IL PIANETA VIOLATO

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BOZZA A CIRCOLAZIONE LIMITATA!

IL PIANETA VIOLATO

Uno strumento di comprensione dei meccanismi di danno ambientale Per una visione responsabile del comune futuro

(A cura di Alberto Castagnola)

Roma, giugno 20111

INDICE Presentazione 1. La grande nube 2. Aumento della temperatura causata da smog e consumo petrolio e gas 3. Scioglimento dei ghiacci 4. Aumento livello del mare 5. Perturbazioni climatiche sempre pi catastrofiche 6. Aria cattiva nei centri urbani 7. Ampliamento del buco nellozono 8. Prosciugamento dei fiumi e dei laghi 9. Scarsit idrica e abbassamento falde acquifere 10. Desertificazione (siccit, guerre per il controllo delle fonti) 11.Acidificazione e inquinamento degli oceani 12.Il declino delle risorse ittiche 13.La distruzione delle barriere coralline 14. La riduzione delle foreste 15. Le piogge acide 16. Il degrado dei pascoli 17. Lerosione del suolo 18.Linquinamento dellacqua 19.Linquinamento da pesticidi, fertilizzanti e altri prodotti chimici 20.Lestinzione delle specie animali e vegetali 21. La scomparsa di una specie interrompe le catene alimentari 22.Laumento della omogeneit genetica 23.La diffusione di organismi geneticamente modificati 24. La cementificazione di fiumi, coste e aree urbane 25.Laumento dei rifiuti 26.Laumento dei rifiuti tossici e industriali 27.Laccumulazione delle scorie nucleari 28.Linquinamento da inceneritori e gassifica tori 29.Consumo eccessivo di materie prime industriali 30.Consumo eccessivo di materie prime agricole per scopi industriali 31.Laumento di metalli pesanti nel sangue 32.Aumento delle malattie causate da danni ambientali 33.Diffusione malattie da virus ancora non curabili 34.Aumento obesit e relative malattie 35.Ambiente poco da macho 36.Aumento rottami spaziali 37.Aumento polveri sottili nellaria 38.Aumento delle due isole di plastica nel Pacifico 39.Laumento dei rifiuti elettronici 40.Linquinamento da radon2

41. Inquinamento acustico 42. Inquinamento urbano 43. Inquinamento da amianto 44. Inquinamento da coltan 45. Rischi connessi alle nanotecnologie 46. I danni della produzione di agro carburanti 47. La morte delle api 48. Inquinamento elettromagnetico 49. Inquinamento luminoso 50. Limbottigliamento delle acque da permafrost 51. Le conseguenze per lambiente dei rifiuti alimentari Danni emergenti 52. Sfruttamento dei giacimenti di litio 53. Mercurio da lampadine 54. Il controllo strategico sulle terre rare 55. Il metano idrato sotto il permafrost 56. Batteri mutanti resistenti agli antibiotici 57. Quanto inquina Internet 58. I parabeni, conservanti rischiosi Indicazioni bibliografiche Strumenti audio visuali Sitologia

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PRESENTAZIONE Quanto state per iniziare a leggere nasce come semplicissimo strumento per la formazione, cio come una lista dei principali meccanismi di danno arrecati al pianeta da distribuire ai partecipanti dei corsi, utile per poter seguire il docente e come promemoria personale; quindi un indice meno che sommario per poter leggere una situazione globale sempre pi grave e complessa. Nei mesi successivi al primo corso in cui stato utilizzato, lelenco dei meccanismi si pi che raddoppiato ed emersa la distinzione tra danni gi da tempo in atto, e per i quali spesso nulla si ancora fatto, e danni potenziali che le scelte economiche e tecnologiche in corso di adozione o di elaborazione lasciano gi intravedere. In ogni occasione formativa, inoltre, venivano raccolti e spesso distribuiti, testi particolarmente significativi che analizzavano i meccanismi di danno nelle loro cause e conseguenze ed nata lidea di raccoglierli come documentazione sistematica allinterno della lista generale; il tutto naturalmente concepito come lavoro da aggiornare continuamente e da integrare man mano che le analisi elaborate da esperti e scienziati diventano pi approfondite e attendibili. I testi utilizzati, per una scelta precisa, sono quasi tutti apparsi sulla stampa quotidiana e su alcuni settimanali, quindi non sono fonti scientifiche o particolarmente qualificate, ma solo dei testi pieni di dati e di informazioni, riportati da giornalisti capaci di realizzare una divulgazione accurata e attendibile, alla portata di lettori raramente in possesso di conoscenze specializzate. Non vi quindi alcun rapporto tra il numero e le dimensioni dei testi raccolti e lincidenza dei relativi meccanismi di danno sulla biosfera e sulle sofferenze umane prodotte; inoltre la selezione e la datazione dei testi risente moltissimo delle priorit attribuite dai giornalisti ai temi legati alla cronaca e alle mode e non quindi raro il caso di meccanismi essenziali che vengono trascurati per anni o sui quali si concentra lattenzione solo per qualche giorno per poi ricadere nel dimenticatoio. Si tratta quindi in pratica di una rassegna stampa selettiva, che permette, con uno sforzo minimo, di acquisire una visione realistica, concreta e complessiva dei drammi che il nostro pianeta sta sopportando e delle gravi preoccupazioni che oscurano le prospettive degli umani che abitano lunica Terra che abbiamo a disposizione. Lobiettivo quindi, molto semplicemente, quello di far avere ad un numero rapidamente crescente di persone comuni una visione completa e non superficiale dei meccanismi di danno che ogni giorno deteriorano il nostro ambiente, cercando di sottrarle ai tanti tentativi di mistificare o nascondere le conseguenze di ognuno di questi meccanismi, realizzati negli ultimi anni da molti governi e da quasi tutte le organizzazioni internazionali. I motivi di questa scelta sono circoscritti ma hanno una rilevanza strategica non da poco. Negli ultimi anni le notizie si sono moltiplicate e apparentemente esiste un livello informativo diffuso piuttosto alto. In realt la grande maggioranza delle popolazioni, anche nei paesi ritenuti pi avanzati, non accede a questo livello e viene alimentata dai notiziari ben pi scarni ed elusivi delle televisioni e delle radio. I flussi informativi, inoltre, sono ampiamente utilizzati da multinazionali e grandi imprese di servizi per proteggersi in anticipo da accuse e contestazioni e per imporre ulteriori modelli di consumo ancora non certo rispettosi per lambiente. Durante il 2010, infatti, iniziata la presentazione pubblicitaria della economia verde che nella stragrande maggioranza dei casi, rappresenta solo il tentativo di prolungare nel tempo e sotto mentite spoglie i meccanismi di danno ambientale che hanno finora garantito i maggiori profitti e vantaggi alle strutture produttive. Chi sono quindi i destinatari desiderati di questo strumento di una conoscenza ne superficiale, ne ad alto livello scientifico e di specializzazione? In primo luogo i partecipanti a ogni corso che intenda 4

affrontare i problemi delle societ contemporanee nellottica delle analisi economiche e sociali e che quindi non pu assolutamente trascurare la componente ambientale, specie per la sua importanza cruciale per i futuri assetti delle societ civili di tutti i paesi. Sarebbe poi auspicabile che proprio i limiti dello strumento stesso fossero considerati utili da organizzazioni (istituzionali e di movimento) di una certa dimensione, per dotare i loro aderenti di una conoscenza di base, non specialistica ma organica; ci vale al momento e nel contesto italiano, per i maggiori organismi che operano nella cooperazione allo sviluppo come per le organizzazioni di massa e per quelle sindacali. Siamo convinti infatti che molte delle riconversioni, dei recuperi e delle scelte tecnologiche non dannose per lambiente non saranno adottate dal sistema dominante finch le esigenze fondamentali e pi urgenti non saranno avanzate e sostenute da basi sociali molto diffuse e attive. Molti sono convinti che presentare un quadro ampio, articolato e piuttosto completo dellinsieme dei danni che stiamo infliggendo al pianeta Terra possa scoraggiare anche le persone di buona volont e che la lettura sortisca in ultima analisi un effetto negativo di spinta verso lindifferenza e di rimozione dei rischi che corriamo ogni momento delle nostre giornate; siamo sicuri che questo risultato assolutamente negativo si otterr in molti casi e le persone che si sottraggono alle loro responsabilit andranno perse, forse per sempre. In realt restiamo convinti che tutte le persone minimamente curiose e potenzialmente pronte ad affrontare meccanismi di cambiamento radicale, potrebbero trovare, in una visione complessiva della attuale situazione del pianeta e della specie umana, la spinta a prendere finalmente atto dei meccanismi che ci stanno travolgendo e a darsi carico di una analisi cosciente e della necessit di cominciare a muoversi in modo responsabile verso forme di mobilitazione continuative. Solo una conoscenza articolata e innegabile della situazione e delle prospettive reali dei popoli della Terra pu far uscire dallindifferenza profonda che ci pervade. Infine, importante che questo lavoro sia rivisto, integrato, saccheggiato e aggiornato da chiunque voglia usarlo, sia cio considerato non la propriet intellettuale di qualcuno, ma solo come un oggetto collettivo utile, che pu trovare usi e riusi diversi. Sar interessante vedere se le nuove forme di volta involta assunte saranno a loro volta ridiffuse e riutilizzate con le stesse modalit, perch altri ne possano usufruire, condividendo atteggiamenti di responsabilit collettiva. (A. C. e quanti altri si riconoscono in questo tentativo..)

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Quadro generale dei principali danni ambientali ( di A. Castagnola, lavoro in corso, da integrare) 1. La grande nubeEffetto buio, ultima sfida al pianeta Terra Unimpalpabile coperta di smog sovrasta i cieli. Dal deserto del Sahel alle vette dell Himalaya Lhanno scoperta otto anni fa,una grande nuvola marrone che sovrastava unampia area dellAsia meridionale. Densa di fuliggine, composti chimici e particelle di carbonio generate dal traffico, dallinquinamento industriale e dalla combustione di carbone e biomasse. Veerabhadran Ramanathan, scienziato indiano di stanza alla Scripps Institution of Oceanography dellUniversit della California, a San Diego, ha svelato col tempo che altre coltri oscurano i nostri cieli, spostandosi per migliaia di chilometri, oltre oceani e frontiere. Una coperta di smog, impedendo alla luce solare di raggiungere la superficie terrestre, ha portato negli ultimi 30 anni a una diminuzione pari al 10% della luminosit sul pianeta con punte del 37% in 50 anni a Hong Kong e a un lento raffreddamento della superficie terrestre che ha in parte mascherato, limitandone i danni, il surriscaldamento provocato dai gas serra. E le tenebre avanzano con una media del 2-3% allanno. Non tutto. La caligine riduce anche la luce solare che si riversa sugli oceani, facendo diminuire levaporazione oceanica e perci le precipitazioni. E lultima scoperta di Ramanathan che gli stessi corpi nuvolosi dinquinamento che raffreddano il suolo e innescano leffetto buio e leffetto inaridimento, nei bassi strati dellatmosfera dove essi vagano causano invece un forte surriscaldamento, dovuto alle particelle di carbonio che assorbono le radiazioni e diffondono calore tutto intorno. Un calore, che secondo le pionieristiche ricerche del climatologo, sarebbe tra i principali responsabili dello scioglimento dei ghiacciai dellHimalaya. Per il pianeta una minaccia altrettanto letale dei gas serra, avverte il professore. () Le nuvole marroni si concentrano in alcuni punti caldi (hot spot) a livello regionale o di megalopoli. Combinando le osservazioni via satellite con modelli algoritmici e una capillare raccolta di dati al suolo, lequipe di Ramanathan riuscita ad identificare cinque punti caldi regionali: 1) Asia orientale: Cina orientale, Thailandia, Vietnam e Cambogia; 2) le pianure indo gangetiche dellAsia meridionale: dal Pakistan orientale attraverso lIndia fino al Bangladesh e Myanmar; 3) Indonesia; 4) Africa meridionale dalle zone sub sahariane allo Zambia e allo Zimbabwe; 5) Il bacino amazzonico in Sudamerica. A queste aree si aggiungono 13 mega hot spot, corrispondenti ad altrettante megalopoli: Bangkok, Pechino, Il Cairo, Dhaka, Karachi, Kolkata, lagos, Mumbay, Ne Delhi, Seul, Shanghai, Shenzen e Teheran. () Le nubi sono formate da aerosol di varia natura, in particolare solfati e nitrati, che agiscono come dei parasole sopra la Terra, riflettendo e disperdendo la luce solare nello spazio, e fuliggine (cio aerosol di carbonio e idrocarburi incombusti) che invece assorbe la luce solare e rilascia calore nellaria circostante. Di fatto, un cocktail di sostanze raffreddanti e riscaldanti, che si muove in continuazione, spinto dalle correnti aeree e dai venti. La ricerca ha rivelato lesistenza di pennacchi di nuvole marroni in atmosfera che si spostano attraverso e sopra gli oceani. Linquinamento della costa orientale degli Stati Uniti in quattro o cinque giorni pu arrivare in Europa e in una settimana dallEuropa va in Asia meridionale. Da problema locale, diventa un problema regionale e globale; ogni paese diventa il cortile dei rifiuti 6

