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Il PPP nella gestione del servizio idrico integrato IL PARTENARIATO PUBBLICO PRIVATO NELLA GESTIONE DEL SERVIZIO IDRICO INTEGRATO di Alessandro Marra ∗∗ Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli di Roma Classificazione JEL: L22; L33; L95. ABSTRACT Questo paper intende proporre un’analisi economica del cosiddetto Partenariato Pubblico Privato di tipo istituzionalizzato (qui inteso come la concessione di un servizio pubblico ad una società congiuntamente partecipata dal settore pubblico e privato) nel settore idrico. Il punto di partenza dello studio è rappresentato dall’ipotesi che mantenere la proprietà della società addetta alla gestione di una local utility permette all’ente locale (nel capitale della società e in seno all’autorità di regolazione) di raccogliere maggiori informazioni circa l’effettivo management aziendale e le reali condizioni di fornitura del servizio. Adottando tale prospettiva teorica, come suggerita dalla teoria dei diritti di proprietà, concludiamo che il PPP di tipo istituzionalizzato può, a determinate condizioni, contribuire in maniera decisiva a ridurre l’asimmetria informativa tra regolatore e regolato attraverso l’implementazione di una sorta di regolazione interna. Disponendo di maggiori informazioni, infatti, l’autorità pubblica può non solo incentivare più efficacemente il gestore (privato) ad essere più efficiente, ma anche monitorarlo in modo più rigoroso circa l’adempimento delle obbligazioni presenti nel contratto di servizio. 1. INTRODUZIONE La nozione di Partenariato Pubblico Privato (PPP) ricomprende al suo interno uno svariato numero di attività economiche ed in costante trasformazione. In linea generale, il PPP può essere definito come il parziale trasferimento al settore privato di progetti (o servizi) tradizionalmente eseguiti (o forniti) e finanziati da soggetti di natura pubblica (Commissione Europea, 2003, 96). In questo articolo, ci concentriamo sui partenariati creati a livello locale e volti a garantire la gestione del servizio pubblico, come la distribuzione dell’acqua e il trattamento delle acque reflue, la gestione dei rifiuti solidi urbani, e il trasporto pubblico locale. Nell’Unione Europea, sebbene la lunga e consolidata prassi di fornire il servizio attraverso agenzie e/o imprese pubbliche amministrate direttamente da enti locali (cosiddetta fornitura in-house), riscontriamo un significativo trend verso un sempre maggiore coinvolgimento di operatori privati. Così, negli ultimi trent’anni, le aziende Questo paper è stato selezionato per essere presentato nella Sessione Poster alla conferenza internazionale intitolata GOVERNANCE SYSTEMS AND COMPETITIVE MODELS IN WATER SERVICES, organizzata da FederUtility e IWA (Internationa Water Association), Palermo, 12-14 Ottobre 2005. ∗∗ Assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Scienze economiche ed aziendali della Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli di Roma. I QUADERNI DEL GRIF, ANNO II, 2006 75

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Il PPP nella gestione del servizio idrico integrato

IL PARTENARIATO PUBBLICO PRIVATO NELLA GESTIONE DEL SERVIZIO IDRICO INTEGRATO∗

di Alessandro Marra∗∗

Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli di Roma

Classificazione JEL: L22; L33; L95.

ABSTRACT

Questo paper intende proporre un’analisi economica del cosiddetto Partenariato Pubblico Privato di tipo istituzionalizzato (qui inteso come la concessione di un servizio pubblico ad una società congiuntamente partecipata dal settore pubblico e privato) nel settore idrico. Il punto di partenza dello studio è rappresentato dall’ipotesi che mantenere la proprietà della società addetta alla gestione di una local utility permette all’ente locale (nel capitale della società e in seno all’autorità di regolazione) di raccogliere maggiori informazioni circa l’effettivo management aziendale e le reali condizioni di fornitura del servizio. Adottando tale prospettiva teorica, come suggerita dalla teoria dei diritti di proprietà, concludiamo che il PPP di tipo istituzionalizzato può, a determinate condizioni, contribuire in maniera decisiva a ridurre l’asimmetria informativa tra regolatore e regolato attraverso l’implementazione di una sorta di regolazione interna. Disponendo di maggiori informazioni, infatti, l’autorità pubblica può non solo incentivare più efficacemente il gestore (privato) ad essere più efficiente, ma anche monitorarlo in modo più rigoroso circa l’adempimento delle obbligazioni presenti nel contratto di servizio.

1. INTRODUZIONE

La nozione di Partenariato Pubblico Privato (PPP) ricomprende al suo interno uno svariato numero di attività economiche ed in costante trasformazione. In linea generale, il PPP può essere definito come il parziale trasferimento al settore privato di progetti (o servizi) tradizionalmente eseguiti (o forniti) e finanziati da soggetti di natura pubblica (Commissione Europea, 2003, 96). In questo articolo, ci concentriamo sui partenariati creati a livello locale e volti a garantire la gestione del servizio pubblico, come la distribuzione dell’acqua e il trattamento delle acque reflue, la gestione dei rifiuti solidi urbani, e il trasporto pubblico locale.

Nell’Unione Europea, sebbene la lunga e consolidata prassi di fornire il servizio attraverso agenzie e/o imprese pubbliche amministrate direttamente da enti locali (cosiddetta fornitura in-house), riscontriamo un significativo trend verso un sempre maggiore coinvolgimento di operatori privati. Così, negli ultimi trent’anni, le aziende

∗ Questo paper è stato selezionato per essere presentato nella Sessione Poster alla conferenza internazionale

intitolata GOVERNANCE SYSTEMS AND COMPETITIVE MODELS IN WATER SERVICES, organizzata da FederUtility e IWA (Internationa Water Association), Palermo, 12-14 Ottobre 2005.

∗∗ Assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Scienze economiche ed aziendali della Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli di Roma.

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municipalizzate sono state a poco a poco sostituite da società private operanti in regime di concessione del servizio a terzi o sono state gradualmente trasformate in entità miste, di proprietà pubblico-privata. Lo studio proposto tenta di approfondire la natura delle seconde (società miste) e le implicazioni principali che da queste possono derivare per la governance e l’efficienza del servizio.

Con specifico riferimento ai servizi pubblici locali, le società miste sono società congiuntamente partecipate da uno o più enti locali e da operatori ed istituzioni privati che diventano così corresponsabili per la fase di investimento in infrastrutture e/o per la fase (operativa) di gestione. Questa peculiare forma di parternship ha trovato ampia diffusione in diversi Stati membri: basta citare gli esempi della Société d’économie mixte (anche detta SEM) in Francia o della Stadtwerke in Germania per rendere l’idea della rilevanza del fenomeno. In un report intitolato Local Public Companies in the 25 Countries of the European Union, il centro studi Dexia riscontrava al 2004 alcune tendenze di fondo circa il numero di società miste in Europa: incrementi notevoli sono stati registrati in Germania, Ungheria ed Italia; aumenti costanti sono stati osservati in Austria, Grecia, Portogallo, Svezia, e Francia. D’altro lato, come unica eccezione, possiamo menzionare l’esempio del Belgio, che ha visto il numero complessivo di entità a partecipazione mista pubblico-privata diminuire negli ultimi anni. Nonostante le percentuali divergano da paese a paese, possiamo comunque affermare che l’orientamento sembra essere verso un’ancora più ampia diffusione di questa forma di partenariato. Sempre Dexia riporta in uno studio condotto nel 2002 come la percentuale delle società miste sia raddoppiato (relativamente al numero complessivo di imprese pubbliche locali) tra il 1999 e il 2002. Al 2004, nell’Unione Europea a 25 Stati membri, il numero di società miste era di circa 3.500 unità.

