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Il Quarto Vangelo e le Lettere di Giovanni Cora Presezzi [email protected]

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Il Quarto Vangeloe le Lettere di Giovanni

Cora Presezzi

[email protected]

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Il corpus giovanneo

• Quarto Vangelo (Gv)• Tre lettere (1Gv, 2Gv, 3Gv)• Apocalisse di Giovanni

***• Vangelo e Lettere di Giovanni presentano temi comuni con Apocalisse. Quest’ultima si richiama esplicitamente

all’autorità di “Giovanni”.- Dal punto di vista cristologico: attributi come l’Agnello; il tema del sacrificio; il rapporto Cristo-Agnello/Tempio;

metafora nuziale (cf. cena nuziale dell’Agnello Ap 19, 5ss.); l’occorrere del termine logos riferito a Gesù in Ap.19,13 (presente solo in questo testo antico oltre che in Gv).

- Indicazioni geografiche: esplicite in Ap. (le sette chiese d’Asia), congetturali per quanto riguarda la redazione di Gve le Lettere che la tradizione e la critica hanno ipotizzato di collocare a Efeso [ma anche in Siria (Antiochia?)/inEgitto/nel territorio di Agrippa II (Transgiordania)].

- Presenza marcata di elemento negativo derivante da uno schema apocalittico: il nemico agisce nel mondo,insistenza su Satana e sull’atto salvifico come cacciata del principe di questo mondo (Gv 12, 31-32; 14, 30-31; 16,8-11) e, in chiave di problematica infra-ecclesiale (?) resistere ad “anticristi”, seduttori, falsi profeti, spiritidell’inganno (1 e 2Gv).

• La cristologia di Gv e Lettere tuttavia sembra più articolata e “matura” rispetto all’Apocalisse, suggerendo unaredazione posteriore.

• La datazione dei singoli testi del corpus richiede dunque anche di considerare la relazione tra essi. Soprattutto ilvangelo risulta evidentemente stratificato, opera risultante da almeno due interventi editoriali/redazionali. Siravvisano indizi di tagli e cuciture, quindi il materiale al suo interno restituisce anche tracce di una evoluzione efossili di concezioni differenti. Lo stile è formalmente unitari.

• Commistione di un elemento mistico e di uno teologico politico, quindi una conoscenza di una verità profondabasata sul contatto diretto con il Logos divino e/o lo Spirito condivisa dai credenti e l’opposizione a un nemicostorico (sia esterno che interno) rivelatrice, all’altezza delle Lettere, di problemi di natura ecclesiologica.

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Il Vangelo di Giovanniovvero “l’enigma del Quarto Vangelo”

• Testo greco in 21 capitoli; koine parlata e non letteraria come quella di Lc• Più antico documento completo: P66 (200 ca.)• Datazione ipotizzata per redazione finale del Vangelo fine I inizio II sec. (90-110), stabilita sulla base di argomenti

incrociati e stante l’indisponibilità di un documento completo precedente al P66. Una datazione che colloca laredazione completa di Gv alla fine del I sec. dipende – dal punto di vista documentario - anche dal P52 (frammentocon alcuni versetti di Gv) rinvenuto in Egitto e datato inizio II sec. = se il Vangelo circolava ampiamente dovevaquindi esser già stato chiuso da un certo tempo [si è ipotizzata redazione alessandrina sia in forza di questodocumento, sia per il tema del Logos che una stagione della critica ha indagato a partire da un confronto conFilone e con il giudaismo ellenizzato di Alessandria]

• Di autore anonimo, si presenta come opera del “discepolo che Gesù amava = μαθητὴς ὃν ἠγάπα ὁ Ἰησοῦς” (Gv 13,3; 19,26-35; 20, 1-10; 21, 7; 21, 20-24)

• Schnackenburg, Das johannesevangelium, 1971: «Un metodo complessivo, soddisfacente sotto ogni punto di vista,per dominare i problemi complessi del testo, della storia letteraria e della comprensione odierna, non è ancorastato trovato e resta anzi un obiettivo irraggiungibile dell’esegesi neotestamentaria».

• Culpepper, Anathomy of the Gospel of John, 1983 (e Brown che lo cita): «Nella sua forma presente, se non nellasua origine, il Vangelo deve essere studiato com unità, come un tutto letterario».

• Van Belle, 2009: «The question of the sources of the fourth Gospel remains a point of scholarly debate to thepresent day… There is also no agreement on the cultural and religious background. Using a limited vocabulary andimplementing an array of literary techniques, the evangelist was able to create the most “spiritual,” most“theological,” and most “enigmatic” Gospel».

• Nella storia della critica si ravvisano due estremi: posizione narratologica (es. Culpepper); posizionestratigrafica/delle redazioni multiple composta con teoria delle fonti e/o degli spostamenti accidentali (la piùclassica, di cui singoli elementi sono stati smentiti su base filologica, è quella di Bultmann).

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L’autore: testimonianze antiche• Ireneo: AH III, 1,1: «Giovanni, il discepolo del Signore, colui che riposò sul suo petto, ha pubblicato anche lui un Vangelo mentre

dimorava ad Efeso in Asia».

• Gv 21, 20-24: «Pietro allora, voltatosi, vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, quello che nella cena si era trovato al suofianco e gli aveva domandato: «Signore, chi è che ti tradisce?» [=Gv 13,3]. Pietro dunque, vedutolo, disse a Gesù: «Signore, elui?». Gesù gli rispose: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, che importa a te? Tu seguimi». Si diffuse perciò tra i fratelli la voceche quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: «Se voglio che rimanga finché iovenga, che importa a te?». Questo è il discepolo che rende testimonianza su questi fatti e li ha scritti; e noi sappiamo che la suatestimonianza è vera».

• Canone di Muratori: «Il quarto dei vangeli è quello di Giovanni , [uno] dei discepoli. Ai suoi condiscepoli e ai vescovi, che lo spingevano ascrivere, egli disse: «Digiunate con me da oggi per tre giorni e ciò che sarà rivelato a ciascuno diciamocelo l’un l’altro». La stessa notte furivelato ad Andrea, [uno] degli apostoli, che Giovanni avrebbe dovuto scrivere tutte le cose a suo nome, mentre gli altri avrebberodovuto controllarne l’esattezza. E così, sebbene vari principi possano essere insegnati nei singoli libri dei vangeli, nondimeno ciò non fadifferenza per la fede dei credenti, dal momento che da un unico Spirito supremo tutte le cose sono state proclamate in tutti [I vangeli]— riguardo alla natività, riguardo alla passione, riguardo alla resurrezione, riguardo alla vita con i suoi discepoli e riguardo alla suaduplice venuta: la prima in umiltà quando egli fu disprezzato, già avvenuta, la seconda gloriosa nel potere regale, che appartiene ancoraal futuro. Che meraviglia è, allora, se Giovanni così coerentemente nomina questi punti particolari anche nelle lettere, dicendo di sestesso: «Ciò che abbiamo visto con i nostri occhi e udito con le nostre orecchie e toccato con le nostre mani, lo abbiamo visto per voi»?Perché in questo modo egli si professa non solo testimone oculare e auricolare, ma anche scrittore di tutti i fatti meravigliosi del Signore,nel loro ordine».

• Nell’antichità (la fonte è soprattutto Eusebio e fonti che lui cita relative a Papia, Policarpo, Ireneo) si compie una fusione tra il discepolodiletto e Giovanni («presumibilmente ma non specificamente», scrive Brown, l’apostolo, figlio di Zebedeo e fratello di Giacomo diZebedeo).

-> Il brano in cui si ha l’attribuzione del testo al discepolo amato come garante della veridicità dell’opera è con buone probabilità più tardorispetto a una prima redazione del testo (un primo finale si ha in Gv 20, 30-31). Il passo sembra interessato all’anonimità del discepolo diletto.

-> Grande insistenza sul vedere, sulla relazione diretta. Tema al contempo di ordine pratico-legittimativo e teologico-speculativo; cf. anche Gv19, 35 «Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera e egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate»: questo brano - incui il narratore sembra dichiarare la propria conoscenza intima di Gesù e la certezza della veridicità del proprio racconto e della propriainterpretazione della vicenda – porta a far convergere narratore e discepolo diletto del quale anche si dice che «la sua testimonianza è vera»(Brown 2003). L’insistenza sulla testimonianza diretta, di coloro che hanno visto e sanno (marturia)è comune a Gv e Lettere.

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Critica moderna:

*Vari esegeti del Novecento hanno continuato a sostenere l’identificazionediscepolo diletto=Giovanni di Zebedeo, presentandolo però non come autore macome testimone diretto e garante di una continuità di trasmissione attraverso piùstadi in cui solo successivamente il Vangelo venne scritto nella forma attuale (es. X.Leon-Dufour, 1990), o come autore di uno dei passaggi redazionali (es. Boismardipotizza che sia autore del documento C su cui vd. oltre).