di qualcun altro, spiega il climatologo. Un circolo vizioso senza fine. Che non si ferma al termometro di casa. La combinazione dellabbassamento delle temperature sulla superficie terrestre, del riscaldamento dellaria e dellalterazione delle precipitazioni regionali avrebbe effetti devastanti. Per esempio, minori precipitazioni sui continenti, fenomeni di siccit in Asia e Africa e gravi danni alle coltivazioni, come hanno dimostrato i recenti dati sul raccolto di riso in India (la produzione degli ultimi venti anni diminuita di circa il 15%) o le strane mutazioni nellalternarsi dei monsoni indiani. I modelli climatici attribuiscono proprio alle nuvole marroni, le atmospheric brown clouds, la causa principale della siccit nel Sahel e della desertificazione dei tropici negli ultimi 50 anni. Lultimo stadio della ricerca di Ramanathan riguarda leffetto riscaldamento in atmosfera. Utilizzando degli aeroplanini computerizzati e telecomandati per raccogliere i dati, la sua equipe ha studiato cosa avveniva intorno e allinterno di una nuvola marrone sospesa sullOceano Indiano, allaltezza delle Maldive, spessa ben tre chilometri: la concentrazione di particelle inquinanti e fuliggine, la quantit di radiazione solare e quanta luce solare veniva intrappolata in atmosfera, il vapore acqueoDopo una ventina di missioni aeree, ha confermato che le particelle di carbonio contribuivano almeno per il 50% al riscaldamento della bassa atmosfera, il resto essendo dovuto ai gas serra. In base ad elaborati calcoli matematici, complessivamente leffetto warming sarebbe pari a 0,25 ogni decennio, sufficiente per spiegare ad esempio il drammatico ritiro dei ghiacciai himalayani. La fuliggine, a queste altitudini, tra laltro un doppio effetto: da un lato il gi citato riscaldamento atmosferico provocato dalla nube che tocca le vette, dallaltro il fatto che le particelle di carbonio si condensano e depositano sulle nevi e sul ghiaccio, aumentando la quantit di luce solare assorbita. In questo quadro a tinte fosche, si intravede per una luce. A differenza dei gas serra, che restano in atmosfera per centinaia di anni, la sopravvivenza della fuliggine di poche settimane. Se riusciamo a tagliare le emissioni, ne vedremo subito i benefici, conclude Ramanathan. () (il testo completo in Corriere della Sera Magazine del 12 aprile 2008 con foto). Pi verdi, pi al verde Bangkok Ossidi di azoto, benzene, etanolo, tricloroetano, benzina, trementina. Sono i principali componenti delle nuvole di smog fotochimico che nelle giornate con poco vento ridipingono il cielo sopra Bangkok, la capitale della Thailandia, una delle citt pi inquinate del mondo. () (il testo completo in Corriere della Sera Magazine del 12 aprile 2008, con foto)< 2. Aumento della temperatura causata da smog e consumo di petrolio e gas Il ciclo del carbonio sconvolto dal cambiamento climatico Lequilibrio dinamico che per molte centinaia di milioni di anni ha accompagnato il clima della Terra era legato a un ciclo del carbonio relativamente regolare. Come se un giocoliere lo facesse passare dallo stato solido a quello gassoso, dalla biosfera e dagli oceani allatmosfera. Questo processo stato destabilizzato dalla rivoluzione industriale, basata sulla combustione dei composti di carbonio quali il petrolio, il carbone e il gas detto naturale. Decine di miliardi di tonnellate sepolte sotto la terra e gli oceani sono state cos rilasciate nellatmosfera modificando le quantit coinvolte nel ciclo del carbonio. Ci sono voluti milioni di millenni per farlo fossilizzare, ma solo poche diecine di anni per disperderlo nellatmosfera. Per fortuna, il giocoliere ha degli assi nella manica che compensano un poco lo squilibrio: biosfera e oceano costituiscono infatti un immenso serbatoio di carbonio. Lo assorbono dallatmosfera e lo integrano al suolo o lo precipitano sotto forma di carbonati (gli oceani). Hanno cos gi assorbito quasi la met dei rifiuti antropici. E il motivo per il quale li si definisce pozzi di carbonio. Ma c un problema: la quantit di carbonio trattenuta nelloceano diminuisce per.il riscaldamento climatico! Pu essere infatti che laumento delle 7

temperature delloceano riduca la capacit di sedimentazione, rallentando, se non, a certe latitudini, sopprimendo le correnti oceaniche responsabili ( a livello della Groenlandia e nel Pacifico) del deposito dei sedimenti. Daltra parte, la deforestazione delle foreste tropicali e il cambiamento duso delle terre (sfruttamento agricolo o urbanizzazione) riducono ulteriormente il ruolo compensatorio della biosfera. E la desertificazione, accentuata dal riscaldamento in particolare nellAfrica subsahariana, non fa che aggravare il fenomeno. La biosfera (vegetazione, suolo e oceano) consente un margine di manovra nella gestione delle nostre emissioni di CO2, ma limitato. Si calcola che possa riciclare in modo naturale 3,2 gigatonnellate (miliardi di tonnellate) di carbonio allanno. Una quantit soggetta a evoluzione, a causa dellalterazione del ciclo del carbonio e del nostro sfruttamento della biosfera. Inutile, perci, contare sui pozzi di carbonio per riassorbire il problema climatico. La sola soluzione ridurre le emissioni di gas a effetto serra allorigine (mitigazione). Per evitare di raggiungere una soglia di riscaldamento pericolosa, necessario fissare un obiettivo di stabilizzazione della concentrazione di questi gas. E quindi imperativo stabilire con precisione il margine di manovra che ci concede latmosfera (3,5 gigatonnellate). La valutazione che ne consegue che in cinquanta anni bisognerebbe dividere per quattro le emissioni complessive di gas a effetto serra. Si pone cos la questione della ripartizione. Ridurre a un quarto in ogni paese? Fissare una quantit di carbonio annua per abitante (si parla di 0,5 tonnellate di carbonio, cio 1,8 tonnellate di CO2)? Comunque, anche se gli abitanti dei paesi sviluppati dovessero assumersi le proprie responsabilit, questo non eviter che anche i paesi emergenti (Asia, Sudamerica) partecipino allo sforzo generale. In conclusione, bisogna riconoscere che lessere umano fa parte integrante del ciclo del carbonio (sia per quanto incide che per quanto subisce), ma che non sembra averne ancora preso pienamente coscienza. Scienziati in allarme la politica nasconde la verit sul clima Due gradi in pi? Le cose stanno peggio sarebbe bello, ci metterei dieci firme, non una. Peccato sia irrealistico: i due gradi sono un traguardo che non pi alla nostra portata. Dirlo un atto di onest. Cos come un atto di onest aggiungere che se non ci muoviamo subito, se non chiudiamo nel giro di pochissimi anni il rubinetto dei gas serra, non riusciremo neppure a fermarci a 3 gradi. Rank Raes, capo dellUnit cambiamenti climatici del Centro di ricerca della Commissione Europea, esprime ad alta voce quello che i migliori climatologi del mondo da Stephen Schneide della Stanford University a Jasan Lowe del Met Office stanno raccontando a Copenhagen nelle riunioni parallele al negoziato dei governi. Nella bozza di accordo finale resa pubblica ieri, lobiettivo di fermare il riscaldamento globale a due gradi in pi viene sventolato come una bandiera. E il vessillo che dovrebbe indurre i Paesi a tagli nelle emissioni di gas serra che vanno dal 50 al 90% entro il 2050. Ma per gli scienziati non c rapporto tra i tempi della politica e i tempi della biosfera: con gli obiettivi oggi sul tappeto i due gradi restano un miraggio. Ecco il ragionamento dei climatologi: Primo punto: calcolando solo leffetto dei gas serra gi in atmosfera, si deve mettere in conto un aumento di temperatura di circa mezzo grado nei prossimi decenni. Secondo punto: Attivare leconomia virtuosa significa ripulire il cielo dallo smog. Il che far benissimo ai nostri polmoni, ma eliminer leffetto schermodelle radiazioni solari, che oggi maschera il reale aumento di temperatura : un altro grado che va aggiunto. Terzo punto: calcolando che c gi stato un aumento di pi di 0,8 gradi rispetto allera preindustriale, ( i due gradi hanno come punto di riferimento quel periodo) e che un aumento intorno a 1,5 per le ragioni precedenti inevitabile, la barriera dei 2 gradi risulta gi sfondata. 8

