Il Mondo Domani. Il clima che verrà

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ISSN 1724-7594 POSTE ITALIANE SPA - SPEDIZIONE INABB.POSTALE DL 35372003 (CONVERTITO IN LEGGE 27/02/2004 - N.46)ART. 1, COMMA 2 - DCB - ROMAANNO XXX NUOVA SERIE - N.1 GENNAIO - FEBRAIO 2010 il clima che verrà uniti per i bambini il MONDODOMANI Bimestrale del Comitato Italiano per l'UNICEF - Onlus il MONDODOMANI Bimestrale del Comitato Italiano per l'UNICEF - Onlus

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La riduzione delle risorse idriche,l’innalzamento degli oceani e la desertificazione sono solo alcune delle conseguenze del surriscaldamento globale. Principali vittime di questi processi saranno, come spesso accade, i bambini nei paesi in via di sviluppo i quali dovranno fuggire dalle terre nelle quali sono nati per emigrare, con le loro famiglie, in luoghi che possano assicurare la loro sussistenza. Questo munero de Il Mondo Domani dà spazio a vari contributi sul tema del cambiamento climatico.

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Anno XXX nuova serien°1 gennaio-febbraio 2010Il mondodomani

Registrazione Tribunale di Roman. 304 del 25.5.89

DirettoreVincenzo Spadafora

Direttore responsabileSusanna Bucci

RedazioneSilvia AntoniniPatrizia PaternòRaffaella Zannetti

Si ringraziano tutti coloroche hanno collaboratoa questo numero:

Yoko Akachi, Valentina Bosetti, DonnaGoodman, Miriam Marta, David Parker,Ermete Realacci, Adriana Sartore,Guido Viale

Redazione e amministrazioneVia Palestro, 68 00185 Romatel 06478091 - fax [email protected]/mondodomani

Progetto grafico Silvia PersiImpaginazione KaomaStampa PrimeGrafVia Ugo Niutta, 2 00176 Romatel 062428352 - fax 062411356

Finito di stampare il 27/02/2010su carta ecologica e riciclata Symbol Freelife Satin

Le opinioni espresse dagli autori non riflettononecessariamente il pensiero dell’UNICEF e delComitato Italiano per l’UNICEF - Onlus

Contributo annuale per spese di stampa espedizione 20,00 euro da versare sul ccp745000 intestato a Comitato Italiano perl'UNICEF - Onlus, con causale: “ilmondodomani”

INFORMATIVA SULLA PRIVACYAi sensi dell’art. 13, d. lgs 196/2003I dati saranno trattati da Comitato Italiano per l’UNICEF Onlus– titolare del trattamento –Via Palestro 68, 00185 Roma, perle operazioni connesse alla donazione, per informare suiniziative e progetti realizzati anche grazie al contributoerogato e per inviare il catalogo prodotti, la rivista ed ilmateriale informativo riservati ai sostenitori, per campagne diraccolta fondi e sondaggi. Previo consenso, le informazionipotranno essere inviate anche via fax e e-mail. I dati sarannotrattati, manualmente ed elettronicamente con metodologiedi analisi statistica, esclusivamente dalla nostraorganizzazione e dai responsabili preposti a servizi connessi aquanto sopra; non saranno comunicati né diffusi né trasferitiall’estero e saranno sottoposti a idonee procedure disicurezza. Gli incaricati del trattamento per i predetti finipossono essere preposti ai rapporti con i sostenitori, al callcenter, ai sistemi informativi, all’organizzazione di campagnedi raccolta fondi, alla preparazione e all’invio di materialeinformativo. Ai sensi dell’art. 7, d. lgs 196/2003, si possonoesercitare i relativi diritti fra cui consultare, modificare,cancellare i dati od opporsi al loro trattamento per l’inviodimateriale informativo rivolgendosi al titolare al suddettoindirizzo, presso cui è disponibile, a richiesta, l’elenco deiresponsabili del trattamento.

editoriale

Giovani ambasciatori per il climadi Vincenzo Spadafora, Presidente Comitato Italiano per l’UNICEF

La volontà del Comitato italiano per l’UNICEF aimpegnarsi attivamente sulle tematicheambientali rappresenta, oltre che tappa storicaper la nostra organizzazione, una presa dicoscienza nei confronti di un problema globaleche ci riguarda, e ci riguarderà, sempre più davicino. Di fronte alle difficoltà della politica atrovare accordi sia nazionali che internazionali,non ultimo il summit di Copenaghen, perridurre le emissioni che causano ilsurriscaldamento climatico è compito dellasocietà civile prendersi le proprieresponsabilità al fine di garantire “uno sviluppoche soddisfi i bisogni del presente senzacompromettere la possibilità delle generazionifuture di soddisfare i propri bisogni”. Questadefinizione di sviluppo, elaborata dallacommissione Brundtland nel 1987, deverappresentare il contesto all’interno del qualesviluppare l’impegno dell’UNICEF per i dirittidei bambini.Parlare di cooperazione internazionale oggi,infatti, non può prescindere dall’adottare unavisione più olistica di sviluppo che comprenda,al fianco dell’azione quotidiana per i dirittidell’infanzia, un impegno per il rispettodell’ambiente.La riduzione delle risorse idriche,l’innalzamento degli oceani e ladesertificazione sono solo alcune delleconseguenze del surriscaldamento globale.Principali vittime di questi processi saranno,come spesso accade, i bambini nei paesi in viadi sviluppo i quali dovranno fuggire dalle terrenelle quali sono nati per emigrare, con le lorofamiglie, in luoghi che possano assicurare laloro sussistenza. Inoltre, il global warmingrenderà più frequenti e più dure da guarirealcune malattie come la malaria che è già trale principali cause di mortalità sotto i 5 anni.

Di fronte a questi scenari il nostro Comitatodeve avere l’ambizione di prendersi unimpegno concreto e rappresentare una bestpractice tra le associazioni che si occupano deinostri stessi temi. Questa volontà, manifestanel piano strategico, ci porterà ad avviare, giàdurante l’anno in corso, una serie di iniziativesui temi ambientali sia a livello di advocacyche a livello di struttura.Sotto il profilo della sensibilizzazione, questonumero de “il mondodomani”, apre la stradaad altre iniziative che saranno promosse sia alivello nazionale che locale grazie, anche alcoinvolgimento dei nostri giovani volontari,alcuni dei quali si sono recati a Copenaghenper il controvertice del Summit, partecipandoal Children’s Climate Forum e diventandoClimate Ambassadors. I ragazzi, di cuiparliamo nelle pagine successive, porterannoavanti campagne di sensibilizzazione per ilrispetto dell’ambiente e sul cambiamentodegli stili di vita come dimostrazione di unimpegno personale che può fare la differenzae creare un circolo virtuoso a livello globale.Concretamente, poi, provvederemo ad avviareun assessment della nostra struttura percomprenderne gli attuali costi energetici el’uso delle risorse al fine di diminuire glisprechi e poter raggiungere così il dupliceobiettivo di abbassare gli esborsi e dimigliorare l’impatto ambientale del ComitatoItaliano per l'UNICEF.Quello che iniziamo oggi è un percorso lungoche rientra nell’aspirazione crescente didiventare un soggetto di cambiamentoculturale e che viene ispirato dallaconsapevolezza che il nostro lavoro, neldifendere i diritti dei bambini di oggi, devemirare a difendere i diritti dell’infanzia delfuturo.

