Il rischio meccanico legato alle attrezzature di lavoro e ... · Le aziende, per poter aedere allo...

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Anno 2 Nr. 1 30 Gennaio 2013 Il rischio meccanico legato alle attrezzature di lavoro e macchine Di seguito uno stralcio del quotidiano “La Provincia di Sondrio” del 18 dicembre 2012: CHIESA IN VALMALENCO - Non ce l'ha fatta, dopo undici giorni passati nel reparto di Rianimazione dell'ospedale di Sondrio. Un uomo di 45 anni, Eros Vedovatti, residente a Chiesa in Valmalenco, ha perso la vita in conseguenza alle gravi ferite riportate in un incidente sul lavoro avvenuto il 7 dicembre in una cava della località Sabbionaccio, nella frazione in quota di San Giuseppe. L'operaio era rimasto quasi strangolato dal proprio pile cui si era impigliata la punta della perforatrice che stava sorreggendo con la spalla per facilitare il foro della parete. E lo stop, doveroso, alla manovra intimato dal collega di Eros aveva peggiorato la situazione, schiacciandolo contro il masso. Senza entrare nel merito di quello che è successo nello specifico caso si riepilogano di seguito i rischi meccanici a cui sono soggetti i lavoratori nell’attività che prevedono l’uso di attrezzature di lavoro e macchine. In questo numero Articolo Riduzione del premio INAIL per interventi di prevenzione (Modello OT24): conviene alle piccole aziende Cronaca Emergenza amianto: otto morti, indagati gli ex dirigenti della Grandi Motori di Trieste Notizia Sostanze chimiche problematiche: individuate dall’ECHA 23 nuove sostanze estremamente pericolose (SVHC) Cronaca Formazione periodica per ASPP/RSPP: scadenza aggiornamento quinquennale

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Anno 2 Nr. 1 30 Gennaio 2013

Il rischio meccanico legato alle attrezzature di lavoro e macchine

Di seguito uno stralcio del quotidiano “La Provincia di Sondrio” del 18 dicembre 2012: CHIESA IN VALMALENCO - Non ce l'ha fatta, dopo undici giorni passati nel reparto di Rianimazione dell'ospedale di Sondrio. Un uomo di 45 anni, Eros Vedovatti, residente a Chiesa in Valmalenco, ha perso la vita in conseguenza alle gravi ferite riportate in un incidente sul lavoro avvenuto il 7 dicembre in una cava della località Sabbionaccio, nella frazione in quota di San Giuseppe. L'operaio era rimasto quasi strangolato dal proprio pile cui si era impigliata la punta della perforatrice che stava sorreggendo con la spalla per facilitare il foro della parete. E lo stop, doveroso, alla manovra intimato dal collega di Eros aveva peggiorato la situazione, schiacciandolo contro il masso. Senza entrare nel merito di quello che è successo nello specifico caso si riepilogano di seguito i rischi meccanici a cui sono soggetti i lavoratori nell’attività che prevedono l’uso di attrezzature di lavoro e macchine.

In questo numero

Articolo Riduzione del premio INAIL per interventi di prevenzione (Modello OT24): conviene alle piccole aziende

Cronaca Emergenza amianto: otto morti, indagati gli ex dirigenti della Grandi Motori di Trieste

Notizia Sostanze chimiche problematiche: individuate dall’ECHA 23 nuove sostanze estremamente pericolose (SVHC)

Cronaca Formazione periodica per ASPP/RSPP: scadenza aggiornamento quinquennale

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L’uso in sicurezza delle attrezzature di lavoro è regolato dal Titolo III Capo 1 del D.lgs. 81/08. Il decreto fa rientrare anche le macchine nel novero delle attrezzature di lavoro, l’art.69 infatti definisce “attrezzatura di lavoro, qualsiasi macchina, apparecchio, utensile od impianto destinato ad essere usato durante il lavoro”. Per quanto riguarda l’uso dell’attrezzatura di lavoro, questo non si limita al solo impiego ma comprende “qualsiasi operazione lavorativa connessa ad una attrezzatura di lavoro, quale la messa in servizio o fuori servizio, l'impiego, il trasporto, la riparazione, la trasformazione, la manutenzione, la pulizia, lo smontaggio”. Già nelle definizioni riportate nell’art.69, particolare importanza viene data all’interazione tra l’attrezzatura di lavoro e il lavoratore, laddove viene definito sia il concetto di “zona pericolosa”, come qualsiasi zona all'interno ovvero in prossimità di una attrezzatura di lavoro nella quale la presenza di un lavoratore costituisce un rischio per la salute o la sicurezza dello stesso, che di “lavoratore esposto”, cioè “qualsiasi lavoratore che si trovi interamente o in parte in una zona pericolosa”. La zona pericolosa riguarda non solo gli spazi operativi interni, ma viene estesa all’intera attrezzatura (macchina o impianto), all’area limitrofa e ciò non solo in relazione all’attività dell’operatore, ma anche in relazione ad ogni altro lavoratore che può trovarsi in una zona a rischio per la salute e la sicurezza. Rischio meccanico collegato all’utilizzo delle macchine Il rischio ha sempre una connotazione multifattoriale, dovendosi sempre considerare non solo gli aspetti squisitamente tecnici ma anche organizzativi, procedurali ed ergonomici. Si può parlare di rischio meccanico come la tipologia di rischio legata alla presenza di elementi in movimento, alla possibilità di proiezione di schegge, alla caduta e ribaltamento di oggetti ed alle eventuali conseguenze di guasti o rotture delle macchine o degli impianti ad esse asserviti. Sebbene in modo non completamente esaustivo possiamo operare una classificazione dei principali rischi di natura meccanica associabili alle macchine utensili sono:

lo schiacciamento derivante dal moto relativo di due parti che vengono a contatto o si avvicinano fra loro a tal punto da poter schiacciare il corpo o gli arti di una persona;

il cesoiamento ovvero l’effetto forbice per cui due elementi in moto che passano uno vicino all’altro possono cesoiare arti del corpo;

l’impigliamento inteso come il meccanismo che parti del corpo (spesso i capelli), dell’abbigliamento (cravatte, maniche, sciarpe) o altro (catenine, orologi, anelli) possano restare impigliati in parti di macchina seguendo poi il moto delle stesse o impedendo la fuga

Quesito RSPP strutture sanitarie

GIURISPRUDENZA / Cassazione Cassazione Penale sentenza n. 1856 del 15.01.2013 sulla responsabilità del medico competente per omessa collaborazione nella valutazione dei rischi

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delle persone dalle zone pericolose;

il trascinamento nel caso in cui una parte della macchina in movimento può trascinare o spingere una persona;

l’urto con parti di macchina in movimento;

l’abrasione derivante dallo sfregamento di parti del corpo su superfici ruvide. Può anche essere conseguenza di cadute o di urti;

l’intrappolamento si manifesta quando una persona che si trova all’interno della zona di lavoro di una macchina, a seguito delle azioni della macchina stessa non può allontanarsi da tale zona;

proiezione di fluidi ad alta pressione, solitamente olii, liquidi lubrorefrigeranti presenti nella macchina ad alta pressione;

proiezione di materiale solido, come la proiezione di truciolo, di frammenti di parti provenienti dalle lavorazioni;

perdita di stabilità della macchina è la possibilità di ribaltamento in macchine non saldamente ancorate al terreno. Il pericolo si presenta in macchine mobili come ad esempio nei carrelli elevatori, mentre per macchine fisse come le macchine utensili spesso si riscontra in presenza di vibrazioni consistenti;

contatti diretti ed indiretti con le parti elettriche asserviti alle macchine ed ai sistemi di controllo a bordo macchina.