L’obiettivo di questo lavoro è di proporre un’analisi economica del partenariato pubblico privato di tipo istituzionalizzato (di seguito, iPPP), qui inteso come la concessione di un servizio pubblico ad una società di gestione mista pubblico-privata. Come vedremo, la particolare configurazione dell’impresa da noi assunta (con il partner privato sostanzialmente responsabile della gestione del servizio e la parte pubblica che, invece, si limita a svolgere una mera funzione di indirizzo e monitoraggio) e la struttura di governance che ne risulta (iPPP) comportano una serie di vantaggi potenziali di cui dovremmo tenere maggiormente conto nella scelta tra forme alternative di gestione del servizio pubblico locale.

Una premessa metodologica è d’obbligo: le società miste possono essere affrontate secondo prospettive di analisi tra loro assai diverse (se pure, come vedremo, collegate). In particolare, in questo articolo intenderemo la funzione della società mista all’interno di un’originale struttura di governance (l’iPPP, appunto, da distinguersi dalla fornitura in-house e dalla concessione ad impresa totalmente privata), ma anche come organizzazione produttiva (distinta dall’impresa totalmente privata e da quella pubblica), ed infine come complesso (potenzialmente efficace) sistema regolatorio, in alternativa ai più noti sistemi di regolazione esterna. Dato il considerevole numero di implicazioni che la società mista e l’iPPP comportano, il nostro obiettivo è quello di fornire al lettore un semplice schema analitico attraverso il quale valutare i benefici e i costi che ne possono derivare.

È bene anche anticipare come il lavoro qui proposto presenta un importante limite

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applicativo. La riforma del servizio idrico integrato, così come implementata al 2005, ancora non permette di raccogliere sufficiente evidenza empirica per testare le tesi avanzate: in particolare, il campione (di società miste) piuttosto ridotto e una serie storica praticamente inesistente non consentono alcun rigoroso esercizio di verifica. Per di più, la riorganizzazione del settore, già di per sé lenta, rimane ancora parziale: a fine 2004, il servizio idrico integrato è stato assegnato solamente in 44 Ambiti territoriali ottimali (di seguito ATO) sui 91 istituiti. È auspicabile, non appena un più consistente set di informazioni sarà disponibile, procedere ad un esame più accurato e dettagliato dei potenziali vantaggi connessi a questa particolare struttura di governance. Infine, l’apparente mancanza di best practice nel settore (che sarebbero state indubbiamente utili per confermare alcune delle proposition avanzate) non può frenarci dal sostenere la funzione che la società mista e l’iPPP può svolgere nella gestione dei servizi pubblici locali.

In sintesi, in questo articolo suggeriamo che l’iPPP può rappresentare, in certe circostanze, una valida alternativa alla tradizionale gestione in-house e alla concessione del servizio ad impresa totalmente privata, in quanto attraverso di esso l’operatore regolato può essere più efficacemente incentivato alla realizzazione di migliori performance (sotto il profilo dell’efficienza produttiva), e può affrontarsi in maniera più decisa il rischio di condotte (private) opportunistiche. Per sviluppare la nostra analisi, muoviamo dalla teoria dei diritti di proprietà, dalla quale prendiamo a prestito l’intuizione secondo la quale la proprietà dell’impresa permette al soggetto (pubblico) di raccogliere maggiori informazioni circa l’organizzazione dell’impresa e il management (privato) del servizio. Seguendo tale percorso di ricerca, concludiamo che l’iPPP può significativamente contribuire a ridurre l’asimmetria informativa che caratterizza il rapporto tra regolatore e regolato attraverso l’implementazione di una sorta di regolazione interna. Disponendo di maggiori informazioni, l’ente locale (che nel servizio idrico integrato è presente sia all’interno dell’impresa regolata in veste di proprietario/controllore, sia all’interno dell’autorità di regolazione) può stimolare il fornitore del servizio in maniera più efficace verso la riduzione dei costi operativi, e monitorarlo in maniera più rigorosa con riguardo all’adempimento delle obbligazioni contrattuali. Con riferimento a quest’ultima funzione, il Consiglio di Amministrazione (CdA) della società può costituire l’istituzione ideale nella quale i rappresentati del settore pubblico e di quello privato1 possono risolvere le dispute che inevitabilmente sorgono da contratti (di concessione del servizio) incompleti.

L’articolo è organizzato come segue. Dapprima esamineremo le motivazioni che spingono gli enti locali alla creazione di società miste, e quindi all’adozione dell’iPPP. In secondo luogo, affronteremo la relazione tra proprietà ed informazione. Sottolineeremo l’utilità di identificare una specifica configurazione di impresa mista per costruire un’analisi quanto più coerente e presenteremo il nostro modello di riferimento. Volgeremo, allora, l’attenzione verso tre correlate problematiche regolatorie: innanzitutto, cercheremo di comprendere se la performance di un’impresa è condizionata in misura maggiore dalla regolazione economica piuttosto che da altri fattori, come ad esempio la natura (pubblica o

1 Rappresentanti che si assumono essere rispettivamente massimizzatori del benessere sociale e del profitto d’impresa.

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privata) della proprietà; ancora, investigheremo se nel nostro modello il ruolo svolto dall’ente locale (proprietario/controllore dell’impresa regolata e in seno all’Autorità d’Ambito) può contribuire a ridurre il peso dell’asimmetria informativa e a regolare in maniera più efficace; infine, proveremo a dimostrare che il nostro modello di società mista permette di ridurre i costi di transazione, ovvero quei costi necessari a far funzionare in maniera corretta la concessione del servizio a terzi, attraverso la risoluzione interna di tutte quelle dispute che solitamente seguono all’incompletezza dei contratti e che si instaurano tra l’autorità locale e il service provider.

2. LE MOTIVAZIONI DIETRO LA COSTITUZIONE DELLE SOCIETÀ MISTE NEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI

In questa sezione, illustriamo le principali ragioni che spingono gli enti locali a scegliere la particolare configurazione societaria sotto osservazione per organizzare la fornitura del servizio nelle local utility. Per discutere tali motivazioni in maniera esauriente, riepiloghiamo in breve i fondamenti teorici attraverso i quali giustificare un intervento pubblico in economia.

Come noto, i servizi pubblici locali sono intrinsicamente caratterizzati da alcuni fallimenti di mercato: molti di loro, per esempio, costituiscono dei veri e propri monopoli naturali. Il monopolio naturale, tuttavia, non è l’unica giustificazione economica, sebbene la più importante, adottata dagli enti locali per intervenire in maniera così decisa nell’offerta del servizio. Altri fallimenti (come quelli concernenti i beni pubblici o semi-pubblici, le asimmetrie informative e le esternalità) richiedono pur sempre un intervento pubblico, più o meno diretto. Anche la sostenibilità ambientale è un importante fattore da prendere in considerazione per il forte impatto che i servizi pubblici offerti a livello locale possono comportare2. Tali considerazioni, supportando coloro che affermano la necessità di mantenere imprese partecipate e gestite dal settore pubblico, minano alla base le tesi favorevoli all’attivazione di processi di privatizzazione.