03 La strada della conversioneecologicadi Guido Viale

06 La geografiadei cambiamenti climaticidi Miriam Marta

08 Sulla pelle dei bambinidiYoko Akachi, Donna Goodman,

David Parker

10 La voce dei ragazzisul clima e sull’ambiente

11 “Green economy”in salsa italianadi Ermete Realacci

16 Libria cura di Patrizia Paternò

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Inquesto

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La variabilità climatica e l'aumento delle precipitazioni, oltre a modificare ambiente naturale e quellourbanizzato, determinano l'aumento delle malattie idroveicolate, come la malaria, che attualmente minaccia

la vita di 800.000 mila bambini al giorno. Zone da tempo ormai libere dalla malaria, hanno assistitoad una recrudescenza della malattia, come nelle aree montuose del Kenya e in Jamaica.

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Oggi i bambini soffrono, e spesso contraggonomalattie irreversibili, per via dell’inquinamento deinostri sistemi di produzione e di consumo. Mamolti, e questo succede soprattutto nei paesi delSud del mondo, quelli più esposti agli effetti deicambiamenti climatici come desertificazione,siccità, alluvioni, uragani, soffrono anche perchégià ora stanno venendo meno le basi delleeconomie di sussistenza su cui si basava il loromodo di vivere; e vengono meno soprattutto,anche se non solo, perché il modo di vivere, diprodurre e di consumare di una parte minoritariadella popolazione sta distruggendo l’equilibrioclimatico del pianeta.Ma domani, quando saranno adulti, le cose

andranno molto peggio: gli eventi estremi, comealluvioni, siccità, uragani si moltiplicheranno; ladesertificazione avanzerà a passi da gigante;migrare diventerà una necessità per milioni - eforse miliardi - di esseri umani che troveranno difronte a sé barriere sempre più alte, più crudeli epiù spietate, innalzate da chi starà meglio, opretenderà di stare meglio di loro.Il mondo che “ospiterà” la maggioranza dei

bambini di oggi e degli adulti di domani è unmondo senza speranza (che è un sentimentosoggettivo e fideistico) e senza aspettative (che èinvece un dato di fatto fondato su conoscenzecerte). Per questo si dissolve rapidamente tra tutti- tanto nelle società opulente e “moderne” quantonelle comunità tradizionali e deprivate - il sensodell’etica, la coscienza di operare per qualche cosache dura e che esiste ed esisterà anche per altri.“Se Dio non esiste, tutto è possibile” scrivevaDostoevskij. Ma se non esiste più il futuro, se ilfuturo non sorregge più alcuna speranza, quellatesi è mille volte più vera.I Governi e i governanti che hanno mandato in

fumo le speranze e le aspettative riposte sulvertice di Copenhagen dello scorso dicembre sisono assunti una responsabilità che è mille voltemaggiore di quella di chi si limita a non rispettareun impegno già preso. L’impegno è quellocontratto dagli oltre 190 Stati che hanno firmato laConvenzione sui cambiamenti climatici presentata

al vertice di Rio de Janeiro del 1992 e la cuitraduzione in pratica si è trascinata, con alternevicende, ma senza sostanziali realizzazioni (ancheda parte di chi aveva successivamente sottoscrittogli obiettivi minimali previsti dai protocolli di Kyoto,come il Governo italiano) fino ai giorni nostri.Questi Governi non si limitano a lasciare libero

il passo all’apocalisse climatica che un numeroormai soverchiante di scienziati prospetta nel casoche non si prendano i provvedimenti che a

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copertina

La strada della conversione ecologicaI bambini di oggi sono gli adulti di domani: le donne, gli uomini, e i loro figli, cioè coloroche popoleranno il mondo che noi stiamo preparando con quello che facciamo, e conquello che non facciamo, oggi.

di Guido Viale

Economista e scrittore italiano, lavora a Milano in una società di ricerche economiche e sociali, si occu-

pa di politiche attive del lavoro in campo ambientale. È membro del Comitato tecnico-scientifico

dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente (ex Anpa, ora ISPRA).

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Copenhagen non si sono voluti prendere. Essistanno anche lanciando il messaggio a tutta lapopolazione mondiale, e in particolare ai bambini,mano a mano che prenderanno coscienza dellaloro situazione (e non c’è dubbio che laprenderanno presto, anche perché gli effetti deicambiamenti climatici sono sempre più evidentiper tutti) che di loro se ne infischiano, perchébusiness is business e gli interessi immediati delmondo degli affari non possono sottomettersi aquelli di lungo periodo della popolazione mondiale.Così da Rio de Janeiro a Copenhagen,

passando per Kyoto, Johannesburg e Bali, i verticidei cosiddetti “Grandi della Terra” si stannorivelando una vera truffa. L’esempio l’ha dato il G8dell’Aquila: una sfilata di governanti organizzata perrilanciare l’immagine di un premier schiacciatodagli scandali, addobbata con il dolore e ledisgrazie di una popolazione colpita da un eventocatastrofico, senza che tra la vacua ostentazionedegli uni e la miseria degli altri si instaurasse alcunrapporto. Tutti quei vertici, in realtà, vengono fattiin nome del bene dei popoli, del pianeta, delfuturo, e non servono che a celebrare la potenza -ma anche, ormai, a evidenziare l’impotenza - dei“Grandi”.Che fare, allora? È ora che tutti, e ciascuno

anche in nome e per conto dei bambini di questomondo, tanto i propri figli che quelli degli altri,prendano in mano il timone della barca che ci devetraghettare verso il futuro. Certo non è una cosafacile.Ciascuno di noi si trova ormai, insieme al

mondo intero, di fronte a un bivio, anche se molti

non ne hanno ancora piena consapevolezza. Senon vogliamo che il pianeta precipiti entro breve inun caos ambientale, destinato a tradursi anche inuna catastrofe sociale, occorre imboccare la stradadi una grande conversione ecologica.Conversione è il termine che Alex Langer, forse

il maggior esponente dell’ambientalismo e delpacifismo della seconda metà del secolo scorso,sosteneva di preferire a parole come rivoluzione(che pure lo aveva affascinato durante la primaparte della sua vita), ma anche a riforma, svolta oristrutturazione: non solo perché queste parolesono logore, ma perché conversione rimanda siaalla trasformazione - macro - del contesto socialeche a quella - micro - delle coscienze e deicomportamenti individuali.Questa assonanza tra il soggettivo e il sociale,

tra il personale e la struttura, richiamairrevocabilmente un’altra assonanza: quella tra lacrisi ambientale, gli squilibri economici planetari,l’impoverimento dei rapporti sociali, il pesocrescente dell’aggressività e della guerra nellasoluzione dei conflitti politici, da un lato, e il nostromodo di pensare, i nostri comportamentiindividuali nel lavoro e nel consumo, la cultura incui siamo immersi, dall’altro. Non c’è dubbio chelo scenario “macro” si radica nei nostricomportamenti quotidiani “micro” almeno quantoquesti si radicano nei primi: basta pensare allanostra sete quotidiana di petrolio, che è la causaprincipale di quasi tutti i conflitti dell’ultimo secolo.Questa assonanza ci fornisce indicazioni

ineludibili sulla linea di condotta da seguire: è neinostri comportamenti, nella capacità di creare un