Gli obblighi del datore di lavoro e le disposizioni concernenti l’uso delle attrezzature Particolare rilevanza sotto il profilo prevenzionale è l’obbligo del datore di lavoro a prendere in esame fin dal primo momento, ovvero dal momento della scelta e del conseguente acquisto dell’attrezzatura, che il prodotto sia idoneo alla immissione sicura nel ciclo produttivo aziendale considerato e valutato nel documento di valutazione del rischio aziendale; non è quindi sufficiente che esso sia intrinsecamente sicuro per effetto della garanzia – marcatura CE – data dal fabbricante. Gli obblighi del datore di lavoro sono riportati nell’art.71 del DLgs 81/08. In particolare i primi quattro commi riportano precisi obblighi strettamente collegati ad una corretta valutazione dei rischi. Per la riduzione dei rischi connessi all’uso delle attrezzature di lavoro devono essere adottate adeguate misure tecniche ed organizzative tra le quali quelle riportate nell’Allegato VI del DLgs 81/08 (“Disposizioni concernenti l’uso delle attrezzature di lavoro”). In tale allegato sono riportate disposizioni di carattere generale e particolare. Tra le disposizioni generali particolare importanza assumono quelle applicabili a tutte le attrezzature:

le attrezzature di lavoro non possono essere utilizzate

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per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte”;

le attrezzature di lavoro devono essere installate, disposte e usate in maniera tale da ridurre i rischi per i loro utilizzatori e per le altre persone, ad esempio facendo in modo che vi sia sufficiente spazio disponibile tra i loro elementi mobili e gli elementi fissi o mobili circostanti e che tutte le energie e sostanze utilizzate o prodotte possano essere addotte e/o estratte in modo sicuro;

le operazioni di montaggio e smontaggio delle attrezzature di lavoro devono essere realizzate in modo sicuro, in particolare rispettando le eventuali istruzioni d'uso del fabbricante.

Le misure di prevenzione e protezione Per quanto riguarda le misure di prevenzione e protezione è bene ricordare che sono di natura sia tecnica che procedurale (misure generali di tutela). Infatti è utile ribadire gli obblighi del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti concernenti la valutazione del rischio nell’immissione nel ciclo produttivo, il controllo operativo sul corretto utilizzo, la manutenzione e la verifica periodica. Bisogna inoltre sottolineare che è assolutamente proibito, anche da parte dei lavoratori che utilizzano le attrezzature e le macchine, manometterle, forzarne il funzionamento, utilizzare le macchine per scopi per le quali non sono adatte, non seguire le procedure di utilizzo previsto dalle istruzioni fornite dal fabbricante. Ed infine è utile rimarcare l’obbligo di formazione e addestramento adeguati per i lavoratori incaricati all’uso delle attrezzature di lavoro relativamente alle condizioni di impiego delle attrezzature e alle situazioni anormali prevedibili in modo tale da consentire l’utilizzo delle attrezzature in modo sicuro ed idoneo, anche in relazione ai rischi che possano essere causati ad altre persone. Fabiano Rinaldi Direzione FTS

Articolo 28 Gennaio 2013

Riduzione del premio INAIL per interventi di prevenzione (Modello OT24): conviene alle piccole aziende Marco Lamalfa

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INAIL Milano L’INAIL premia, sin dal 2000, le aziende che eseguono interventi per il miglioramento delle condizioni di igiene, salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, in aggiunta a quelli minimi previsti dalla normativa in materia ( D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.). Lo sconto, denominato “oscillazione per prevenzione”, viene applicato al tasso di premio, determinando un risparmio sul premio dovuto all’INAIL. L’entità dello sconto è proporzionato al numero di lavoratori-anno (indicatore delle dimensioni aziendali utilizzato dall’INAIL) secondo la seguente articolazione:

LAVORATORI-ANNO RIDUZIONE Fino a 10 30% Da 11 a 50 23% Da 51 a 100 18% Da 101 a 200 15% Da 201 a 500 12% Oltre 500 7%

Le aziende, per poter accedere allo “sconto” devono anche essere in regola con gli adempimenti contributivi ed assicurativi e con le disposizioni obbligatorie in materia di prevenzione infortuni e sicurezza dei luoghi di lavoro. In aggiunta, le aziende devono aver effettuato, nell’anno precedente a quello in cui chiedono la riduzione, interventi di miglioramento elencati nel modello di domanda dedicato (Modello OT24). Al fine di dimostrare l’entità dello sconto e il percorso metodologico da seguire per giungere alla concessione dello stesso da parte dell’INAIL, si propongono tre simulazioni: tre ditte appartenenti a settori differenti che svolgono tre lavorazioni diverse ma tutte con meno di 10 lavoratori-anno. Trattasi di tre ditte cosiddette “virtuose” perché già godono di uno sconto per buon andamento infortunistico. Tale scelta è dettata dalla volontà di verificare l’appetibilità del beneficio da parte delle piccole aziende, dimostratesi fino a poco tempo fa pressoché disinteressate all’ottenimento dello stesso. SIMULAZIONE N. 1 La ditta 1, attiva nel settore del legno, ha presentato domanda per ottenere lo sconto “oscillazione per prevenzione” all’INAIL entro il 28 febbraio del 2012. Il datore di lavoro ha eseguito nel 2011 tre interventi, presenti nel modulo di domanda, che gli permettono di raggiungere il punteggio di 100 (requisito minimo per l’ottenimento dello sconto). Gli interventi, ai quali si rimanda per la lettura nel modulo di domanda, sono identificati nella sezione B punto 4, sezione D punto 19 e sezione E punto 21.

1 Si precisa che le considerazioni esposte nel presente articolo sono frutto esclusivo del pensiero dell'autore ed il loro

contenuto non impegna l'Istituto.

Dati azienda 1

Voce di tariffa

Tipologia di lavorazione

Tasso Medio Nazionale della lavorazione

Tasso Applicato all’azienda per andamento infortunistico

Lavoratori /anno

Sconto sul Tasso Medio

Tasso scontato

Retribuzioni dichiarate per il 2012

5212 Costruzioni di mobili ed arredamenti

88 ‰ 69 ‰ 6 -30% di 88 42 ‰ 38.000 €

Il tasso ottenuto va moltiplicato per le retribuzioni dei dipendenti inquadrati nella voce 5212 e sommato all’aliquota del 1% per il finanziamento dell’ANMIL.

PREMIO DOVUTO (CON SCONTO) PREMIO SENZA SCONTO RISPARMIO

1.611,96 € 2.648,22 € -1.036,26€

Il risparmio, con l’applicazione dell’oscillazione per prevenzione, è del 39,13% corrispondente a 1.036,26 €. L’INAIL, per facilitare le aziende, ha pubblicato un documento contenente l’elenco della documentazione che ritiene probante per ognuno degli interventi presente nel modulo di domanda. Per gli interventi scelti in questa simulazione il datore di lavoro deve conservare la seguente documentazione: INTERVENTO DOCUMENTAZIONE RITENUTA PROBANTE Sezione B punto 4 Per le aziende fino a 15 lavoratori: la riunione periodica di cui all’art.35 del D.Lgs.81/08 e s.m.i., viene effettuata almeno 1 volta l’anno senza necessità di specifica richiesta da parte del RLS/RLST.