*M. Hengel, Die Johannische Frage, 1993, ha lavorato sistematicamente alladistinzione del diletto (testimone oculare e autore del vangelo, quindi Hengel èobbligato ad alzare la datazione di Gv) da Giovanni di Zebedeo.

* R. E. Brown abbandona la (inattendibile) attribuzione a Giovanni di Zebedeo(secondo la lezione di Hengel), affida anch’egli all’anonimo personaggio il ruolo ditestimone diretto e di tramite tra la predicazione gesuana e la memoria dellacomunità, ma ipotizza una stratificazione della tradizione del Vangelo. Al discepolodiletto – che per Brown è probabilmente un discepolo minore, forse l’anonimodiscepolo del Battista che in Gv 1, 35 sgg., insieme ad Andrea fratello di Pietro, siconverte alla fede in Gesù - non è più riconosciuto il ruolo di autore in sensostretto.

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Ipotesi di luogo di redazione• Efeso: Testimonianze antiche, es. AH. II,22,5; III,3,4. Hengel ha

dimostrato la precoce esistenza di una ricezione di Gv in AsiaMinore.

• Transgiordania: Wengst ha proposto questa collocazione sulla basedi alcuni elementi interni e ipotizzando come data di redazione il90 d.C.: unico luogo in cui è possibile pensare esclusione dallasinagoga con conseguenze mortali (cf. Gv 9, 22, 12, 42, 16, 1-3).Hengel ha criticato questa tesi sia per assenza di riferimentitestuali convincenti, sia mostrando che in Asia minore, es. a Sardi,la sinagoga prosperava e conflitti come quelli di cui si ha traccia inGv sono dunque verosimili anche in un contesto del genere.

• Siria/Antiochia: per la vicinanza storico-religiosa con altri testi diquesta area geografica, per la storia della ricezione e per lacontrapposizione a “i Giudei” (es. per Segalla il passaggio daAntiochia è una fase importante del “cammino” del testo).

* La questione dei ruolo dei giudei nelle persecuzioni è di difficilevalutazione. Es. Jossa parla di un “odio teologico” che alimenterebbe lacontrapposizione più di eventi storici.* Combinando i risultati di studi sulle redazioni multiple e ipotesi sullefonti, abbastanza uniformemente - eccezion fatta per le ipotesi più diun’origine samaritana - in base a elementi interni (conoscenzegeografiche e culturali approfondite) la critica tende a dare per certa unabase testuale o almeno una tradizione - scritta o orale ma comunquecontenente dettagli precisi – proveniente dalla Giudea, forse daambiente gerosolimitano. Infatti il testo ha profonda conoscenza dicontesto palestinese e di Gerusalemme (cf. Charlesworth, Jesus andArchaeology, 2006): indicazione sulla piscina di Betsaida, Gv 5;conoscenza approfondita delle feste e delle cerimonie, es. Tabernacoli inGv 7-8; dettagli sulla piscina di Siloe (9,7) e del portico di Salomone (10,22-23).

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Teorie delle fonti e delle redazioni multipleLa più famosa tesi delle fonti multiple è quella di Bultmann, che indica tre fonti principali da cui unautore (un ex-discepolo del Battista, in particolare appartenente a un gruppo di suoi seguaci gnostici)avrebbe attinto materiali poi armonizzati nel Vangelo in modo abbastanza ingenuo:1) Semeia Quelle - Fonte dei Segni, scritta in un greco fortemente permeato di elementi stilistici semitici(soggetto post-posto al verbo, scarsità di polisindeti) e conservata nei capitoli 1-13 in cui si narrano unnumero di miracoli di Gesù, probabilmente estratti da una collezione precedente. La Semeia Quellesarebbe stata originariamente introdotta dall’episodio della chiamata dei discepoli, ora Gv 1, 35-49. Lafonte sarebbe stata redatta nella cerchia dei discepoli del Battista convertitisi alla fede in Gesù a scopomissionario verso gli ex-confratelli.2) Offenbarungsreden Quelle - Fonte dei discorsi di Rivelazione: questa fonte sarebbe una collezione dacui l’evangelista attinge i discorsi che attribuisce a Gesù. La fonte era introdotta da un Prologo econteneva componimenti poetico-discorsivi in aramaico, simili dal punto di vista letterario alle Odi diSalomone (versione siriaca di un modello simile). La teologia della fonte sarebbe stata un anticognosticismo orientale, simile a quello professato secondo Bultmann dai seguaci di Giovanni Battista epoi confluito negli scritti mandei. L’evangelista avrebbe tradotto in greco la fonte mantenendone lastruttura poetica.3) Racconto della passione e della Resurrezione, che presenta molti aspetti comuni alla tradizionesinottica ma, secondo Bultmann, proviene da una tradizione differente.

-> L’evangelista avrebbe dunque cucito insieme brani tratti dalle tre fonti, rimettendo mano più volteall’ordine di composizione, tanto che poi un redattore “ecclesiastico” avrebbe intrapreso un tentativosuccessivo di armonizzare meglio i materiali oltre che dal punto di vista contenutistico, anche da unpunto di vista formale (in quest’ultimo caso senza riuscire a fondo nel suo intento). Dal punto di vistateologico, il redattore si sarebbe occupato principalmente di depurare il Vangelo dagli elementi gnostici,di inserire passi relativi ai sacramenti (per esempio 3, 5; 6, 51-58) e alla seconda venuta (per esempio 5,28-29; 12, 48) e di armonizzare quando ai dettagli cronologici e geografici con la tradizione sinottica,riuscendo così a far accettare il Vangelo alla grande chiesa.

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* Altri esempi:

- Fortna ipotizza un primo stadio costituito da un’antica fonte documentaria che indica come Vangelo dei segni, interamente narrativa, composta di sette segni e unracconto della passione e della resurrezione. I miracoli avrebbero in questa fonte una funzione di semplice prova della messianicità di Gesù. La morte sarebbe presentatacome adempimento di una profezia. Rispetto a questa prima fonte, Fortna ipotizza un secondo intervento redazionale da parte dell’evangelista che avrebbe rispettatoperfettamente la fonte, operando aggiunte e cambiamenti senza interpolarla. Se la forma finale del Vangelo presenta una serie di aporie (intrusioni, incoerenze epersino contraddizioni) esse sono tutte da imputare all’opera redazionale dell’evangelista che, in linea con la sua teologia, sostanzialmente incompatibile con quelladella base testuale, legge i miracoli come manifestazione dell’identità e della gloria di Gesù e la crocifissione come elevazione e fattore salvifico.

- Theissen-Merz: il Vengelo sarebbe la risultante di una combinazione tra una tradizione sulla passione e la Pasqua indipendente dai sinottici e con contatti con Lc + unafonte dei segni numerati (7 segni), della cui numerazione restano tracce nel Vangelo.

- Segalla: 3 stadi redazionali e di sviluppo del pensiero del gruppo in seguito alle migrazioni da un ambiente giudeo-cristiano (Palestina prima del 66) a un ambienteellenistico (Antiochia e poi Efeso):1) Tradizione orale di tipo sinottico, messa per iscritto come promemoria e dipendente in qualche forma dall’autorità di Giovanni di Zebedeo, il discepolo diletto2) Probabilmente lo stesso apostolo rivide la tradizione e l’approfondì in senso cristologico e soteriologico dando vita alla prima redazione del Vangelo3) Un discepolo del diletto stende una nuova versione con una seconda conclusione