Tuttavia, a dispetto di quanto sopra, è impossibile non ammettere come il coinvolgimento di operatori privati sia ormai una scelta obbligata per gli enti locali, che si trovano spesso a dovere affrontare un’evidente carenza di fondi da investire, nonché forti inefficienze tecniche dovute a una diffusa incompetenza e mancanza di know-how. È opportuno accennare al punto di osservazione dal quale intendiamo analizzare l’impresa mista e l’iPPP. Nelle local utilities, la scelta per una struttura di governance piuttosto che per un’altra ricade sotto la responsabilità degli enti locali. Semplificando il quadro di riferimento, ad oggi, si presentano tre alternative: gli enti locali possono optare per una fornitura in-house (ovvero effettuata da impresa pubblica), o scegliere di avviare un partenariato con il settore privato, in forma contrattuale (cPPP)3 o di tipo istituzionalizzato (iPPP).

All’interno dell’Unione Europea è, in effetti, possibile delegare la gestione di una utility a

2 Ciò vale non solo per il settore idrico e quello dei rifiuti urbani, ma anche per il trasporto pubblico locale, dato il livelo di inquinamento generabile. 3 Il cPPP è tipicamente rappresentato dalla concessione del servizio ad impresa privata.

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società miste che operano secondo un normale contratto di concessione del servizio. Ognuna delle sopra individuate strutture di governance (in-house, cPPP ed iPPP) comporta una serie di vantaggi e svantaggi per l’ente locale che intende adottarla. Nell’iPPP, tuttavia, il fatto che l’autorità pubblica può essere sia all’interno dell’impresa sia in senso all’ente regolatore implica una serie di considerazioni che rendono questa forma di partnership un’alternativa assai interessante.

Le motivazioni che spingono un ente locale a propendere verso la concessione del servizio ad un’impresa mista sono individuabili rispettivamente nelle maggiori risorse finanziarie a cui poter accedere, nella maggiore efficienza produttiva raggiungibile e in un più efficace controllo (pubblico) sul management del servizio pubblico. Innanzitutto, gli stringenti vincoli finanziari stabiliti dal Patto di Stabilità e Crescita stanno obbligando sempre più enti locali a cercare di attrarre capitale privato per costruire nuove infrastrutture e/o rinnovarne di esistenti. Ne segue che l’apertura del capitale sociale di imprese pubbliche alla partecipazione di azionisti privati si sostanzia in una mera forma di elusione delle restrizioni imposte dal Patto. Ciò è quantomai evidente nel servizio idrico integrato, dove la concessione del servizio a società mista sembra rappresentare la soluzione preferita dagli enti locali per affrontare l’urgente richiesta di investimenti in infrastrutture: al 2004, l’ammontare medio degli investimenti complessivi per km di rete previsto negli ATO gestiti da società miste è pari a €141.000,36, considerevolmente superiore all’ammontare medio richiesto negli ATO gestiti da società interamente pubbliche (che risultava essere pari a €112.000,37).

Anche la prospettiva di migliori performance produttive (in termini di riduzione dei costi operativi) è un driver inequivocabile che spinge gli enti locali verso la costituzione di società miste: a preventivo (vale a dire, così come stimati nel Piano d’Ambito) i costi operativi risultano essere per le imprese miste mediamente inferiori al livello di costo atteso per le imprese totalmente pubbliche. Dai grafici in figura 1 e 2 emerge una netta tendenza a maggiori efficienze produttive sull’intero periodo della concessione, con una diminuzione media attesa del 12,65% per le imprese miste a fronte dell’8,23% previsto per le imprese totalmente pubbliche.

Inoltre, il maggiore contributo che ci si attende venga apportato dal settore privato è identificabile calcolando il costo operativo medio per m3 di acqua al primo anno della concessione: €0,82 per le imprese miste contro €0,88 per le imprese totalmente pubbliche. Anche se queste prime risultanze non intendono dimostrare alcuna supremazia dell’impresa mista sull’impresa totalmente pubblica, esse rappresentano comunque elementi indicativi circa la percezione dei vantaggi che una tale organizzazione produttiva può comportare.

Fig. 1 Costi operative a preventivo (imprese totalmente pubbliche).

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Costi operativi a preventivo (imprese totalmente pubbliche)

$0,00

$0,20

$0,40

$0,60

$0,80

$1,00

$1,20

$1,40

$1,60

1 5 10 15 20

Anni

€/m

³

Fonte: Elaborazione propria su dati CoViRI (2005).

Fig. 2 Costi operativi a preventivo (imprese miste pubblico-private).

Costi operativi a preventivo (imprese miste pubblico-private)

$0,00

$0,20

$0,40

$0,60

$0,80

$1,00

$1,20

$1,40

$1,60

1 5 10 15 20

Anni

€/m

³

Fonte: Elaborazione propria su dati CoViRI (2005).

Se è largamente accettato che il coinvolgimento del settore privato può favorire il concretizzarsi di maggiori disponibilità finanziarie e il raggiungimento di migliori performance produttive, in questo lavoro intendiamo identificare un ulteriore vantaggio intrinseco all’iPPP: in linea teorica, la partecipazione pubblica al capitale della società permette all’autorità locale di svolgere una più attenta funzione di controllo sull’attività svolta dal gestore del servizio rispetto al caso tipico del cPPP. Approfondiremo questo aspetto oltre, nel paragrafo dedicato ai costi di transazione. A questo stadio, è sufficiente

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anticipare che l’ente locale, attraverso la partecipazione al capitale dell’impresa responsabile della gestione, può trovarsi nella condizione ideale per svolgere al meglio la sua attività di controllo sul service provider, così garantendo una migliore protezione dell’interesse generale sotteso al servizio4.

Dall’osservazione degli assetti societari delle società miste operanti nel settore idrico risulta che raramente la partecipazione pubblica è inferiore al 51%. Ciò è esplicabile con il fatto che, mantenendo una quota maggioritaria di capitale, il pubblico riesce ad assicurarsi un maggiore potere di indirizzo all’interno dell’impresa. Talvolta, la scelta di detenere un’ampia quota di capitale sociale sembra essere riconducibile alla necessità di assicurare alla parte pubblica, data la moltitudine di enti locali coinvolti5, una qualche garanzia in caso di mancato coordinamento che finirebbe per favorire l’affermarsi degli obiettivi di parte privata. Tab. 1 Partecipazione pubblico-privata in alcune società miste operanti nel servizio idrico integrato

Impresa mista Numero enti locali coinvolti

Quota detenuta dal pubblico

Quota detenuta dal privato

Acque SpA 64 55% 45% Publiacqua SpA 50 60% 40% Nuove Acque SpA 37 54% 46% Acquedotto del Fiora SpA 51 60% 40% SII SpA 32 51% 49% Acqualatina Spa 38 51% 49% GORI SpA 76 81% 19%

Fonte: Bardelli, Peruzzi and Sbandati (2002, 5).

Se la proprietà fornisce maggiori informazioni (proprietary information), queste possono essere utilizzate dall’ente locale per incentivare, con maggiore vigore, il partner privato/gestore del servizio alla riduzione dei costi operativi e per indurlo in maniera più efficace al rispetto delle obbligazioni contrattuali.

Tab. 2 Ripartizione del capitale tra pubblico e privato in alcune società miste

4 In questo articolo, adottiamo la prospettiva teorica dell’interesse pubblico, assumendo che il rappresentante pubblico all’interno della società sia teso esclusivamente alla massimizzazione del benessere sociale (e non alla soddisfazione di ulteriori interessi di carattere privato). 5 Si veda tabella 3 sul caso della Nuove Acque SpA.