- Verbale di riunione periodica (datato e firmato da tutti i partecipanti) relativo all’anno solare precedente quello di presentazione della domanda

- Elementi documentali da cui evinca la programmazione annuale della riunione,indipendente da specifiche richieste del RLS/RLST

- Elenco dei lavoratori relativi all’anno solare precedente a quello di presentazione della domanda. Il numero dei lavoratori va calcolato sulla base del D.Lgs. 81/2008.

Sezione D punto 19

Il medico competente ha acquisito dati epidemiologici del territorio e del comparto specifico in cui opera l’azienda.

- Documento con l’elaborazione ed analisi dei dati epidemiologici del territorio e del comparto produttivo, riferito all’anno solare precedente quello di presentazione della domanda

oppure - Dichiarazione a firma e timbro del medico competente contenente la fonte dei dati,

relativa all’anno solare precedente quello di presentazione della domanda

Sezione E punto 21

L’azienda verifica il grado di apprendimento raggiunto da ciascun lavoratore in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro dopo ogni evento formativo.

- Programma di formazione adottato nell’anno solare precedente quello di presentazione della domanda

- Per ogni evento formativo, esito dei test di verifica (datati e firmati) relativi all’anno solare precedente quello di presentazione della domanda o in alternativa, elaborazione dei risultati contenenti le statistiche complessive sul grado di apprendimento in riferimento agli eventi formativi realizzati come da programma

- Qualsiasi altra documentazione consenta un riscontro dell’avvenuta verifica effettuata in maniera puntuale e per ogni lavoratore e per ogni evento formativo

SIMULAZIONE N. 2 La ditta 2 opera nella metalmeccanica e nel 2011 ha completato tre interventi individuati nel modulo di domanda alla Sezione B punto 2, Sezione E punto 21 e Sezione E punto 23.

Dati azienda 2

Voce di tariffa

Tipologia di lavorazione Tasso Medio Nazionale della lavorazione

Tasso Applicato all’azienda per andamento infortunistico

Lavoratori /anno

Sconto sul Tasso Medio

Tasso scontato

Retribuzioni dichiarate per il 2012

6211 Taglio, piegatura, saldatura di laminati e trafilati; costruzione di carpenteria metallica e lavori in materiale metallico

111 ‰ 87 ‰ 7 -30% di 111 53 ‰ 55.000 €

PREMIO DOVUTO (CON SCONTO) PREMIO SENZA SCONTO RISPARMIO

2.944,15 € 4.832,15 € -1.888,70 €

Il risparmio, in questo caso, è del 39,08 % corrispondente a 1.888,70 €.

I documenti probanti che il datore di lavoro deve preoccuparsi di mantenere in azienda al fine di mostrarli in un eventuale controllo sono i seguenti: INTERVENTO DOCUMENTAZIONE RITENUTA PROBANTE Sezione B punto 2 Il datore di lavoro ha coinvolto i lavoratori, anche applicando specifiche procedure, nelle fasi di individuazione, valutazione e gestione dei rischi.

- Procedura, con relative evidenze di attuazione, o altra documentazione, datata e firmata, che attesti l’effettivo coinvolgimento dei lavoratori nell’anno solare precedente quello di presentazione della domanda

- Documento di valutazione dei rischi, o autocertificazione dell’effettuazione della valutazione dei rischi o documentazione dell’adozione delle procedure standardizzate

Sezione E punto 21

L’azienda verifica il grado di apprendimento raggiunto da ciascun lavoratore in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro dopo ogni evento formativo.

- Programma di formazione adottato nell’anno solare precedente quello di presentazione della domanda

- Per ogni evento formativo, esito dei test di verifica (datati e firmati) relativi all’anno solare precedente quello di presentazione della domanda o in alternativa, elaborazione dei risultati contenenti le statistiche complessive sul grado di apprendimento in riferimento agli eventi formativi realizzati come da programma

- Qualsiasi altra documentazione consenta un riscontro dell’avvenuta verifica effettuata in maniera puntuale e per ogni lavoratore e per ogni evento formativo

Sezione E punto 23

L’azienda ha organizzato momenti formativi per comparto produttivo, garantendo la divulgazione dei dati e delle casistiche degli infortuni e delle malattie professionali propri dello specifico comparto. Gli eventi formativi possono essere organizzati anche dagli enti bilaterali o dagli organismi paritetici.

- Informazioni essenziali sull’azienda relative a : attività svolta, ciclo produttivo, dimensione aziendale, organigramma, comparto produttivo di appartenenza ed eventualmente mansionario

- Programma del/dei corso/i di formazione, con indicazione delle fonte dei dati e dell’ente o organizzazione erogante del corso

SIMULAZIONE N. 3 La ditta 3 opera nell’Edilizia e nel 2011 ha realizzato tre interventi individuati nel modulo di domanda alla Sezione B punto 1, Sezione C punto 16 e Sezione E punto 21. Dati azienda 3

Voce di tariffa

Tipologia di lavorazione Tasso Medio Nazionale della lavorazione

Tasso Applicato all’azienda per andamento infortunistico

Lavoratori /anno

Sconto sul Tasso Medio

Tasso scontato

Retribuzioni dichiarate per il 2012

3110 Lavori generali totali o parziali di costruzione, finitura, manutenzione, riparazione, demolizione e ristrutturazione

130 ‰ 101 ‰ 9 -30% di 130 62 ‰ 58.000 €

PREMIO DOVUTO (CON SCONTO) PREMIO SENZA SCONTO RISPARMIO

3.631,96 € 5.916,58 € -2.284,62 €

In questo caso la riduzione ammonta a 2.284,62 €, pari al 38,61 % del premio. I documenti probanti degli interventi effettuati sono:

INTERVENTO DOCUMENTAZIONE RITENUTA PROBANTE Sezione B punto 1 Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS/RLST) ha partecipato attivamente alla valutazione dei rischi fornendo il proprio contributo per l’elaborazione del relativo documento.

- Elementi documentali, datati e firmati, relativi all’anno solare precedente quello di presentazione della domanda, che attestino la partecipazione attiva del RLS/RLST al processo di valutazione dei rischi. Ad es.:

o verbali delle riunioni periodiche o verbali di sopralluogo firmati da Datore di lavoro, RL/RLST, RSPP,

Medico competente o lettere di segnalazione emesse dal RLS/RLST inerenti alla valutazione

dei rischi - Ricevuta della comunicazione a INAIL del nominativo del RLS/RLST - Documento di valutazione dei rischi

Sezione C punto 16

L’azienda si avvale, per la manutenzione programmata di attrezzature, macchine o impianti, di una ditta specializzata per le specifiche attrezzature, macchine e impianti in dotazione all’azienda.