- Boismard: 4 stadi (teoria riarticolata in varie occasioni; nasce da una istanza critica rivolta a Bultmann)1) Il documento più antico, composto in aramaico intorno all’anno 50 in Palestina è indicato come documento C. Si tratterebbe di un documento più arcaico del Vangelodi Marco comprendente un racconto completo della vita di Gesù, dal battesimo alla passione, in un ordine simile a quello dei sinottici. Il materiale contenuto in Csarebbe stato rielaborato e accolto dai redattori successivi intervenuti su questa prima stesura. Fulcro di C è, secondo Boismard, la restituzione di un Gesù pensato, sullabase di Deut 18, 18 come profeta pari a Mosè. Il messianismo di C risulta dunque di tipo mosaico-profetico, la cristologia attestata a questo livello sarebbe bassa el’autore di C sarebbe stato mosso dall’intento di convertire i samaritani alla fede in Gesù.2) Il secondo stadio, Gv II-A, è attribuito a un autore identificato con il Presbitero della notizia di Papia, autore anche delle lettere, che avrebbe elaborato negli anni tra il60 e il 65, sempre in Palestina, il tema presente in C congiungendovi una tradizione sapienziale e proponendo un decisivo scarto tra Gesù e Mosè, in virtù di unasuperiorità riconosciuta a Gesù che viene definito (indirettamente per attribuzione di temi e contesti propri a questa figura veterostamentaria) Sapienza di Dio econsiderato depositario di un’autonomia rivelativa e salvifica, assente in C, che lo distingue da Mosè.3) In un secondo momento, questo stesso autore avrebbe nuovamente elaborato il testo – terzo stadio, Gv II-B - stravolgendo l’ordine dei capitoli, congiungendo il temadella Parola di Dio a quello della Sapienza di Dio e toccando il massimo dell’innalzamento cristologico. Questa edizione risalirebbe al 90 d. C. circa e dunque l’autore, chea questo punto sarebbe stato a conoscenza di altri testi (vangeli sinottici e lettere di Paolo) e in contatto con altri gruppi di cristiani, avrebbe redatto la versione in linguagreca, dopo essersi spostato dalla Palestina a Efeso. In questo stadio è evidente, dai toni accesi con cui sono respinti i ‘Giudei’, il segno di una persecuzione che lacomunità doveva aver subito. Preesistenza e sacramentalismo furono introdotti in questa versione. La teoria di Boismard in questo modo tiene conto e tenta di renderragione non solo delle affinità con i sinottici, ma anche e soprattutto degli evidenti punti di contatti con Paolo, che nel Prologo, in linea con gran parte della criticaaccettato come uno degli elementi più tardi del Vangelo, sembra permeato di un lessico affine alla terminologia tipica dell’epistolario paolino.4) Rispetto a questo terzo stadio, infine, sarebbe intervenuta polemicamente un’ultima mano - quarto stadio, Gv III - arrotondando i toni polemici nei confronti dei ‘Giudei’ e recuperando una concezione messianica più compatibile con il monoteismo, interpolando con versetti volti a ridimensionare la portata di alcune affermazioni (in particolare Boismard si sofferma sui versetti in cui Gesù viene definito Dio). Boismard attribuisce la redazione a un giudeocristiano estraneo alla scuola di Efeso.

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Corollario della teoria delle fonti: rapporto con isinottici in termini di fonti e tradizionicomuni/indipendenti

*Il 90% del materiale giovanneo è differente da quello sinottico. Sono stati fatti vari studi statisticicomplessivi e di singole pericopi o temi. Ad es. B. de Solages (1979) calcolava che nel racconto dellapassione il 15,5% del materiale è giovanneo presenta paralleli con Mc.* Le tesi della critica vanno dalla totale indipendenza (Goodenough; Gardner Smith e Dood: tradizioneparallela ma indipendente da quella poi confluita nei sinottici); alla conoscenza di uno, due o tutti e tre isinottici (Neyrink, “scuola di Lovanio”: rifiuto di un contatto tra Gv e fonti presinottiche); fino alla tesi diuna consapevole pretesa di Giovanni di scrivere un vangelo per sostituire i sinottici (esempio diposizione radicale è quella di H. Windish, Johannes und die Synoptiker, 1926, secondo cui Giovanniavrebbe scritto il suo vangelo conoscendo i sinottici nella loro versione di testi scritti e con l’esplicitointento di sostituirli con il suo testo).* Sono state quindi formulate le più varie possibilità combinatorie:• Gv conosce solo Mc + una tradizione indipendente che presenta punti di contatto con Lc e Mt• Gv e Mc condividono tradizioni preevangeliche comuni, orali o scritte• L’autore o il redattore di Gv conobbe qualcosa delle tradizioni poi confluite in Lc• Gv non conosce nulla delle tradizioni e dei vangeli sinottici ed elabora in modo diverso detti e fatti

di Gesù trasmessi da una tradizione indipendente• Gv conosce tutti i sinottici + altre tradizioni indipendenti (Brown respinge la tesi, sostenendo che

accettare che l’evangelista e/o il redattore abbiano tratto spunto da Marco, Matteo e Lucasignificherebbe dire che essi, scrivendo negli anni tra l’80 e il 90, avrebbero riconosciuto a accettatotutti e tre i testi sinottici come documenti cristiani autorevoli, cosa che resta difficile da suffragare.Piuttosto potrebbero aver conosciuto qualcosa delle tradizioni poi confluitevi).

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Elementi non presenti in sinottici che per la critica possonoavere valore storico e testimoniare tradizioni moltoantiche/originarie (Albright, Higgins, Leal, Stauffer ecc.)

1, 35 ss: i primi discepoli di Gesù erano discepoli del Battista1, 44: Pietro, Andrea e Filippo vengono da Betsaida6, 15; 11, 47-53 («Ma Gesù, avendo saputo che stavano pervenire a prendelo al fine di farlo re, si ritirò nuovamente sullamontagna, tutto solo»); 19,12 («Da quel momento Pilatocercava di liberarlo. Ma i Giudei continuavano a gridare: “Se tuliberi costui, non sei amico di Cesare. Chiunque infatti si fa resi mette contro Cesare”»): Gesù e il suo movimentoprocurarono preoccupazioni di natura politica [così Theissen-Merz; altra lettura es. Meeks]Gv 18, 19 ss. Parla di un interrogatorio nel sinedrio e non di unprocesso giudaico contro Gesù, prima della denuncia a PilatoGv 18, 28 e 19, 31 Gesù muore prima di Pasqua, cosa piùverosimile rispetto a un’esecuzione in giorno festivo

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Giovanni e i sinottici: elementi paralleli

• Ruolo del Battista legato all’inizio del ministero di Gesù• Narrazione conclusiva della passione e scena del sepolcro vuoto• Dettagli terminologici molto precisi corrispondenti a Mc (200 denari Gv

12,5; 300 denari Gv 6,7; nardo genuino di grande valore Gv 12, 3)• Paralleli con Mc (es. Gv 6 e Mc 6, 30-54 stessa successione di eventi:

moltiplicazione dei pani e dei pesci; attraversamento del lago; Gesùcammina sulle acque)

• Paralleli con Lc più tematici che terminologici (Boismard ipotizzaintervento redazionale/interpolazioni di Luca sul QV): personaggi di Martae Maria; presenza più cospicua di riferimenti a Samaria e samaritani;compare il nome Lazzaro (parabola del ricco e di Lazzaro il mendicante);assenza del processo notturno davanti a Caifa; tre affermazioni di noncolpevolezza durante il processo davanti a Pilato; apparizioni post-pasqualia Gerusalemme davanti ai discepoli maschi; episodio della pescamiracolosa (Gv 21)

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Giovanni e i sinottici:differenze di materiale narrativo

• Purificazione del Tempio all’inizio del ministero (Gv 2, 13-22, subito dopole nozze di Cana)

• Ministero pubblico ampiamente ambientato a Gerusalemme piuttosto chein Galilea

• Predicazione in Samaria e conversione dei samaritani con una confessionesamaritana in cui Gesù è definito “salvatore” del mondo

• Lunghi discorsi e dialoghi (con meccanismo delfraintendimento/soluzione) anziché parabole

• Assenza di possessioni diaboliche ed esorcismi operati da Gesù (il temadella possessione però torna come accusa dei Giudei nei confronti di Gesùe viceversa, es. Gv 8; e Satana che si impossessa di Giuda, come in Lc)

• Numero ridotto di miracoli, tra cui alcuni solo giovannei: nozze di Cana;guarigione del cieco nato; resurrezione di Lazzaro

• “disseminazione” del tema eucaristico [su cui vd. oltre]

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Struttura

• Prologo (Gv 1, 1-18)• Prima parte 1, 19-12, 50: Libro dei segni, attraverso cui si risponde alla domanda

sull’identità di Gesù, che rivela se stesso al mondo, ma il mondo non lo accoglie.Presenta il ministero o attività pubblica di Gesù. I segni che attestano l’identità diGesù (Logos divenuto sarx) e/o il senso della sua missione sono seguiti da discorsio dialoghi di chiarimento rispetto al senso dei segni stessi (ha analizzato questastruttura binaria segno-chiave discorsiva di decodifica del segno G. Van Belle).

• Seconda parte 13,1-20,31: Libro della passione o della gloria [contiene una primaconclusione (Gv 20, 30-31) forse antica conclusione di una “fonte dei segni”:«Gesù in presenza dei suoi discepoli fece molti altri segni, che non sono scritti inquesto libro. Questi sono stati scritti affinché crediate che Gesù è il Cristo, il Figliodi Dio, e, credendo, abbiate la vita nel suo nome».]