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SpA quotata Settore pubblico Settore privato

AMGA SpA

- Comune di Genova (54.11%), attraverso:

- Genova (30.71%) - SPIm SpA (23.40%)

- Azionariato diffuso (30.63%) - Ing. Biom. Santa Lucia (4.30%) - Edison (2.81%) - ACEA (3.93%) - Lyxor Master Fund (2.18%) - Shroder Inv. Man. Ltd (2.00%)

ACEA SpA - Comune di Roma 51%

- Azionariato diffuso (34.69%) - Gruppo Suez (2.27%) - Schroders Inv. Management Ltd. (10.04%) - Gruppo Caltagirone (2.00%)

ACEGAS SpA - Acegas-Aps Holding 67.8%

- Azionariato diffuso (18.2%) - Banca Antonveneta (0.6%) - (51% Comune di Trieste and 49% Comune di

Padova) - Amga Udine (0.8%) - Iris Gorizia (1.1%) - Gruppo Generali (1.3%) - Edison (1.3%) - Gruppo San Paolo-Imi (1.9%) - Edizione Holding (1.9%) - Fondazione CRTrieste (3.0%) - Gruppo Allianz (1.9%)

Fonte: CONFSERVIZI e NOMISMA (2004, 42).

Tab. 3 Ripartizione tra enti locali della quota di capitale detenuta dal settore pubblico in Nuove Acque SpA

Percentuale quota detenuta dal settore pubblico Numero di enti locali 0%<%<1% 26 1%≤%<5% 15 5%≤%<10% 0

10%≤%<50% 2

Fonte: Elaborazione propria da Rossi, Bacci, Capacci e Moretti (2004).

3. UN’ANALISI ECONOMICA DELLE IMPRESE MISTE Nelle pagine seguenti, proponiamo l’impresa mista e l’iPPP come un valido strumento attraverso il quale provvedere alla fornitura di un servizio pubblico locale; ciò, a nostro avviso, non tanto perché l’impresa mista rappresenta un’efficiente organizzazione produttiva, ma quanto perché essa consente di implementare la particolare struttura di governance dell’iPPP. Per restringere il campo di analisi, ci focalizziamo sul solo stage operativo, lasciando da parte la fase della costruzione e/o del finanziamento degli asset infrastrutturali.

Quando gli enti locali non sono soddisfatti dai risultati ottenuti attraverso una gestione pubblica del servizio, essi possono optare per un partenariato, attraverso una concessione ad impresa totalmente privata o attraverso una concessione ad impresa mista. Poichè, come ben sappiamo, le autorità locali intervengono nella fornitura del servizio per risolvere i fallimenti di mercato e/o affrontare alcuni aspetti redistributivi, ne deduciamo che il settore privato viene sollecitato con il fine primario di aumentare l’efficienza lato

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produzione. A livello teorico, come abbiamo visto sopra, il know-how apportato dal privato dovrebbe generare minori costi operativi e, quindi, minori prezzi finali. In pratica, tuttavia, l’intervento pubblico è ancora necessario per assicurare che i minori costi si traducano, di fatto, in minori tariffe e per fornire uno stimolo costante al miglioramento della performance produttiva.

Nei paragrafi seguenti, cercheremo di verificare se le maggiori informazioni disponibili per il regolatore permettano di rendere più efficace l’incentivo fornito dallo stesso all’impresa regolata e, dunque, di ottenere un maggiore incremento di efficienza. In secondo luogo, investigheremo se il doppio ruolo ricoperto dall’autorità pubblica nella società mista e nell’agenzia regolatoria, così come implementata nel servizio idrico integrato, possa essere sfruttato per controllare in maniera più concreta il partner privato/gestore del servizio. Infine, valuteremo se una più efficace attività di monitoraggio, così come svolta dal partner pubblico, possa ridurre il rischio di condotte opportunistiche private.

Prima di svolgere un’analisi dei costi di produzione e di transazione nell’iPPP, dobbiamo introdurre due assunti cruciali. Per sostenere la tesi che la partecipazione pubblica al capitale di un’impresa consente di far fronte al tipico problema dell’asimmetria informativa nel rapporto di agenzia tra regolatore e regolato, facciamo riferimento alla teoria dei diritti di proprietà. Schmidt (1996, 9) ha argomentato che se il governo rinuncia al controllo dell’impresa e privatizza, allora esso avrà minori informazioni circa i costi e i profitti reali dell’impresa rispetto alla situazione nella quale la società rimane nazionalizzata. Un aspetto simile è stato discusso da Williamson (1975, 29), il quale ha enfatizzato come differenti strutture organizzative comportano conseguenze sul flusso di informazioni. Infine, Grosman e Hart (1986, 695) hanno confermato la conclusione secondo la quale il livello di informazione dipende dalla proprietà6.

Un altro aspetto da affrontare riguarda la specifica configurazione dell’impresa mista in esame. Non solo le imprese miste pubblico-private sono profondamente dissimili dalle imprese interamente pubbliche e da quelle interamente private: esse differiscono tra loro a seconda della ripartizione del capitale tra parte privata e parte pubblica e a seconda dell’allocazione delle mansioni tra i due partner. Questi sono i due fattori cruciali che, a nostro avviso, condizionano l’obiettivo delle imprese miste e di conseguenza la loro performance complessiva. È facile vedere, ad esempio, come un’impresa si comporterà in maniera difforme se la quota di maggioranza del capitale risulta essere posseduta dal settore pubblico o da quello privato. Riteniamo che una mancata identificazione delle imprese miste ha rappresentato un ostacolo allo studio di queste entità. Per sostenere tale considerazione, presentiamo dapprima una breve e critica rassegna della letteratura economica sulle imprese miste, e nel paragrafo 3.2 descriviamo il nostro modello nel quale il partner privato si occupa della fornitura del servizio mentre quello pubblico è responsabile di monitorare sull’attività del primo.

3.1 Una breve rassegna della letteratura economica sulle imprese miste

6 Secondo l’interpretazione fornita da Riordan (1990).

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Il PPP nella gestione del servizio idrico integrato

Inizialmente, la letteratura economica che ha investigato le implicazioni della proprietà mista pubblico-privata per la performance dell’impresa ha adottato fondamentalmente un approccio di tipo normativo e descrittivo. Analisi più sofisticate sono emerse negli anni ‘80 e ‘90, con contributi che hanno cercato di approfondire lo studio delle imprese miste lungo due differenti prospettive di ricerca. Da un lato, è stato proposto qualche saggio di teoria positiva per analizzare la relazione tra proprietà (pubblico-privata) e condotta dell’impresa (per esempio Eckel e Vining, 1982). A nostro parere, le ipotesi e le tesi si dimostrano a volte eccessivamente semplicistiche proprio a causa dell’assenza di una precisa individuazione (a monte) dell’oggetto da investigare. Senza dubbio, concentrarsi su un unico modello di impresa mista permette di avanzare più precise proposizioni.

Dall’altro lato, alcuni studi empirici si sono concentrati sulla relazione da una lato tra proprietà e performance, dall’altro tra proprietà e valore dell’impresa sul mercato (tra gli altri, Boardman, Eckel, Linde e Vining, 1983; Boardman, Laurin e Vining, 2000). In nessuno di questi studi, emerge l’intenzione di proporre una classificazione delle imprese miste. Con riguardo all’efficienza produttiva, per esempio, Boardman e Vining (1989, 4) hanno scritto che la ricerca scientifica, in generale, ha sostenuto che le imprese miste ottengono migliori performance rispetto a quelle pubbliche, ma non altrettanto soddisfacenti come quelle raggiunte dalle imprese private. Questa conclusione può essere, tuttavia, sfidata sotto diversi punti di vista in quanto ulteriori fattori, oltre alla proprietà, influenzano la performance di un’impresa (si veda paragrafo 3.2.1). Successivamente, in un contributo del 1991, gli stessi autori hanno individuato nella ripartizione del capitale tra partner pubblico e privato una caratteristica rilevante nel determinare l’orientamento strategico dell’impresa: la diversa allocazione delle partecipazioni azionarie spiega in che misura i rappresentanti della parte pubblica (o quelli della parte privata) riescono a spingere l’impresa verso la massimizzazione del benessere sociale (o, viceversa, verso la massimizzazione del profitto d’impresa).

