IL RUOLO PEDAGOGICO DELLE IMMAGINI SACRE E RETOR… · Il realismo del Merisi, spesso interpretato...
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L’ARTE POST-TRIDENTINA: IL RUOLO PEDAGOGICO DELLE IMMAGINI SACRE
Annibale Carracci a Roma (1595)
La decorazione di Palazzo Farnese
A Roma, il classicismo di Annibale viene corroborato
dagli esempi dell’arte antica e dalle interpretazioni
che ne avevano dato Raffaello e Michelangelo.
Il Camerino Farnese (1595)
“Storie di Ercole e Ulisse”
L’ARTE POST-TRIDENTINA: IL RUOLO PEDAGOGICO DELLE IMMAGINI SACRE
Annibale Carracci a Roma (1595)
La decorazione di Palazzo Farnese
La Galleria Farnese (1597)
“Gli amori degli dei”
L’ARTE POST-TRIDENTINA: IL RUOLO PEDAGOGICO DELLE IMMAGINI SACRE
Annibale Carracci a Roma (1595)
La decorazione di Palazzo Farnese
La volta
• I quadri riportati: creano l’illusione di dipinti incorniciati appesi al soffitto.
• La quadratura: finta struttura architettonica prospetticamente aperta sul cielo.
L’ARTE POST-TRIDENTINA: IL RUOLO PEDAGOGICO DELLE IMMAGINI SACRE
Annibale Carracci a Roma (1595) La decorazione di Palazzo Farnese
Ha rappresentato uno dei principali punti di riferimento per tutta la
successiva pittura barocca
Come nella Cappella Sistina, la struttura
a quadratura e le figure sono rappresentate in scorcio per essere viste dal basso.
L’ARTE POST-TRIDENTINA: IL RUOLO PEDAGOGICO DELLE IMMAGINI SACRE
Annibale Carracci a Roma (1595)
La decorazione di Palazzo Farnese
Ogni elemento decorativo è dipinto in modo da sembrare vero:
gli atlanti e le modanature architettoniche
in finta pietra, le cornici dei quadri dorate,
gli ignudi color carne appoggiati alle finte
mensole.
La volta
I nudi, nelle loro anatomie esagerate, rimandano a quelli della Cappella Sistina
L’ARTE POST-TRIDENTINA: IL RUOLO PEDAGOGICO DELLE IMMAGINI SACRE
Annibale Carracci a Roma (1595)
La decorazione di Palazzo Farnese: alle origini del Barocco
La pittura ci fa immaginare spazi architettonici, sculture antiche
figure ritratte dal naturale e l’illusione ci pervade della verità
delle immagini
Questa affermazione dell’autonomia dell’immagine appartiene già agli
albori della poetica barocca
La poetica barocca
• l’esaltazione dei sensi, quali il piacere della visione
• l’esaltazione della fantasia e dell’immaginazione
L’ARTE POST-TRIDENTINA: IL RUOLO PEDAGOGICO DELLE IMMAGINI SACRE
Annibale Carracci a Roma (1595)
La decorazione di Palazzo Farnese: alle origini del Barocco
I modelli
• Antichi rilievi dei sarcofagi dedicati a Dioniso
• Trionfo di Galatea di Raffaello
• Ignudi di Michelangelo
L’ARTE POST-TRIDENTINA: IL RUOLO PEDAGOGICO DELLE IMMAGINI SACRE
Annibale Carracci a Roma L’Assunzione della Vergine in Santa Maria del Popolo (1600)
davanti ai fedeli un mondo
tangibile concreto, in cui gli
episodi biblici sembrano
realmente accadere.
• “Un mondo tangibile”: il Naturalismo, un mezzo
utile all’espressione di astratte realtà tramite
una convincente verosimiglianza.
• Il fine: commuovere e suscitare il sentimento
religioso, la devozione.
• Il dato reale, tuttavia, subisce un processo di
idealizzazione: la figura di Maria è resa
attraverso un’immagine femminile idealizzata.
In essa convergono la grazia di Raffaello e la
solidità e il plasticismo delle figure
michelangiolesche (Cappella Sistina).
L’ARTE POST-TRIDENTINA: IL RUOLO PEDAGOGICO DELLE IMMAGINI SACRE
Annibale Carracci a Roma (1595)
L’Assunzione della Vergine in Santa Maria del Popolo (1600)
Il Classicismo (il naturale e l’ideale)
• Influenza di Michelangelo, di Raffaello, della pittura
veneziana (masse tonali giustapposte).