• Epilogo o seconda conclusione (Gv 21)

*La critica è abbastanza concorde nel considerare la pericope dell’adultera (Gv 7,53-8,11) non giovannea = assente in alcuni manoscritti (cf. le più recenti ricerche di G. vanBelle, Leuven Centre for the Study of the Gospels, Repetitions and Variations in theFourth Gospel: Style, Text, Interpretation, 2009; e sue rassegne bibliografiche fino al2015)

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Prologo: temi• Richiamo genesiaco: Ἐν ἀρχῇ, dimensione protologica

• Gesù Logos preesistente e dio presso il Dio: «Ἐν ἀρχῇ ἦν ὁ Λόγος, καὶ ὁ Λόγος ἦν πρὸς τὸν Θεόν, καὶ Θεὸς ἦν ὁ Λόγος»

• Presentazione di Gesù come Logos che ha anche la funzione di distinguerlo da figure angeliche? (Boccaccini; Prinzivalli-Simonetti)

• Il Logos connesso all’insistenza sul tema della verità (aletheia) indica una concezione salvifica legata a una particolareconoscenza/rivelazione che concerne un contenuto di conoscenza

• Ruolo protologico messo in opposizione a un rifiuto da parte del “mondo”: «ὁ κόσμος δι' αὐτοῦ ἐγένετο, καὶ ὁ κόσμος αὐτὸν οὐκἔγνω»; insistenza sul tema del rifiuto da parte del mondo

• Conferimento di poteri cosmologico-protologici a Gesù [cf. anche Apocalisse in cui sia Dio è definito Alfa e Omega (Ap. 1,8) sia il Cristoalla fine della trattazione/rivelazione (Ap. 22,13)]

• Dualismo alto-basso; luce-tenebre; noi-mondo

• «Λόγος σὰρξ ἐγένετο»: lo scandalo del Quarto Vangelo. Non c’è cristologia adamitica, né nei termini paolini, né in quelli “giudeo-cristiani” presenti nelle varie fonti frammentarie e nella tradizione pseudo-clementina; ma c’è una rivisitazione del tema della kenosis,in termini di abbassamento dell’eterno Logos creativo di Dio che assume consistenza personale.

• Tema dell’essere generati da Dio, della nuova nascita/rinascita spirituale (cf. anche dialogo con Nicodemo, Gv 2). “Accogliere il Logos”significa infatti ricevere il potere di diventare figli di Dio, divenire coloro che credono nel nome, che non da sangue, né da volontà dicarne né da volere d’uomo, ma da Dio furono generati (G 1, 11-13)

• Ricorre il temine pleroma (la pienezza di grazia e verità del Cristo)

• Opposizioni-relazioni Legge/Grazie e Mosè/Gesù

• Logos definito Monogenes (quale rapporto con il “prototokos” delle ep. deuteropaoline? ): generazione come relazione infra-divina ecome rapporto di inedita intimità tra Padre e Figlio

* Molto rapidamente (nel giro di settant’anni), tramite un processo di progressivo innalzamento, Gesù approda, con il Vangelo di Giovanni all’identificazione con un preesistente soggetto divino o comunque creatore, unigenito dio presso il Dio Padre.

* Contaminazioni paoline: ruolo cosmologico della Sophia/Logos di Cristo; il termine Charis compare solo qui (come logos e pleroma)

*Funzione narrativa del Prologo: con la lettura di questo testo il lettore è messo all’altezza del punto di vista di Gesù, sicché il punto di vista del lettore che, attraverso di esso, accede alla verità, è sempre “più alto” di quello dei personaggi dei molti dialoghi che si incontrano lungo il Vangelo; non così es. H. Leroy 1968 che vi legge un indice di settarismo.

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Prologo: quale relazione con il Vangelo?

• Un inno gnostico

• Un inno della comunità giovannea unito dal redattore all’incipit scritto dall’evangelista

• Uno scritto poetico scritto dalla stessa mano che ha redatto 1Gv

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Appellativi cristologici (Gv 1)

• Verbo/Λόγος (1, 1 - Prologo)• dio/Θεὸς (1, 1 - Prologo)• Luce/φῶς (1, 7 - Prologo)• Unigenito/μονογενὴς (1, 14. 18 - Prologo)• Colui che riposa nel seno del Padre (1, 18 - Prologo)• Cristo/Χριστός (1, 17. 41 – Prologo; Filippo)• Agnello di Dio/Ἀμνὸς τοῦ Θεοῦ (1, 29. 36 - Battista)• Colui che battezza in Spirito santo (1, 33 - Battista)• Rabbì (1, 38. 49 – Filippo e Andrea; Nataneale, definito da Gesù un “vero Israelita”)• Messia/Μεσσία (1, 41 - Filippo)• Quello di cui hanno scritto Mosè e i Profeti (1, 45 - Filippo)• Figlio di Dio/Υἱὸς τοῦ Θεοῦ (1, 49 - Natanaele)• Re di Israele/Βασιλεὺς τοῦ Ἰσραήλ (1, 49 - Natanaele)• Figlio dell’uomo/Υἱὸς τοῦ ἀνθρώπου (1, 51 - Gesù stesso, in terza persona: prima

profezia con autoidentificazione)

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Giovanni e l’identità di Gesù

• Gv è incentrato sull’identità di Gesù (il tema del Regno di Dio, così importante nei sinottici è quasi assente,compare solo in Gv 3,3.5)

• I miracoli sono segni (semeia) e il loro scopo e valore sembra per lo più essere quello di indicare l’identità di Gesù,cf. Rinaldi, Cristianesimi nell’antichità, 2008, sulla base di Brown: tutti i segni rimandano al grande miracolo dellavenuta del Logos nella carne, tanto che il primo epilogo del Vangelo, che segue la confessione di Tommaso, recita«Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni, che non sono scritti in questo libro. Questi sono statiscritti affinché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e, credendo, abbiate la vita nel suo nome» (Gv 20, 30-31)

• Boismard (Moise ou Jesus. Essai de christologie joannique, 1988) ipotizza un’originaria redazione del vangelo(documento C) finalizzata a dimostrare che Gesù è “il profeta pari a Mosé” la cui venuta è annunciata in Deut 18,18 (testo che, in ambiente samaritano coevo, si era caricata di forti valori messianici, cf. studi samaritanisti es.Bowman, Samaritan Studies I, 1958; MacDonald, The Theology of the Samaritans, 1964, Pummer, Crown, Collins,Lindemann, Zagenberger). L’argomento si basa sulla tesi dei «tre segni numerati» (Gv 2, 1 sgg., miracolo di Cana;Gv 4, 46-54, la guarigione del figlio del funzionario a Cafarnao; Gv 21, 1-14, la pesca miracolosa) identificata comeincipit della struttura originaria del testo, ovvero la narrazione dei tre primi miracoli di Gesù, che nel documento Csarebbero comparsi in sequenza, come parallelo dei tre segni che Dio indica a Mosè a testimonianza della suaelezione in Es 4, 1-9.

• Salvezza e gnosi: La salvezza/vita (zoe) è connessa a una conoscenza, a un sapere, al sapere che Gesù è il Cristo(nel senso di Gv 1 = il Logos divino fattosi carne): questo il dichiarato scopo del vangelo in Gv 20, 31: «Queste cosesono state scritte perché voi sappiate crediate (pisteu[s]ete) che Gesù è il Cristo il Figlio di Dio, e affinché credendoabbiate la vita bel suo nome»; inoltre Gesù/Logos promette ai discepoli una verità che ha la caratteristica di esserecompleta: Gv 14, 16-17; 14, 26; 16, 3 -> «Il Paraclito vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che ho detto»;«Lo spirito di verità vi guiderà a tutta la verità»

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Io sono (ἐγὼ εἰμί): la rivelazione del Nome- Gv insiste ripetutamente sul tema dell’Io sono, rivelazione del Nome di Dio a Mosè secondo Es 3,14: Gesù è il Nome diDio rivelatoGv 8,24: «se infatti non crederete che Io Sono, morirete nei vostri peccato»Gv 8, 28: «Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora saprete che Io Sono»Gv 8, 58: «In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono»Gv 13,19: «Ve lo dico fin d'ora prima che accada, perché quando sarà avvenuto, crediate che Io Sono»Gv 18, 4-6: «Gesù allora, conoscendo tutto quello che gli doveva accadere, si fece innanzi e disse loro: «Chi cercate?».Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono io!». Vi era là con loro anche Giuda, il traditore. Appena disse«Sono io», indietreggiarono e caddero a terra». (la caduta rimanda a una tipica reazione in presenza di teofania)

- Il tema del Nome compare anche nel Prologo con riferimento al modo in cui si entra a far parte del “noi”: Gv 1, 12-13:«quelli che credono nel nome, i quali non da sangue ma da Dio sono stati generati»- Il nome di Dio rivelato a Mosè nella formula ebraica «’ehyeh ’ªšer ’éhyeh» (ipotesi di traduzione: «io sono colui chesono»; «io sono colui che è»; «io sarò presente come colui che sarà presente»; «io sono perché io sono»; «io sarò coluiche sarò»; «io sono colui che è: io sono») sembra intraducibile o comunque destinato a un’inevitabile conversione nelpassaggio dall’ebraico (prima persona singolare dell’imperfetto del verbo hyh) alla traduzione greca e latina con i verbieinai ed esse. In generale la lingua ebraica non usa la copula, quella che in greco, latino e italiano è espressa dal verboessere al presente. «Nel modo di pensare ebraico un’azione è considerata compiuta oppure incompiuta. Per questo lalingua ebraica non conosce passato, presente o futuro, ma ha un perfetto e un imperfetto (da intendersi secondo ilsignificato letterale dell’espressione latina perfectum = compiuto; imperfectum = incompiuto) che, nei diversi contesti,assumono diverse sfumature di significato» (da J. Weingreen, Grammatica di Ebraico Biblico, Glossa, Milano 2011, p.58).