In linea generale, possiamo affermare che maggiore è la proporzione delle azioni detenute da una parte, maggiore sarà la sua capacità di determinare l’obiettivo, la condotta e quindi la performance dell’impresa. Confermando quanto appena sostenuto, Boardman e Vining (1991) hanno proposto una tabella riepilogativa nella quale sono sintetizzati i risultati della loro analisi (si veda tabella 4). Inoltre, hanno aggiunto gli autori, differenti condizioni proprietarie influenzano il grado di conflittualità tra pubblico e privato. In particolare, nel momento in cui il partner pubblico detiene una larga proporzione del capitale, esso avrà il controllo dell’impresa, nel senso di un maggiore potere di indirizzo sul management dell’impresa. Nella prossima sezione, analizziamo il secondo fattore rilevante per la determinazione della performance, che individuiamo nella diversa allocazione delle mansioni tra i partner.

Tab. 3 distribuzione delle partecipazioni azionarie di imprese miste tra settore pubblico e settore privato ed implicazioni per l’orientamento strategico dell’impresa

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Proporzione di capitale detenuta dal settore pubblico Partecipazione azionaria detenuta dal

settore privato Limitata Moderata Estesa

Concentrata

Forte controllo del partner privato: chiaro orientamento verso la massimizzazione del

profitto d’impresa

Controllo congiunto, se consenso

sull’orientaento strategico dell’impresa.

Altrimenti, probabili conflitti tra partner

Controllo in mano al partner pubblico, se pure

qualche conflitto potrebbe sorgere tra i partner

Dispersa Possibilità di controllo pubblico dell’impresa

Moderato controllo del management.

Eventualità di controllo da parte del soggetto

pubblico

Stringente controllo posto in essere dal soggetto

pubblico. Minima influenza da parte del

privato

Fonte: Elaborazione propria su Boardman e Vining (1991, 229).

3.2 Il nostro modello di impresa mista L’impresa mista non costituisce solamente una joint-venture: il modo in cui i partner percepiscono e perseguono la strategie d’impresa dipende da diversi aspetti, in particolare dalla ripartizione dei compiti che le parti devono svolgere. A livello pratico, i partner possono essere responsabili della fornitura del servizio e dell’attività di monitoraggio (controllo del corretto svolgimento delle operazioni). Nei servizi pubblici locali, il partner pubblico è facilmente identificabile essendo rappresentato da uno o più enti locali. Questi devono assicurare che il servizio sia offerto in maniera conforme ai principi di efficienza, efficacia ed economicità ed a livelli qualitativi soddisfacenti. Il partner privato è, invece, rappresentato da imprese industriali e/o da istituzioni finanziarie, il cui obiettivo è la massimizzazione del profitto d’impresa. A seconda che il privato sia un partner industriale o finanziario, possiamo arrivare a conclusioni divergenti. In questo paper, ci focalizziamo su quelle imprese miste nelle quali il partner privato (industriale) è responsabile della fornitura del servizio, mentre il partner pubblico svolge una funzione di controllo. Questo schema sembra essere piuttosto diffuso, in quanto spesso accade che il settore privato sia coinvolto a livello operativo grazie al suo maggiore know-how ed alla sua maggiore esperienza.

Dal lato del partner pubblico, l’opportunismo del privato è una tra le più serie preoccupazioni da affrontare a causa dell’intrinseca asimmetria informativa e dell’inevitabile incompletezza dei contratti di concessione del servizio. Proponiamo il nostro modello dell’iPPP come una soluzione per evitare gestioni private in palese conflitto con l’interesse generale. Attraverso il mantenimento di una quota del capitale, l’autorità pubblica è nella posizione di mantenere una posizione privilegiata (una insider’s view) per controllare le operazioni e per partecipare alle decisioni del CdA: l’iPPP può rappresentare, dunque, un efficace strumento di controllo e indirizzo rispetto ai tipici meccanismi regolatori cosiddetti esterni.

Dal lato del partner privato, spesso troviamo consorzi di imprese. In questi consorzi, il

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ruolo guida è solitamente ricoperto da un’impresa industriale che detiene più del 51% delle azioni (del consorzio) ed è responsabile per la fornitura del servizio.

Tabella 4: Impresa mista, consorzi privati e partner industriali

ATO Impresa mista Compagine privata Partner privato industriale

ATO 2 Basso Valdarno Acque SpA

ACEA SpA, Ondeo Service SA, Monte dei Paschi di Siena, SILM SpA, Ondeo

Degrement SpA, CTC ACEA SpA, Ondeo Service SA

ATO 3 Medio Valdarno Publiacqua SpA

ACEA SpA, Ondeo Service SA, Monte dei Paschi di Siena, SILM SpA, Ondeo

Degrement SpA, CTC ACEA SpA, Ondeo Service SA

ATO 4 Alto Vardarno

Nuove Acque SpA

Ondeo, AMGA SpA, Monte dei Paschi di Siena, Banca Popolare dell’Etruria e

del Lazio, Consorzio IRIDE Ondeo, AMGA SpA

ATO 6 Ombrone Acquedotto del Fiora SpA

ACEA SpA, Acque Toscane SpA, Monte dei Paschi di Siena, SILM SpA, CTC,

CCC, Comit, CITS ACEA SpA, Acque Toscane

ATO Umbria 2 S.I.I. S.c.p.A. Sewern Trent Water Service, Severn

Trent Italia, Biodepuratrice, Ambiente, Omnia, SGI, RPA

Sewern Trent Water Service, Severn Trent Italia

ATO 4 Meridionale Latina

Acqualatina SpA CGE SpA, Enel Hydro SpA, Acquedotto

Pugliese SpA, SIBA SpA, Iltacogim SpA, EMAS Ambiente

CGE SpA, Enel Hydro SpA, Acquedotto Pugliese SpA

ATO 3 Sarnese Vesuviano G.O.R.I. SpA

ACEA SpA, Enel Hydro SpA, SGI, ICAR, Dipiudi, Ctida, Siba, Dm, Lotti,

Feronia ACEA SpA, Enel Hydro SpA

Fonte: Elaborazione propria su dati Peruzzi e Passarelli (2004).

3.2.1 Implicazioni dell’impresa mista per la riduzione dei costi operativi

La Commissione Europea raccomanda di completare un’analisi costi-benefici prima di scegliere la governance da adottare per la fornitura del servizio. Per facilitare questo esame, proponiamo di concentrarci su due tipologie di costo: quelli che chiamiamo costi di produzione e quelli definibili costi di transazione7.

In questo e nel prossimo paragrafo, intendiamo comprendere in che modo l’iPPP può contribuire a tenere bassi i costi di produzione dell’impresa mista. Il punto di partenza sembra essere dato dal dibattito concernente imprese pubbliche e private. Tre distinti percorsi di ricerca hanno cercato di comparare imprese pubbliche e private (Villalonga, 2000): riportiamo di seguito la prospettive teorica sul rapporto di agenzia/diritti di proprietà, investigando il modo in cui la proprietà influenza la performance produttiva. Una chiara implicazione di questa teoria è che, date certe condizioni, la proprietà privata rafforza l’efficienza tecnica (si veda Vickers e Yarrow, 1991). In particolare, la validità dei processi di privatizzazione non sembra essere messa in discussione in quei mercati dove una forte pressione competitiva viene posta in essere (si veda Megginson e Netter, 2001): molti 7 Intenderemo per costi di transazione quei costi necessari a far funzionare la relazione tra autorità pubblica ed affidatario del servizio.