• Tutti i mezzi figurativi sono tesi ad attirare l’osservatore-
fedele al dipinto e a suscitare in lui emozione:
L’ARTE POST-TRIDENTINA: IL RUOLO PEDAGOGICO DELLE IMMAGINI SACRE
Annibale Carracci a Roma (1595)
L’Assunzione della Vergine in Santa Maria del Popolo (1600)
Lo stile maturo
il colore e la luce, gli sprazzi brillanti e improvvisi alternati a cavità buie
il punto di vista ravvicinato
il “sotto in su”
l’accentutata gestualità degli apostoli
Seguendo esempi correggeschi,
Annibale sporge le figure verso
l’esterno e le addentra verso il
fondo.
È un invito a entrare nel
quadro, a partecipare all’evento.
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Annibale Carracci a Roma (1595)
L’Assunzione della Vergine in Santa Maria del Popolo (1600)
L’attenzione alla mozione degli affetti, perseguita attraverso la luce, i colori, i gesti sarà una caratteristica tipica della nuova concezione barocca. i cui primi presupposti apparvero, di fatto, nella cerchia di artisti di formazione
carraccesca.
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I Carracci: alle origini del Barocco
Basti pensare all’ampio, eloquente gestire e all’uso del colore
“affettivo” che caratterizza gli scenografici affreschi barocchi.
L’ affresco
del
Lanfranco,
realizzato
tra il 1625 e
il 1627 per la
cupola, che
raffigura
l'Assunzione
della Vergine
Pietro da Cortona, Trionfo della Divina Provvidenza, 1632-29, Roma Palazzo Barberini
• La realtà: il Naturalismo in opposizione al formalismo della tarda Maniera
• La luce: descrittiva (opere giovanili), costruttiva e simbolica (opere della maturità)
• I gesti: la rappresentazione delle passioni
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Caravaggio
• Nasce a Caravaggio (1571) dal padre Fermo, architetto a servizio del marchese di Caravaggio, F. Sforza.
• I buoni rapporti degli Sforza con i Colonna e con i Borromeo, garantiranno al giovane artista la necessaria protezione nel corso degli anni.
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Caravaggio
• Si forma presso Simone Peterzano, allievo di Tiziano (1584).
• Agli anni successivi risale, forse, un viaggio a Venezia (opere di
Tiziano e di Tintoretto).
• Nel 1595-96 è a Roma: presso Lorenzo Siciliano, A. Grammatica, l'Arpino. Infine, si trasferisce presso il cardinal del Monte.
• Nel 1598, grazie all’appoggio del Cardinale, ottiene la prima grande commissione pubblica.
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Caravaggio
• Nel 1606 uccide R. Tomassoni, a seguito di una lite. E’
costretto, così, a fuggire da Roma e a rifugiarsi nei territori dei
Colonna.
• Inizia la peregrinazione: Palestrina, Napoli, Malta, Sicilia.
Morirà nel 1610 a Porto Ercole.
Lo stile
• La rappresentazione delle “cose naturali” diretta e oggettiva, senza l’intermediazione di modelli ideali.
• La resa materica e sensuosa degli oggetti: l’efficacia descrittiva e gli effetti di luce.
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Caravaggio La rivoluzione realistica
La tecnica
lavorava alla ‘prima’, direttamente
sulla tela ( disegnava dipingendo ).
• Osservazione del dato reale (in opposizione all’artificiosità della Maniera)
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Caravaggio e Carracci: analogie e differenze
• Due modi diversi di rappresentare il reale (forme e contenuti)
• Diverso rapporto tra disegno e pittura
L’ARTE POST-TRIDENTINA: IL RUOLO PEDAGOGICO DELLE IMMAGINI SACRE
Caravaggio e Carracci: analogie e differenze
L’ARTE POST-TRIDENTINA: IL RUOLO PEDAGOGICO DELLE IMMAGINI SACRE
Caravaggio e Carracci: analogie e differenze
• Due modi diversi di rappresentare il reale(forme e contenuti)
L’ARTE POST-TRIDENTINA: IL RUOLO PEDAGOGICO DELLE IMMAGINI SACRE
Caravaggio e Carracci: analogie e differenze
• Due modi diversi di rappresentare il reale (forme e contenuti)
La critica secentesca: “nessun decoro”
• Bellori: l’imitazione delle cose vili, delle sozzure...