- La Septuaginta (Alessandria II sec. a.C. ca) e Filone usano il participio presente: ego eimi ho on. Cf. Ap. 1, 8: Io sonol'Alfa e l'Omega, dice il Signore Dio, Colui che è, che era e che viene, l'Onnipotente (ὁ κύριος ὁ ὢν καὶ ὁ ἦν καὶ ὁἐρχόμενος ὁ παντοκράτωρ).

*L’assenza della Presenza messianica di Dio viene colmata con l’affermazione della sua Presenza assoluta, creativa,divina e preesistente (quindi eterna); il rivelarsi storico di Dio nella sua Parola carismatica culmina nell’affermazioneontologica del Nome di Dio.

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• Dall’incomprensione dei Giudei (μὴ σὺ μείζων εἶ τοῦπατρὸς ἡμῶν Ἀβραάμ: sei tu forse più grande delnostro padre Abramo?) alla rivelazione del Nomedivino (Gv 8, 53 ss).

• La stessa formula torna nel dialogo con la Samaritana:(μὴ σὺ μείζων εἶ τοῦ πατρὸς ἡμῶν Ἰακώβ, sei tu forsepiù grande del nostro padre Giacobbe?, Gv 4, 12 ss).Qui, a differenza del dialogo con i Giudei di Gv 8 larivelazione del nome porta alla conversione deisamaritani.

-> ll problema dei “veri figli di Abramo”, così importanteper Paolo, è superato in quanto Gesù è “prima” diAbramo (M. Pesce): è il nome eterno di Dio.

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-> Questo “superamento” si intreccia però con una spiritualizzazione del tema dei figli: è lo Spirito/la rinascita spirituale acostituire figli con il Figlio.-> Come si accede alla rinascita spirituale? Accogliendo il Logos (Prologo). Quelli che accolgono il Logos, che lo seguono nellasua vita terrena (pur non capendone a fondo il senso fino alla resurrezione, all’ora di Gesù, al punto di svolta) sono definiti in Gv17 quelli che il Padre ha dato al Figlio:

1 «Padre, è giunta l'ora, glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te. 2 Poiché tu gli hai dato potere sopra ogni essereumano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. 3 Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico veroDio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. 4 Io ti ho glorificato sopra la terra, compiendo l'opera che mi hai dato da fare. 5 E ora,Padre, glorificami davanti a te, con quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse. 6 Ho fatto conoscere il tuonome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me ed essi hanno osservato la tua parola. 7 Ora essisanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, 8 perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro; essi le hannoaccolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. 9 Io prego per loro; non prego per ilmondo, ma per coloro che mi hai dato, perché sono tuoi. 10 Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono mie, e io sonoglorificato in loro. 11 Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodisci nel tuonome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi. 12 Quand'ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloroche mi hai dato e li ho custoditi; nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si adempisse laScrittura. 13 Ma ora io vengo a te e dico queste cose mentre sono ancora nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezzadella mia gioia. 14 Io ho dato a loro la tua parola e il mondo li ha odiati perché essi non sono del mondo, come io non sono delmondo. 15 Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno. 16 Essi non sono del mondo, come io nonsono del mondo. 17 Consacrali nella verità. La tua parola è verità. 18 Come tu mi hai mandato nel mondo, anch'io li ho mandatinel mondo; 19 per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità. 20 Non prego solo per questi, maanche per quelli che per la loro parola crederanno in me; 21 perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e ioin te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. 22 E la gloria che tu hai dato a me, iol'ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola. 23 Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo sappiache tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me. 24 Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dovesono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato; poiché tu mi hai amato prima della creazione del mondo.25 Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto; questi sanno che tu mi hai mandato. 26 E io ho fattoconoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l'amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro».

-> Questo brano sembra coordinare il piccolo gruppo del “noi”, che secondo un piano divino (che si esplica anche nell’insistenzasull’ora di Gesù e su Giuda, definito qui figlio della perdizione – uios tes apoleias -) Gesù ha ricevuto dal Padre, con ilprolungamento degli effetti in contesto post-resurrezionale. Accogliere il Logos, la cui rivelazione e verità sono oracompletamente dispiegate, significa accogliere il messaggio dei suoi. Gesù qui prega anche per coloro che crederanno in futuro,che ancora non hanno accolto la rivelazione. Evidentemente, dunque, anche la categoria di mondo, come Giudei, Tempio, Leggeè una categoria dialetticamente articolabile al suo interno.

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«Il Padre che mi ha mandato» e la trasmissione del messaggio

• Intimità/compenetrazione tra Padre e Figlio, es. Gv 8, 19: «Gli dissero allora: «Dov'è tuo padre?».Rispose Gesù: «Voi non conoscete né me né il Padre; se conosceste me, conoscereste anche ilPadre mio».

• Gv 1, 18: «Il Figlio unigenito, che è nel seno (kolpon) del Padre, lui lo ha rivelato (exegesato)»• Gv 13, 23-25: «Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù.

Simon Pietro gli fece un cenno e gli disse: «Dì, chi è colui a cui si riferisce?». Ed egli reclinandosi cosìsul petto (kolpon) di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?» [cf. Moloney, The Gospel of John, 1995]

• Gv 14, 11: «Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me»• Il Padre che mi ha mandato/ colui che mi ha mandato (es. Gv 12, 44-45; verbo πέμπω)• Adeguamento al Padre (es. Gv 10, 30.38; 14, 9)

*Rinaldi (2008): La ripetitività dei tre temi forse tradisce bisogno di sostenere con forza una tesiavvertita come problematica.

• Il comandamento di Gesù in Gv 15, 9-17 e la costituzione di un gruppo di eredi dell’amore tra Padree Figlio: «Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Seosserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamentidel Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostragioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati.

Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, sefarete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suopadrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi.Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e ilvostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda.Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri».

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Lo Spirito secondo Gv• Spirito come “segno” della preesistenza di Gesù (battesimo)• Spirito come categoria ermeneutica, cf. i vari esempi di auto-

interpretazione spirituale delle parole del Gesù giovanneo e delVangelo stesso: Gv 3, 1-21 (dialogo con Nicodemo) o Gv 4 (dialogocon la samaritana)

• Spirito come matrice di nuova identità: opposizione secondo lacarne/secondo lo Spirito; quindi Spitito anche come matrice diuniversalizzazione laddove la contrapposizione è sistematicamentee programmaticamente alto/basso (lo Spirito viene dall’alto,discende e rimane su Gesù) più che criteri “locali” (es.Isaele/gentili)

• Spirito come nuovo “luogo” del culto (Gv 4)• Spirito come garante di continuità del messaggio di Gesù: il

Paraclito, cf. Gv 14, 15 sgg.

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Dispositivi retorici e “commenti redazionali”

Caratteristica narrativa del Quarto Vangolo è che Gesù - preesistente e consapevole della propria preesistenza – sa di poter esserericonosciuto e ricordato solo dopo la Pasqua e grazie allo Spirito (NB: anche l’autore si colloca tra coloro che hanno accolto Gesù, hannoricevuto la rivelazione, sanno che Gesù è preesistente e hanno ricevuto lo Spirito: il dispositivo “multifocale” è dichiarato e il fatto che lascrittura del Vangelo avvenga in periodo post-risurrezionale è marcata a garanzia della sua completa veridicità)

Gv 7, 39: «Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non c'era ancora lo Spirito, perché Gesùnon era stato ancora glorificato»

(Cf anche 2, 22; 12, 16; 13, 7)

Teoria degli interventi redazionali accolta es. da Pesce (numerosissimi: 2, 17.21-22; 6, 6; 6, 64; 7, 39; 8, 27; 10, 6; 11, 51, 12, 6, 12, 16 etc.):questi interventi redazionali dimostrano che vi è un redattore che interviene e da questi suoi «commenti redazionali» (in tutto 24) si deducela sua tesi, ovvero che tutto ciò che Gesù disse e fece aveva un significato che solo chi possiede lo Spirito può comprendere. Ciòpresuppone – secondo Pesce – una tradizione di detti e fatti di Gesù a cui applicare questa lettura spirituale, illuminata dal possesso dellospirito post-pasquale e che, forse, venivano interpretati in ben altro modo da altri interpreti contro i quali il redattore propugnainsistentemente la sua versione.