- Elenco delle attrezzature, macchine, impianti la cui manutenzione programmata è affidata a ditta specializzata

- Contratto di manutenzione programmata stipulato, regolarmente datato e firmato, relativo all’anno solare precedente quello di presentazione della domanda

- Documentazione acquisita per la verifica dell’idoneità tecnico professionale delle ditte o dei lavoratori autonomi cui sono affidate le manutenzioni

Sezione E punto 21

L’azienda verifica il grado di apprendimento raggiunto da ciascun lavoratore in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro dopo ogni evento formativo.

- Programma di formazione adottato nell’anno solare precedente quello di presentazione della domanda

- Per ogni evento formativo, esito dei test di verifica (datati e firmati) relativi all’anno solare precedente quello di presentazione della domanda o in alternativa, elaborazione dei risultati contenenti le statistiche complessive sul grado di apprendimento in riferimento agli eventi formativi realizzati come da programma

- Qualsiasi altra documentazione consenta un riscontro dell’avvenuta verifica effettuata in maniera puntuale e per ogni lavoratore e per ogni evento formativo

In conclusione, si è dimostrato che l’incidenza dello sconto “oscillazione per prevenzione” raggiunge il 40 % circa dell’importo del premio assicurativo. Si ritiene che gli oneri della maggior parte degli interventi proposti trovino copertura nel risparmio ottenuto. Laddove ciò non fosse si potrebbe però azzardare una motivazione per il Datore di Lavoro responsabile per il quale l’ottenimento dello sconto costituisce una sorta di premio e quindi lo appaga avendo già la consapevolezza del fatto che il risparmio di una prevenzione seria è di ben altra entità, anche se agisce su costi non manifesti. Inoltre l’atteggiamento proattivo nei confronti della prevenzione si ripercuote sul clima aziendale che ne beneficia. Tutta la documentazione utile alla presentazione della domanda del beneficio trattato nel presente articolo può essere reperita al seguente indirizzo: http://www.inail.it/Portale/appmanager/portale/desktop?_nfpb=true&_pageLabel=PAGE_ASSICURAZIONE&nextPage=DATORI_DI_LAVORO/Oscillazioni_del_tasso/info-844451346.jsp

Cronaca 25 Gennaio 2013

Emergenza amianto: otto morti, indagati gli ex dirigenti della Grandi Motori di Trieste Concluse le indagini per otto decessi causati da mesotelioma pleurico tra i lavoratori della Grandi Motori di Trieste. La produzione e lavorazione dell’amianto in Italia è vietata dal 1992, ma purtroppo è ancora emergenza per molti lavoratori, esposti per diversi motivi alla fibra cancerogena (si pensi, in particolare, ai lavoratori addetti alle opere di demolizione di edifici e manufatti costruiti prima del 1992 e contenenti amianto). Il caso sotto inchiesta a Trieste rappresenta tuttavia una particolare gravità, in quanto secondo la Procura di Trieste i dirigenti indagati, ora accusati di omicidio colposo e cooperazione colposa, non avrebbero attuato, nel periodo dal 1971 al 2000, misure per la bonifica dallo stabilimento né avvisato i lavoratori del pericolo, determinando l’insorgere, per otto di loro, del mesotelioma pleurico. Nello specifico la Procura contesta a quattro ex dirigenti (direttori generali e amministratori delegati) di non aver posto in essere, come previsto dalla normativa vigente, misure per la sostituzione dell'amianto, di non aver dotato gli ambienti di lavoro di impianti fissi e mobili per l'aspirazione e di non aver posto l'amianto in ambienti separati. Inoltre, i lavoratori non erano stati informati dei pericoli e nemmeno dotati di idonei DPI per le vie respiratorie. I lavoratori morti per amianto erano attivi in vari reparti: saldatori, collaudatori e attività manutentiva, in un complesso industriale esteso su un'area di 550 mila metri quadrati, di cui 155 mila coperti Le esposizioni ad amianto vanno dal 1971 al 2000: in questi anni è cambiata più volte la proprietà dello stabilimento della Grandi Motori (da Fiat-Iri, a Grandi Motori Trieste, a Fincantieri, dal 2000 alla multinazionale finlandese Wartsila, che produce e fornisce impianti completi sia nel settore marino sia in quello industriale per la generazione di energia. Wartsila e i suoi dirigenti non sono indagati in quanto il periodo oggetto dell'indagine della procura di Trieste si chiude prima dell'insediamento della multinazionale finlandese. A dimostrazione della gravità della situazione amianto in Italia, e della difficoltà ad individuare i responsabili, si riporta la dichiarazione del Procuratore generale di Trieste, Michele Dalla Costa: "E' difficile indicare le responsabilità per esposizione da amianto, nel territorio di Trieste, essendoci o essendoci state molte attività a rischio. Il fascicolo relativo alle otto morti per mesotelioma pleurico alla Grandi Motori rappresenta un primo caso in cui gli inquirenti sono riusciti a circoscrivere delle eventuali colpevolezze. La Procura ha in corso, inoltre, un ulteriore filone di indagini per altri sei casi di decessi alla GT: tre sarebbero recenti, gli altri tre casi sono stati riaperti dal GIP proprio alla luce dell'inchiesta della Procura, dopo un'iniziale archiviazione per carenza di motivazione”. (fonte INAIL)

Notizia 22 Gennaio 2013

Sostanze chimiche problematiche: individuate dall’ECHA 23 nuove sostanze estremamente pericolose (SVHC) Tra le sostanze individuate tre sono particolarmente pericolose in quanto forti allergeni respiratori. Il Comitato degli Stati membri dell’ECHA, l’Agenzia europea per le sostanze chimiche, ha individuato 23 nuove sostanze SHVC, ovvero sostanze chimiche problematiche. L’aggiornamento delle sostanze SVHC è stato effettuato a dicembre 2012. L'identificazione di una sostanza come sostanza estremamente problematica e la sua inclusione nella Candidate List nell’allegato XIV di REACH, è il primo passo della procedura di autorizzazione. Le aziende che utilizzano o intendono utilizzare tali sostanze dovranno quindi aggiornare le proprie procedure di prevenzione e protezione, ed informare i lavoratori esposti. Tra le nuove sostanze per la prima volta sono stati individuati tre allergeni respiratori:

diazene-1 ,2-dicarboxamide (ADCA)

esaidro-2-benzofuran-1 ,3-dione (HHPA)

anidride hexahydromethylphthalic (MHHPA) Questi prodotti sono classificati come forti allergeni respiratori e quindi tali da dare origine ad un livello di pericolo equivalente a quelli di altre sostanze estremamente pericolose in quanto cancerogene, mutagene o tossiche per la riproduzione (CMR). Tra le altre sostanze identificate dal MSC (Member State Committee) come SVHC, due sono stati identificate in base alla loro proprietà d'interferente endocrino e quattro sostanze in base alle loro proprietà molto persistenti e bioaccumulabili (vPvB); altre due sostanze sono state identificate in base alla loro classificazione come tossiche per la riproduzione. Delle 12 sostanze individuate con procedura scritta, 11 sono state individuate come SHVC in quanto classificate come reprotossico (CMR), mentre la dodicesima sostanza è stata identificata come pericolosa in base alle proprietà persistenti, bioaccumulabili e tossiche (PBT) / vPvB. Il testo delle decisioni del MSC e la tabella con il dettaglio delle sostanze (Candidate List table) è consultabile sul sito dell’ECHA: www.echa.europa.eu. Serena Franzini Responsabile Tecnico FTS