Ma ragionevole lipotesi di attestarsi appena sopra i due gradi? e tecnicamente fattibile, ma richiederebbe una volont politica di cui oggi non si scorge traccia: dovremmo tagliare in maniera draconiana tutte le emissioni di gas serra e azzerare la deforestazione, continua Raes, Uno scenario gi considerato buono invece un tagli robusto delle emissioni dei paesi industrializzati e una crescita ridotta delle emissioni dei paesi in via di sviluppo. Ma anche cos i gas serra continueranno a crescere ed molto difficile che si fermeranno prima che si raggiunga un aumento medio di 3 gradi. Poi, dopo qualche decennio, quando il motore della nuova economia avr ingranato, le emissioni scenderanno. Peccato che la natura non risponda con la stessa velocit della Borsa. Andiamo incontro a perdite di ghiaccio molto importanti, in particolare in aree come la Groenlandia , ha ricordato Jasan Lowe del Met Office. E un cambiamento profondo che rafforzer il processo di riscaldamento e innalzer il livello del mare. Non possiamo pensare che dopo aver superato il picco delle emissioni, quando finalmente riusciremo a riportare la concentrazione di CO2 in atmosfera a valori accettabili, tutto torner come prima: ci vorranno secoli e secoli. Ma che significa in pratica un aumento medio di 3 gradi? In alcune aree e in alcuni periodi la temperatura salir in maniera molto pi consistente. Nelle aree artiche si prevede una crescita almeno doppia e soffriranno vaste zone come lAfrica e il Mediterraneo. Vuol dire che episodi come le ondate di caldo dellestate del 2003 (70.000 morti aggiuntivi stimati dallOMS in Europa) diventeranno frequenti. Eppure ridurre in tempi brevi le emissioni possibile, osserva Stefano Caserini il docente al Politecnico di Milano che ha appena pubblicato Guida alle leggende sul clima che cambia. ma se reagiremo con troppa lentezza non potremo pi limitarci a non inquinare. Dovremo immaginare anche il ricorso a misure che oggi appaiono fantascientifiche. Potremmo far crescere le piante, bruciarle per produrre energie e poi seppellire la CO2. Cio riportare il carbonio in profondit, dove restato per milioni di anni sotto forma di petrolio. Lallarme viene dal cielo Cosa succederebbe se la temperatura del pianeta aumentasse di tre gradi? Uno studio recente dellUniversit di Durham e della Royal Society for the Protection of Birds, condotto in collaborazione con BirdLife International, (la rete di associazioni che difendono gli uccelli, come la LIPU), racchiuso nellAtlante climatico degli uccelli nidificanti in Europa, ha annunciato lestinzione per ben 120 specie entro la fine del ventunesimo secolo. I ricercatori hanno disegnato una mappa dei futuri areali riproduttivi (ossia larea geografica in cui vive una specie) di molte specie tra il 2070 e il 2090, in cui presumibilmente dovrebbe aumentare la temperatura del pianeta. LO scenario che se ne ricava terrificante. In Europa, il 25% delle specie si estinguer. Laumento delle temperature costringer molte specie a spostarsi verso nord-est, in nuove aree pi limitate. A farne le spese saranno soprattutto le specie artiche, subartiche e iberiche, ma anche quelle a distribuzione limitata o molto limitata (endemiche), ad esempio : il canapino asiatico, il Verzellino fronte rossa, il Picchio Muratore corso e il Gallo cedrone del Caspio. In Italia, 15 specie sulle 262 esaminate rischieranno lestinzione. I nostri pronipoti rischieranno di non vedere lAirone Bianco, oppure il Gabbiano Corso o la Pernice Sarda. Li sostituiranno altre specie provenienti da Spagna e Grecia. E per la prima volta nel nostro paese potrebbe nidificare il Nibbio bianco, lUsignolo dAfrica e la Gazza Azzurra. Lo spostamento medio delle varie specie sar di circa 500 chilometri verso nord-est, - spiega Marco Gustin, responsabile Specie e Ricerca di Lipu-BirdLife, i paesi del mediterraneo subiranno una diminuzione di specie di uccelli, mentre nei paesi del centro, ma soprattutto del nord Europa, aumenteranno. Se una specie come la Pernice Sarda, si trova bene a nidificare in un ambiente non ci sar pi qui perch le condizioni del clima saranno cambiate, quindi non saranno pi ideali. Molte specie non avranno pi zone idonee per riprodursi. Per questo diminuiranno, perch dovranno convivere in unarea pi ristretta. () (E. Formisani, il testo completo su Carta del 15-21 febbraio 2008) 9

Gas serra Nel 2010 sono state prodotte 30,6 miliardi di tonnellate equivalenti di Co2, pari ad un aumento del 5% delle emissioni rispetto al 2009. Secondo lAgenzia internazionale dellenergia, lanno scorso le emissioni di anidride carbonica sono state le pi alte della storia. (tratto da Internazionale del 2 giugno 2011) E il clima continua a scaldarsi Brutte notizie hanno accolto i delegati dei circa 180 paesi firmatari della Convenzione dellOnu sul clima, che ieri hanno cominciato due settimane di colloqui a Bonn, in Germania. E la prima delle brutte notizie che le emissioni di anidride carbonica, il principale dei gas di serra che alterano il clima terrestre hanno toccato un nuovo record nel 2010. Cos certifica lultimo rapporto diffuso dagli economisti dellAgenzia Internazionale per lEnergia (Aie). In altre parole, ventanni di negoziati internazionali su come tagliare le emissioni provocate dalluso di combustibili fossili (petrolio, carbone, gas) per ora hanno dato risultati molto scarsi, per non dire nulli: la quantit di gas di serra spediti nellatmosfera terrestre non rallenta neppure la sua crescita. I dati sono allarmanti. Lanno scorso 30,6 gigatonnellate (Gt, ovvero miliardi di tonnellate) di anidride carbonica sono finite in aria, in gran parte prodotte dalla combustione di fossili: un aumento di 1,6 Gt rispetto al 2009, anno in cui le emissioni erano scese (nel 2008 erano 29,3 Gt). Ovvero la crisi finanziaria e la recessione mondiale ha segnato solo una lieve flessione, poi le emissioni hanno ricominciato a crescere, e molto pi in fretta di quanto chiunque si aspettasse, ha detto un allarmato Fatih Birol, capo degli economisti dellAie e considerato uno dei massimi esperti mondiali di energia, al quotidiano The Guardian, ( che la settimana scorsa aveva anticipato le conclusioni del rapporto). Gran parte dellaumento delle emissioni registrato nellanno scorso, circa tre quarti, da attribuire a paesi emergenti (dove le economie crescono pi che nel vecchio mondo industrializzato). E lo studio dellAie fa notare anche che l8% delle centrali termiche che saranno attive nel 2020 sono gi costruite o in costruzione, e quasi tutte usano combustibili fossili. Ovvero, il corso delle emissioni di anidride carbonica gi segnato. E questa laltra cattiva notizia: i dati diffusi dallAie indicano che le emissioni sono pressoch tornate al ritmo di crescita pre-crisi, fa notare il professor Nicholas Stern della London Scool of Economics ( lautore del noto Stern Report sui costi del cambiamento del clima). Ma se la crescita delle emissioni di gas di serra continua a questo ritmo significa che abbiamo il 50% di possibilit che la temperatura media aumenti di oltre 4 gradi centigradi al 2100, ha detto Stern (sempre al Guardian). E questo sarebbe semplicemente una catastrofe: il Panel intergovernativo sul cambiamento del clima (Ipcc) considera la soglia dei 2 gradi di aumento della temperatura media come il limite oltre a cui i cambiamenti climatici diverranno irreversibili. Mantenere laumento della temperatura entro i 2 quindi lobiettivo formalmente adottato dai paesi firmatari della Convenzione Onu sul clima, durante lultima Conferenza sul clima a Cancun. Ma con le emissioni che crescono a questo ritmo, dice un allarmatissimo Birol, quei 2 sono solo una bella utopia. E dire che secondo molti scienziati gi solo 2 di aumento medio della temperatura avranno un impatto devastante sul pianeta molte isole e zone costiere sommerse, una grave crisi dellagricoltura mondiale. La signora Christiana Figueres, segretaria esecutiva della Covenzione Onu sul clima, giorni fa ha rilanciato: Il mondo deve darsi come obiettivo stare entro gli 1,5 gradi. Con queste premesse, difficile aspettarsi molto dalla Conferenza incominciata a Bonn, uno dei passaggi preparatori in vista del prossimo vertice mondiale sul clima, a Durbans in dicembre, che dovrebbe mettere a punto una nuova politica mondiale sul clima: decidere il destino del protocollo di Kyoto dopo la sua scadenza nel 2012, delineare un nuovo sistema di obiettivi per ridurre le emissioni di gas di serra, indicare come raccogliere 100 miliardi di dollari per

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finanziare il fondo per il clima, lanciato dal vertice precedente per aiutare i paesi ad affrontare le conseguenze del cambiamento del clima.

3. Scioglimento dei ghiacciIl ghiacciaio Tasman in Nuova Zelanda Il terremoto di magnitudo 6,3 che il 22 febbraio 2011 ha colpito Christchurch, in Nuova Zeland, ha provocato anche il distacco di un pezzo di ghiaccio di 30 milioni di tonnellate dal Ghiacciaio Tasman. Dopo essere caduto nel lago Tasman, il blocco di ghiaccio si frantumato in tanti iceberg pi piccoli. Quando il radiometro Aster, a bordo del satellite Terra della Nasa, ha scattato questa foto, gran parte degli iceberg si erano spostati verso il lato opposto del lago. () Situato a circa duecento chilometri a ovest di Christchurch, il ghiacciaio di Tasman il pi largo e il pi lungo della Nuova Zelanda. Negli ultimi anni ha cominciato a ritirarsi, soprattutto perdendo ghiaccio dal suo termine, cio al confine tra il ghiacciaio e il suolo. Il terremoto ha solo accelerato un processo che si sarebbe verificato comunque. Alla fine del 2007 listituto neozelandese per lacqua e le ricerca atmosferica (NIWA) ha annunciato che il ghiacciaio Tasman arretrato di cinque chilometri dal 1976. Laccumulo di sedimenti, le morene, rivelano lestensione precedente del ghiacciaio e circondano il lago. I ghiacciai delle Alpi meridionali neozelandesi hanno perso l11% del loro volume tra il 1976 e il 2007. Da allora sono rimasti stabili o sono ulteriormente arretrati. (Tratto da Internazionale n. 888 dell11 marzo 2011, con foto)

4. Aumento livello del mareCollasso dei poli, un primo atto in Groenlandia Il livello medio del mare salito di circa 17 centimetri dallinizio del XX secolo e il fenomeno va accelerandosi da una quindicina di anni. Linnalzamento dovuto agli effetti congiunti dello scioglimento dei ghiacci, compreso quello delle calotte, e dellespansione dellacqua provocata dal riscaldamento della superficie degli oceani. Il volume del ghiaccio diminuisce attualmente su tutti i continenti, a eccezione dellAntartico. La banchisa artica, la calotta della Groenlandia e il permafrost (suolo gelato in permanenza), si trovano nelle altre latitudini dellemisfero boreale., dove nel secolo scorso il riscaldamento del pianeta stato dellordine del doppio della media mondiale. Durante lestate la banchisa artica si ritira ogni anno di pi, al ritmo del 7,4 % ogni decennio da trentanni. Il che fa prevedere la sua possibile scomparsa estiva alla fine del xxi secolo. Il permafrost, che ripartito sui continenti circumpolari (attorno al bacino artico), con una profondit crescente verso il nord, ha perso il 15% della sua superficie primaverile dal 1900. Questa resa spesso fluida o fangosa a causa del gelo che persiste al di sotto. Le alte terre della Groenlandia sono ricoperte da una calotta glaciale (inlandsis) che arriva a 4020 metri. A una altitudine simile, il riscaldamento provoca un aumento della capacit igrometrica dellaria e quindi delle precipitazioni sotto forma di neve. Cos il ghiaccio tenderebbe a ispessirsi sulla maggior parte del paese. Sulle coste, scende per gravit in ghiacciai che si prolungano fino al mare, dove si disperdono sotto forma di iceberg. Il problema del futuro della calotta della Groenlandia sta nella velocit di questultimo fenomeno. Quando il mare si riscalda, come succede dal XX secolo, il distacco si accelera e aumenta la velocit di discesa del ghiaccio proveniente dallalto. Lincognita attuale dipende dalla differenza tra apporti di neve e scioglimento del ghiaccio. Il risultato influenzer laltezza del livello marino, la quantit di acqua dolce liberata nelloceano 11