Sui molti dettagli che indicano la marcatura della preesistenza di Gesù cf., es., M. Pesce 2003 sulla citazione di Isaia che ha visto la gloria diGesù (Gv 12,41: ), differente dalla concezione che si rinviene in Mt 13, 17 // Lc 10, 23: «molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciòche voi vedete e non lo videro». NB. Il tema della gloria (doxa) compare nel Prologo: «E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo anoi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità» (Gv 1, 14); cf. anche Gv 17, 4-5.

Sulle caratteristiche stilistico-narrative di Gv cf:

• Culpepper (1983)

• Mannucci (1993, reprint 2016)

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Battesimo e rapporto con Giovanni Battista

• Non c’è racconto dell’Annunciazione e dell’infanzia. La trama diegetica inizia con l’incontro tra Gesù e il Battista (NB: avvieneun incontro, non un atto battesimale in senso proprio) e la testimonianza del Battista.

• Il Battista è senza dubbio una figura che ha avuto un ruolo importante per la comunità gesuana e giovannea (forse anche unruolo di problematica definizione); compare due volte nel Prologo (Gv 1, 6.15): Ἐγένετο ἄνθρωπος, ἀπεσταλμένος παρὰΘεοῦ, ὄνομα αὐτῷ Ἰωάνης·/ Giovanni gli rende testimonianza e grida: «Ecco l'uomo di cui io dissi: Colui che viene dopo dime mi è passato avanti, perché era prima di me».

• Gv 1, 19-28: autoidentificazione del Battista (come replica alle proposte di identificazione dei farisei): E questa è latestimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Chi sei tu?». Egliconfessò e non negò, e confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Che cosa dunque? Sei Elia?». Rispose: «Non losono». «Sei tu il profeta?». Rispose: «No». Gli dissero dunque: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che cihanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via delSignore, come disse il profeta Isaia».

• Gv 1, 29-34: confessione del Battista, Gesù è l’Agnello di Dio (Ἀμνὸς τοῦ Θεοῦ): Il giorno dopo, Giovanni vedendo Gesùvenire verso di lui disse: «Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo! Ecco colui del quale io dissi: Dopodi me viene un uomo che mi è passato avanti, perché era prima di me. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzarecon acqua perché egli fosse fatto conoscere a Israele». Giovanni rese testimonianza dicendo: «Ho visto lo Spirito scenderecome una colomba dal cielo e posarsi su di lui. Io non lo conoscevo, ma chi mi ha inviato a battezzare con acqua mi avevadetto: L'uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito Santo. E io ho visto e ho resotestimonianza che questi è il Figlio di Dio».

• NB. è il Battista ad aver visto la colomba, è una sua visione privata, di cui egli è testimone. In Gv 12, 24-33 (quando si compiel’ora di Gesù) la voce si ripete e anche la folla ode: «Venne allora una voce dal cielo: “L’ho glorificato e lo glorificheròancora». La gente che stava lì e aveva sentito etc.»

• In Gv primi discepoli di Gesù – Filippo e Andrea fratello di Pietro - sono discepoli del Battista (assunto dalla critica come datoverosimilmente storico), che lo presenta loro come l’Agnello di Dio

• Gesù battezzava? Gv. 4, 1-3: «Quando Gesù seppe che i farisei avevano sentito dire che egli faceva più discepoli e battezzavapiù di Giovanni. Sebbene non Gesù stesso bensì i suoi discepoli, lasciò la Giudea e ritornò verso la Galilea». [M. Pesce: igiovannisti hanno un loro rito di purificazione basato sul concetto di Spirito].

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Rapporto tra Gesù e il Tempio/i riti/le feste dei GiudeiMorte salvifica dell’Agnello/Tempio che col suo sangue toglie (airo) i peccati del mondo; costante metafora idrica che va dalla contrapposizione acqua allo Spirito nelle parole del Battista, all’acqua trasformatain vino a Cana, all’acqua spirituale/che dà la vita di Gesù nel dialogo con la samaritana ,con riferimento al tempio escatologico della profezia di Zaccaria, al sangue e acqua dal costato della crocifissione(Gv 19,34)

Gv 4, 13-14: Rispose Gesù: «Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua chezampilla per la vita eterna»

Il tempio del suo corpo in Gv 2, 19-21: Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tregiorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.

Tema eucaristico in Gv 6 , 54-56: Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia lamia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui.[connesso con Gesù pane del cielo in Gv 6, 30-40: Allora gli dissero: «Quale segno dunque tu fai perché vediamo e possiamo crederti? Quale opera compi? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto,come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità vi dico: non Mosè vi ha dato il pane dal cielo, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero; il pane di Dioè colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me nonavrà più sete. Vi ho detto però che voi mi avete visto e non credete. Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me; colui che viene a me, non lo respingerò, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, mala volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell'ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padremio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell'ultimo giorno».]

In Gv il tema del potere salvifico del sacrificio di Cristo/ricezione del suo Spirito rispetto alle caratteristiche della liturgia della purità incentrata sul Tempio è più netto rispetto all’ambiguità del tema in Ap.,dove restano ancora alcune categorie tradizionali legate alle norme di purità (es. gli eletti che entrano nella Gerusalemme celeste conservano elementi di purezza materiale tradizionale). Sulla purezza in Gv cf.anche il diverso punto di vita di Gesù e dei discepoli (fossili di precedenti stadi? Polemica contro giudeo-cristiani?) in vari dialoghi: sul cieco nato, sulla samaritana.

In Gv 15, 3, la purificazione è necessaria ma avviene con il Logos :«Voi siete già mondi (katharoi) per la parola che vi ho dato» [preceduta da metafora della potatura che purifica (katarizei): M. Pesce propone dileggerla come metafora della circoncisione].

Gv 20,30: lo Spirito ha un potere simile alla parola che Gesù ha dato ai discepoli e che li ha purificati, quando i discepoli ricevono lo Spirito potranno rimettere i peccati/ purificare [M. Pesce: i giovannisti hannoun loro rito di purificazione basato sul concetto di Spirito].

Gv 4, 21-24: tempio sostituito dal culto in Spirito e verità: Gesù le dice: «Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quel che nonconoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca taliadoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità».

Le feste: concezione del tempo legata alle fese di Israele, il Gesù giovanneo partecipa alle feste più che u tutti gli altri vangeli. Compie infatti cinque pellegrinaggi a Gerusalemme (2 Pasque, 1 Sukkot, 1Chanukkah e una festa non identificata).

Il Sabato, Gv 5, 17: «Il Padre mio agisce anche ora, e anche io agisco».

Gv 1, 17: Nomos dato da Mosé/Charis kai Aletheia venute mediante Cristo

-> Opposizione alto/basso (Gv 2, 32-34; 3, 13-14; 3,31; 8,23) più “attuale” per Gv rispetto a quella centro (Gerusalemme)-margine? Come dicevamo sopra Giudei, Tempio, Legge sono categorie dialetticamentearticolate al loro interno. Forse risultante di giustapposizione di posizioni diverse e successive. Forse chi scrisse il Vangelo vide però la possibilità di tenerle insieme in uno schema di ritrattazione dialettica trapiani differenti?

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I nemici di GiovanniSecondo Brown i destinatari polemici di Gv sono vari (questa suddivisione in 6 categorie è proposta daBrown):- i Giudei in senso proprio, ovvero coloro che, in seno alle sinagoghe non credettero in Gesù e presero ladecisione di espellere dalla sinagoga chiunque lo avesse riconosciuto come Messia. Nel racconto sonocoloro che tentano ripetutamente di uccidere Gesù (cf. passaggio Giudei/Giuda, il nome di Giudasembra caricarsi fortemente di un’eco simbolica di tipo polemico relativa ai Giudei che non hannoaccolto il Cristo: in Gv 6, 70 Gesù definisce Giuda «un diavolo», in Gv. 8, 44 Gesù dice che i Giudei hannoper padre il diavolo)- Coloro che affermano di credere in Gesù ma che - dal punto di vista giovanneo - hanno una fedeinadeguata: i cripto-cristiani, ovvero i giudei-cristiani rimasti dentro le sinagoghe, che rifiutano diammettere pubblicamente di credere in Gesù, ovvero credono in modo ambiguo, senza rompere la loroappartenenza al mondo ebraico (cf. Gv 9)- I giudeocristiani, ovvero i cristiani che avevano lasciato le sinagoghe, ma la cui cristologia (bassa)risultava incompatibile con la confessione di fede della comunità giovannea- Il problematico gruppo dei cristiani delle chiese apostoliche. Secondo Giovanni, essi non avevanocapito pienamente Gesù o il ruolo di maestro del Paraclito, con ricadute su una diversa comprensionedella comunità, della missione, dei rapporti con gli altri gruppi- Il mondo: categoria più estesa che comprende Giudei e altri soggetti- i discepoli del Battista: descritti come persone che non capiscono Gesù e dunque non proprio come‘nemici’, sembra infatti che si conservi la speranza che possano convertirsi