Cronaca 17 Gennaio 2013

Formazione periodica per ASPP/RSPP: scadenza aggiornamento quinquennale Coloro che hanno terminato il Modulo B nel 2008 devono completare l'aggiornamento entro l'anno 2013. La formazione dei Responsabili del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) e degli Addetti al Servizio (ASPP) si compone di una parte che costituisce credito formativo permanente (moduli A e C per gli RSPP, mod. A per gli ASPP), mentre il credito formativo ottenuto con la frequenza del modulo B è valido per cinque anni alla scadenza dei quali scatta l'obbligo di aggiornamento. La partecipazione alla formazione del modulo B va effettuata per ogni macrosettore per il quale si assume (o si intende assumere) la nomina di ASPP o RSPP. La decorrenza del quinquennio di aggiornamento decorre o dalla data del conseguimento della laurea triennale, oppure dalla data di effettiva conclusione del modulo B. Si ricorda che non sono previsti esoneri alla frequenza dall’aggiornamento del modulo B. I corsi di aggiornamento fanno riferimento ai moduli B, ma non devono essere confusi con il modulo B. Il modulo B riguarda la formazione specifica in uno o più macrosettori ATECO (individuati da B1 a B9), mentre l’aggiornamento utilizza le medesime denominazioni del macrosettore ma, solo ai fini dell’aggiornamento che deve, invece, essere svolto in base alle ore previste dal raggruppamento dei macro settori. Si precisa inoltre che, mentre la formazione del modulo B riguarda singolarmente ogni macrosettore ATECO, i corsi di aggiornamento hanno un carattere trasversale in quanto i contenuti dell’aggiornamento possono riguardare il settore produttivo di riferimento, ma anche le novità normative nel frattempo eventualmente intervenute in materia e le innovazioni nel campo delle misure di prevenzione. L’aggiornamento è così schematizzato:

60 ore per coloro che svolgono la funzione di RSPP nei Macrosettori di attività: B3, B4, B5 e B7

40 ore per coloro che svolgono la funzione di RSPP nei Macrosettori di attività: B1, B2, B6, B8 e B9

100 ore per coloro che svolgono la funzione di RSPP in qualsiasi Macrosettore di attività

28 ore per coloro che svolgono la funzione di ASPP in qualsiasi Macrosettore di attività La mancata partecipazione all’aggiornamento delle formazione comporta la decadenza dall’incarico, con conseguenti sanzioni penali a carico dei datori di lavoro. Serena Franzini Responsabile Tecnico FTS

Quesito 16 Gennaio 2013

RSPP strutture sanitarie Domanda Il RSPP nelle strutture di ricovero e cura pubbliche e private con oltre 50 lavoratori deve essere per forza un dipendente interno o tale ruolo può essere svolto da un consulente? Se si con che modalità può essere svolto il servizio? Risposta L’istituzione e l’organizzazione del servizio di prevenzione e protezione rientra, come è noto, tra gli obblighi del datore di lavoro, anche delegabili, mentre la designazione del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione dai rischi (di seguito RSPP) è un obbligo indelegabile del datore di lavoro così come previsto dall’articolo 17, comma 1, lett. b). Il legislatore nel disciplinare l’istituzione del servizio di prevenzione e protezione ha previsto nell’articolo 31, comma 6, che: “L’istituzione del servizio di prevenzione e protezione all’interno dell’azienda, ovvero dell’unità produttiva, è comunque obbligatoria nei seguenti casi:

a) nelle aziende industriali di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, e successive modificazioni, soggette all’obbligo di notifica o rapporto, ai sensi degli articoli 6 e 8 del medesimo decreto;

b) nelle centrali termoelettriche; c) negli impianti ed installazioni di cui agli articoli 7, 28 e 33 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e

successive modificazioni; d) nelle aziende per la fabbricazione ed il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni; e) nelle aziende industriali con oltre 200 lavoratori; f) nelle industrie estrattive con oltre 50 lavoratori; g) nelle strutture di ricovero e cura pubbliche e private con oltre 50 lavoratori.”

Tale previsione è ovviamente motivata dalla necessità di assicurare una presenza costante e continuativa del servizio prevenzione all’interno dell’azienda e di dedicare adeguati spazi e strumenti, nonché personale aziendale, in relazione alle dimensioni ed alle specificità della struttura. Il comma 7 dell’art. 31 del D.lgs. 81/08 stabilisce, inoltre, che nelle ipotesi di cui al comma 6 il RSPP deve essere interno. In risposta a due quesiti del 30 marzo 2010, relativo alle aziende con obbligo di servizio di prevenzione e protezione interno e SPP unico, il Ministero del Lavoro scrive: “Nella trattazione della fattispecie in esame è opportuno, in via preliminare, individuare l’esatto significato da attribuire al termine Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione “interno” di cui all’art. 31, comma 7, del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e s.m.i.. Al riguardo è possibile ipotizzare che il legislatore abbia inteso riferirsi al fatto che i componenti del servizio di prevenzione e protezione, compreso il RSPP, devono far parte obbligatoriamente dell’organico interno all’azienda (a prescindere dalla tipologia del contratto di lavoro, e, quindi, ad esempio, anche con forme di collaborazione a progetto) ovvero essere necessariamente legati al datore di lavoro da un vincolo di subordinazione continuativa. Un’interpretazione logica e non meramente formale della norma in esame porta a propendere per la prima soluzione, atteso che il D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 non si riferisce in maniera esplicita ai dipendenti dell’azienda.” Ed ancora “In tal senso si ricorda che l’esigenza dell’istituzione di un SPP interno deriva dalla necessità, particolarmente sentita riguardo a determinate aziende, che gli ASPP e i RSPP possiedano una esperienza diretta e personale del processo produttivo dell’azienda e una conoscenza delle potenzialità rischiose legate ai fattori ambientali, strutturali, tecnici e organizzativi dell’ambiente di lavoro.” Il gruppo di lavoro info.sicuri della Regione Piemonte nella edizione web aggiornata al 31/07/2012 risponde a quesiti sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e relativamente alle aziende con obbligo di servizio di prevenzione e protezione interno, scrive: • (domanda relativa a RSPP interno con contratto di collaborazione Co.Co.Pro.) Ai sensi dell’art. 32 del D.lgs. 81/08

può svolgere l’incarico di RSPP il soggetto che ha le capacità e i requisiti professionali elencati nell’articolo stesso. La tipologia contrattuale del lavoratore non rileva ai fini dell’incarico a condizione che lo stesso svolga la sua attività all’interno dell’azienda.

• (domanda relativa a RSPP interno con contratto di apprendistato) Ai fini del D.lgs. 81/08 l’apprendista è equiparato al lavoratore e dunque può legittimamente fare il RSPP.