Atlantico e, associato alla variazione del tasso di salinit dellacqua, si ripercuoter sulla corrente marina di superficie, la Corrente del Golfo, che a sua volta influenza il clima dellEuropa e la circolazione oceanica. Alla fine del XX secolo, lacqua di scioglimento della Groenlandia ha contribuito allinnalzamento del livello marino. Secondo recenti ricerche, il disgelo di alcuni ghiacciai pi rapido di quanto gli esperti non pensassero. Una tale liquefazione accelerata della Groenlandia, che comporta una diminuzione di volume della calotta, ha stimolato lipotesi di scenari catastrofici. Contribuirebbe fortemente allinnalzamento del livello marino medio: fino a 7 metri in caso di scomparsa totale della calotta della Groenlandia, prevista nelleventualit che linnalzamento della temperatura media superasse i 2 C rispetto alla fine del XIX secolo. Segnale dallarme. Il disastro potrebbe , inoltre, indurre una modifica della temperatura , e soprattutto della salinit dellacqua, allorigine di un rallentamento della circolazione della Corrente del Golfo, il che comporterebbe due conseguenze: - da una parte, i climi dellEuropa occidentale, attualmente addolciti da una circolazione atmosferica proveniente da ovest, e che passa sopra la Corrente del Golfo, diventerebbero, con inverni pi freddi ed estati pi calde di ora, pi continentali e pi simili a quelli della costa est del Canada e del nord degli Stati Uniti; - daltra parte, la circolazione oceanica, legata alla corrente di superficie indissociabile, dovrebbe reagire in una maniera ancora non chiara. Questi scenari estremi sono per ora in attesa della convalida delle loro fondamenta scientifiche. Tuttavia, rappresentano un segnale dallarme rispetto allidea di un cambiamento climatico a evoluzione graduale. Al di la di certe soglie, potrebbero verificarsi mutazioni repentine. Gli scienziati attualmente cercano tracce di eventi improvvisi e rapidi nei ghiacci e nei sedimenti che segnalino evoluzioni non lineari tali da ipotizzare lapplicazione della teoria del caos allevoluzione del clima. (Tratto da LAtlante per lAmbiente di Le Monde Diplomatique-Il manifesto, 2008, con mappe e dati)

5. Perturbazioni climatiche sempre pi catastroficheAmerica Tra le macerie dellAlabama: 321 i morti, migliaia i feriti Obama: devastazione mai vista e ora si teme il Mississippi Il Presidente nella zona dei 137 tornado. Prevista unalluvione Non ho mai visto una devastazione simile. Spezza il cuore Parlando tra le macerie di Tuscaloosa, la citt dellAlabama pi duramente colpita dai 137 tornado che mercoled hanno devastato dei Stati del Sud degli Stati Uniti, uccidendo 321 persone e ferendone gravemente migliaia, il presidente americano Barak Obama e la first lady Michelle ieri hanno cercato di ridate speranza ad una America che a sei anni di distanza torna a rivivere il dramma di Katrina. () Sono stati i tornado pi violenti nellarea dal 1974, quando 148 cicloni colpirono 13 Stati, uccidendo 315 persone. Il maltempo che ha colpito mercoled e gioved ha anche lasciato un milione di utenti senza elettricit, chiudendo intere fabbriche e rendendo impraticabili strade e autostrade. Gli Stati pi colpiti dovranno anche fare i conti con lo spettro delle inondazioni dalla portata storica, che secondo gli esperti potrebbero subissare la famigerata alluvione del Mississippi del 1927, la pi grave nella storia degli Stati Uniti, che uccise 246 persone in ben 7 Stati, provocando danni per oltre 13 miliardi di dollari, una enormit per quei tempi. () (il testo completo sul Corriere della Sera del 30 aprile 2011, con mappa e foto) 12

Mississippi, la piena vista dal satellite In Louisiana la grande alluvione cominciata. In Mississippi attesa a ore. A causa delle intense piogge e dello scioglimento delle nevi il Mississippi si ingrossato inondando ampie zone in Illinois, Missouri, Kentucky, Tennessee, Arkansas, Mississippi e Louisiana. Le autorit della Louisiana hanno aperto altre chiuse per far decrescere il livello dellacqua, causando lallagamento di 12.000 chilometri quadrati nellarea della Morganza. (Corriere della Sera del 16 maggio 2011, con foto e immagini da satellite).

6. Aria cattiva nei centri urbaniSmog Linquinamento atmosferico, e soprattutto le polveri sottili inferiori a 2,5 micrometri, riduce la speranza di vita degli abitanti delle grandi citt. Abbassando la concentrazione di queste polveri, in Europa si potrebbero evitare 19.000 decessi allanno, afferma lo studio Aphekom, condotto in 25 citt europee. Limpatto delle polveri sottili: Mesi di speranza di vita guadagnati, per chi ha pi di 30 anni, se la soglia dellOrganizzazione Mondiale per la Sanit fosse rispettata: Bucarest (22,5), Budapest (19,3), Barcellona (13,7), Atene (12,8), Roma (12,1), Siviglia (10,2), ecc. (Tratto da Internazionale n.888, dell11 marzo 2011, con tabella) Inquinamento Per il nono mese consecutivo a Roma polveri oltre i limiti LOMS: Laria cattiva delle citt? Vivremo tutti nove mesi di meno Per il nono giorno consecutivo, i livelli di polveri sottili (PM10) nellaria di Roma sono oltre i limiti. C inquinamento anche nei parchi. Il Campidoglio ordina per oggi un nuovo blocco parziale della circolazione per i veicoli pi inquinanti. In attesa che il meteo cambi, Roberto Bertollini, direttore scientifico dellOrganizzazione Mondiale della Sanit Europa, avverte: Di inquinamento muoiono 8 mila persone lanno, e uno studio dice che a causa dellaria cattiva ogni persona vive 8,6 mesi in meno. (cfr articoli sul Corriere della Sera del 15 febbraio 2011) A settanta allora sulle tangenziali per ridurre le polveri Manca un piano nazionale dellaria. Quello che permetterebbe a Milano e alle altre citt affogate dallo smog di mettere in atto iniziative concertate contro le polveri sottili. A Milano si vive il trentaseiesimo giorno di sforamento dei limiti del Pm10 e il governatore della Lombardia chiama in causa il governo e il ministro dellambiente. () Una mancanza che oltre a non garantire una procedura comune a livello nazionale contro lo smog, ha provocato la decisione dellUnione Europea di non concedere pi deroghe allItalia in fatto di inquinamento. Il paese continua a respirare veleni.(cfr. articoli sul Corriere della Sera del 9 e10 febbraio 2011)

7. Ampliamento del buco nellozonoUna ricostituzione lenta dello strato di ozono Lo strato di ozono, naturalmente presente nellalta atmosfera, vitale. Senza questa protezione i raggi ultravioletti del sole ucciderebbero qualsiasi tipo di vita sulle terre emerse. La sua scomparsa costringerebbe lumanit a vivere rintanata nei rifugi, per poi scomparire. La Terra ritornerebbe nelle condizioni di tre miliardi e mezzo di anni fa. Lo strato di ozono consente un delicato equilibrio, in quanto agli umani occorre una piccola quantit di raggi ultravioletti B, che agiscono come catalizzatori della vitamina D, mentre una dose eccessiva favorisce varie forme di cancro della pelle. Negli Stati Uniti, pi di 9000 persone muoiono ogni anno a causa di questi 13

tumori, e il loro numero raddoppiato dal 1980 al 2000. Nel 2006, stato battuto un record: la superficie del buco dozono, misurata in ottobre alla fine dellinverno australe, si estesa da circa 3 a 4 milioni di km. Quadrati. Al centro dellAntartico, sono state misurate concentrazioni quasi nulle di ozono. Questa distruzione pressoch totale dovuta principalmente alle condizioni climatiche della regione, la cui temperatura , a fine settembre 2006, stata inferiore di circa 5 centigradi alle medie stagionali. Con un meccanismo fisico ben noto, il riscaldamento della bassa atmosfera prodotto dalla concentrazione dei gas a effetto serra, causa un raffreddamento degli strati alti dellatmosfera. Questo raffreddamento accentua a sua volta limpoverimento dello strato di ozono. Utilizzati come gas propulsori negli aerosol, ma anche nei frigoriferi e nei climatizzatori, nelle schiume isolanti e nei prodotti usati per combattere gli incendi, i clorofluorocarburi (Cfc) sono allorigine dellimpoverimento dello strato di ozono stratosferico. Queste molecole di sintesi, emesse da milioni di fonti nel mondo, si ritrovano nella stratosfera, tra i 15 e i 40 chilometri al di sopra del livello del mare. Sottoposto allazione del sole, il cloro dei Cfc si libera e distrugge le molecole dozono. Il bromuro di metile, un pesticida utilizzato nei paesi del Sud, ha un effetto ancora pi devastante. Grazie al protocollo di Montreal per le sostanze che impoveriscono lo strato di ozono, (Ods), adottato nel 1989 sotto legida delle Nazioni Unite, stato proibito luso dei Cfc e di altre sostanze che degradano questa part dellatmosfera. E, in effetti, ovunque nel mondo si osserva una diminuzione nellutilizzo di queste sostanze, ma leffetto di distruzione dellozono stratosferico persister per alcune diecine di anni , tanto pi che in seguito allentrata in vigore del protocollo di Montreal, il commercio illecito di Ods si sviluppato tanto al Sud quanto al Nord. Non prima del 2065 Lultimo rapporto 2006 dellOrganizzazione Meteorologica Mondiale (WMO) conferma la correlazione tra la riduzione delle emissioni di Ods e la parziale ricostituzione dello strato di ozono. Tuttavia, le emissioni dei sistemi di refrigerazione e delle schiume isolanti, permangono negli apparecchi per periodi tra i 15 e gli 80 anni. Una dinamica di emissione cos lenta modifica le previsioni sui tempi di ritorno alliniziale equilibrio dellozono stratosferico: non prima del 2065, secondo gli scienziati. Ma il tempo di vita delle molecole clorate, cos come le loro propriet di assorbimento dellirradiazione solare hanno unaltra conseguenza. I gas frigorigeni riscaldano: i Cfc contribuiscono in modo significativo allaccrescimento delleffetto serra di origine antropica. Il blocco progressivo della produzione dei Cfc ha prodotto una netta diminuzione del contributo alleffetto serra da parte dellinsieme delle sostanze presenti nel protocollo di Montreal. Di fatto, le molecole fluorate (idrofluorocarburi, dette Hfc) hanno, in media, un potere di riscaldamento globale otto volte inferiore a quello dei Cfc, che sostituiscono. Gli idroclorofluorocarburi, (Hcfc, utilizzati nei sistemi di climatizzazione), sono fluidi di sostituzione fluorati che non presentano diminuzioni altrettanto significative delleffetto riscaldante, anzi, per alcuni, vero esattamente il contrario. La messa a punto di sostanze di sostituzione degli Hcfc, che rispondano sia a criteri di uso (sicurezza e prestazioni), che di neutralit ambientale, in corso e dovrebbe portare a fluidi che non distruggono lo strato di ozono e non contribuiscono, o molto poco, a rafforzare leffetto serra. Il testo completo, con immagini e schemi di flusso, ne Latlante per lambiente di Le Monde Diplomatique/ Il manifesto) Il gas da fermare Stati Uniti. Nel 1987 la firma del protocollo di Montreal ha fermato la produzione di clorofluorocarburi, i gas che provocano il buco dellozono. Grazie a questa misura, il buco sopra lAntartide ha cominciato a ridursi. Ci sono per altri gas che distruggono lozonosfera, lo strato protettivo nella parte alta dellatmosfera terrestre. Secondo una ricerca pubblicata in anteprima sul sito di 14

