scuola artigianale umbra di Deruta,
donate dal vescovo Arduini Terzi, riprendono il commento di San Leonardo da Porto Maurizio.
Le edicole misurano 2,50 metri di altezza e il mosaico è formato da sei mattonelle cm 20x20.
L‟artista delle maioliche interpreta con colori forti la tensione dell‟evento con forme che si dilatano.
Il colore del Santuario era bianco e nel restauro degli anni 1950-60 si è passati al rosa della pietra di
Assisi. Il viale dei cipressi, piantati dai riformati tra i secoli XVI-XVII, costituisce la cornice del
paesaggio tra gli olivi e gli alberi della macchia che l‟architetto Mario Mariani (1910-84) chiamava
„la conca degli olivi‟.
Sono questi i motivi che hanno alimentato la mostra storico-artistica-documetaria del 1985 quando
l‟architetto Alberto Gazzè espose i suoi rilievi, l‟artista Francesca Angeloni con la tecnica della
china acquerellata in sanguigno propose la storia del santuario con i miei testi.
Un periodo di studi e ricerche sotto vari aspetti: estetica (Angeloni), storia dell‟arte (Aloisi), storia
religiosa ( Gori, Sbardella, Cerafogli, Maggi, Totonelli, Margiotti, Angeletti, Porfido, Zucconi,
Lucioli, Bernasconi, Cerasa), antropologia-mariologica-comunicazione (Massimiani) hanno
apportato un contributo notevole alla conoscenza del Santuario fin al suo inserimento nella Via
Francigena orientale o dell‟est (2007) che comprende il Cammino di Francesco (2004).
Ma per tutti la via del Santuario è una via mariana e francescana che si può anche chiamare via del
Tau, della croce, del perdono, della pace, della letizia, della regola. Il Santuario di Santa Maria delle
Grazie è un bene culturale e ambientale dove si va per chiedere più che le grazie, la grazia (17).
Facciamo nostra l‟espressione del cardinale Joseph Ratzinger oggi Benedetto XVI quando dice: “ I
santuari all‟interno della Chiesa sono come dei fari che spandono luce attraverso la loro stessa
presenza. I santuari sono fari di carità e di ascolto.”
NOTE
1
Bullarium Franciscanum edizione 1949 Toma III (1471-84) pag. 538 n° 1094
Galli Benedetto ofm Il beato Amedeo Menezes de Silva frate minore del sec. XV Milano,1923
Sevesi M.Paolo ofm Il beato Amedeo Menezes de Sylva e documenti inediti Milano,1932
2
Sisto IV (Francesco Della Rovere 141-84) generale dei francescani, papa dal 1471
3
Comune di Roma Archivio Storico capitolino Fondo Orsini Catalogo-Inventario Roma,1908
Volkersz E. The Orsini Family Archivi Roma,1967
Colonna Brigante Gli Orsini Roma,1955
De Cupis C. Regesto degli Orisni e dei conti Anguillara Roma,1903
Marchetti Longhi G. I Boveschi e gli Orsini Roma, 1960
Rosati Alessandro Il castello di Nerola Roma,1983
Silvi Agnese Nerola Nerola,1991
4
Massimiani Umberto L‟immagine di Santa Barbara Roma,1993
5
Gazzè Alberto Santuario S.Maria delle Grazie di Ponticelli Sabino Rilievi architettonici 1982
Mistretta Beatrice Francesco, architetto di Dio Città Nuova, Roma, 1983
Atti del convegno “Lo spazio dell‟Umiltà” Fara Sabina, 3-6 novembre 1982
6
Silvestrelli G. Città, castelli e terre della regione romana Roma, 1940
7