In generale, quindi, i compiti facenti capo al RSPP interno richiedono una presenza assidua ed un’azione continua e tenuto conto della peculiare natura nonché dell’entità delle attività di settore svolte dalle aziende per le quali è prevista l’istituzione di un SPP interno, appare plausibile ritenere che il datore di lavoro nella sua discrezionalità, scelga la tipologia contrattuale più opportuna (nel rispetto della riforma del mercato del lavoro, cd. Legge Fornero) essendo obbligato ai sensi del comma 2 dell’art. 31 del Decreto stesso a concedere agli addetti ed al RSPP, in considerazione delle caratteristiche dell’azienda, “mezzi e tempi adeguati per lo svolgimento dei compiti loro assegnati”. Altra possibilità nel caso in cui non sia possibile per mancanza temporanea di personale interno che abbia i requisiti di professionalità e di esperienza richiesti dall’art. 32 del D.Lgs. 81/2008, il DL potrà fare ricorso a personale mediante contratti a termine (ad es. di somministrazione) oppure a persone esterne, così come previsto dall’art. 31, comma 3, ad integrazione dell’azione di prevenzione e protezione del servizio. Carmine Esposito

2

Ingegnere INAIL – Milano

2 Si precisa che le considerazioni esposte nel presente articolo sono frutto esclusivo del pensiero dell'autore ed il loro

contenuto non impegna l'Istituto.

GIURISPRUDENZA / Cassazione 15 Gennaio 2013

Cassazione Penale sentenza n. 1856 del 15.01.2013 sulla responsabilità del medico competente per omessa collaborazione nella valutazione dei rischi Responsabilità di un medico competente per mancata collaborazione nella valutazione dei rischi e negli altri adempimenti necessari

Cassazione Penale, 15 gennaio 2013, n. 1856 - Responsabilità di unmedico competente per mancata collaborazione nella valutazione deirischi e negli altri adempimenti necessari

Cassazione Penale, 15 gennaio 2013, n. 1856 - Responsabilità di un medico competente per mancata

collaborazione nella valutazione dei rischi e negli altri adempimenti necessari

Medico Competente

Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione

Valutazione dei Rischi

Responsabilità di un medico competente presso l'azienda T. s.r.l. perchè non collaborava con il

datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione alla valutazione dei rischi, anche ai

fini della programmazione della sorveglianza sanitaria, all'attività di formazione e informazione nei

confronti dei lavoratori per la parte di competenza e alla organizzazione del servizio di primo

soccorso considerando i particolari tipi di lavorazione ed esposizione e le peculiari modalità

organizzative del lavoro.

Condannato in primo grado, ricorre in Cassazione - Rigetto.

"Osserva il Tribunale che la prospettazione della difesa, secondo la quale, in considerazione del

fatto che l'obbligo di redigere il documento di valutazione dei rischi ricade esclusivamente sul

datore di lavoro ed il "medico competente" non potrebbe ad esso surrogarsi nell'adempimento,

così che la responsabilità della mancata predisposizione del documento non potrebbe in nessun

caso essere fatta ricadere sul "medico competente", non è condivisibile, in quanto allo stesso non è

affatto richiesto l'adempimento di un obbligo altrui quanto, piuttosto, lo svolgimento del proprio

obbligo di collaborazione, espletabile anche mediante l'esauriente sottoposizione al datore di

lavoro dei rilievi e delle proposte in materia dì valutazione dei rischi che coinvolgono le sue

competenze professionali in materia sanitaria.

Viene così delimitato l'ambito degli obblighi imposti dalla norma al "medico competente",

adempiuti i quali, l'eventuale ulteriore inerzia del datore di lavoro resterebbe imputata a sua

esclusiva responsabilità penale".

Afferma la sentenza che il medico aziendale è un collaboratore necessario del datore di lavoro,

dotato di professionalità qualificata per coadiuvarlo nell'esercizio della sorveglianza sanitaria nei

luoghi di lavoro dove essa è obbligatoria, aggiungendo che la sorveglianza sanitaria, pur

costituendo un obbligo per il datore di lavoro per la tutela dell'integrità psicofisica dei lavoratori,

deve essere svolta attraverso la collaborazione professionale del medico aziendale.

Del resto, il ruolo di consulente del datore di lavoro è stato attribuito anche al RSPP, osservando

Mercoledì 16 Gennaio 2013 14:39

che lo stesso, sebbene privo di capacità immediatamente operative sulla struttura aziendale, svolge

il compito di prestare "ausilio" al datore di lavoro nella individuazione e segnalazione dei fattori di

rischio delle lavorazioni e nella elaborazione delle procedure di sicurezza, nonché di informazione e

formazione dei lavoratori come disposto dall'articolo 33 d.P.R. 303/1956. Da ciò consegue che, pur

restando il datore di lavoro il titolare della posizione di garanzia nella specifica materia, facendo a

lui capo l'obbligo di effettuare la valutazione dei rischi e di elaborare il documento contenente le

misure di prevenzione e protezione in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione

e protezione, non può escludersi una concorrente responsabilità per il verificarsi di un infortunino

possa profilarsi anche nei confronti di detto responsabile il quale, ancorché privo di poteri

decisionali e di spesa tali da consentire un diretto intervento per rimuovere le situazioni di rischio,

può rispondere del fatto quando sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che

egli avrebbe avuto l'obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione

avrebbe fatto seguito l'adozione, da parte del datore di lavoro, delle necessarie iniziative idonee a

neutralizzare detta situazione.

Deve dunque ritenersi corretta la funzione consultiva attribuita al "medico competente" nell'ambito

del rapporto di collaborazione che la legge gli attribuisce ma una eccessiva delimitazione di tale

ruolo nei termini indicati in ricorso non può ritenersi corretta.

Fatto

1. Il Tribunale di Pisa, con sentenza dell'1.12.2011, ha condannato F. F. alla pena dell'ammenda,

riconoscendola responsabile della contravvenzione di cui all'art. 25, comma 1, lett. a) in relazione all'art.

58, comma 1, lett. e) del d.lgs. 81/2008 come modificato dall'art. 41 del d.lgs. 106/09 perché, in qualità di

"medico competente" presso l'azienda T. s.r.l., non collaborava con il datore di lavoro e con il servizio di

prevenzione e protezione alla valutazione dei rischi, anche ai fini della programmazione della

sorveglianza sanitaria, all'attività di formazione e informazione nei confronti dei lavoratori per la parte di

competenza e alla organizzazione del servizio di primo soccorso considerando i particolari tipi di

lavorazione ed esposizione e le peculiari modalità organizzative del lavoro.

Avverso tale pronuncia la predetta propone ricorso per cassazione.

2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione dell'art. 25, lettera a) del d.lgs. 81/2008,

osservando che il generico riferimento del dato normativo al dovere di collaborazione del "medico

competente" con il datore di lavoro presuppone un compito ausiliario ed accessorio, essendo il medico

privo di poteri coercitivi sull'obbligato principale (datore di lavoro o responsabile della sicurezza),

cosicché l'ambito di imputazione di responsabilità deve essere delimitato tenendo conto di tale

particolare posizione che gli impedisce di sostituirsi all'obbligato principale e non prevede alcun obbligo

di denuncia o segnalazione alle autorità preposte.

Da ciò conseguirebbe la necessità di valutare la responsabilità del "medico competente" in relazione al

contegno di volta in volta tenuto dall'obbligato principale, che è il soggetto cui spetta richiederne la

collaborazione, quando effettivamente egli l'abbia resa possibile.