Scienze, il peggiore il protossido di azoto, che anche un gas serra, ed quindi responsabile dellaumento delle temperature del pianeta. Proprio per questa sua doppia azione negativa, sarebbe importante controllare le emissioni nellatmosfera del protossido. A parte le fonti naturali, i principali produttori sono alcuni settori industriali, che usano combustibili fossili, ma anche biomasse e biocarburanti, considerati dei combustibili ecologici. Anche luso di fertilizzanti in agricoltura ha un ruolo importante. Se non ci sar un forte cambiamento nei processi produttivi, il monossido di azoto destinato a rimanere il gas anti ozono per eccellenza. Il settimanale Science auspica almeno una riduzione delle emissioni del gas, per accelerare la riparazione del buco antartico e limitare leffetto sui cambiamenti climatici. (Tratto da Internazionale del 4 settembre 2009) Strato di ozono ridotto del 40% A causa del vento e del freddo lo strato di ozono ha registrato un assottigliamento sopra il Polo Nord del 40% tra il marzo 2010 e il marzo 2011. Lozono lo strato di gas che avvolge il pianeta e ci protegge dai raggi uv (ultravioletti) del sole (Corriere della Sera del 6 aprile 2011, con immagini da satellite a colori)

8. Prosciugamento dei fiumi e dei laghiIl mare interno dellAfrica ha i giorni contati Dal 1960 la superficie del lago Ciad si ridotta del 90%. Mentre i governi studiano progetti faraonici per salvare la distesa dacqua, le popolazioni si sono adattate ai cambiamenti. Sulle rive del lago Ciad, nel villaggio di Guit, alcune piroghe scaricano le loro merci, legali e illegali. Sulla terraferma i prezzi si contrattano in franchi Cfa e in naira, la moneta nigeriana. La distesa dacqua che unisce Ciad, Niger, Nigeria e Camerun una zona di intensi commerci transfrontalieri. La nostra imbarcazione diretta allisola di Kinasserom, un villaggio di pescatori, passa tra le canne e le piante di papiro. La vegetazione ricca, si vedono molti uccelli e lacqua si estende a perdita docchio: difficile pensare che il lago e il suo ecosistema hanno i giorni contati. Alcuni scienziati avvertono che il mare interno dellAfrica potrebbe scomparire nei prossimi venti anni. E secondo i dati delle autorit ciadiane, basate sulle osservazioni della Nasa, la superficie del lago si ridotta dai 25.000 chilometri quadrati del 1960 ai 2500. di oggi. Questanno le forti piogge sembrano scongiurare le previsioni pi pessimiste. Alimentato dagli affluenti Chari e Logone, il bacino meridionale del lago ha riversato parte delle sue acque nel bacino settentrionale, il pi colpito dalla siccit. Il lago non pi diviso in due parti ma ununica, profonda distesa di acqua. I pescatori, per, non sono contenti. Issaka Abacar, proprietario di una piccola imbarcazione, sostiene che la pesca non pi abbondante come prima. Con le acque pi alte, gli esemplari per la riproduzione si disperdono in mezzo alle piante. Ma si lamenta anche dellabbassamento delle acque del lago. Vivo qui da pi di venticinque anni. La quantit dacqua diminuisce e i pesci anche. Arrachid Ahmat Ibrahim, referente locale di un progetto di sviluppo, spiega che anche colpa dei metodi di pesca non regolamentari: sbarramenti o reti a maglie troppo strette impediscono il passaggio ai pesci per la riproduzione. Secondo Ibrahim, in questa regione di undici milioni di abitanti, 300 mila persone traggono il loro sostentamento dalla pesca. La popolazione in rapida crescita e le risorse diventano scarse. nel 1984 a Kinasserom vivevano duecento persone, ora siamo seimila, osserva Adam Seid, il capo villaggio. Per assicurare la rinascita del lago, il governo ciadiano punta su un progetto faraonico: far confluire parte delle acque del fiume Oubangui, che scorre tra la Repubblica Centrafricana e 15

la Repubblica Democratica del Congo, nel Chari, il principale affluente del lago. Seid reticente sullargomento, ma non lo Mahamat, un giovane abitante del villaggio: Se lacqua aumenta, dovremo lasciare le nostre case. Il governo ci ha interpellati, ma gli affari si concludono tra stato e stato. Noi comunque non siamo daccordo. I pescatori difendono i loro interessi immediati, ribatte Brahim Hamdane, un funzionario del ministero per lambiente. La priorit salvare il lago. () ( tratto da Internazionale n. 874, 26 novembre 2010, con foto e mappa) Il lago di Aral Prima del 1960 il lago di Aral era il quarto lago del mondo. Da allora ha perso l88% della superficie e il 92% del volume di acqua. Da tempo le dimensioni del lago di Aral, al confine tra Uzbekistan e Kazachistan, dipendono dal fiume Amu Darya, che nasce sui monti del Pamir e sfocia nel lago dopo aver attraversato il deserto. Anche il Syr Darya alimenta il bacino, ma lAmu Darya pi grande e pi incostante. Negli anni sessanta lacqua del fiume cominci a essere deviata per favorire lo sviluppo agricolo e il lago cominci a restringersi. Limmagine scattata il 26 agosto 2010 dal satellite Terra della Nasa mostra lo stretto rapporto tra il lago di Aral e lAmu Darya. E la foto pi recente di una sequenza di dieci anni pubblicata sul sito World of Change dellEarth Observatory. Tra il 2000 e il 2009 il lago si ridotto a un ritmo costante. Nel 2006 una grave una grave siccit si abbattuta sul bacino dellAmu Darya. Nel 2007 lacqua che ha raggiunto il lago stata pochissima e nei due anni seguenti non ne arrivata affatto. Senza lacqua dellAmu Darya il lago si rapidamente rimpicciolito e nel 2009 il lobo orientale scomparso. Nel 2010 per la situazione un po migliorata : sul Pamir ha nevicato normalmente e lAmu Darya ha raggiunto il lago. Lacqua fangosa si depositata nel lobo orientale, facendolo apparire molto pi grande di quanto non fosse nel 2009. (tratto da Internazionale n.874, 26 novembre 2010, con foto da satellite) Cos hanno ucciso un Lago greco Era largo 45 km quadrati (quasi come quello di Lugano) e profondo 5 metri. Oggi si pu attraversare camminando. Koronia, nel nord del paese, stato prosciugato e la sua fauna distrutta. Nemmeno i soldi dellUnione Europea sono serviti a salvarlo. Ma ora Atene chiamata a rispondere del disastro. La Commissione Europea ha avviato una procedura giudiziaria alla Corte di Strasburgo contro linazione del governo greco. Una serie di pali indica i vecchi confini del lago Koronia, a parecchie decine di metri dalla riva attuale. Situato presso Salonicco (nella Macedonia greca) il quarto lago del paese si estendeva su 45 chilometri quadrati. In trenta anni la sua superfice diminuita di un terzo e la sua profondit scesa da cinque a un metro e in certi punti anche a meno di un metro. Nellestate del 2009, il lago, quasi prosciugato, si poteva attraversare a piedi. Nel cuore dellEuropa, Koronia sta scomparendo. Davanti a uno dei palisi trova una discarica, con vecchi televisori, mobili rotti, sacchi di plastica. Eppure, il sito fa parte di Natura 2000, la rete europea delle zone naturali protette.E anche sotto la protezione della Convenzione Internazionale di ramsar per la tutela delle zone umide. organizziamo regolarmente campagne di risanamento, ma i rifiuti ritornano, spiega fatalista, Marios Asteriou, del centro che gestisce Koronia e il vicino lago Volvi, pi grande, pi profondo e in migliori condizioni. Atene sotto laccusa dellUE

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Persa la pazienza, la Commissione europea ha deciso, il 27 gennaio scorso, di portare la Grecia davanti alla Corte di giustizia dellUnione europea per non aver protetto il lago. Accusando inoltre il governo di mancato rispetto delle direttive europee sugli uccelli e lhabitat, e anche sul trattamento delle acque urbane. Nel 2004, la Commissione aveva avallato un piano risanamento del lago, ed era pronta a finanziarlo al 75%, per limporto di 20 milioni di euro. Sette anni dopo, solo un quarto del progetto stato realizzato. Perch tale inerzia? E difficile da capire, per chi non greco, riconosce Vasso Tsiaousi, del Centro zone umide della Grecia. Il progetto dipende da quattro ministeri e dalla prefettura regionale di Salonicco, il che non facilita il suo avanzamento, vista linefficienza dellamministrazione. Certe gare dappalto per la realizzazione dei lavori sono state contestate davanti alla giustizia, per il sospetto di favoritismi nellattribuzione dei mercati. I ricorsi sono ancora in sospeso. La Commissione Europea oggi minaccia di rimettere in questione il proprio finanziamento. I motivi di un disastro Le cause del disastro ecologico sono note da molto tempo. Situato in una regione agricola, il lago ha sofferto negli anni 80 del potenziamento dellagricoltura intensiva, ma anche dellindustrializzazione. Le industrie, specialmente quelle tessili, molto inquinanti a causa dellutilizzazione di bagni coloranti, smaltivano le acque residue gettandole nel lago. Una parte di queste attivit stata poi delocalizzata in Bulgaria. Anche le acque residue della vicina citt di Lagada vengono scaricate nel lago. La stazione di depurazione, costruita nel 2001 con lappoggio finanziario dellUE, non ancora stata raccordata alla citt. Alla fine degli anni 70, gli agricoltori passarono dallorticultura del mais, pi avida dacqua, con la benedizione, allepoca, di Bruxelles. E continuarono, come i loro genitori, ad attingere acqua dal suolo, ma con pozzi elettrici spesso illegali che arrivarono fino a 50 metri di profondit. E cos che le acque del lago si sono abbassate e, alla fine degli anni 90, tutti i pesci sono morti. Nel 2004 si tentato di ripopolarlo, ma invano. Del piano di risanamento stata rispettata soltanto una parte, quella della creazione di un bacino che consente di dirottare il corso di due fiumi nel lago. Allinizio di febbraio, il bacino era vuoto, per mancanza di precipitazione atmosferiche. Tuttavia, da un anno, il bacino ha consentito di mantenere il livello del lago a circa un metro. Questo non serve a niente. Bisogna finire la pulizia e la depurazione del lago prima di aggiungere acqua. Altrimenti, c il rischio di conseguenze disastrose per il lago Volvi, spiega il deputato europeo, ecologo, Michail Tremopoulos. Oggi, Koronia assomiglia a un lago, una vasta distesa di acqua, circondata da canneti, dove passano numerosi uccelli. Ma non pi un lago, spiega Maria Moustaka, biologa presso luniversit della citt di Salonicco. Secondo lei, si tratta piuttosto di un ambiente che favorisce la proliferazione di alghe e microbi resistenti alle materie tossiche. Negli anni 1997, 2004 e 2007, migliaia di uccelli sono morti. Il lago protegge specie minacciate come laquila dalla coda bianca, il cormorano pigmeo o lairone cenerino. In questo momento, lacqua non sembra tossica per gli uccelli, ma tutto pu cambiare con molta rapidit, aggiunge ancora Maria Moustaka, che procede regolarmente a prelievi. Talvolta, il lago talmente sporco che c un livello di batteri alto quanto quello di un bacino di depurazione. () (il testo completo nel Magazine del Corriere della Sera del 17 marzo 2011, con foto e cartine)) 9. Scarsit idrica e abbassamento falde acquifere Lacqua, dalla scarsit alla penuria Quasi 1,1 miliardi di persone non hanno accesso allacqua potabile e 2,4 miliardi sono prive di depuratori; 1,8 milioni di bambini muoiono ogni anno di infezioni trasmesse da acque infette. Milioni di donne sprecano ore ogni giorno per andare a cercare lacqua. Milioni di abitanti delle bidonvilles (baraccopoli), la pagano da cinque a dieci volte pi cara che i residenti delle zone 17