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contesto più favorevole a una vita menodipendente dallo spreco di risorse, meno orientataa misurare il successo con il reddito e il consumo,meno governata dall’aggressività, che possiamotrovare le condizioni per un’azione politica chepersegua obiettivi realistici di trasformazione dellasocietà.Certamente è difficile ricondurre a un disegno o

a un programma unitari la molteplicità degliobiettivi che in tutto il mondo vedono impegnatoun numero crescente di iniziative dal basso, dicomitati popolari, di mezzi di comunicazione, dielaborazioni teoriche, di sperimentazioni pratiche eanche di lotte e conflitti sociali. Come èprobabilmente irrealistico definire un “modello disocietà” su cui far convergere anche solo unaparte consistente di questi processi. Ma senzapretese di esaustività, si può però cercare disintetizzare alcuni elementi che accomunanosituazioni e contesti per altro verso assi differenti enon di rado in reciproca contraddizione.In primo luogo, la pace. La guerra di stati,difensiva o offensiva, azzera ogni possibilità ditrasformare la società “dal basso”.In secondo luogo, il rifiuto del razzismo in tutte

le sue manifestazioni. Oggi al razzismo sono beneo male riconducibili quasi tutti i conflitti cheattraversano la società: quelli tra ricchi e poveri, trainclusione ed esclusione, tra precarietà esicurezza, tra solidarietà e competizione, trasperanza e paure.In terzo luogo, la difesa dei “beni comuni”, nella

loro natura di risorse indivisibili: acque, atmosfera,qualità dell’aria, diversità biologica, integrità delterritorio, salute, spazi pubblici, saperi, strumenti di

comunicazione, ecc.La democrazia dal basso e lo spazio pubblico

che si sviluppano spesso in contesti come quellicreati dalla difesa dei beni comuni, sono basati ecorroborati da uno studio dei problemi e daun’analisi dei costi e dei benefici delle soluzioniproposte; ma anche da una fiducia reciproca nelleproprie forze e nel proprio impegno che hanno leloro basi in una varietà di saperi tecnici e gestionaliormai diffusi, disseminati tra la popolazione, e nonpiù appannaggio di una casta di professionisti o diun’organizzazione aziendale arroccata nella difesadei suoi know-how. Le nuove forme dipartecipazione - o le nuove rivendicazioni dipartecipare - ai processi decisionali sono di fattoindisgiungibili dal “bene comune” conoscenza.La difesa dei beni comuni allude e conduce a

un rapporto con le cose, con il mondo deglioggetti, con l’ambiente fisico in cui viviamo, menostrumentale, meno cinico, meno finalizzato a unmero funzionalismo (quello per cui una cosa,qualsiasi cosa, vale solo finché e in quanto ciserve), per includere una dimensione affettiva,emotiva, estetica: dalla difesa del paesaggio allalotta contro le manipolazioni genetiche senzacautele; dalla salvaguardia dei prodotti,dell’alimentazione, del sapere e del saper faretipici o tradizionali ai gruppi di acquisto solidali; dalrecupero dell’usato alla promozione del riciclaggio.È una dimensione che le regole del mercato

hanno per lo più espunto dal mondo e checostituisce invece una componente essenzialedella salvaguardia della salute, nostra e altrui, dellenostre come delle future generazioni.

Questa donna sistemapezzi di plastica, ricavatida bottiglie di bibite, adasciugare al sole. Unavolta essiccati, sarannovenduti ai produttori dimateriali plastici perfarne giocattoli, utensilidomestici, secchi. Ilguadagno è di 20 taka alchilo (100 taka equival-gono a circa 1 euro).In Bangladesh - comein altri paesi - migliaia

di donne e bambiniraccolgono e riciclanosacchetti di plastica,ossa di animali, carta,metallo e rifiuti vari.

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Nella storia della Terra ci sono esempi di civiltà,dal Mediterraneo all’America centrale, che si sonoestinte per il progressivo depauperamento dellerisorse disponibili. Esempi lampanti sono quellidell’Isola di Pasqua, completamente denudatadella sua fitta foresta, e del popolo Maya che haattuato un tale sovrasfruttamento delle terrecoltivabili da causarne l’erosione. Possibile chequesti popoli non si fossero resi conto chestavano minando la loro stessa sopravvivenza?Analoga domanda possiamo porci oggi, poiché

il modello dominante di consumo delle risorse hacausato gravi impatti sull’ambiente naturale, tantoda comprometterne la capacità di carico.In un mondo sovrappopolato e in costante

crescita desta particolare preoccupazione, per leripercussioni sul lungo periodo, il contributo delleattività antropiche al riscaldamento globale. Il fattoche il clima subisca variazioni non dipende solodall’uomo, ma anche dall’evoluzione naturale dicicli glaciali e interglaciali, come la ricerca hadimostrato da tempo in modo anche dettagliato.Tuttavia l’aumento di temperatura registrato

nell’ultimo secolo, è stato molto più rapido diquanto il pianeta abbia mai sperimentato e questopianeta quanto meno il dubbio che vi sia una

specifica influenza delle attività umane (fig.1).Secondo la Convenzione delle Nazioni Unite per laLotta ai Cambiamenti Climatici (UNFCCC),ratificata nel 1994, i cambiamenti climatici sonoquelle modifiche attribuibili direttamente oindirettamente all’uomo che alterano lacomposizione dell’atmosfera. Il processo diriscaldamento globale, osservato sul pianeta negliultimi 50 anni, è imputabile, secondo il panelintergovernativo di esperti sul cambiamentoclimatico (IPCC), al costante aumentodell’immissione in atmosfera dei gas serra, inparticolare dell’anidride carbonica, dovuto alleattività antropiche (www.ipcc.ch). Le emissioniannuali di CO2 sono cresciute, dal 1970 al 2004,dell’80%, con un incremento particolarmenteelevato nell’ultimo decennio (fig. 2) a causa dellosviluppo del settore energetico, industriale e deitrasporti.Il riscaldamento del clima, osservabile nelle

temperature dell’atmosfera, del suolo e deglistrati superficiali del mare, presenta lemanifestazioni più evidenti nello scioglimento deighiacciai, nell’innalzamento del livello dei mari,nella maggiore frequenza e intensità di eventiatmosferici estremi, come uragani e alluvioni,nell’alterazione degli ecosistemi terrestri e marini,nell’avanzamento dei processi di acidificazione edesertificazione. Nell’ultimo secolo si è assistito aun aumento medio di temperatura di 0,74 °C e aun conseguente innalzamento del livello mediodel mare tra i 12 e i 22 cm. Vale la penasottolineare che in Italia il riscaldamento misuratodal 1860 ad oggi è di circa 1°C, un valoresuperiore sia a quello europeo sia a quelloplanetario. La variazione delle precipitazioni è lamanifestazione più evidente nel nostro paese,dove si è registrato un aumento significativo delnumero di giorni fortemente piovosi e dellealluvioni. L’impatto dei cambiamenti climatici è,infatti, variabile a seconda delle caratteristichefisiche e della vulnerabilità dei diversi territori. Lavulnerabilità determina quanto sarà forte l’effettodi un certo fenomeno e in sostanza quanto"costerà" il cambiamento climatico in terminieconomici e soprattutto di vite umane.

metamorfosi

La geografia dei cambiamenti climaticiIl popolamento, le migrazioni, la distribuzione degli uomini sulla Terra sono, da sempre,guidate dalle potenzialità espresse dai territori, fortemente dipendenti dalla presenza dicondizioni climatiche favorevoli e dalla disponibilità di acqua. Il destino di una società e diun popolo è dunque associato alla capacità di preservare l’ambiente in cui vive.

di Miriam MartaResponsabile ambiente “Associazione Italiana Insegnanti di Geografia”, Università degli Studi “LaSapienza” di Roma.

Figura 1. Trend di crescita della temperatura media annua nei vari continenti nel periodo1901-2000 (linea nera). La fascia azzurra descrive l’andamento della temperaturaimputabile a sole cause naturali mentre quella rosa rappresenta il risultato dellacombinazione di fattori naturali e antropici, secondo una tendenza più simile a quellariscontrata nella realtà.Fonte Dati: IPCC, Climate Change 2007: Synthesis Report. Contribution of WorkingGroups I, II and III to the Fourth Assessment Report of the Intergovernmental Panel onClimate Change, Geneva, IPCC, 2007.