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studi, ad esempio, supportano il principio per cui le imprese private sono più efficienti (e più profittevoli) rispetto a quelle pubbliche. Entrando nel merito del dibattito, tuttavia, anche tale conclusione diviene contestabile: guardando attentamente al legame tra proprietà e performance ci accorgiamo, infatti, che molti altri fattori intervengono ad alterare questa apparentemente diretta relazione causale.

A parte le divergenze nel grado di concorrenza che due imprese incontrano o nelle diverse capacità manageriali dei dirigenti, un esercizio di comparazione trova un ostacolo significativo quando le imprese operano in differenti intervalli rilevanti di produzione (ad es., sfruttando diverse economie di scala) o quando operano sotto regimi regolatori diversi. Talvolta, come vedremo oltre, con rispetto al settore idrico italiano, lo stesso meccanismo regolatorio può essere applicato in maniera differente, così invalidando la premessa per qualsiasi analisi di benchmarking.

A dispetto di queste difficoltà, gli economisti hanno comunque tentato di paragonare le performance di imprese pubbliche e private. Renzetti e Dupont (2003) hanno offerto una rassegna di alcuni studi empirici condotti nel settore idrico, evidenziando come le risultanze siano piuttosto conflittuali (in tabella 6, riportiamo una sintesi parziale della survey).

Tab. 5 Alcuni studi empirici sull’efficienza di imprese pubbliche e private operanti nel settore idrico

Autori Metodo Risultato Morgan (1977) Funzione di costo Il privato risulta avere costi inferiori Crain e Zardkoohi (1978) Funzione di costo Il privato risulta avere costi inferiori Bruggink (1982) Funzione di costo Il pubblico risulta avere costi inferiori del 20% Feigenbaum e Teeples (1983) Hedonic cost function Nessuna differenza Byrnes et al. (1986) DEA Nessuna differenza Teeples e Glyer (1987) Hedonic cost function Nessuna differenza Byrnes (1991) Frontiera di costo Nessuna differenza Lambert et al. (1993) DEA Il pubblico risulta avere costi inferiori Bhattacharyya et al. (1994) Funzione di costo Nessuna differenza Shaoul (1997) Analisi finanziaria Nessuna differenza

Fonte: Renzetti e Dupont (2003, 13).

Se anche le imprese miste non rientrano in questa disputa (sono, infatti, rari gli studi dedicati allo studio di queste8), la conclusione generale ricavabile può essere facilmente estesa al nostro campo di indagine. Per di più, la possibilità di effettuare comparazioni tra imprese è estremamente limitata in presenza di monopolio naturale e in presenza di mercati che offrono beni pubblici. Abbiamo quindi optato per concentrarci sulla relazione tra regolazione e performance per vedere in che modo la prima può influenzare la

8 Uno dei pochi è stato svolto da Boardman e Vining (1989): guardando ad un numero considerevole di imprese (409 private, 23 miste and 57 pubbliche), gli autori hanno concluso che le imprese miste ottengono performance che in termini di efficienza tecnica sono eqivalenti, se non leggermente migliori, rispetto a quelle raggiunte dalle imprese pubbliche.

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seconda. Vickers e Yarrow (1988, 44) hanno argomentato che in assenza di concorrenza nel mercato, l’efficacia di strumenti di regolazione della tariffa gioca un ruolo significativo nel determinare la performance produttiva, mentre la proprietà risulta essere piuttosto ininfluente (si veda sul punto anche Saal e Parker, 2000).

3.2.2 Implicazioni dell’iPPP per la riduzione dei costi operativi Quando il pubblico interviene come regolatore, il suo obiettivo principale è quello di massimizzare il benessere collettivo: ciò può essere ottenuto attraverso la predisposizione di schemi regolatori incentivanti. Per avere successo, il regolatore deve definire dei ritorni ottimali che inducano le imprese ad essere quanto più efficienti possibile. Per determinare questi ritorni ottimali, il regolatore ha bisogno di una profonda conoscenza dei costi di struttura delle imprese e della loro curva di domanda di mercato. Solo con un simile bagaglio di informazioni, l’obiettivo regolatorio è raggiungibile. Tuttavia, nella pratica, queste variabili non sono facilmente osservabili dall’esterno ed è così difficile determinare quali sacrifici possano essere richiesti al service provider. In ogni caso, le imprese regolate dispongono di più informazioni, ed hanno un forte incentivo a riportarle in maniera strategica al regolatore.

Gli economisti hanno studiato vari meccanismi che inducono le imprese a comportarsi in modo conforme agli obiettivi del regolatore. In questa sezione, forniamo al lettore una rapida descrizione di alcuni di questi dispositivi. La nostra sintesi, assolutamente non esaustiva, è solamente volta a sottolineare il fatto che l’asimmetria informativa è l’ostacolo principale che si frappone all’implementazione di una regolazione efficace: l’iPPP può costituire un valido rimedio strutturale per ridurre questa asimmetria. Di seguito, affronteremo la questione con riferimento al settore idrico italiano.

Una forma di regolazione è il rate-of-return: esso stabilisce un livello di entrate che permette all’impresa di ricoprire i costi sostenuti. Questo meccanismo richiede alti costi amministrativi, lunghe indagini ed una profonda conoscenza dei costi d’impresa e della domanda di mercato. Altri schemi sono il meccanismo proposto da Sappington e Sibley (1988) che, se anche permette alla regolazione di non fondarsi sui dati di costo dell’impresa, richiede comunque conoscenze notevoli con riguardo alla curva di domanda. Tale proposta è stata successivamente criticata da Vogelsang (1988) in quanto secondo l’autore non permette di essere utilizzata da soggetti esterni all’impresa. In modo simile, una proposta di Vogelsang e Finsinger (1979) è stata criticata da Sappington (1980)per gli ovvi incentivi dell’impresa regolata a riportare dati di costo in maniera strategicamente alterata. Il regime di price-cap sembra avere le stesse difficoltà del rate-of-return: la tariffa può essere, infatti, determinata solamente dopo che una valutazione dei costi e del livello della domanda sia stata effettuata. Ne segue che un regime di price-cap in presenza di asimmetrie informative è molto difficile da realizzare (si veda Crew e Friedman, 1991).

Ulteriori sforzi in questa direzione hanno dato vita ad una nuova ed originale teoria della regolazione economica attraverso la quale (per indurre l’impresa a fornire più precise informazioni) un regolatore offre un menù di contratti tra i quali l’impresa sceglie quello più idoneo ai suoi bisogni. Questa è stata sviluppata sostanzialmente negli ultimi decenni

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(Baron e Myerson, 1982), ma sembra avere avuto un impatto pratico irrilevante (si veda Crew e Kleindorfer, 2002, 11).

Come conclusione generale, possiamo affermare che minore è l’asimmetria informativa tra regolatore e regolato, più efficace sarà la regolazione di prezzo e, quindi, maggiore l’incremento di efficienza produttiva che ne risulta. In questo lavoro, proponiamo una soluzione strutturale come strumento per raccogliere maggiori informazioni9.