correttamente urbanizzate. Quasi 450 milioni di giorni di scuola vengono persi annualmente per questo motivo. LAfrica spreca ogni anno il 5% del suo prodotto interno lordo (PIL) a causa di queste carenze. Nel 2000, lOnu si era impegnata a dimezzare, entro il 2015, il numero di persone prive di questi servizi vitali. Gli obiettivi del millennio per lo sviluppo (MDG) non saranno raggiunti. Lacqua non prioritaria nelle spese pubbliche: gli Stati le dedicano meno dell1% del loro Pil. Il budget militare del Pakistan quasi 50 volte quello dellacqua e della depurazione. Ma un migliore accesso allacqua proteggerebbe in modo efficace gli 850 milioni di abitanti di zone rurali che soffrono di malnutrizione e sono minacciati dal riscaldamento climatico. LUNDP ha chiesto agli Stati di mettere acqua e depurazione in testa alle loro priorit, nonch di raddoppiare laiuto internazionale, cio 4 miliardi di dollari in pi ogni anno. Supersfruttamento delle risorse Lagricoltura la prima consumatrice di acqua, con l80% dellutilizzazione mondiale della risorsa, contro il 12% per lindustria e l8% del consumo pubblico. Lo sfruttamento intensivo delle risorse, con laumento delle superfici agricole irrigate, provoca labbassamento delle falde freatiche e il prosciugamento dei fiumi, esaurendo le risorse indispensabili ai 6,5 miliardi di abitanti del pianeta, che diventeranno 8 miliardi nel 2030. Produrre un chilo di grano richiede 1500 litri di acqua, un chilo di carne industriale quasi 10.000 litri I comportamenti e le pratiche devono essere radicalmente modificati,anche nei paesi ricchi, anchessi minacciati dalla penuria. I cambiamenti climatici, le scomparsa delle zone umide, linquinamento crescente e una cattiva allocazione delle risorse contribuiscono allinsorgere di squilibri preoccupanti. Lurbanizzazione galoppante e la cementificazione massiccia rendono i suoli impermeabili, provocando a valle piene e inondazioni. Le acque sotterranee, il cui ritmo di rinnovamento pu esigere diecine di migliaia di anni, sono letteralmente prese dassalto, a scapito dei bisogni delle generazioni future. Ne dipende un americano su due, mentre la met delle falde acquifere nordamericane gi in situazione di stress idrico. Inoltre, ovunque nel mondo le reti di distribuzione pubblica accusano tassi di perdita dal 30 al 50%. Diventa pertanto indispensabile aumentare la produttivit dellacqua, soprattutto nei paesi che non dispongono dei mezzi tecnici e finanziari atti a captare una risorsa mobilizzabile. Occorre sfruttare ogni goccia per trarne pi derrate agricole, pi carne, pesce o latte. Come migliorare la produttivit agricola? Ricorrendo allacqua piovane, promuovendo variet di cereali adatte alle scarse quantit di acqua disponibile, o sviluppando tecniche di irrigazione economiche o piccole dighe. Preservare gli ambienti umidi E questo vale anche per i paesi ricchi: invece di investire in tecnologie curative sempre pi dispendiose, tempo di preoccuparsi di preservare gli ambienti umidi e di evitare di ostacolare il ciclo naturale dellacqua. I paesi nordeuropei hanno ridotto con successo lutilizzazione di prodotti fitosanitari. La Germania al primo posto nel riciclo di acque piovane. Le riforme devono essere drastiche. Il riscaldamento climatico modifica anche le caratteristiche idrogeologiche dei corsi dacqua, a causa dellaumento delle precipitazioni invernali e della loro diminuzione estiva. Ne consegue una riduzione dellaccumulo invernale di neve e un disgelo molto pi precoce in primavera, il che provoca profonde modificazioni nei regimi idrogeologici dei bacini. Si potrebbe essere costretti al blocco forzato delle centrali nucleari, in mancanza di acqua con cui raffreddarle. Le pratiche agricole dovranno essere riviste per adattare la produzione a condizioni idrogeologiche degradate e a una evaporazione-traspirazione pi intensa in estate. Il che rischia anche di far aumentare i tassi di concentrazione dei Sali minerali nellacqua e dunque linquinamento. 18

(Tratto da LAtlante per lAmbiente di Le Monde Diplomatique-Il Manifesto, 2008, con grafici e tabelle) Pi riso per lIraq Finalmente una buona notizia dallIraq: sulle rive dellEufrate si vedono campi di riso rigoglioso e in questi giorni, nel pieno del raccolto annuale, il ministero dellagricoltura fa previsioni ottimiste: il governo si prepara ad acquistare dai suoi agricoltori tra 150.000 e 175.000 tonnellate del buon riso aromatico di prima qualit tipico di queste terre, un bel balzo dalle 119.000 tonnellate raccolte lanno scorso. Spiegano le autorit che la resa per ettaro aumentata dell11% rispetto allanno scorso e del 18% rispetto a due anni fa, e questo grazie alla maggiore disponibilit di acqua, elettricit per far funzionare le pompe e irrigare i campi, fertilizzanti . Una buona notizia parziale, perch il consumo annuo di riso in Iraq ammonta a 1,2 milioni di tonnellate: il paese resta un importatore netto di riso e lo stesso vale per il grano. Anzi, quella che una volta era nota come la mezzaluna fertile oggi uno dei dieci maggiori importatori di riso e grano al mondo. Il problema di fondo resta la penuria di acqua, che ha conseguenze a cascata. La terra coltivabile sempre stata in Iraq quella compresa tra il Tigri e lEufrate la terra tra i due fiumi, Mesopotamia, - mentre il resto, (il 78% del territorio iracheno) non adatto agli usi agricoli, al massimo pascolo. Ma Tigri ed Eufrate portano sempre meno acqua: in giugno lEufrate arrivava alla frontiera con la Siria con una portata di 250 metri cubi al secondo, un record negativo. Anche il Tigri ha una portata dimezzata rispetto a prima del 2003, da 1680 a 836 metri cubi al secondo. Di conseguenza sono bassi i reservoir alimentati dallEufrate (quello di Haditha, la diga di Mosul e il lago Habaniyah). Gli ultimi tre anni di siccit hanno peggiorato la situazione. La mancanza di acqua ha fatto aumentare la salinit dei terreni e questo ha costretto il governo lanno scorso a dimezzare la superficie coltivata a riso, irrigata totalmente dallacqua dellEufrate. E la scarsit di acqua da il colpo di grazia a una situazione gi vulnerabile: lagricoltura stata paralizzata da decenni di insicurezza, guerra, mancanza di investimenti, pressione umana. La somma di tutto questo ha costretto nei tre anni passati a quasi dimezzare la superficie coltivata a riso. Se questo raccolto andato bene perch, in primo luogo, si allentata la siccit: il ministero dellagricoltura ha promosso opere per catturare piogge e nevi dellinverno scorso nei reservoir, cos questestate la disponibilit di acqua stata maggiore. Allo stesso tempo, la fornitura di elettricit leggermente migliorata, permettendo agli agricoltori di far funzionale le pompe per irrigare i loro campi (il problema sempre che quando c acqua non c corrente elettrica e viceversa, dice allagenzia Reuter un agricoltore della zona di Meshkhab, a sud di Bagdad). Aver diminuito la superficie negli anni passati ha permesso di concentrare gli input di acqua e fertilizzanti e aumentare il raccolto, dicono i responsabili del ministero dellagricoltura: cos la produzione si consolidata nelle province centrali di Najaf, Diwaniya e Wassit. Ora molti pensano a espandere le coltivazioni: un buon incentivo sta nel fatto che il governo lente nazionale per i cereali, acquirente istituzionale dei raccolti iracheni paga agli agricoltori 583 dollari per tonnellata di riso, ben pi dei 420-430 dollari pagati per tonnellata di riso importato dai mercati internazionali. Un buon auspicio, il raccolto di riso. Anche se resta un futuro incerto, per molte ragioni, non ultime le dighe in costruzione sul Tigri in Turchia. (M. Forti, su Il manifesto del 22 dicembre 2010) Energia Nucleare a secco Per funzionare le centrali nucleari hanno bisogno dacqua. La siccit che ha colpito la Francia potrebbe costringere 44 dei 58 reattori situati vicino ad un corso dacqua a sospendere lattivit, sostiene lOsservatorio sul nucleare. Le norme dovrebbero garantire la sicurezza, ma in caso di 19

arresto degli impianti potrebbe mancare lelettricit. E se le autorit dovessero concedere, come nel 2003 e nel 2006, una deroga sulla temperatura massima delle acque di scarico, che non devono superare i 28 gradi, sarebbe un problema per la flora e la fauna. (Tratto da Internazionale del 20 maggio 2011) 10. Desertificazioni (siccit, guerre per il controllo delle fonti) La via della sete Mongolia Di qui passava la Via della Seta. Ma quando Marco Polo la percorse, ottocento anni fa, non simbatt certo in un panorama cos desolato. Questa regione, a met strada tra Cina e Mongolia, diecimila chilometri quadrati di territorio ormai desertificato dalla siccit, porta ancora il nome di lago Juyan. Anche se di quel lago immenso che irrig la pianure pi rigogliose dellimpero mongolo, non rimasta neppure una goccia dacqua: le ultime, residue pozzanghere si sono prosciugate alla fine degli anni Novanta. Il lago Juyan si trasformato cos in una delle lande pi aride del pianeta. Un eco disastro, perch oggi questo enorme serbatoio alimenta a sua volta tempeste di sabbia sempre pi devastanti, che si abbattono sulle fertili pianure della Cina del Nord. Trasformandole in deserto. E. Lucchini (testo tratto da Io donna, supplemento del Corriere della Sera del 12 gennaio 2008, con foto) Grande sete, nuove guerre Quando le sollevazioni politiche del Medio oriente si saranno placate, continueranno per un bel pezzo a farsi sentire in molte sfide latenti che oggi non appaiono sulle pagine dei giornali. Tra queste primeggiano il rapido aumento della popolazione, la carenza sempre pi diffusa di acqua e una crescente insicurezza alimentare. In alcuni paesi, la produzione di cereali si sta riducendo mano a mano che esauriscono le falde acquifere, zone rocciose di acqua sotterranea. Dopo lembargo petrolifero dei paesi arabi negli anno 70, i sauditi si resero conto che, a causa della loro enorme dipendenza dallimportazione di cereali, erano vulnerabili ad un contro embargo cerealicolo. Utilizzando la tecnologia della perforazione petrolifera, trovarono una falda acquifera piuttosto profonda nel deserto con cui produrre grano per irrigazione. In pochi anni, lArabia Saudita divent autosufficiente per quanto riguarda il suo regime alimentare di base. Tuttavia, dopo pi di venti anni di autosufficienza di grano, i sauditi annunciarono nel gennaio del 2008 che questo deposito acquifero era quasi completamente esaurito e che la produzione di grano sarebbe stata gradualmente abbandonata. Fra il 2007 e il 2010 la produzione di quasi tre milioni di tonnellate si ridusse a meno di un milione. Al ritmo attuale, i sauditi potrebbero realizzare il loro ultimo raccolto di grano nel 2012 e passare a dipendere dallimportazione del cereale per alimentare una popolazione di quasi 30 milioni di persone. Labbandono insolitamente rapido della coltivazione di grano in Arabia Saudita si deve a due fattori. In primo luogo, in questo paese arido esiste poca agricoltura che non sia di irrigazione. In secondo luogo, lirrigazione dipende quasi esclusivamente da una falda acquifera fossile che, a differenza della maggioranza delle altre, non si ricarica in modo naturale, grazie allapporto delle piogge. Inoltre, lacqua marina desalinizzata, che si utilizza nel paese per rifornire le citt, troppo costosa perfino per i sauditi per usarla in irrigazioni. La recente insicurezza alimentare dellArabia Saudita lha portata a comprare e affittare terre in vari paesi, fra cui due dei pi colpiti dalla fame, : lEtiopia e il Sudan. In effetti, i sauditi stanno programmando di produrre i loro alimenti con le risorse della terra e dellacqua di altri paesi, per incrementare delle importazioni che aumentano sempre pi rapidamente. Nel vicino Yemen, le falde che possono rialimentarsi vengono sfruttate al di sopra del loro tasso di riproduzione e gli acquiferi fossili pi profondi si stanno esaurendo rapidamente. Gli indici idrici dello Yemen stanno calando di circa due metri allanno. Nella capitale Sanaa, che ospita 20