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Nonostante i paesi “ricchi” siano responsabilidel 50% di produzione dei gas serra, ilriscaldamento globale contribuisce a inasprire lecondizioni di vita in aree marginali e svantaggiate,che già soffrono della carenza di acqua e cibo eche in futuro saranno ancor più soggette afenomeni estremi, come alluvioni e inondazioni, oall’avanzata della desertificazione. La popolazionedi questi paesi, con tassi di crescita esponenziali,non trova - e sempre meno troverà - in questiterritori i mezzi per il suo sostentamento e saràdunque costretta ad emigrare verso le aree “forti”del pianeta. Combattere il riscaldamento globale,attraverso l’individuazione di un nuovo modello diproduzione e consumo delle risorse, può quindicontribuire anche a colmare il divario crescentetra Nord e Sud del mondo e garantire l’accesso aquei beni di cui ora dispone solo una parte dellapopolazione mondiale.

BiodiversitàI cambiamenti climatici sono diventati anche laprincipale minaccia per la conservazione dellabiodiversità (www.millenniumassessment.org),vale a dire la varietà di forme di vita e di ambientipresenti sulla Terra, frutto dell’evoluzione naturalee dell’influenza umana: un patrimonio dal qualedipendiamo ogni giorno e al quale ricorriamo perla produzione di energia, l’agricoltura, l’industriafarmaceutica, le attività turistiche e ricreative, letradizioni culturali, le funzioni ecologiche. Dunqueproteggere la biodiversità è essenziale per ilmantenimento della vita sulla Terra. A dispetto diquesta considerazione, tuttavia, le attività umanestanno mettendo a dura prova la sopravvivenza dimolti ecosistemi naturali a causa delle modificheoccorse agli ambienti e ai cicli naturali chespingono numerose specie verso l’estinzione. Labiodiversità, invece, può giocare un ruolo chiavesia nell’adattamento sia nella mitigazione deicambiamenti climatici: si pensi al ruolo delleforeste nell’assorbimento della CO2 o allacapacità di alcuni ecosistemi naturali di ridurre gliimpatti disastrosi delle alluvioni e di altri eventimeteorologici. L’occasione dell’AnnoInternazionale della Biodiversità (www.cbd.int),proclamato dalle Nazioni Unite per il 2010, nonpuò non essere colta per sensibilizzare l’opinionepubblica su un tema così importante come quellodella tutela della diversità biologica, per ilbenessere delle attuali e future generazioni, anchein funzione degli effetti benefici sul clima.Manca ancora la consapevolezza che i beni

ambientali comuni, come il clima e la biodiversità,siano una responsabilità di tutti proprio perchéappartengono alla collettività. Senza cadere inatteggiamenti allarmistici o fatalisti oggi èimportante scegliere come intervenire ai diversilivelli, da quello globale a quello locale. I governi

devono individuare le regole e gli strumenti perpromuovere un uso sostenibile delle risorsenaturali, ma tutta la società civile deve sentirsicoinvolta in questo processo, le comunità locali ei singoli individui; saranno, infatti, le scelte dimiliardi di individui a decretare questocambiamento di rotta nel rapporto uomo-ambiente. L’impegno e la capacità di esercitareuna pressione sui governi da parte dellepopolazioni è essenziale, anche per usciredall’impasse nella quale si è arenata lanegoziazione internazionale. Le misure per lariduzione dell’emissione dei gas serra previste dalProtocollo di Kyoto, entrato in vigore nel 2005dopo sette anni dalla sua prima sottoscrizione,non sono sufficienti per invertire la rotta e ridurredrasticamente la produzione di CO2. C’è bisognodi un nuovo accordo più forte e che, soprattuttocoinvolga i paesi che ne sono rimasti esclusi,come Cina e India, il cui peso in terminidemografici e di consumi è in progressivo esignificativo aumento. L’accordo di Copenaghen,appena sottoscritto (dicembre 2009), è statoun’occasione mancata per la perdita di importanzadelle Nazioni Unite e il dominio di cinque paesi(Stati Uniti, Cina, India, Brasile e Sudafrica) chehanno, di fatto, scelto per tutti gli altri.La sfida che hanno davanti le future

generazioni è dunque di arrestare, o quantomeno rallentare, il processo di riscaldamentoglobale del pianeta, trovando nuovi modelli diconsumo delle risorse, soprattutto energetici. Lescelte sono obbligate: ridurre le emissioni eprediligere forme di energia rinnovabile, arrestarela deforestazione e attuare programmi dirimboschimento, promuovere un cambiamentodegli stili di vita, affrontare una volta per tutte laquestione e le conseguenze del riscaldamentoglobale, nella consapevolezza che le decisioniprese oggi, in un senso o nell’altro, hanno unimpatto sugli scenari di vita del pianeta nel lungoperiodo.

Figura 2. Trend di crescita delle emissioni di CO2 dal 1970 al 2004; produzione di CO2 persettore riferita all’anno 2004.Fonte Dati: IPCC, Climate Change 2007: Synthesis Report. Contribution of WorkingGroups I, II and III to the Fourth Assessment Report of the Intergovernmental Panel onClimate Change, Geneva, IPCC, 2007.

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Secondo stime dell’Organizzazione Mondiale dellaSanità, un terzo del dato globale relativo alle malattieinfantili è dovuto a fattori modificabili presenti nell’aria,nell’acqua, nel suolo e nel cibo.Analisi dei sistemi geofisici individuano diversi

"punti critici" in cui gli effetti del cambiamentoclimatico potrebbe giocare un ruolo decisivo - comealterazioni nella circolazione nella corrente del Golfo,nel monsone asiatico, nel deserto del Sahara e nellecalotte glaciali dell’Antartico.Gli effetti del cambiamento climatico saranno

pesantemente concentrati sulle popolazioni piùpovere a latitudini dove il clima ha già le più graviconseguenze per la salute e dove malnutrizione,diarrea e malaria, sono già comuni.L'esposizione agli effetti del cambiamento

climatico durante l'infanzia può causare danniimmediati o che si manifestano nell’età adulta e siperpetrano di generazione in generazione.L'impatto diretto di catastrofi naturali come

inondazioni, tempeste, siccità e ondate di calore puòdeterminare effetti negativi sulla salute, che vanno dalesioni fisiche, all’annegamento a incidenti da stressda calore, a malattie respiratorie e traumi.I cambiamenti climatici influenzano i raccolti, che

ovviamente sono associati alla produzione alimentare;interagiscono con la malnutrizione e aggravano lemalattie, soprattutto quelle infantili, come la diarrea;possono influenzare anche la distribuzione geograficadelle malattie trasmesse da vettori, come la malaria, ildengue e la schistosomiasi.Globalmente, 66,5 milioni di bambini, ogni anno,

sono stati colpiti da calamità, tra il 1990 e il 2000 e sistima che 375 milioni sia il numero di persone che nesaranno colpite entro l’anno 2015.Le gravi inondazioni avvenute nel distretto di

Sarlahi, in Nepal, nel 2008, hanno fatto registrare unaumento dei tassi di mortalità infantile, superiori di 6volte rispetto a quelli dell’anno precedente il diluvio.Gli effetti a lungo termine delle alluvioni

salute

Sulla pelle dei bambiniOrmai si è raggiunto il più alto consenso scientifico sul fatto che il cambiamento climaticoglobale stia determinando conseguenze gravi sulla vita umana. I dati disponibili indicanoche i bambini sono i più vulnerabili e che a loro bisogna rivolgere la massima priorità diintervento.

diYoko Akachi, Donna Goodman, David ParkerYoko Akachi è attualmente ricercatore presso il “Program on the Global Demography of aging”, CentroStudi Harvard su popolazione e sviluppo. Donna Goodman è stata consigliere in materia di ambientee cambiamento climatico, per l'UNICEF, ed è attualmente direttore esecutivo dell'Istituto Earthchild.David Parker è Vice Direttore dell’Istituto UNICEF IRC - Innocenti Research Centre, a Firenze.