• Baglione: havea fatto la madonna con le gambe scoperte...
• Mancini: havea ritratto una meretrice ...
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Caravaggio
“…Fece una Madonna
di Loreto ritratta dal
naturale
con due pellegrini, uno co’
piedi fangosi e l'altra con
una cuffia sdrucita e
sudicia...”
(G. Baglione).
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Caravaggio La critica secentesca: “nessun decoro”
Il realismo del Merisi, spesso interpretato dai suoi più astiosi
critici come mancanza di “decoro” è, in realtà, funzionale alla
verità delle immagini.
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Caravaggio
Il realismo del Merisi e la Controriforma
Nasce “dall’etica religiosa instaurata da C. Borromeo nella
sua diocesi lombarda” e consiste “nell’accettare la dura realtà
dei fatti (…) Ciò significa escludere la ricerca del ‘bello’,
puntare al vero”.
(Argan)
“Stare ai fatti”: rappresentare gli eventi storici così come sono
accaduti (aderenza ai testi biblici)
• Conformità del Merisi alla religiosità pauperistica.
• Pauperisti: i cardinali Borromeo dediti all’assistenza dei poveri, polemici verso la corruzione e la ricchezza del clero.
• Gli ideali pauperistici trovano corrispondenza nelle opere del Merisi:
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Caravaggio Il realismo del Merisi e la Controriforma
l’umiltà e la povertà
il tema del perdono;
la ricostruzione autentica dei fatti sacri nel clima dimesso che fu loro proprio (realismo storico).
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Caravaggio Il realismo del Merisi e la Controriforma
• Il realismo storico: l’obiettivo è convincere che gli eventi biblici narrati sono successi realmente.
• Il realismo nella resa dei sentimenti (gesti ed espressioni): funzionale alla necessità di “movere gli affetti” (commuovere), e cioè di coinvolgere emotivamente lo spettatore.
. • Il decoro: rispetto della verità storica e quindi rispetto delle
fonti sacre
“Agli antichi che riportarono tanta lode per l’espressione, io
credo che sia accaduto la stessa cosa che riteniamo per certo
essere accaduta ai profeti profani, e cioè che i loro carmi
migliori sgorgano non solo dall’arte ma anche dalle passioni
dell’animo (…)”.
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Caravaggio Il realismo del Merisi e la Controriforma
Per F. Borromeo la rappresentazione realistica dei sentimenti
era fondamentale:
Secondo il Card. Paleotti, amico dei
Borromeo,
la Madonna, non poteva essere
raffigurata “in uno splendido palazzo,
come una regina vestita sontuosamente ed
ingioiellata”, ma per aderenza ai testi
sacri, come
“un’umile donna abitatrice di una
povera dimora di Nazareth”.
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Caravaggio
Il realismo del Merisi e la Controriforma
• La povertà, l’umiltà dei soggetti, l’espressione realistica dei
sentimenti (gesti), sono in linea con il concetto di decoro di
stampo borromaico.
• I rifiuti: non dipesero dall’immoralità delle opere, ma
dall’avvento del nuovo papa, Paolo V, e dai suoi orientamenti
religiosi ostili nei confronti delle correnti riformistiche e
pauperistiche.
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Caravaggio
Il realismo del Merisi e la Controriforma
In conclusione
• Le opere giovanili (1593-1599): descrittività analitica,
poca capacità di sintesi, tinte ancora chiare e poco
contrastate.
• Le opere della maturità (dal 1599 - 1600).
“ ... Caravaggio passa dal luminoso e chiaro primo stile
romano a una nuova maniera che parve particolarmente adatta
per i soggetti religiosi, i quali costituiscono il principale
interesse per il resto della sua vita” (Wittkover) .
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Caravaggio
Lo stile
• Funzione puramente descrittiva della luce: sfiora le figure con chiaroscuri tenui (latente bidimensionalità, ancora manieristica).
• Sensibilità naturalistica: riproduzione fedele di oggetti, fiori, frutta (memorie del Lotto e del suo luminismo, del Savoldo o del Peterzano, buona conoscenza dei veneti).