[cf. Garribba-Guida (edd.), Giovanni e il Giudaismo. Luoghi, tempi, problemi, 2010]

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Vangelo e storia della comunità giovannea: la svolta di Martyn

Martyn, History and Theology in the Fourth Gospel, 1968

Martyn respinge l’ipotesi di collocare l’origine del gruppo in ambienti particolarmente settari o distinti dalla mentalità giudaica‘tradizionale’ (il cosiddetto ‘ebraismo eterodosso’). Allo stesso modo respinge la tesi di una sua origine pagana o gnostica. Martynindividua nel Vangelo una narrazione stoico-autobiografica della comunità giovannea e la usa come chiave esegetica delVangelo, interpretato come simbologia di questa storia comunitaria e risolvendo i simboli in narrazione della vicende storichedella comunità. Questa opzione interpretativa, nient’affatto scontata e che contrappone Martyn a molti altri esegeti, èstrettamente dipendente dal metodo: è la storia della comunità, che si intravede nel Vangelo, a fornire dati utili per avvalorarequesta posizione. Si ha dunque qui un tentativo di porre l’accento in modo deciso sulla storia della comunità come chiave divolta per la lettura del Vangelo. Le ipotesi di collocazione, unità letteraria e struttura avanzate da Martyn dipendono dallaricostruzione di questa chiave.

Martyn propone una scansione cronologica a tre stadi nell’evoluzione dell’autocomprensione dell’identità dottrinale dellacomunità, nata in ambiente giudaico (non meglio specificato).1) Il periodo iniziale, attestato nel Vangelo da brani come Gv 1, 35-49, sarebbe stato caratterizzato da attriti relativamente di pococonto con l’ambiente religioso ebraico. In questo primo periodo avrebbe avuto luogo la stesura di una base testuale, organizzatain una raccolta di lógia e segni di Gesù da un predicatore appartenente a questo ‘gruppo messianico’. Sull’identità dell’autoreMartyn non si sbilancia, respingendo tuttavia la possibilità di identificarvi la mano del discepolo diletto. In base all’assenza didibattiti circa la validità della Torah e della missione presso i gentili, Martyn considera questo stadio come un periodo disostanziale inconsapevolezza dell’incompatibilità tra il complesso della religiosità ebraica e il gruppo stesso, tanto da favorirneuna rapida crescita caratterizzata da conversioni ‘facili’ e, in ultima istanza, non avvertite come tali.2) La scintilla che innescò il passaggio al secondo stadio sarebbe stata accesa dei membri della Sinagoga. Due eventi traumaticiscandirono la svolta. L’introduzione nella liturgia sinagogale della Birkat ha-Minim, pose il gruppo messianico originario di frontealla necessità di una scelta di campo: la percezione della novità e incompatibilità delle ripercussioni teologiche dell’adorazione diGesù rispetto al monoteismo e alle istanze ebraiche tradizionali, assurse solo allora a consapevolezza.3) A partire da tale consapevolezza, la comunità si divise tra quanti decisero di non uscire dalla Sinagoga, e dunque dipronunciare la maledizione, e quanti invece si ritrovarono da essa esclusi.

(cf. anche Dood, Historical Tradition in the Fourth Gospel, 1974, Richter, Langbrandtner etc.)

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Critiche e riconoscimenti alla proposta di Martyn

• La posizione di Martyn è stata criticata come unilaterale per due motivi: arriva a diremolto sulla storia della comunità, ma lascia totalmente inevasa la questione del rapportotra il testo e la predicazione gesuana (sembra cioè sottendere che il Vangelo nonpotesse costituire un documento utile per la ricerca storica su Gesù) e, in secondoluogo, non considera - o tiene in pochissimo conto - suggestioni provenienti dall’esternodel gruppo originario che il Vangelo rispecchierebbe, precludendo alla sua analisi lapossibilità di verificare l’eventuale ruolo giocato nella storia della comunità da incontriimprevisti con elementi estranei, che potrebbero esser entrati in campo in un secondomomento, lasciando una qualche traccia nell’elaborazione del messaggio custodito nelVangelo.

• A partire dalla sua tesi, però, la critica ha recepito e approfondito in direzioni interessantila lezione fondamentale, ovvero quella di leggere la stratificazione delle concezionipresenti nel vangelo e/o interpretare determinati passaggi come “biografia” del gruppo enon alternitavamente come simboli astratti e/o come episodi storici della biografiagesuana.

• Seppur con differenze metodologiche e interpretative, vari studiosi hanno dunqueindicato in Gv la sovrapposizione di due piani narrativi: narrazione della vita, dell’opera edel messaggio di Gesù e insieme quella della vita, dell’opera e del messaggio di unparticolare gruppo di fedeli per i quali Gv rappresenta un’autobiografia - dove βίος è daintendersi come un insieme di contenuti teorici, pratiche ed eventi determinanti per lastoria politico-religiosa di un soggetto collettivo.

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• Già Cullmann aveva proposto una tesi molto icastica (cheinterpretava a partire dalla concezione cristologica di Gv): Gvcondensa in un’unica opera ciò che Luca ha articolato in due opere.

• Retroproiezione come dispositivo di legittimazione (Pesce, Norelli)• M. Pesce - A. Destro, Come nasce una religione: antropologia ed

esegesi del Vangelo di Giovanni, 2000, ritiengono che nel QV sianocontenuti elementi per mostrare la nascita di un sistema religioso,ovvero di un insieme di patiche, concezioni e modi di adesione algruppo che si distanziano dall’ambiente giudaico di provenienzafino a non poter più esser definiti giudaici. Conseguentemente sipossono ravvisare diversi stadi del rapporto tra giovannisti e giudei(secondo Pesce-Destro tre: una memoria antica di un gruppo didiscepoli; una corrispondente alla situazione a cui dà voce il primoredattore; una a quella del secondo redattore)

• Cullmann, Brown et al. Insistono anche sul senso fortissimo dinostalgia che attraversa il vangelo e che rimanda a una misticadell’unione e/o compensazione dell’assenza messianica (Culmann,Brown insistono su questo aspetto e valorizzano la dimensionecollettiva Kriese, Community)

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La questione samaritana

• Bowman ipotizza nel QV un fondamentale intento missionario e conciliante neiconfronti dei Samaritani, sulla base della profezia di Ez 37

• Buchanan e Meeks propongono rispettivamente un’origine samaritana del testostesso e un’origine samaritana di una particolare corrente messianica che loattraversa, basandosi entrambi sulla presenza di una teologizzazione di Mosè nelMemar Marquah (testo samaritano del IV secolo), teologizzazione che Giovanniavrebbe proiettato sulla figura di Gesù per il tramite dell’attesa messianicasamaritana basata sulla profezia di Deut 18, 18

• Haenchen, Quispel, Jeremias, Purvis ecc.: il gruppo di Giovanni avrebbe incontratoin Samaria una cristologia alta di tipo gnostico (in questa tesi ha un peso la notiziadi At 8 relativa a Simon mago e vari documenti patristici: Giustino, Ireneo, Origene,Girolamo etc.)

• Brown (ipotesi a mio avviso più convincente delle altre): a un certo punto della suastoria la comunità giovannea accoglie al suo interno dei convertiti samaritani. Gv 4registra questa conversione, che suscitò forse anche dei dibattiti interni e unarielaborazione della cristologia, approfondendo la chiave nuziale e la dialetticaprostituta/sposa [vd. slide successiva].

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La samaritana/Samaria• Nella donna che, in Gv 4, Gesù incontra al pozzo si concentrano evidentemente più livelli ultra-letterali di

significazione, sicché ella è emblema della propria condizione personale (donna, samaritana, peccatrice eprostituta) e, al contempo, è simbolo della Samaria stessa come terra tradizionalmente considerata impura. Pressoil pozzo di Giacobbe, luogo di incontri sponsali per eccellenza, la semantica nuziale che attraversa capillarmente ilQuarto Vangelo si allaccia al tradizionale topos della prostituzione di Samaria, fondendosi strettamente con unalapidaria critica a un “falso marito” cui essa si accompagna.