L’art. 13 della Legge Galli identifica la tariffa come lo strumento per assicurare la sostenibilità economica della gestione delle risorse idriche. Nel 1996, il Comitato per la Vigilanza sull’Uso delle Risorse Idriche (CoViRI) ha stabilito il Metotodo standardizzato (e la tariffa di riferimento)10 per determinare le tariffe da applicare nei diversi ATO. La tariffa di riferimento è un utile strumento per raggiungere livelli di servizio adeguato, attuare programmi di investimento mantenendo un margine di sostenibilità finanziaria, contenere i costi e garantire l’interesse generale. La formula per il suo calcolo per l’anno corrente (anno n) è la seguente:

Tt=(C+A+R)t-1*(1+I+K) (a.1)

dove:

- Tt = tariffa per l’anno corrente, - C = costi operativi, - A = ammortamento, - R = remunerazione del capitale investito, - I = inflazione attesa per l’anno corrente, - K = price-cap.

Per valutare l’incentivo all’efficienza produttiva fornito da questo metodo, ci concentriamo sui costi operativi (C). A seguito dell’identificazione della struttura di governance (in-house, cPPP or iPPP), bisogna quantificare i costi operativi di progetto (CPt)11. Dopodiché, questi devono essere comparati con i costi modellati (CMt), che rappresentano il benchmarking per misurare e regolare la performance dei fornitori del servizio idrico integrato. Per determinare un appropriato livello di incentivi, le Autorità hanno bisogno di stimare correttamente i CMt. Una volta che i CMt sono stati calcolati, il fattore K deve essere derivato. Il valore di Kt assume valori in base alla seguente scala: - se CPt>CMt(1+0.2) Kt≥2%; 9 In questa nota presentiamo un sistema attraverso il quale l’informazione può essere trasferita al regolatore esterno. Ci riferiamo ad una complessa struttura regolatoria su più livelli, nella quale due livelli sono all’interno dell’impresa: il management tecnologico che conosce la tecnologia dell’impresa, e il CdA che, informato da quest’ultimo, decide il livello di prezzo, di ouput e di input da impiegare nella produzione. Ragionevolmente, assumiamo che il CdA sia informato in maniera solo parziale ed imperfetta sulla gestione effettiva del servizio, ma almeno i rappresentanti pubblici e privati ricevono le stesse informazioni. Il terzo livello, esterno all’impresa, è costituito dal regolatore, partecipato dagli enti locali, al quale i rappresentanti del settore pubblico nel CdA trasferiscono l’informazione di cui dispongono. Nel più semplice dei casi, i rappresentanti del settore pubblico possono verificare che le informazioni riportate al regolatore siano conformi ai rendiconti di gestione ed ai consuntivi consegnati dal management tecnologico. Sul sistema, si vedano Bös (1991, 139) e Bös e Peters (1988, 236). 10 Approvato con Decreto Ministeriale 1/8/1996. 11 Sul punto, si veda CoViRI (2004, 78).

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- se CMt<CPt≤CMt(1+0.2) Kt≥1%;

- se CPt≤CMt Kt≥0.5%.

Allora, i miglioramenti di efficienza devono seguire questa formula:

CPt=CPt-1(1-Kt) (a.2)

dove:

- CPt = costi operativi di progetto per l’anno corrente,

- CPt-1 = costi operativi di progetto per l’anno precedente,

- Kt = price-cap.

Le imprese sono spinte a fornire prestazioni migliori quando il valore dei CMt è propriamente determinato ad un livello inferiore a quello dei CPt12.

Allo stato attuale, per ottenere il valore dei CMt, le Autorità d’Ambito adottano alcuni modelli econometrici per stabilire i costi della distribuzione dell’acqua potabile, della raccolta delle acque reflue e del loro trattamento. In particolare, l’informazione necessaria riguarda il volume di acqua fornita, la lunghezza della rete di distribuzione, la spesa per energia elettrica, il numero totale di utenti, le difficoltà incontrate nel trattamento dell’acqua, alcune caratteristiche degli impianti ed altre variabili. L’informazione raccolta all’interno dell’impresa può essere poi trasferita al regolatore esterno e quindi usata da quest’ultimo per stabilire un livello di CMt tale che induca gli operatori inefficienti a migliori performance.

Quando i rappresentanti del settore pubblico correttamente raccolgono e trasferiscono l’informazione rilevante, i CMt sono attesi essere inferiori (e sufficientemente prossimi) al valore dei CPt. Se riconosciamo l’informazione asimmetrica come il principale ostacolo per porre in essere schemi regolatori efficaci (con l’efficacia misurabile in termini di potenza dell’incentivo a rafforzare l’efficienza produttiva), il valore dei costi modellati rispettivamente ai CPt può essere utilizzata come prima approssimazione per testare la fattibilità del suddetto transfer informativo verso il regolatore13.

Se uno degli obiettivi del regolatore è quello di indurre i fornitori del servizio ad aumentare l’efficienza produttiva, dobbiamo riconoscere che al 2004, i risultati raggiunti nel servizio idrico integrato sono stati piuttosto deludenti: in 17 ATO (operati da società miste) su 21, i CMt sono stati addirittura superiori o pari al livello dei CPt: il che significa che il price-cap è stato determinato al suo valore più basso (0.5%). Questa debolezza del regolatore è comprensibile se consideriamo che tali valori, cosi come desunti dal Piano d’Ambito, si riferiscono al primo anno di concessione del servizio quando, come facilmente immaginabile, la struttura organizzativa non sempre è stata definita in modo preciso, il gestore del servizio non sempre è stato individuato chiaramente, la sua

12 Per esempio, quando CPt > CMt (1 + 0.2), il price-cap è almeno al 2%. 13 In questo esercizio, dovremmo tenere in considerazione le performance passate, quelle di altri operatori, l’innovazione tecnologica e ulteriori caratteristiche tecniche rilevanti, come ad esempio il livello dell’inflazione, la qualità del servizio e così via.

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performance non sempre ben conosciuta e il processo di learning-by-doing dei rappresentanti pubblici nella loro funzione di insider (o spie, come definite da Bös, 1991) è praticamente assente. Inutile aggiungere che, affinché il meccanismo sopra descritto funzioni in maniera appropriata, i rappresentanti pubblici devono avere specifiche competenze ed essere indipendenti nello svolgimento della loro attività di monitoraggio.

3.2.3 Implicazioni dell’iPPP per la riduzione dei costi di transazione

In questo paragrafo, intendiamo la nozione di controllo non solamente con riguardo al processo tecnologico dell’impresa (come abbiamo visto nel paragrafo precedente), ma anche con riguardo all’adempimento delle obbligazioni presenti nel contratto di concessione del servizio. In altre parole, ci concentriamo su un ulteriore vantaggio (potenziale) del nostro modello.

Nei servizi pubblici locali, ci sono altri aspetti oltre la regolazione della tariffa che meritano altrettanta considerazione14. In questa sezione, investighiamo se e come il nostro modello di iPPP può diminuire i costi necessari a far funzionare la concessione in maniera appropriata, assicurando soddisfacenti livelli di qualità, il rispetto della sostenibilità della risorsa idrica, e così via. Per soddisfare questi requisiti, l’autorità ha innanzitutto bisogno di preparare contratti di lungo termine di migliaia e migliaia di pagine per limitare le eventuali condotte opportunistiche poste in essere dal gestore del servizio. Una volta firmati questi contratti ci si attende che il fornitore del servizio si adegui, ma è inevitabile che anche in presenza di precise ed esaustive clausole questi contratti rimangano comunque incompleti. È stato largamente riconosciuto dalla letteratura che quando adottiamo la prospettiva toerica dei contratti incompleti, la proprietà diviene notevolemte rilevante (Hart 2002, 69), e dunque la società mista puo in questo senso aiutare:

“One of the insights of the recent literature on the firm is that, if the only imperfections are those arising from moral hazard or asymmetric information, organizational form -including ownership and firm boundaries- does not matter: an owner has no special power or rights since everything is specified in an initial contract (at least among the things that can ever be specified). In contrast, ownership does matter when contracts are incomplete: the owner of an asset or firm can then make all decisions concerning the asset or firm that are not included in an initial contract (the owner has residual control rights). Applying this insight to the privatization context yields the conclusion that in a complete contracting world the government does not need to own a firm to control its behaviour: any goals economic or otherwise- can be achieved via a detailed initial contract. However, if contracts are incomplete, as they are in practice, there is a case for the government to own an electricity company or prison since ownership gives the government special powers in the form of residual control rights” (Hart, 2002, 4).