L’ARTE POST-TRIDENTINA: IL RUOLO PEDAGOGICO DELLE IMMAGINI SACRE
Caravaggio Lo stile delle opere giovanili
“… il dolore fa muovere
il corpo in atti dolenti
… inarcar le ciglia,
stringer le labra, e
discoprire i denti ...
scontorcere il corpo in
diversi modi, e
travolger gli occhi come
avviene quando uno è
offeso da veneno, o
morso da serpe”.
Lomazzo
Il gesto del “palmo
rivoltato contro”
“Per esprimere timore o
orrore, l’oratore deve
girare i palmi delle mani
verso l’oggetto che suscita
tale reazione”
Quintiliano
“Opponer la mano … è atto di
contraddittione, o opposizione...”.
G. Bonifacio, 1616
J. Bulwer, 1644
“The hand propellent to the
left-warld ..., is an action accomodated to aversation,
execration, and negation” .
J. Bulwer, 1644
“Conscienter affirmo:
gesto con cui si
afferma” .
... In particolare, con il
quale si afferma e si
dichiara l’amore
verso Dio.
J. Bulwer, 1644
J. Bulwer, 1644
J. Bulwer, 1644
• “ Le figure vengono, ora, gettate in una semioscurità, mentre un
potente fascio di luce le investe, le modella e dà loro una vigorosa
tridimensionalità” (Wittkower).
L’ARTE POST-TRIDENTINA: IL RUOLO PEDAGOGICO DELLE IMMAGINI SACRE
Caravaggio Lo stile delle opere della maturità
• La luce assume un valore costruttivo e drammatico (nonché simbolico).
• L’iniziale latente bidimensionalità viene soppiantata da un maggior plasticismo nelle figure e da una più chiara definizione spaziale.
Le grandi commissioni pubbliche
• I temi del pentimento, del
perdono, della grazia
• La resa teatrale e retorica
degli affetti
L’ARTE POST-TRIDENTINA: IL RUOLO PEDAGOGICO DELLE IMMAGINI SACRE
Caravaggio
J. Bulwer, 1644
Nella Morte della Vergine (1606), il lutto dei circostanti è caratterizzato da
grande varietà della rappresentazione dei gesti e della mimica: la Vergine è
disposta quasi parallelamente, riparata da un drappeggio e circondata dalla
Maddalena e dagli Apostoli, che nella partecipazione affettiva sono di grande
varietà e pathos. I vari stati d’animo sono descritti con partecipazione intensa
ed acquistano nello stesso tempo qualità di termini universali, di
Pathosformeln, che superano il contesto narrativo: stupore ancora incredulo,
riflessione silenziosa e malinconica, eccitazione disperata, pianto commosso
e il nascondere del dolore più profondo.
Osserviamo i gesti dei diversi personaggi raffigurati. L’espressione dello stupore si concretizza
nella figura barbuta che, a sinistra, volge il volto alla Vergine distesa, inarcando le sopracciglia (il
che ne determina l’incresparsi della fronte) e stringendo le labbra (“Inarcar le ciglia, è atto di
meraviglia, et massimamente con la bocca chiusa”; “Questo gesto d’haver increspata la fronte
(…) per atto di meraviglia l’usò anco Plauto”), e, allo stesso tempo, sollevando all’insù e
allargando la mano destra. Quest’ultimo gesto, con il quale l’apostolo esprime il proprio stupore,
la propria meraviglia, ha ricevuto una prima codifica in ambito retorico: in Quintiliano leggiamo:
“Est admirationi conveniens ille gestus, quo manus modice supinata ac per singulos a minimo
collecta digitos redeunte flexu simul explicatur atque convertitur” (“Acconcio ad esprimer
meraviglia [o stupore] è il gesto della mano sollevata moderatamente all’insù e ben serrata dito
per dito a partire dal mignolo, che con un movimento inverso viene nello stesso tempo allungata
e aperta”)
Questo passo di Quintiliano si ritrova nel capitolo dedicato alla gestualità del corpo del De
furtivis del Della Porta: “Admiratio convenienti gestu illicò monstratur, quo manus, quo manus
modice supinata, ac per singulos a minimo collecta digitos, redeunte flexu simul explicatur, atque
convertitur”, ed, infine, è illustrato tra i “rethorical gestures” elencati da Bulwer, sotto il nome di
“Admiratur”. Una descrizione simile, per certi aspetti, del gesto dello stupore, la troviamo in
Cesare Ripa, il quale propone per la figura della Meraviglia la seguente rappresentazione: “Una
giovane che tenghi il braccio destro alquanto alto con la mano aperta, et il sinistro steso a basso
con la mano parimenti aperta… starà con la testa alquanto china verso della spalla sinistra…”.