due milioni di abitanti, si distribuisce acqua corrente solo una volta ogni quattro giorni. A Taiz, una citt pi piccola nel sud del paese, lerogazione avviene ogni venti giorni. Lo Yemen, con una delle popolazioni che cresce pi velocemente nel mondo, sta diventando un caso disperato, idrologicamente parlando. Con la caduta degli indici idrici, la produzione di cereali si ridotta ad un terzo negli ultimi quaranta anni, mentre la domanda ha continuato ad aumentare in maniera costante. Il risultato che gli yemeniti importano pi dell80 % del cereale. Mentre calano le sue magre esportazioni di petrolio, senza nessuna industria che meriti questo nome e con quasi il 60% della popolazione infantile fisicamente atrofizzata e con malnutrizione cronica, questo paese, che il pi povero dei paesi arabi, si trova di fronte a un futuro tetro e potenzialmente turbolento. Il probabile risultato dellesaurimento degli acquiferi nello Yemen, che porter ad una maggiore contrazione dei raccolti ed estender la fame e la sete, il collasso sociale. Essendo gi uno stato fallito, pu ridiventare un insieme di feudi tribali che si fanno la guerra per le scarse risorse idriche rimanenti. I conflitti interni dello Yemen potrebbero travalicare la sua estesa frontiera con lArabia Saudita, senza alcuna vigilanza. La Siria e lIraq, - gli altri due paesi popolosi della regione -, hanno anchessi problemi con lacqua. Alcuni provengono dalla portata ridotta dei fiumi Eufrate e Tigri, da cui dipendono per lacqua destinata allirrigazione. La Turchia, che controlla le sorgenti dei due fiumi, impegnata in un importante programma di costruzione di bacini che provoca una riduzione dei flussi a valle. Sebbene i tre paesi hanno un programma comune per condividere lacqua, i piani della Turchia di aumentare la generazione di energia idroelettrica e le sue zone irrigate si realizzano a spese dei suoi due vicini a valle. Visto lincerto futuro degli approvvigionamenti idrici fluviali, gli agricoltori siriani e iracheni stanno scavando pi pozzi per lirrigazione e questo sta provocando un eccesso di estrazione nei due paesi. La produzione cerealicola della Siria calata di un quinto, dopo aver raggiunto un culmine di circa 7 milioni di tonnellate nel 2001. In Iraq, il raccolto di cereali diminuito di un quarto, dopo aver raggiunto un massimo di 4,5 milioni di tonnellate nel 2002. La Giordania, con sei milioni di abitanti, sta al limite in termini di agricoltura. Quaranta anni fa, pi o meno, produceva pi di trecentomila tonnellate di cereali allanno. Oggi produce solo sessantamila tonnellate e deve importare quindi pi del 90% del suo grano. Solo il Libano riuscito ad evitare un calo della sua produzione cerealicola. Cosicch, nel Medio Oriente arabo, una regione in cui la popolazione cresce rapidamente, il mondo sta assistendo alla prima collisione fra crescita demografica e rifornimento dacqua su scala regionale. Per la prima volta nella storia, la produzione di cereali sta diminuendo in una regione in cui non si scorge nulla allorizzonte che possa fermare questo calo. A causa del fallimento dei governi nel coniugare le misure politiche che riguardano popolazione e acqua, ogni giorno che passa ci sono 10.000 persone in pi da alimentare e meno acqua da irrigazione per alimentarli. (Lester Brown, su Il manifesto dell11 maggio 2011)

11. Acidificazione e inquinamento degli oceani Acque acide Due terzi del pianeta sono coperti dagli oceani, essenziali nella regolazione del clima grazie alla capacit di assorbire lanidride carbonica. Ma lacidificazione degli ecosistemi marini, causata dalle industrie, dalla combustione, dalla nostra stessa respirazione, mette a rischio la chimica degli oceani. Per scoprire limpatto che questo processo avr nei prossimi cento anni, stato da poco avviato il Progetto Epoca, un maxi studio che coinvolge cento scienziati di nove paesi europei. (LEspresso del 13 settembre 2008) 21

Rischio acidit Gli oceani assorbono la Co2 Gli oceani assorbono attualmente circa un terzo delle emissioni di anidride carbonica del Pianeta. Questa capacit li sta rendendo sempre pi acidi con ripercussioni su ecosistemi e biologia marina. Proprio sugli impatti legati allacidificazione degli oceani si concentrato un incontro che si appena concluso in Giappone del gruppo intergovernativo di scienziati ONU, lIPCC. Gi adesso, si legge sul sito dellIpcc, lacidificazione delle acque degli oceani riconosciuta come una componente fondamentale del cambiamento globale, potenzialmente responsabile di una vasta gamme di impatti sugli ecosistemi, con ulteriori conseguenze sui mezzi di sostentamento e sicurezza alimentare. Al nuovo rapporto Ipcc contribuir lItalia con Riccardo Valentini, anche presidente del Sistema di osservazione globale, nel ruolo di coordinatore del capitolo sullEuropa che dedicher particolare attenzione al Mediterraneo. Il processo del Quinto rapporto iniziato spiega Valentini- e porter alla fine del 2013 alla stesura del lavoro. Per ora si fa un grosso lavoro di screening della letteratura scientifica, per il solo capitolo sulla U.E. saranno esaminati circa 4.000 documenti. Negli incontri che si sono tenuti dall11 al 14 gennaio in Giappone, osserva Valentini, si cominciata a respirare una nuova atmosfera. C una maggiore coscienza dellimportanza ch questi rapporti hanno sia per le scelte legate alle politiche energetiche e climatiche, sia per lopinione pubblica. Per questo c la volont di rendere tutto pi trasparente. (Corriere della Sera del 24 gennaio 2011)

12.Il declino delle risorse itticheIndagine Wwf: degrado e inquinamento di corsi e bacini italiani producono seri danni alla fauna ittica Com amara lacqua per i pesci L85% delle specie di fiume e lago candidata allestinzione Fulco Pratesi Di tutte le classi di animali del nostro Paese, quella che presenta la maggiore percentuale di specie a rischio destinzione costituita dai pesci di acqua dolce, con l85% di candidati alla scomparsa, seguiti dagli anfibi (76%), rettili (69%), uccelli (66%), mammiferi (64%). Pur se poco presenti nelle cronache e nelle denunce degli ambientalisti, come accade per i mammiferi e gli uccelli, questi componenti della fauna italica rivestono un notevole interesse, dal punto di vista scientifico ed economico. Una recente indagine condotta sul campo da 600 volontari del WWF lungo trenta fiumi dal Friuli alla Sicilia, ha fornito dati sconfortanti sullo stato di gran parte di essi. Prelievi, legali o abusivi, di acqua, distruzione della vegetazione riparia, inquinamenti, sottrazione di ghiaia e sabbia dagli alvei, discariche solide sulle rive, cementificazione delle sponde, bracconaggio, canalizzazioni e sbarramenti a scopi idroelettrici hanno quasi ovunque degradato i corsi dacqua arrecando danni pesantissimi alla fauna ittica. Ma a queste aggressioni, pi note e visibili, si accompagnano quelle determinate dallinvasione, nei corpi idrici, di specie ittiche aliene, che causano gravi danni a quelle indigene. E da tempo che i pescatori sportivi, (che hanno collaborato alla ricerca), denunciano i problemi provocati da immissioni, volontarie o meno, di elementi estranei alla nostra fauna in competizione ecologica con le specie indigene. Tra i pesci esotici oltre a quelli gi naturalizzati da anni come il persico trota, il persico sole e la trota iridea provenienti dallAmerica del Nord spiccano la lucioperca dellEuropa centrosettentrionale, labramide e soprattutto limmenso e vorace siluro 22

del Danubio, (due metri e mezzi di lunghezza e fino a 300 chili di peso) grande distruttore di ciprinidi ma anche di piccoli mammiferi, anfibi e giovani uccelli acquatici. () I pi in pericolo sarebbero la trota macrostigma del Meridione e delle Isole maggiori, la trota marmorata del Nord Italia, il carpione del Garda, la lampreda padana e la lampreda di ruscello, lo storione cobice dei fiumi Po, Adige, Brenta, Piave e Tagliamento, il panzarolo della Padania, il ghiozzo di ruscello dellItalia centrale e il carpione del Fibreno (che vive solo in un piccolissimo lago, di 0,29 km quadrati, a Fibreno in provincia di Frosinone). () (il testo completo sul Corriere della Sera del 15 marzo 2011, con foto delle dieci specie a rischio) 13. La distruzione delle barriere coralline

Un vero e proprio ricchissimo forziere per la biologia marina, gi ora profondamente segnatodallinquinamento, dalla pesca intensiva e dal riscaldamento dellacqua. Conseguenze sotto gli occhi di tutti: i coralli morti stecchiti e la barriera sbiancata e spettrale, come quella che ormai delude i turisti ritardatari alle Maldive. entro il 2020, anno totem ormai per lambientalismo, obbligatorio portare dal 13 al 17% il totale delle terre emerse protetto in maniera integrale, e al 10 % , dallattuale misero 1%, la superficie oceanica dichiarata riserva no take, cio intoccabile. Proprio per salvare il salvabile dei reef pi importanti. (Alessandro Cecchi Paone, Corriere della Sera Magazine, dicembre 2010, con foto)

14. La riduzione delle foresteQuando le foreste emettono carbonio invece di catturarlo Le foreste sono di immensa importanza per la ricchezza della loro biodiversit. In realt, sui 50 o 100 milioni di specie che si ritiene siano presenti sul pianeta, ne sono state identificate solo 1,8 milioni, cio meno del 5%. I tre quarti si troverebbero nelle zone tropicali. Molto ambite a causa del legno o per guadagnare nuove terre agricole, da qualche tempo le foreste sono diventate anche un argomento fondamentale nei dibattiti sul clima. Oltre ad una azione di regolatore locale, la vegetazione ricopre infatti, insieme ai suoli, un ruolo importante nel fissare una parte del carbonio atmosferico planetario. Suoli e vegetazione accumulano naturalmente 3,2 giga-tonnellate (Gt) di carbonio lanno. Il disboscamento provoca ogni anno 1,6 gt di rigetto di carbonio. Il saldo positivo di stoccaggio da parte della vegetazione e dei suoli dunque di 1,6 Gt allanno, ossia un quarto dei 6,8 Gt emessi ogni anno dalle attivit umane. Riassumendo, la vegetazione terrestre assorbe solo un quarto del carbonio eccedente liberato nelatmosfera dalle attivit umane produzione denergia, trasporti e messa a coltura delle terre. Laumento di concentrazione di carbonio nellatmosfera, cos come le temperature pi elevate osservate nellultimo secolo, hanno in un primo tempo, stimolato la produzione vegetale. Cos, alcune foreste hanno avuto un aumento di produttivit del 15% nel corso del XX secolo. Questo fatto ha portato a considerare le foreste come pozzi di carbonio: i paesi industriali potrebbero quindi compensare i rifiuti con piantagioni, in particolare nellambito del protocollo di Kyoto. Il fatto che questa proposta sia stata vivamente osteggiata dagli ambientalisti fino al 2001, ha offerto agli Stati Uniti il pretesto per rifiutare di ratificare il protocollo. Dopo di allora, il rimboschimento stato incluso nei meccanismi di Kyoto come srumento di compensazione per le emissioni di gas a effetto serra, ma resta molto controverso a diversi livelli. La soglia del 2050 Le proiezioni indicano che la capacit della vegetazione di assorbire carbonio raggiunger la soglia verso il 2050. Dopo questa data, lo stress subito a causa del riscaldamento, cos come il