Contesta, conseguentemente, la diversa interpretazione della norma prospettata dal giudice del merito, il

quale avrebbe invece ritenuto che la collaborazione cui il "medico competente" è tenuto implichi anche

un'attività di tipo propositivo, comportante la sottoposizione al datore di lavoro dei rilievi e delle

proposte concernenti la valutazione dei rischi che coinvolgono le sue specifiche competenze in campo

sanitario.

Osserva, a tale proposito, che una siffatta interpretazione amplierebbe oltremodo il significato del

termine "collaborazione" utilizzato dal legislatore, mentre rimarrebbero comunque sottratte dall'ambito di

operatività della disposizione tutte le ipotesi di collaborazione inadeguata, incompleta o erronea. Un

ulteriore limite per il "medico competente" sarebbe inoltre rappresentato dalla impossibilità di ottenere

informazioni diverse da quelle che è possibile ottenere dal datore di lavoro o dall'espletamento della

propria attività, mentre serie difficoltà si presenterebbero nel dimostrare l'eventuale omissione, in

mancanza di indicazioni specifiche sulla forma delle eventuali segnalazioni effettuate dal medico nello

svolgimento della funzione propositiva così attribuitagli.

3. Con un secondo motivo di ricorso lamenta la violazione di legge, osservando che le era stato

recapitato un foglio di prescrizioni con il quale le si imponeva di provvedere agli adempimenti omessi nel

termine assegnato ma che, nel frattempo, l'azienda aveva già provveduto all'adempimento, cosicché nel

dubbio sulla condotta da tenere, aveva inviato una memoria difensiva all'organo ispettivo ed alla Procura

della Repubblica chiedendo di essere esonerata dall'obbligo o di ottenere, unitamente ad una proroga

del termine, indicazioni ulteriori, ma a tale sua richiesta non perveniva alcuna risposta.

Ritiene, dunque, di poter essere rimessa nei termini per poter adempiere o di poter essere prosciolta in

considerazione del fatto che il particolare svolgimento degli eventi escluderebbe ogni profilo di colpa.

Insiste, pertanto, per l'accoglimento del ricorso.

Diritto

4. Il ricorso è infondato.

Il "medico competente", secondo la definizione fornita dall'art. 2, lettera h) d.lgs. 81/2008, è il medico che,

in possesso di uno dei titoli e dei requisiti formativi e professionali di cui all'articolo 38, collabora,

secondo quanto previsto all'articolo 29, comma 1, con il datore di lavoro ai fini della valutazione dei rischi

ed è nominato dallo stesso per effettuare la sorveglianza sanitaria e per tutti gli altri compiti di cui al

decreto legislativo 81/2008.

Come correttamente osservato nel provvedimento impugnato, l'attività di collaborazione del "medico

competente", già prevista dall' ormai abrogato art. 17 d.lgs. 626/1994, ma limitata alla predisposizione

dell'attuazione delle misure per la tutela della salute e dell'integrità psico-fisica dei lavoratori sulla base

della specifica conoscenza dell'organizzazione dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva e delle situazioni

di rischio, è stata ampliata dal d.lgs. 81/2008 che, nell'art. 25, la estende anche alla programmazione, ove

necessario, della sorveglianza sanitaria, all'attività di formazione e informazione nei confronti dei

lavoratori, per la parte di competenza e alla organizzazione del servizio di primo soccorso, considerando

i particolari tipi di lavorazione ed esposizione e le peculiari modalità organizzative del lavoro.

Originariamente, per la violazione degli obblighi di collaborazione non era prevista alcuna sanzione

penale, introdotta successivamente con l'art. 35, comma 1 del d.lgs. 106/2009 che ha modificato l'art. 58

del d.lgs. 81/2008.

La introduzione della sanzione penale ad opera del d.lgs. 106/2009 riguarda, peraltro, come pure

osservato nel provvedimento impugnato, il solo "medico competente", mentre resta sottratto alla

sanzione penale per mancata collaborazione il responsabile del servizio di prevenzione e protezione cui

pure è demandato un ruolo ausiliario.

5. In maniera pienamente condivisibile il provvedimento impugnato pone in rilievo, oltre alla evidente

disparità di trattamento di situazioni analoghe, anche la estrema genericità del modello di condotta

sanzionato dalla disposizione che il giudice del merito è stato chiamato ad applicare con le modalità

oggetto di contestazione in ricorso.

Osserva il Tribunale che la prospettazione della difesa, secondo la quale, in considerazione del fatto che

l'obbligo di redigere il documento di valutazione dei rischi ricade esclusivamente sul datore di lavoro ed

il "medico competente" non potrebbe ad esso surrogarsi nell'adempimento, così che la responsabilità

della mancata predisposizione del documento non potrebbe in nessun caso essere fatta ricadere sul

"medico competente", non è condivisibile, in quanto allo stesso non è affatto richiesto l'adempimento di

un obbligo altrui quanto, piuttosto, lo svolgimento del proprio obbligo di collaborazione, espletabile

anche mediante l'esauriente sottoposizione al datore di lavoro dei rilievi e delle proposte in materia dì

valutazione dei rischi che coinvolgono le sue competenze professionali in materia sanitaria.

Viene così delimitato l'ambito degli obblighi imposti dalla norma al "medico competente", adempiuti i

quali, l'eventuale ulteriore inerzia del datore di lavoro resterebbe imputata a sua esclusiva responsabilità

penale a mente dell'art. 55, comma 1. lett. a) d.lgs. 81/2008.

6. Tale assunto non viene condiviso, come si è detto, dalla ricorrente, la quale propone una

interpretazione più restrittiva della disposizione in esame, limitando l'obbligo di collaborazione a quelle

attività nelle quali il "medico competente" viene direttamente coinvolto dal datore di lavoro, accedendo

così alla tesi prospettata da autorevole dottrina ma non condivisa dal Tribunale.

La questione implica, in primo luogo, una adeguata individuazione del ruolo assegnato al "medico

competente" nell'ambito dell'organizzazione aziendale, ruolo che la dottrina citata qualifica di mera

consulenza, evidenziando l'anomalia della sottoposizione alla sanzione penale (che non colpisce l'altra

figura professionale del responsabile del servizio di prevenzione e protezione cui pure è attribuito il

ruolo di consulente del datore di lavoro), nonostante il fatto che il "medico competente" non possa

obbligare il datore di lavoro a consultarlo né disponga di alcuna possibilità di iniziativa nella gestione del

processo di valutazione del rischio.

7. Deve osservarsi, a tale proposito, che l'ambito di attribuzione di compiti consultivi al "medico

competente" è stato già oggetto di valutazione da parte della giurisprudenza di questa Corte con

riferimento alla normativa previgente, considerando la figura professionale in esame - introdotta, per la

prima volta, dall'art. 33 d.P.R. 303/1956 - ed osservando che la competenza cui si riferiva la richiamata

disposizione riguardava sia la valutazione delle condizioni di salute, avuto riguardo alle sostanze cui il

lavoratore è esposto, sia la coadiuvazione del datore di lavoro/dirigente, tenendo conto dell'esito delle

visite effettuate, nella individuazione dei rimedi, anche di quelli dettati dal progresso della tecnica, da

adottare contro le sostanze tossiche o infettanti o comunque nocive, escludendo, così, una posizione

meramente esecutiva ed attribuendo al "medico competente" un ruolo propulsivo che determinava, quale

conseguenza, l'assunzione di una autonoma posizione di garanzia in materia sanitaria (Sez. IV n. 5037, 6

febbraio 2001).