Soffermiamoci ora sui gesti esprimenti dolore e meditazione malinconica. Dai diversi trattati del
tempo si apprende che il dolore, la malinconia e la tristezza saranno ben rappresentate da gesti
come l’abbassare il capo o anche solo lo sguardo verso terra o il reclinare la testa da un lato:
“(…) il tener il capo basso (…) è anco atto di vergogna e dolore”; “Faccia volta verso la terra. È
natural gesto di dolore, e di vergogna” “(…)volger gli occhi a terra (…) è anco segno di gran
dolore, e di vergogna”; “Abbassare la testa da una parte (…) dice Quintiliano ch’è gesto di gran
dolore”. Qui, Giovanni Bonifacio, si rifà al passo dell’Institutio Oratoria in cui il retore latino
scrive: “Decoris illa sunt, ut sit primo rectum et secundum naturam: nam et deiecto humilitas et
supino adrogantia et in latus inclinato languor…” (“è un segno di eleganza che la testa sia, in
primo luogo, eretta e in posizione naturale: infatti, se è rivolta a terra, è indizio di vigliaccheria,
se è supina di arroganza, se è piegata lateralmente di sofferenza…”) . G. BONIFACIO, op.
cit., p. 20.
Ibidem, p. 122.
Il medesimo passo di Quintiliano viene citato quasi testualmente dal
Della Porta nel De furtivis: “Caput (ut Fabius inquit) deiectum
humilitatem, supinum arrogantiam, in latus inclinatum languorem…”.
Il viso esprimerà dolore col restringere ed abbassare le sopracciglia
e stringere le labbra: “Il dolore … fa stringer le labra”; “Stringere il
ciglio è atto di dolore”; “Le ciglia abbassate accennano dolore, vergogna e
timore (…) perciò che bisogna legger non rimesse, ma dimesse; perché
ciglio rimesso è restituito allo stato suo, e così contrario al dimesso,
essendo il ciglio dimesso gesto di malinconia; et il rimesso d’allegrezza;
come anco ci insegnò Quintiliano, quando disse: Ira contractis
superciliis, tristitia deductis, hilaritas remissis ostenditur”. Qui
Bonifacio si rifà al passo 3, 79 dell’XI libro dell’Institutio oratoria, il
quale viene citato puntualmente anche dal Della Porta: “cum
contrahuntur tristitiam, cum adducuntur hilaritatem…”. Ancora il
tenersi la fronte o le gote con la mano o il portare la mano sinistra alla
faccia, saranno tutti indizi di dolore e tristezza. Nel già citato passo
dell’Alberti, ripreso testualmente dal Della Porta nel De Humana
Phisiognomia, leggevamo che: “Chi è addolorato ha la fronte premuta,
la testa china…”; nel Trattato dell’arte della Pittura, il Lomazzo
definisce il sentimento della malinconia nel seguente modo: “…ella fa
gl’atti pensosi, mesti, e colmi di tristezza, volendola per esempio esprimere
nei primi nostri padri, Adam, e Eva, doppò commesso il peccato della
disubbidienza, li faremo con gl’occhi dimessi, affissati in terra, con la
testa chinata co’l gomito sopra il ginocchio, e la mano sotto le gote…”. In
Bonifacio leggiamo: “Tenirsi con la mano la fronte, è atto di dolore”
“Haver la mano sotto la guancia. È gesto di gran mestizia, e di’ gran
dolore”.
Questi gesti del dolore possono ben osservarsi negli apostoli e nella Maddalena raffigurati dal
Caravaggio, in San Giovanni che sta in piedi, che guarda tristemente verso il basso, col volto reclinato,
buio e malinconico, sostenuto dalla mano sinistra, nell’apostolo inginocchiato ai piedi della Vergine che
sorregge con la mano la propria fronte e ancora nell’apostolo che incrocia le proprie braccia sullo
stomaco e reclina il proprio volto a sinistra.