146 milioni.È il numero di

abitanti in areeche saranno, entro

breve, colpitedall’innalzamento

del livellodel mare.

20. È la percentua-le di ghiaccio dellacalotta polare chesi è disciolto com-

pletamente dal1979.

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evidenziano l'aumento delle malattie trasmissibili,come quelle causate dall'ingestione di acquacontaminata: colera, epatite A e leptospirosi.L’accesso all'acqua pulita, non è ancora disponibile

per più di 1 miliardo di persone in tutto il mondo. Ilcambiamento climatico aumenterà l'incidenza e lagravità delle malattie diarroiche. Per esempio inseguito al periodo de El Niño in Perù, i ricoveri perdiarrea infantile sono aumentati dell' 8 per cento per1° C di aumento della temperatura media. Basta chela temperatura salga di un grado sopra la normaperché le malattie diarroiche aumentino in milioni dicasi nel mondo. Fattori associati con altetemperature, bassa umidità e aumento dei corsifluviali, alzano l'incidenza del rotavirus - la principalecausa di diarrea infantile, come è avvenuto a Dacca,in Bangladesh, nel 2007.

La malariaLa malaria è una malattia molto legata alle condizioniambientali e alla quale i bambini sono particolarmentevulnerabili. Secondo l'OMS, la malaria provocaattualmente da 350 a 500 milioni di casi all'anno e piùdi 1 milione di decessi. Perché non hanno sviluppatoun’immunità specifica, il 75% delle morti per malariariguarda bambini di età inferiore ai 5 anni. Latansmissione di malattie veicolate dalle zanzare,come la malaria, sono influenzate da fattori comeprecipitazioni, umidità, temperatura e livello delleacque superficiali, che influiscono sulla riproduzionedel vettore e sulla durata della sua vita.Cambiamenti in questi fattori ambientali stanno

agevolando la trasmissione della malaria nelle zone incui era stata precedentemente eliminata - come adesempio negli altopiani del Kenya e della Giamaica enei paesi temperati: Armenia, Azerbaigian,TagikistaneTurkmenistan.

EsodiLe catastrofi naturali come inondazioni, siccità, maanche il degrado ambientale possono portare aspostamenti della popolazione. Conflitti, instabilitàpolitica e guerra, le cui cause possono, in alcuni casi,essere una risposta ai cambiamenti ambientali comela scarsità d'acqua, determinano seppureindirettamente l'immigrazione e la dislocazionetemporanea. Donne e bambini rappresentano unapercentuale considerevole di sfollati a seguito dicatastrofi naturali e sono i più suscettibili agli effettinegativi della malnutrizione, di epidemie e malattie.Attraverso questi spostamenti, patologie già esistentipossono essere aggravate e possono esserneacquisite di nuove. Ad esempio, la diffusione dellamalaria falciparum resistente alla clorochina è statafacilitata dai movimenti massicci delle popolazioni, inparticolare dei rifugiati nel sudest e nel Sud dell'Asia.

Effetti sulla nutrizioneLa popolazione totale di oltre 80 paesi poveri con

insufficienza alimentare ammonta a circa 4,2 miliardidi persone, oltre il 70% della popolazione mondiale. Ecirca il 20% di questa popolazione è consideratadenutrita. Una valutazione degli impatti delcambiamento climatico sugli agro-ecosistemievidenzia che, entro la fine del secolo, la popolazionetotale dei paesi con insicurezza alimentare puòrappresentare circa l'80% della popolazione mondiale.La denutrizione, che comprende arresto della

crescita, scarsa accrescimento fetale e micro carenzenutrizionali, è la concausa di almeno 3,5 milioni dimorti, e del 35% dell’incidenza delle malattie neibambini di età inferiore ai 5 anni.Allo stesso modo, i disastri naturali che portano al

collasso agricolo e alla mancanza di accesso al cibocontribuiscono al peggioramento di malattie come lamalaria e la diarrea. Il cambiamento e la variabilitàclimatica può incidere sulla salute indirettamenteattraverso il sistema ecologico, provocando danniirreversibili ai terreni coltivabili e alle risorse idriche inalcune regioni, con gravi conseguenze locali per laproduzione alimentare.

Educare alla prevenzioneIniziative volte alla riduzione del rischio possonoeducare le famiglie e i bambini attraverso sempliciazioni e pratiche in grado di proteggere la vita e i benipersonali in caso di calamità naturali.Programmi di sensibilizzazione nelle scuole, e

nelle comunità possono favorire una cultura dellaprevenzione e della responsabilizzazione.La partecipazione dei bambini a queste attività è

riuscita ad aumentare la consapevolezza circa il lororuolo come agenti di cambiamento. Basandosi sullapremessa che ciò che i bambini imparano oggi daràforma al mondo di domani, è necessario infondere laconsapevolezza ambientale in giovane età e potràrivelarsi un modo assai efficace per proteggerel’ambiente.Programmi che migliorano la disponibilità e la

qualità dell’educazione ambientale sono interventifondamentali per il cambiamento a lungo termine. Lescuole - e in particolare le scuole elementari - sono gliambiti ideali per aumentare la conoscenza ambientaledei bambini.Per divenire agenti di cambiamento, poi i giovani

dovranno tradurre le loro conoscenze in azioniconcrete. Programmi che promuovano lapartecipazione dei bambini in iniziative ambientalilocali e che diano voce ai ragazzi nei processi disviluppo locale, nazionale e globale, sono tutti modiper contribuire a realizzare il potenziale giovanile perplasmare e migliorare il mondo (come recentementeavvenuto al Children’s Climate Forum di Copenaghen,vedi pagina successiva, ndr).A tal fine, il Programma Ambientale delle Nazioni

Unite e l'UNICEF stanno mettendo a punto un kitdidattico sulle risorse ambientali per le Scuole Amichedei Bambini.

• Fonti: Discussion Paper– IDP No. 2009-03,UNICEF InnocentiResearch Centre “GlobalClimate Change andChild Health: A review ofpathways, impacts andmeasures to improve theevidence base,consultabile on-line suhttp://www.unicef-irc.org/cgi-bin/unicef/title_down_bydate.sql?DATA=2009;“Climate Change andChildren”,www.unicef.org; “UNICEF UK ClimateChange Report 2008”www.unicef.org.uk/climatechange.

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Nel dicembre del 2009, i capi di stati di tutto ilmondo, si sono riuniti a Copenhagen (Danimarca)per il Vertice Mondiale sul Cambiamento Climatico- denominato COP15 (che sta per: quindici annidopo l’accordo di Kyoto), per discutere laproblematica del cambiamento climatico e arrivarea un accordo per la riduzione delle emissioni diCO2. In quella stessa occasione si è tenuto,organizzato dall’UNICEF, il Forum Internazionaledei Ragazzi per il Clima. Anche i ragazzi italiani delgruppo YOUNICEF hanno partecipato al Foruminsieme ai coetanei provenienti da 44 paesi ditutto il mondo (per un totale di 164 delegati).Dall’incontro è nata una Dichiarazione che

conteneva, oltre alla forte motivazione dei ragazzi,

alcuni suggerimenti per i capi di stato, persoluzioni possibili. Tale dichiarazione è stataconsegnata nelle mani del Presidente del COP15da una delegazione di partecipanti. L’ulteriorenovità del Forum è stata quello di formare i giovanidelegati per diventare Ambasciatori del Clima epromuovere “una differenza climatica” una voltarientrati nei paesi di provenienza.La delegazione italiana era formata da ragazzi

provenienti dai Comitati Provinciali per l’UNICEF diBenevento, Bologna, Campobasso, Cosenza eVerona. Nel box che segue presentiamo ildocumento da loro redatto, in qualità diAmbasciatori per il Clima, Volontari Teen –YOUNICEF del Comitato Italiano per l’UNICEF.