A conclusioni analoghe si è pervenuti anche successivamente, osservando che il medico aziendale è un

collaboratore necessario del datore di lavoro, dotato di professionalità qualificata per coadiuvarlo

nell'esercizio della sorveglianza sanitaria nei luoghi di lavoro dove essa è obbligatoria, aggiungendo che

la sorveglianza sanitaria, pur costituendo un obbligo per il datore di lavoro per la tutela dell'integrità

psicofisica dei lavoratori, deve essere svolta attraverso la collaborazione professionale del medico

aziendale (Sez. IlI n . 1728, 21 gennaio 2005).

Del resto, il ruolo di consulente del datore di lavoro è stato attribuito anche al responsabile del servizio

di prevenzione e protezione in tale specifica materia, osservando che lo stesso, sebbene privo di capacità

immediatamente operative sulla struttura aziendale, svolge il compito di prestare "ausilio" al datore di

lavoro nella individuazione e segnalazione dei fattori di rischio delle lavorazioni e nella elaborazione delle

procedure di sicurezza, nonché di informazione e formazione dei lavoratori come disposto dall'articolo

33 del d.lgs. 81/2008. Da ciò consegue che, pur restando il datore di lavoro il titolare della posizione di

garanzia nella specifica materia, facendo a lui capo l'obbligo di effettuare la valutazione dei rischi e di

elaborare il documento contenente le misure di prevenzione e protezione in collaborazione con il

responsabile del servizio di prevenzione e protezione, non può escludersi una concorrente responsabilità

per il verificarsi di un infortunino possa profilarsi anche nei confronti di detto responsabile il quale,

ancorché privo di poteri decisionali e di spesa tali da consentire un diretto intervento per rimuovere le

situazioni di rischio, può rispondere del fatto quando sia oggettivamente riconducibile ad una situazione

pericolosa che egli avrebbe avuto l'obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla

segnalazione avrebbe fatto seguito l'adozione, da parte del datore di lavoro, delle necessarie iniziative

idonee a neutralizzare detta situazione (così Sez. IV n. 2814, 27 gennaio 2011).

Deve dunque ritenersi corretta la funzione consultiva attribuita al "medico competente" nell'ambito del

rapporto di collaborazione che la legge gli attribuisce ma una eccessiva delimitazione di tale ruolo nei

termini indicati in ricorso non può ritenersi corretta.

8. Occorre innanzitutto non dimenticare che le finalità del d.lgs. 81/2008 sono quelle di assicurare la tutela

della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro e che la valutazione dei rischi - definita dall'art. 2,

comma 1, lett. q) del d.lgs. 81/2008 come la "valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la

salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell'ambito dell'organizzazione in cui essi prestano la propria

attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il

programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza" - è

attribuita dall'art. 29 del medesimo d.lgs. al datore di lavoro, per il quale costituisce, ai sensi dell'art. 17,

un obbligo non derogabile.

E' evidente, avuto riguardo all'oggetto della valutazione dei rischi, che il datore di lavoro deve essere

necessariamente coadiuvato da soggetti quali, appunto, il "medico competente", portatori di specifiche

conoscenze professionali tali da consentire un corretto espletamento dell'obbligo mediante l'apporto di

qualificate cognizioni tecniche.

L'espletamento di tali compiti da parte del "medico competente" comporta una effettiva integrazione nel

contesto aziendale e non può essere limitato, ad avviso del Collegio, ad un ruolo meramente passivo in

assenza di opportuna sollecitazione da parte del datore di lavoro, anche se il contributo propulsivo

richiesto resta limitato alla specifica qualificazione professionale.

Del resto, l'importanza del molo sembra essere stata riconosciuta dallo stesso legislatore il quale, nel

modificare l'originario contenuto dell'art. 58, ha introdotto la sanzione penale solo con riferimento alla

valutazione dei rischi.

Tale scelta interpretativa, contrariamente a quanto affermato in ricorso, non presenta difficoltà

insormontabili nella individuazione del modello di condotta sanzionabile perché, come correttamente

osservato nel provvedimento impugnato, l'ambito della responsabilità penale resta confinato nella

violazione dell'obbligo di collaborazione che, come si è detto, comprende anche un'attività propositiva e

di informazione che il medico deve svolgere con riferimento al proprio ambito professionale ed il cui

adempimento può essere opportunamente documentato o comunque accertato dal giudice del merito

caso per caso.

9. Altrettanto correttamente il provvedimento impugnato fornisce adeguata risposta alle obiezioni, pure

sollevate in ricorso, riguardo alla circostanza che la condotta del "medico competente", proprio per il

ruolo assegnatogli, non potrebbe assumere rilevanza penale in caso di totale inerzia del datore di lavoro

che non provvede all'avvio della procedura di valutazione dei rischi d cui all'art. 29 d.lgs. 81/2008.

Osserva infatti il giudice del merito che, in tema di valutazione dei rischi, il "medico competente" assume

elementi di valutazione non soltanto dalle informazioni che devono essere fornite dal datore di lavoro,

quali quelle di cui all'art. 18, comma 2, ma anche da quelle che può e deve direttamente acquisire dì sua

iniziativa, ad esempio in occasione delle visite agli ambienti di lavoro di cui all'art. 25, lettera I) o perché

fornitegli direttamente dai lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria o da altri soggetti.

Tale approccio interpretativo appare pienamente condivisibile e perfettamente in linea con le finalità del

decreto legislativo in esame.

10. Parimenti corretta e conforme al tenore letterale delle disposizioni richiamate e, segnatamente,

dell'art. 25, lettera a) d.lgs. 81/2008, risulta l'affermazione secondo la quale la violazione dell'obbligo

sanzionata penalmente dall'art. 58 lett. e) d.lgs. 81/2008 riguarda ogni inosservanza e non anche la totale

violazione dell'obbligo medesimo.

Il provvedimento impugnato non presenta dunque, sul punto, alcun profilo di illegittimità.

11. A conclusioni analoghe deve pervenirsi con riferimento al secondo motivo di ricorso.

Va infatti rilevato, in primo luogo, che lo stesso risulta articolato esclusivamente in fatto, con riferimento

ad atti del procedimento il cui esame è precluso al giudice di legittimità.

In ogni caso, con accertamento in fatto privo di cadute logiche o manifeste incongruenze e, in quanto

tale, non censurabile in questa sede, il giudice del merito ha dato atto della circostanza che l'azienda non

aveva esattamente adempiuto alle prescrizioni imposte cui faceva riferimento la memoria inviata dalla

ricorrente all'USL ed alla Procura della Repubblica e che solo in un secondo tempo ella aveva adempiuto

alle prescrizioni medesime, dandone comunicazione con un documento indicato come "integrazione al

documento di valutazione dei rischi".

Correttamente è stata pertanto ritenuta la sussistenza del reato, non assumendo rilievo, ai fini

dell'affermazione di penale responsabilità, le circostanze allegate dall'imputata, peraltro opportunamente

valutate ai fini della concessione delle attenuanti generiche e della irrogazione della sola pena pecuniaria.

12. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.