L’apostolo inginocchiato ai piedi della Vergine con una mano (percuotersi il petto in segno di profondo
dolore) può ricollegarsi al De Pictura Sacra di Federico Borromeo
Dal dolore più mesto e contenuto di San Giovanni e dell’apostolo che incrocia le braccia guardando
tristemente verso il basso, si passa a quello più concitato dei due apostoli che si piegano in avanti, uno
portandosi le mani agli occhi nell’atto di piangere, l’altro sostenendosi con una mano la fronte, e con
l’altra battendosi il petto; fino all’esplodere del dolore più profondo nella figura della Maddalena, la
quale, curvandosi sulle proprie ginocchia, nasconde completamente il proprio volto tra le mani.
L’Alberti, rifacendosi ad un passo di Quintiliano che ho citato in precedenza, al quale, come abbiamo
visto, farà riferimento anche Federico Borromeo, consiglia gli artisti di prendere esempio dal pittore
antico Timante, in quanto la resa di diverse situazioni emotive, dalla più contenuta alla più intensa, in
una medesima rappresentazione, ne potenzia l’espressività emotiva: “Lodasi Timantes di Cipri in quella
tavola in quale egli vinse Colocentrio, che nella imolazione di Efigenia, avendo finto Calcante mesto, Ulisse
più mesto, e in Menelao poi avesse consunto ogni suo arte a molto mostrarlo adolorato, lui avolse uno panno
al capo, e così lassò si pensasse qual non si vedea suo acerbissimo merore”. avendo in che modo mostrare la
tristezza del padre, a lui avolse uno panno al capo, e così lassò si pensasse qual non si vedea suo acerbissimo
merore”. Lo spettatore può immaginare nel volto della Maddalena un dolore così grande che nessuna
rappresentazione avrebbe potuto eguagliare
Il dipinto del Merisi non solo abbiamo la rappresentazione di una triplice gradazione del dolore, da
quello più mesto, a quello più concitato, fino a quello “inimmaginabile” della Maddalena,
La composizione risulta sapientemente organizzata attraverso un criterio assai simile a quello della
sacra rappresentazione che unisce all’articolata mimica l’intensità della devozione: l’esclusione di
qualsiasi riferimento alla trascendenza ricollega inoltre l’impianto della composizione ad alcuni
prototipi nordici.
Martin Schongauer (Colmar ca. 1435/50-1491 Breisach)
La morte della Vergine;
XV secolo;
E’ possibile poi che lo stesso Laerzio Cherubini (committente) abbia influenzato la scelta iconografica
poiché la Confraternita dell’Orazione e Morte, cui egli molto probabilmente afferiva, aveva in uso di
procedere al trasporto dei cadaveri, adagiandoli su tavole di legno come viene ad esempio registrato il 13
marzo 1532. Ancor più interessante il Legendario della Vergine Maria scritto di Antonio de Villegas
pubblicato nel 1596 e sicuramente posseduto dal Cherubini (libri spirituali allegati al suo testamento) .
Questo mostra indubbi contatti con il serrato clima di intensa devozione esaltato nel dipinto, esso infatti
riporta che: ”Grave ansietà mostravano i patriarchi per la Vergine la quale bramavano già avere in cielo: gli
apostoli non la sentivano minore intendendo che da loro si allontanava, e gli lasciava e da loro piangevano
dirottamente tutti circondandola..[…] ma l’apostolo san Pietro in particolare credo dicesse: madre e signora
nostra se noi fossimo certi che andate a regnare col vostro Figliuolo, e a godere quello che molto vi siete
meritata, assai più ci peseria la vostra lontananza, il nostro conforto è considerare dove andate, con tutto che
non è così grande , che sia sufficiente per i nostri occhi , che non si facciano fonti di lagrime, e le nostre gole
non diventino rauche […].