Proseguiamo analizzando una peculiare caratteristica dell’iPPP: le dispute e le controversie che sorgono da contratti di concessione incompleti possono essere risolti internamente alla società, all’interno del CdA, senza che si renda necessario alcun ricorso a terze parti, come tribunali o arbitri. I problemi che sorgono durante la concessione ad

14 Condividiamo l’intuizione di Goldberg (1976), in base alla quale la regolazione puo essere implicitamente intesa come un contratto amministrato.

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Il PPP nella gestione del servizio idrico integrato

imprese private sono stati ben analizzati, tra gli altri, da Guasch (2005). Guardando ad un numero considerevole di gestioni del servizio pubblico in America Latina, l’autore conclude che la concessione del servizio al settore privato può implicare un numero considerevole di conflitti con operatori che non rispettano i termini contrattuali, abbandonano la gestione del servizio in corso d’opera, denunciano il rischio di bancarotta, rivolgono poca attenzione agli utenti, e soprattutto tentano di rinegoziare i termini del contratto.

Di fatto, a causa della loro natura incompleta, i contratti devono costantemente essere rivisti e/o rinegoziati. All’evolvere delle circostanze esterne, l’operatore privato tenterà di aggiustare i termini contrattuali a suo vantaggio, cercando migliori accordi rispetto a quello iniziale (ad esempio, chiedendo minori standard di qualità da rispettare a un dato livello della tariffa): come parziale rimedio le revisioni e/o le rinegoziazioni devono essere raggiunte in accordo con l’autorità di regolazione. Minore è la capacità del regolatore di verificare in che modo il partner privato esegue il contratto, maggiore sarà la probabilità di osservare condotte private opportunistiche. Lo strumento convenzionale attraverso il quale l’autorità controlla il fornitore del servizio è il Contratto di Servizio (nel servizio idrico integrato, la Convenzione di gestione). In quanto non è stato fattibile svolgere una rassegna di tutte le convenzioni dei servizi adottate nei 91 ATO abbiamo optato per concentrarci sulle Convenzioni tipo che, redatte dalla Regione, rappresentano il punto di partenza per preparare la Convenzione di gestione15.

La conclusione che abbiamo tratto è che le Convenzioni tipo sono estremamante lacunose e non rappresentano uno strumento utile attraverso il quale l’Autorità d’Ambito puo stilare una Convezione di gestione esaustiva e completa. Quindi, strumenti alternativi devono essere studiati per far fronte all’incompletezza dei contratti. Le imprese miste possono rappresentare, a certe condizioni, una soluzione percorribile per ridurre l’incertezza circa la condotta futura del partner privato. Innanzitutto, la percezione di un monitoraggio più stringente da parte del pubblico limita il margine di probabilità che il settore privato possa chiedere di rinegoziare il contratto. In secondo luogo, durante il processo di rinegoziazione, l’autorità pubblica può attenuare richieste esagerate in quanto dispone di maggiori informazioni e può affrontare le controversie internamente all’impresa, cioè in seno al CdA16. Se i rappresentanti del settore pubblico diverranno sempre più consapevoli della loro funzione all’interno delle società miste, potremo attenderci (rispetto al caso dei cPPP) un numero inferiore di richieste più equilibrate di rinegoziare il contratto. Appena i dati saranno disponibili, è raccomandabile un esame in questo senso.

4. CONCLUSIONI

15 In particolare, ci siamo rifatti su CoViRI (2002), una rassegna ad hoc delle Convezioni tipo adottate al 2001.16 In questo senso, anche la Commissione Europea (2004, para. 54). Questa idea è stata sviluppata da Bös (1991), secondo il quale il CdA può essere visto come un forum all’interno del quale i rappresentanti pubblici e privati possono difendere i loro rispettivi interessi (benessere sociale e massimizzazione del profitto) arrivando a soluzioni di compromesso per assestare gli obiettivi strategici dell’impresa.

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Il PPP nella gestione del servizio idrico integrato

In questo articolo, abbiamo condotto uno studio sul ruolo della società mista e dell’iPPP nella gestione del servizio idrico integrato. Date alcune circostanze, l’iPPP rappresenta una valida alternativa alla tradizionale gestione in-house e al cPPP, in quanto attraverso di esso può incentivarsi l’operatore regolato a realizzare migliori performance sotto il profilo dell’efficienza produttiva e ridursi in maniera più decisa il rischio di condotte (private) opportunistiche. Per sviluppare la nostra analisi, dalla teoria dei diritti di proprietà abbiamo preso a prestito l’intuizione secondo la quale la proprietà dell’impresa permette al soggetto (pubblico) di raccogliere maggiori informazioni circa l’organizzazione dell’impresa e il management (privato) del servizio. Seguendo tale percorso di ricerca, abbiamo concluso che l’iPPP può significativamente contribuire a ridurre l’asimmetria informativa che caratterizza il rapporto tra regolatore e regolato attraverso l’implementazione di una sorta di regolazione interna.

Disponendo di maggiori informazioni, l’ente locale (presente all’interno dell’impresa regolata e nell’autorità di regolazione) può stimolare il fornitore del servizio in maniera più efficace verso la riduzione dei costi operativi, e monitorarlo in maniera più rigorosa con riguardo all’adempimento delle obbligazioni contrattuali. Con riferimento a quest’ultima funzione, il CdA della società mista può costituire l’istituzione ideale nella quale i rappresentati del settore pubblico e di quello privato possono risolvere le dispute che inevitabilmente sorgeranno da contratti di concessione incompleti.

In questo lavoro, abbiamo dapprima esaminato le motivazioni che spingono gli enti locali alla creazione di società miste, e quindi all’adozione dell’iPPP. In secondo luogo, abbiamo cercato di affrontare la relazione tra proprietà ed informazione. Abbiamo sottolineato l’utilità di identificare una specifica configurazione di impresa mista per proporre un’analisi quanto più coerente, e presentato il nostro modello di riferimento. Abbiamo poi rivolto l’attenzione verso tre correlate problematiche regolatorie: innanzitutto, abbiamo approfondito la relazione tra performance dell’impresa e regolazione economica per comprendere la sua importanza relativamente ad altri fattori. Abbiamo investigato se, nel nostro modello, il ruolo svolto dall’ente locale può contribuire a ridurre il peso dell’asimmetria informativa e a regolare in maniera più efficace. Infine, abbiamo cercato di dimostrare che la società mista e l’iPPP permette di ridurre i costi di transazione, ovvero quei costi necessari a far funzionare in maniera corretta la concessione del servizio, anche attraverso la risoluzione interna di tutte quelle dispute che seguono all’incompletezza dei contratti e si instaurano tra autorità locali e service provider.

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