Climate Children’s Forum 2009

La voce dei ragazzi sul climae sull’ambiente

GLI OBIETTIVI PER L’ITALIALa nostra visione e la nostra motivazione - COSA NONVA!Noi ragazzi Ambasciatori per il Clima, abbiamo individuato quali sono,a livello nazionale, gli aspetti negativi legati al tema ambientale. Datoche sono ormai noti gli effetti che possono avere sulla salute dei bam-bini italiani e di tutto il mondo, abbiamo deciso di iniziare ad agire oraperché consideriamo inaccettabile il futuro che si prospetta.Spazzatura e raccolta differenziata - vista la scarsa mobilitazione e ilpoco interesse da parte dei cittadini, risulta indispensabile puntare suuna maggiore sensibilizzazione. Per far sì che il progetto abbia succes-so, bisogna investire sull’educazione delle nuove generazioni, in parti-colare istruendoli sul tema della sostenibilità ambientale e sull’impor-tanza del riciclo.Inquinamento atmosferico/smog ecc… - sono molte le cause del-l’intensificarsi di questi effetti. Ne sono esempio l’aumento del trafficocittadino e della produzione industriale che causano una produzione ec-cessiva e fuori norma di CO2 dannosa per l’atmosfera terrestre, usosproporzionato degli apparecchi elettrici ecc…Disinformazione e ignoranza delle persone sul cambiamento cli-matico - la gente è disinformata perche le notizie, soprattutto dai mezzidi comunicazione, arrivano in maniera insufficiente causando una scar-sa conoscenza dell’argomento nei cittadini e soprattutto nei giovani.Ciò, debilita l’approccio della tematica alle nuove generazioni.Disinteresse (politici, aziende ecc..) sul cambiamento climatico - ilmotivo principale sono i troppo interessi economici: i potenti a livellonazionale, per ragioni maggiormente economiche, tendono a sdram-matizzare l’argomento, arrivando ad affermare l’inesistenza di qualsia-si problema ambientale. In questo modo rinforzano il potere dellelobby, rendendo poco efficace il dibattito ambientale e soprattutto rico-prendolo di poca importanza. Il compito di noi ragazzi è quindi quello diriuscire a rendere la questione ambientale prioritaria nelle politiche go-vernative, se non vogliamo subire gravi danni negli anni futuri.Linee Guide Generali da attuare - COSA FARE ?Aiutare le persone ad essere più consapevoli - noi ragazzi vogliamoche nell’immediato, la gente sia più consapevole degli effetti negativicausati dal cambiamento climatico. Bisogna utilizzare tutti gli strumen-ti tecnologici, umani, scientifici a disposizione nel nostro paese per farsi che, la mobilitazione non venga meno. I ragazzi devono essere aiu-tati a capire come gestire meglio le emissioni di CO2 e come garanti-re un ambiente più sano, più pulito e sostenibile, poiché le risorse che

il pianeta dispone, stanno scarseggiando e l’impronta ecologico d’Italiaè allarmante. Bisogna che tutti arrivino alla consapevolezza.Leggi sul comportamento eco-civico che obblighi ogni cittadino aridurre le emissioni CO2 che produce - educandolo a cambiare il suostile di vita, e sorvegliare coloro che inducono i cittadini a comporta-menti antagonisti verso la sostenibilità ambientale. In particolare, è ne-cessario creare un organo di supporto alla tutela di questa legge - inquesta materia, non siamo riusciti a individuare l’esistenza di una leggeche aiuti i cittadini ad essere più collaborativi nel rispettare l’ambiente.Per esempio, in Italia esiste un gran numero di fumatori che ancoragettano i mozziconi sui marciapiedi e non negli appositi cestini.L’esistenza di leggi più dure, direzionate a regolare questi comporta-menti aiuterebbe a diminuire notevolmente il gap civico esistente. Lanostra proposta è anche quella di creare un organo di esperti volonta-ri, che tutelino la corretta applicazione della legge sia da parte dei citta-dini che delle istituzioni statali. Quest’organo si chiamerebbe“Sorvegliante Ecologico”.Proporre l’inserimento dell’Educazione Ambientale come materiascolastica valutata (livello base: gioco ; livello intermedio : valuta-zione scolastica ; livello superiore : crediti formativi “facoltativi”) -il metodo migliore dell’imprinting culturale alle nuove generazioni, èquello di introdurre come materia scolastica valutata, “l’EducazioneAmbientale”. Questa materia dovrà essere affrontata nei programmi ditutte le scuole di ogni organo e grado. Nella scuola primaria, le nozionibasiche di educazione ambientaledovranno essere insegnante sotto forma di gioco, nella scuola mediainferiore, sarà valutata attraverso i compiti in classe come succede contutte le altre materie, mentre nelle scuole medie superiori, i ragazzi po-tranno acquisire crediti formativi validi per la votazione finale.Naturalmente l’insegnamento della materia avverrà con l’appoggio e ilsostegno di una commissione di esperti in pedagogia e in questioniambientali, ai quali verrà dato il compito di costruire il modello applica-tivo.Cosa puoi fare tu?Unisciti a noi per combattere insieme gli effetti indesiderati delCambiamento Climatico in Italia e in tutto il mondo.www.uniteforclimate.org

Gli Ambasciatori per il Clima: Michela Di Criscio, LorenzoMonteforte, William Roberts, Antonella Rosella, Caterina Terzaghi

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Purtroppo che a Copenhagen sarebbe stato moltodifficile arrivare a un accordo stringente evincolante, dotato di adeguati strumenti di verificasul contenimento dei gas serra su scala globale, sisapeva da tempo. Se si guarda al vertice Onu conquesti occhi, non si può che vedere un fallimento.Ma a Copenhagen abbiamo visto, per la prima

volta nella storia, manifestarsi una visione comunesul problema. Nessuno al mondo, grande o piccolo,afferma più che il problema dei mutamenti climaticinon esiste, nega l’urgenza di affrontare la questionee la necessità di un deciso sforzo comune. Non eraun fatto scontato. Sono cambiati i governi chefrenavano, negli Usa, in Giappone, in Australia equindi l’Europa è meno sola, mentre impegniimportanti vengono annunciati anche dai grandipaesi emergenti come Cina, India e Brasile. Delresto è oggettivamente difficile ripartire equamentegli obiettivi. Se è vero infatti che la Cina ha raggiuntoe superato gli Stati Uniti nelle emissionicomplessive, è bene ricordare che i cinesi sonocinque volte più degli americani.Un cinese emette quindi un quinto di un

cittadino americano e un indiano meno della metàdi un cinese. Per non parlare dei paesi ancoraattanagliati nella morsa del sottosviluppo, che inqualche caso pagheranno un prezzo ancora più altoai mutamenti climatici in atto.La posta in gioco era dunque anche un’altra:

assumere un orientamento politico comune,sufficientemente forte da portare entro il 2010 aclausole più stringenti. E dopo Copenhagen questoscenario appare più probabile.Oggi la cosa più importante da fare è non

assistere da spettatori, favorire e accompagnare imutamenti in atto nell’economia e nella società.Questo in Italia non sta accadendo se non in

misura del tutto insufficiente. Il presidente delConsiglio Berlusconi ha presentato come generosoun contributo per le politiche necessarie nei paesi invia di sviluppo di 600 milioni di Euro in tre anni,meno della metà degli impegni presi da Inghilterra,Germania e Francia. E spero che non facciano lafine degli impegni, più volte presi e non mantenutidal nostro paese, per la cooperazione

internazionale. Negli stessi giorni, nella discussionesulla finanziaria in Parlamento, venivano bocciatidalla maggioranza tutti gli emendamenti presentatiche andavano nella direzione della green economy:estensione del 55% per la riconversione edilizia,incentivi per il ricambio degli elettrodomestici piùenergivori, potenziamento del trasporto pubblicoper i pendolari e molti altri. Proposte in grado tral’altro di contribuire in modo decisivo al rilancio dellanostra economia. Serve un deciso cambio di passo.Una buona politica ha il compito di affrontare ilpresente con lo sguardo rivolto al futuro. E la sfidadei mutamenti climatici è una di quelle chesegneranno il nostro futuro. Serve un cambiamentoradicale delle politiche nazionali, assumendo gliinterventi per combattere il cambio di clima comeun “pilastro” degli indirizzi politici generali. Unelemento, insomma, che pervade qualsiasi azionepolitica e in primo luogo la stessa economia delpaese: una politica economico-energetica stabile edi lungo periodo, oltre che robusta e strutturata,capace di dare risposte positive alla necessità dicombattere i cambiamenti climatici e, al tempostesso, di gestire in modo eco-efficiente, e a prezziadeguati, le risorse energetiche. Una grande sfida difronte a noi che si affronta con la ricerca,l’innovazione, la conoscenza, la visione del futuro,gli stili di vita e, naturalmente, le scelte politiche diampio respiro che tutto ciò comporta. Abbiamo difronte una enorme opportunità, che può aprireprospettive nuove per l’intero “sistema paese”.È un obiettivo possibile se le istituzioni, la

politica, l’economia, la società si muoveranno condecisione. La sfida posta all’umanità dai mutamenticlimatici prodotti dall’uomo ha caratteristicheassolutamente inedite e attraversa l’insieme dellescelte e delle politiche. È importante riflettere sullecondizioni nuove in cui questa sfida si pone oggiper vari motivi. Innanzitutto non ci sono piùsignificativi dubbi sull’esistenza del problema. Nonsto ovviamente riferendomi agli scenari, più o menodrammatici, che vengono di volta in volta presentati.Personalmente non amo, e soprattutto non ritengoutile un approccio di tipo catastrofista: se lacatastrofe fosse certa e incombente sarebbe più

alternative

“Green economy” in salsa italianaNel panorama, spesso catastrofista, che ruota intorno al dibattito internazionale sulcambiamento climatico, talvolta passano inosservate, alcune incoraggianti notizie chevedono il nostro paese attuatore ed esportatore di innovative tecnologie verdi di salvaguardiaambientale.

di Ermete Realacciambientalista e politico italiano, presidente onorario di Legambiente, attualmente presidentedell'AIES - Associazione interparlamentare per il commercio equo e solidale - e vicepresidentedel Kyoto club, unione di varie istituzioni e imprese impegnate per la riduzione dei gas-serra.

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probabile un atteggiamento di rimozione, di fuga, dirassegnazione che non la spinta ad un’azionecomune. Ma la realtà parla da sola: per dirla con G.B. Shaw: «i fatti sono argomenti testardi».Già nel nostro paese assistiamo ad un

significativo arretramento dei ghiacciai e ad unariduzione dell’innevamento delle Alpi, con leconseguenze che questo ha sul bacino del Po.Quando, da vari anni, il mare di Pisa ha la

stessa temperatura del mare di Algeri e cambianoflora e fauna dei nostri mari, è difficile far finta diniente.Per non parlare degli effetti possibili

sull’aumento dei flussi migratori e dei conflittilegati alla riduzione delle risorse idriche in alcunearee del mondo.L’Italia non può essere assente e sono certo

può portare un forte contributo, utilizzando anchela vitalità del suo sistema di piccole e medieimprese, favorendo la sua naturale propensioneper un’economia che punti più sulla qualità chesulla quantità dei prodotti. È insomma nella greeneconomy il futuro del made in Italy. Unaprospettiva può rappresentare per la nostraeconomia del XXI secolo quello chel’elettrificazione, l’automobile, le telecomunicazioniprima e la rivoluzione informatica poi sono statiper il Novecento. Si tratta, insomma di unastraordinaria occasione per modernizzare e renderepiù competitiva la nostra economia che ha il suopunto di forza in un sistema produttivo fattoprevalentemente da piccole e medie impresefortemente legate al territorio, capace di misurarsicon le diverse declinazioni e applicazioni dellagreen economy e di diffonderle velocemente ecapillarmente. È una sfida che oltre ai fondamentalisettori verdi come quello delle rinnovabili, del riciclodei rifiuti o dell’efficienza energetica, riguarda alcunicomparti del made in Italy tradizionale che si sonoriposizionati sul mercato anche puntando sull’eco-

compatibilità. Fra i più vitali troviamo la meccanicadove molte piccole e medie imprese stannomuovendosi verso le energie rinnovabili - dallaprogettazione degli impianti alla produzione; lanautica, dove le attività di ricerca e sviluppomigliorano caratteristiche degli scafi e dei materialiutilizzati, compresi quelli riciclati, fino allemotorizzazioni e ai combustibili impiegati. Oppure ilsettore della ceramica che per uscire dalla crisi èstato fra i primi a sperimentare la via “verde”.Riciclaggio di materiali per realizzare nuove

piastrelle, “sanificazione” con le tecnologie, cioè chefanno acquisire alle ceramiche proprietà depuranti edenergie rinnovabili, ovvero quando le piastrellediventano fotovoltaiche. O ancora, nel conciario doveil nuovo modo di lavorare la pelle è nel segno delritorno al naturale e del bando di prodotti chimici e diadditivi: pelli lavorate secondo gli antichi metodi dellaconceria vegetale che vengono utilizzate spesso daigrandi marchi per realizzare prodotti ecocompatibili.Oppure nel settore della rubinetteria, dove gli italiani,assieme ai tedeschi, sono gli unici al mondo adavere le tecnologie per la produzione di rubinetti evalvole in ottone puro, che rispettano gli standardinternazionali. Questa innovazione made in Italy èstata adottata in California, dove il governo haapprovato una nuova direttiva, il Californian LeadRegulation, che limita allo 0,25 la percentuale dipiombo che deve essere contenuta nei prodottidestinati al contatto con acqua per il consumoumano. Una fotografia che dimostra come la greeneconomy in salsa italiana, insomma, incrocia lapropensione alla qualità tipica di molte produzioni delnostro paese e la riconversione in chiaveecosostenibile di comparti tradizionali legati almanifatturiero.Per fare tutto questo serve un impegno comune

che tenga insieme impresa, società, politica. E’soprattutto quando la prova è così impegnativa, chebisogna attivare le migliori energie del paese.