• Situata nel centro geografico dell’antica Palestina, la Samaria è luogo di mezzo per eccellenza, luogo di passaggio eambiguità, che nella letteratura biblica costituisce un topos complesso: in endiadi con Giuda o individualmente,questa terra è coinvolta nel topos del patto con YHWH come patto nuziale e dunque in quello del tradimentocome prostituzione. A seconda dell’ispirazione generale dei libri che vi ricorrono, il topos della prostituzione diSamaria ha caratteri differenti: dalla contaminazione idolatrica irrimediabile, allo status dialettico della creatura edel popolo di fronte a un intervento divino che si configura come trasformazione della prostituta in moglie fedele,della donna/terra sterile in grembo fertile/terra edenica. Dal punto di vista della tradizione giudaica di inizio Isecolo il tradimento di Samaria, a qualsiasi altezza cronologica le fonti ne collochino l’avvio, è restituito in terminidi commistione con i pagani a vari livelli, dall’idolatria rivolta alle loro divinità fino al matrimonio misto.

• In ambito neo-testamentario la questione samaritana è piuttosto marginale. In Mc non c’è alcun riferimento altema; in Mt invece si trova un brano in cui Gesù istruisce in senso negativo i suoi discepoli sulla questione; leoccorrenze relative al contesto samaritano sono numerose in Lc, il cui atteggiamento è generalmente positivo: ilGesù lucano è sostanzialmente consapevole del giudizio del suo ambiente circa i samaritani e tuttavia si distaccanella pratica da esso, concedendo il suo aiuto al lebbroso samaritano così come alla donna pagana; in At 1, 8, nelcontesto della storia apostolica la Samaria è presentata, secondo il noto intento irenico dell’autore, come unaporta tra la Giudea e il mondo.

• L’incontro con la fede promossa dal gruppo di Gesù si configura invece in Gv come vera e propria Aufhebung dellacondizione di prostituta in quella di sposa, nonché inveramento della profezia di redenzione divina rivolta allaSamaria, viene così fatta coincidere, da Giovanni, con la vittoria del vero sposo (il Cristo predicato dai suoi fedeli)sul falso marito, ossia su un predicatore samaritano con pretese messianiche (che recenti studi hanno identificatocon un profeta di cui si trova notizia anche nelle Antiquitates di Flavio Giuseppe e, per una perfetta corrispondenzacronologica, con il Simone di At 8 stesso).

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La mistica erotica del QV- Le nozze di Cana come inizio dei segni (Ἀρχὴ τῶν σημείων), Gv 2- Il Battista si presenta come “amico dello sposo”, Gv 3, 29- La prostituta samaritana come “superamento” della dialettica oppositiva prostituta-sposa, Gv 4- L’unzione messianico-sponsale-funeraria di Betania dove Maria, sorella di Lazzaro, unge Gesù, Gv 12- Le nozze ai piedi della croce, Gv 19, 26-27- L’addio alla Maddalena e la misticizzazione delle nozze, Gv 20 / noli me tangere e sottrazione del corpodel risorto/cibo spirituale che si sottrae

Cf. Lettieri, Il Corpo di Dio: 1) identificazione di numerosi riferimenti veterotestamentari che presentano la salvezza in termini didialettica prostituzione/nozze, sposa infedele/sposa redenta2) riferimento alla dialettica del Cantico dei Cantici come dramma del sottrarsi dello sposo3) catalizzazione su un nuovo soggetto mistico/collettivo che prosegue nel mondo la presenza del Corpodivino delle caratteristiche proprie di varie figure femminili: la madre-la prostituta-la sposa di Ap. sifondono in una unica donna/comunità4) «A partire da personaggi storici testimoniati dalla tradizione gesuana primitiva (Maria Maddalena, la peccatrice perdonata, Maria e Marta di Betania, Maria madre di Gesù), il IV vangelo opera una potente esegesi simbolica, nutrita di passi veterotestamentari, profetici e del Cantico dei Cantici, esegesi che in una seconda fase verrà dualisticamente radicalizzata e compiutamente teologizzata in contesti gnostici: sicché la gnosi e la sua teologizzazione dello stesso principio femminile, della Sposa del Messia, è un effetto derivato di quella rivoluzionaria svolta teologica giovannea, che divinizza il Messia e lo definisce lógos creatore» (Lettieri)

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Lettere di Giovanni (1Gv, 2Gv, 3Gv)

• Dionigi vescovo di Alessandria (III sec.) attribuiva le Lettere allostesso autore del Vangelo (l’apostolo), vicino per ambiente madistinto da quello di Apocalisse

• Tesi ancora oggi accreditata (es. Wesley, Kuemmel) è che Lettere eVangelo siano stati scritti dalla stessa mano

• Papia (stando a Eusebio), Giustino (la cita in Dial.Trif.) e Policarpo (lacita in Ep.Fil.) conoscono 1Gv

• Ireneo conosce due Lettere (sicuramente 1Gv: in AH III, 16.5 la citae la attribuisce a “Giovanni discepolo del Signore”)

• Brown ricorda che Ireno, in AH, fa spesso appello a 1Gv per salvareGv dall’interpretazione gnostica di Gv stesso

• Il canone muratoriano ne attesta due (forse 2Gv e 3Gv eranoconsiderate un’unica lettera?)

• Tema comune a 1Gv e 2Gv: amore reciproco e condanna deglianticristi/ingannatori che negano la carne di Gesù

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1Gv: Temi

• Si discute sulla sua natura di lettera o di trattato (es. Wesley) perché a differenza di 2Gv e 3Gvformalmente non segue il modello epistolare

• Si ipotizza in ogni caso che il testo fosse indirizzato a una comunità dell’Asia Minore• L’autore dice di scrivere a nome di un gruppo, usa il “noi”• Secondo Brown il prologo di 1Gv potrebbe essere uno schizzo primitivo del Prologo di Gv: il Logos

qui è meno personalizzato che in Gv• Dichiarazione programmatica della lettera: Dio è amore e invito alla relazione amorosa tra fratelli• Forte elemento apocalittico del nemico: il tessuto connettivo è una polemica contro gli anticristi e i

falsi apostoli che non confessano che Gesù Cristo è venuto nella carne (1Gv 4, 1-3; anche in 2Gv 7).Ipotesi avanzate dalla critica: i “doceti” con cui polemizzerà Ignazio di Antiochia?; Cerinto cheIreneo presenta come oppositore di Giovanni? Gnostici? In ogni caso si ha qui la prima occorrenzadi quell’approccio poi denominato “docetismo” (qui criticato) destinato ad avere fortuna tramarcioniti e gnostici: si tratta della prima traccia di una eresia cristologica (Simonetti)

• Coloro che sono da Dio sono coloro che hanno il seme divino, Gv 3, 9-10: «Chiunque è nato da Dionon persiste nel commettere peccato, perché il seme divino rimane in lui, e non può persistere nelpeccare perché è nato da Dio. In questo si distinguono i figli di Dio dai figli del diavolo: chiunquenon pratica la giustizia non è da Dio; come pure chi non ama suo fratello».

• Termine Paraclito applicato a Gesù (cf. tesi di Schenk su sostituzione di Spirito con Cristo in ep.deuteropaoline = Cristo assorbe funzioni e, così, si innalza e si pone misticamente come principio diricomposizione)

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2Gv: Temi

• Indirizzo «Il presbitero alla eletta signora e ai suoi figli cheamo nella verità»

• La verità dimora in noi e sarà con noi in eterno• La questione dell’ospitalità e connessa con gli anticristi che

non riconoscono che Gesù viene nella carne (2Gv 7)• La posizione raccomandata e difesa dal presbitero è

chiamata la dottrina di Cristo (didache): «Chi va oltre e nonrimane nella dottrina di Cristo, non ha Dio» (2Gv 9)

• A chi non è nella dottrina non va offerta ospitalità e non varivolto il saluto «poiché chi lo saluta condivide le sue operemalvagie».

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3 Gv: Temi

• Indirizzo: «Il presbitero al caro Gaio, che amo nella verit໕ Insistenza sulla testimonianza/marturia• Ricorre il termine ekklesia• Chiamata a essere sunergoi tei aletheiai• Questione dell’ospitalità di coloro che “si sono messi in cammino per il

nome, senza ricevere nulla dai pagani”• Polemica contro Diotrefe che “Ambisce il primo posto tra loro” e “non ci

riconosce” “Sparla di noi con parole malvagie”, “non accoglie i fratelli eimpedisce di farlo a quelli che vorrebbero e li espelle dalla chiesa”.

• Si nota che il presbitero sembra non avere il potere di agire controDiotrefe cf. 3Gv 11 «non imitare il male, ma il bene».

• Lode di Demetrio, che da tutti riceve testimonianza.• I soli tre nomi di personaggi vicini all’ambiente giovanneo (nomi non di

origine ebraica ma greco-romana) che, negli scritti del corpus, compaionoci sono forniti da una lettera in cui è difficile ipotizzare la situazione storicache descrive.