E’ possibile poi che lo stesso Laerzio Cherubini (committente) abbia influenzato la scelta iconografica
poiché la Confraternita dell’Orazione e Morte, cui egli molto probabilmente afferiva, aveva in uso di
procedere al trasporto dei cadaveri, adagiandoli su tavole di legno come viene ad esempio registrato il 13
marzo 1532. Ancor più interessante il Legendario della Vergine Maria scritto di Antonio de Villegas
pubblicato nel 1596 e sicuramente posseduto dal Cherubini (libri spirituali allegati al suo testamento
1602) Questo mostra indubbi contatti con il serrato clima di intensa devozione esaltato nel dipinto, esso
infatti riporta che: ”Grave ansietà mostravano i patriarchi per la Vergine la quale bramavano già avere in
cielo: gli apostoli non la sentivano minore intendendo che da loro si allontanava, e gli lasciava e da loro
piangevano dirottamente tutti circondandola..[…] ma l’apostolo san Pietro in particolare credo dicesse:
madre e signora nostra se noi fossimo certi che andate a regnare col vostro Figliuolo, e a godere quello che molto
vi siete meritata, assai più ci peseria la vostra lontananza, il nostro conforto è considerare dove andate, con
tutto che non è così grande , che sia sufficiente per i nostri occhi , che non si facciano fonti di lagrime, e le
nostre gole non diventino rauche […].
E ancora commentando il transito della
Vergine, Villegas sottolinea la paura degli
apostoli di non riuscire a contenere il dolore
e di non essere addirittura capaci di
profferire alcuna parola sacra. Questa
paura nel dipinto caravaggesco prende
forma compiuta e si materializza nelle
attitudini del dolore: uno degli apostoli è
inginocchiato e come nel testo si porta la
mano alla gola, quasi a sottolineare
visivamente la propria incapacità di
emettere suono alcuno; tutti gli altri sono
inoltre raffigurati con la bocca aperta come
spiega Villegas:” questo doveva dire
l’apostolo Pietro, aiutando tutti gli altri
apostoli, con un canto mesto e doloroso
pieno di sospiri ,gemiti e singulti […] e
ancora gli apostoli veduto che questa
signora era morta con grande riverentia
copersero il suo corpo con lenzuoli
bianchi[…] e si potrà constatare come nel
dipinto, proprio sotto il corpo della Vergine
morta, siano riposti i lenzuoli bianchi che
verranno utilizzati certamente dopo perché
ora il sacro transito è appena avvenuto.
Lo stupore
Inarcar le ciglia, è atto di
meraviglia”
“Acconcio ad esprimer
meraviglia [o stupore] è il
gesto della mano sollevata
moderatamente all’insù ...
che con un movimento
inverso viene nello stesso
tempo allungata e aperta”.
Quintiliano
G. Bonifacio
Il dolore
“Faccia volta verso la terra è natural gesto di dolore ...”; “Abbassare la testa da una parte (…) dice Quintiliano ch’è gesto di gran dolore”
“Tenirsi con la mano la
fronte, è atto di dolore”
G. Bonifacio
Il dolore
“Il percuotersi l’hanca è gesto di
dolore, e di sdegno come afferma
Quintiliano:(...) “Questo
percotimento del proprio petto
(…) Di questo gesto si serve anco
l’Oratore, come ci avvertì
Quintiliano”
G. Bonifacio
Il dolore
“Haver la mano sotto la guancia è gesto
di gran mestizia, e di’ gran dolore”
G. Bonifacio
Il dolore
“Con le lacrime ancora
esprimiamo i concetti del
nostro animo (…)
Primieramente elle
accennano un intenso, e
grave dolore”
G. Bonifacio
L’oratore per esprimere
adorazione deve sollevare
entrambe le braccia verso la
persona o l’oggetto
dell’invocazione
(Quintiliano)
“La divotione” si mostra con “l’alzar la faccia
al cielo, con le braccia aperte…”.
G. P. Lomazzo
“Il tenere le braccia aperte sarà …
cenno di preghiera e di chieder
pietà” (Bonifacio)
“Porger prontamente le mani aperte è atto di benignità…”.
G. Bonifacio
“Lo stare con le braccia aperte dinota che la Misericordia è à guisa di Giesù Cristo Redentor nostro ...”.
C. Ripa
La benignità … s’esprime con le
braccia aperte, con i gomiti à i
fianchi, e le mani alzate co’l
palmo in fuori” G. P. Lomazzo
“Colligit”:
Esprimere consenso”
o “rivolgere
l’attenzione”.
J. Bulwer
PILLOLE ICONOGRAFICHE
L’ AFFETTIVITA’
Anche nel campo dell’affettività i rapporti vengono rappresentati nei termini di chi comanda e chi subisce, se
appoggiare la mano sul petto di un uomo significa farlo prigioniero appoggiarla su quello di una donna suggerisce l’idea
del potere che un uomo (sposo) ha sulla donna (moglie).Il motivo si rintraccia già nel medioevo come nel mosaico (sec.