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proliferare di parassiti, dovrebbero far si che le foreste smettano di catturare il carbolio e anzi lo emettano. I pozzi forestali non costituiscono che un rinvio di qualche decennio, prima di un peggioramento lasciato in eredit alle future generazioni. Dal momento che le foreste fitte sono considerate in equilibrio, e quindi ormai incapaci di fissare carbonio, c chi pensa di tagliarle per utilizzarne il legname e di sostituirle con piantagioni di specie a crescita rapida come eucalipti, acacie e albizie, il che costituisce un netto impoverimento della biodiversit. La moda recente degli agro carburanti in sostituzione del petrolio ha indotto anchessa un rilancio del dissodamento. Parallelamente, il riscaldamento riduce lumidit nei sottoboschi e facilita il propagarsi degli incendi. Il fenomeno stato osservato negli ultimi anni in Europa,Australia e Stati Uniti, ma riguarda anche le regioni tropicali dellAfrica, dellAmazzonia e dellAsia. Lo sfruttamento industriale del legno, anche a scarso impatto, rende le foreste pi fragili aprendo piste che prosciugano la vegetazione. Lesempio pi impressionante la coincidenza tra il Nino e lavvio delle concessioni forestali in Indonesia. Dallinizio degli anni 80, vasti incendi hanno devastato periodicamente queste foreste, distruggendo in alcuni anni pi di tre milioni di ettari, cio la superficie del Belgio. Gli incendi del 1997-1998 avrebbero liberato nellatmosfera 2,5 Gt di carbonio, vale a dire lequivalente delle emissioni annue europee. Direttamente legata agli incendi e ai dissodamenti per lagroindustria, la combustione del carbonio delle torbiere costituisce unaltra questione cruciale. Accumulata da centinaia di migliaia di anni, la torba rappresenta su scala planetaria 500 Gt di carbonio, cio circa settanta anni di emissioni antropiche. Il problema interessa soprattutto le foreste del Borneo e di Sumatra, i cui suoli concentrano il 60% della torba mondiale. Tenuto conto di tali rifiuti, lIndonesia diverrebbe il terzo emettitore di carbonio, dopo Stati Uniti e Cina. (Tratto da LAtlante per lambiente, Le Monde Diplomatique-Il manifesto, 2008, con mappe e grafici) Oggi in tutto il mondo si celebra il Giorno della Terra. Lobiettivo: un miliardo di azioni verdi entro il 2020 SOS Terra, le sette foreste da salvare Negli ultimi 25 anni andato distrutto il 10% delle aree boschive. Le chiamano le magnifiche sette e sono tutte esotiche e misteriose. A preoccuparsi per loro sono in tanti, da Greenpeace al WWF. Lobiettivo bloccarne limpoverimento. Per mantenere il loro splendore, per tutelare la nostra salute. Se sparissero, infatti, saremmo investiti dai gas serra rilasciati dai 500 miliardi di tonnellate di carbonio che loro invece preservano nel suolo. Sono le foreste, gi protagoniste nellagenda dellONU, che ha dichiarato il 2011 Anno Internazionale delle Foreste. A loro dedicata anche la Giornata mondiale della Terra, 41 candeline e quasi mezzo miliardo di persone che le spegneranno oggi in 192 paesi di tutto il mondo, con un desiderio da realizzare: raggiungere un miliardo di azioni verdi entro linizio del vertice ONU sullo sviluppo sostenibile, previsto a Rio de Janeiro nel 2012. Il 10% delle foreste scomparso negli ultimi 25 anni, a una media di 13 milioni di ettari lanno dal 2000, lancia lallarme Massimiliano Rocco del WWF. La perdita pi alta riguarda la fascia neotropicale (centro e Sudamerica) con 5 milioni allanno; meno 3,4 milioni in Africa; meno 2,2 milioni in Asia. Non ci rendiamo nemmeno conto del danno che facciamo quotidianamente con scelte irresponsabili aggiunge Rocco. E in effetti fa una certa impressione leggere i dati del CNR, secondo il quale negli uffici italiani si consumano 1,2 milioni di tonnellate di carta, pari a 80 chili per dipendente, 240 miliardi di fogli utilizzati ogni anno che si traducono in quattro 24

miliardi di anidride carbonica. Per risparmiare 1,3 milioni di tonnellate di CO2 basterebbe usare la stampa fronte retro o eliminarla del tutto, quando non proprio indispensabile. Greenpeace sul suo sito avverte: ogni due secondi viene distrutta unarea di foreste grande quanto un campo di calcio. Non possiamo distogliere lattenzione dalle ultime sette foreste della Terra: lAmazzonia, la Patagonia, le foreste indonesiane, quelle del bacino del Congo, la foresta boreale del Canada, la foresta di babbo Natale in Lapponia, infine le foreste russe. Insiste Chiara Campione di Greenpeace. Il patrimonio verde richiede millenni per formarsi. E quando sentiamo parlare di riforestazione dobbiamo comunque stare attenti perch raramente questi progetti riescono a ripristinare la biodiversit originaria, precisa lattivista. Lassociazione ambientalista fornisce i numeri dellemergenza. A causa degli incendi delle foreste torbiere indonesiane ogni anno vengono rilasciati nellatmosfera 1,8 miliardi di tonnellate di gas serra. In Congo dove gorilla, scimpanz e bonobo (oltre a dieci milioni di persone), dipendono dalla foresta pluviale, sono stati stipulati in due anni cento contratti di taglio per 15 milioni di ettari di verde: equivalgono a cinque volte il Belgio. () (Il testo completo sul Corriere della Sera del 22 aprile 2011, con mappe) Leconomia della foresta, di Marina Forti Si chiamano prodotti minori della foresta o anche prodotti no timber, non legno, tutto ci che la foresta pu dare finch viva. Secondo stime della FAO, qualcosa come l80% della popolazione dei paesi in via di sviluppo trae dalle foreste buona parte di ci che serve alla sopravvivenza quotidiana. Prendiamo Chaikur, un villaggio come migliaia di altri sulle pendici dei Ghat orientali, dorsale montagnosa che percorre da nord a sud il versante orientale dellIndia. Grandi alberi di tamarindo ombreggiano il villaggio, e qui sono anche la principale fonte di reddito. In gennaio-febbraio nei cortili delle case gruppi di persone lavorano attorno a grandi mucchi di frutti di tamarindo che assomigliano a grossi baccelli di colore scuro: vanno sbucciati, tolta la venatura, messi da parte i semi (da cui si trae amido) e raccolta la polpa, che ha consistenza pastosa. La pasta di tamarindo ingrediente essenziale nella cucina dellIndia meridionale e di molti paesi asiatici. Altri prodotti no timber sono le fibre vegetali, certi fiori. O le foglie di tendu, quelle che si arrotolano per fare le sigarettine indiane chiamate bidi, che andavano molto di moda tra gli occidentali negli anni passati. Di recente, le raccoglitrici di questi villaggi hanno formato cooperative, per non essere alla merc dei grossisti che fissano il prezzo. Ma lintera economia della foresta minacciata da una deforestazione rampante. Quasi ogni giorno i giornali riferiscono di qualche squestro di legname tagliato illegalmente, ma solo la punta delliceberg dice Iqbal Bhai, abitante della zona e cofondatore di unassociazione per salvare le foreste come bene comune. Il fatto,dice, che gli enti governativi, quando ripiantano, mettono acacie e altri alberi che crescono in fretta, ma non specie indigene. Ad esempio, ci siamo opposti al progetto di fare una piantagione di pino tropicale, per produrre polpa di cellulosa con un bel finanziamento della Banca Mondiale. Perch questo va a spese delle specie indigene come il teak, il sal, alberi a crescita lenta. Il sal un albero importante il suo nome botanico Shorea Robusta, specie nativa dellAsia meridionale, dalle pendici dellHimalaya ai Ghat orientali, alla Birmania. Grande albero (raggiunge i 30 o 35 metri), con foglie larghe, nelle poche zone di foresta ancora vergine spesso la specie dominante. E una delle pi importanti fonti di legno duro in India, resinoso e duraturo -le case di questi villaggi hanno strutture di sal. Ma se ne tagliava poco, una volta, perch agli abitanti qui pi utile da vivo. Le foglie intrecciate e seccate sono usate per fare piatti e scodelle usati per il cibo venduto nelle bancarelle; fresche servono per servire gli involtini di paan, con la noce di betel. Sono usa e getta, s, ma finiranno mangiati dalle capre o dalle mucche ( cos che lIndia finora si difesa dallinvasione del polistirolo). Infine si usano la resina, i semi e i frutti, da cui si estrae un olio per le lampade. E un albero protetto, preda dei tagliatori di frodo. Per gli abitanti locali molto pi utile da vivo, con foglie e resine. 25

come fanno a non rendersene conto , la Banca Mondiale e le altre organizzazioni che finanziano questi progetti? Li chiamano reafforestation, ma che riforestazione tagliare specie indigene e mettervi al posto alberi esotici?. Mi chiedo se davvero non capiscono che quando distruggi la foresta nativa distruggi la sopravvivenza di tante persone (tratto da Il Manifesto del 22 marzo del 2011). DallAmazzonia al Borneo. La societ si difende: i nostri dossier sono corretti I dati gonfiati sulle foreste sparite Attacco verde ai super consulenti GreenPeace contro McKinsey: previsioni sbagliate per speculare sugli aiuti Una societ di consulenza che incoraggia ad abbatterele foreste e allo stesso tempo fa intascare gli aiuti contro la deforestazione non pu che essere molto amata dai governi. E infatti la McKinsey ha prodotto dal 2007gli studi diventati di riferimento nella complicata materia della riduzione del riscaldamento globale. Congo, Guyana o Indonesia aspirano a una fetta dei 4,6 miliardi previsti dallaccordo internazionale di Cancun (2010) per salvare le foreste pluviali? Compilano dossier ispirati ai dati della McKinsey, marchio passpartout nel mondo degli affari e della governance mondiale, e sono quasi certi di ottenere gli aiuti desiderati. Solo che, secondo il rapporto Bad influence di GreenPeace, le carte distribuite dalla McKinsey sono truccate, non hanno alcun valore scientifico. Risponderebbero, in realt, allesigenza di alcuni Stati di continuare lo sfruttamento economico del polmone verde del Pianeta, venendo pure pagati per farlo. La McKinsey, conosciuta anche come The Firm, fondata nel 1926 a Chicago dal professore universitario James O. McKinsey, la pi influente societ di consulenza del mondo, con circa 16.000 dipendenti e una rete di ex impiantata ai pi alti livelli della politica e delleconomia mondiale. Un bersaglio perfetto per GrenPeace, tradizionalmente poco tenera con i grandi nomi del capitalismo globalizzato. () oggi la pi grande associazione ambientalista con uffici in oltre 40 paesi e 2,8 milioni di donatori in tutto il mondo: nel rapporto Bad Influence appena pubblicato lorganizzazione della pace verdesi lancia contro linfluenza nefasta di McKinsey nella lotta alla deforestazione, citando alcuni casi significativi. Nella Repubblica Democra