Iriarte Lazaro ofm cap. Storia del francescanesimo Edizioni Leonine, Napoli,1982
8
AAVV ( a cura di Rocca G.) La sostanza dell‟effimero (gli abiti degli ordini religiosi in Occidente)
Catalogo della mostra Roma-Castel S.Angelo 18 gennaio-31 marzo 2000
Edizioni Paoline, Roma, 2000
9
P.Giuseppe Maria da Monterotondo ofm cap. I santuari della Vergine in sabina Roma,1899
Bernasconi A.M. Storia dei santuari della Beata Vergine in Sabina Siena,1905
Aloisi Sabrina S.Maria delle Grazie-la nascita dei conventi di ritiro OFM-Lazio Roma,2000
Mortari Luisa Mostra-catalogo delle opere restaurate in Sabina Soprintendenza Lazio Roma, 1957
Massimiani Umberto Mariologia sabina Roma,2005
AAVV Patrimonio artistico e monumentale della IX CM del Lazio IX CM, Tivoli, 1995
10
AAVV I santi sabini Diocesi Sabina-Poggio Mirteto Poggio Mirteto, 1975
Sbardella Raimondo ofm San Carlo da Sezze, mistico e taumaturgo Roma,1968
Gori Severino ofm San Carlo da Sezze ofm Roma,1970
Gori Severino ofm Primavera dello spirito: San Carlo da Sezze Roma,1968
11
Maggi Tommaso ofm Il beato Bonaventura da Barcellona Roma,1970
12
Sbardella Raimondo ofm San Leonardo da porto Maurizio Roma,1976
13
Gori Severino ofm Un giglio serafico: il venerabile Giovanni Battista da Borgogna Roma,1965
Maggi Tommaso ofm Venerabile Giovanni Battista di Borgogna Roma,1984
14
Vaiani Cesare ofm La via crucis di San Leonardo da Porto Maurizio glossa, Milano,2003
Gandolfo Donatiello B.Maria La via crucis da Gerusalemme a porto Maurizio CSL, Imperia,2005
Massimiani Umberto La via crucis di S.Maria delle Grazie: memoria e profezia Roma, 2007
15
Massimiani Umberto Scandriglia Roma,1988
Massimiani Umberto Raccolta documentaria sul giubileo Roma,2000
Massimiani Umberto Diocesi Sabina: storia, cultura,territorio Roma, 2007
Angeloni Angelo Ponticelli Sabino Roma,1989
16
Totonelli D.G ofm Un apostolo della Madonna delle Grazie: fra Angelo Savini Roma,1945
Zucconi Gelasio ofm La provincia romana dei frati minori Roma,1972
Angeletti Colombo ofm Necrologio della provincia romana OFM-Lazio, Roma,1969
Cerasa Nicola ofm Breve storia della missione di Tayan Shansi-Cina Roma,1993
Maggi Tommaso ofm Fioreti di fra Angelo Savini Roma,1975
Vergara M,Angel Fray Angel Savini o florecillas franciscanas del xibi-xibi Jujuy, 1945
Porfido Adolfo ofm Quei lontani giorni 1943-44 in terra Sabina Vitorchiano,2003
Lucioli Gentile ofm Anni sofferti 1942-45 Roma,1992
Giovanni Contrada ofm Cenni storici 1860-98 riguardanti il convento di S.Maria (manoscritto)
Marchetti Bruno Ottocento sabino Palombi, Roma,1988
Pizzo M. Le visite del card. A.Corsini in Sabina 1779-82 De arte, Rieti,1994
Massimiani Umberto Il movimento francescano sabino Scandriglia,1986
Massimiani Umberto Raccolta documentaria sul Santuario S.Maria delle Grazie 1982-2007
Massimiani Umberto Il santuario di S.Maria delle Grazie Roma,1982
17
Crielesi Alberto Il pittore fra Pietro da Copenaghen Roma,1999
Porfido Adolfo ofm Santuario S.Maria delle Grazie Roma,1983
Tozzi Ileana Rieti e la sua provincia, il paesaggio religioso: cattedrali, abbazie, pievi e santuari
Editore L‟Orbicolare, Milano,2006