XIII) sopra la porta di san Clemente, basilica di san Marco a Venezia
Rembrandt Harmenszoon Van Rijn. La Sposa ebrea, 1665, olio su tela, cm 121.5×166.5.
Amsterdam, Rijksmuseum
Ambiguità del tema forse un augurio di
compleanno, probabilmente l’episodio
descritto a quello biblico di Rebecca ed
Isacco. I due protagonisti emergono da
uno spazio poco definito in ombra.
Scorgiamo appena nell’ambiente
circostante un vaso con una pianta ed un
ingresso ad arco. Rembrandt sottolinea
buona parte del profilo dei due
personaggi con zone di oscurità marcata
creando quindi uno stacco più forte con lo
sfondo, le figure emergono da una
dimensione sconosciuta e di confine. Ma
il grande prodigio del dipinto è quello
coloristico. Un recente restauro ha portato
alla luce le tinte strabilianti, le terre, gli
ocra, i rossi che contraddistinguono
l’opera matura dell’artista. La qualità
materica del colore, forte ed espressivo
sembra ribollire come magma
incandescente sulla superficie della tela.
Una multi-dimensionalità che in realtà
prospettica che permette di percepire
percepire le tre dimensioni su una
superficie bidimensionale, aggiungendo
alla profondità percettiva dimensioni
emotive ed espressive senza tempo.
Meno drammatico ma altrettanto esplicito il gesto di Milone
che infila la mano nell’abito di Berta all’altezza del pube
Storie Berta Milone, scultura sec. XII, Fidenza Duomo
Francesco del Cossa, Aprile: Trionfo di Venere, Il giardino d'amore, 1470 c., Ferrara, Palazzo Schifanoia
Herod and Salome c. 1120 Stone Musée des Augustins, Toulouse
L’attrazione colpevole di Erode per la figliastra Salomè al termine della sua danza
decreterà la morte di San Giovanni Battista nell’immagine Erode tiene il mento
della fanciulla (affetto) e contemporaneamente appoggia l’altra mano sul
ginocchio(potere)
L Afferrare il polso altrui significa evidentemente esercitare un potere può essere coercitivo in senso negativo
Giotto, Strage degli innocenti, 1304-1306 circa, affresco,
Padova, Cappella degli Scrovegni
Marco Benefial (1684-1764) Strage degli Innocenti, Firenze Galleria degli Uffizi
Afferrare il polso può essere coercitivo in senso liberatorio Cristo che disceso agli inferi trae a sé il vecchio Adamo seguito da
Eva e da tutti i trapassati i attesa della salvezza
Duccio da Buoninsegna, Gesù e la discesa agli inferi, particolare della Maestà
tavola 1308-1311, Siena Museo dell’Opera del Duomo
Lo schema è quello della Restitutio romana rappresentata nelle monete dove l’imperatore solleva una figura allegorica ripristinando
ordine e libertà. La breve notizia tramandata dal De Vita Hadriani dell’Historia Augusta sulla visita di Adriano in Sicilia e la
legenda monetale di un’emissione del 136 d.C., che celebra l’imperatore quale RESTITVTOR SICILIAE, sono state da alcuni
studiosi considerate come elementi a sostegno della munificenza del principe verso le città dell’isola.
Nella Creazione Dio stringe il polso di Eva estraendola dal corpo di Adamo addormentato….
Wiligelmo, Creazione di Eva, 1099-1106 circa Facciata del duomo di Modena
come l’angelo che conduce San Pietro fuori dalla prigione…
Giacomo Jaquerio, San Pietro liberato dal carcere, 1410-1415, tempera su
tavola, cm 85 x 82,3, Torino, Palazzo Madama, inv. 472/D
LA TRISTEZZALA
TRISTEZZA
Benedetto Antelami , Erode si tira la barba (1196)
Storie del Battista, Parma BattisteroBattistero di Parma
Medea medita di uccidere i figli, affresco prima del 79 d.C.,
Napoli Museo Acheologico Nazionale
IL DEMOSTENE DI POLYEUKTOS E
LA RICOSTRUZIONE HARTWIG
NELLA GIPSOTECA DI EMANUEL
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