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La scienza che studia le cause e gli effetti deicambiamenti climatici, pur ammettendo lapersistenza di sostanziali incertezze, ci diceattraverso la voce dell’IPCC (InterngovernmentalPanel on Climate Change) che se gli attualiprocessi produttivi e stili di vita si perpetrerannoimmutati, le emissioni globali di gas serracontinueranno a crescere per diversi decenni. Talecrescita produrrà un ulteriore riscaldamentoglobale molto probabilmente superiore a quelloosservato fino ad ora. Questa trasformazionepotrebbe causare impatti irreversibili sugliecosistemi e sui processi naturali, a secondadell’intensità e dell’incremento dei cambiamenticlimatici, e anche avere ripercussioni importantisulla nostra economia e sul nostro benessere.La direzione preferenziale indicataci dalla

scienza è quindi di partire da un’economia basatain modo preponderante sul consumo dicombustibili fossili e l’utilizzo insostenibile delterritorio, verso un’economia che siasostanzialmente a basse emissioni di gas serra.Per prima cosa è importante chiedersi da dove

vengano queste emissioni. Le emissioni di gasserra delle nostre economie dipendono da quantiindividui compongono la nostra società, da quantaricchezza viene prodotta da ogni individuo, daquanta energia viene usata per produrre questaricchezza e dal contenuto in carbonio dei vettorienergetici impiegati per produrre energia.Escludendo interventi sulla crescita della

popolazione e sulla ricchezza, perché politicamenteimpossibili da implementare in una democrazia, leleve a disposizione dei governi per ridurre leemissioni sono l’aumento dell’efficienzaenergetica, l’energia impiegata per unità diricchezza, e la riduzione del contenuto di carboniodei vettori energetici, le emissioni prodotte perunità di energia.Per fare un esempio pratico, per ridurre le

emissioni connesse al riscaldamento della nostracasa possiamo migliorarne l’isolamento - adesempio rinnovando gli infissi - e quindi diminuirela quantità di energia richiesta per mantenere unatemperatura gradevole; oppure utilizzare una

caldaia che vada a biocombustibili, anziché,mettiamo, a diesel.Gli sforzi di mitigazione delle emissioni e gli

investimenti, che si faranno nei prossimi due o tredecenni, avranno un grande impatto sulleopportunità di contenere le concentrazioni di gasserra in atmosfera entro la soglia di sicurezza. Unritardo anche solo di pochi decenni, nella rispostapolitica e nell’azione pratica, potrebbe causare unaumento del rischio di impatti più severi deicambiamenti climatici. Infatti molti studi presi inesame dall’IPCC, rilevano che le soglie di sicurezzapiù ambiziose diventano obiettivi irraggiungibiliqualora non si inizi subito a cambiare la strutturadella nostra economia.Pur non esistendo una tecnologia-panacea che

ci aiuterà a eliminare le emissioni di gas serra,esistono diverse tecnologie alternative cheinsieme possono essere combinate in unportafoglio di risposte miranti alladecarbonizzazione dei nostri stili di vita.Gli studi presi in esame dall’IPCC concordano

nell’evidenziare che la stabilizzazione delleconcentrazioni dei gas-serra può essere raggiuntaattraverso un insieme di opzioni tecnologiche chesono già disponibili o lo saranno nei prossimidecenni, a condizione che siano disponibiliadeguati incentivi che ne garantiscano lo sviluppo,l’acquisizione, lo sfruttamento e la diffusione,superando le relative barriere.Primo ingrediente di questo portafoglio sono

quelle tecnologie che aumentano l’efficienzaenergetica, sia nella produzione di energia che neisuoi usi finali, come ad esempio anche dellelampadine che utilizziamo nelle nostre case.Secondo ingrediente sono le tecnologie a

basse emissioni nella produzione di elettricità,come le rinnovabili, ma anche il nucleare. Eancora, la progressiva elettrificazione dei trasporti;lo sviluppo di tecnologie di sequestrazione dellaCO2 che consentano di continuare a utilizzare,almeno in parte, i combustibili fossili riducendonedrasticamente le emissioni; e l’utilizzo dibiocombustibili.Ma investire in modo massiccio sulle

prospettive

Scienza, ricerca e politicaA fianco della soluzione tecnologica, i governi dovranno stimolare profondi cambiamentinei nostri comportamenti e stili di vita. Tale trasformazione sarà la chiave di volta dellariuscita di una politica climatica sostenibile.

di Valentina Bosetti

Ricercatrice senior presso la Fondazione Eni Enrico Mattei dal 2003. Si occupa di sviluppo sostenibile e cam-

biamenti climatici. Ha pubblicato diversi studi nel campo dell'economia e della politica del cambiamento cli-

matico, ha recentemente ottenuto una sovvenzione da parte dell’ERC (European Research Council) per la ricer-

ca su tecnologie pulite innovative.

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tecnologie esistenti per il settore energetico nonbasterà se l’obiettivo è quello di ridurre in modosostanziale le emissioni per la fine del secolo.In primo luogo sarà necessario investire in larga

misura in ricerca e sviluppo di tecnologie, ad oggiancora nei laboratori, o comunque troppo costoseper essere realmente competitive, con l’obiettivodi renderle operative entro la metà del secolo.Inoltre limitare l’attenzione delle politiche al

solo settore energetico non sarà sufficiente, se sipensa che la deforestazione è ogni anno causa del20% delle emissioni di gas serra. Politiche miratealla gestione sostenibile delle foreste e dei territorigiocheranno un ruolo essenziale e, vista la velocitàcon cui le foreste stanno andando “in fumo”, saràimportante che decisioni su questi temi venganoprese in fretta.Infine, al fianco della soluzione tecnologica, i

governi dovranno stimolare profondi cambiamentinei nostri comportamenti e stili di vita. Taletrasformazione, che sarà la chiave di volta dellariuscita di una politica climatica sostenibile, è peròmolto più ardua da stimolare dell’introduzione dinuove tecnologie perché i comportamenti e gli stilidi vita sono segnati da forti inerzie e si basano suelementi culturali, legati alla tradizione e allapsicologia delle persone.Questo cammino lungo e tortuoso delle

politiche climatiche ne rende l’implementazione,per quanto necessaria, onerosa e difficile e questoè alla base dello stallo emerso nelle ultime fasidella negoziazione internazionale.Nel recente incontro delle parti svoltosi a

Copenhagen in seno all'UNFCCC (United NationsFramework Convention on Climate Change),nessuno dei paesi partecipanti ha negato la,

oramai diffusa, convinzione che un’azione forte edecisa per mitigare le emissioni sia ineluttabile.Reiterando l’obiettivo di stabilizzare l’innalzamentodella temperatura media sotto i 2°C rispetto allatemperatura pre-industriale, obiettivo già sancito inseno al G8 svoltosi a luglio 2009 in Italia, i governihanno sancito una posizione completamenteallineata con i rapporti scientifici dell’IPCC.Se l’obiettivo non è oggetto di disputa, il

problema essenziale è invece quello di stabilirecome distribuire i costi. Gli investimenti intecnologie alternative, in ricerca e sviluppo, inprotezione delle foreste e in campagne permodificare i comportamenti dei cittadini costano. Ipaesi dove i soldi sarebbero spesi con maggioreprofitto per l’ambiente sono quei paesi che stannovivendo una rapida espansione economica edemografica, come la Cina, il Brasile, l’India. Maquesti sono anche i paesi che nell’ultimo secolohanno partecipato solo minimamente alleemissioni di gas serra e dove l’obiettivo politicoprimario è quello dello sviluppo economico. Quindisono i paesi sviluppati che, sulla base della lororesponsabilità storica e della loro capacitàeconomica, dovrebbero essere i principalifinanziatori di una politica climatica, almeno nellafase iniziale. Dovrebbero però investire una partesostanziale del budget riservato alla politicaclimatica in paesi in via di sviluppo, in modo dagarantire il trasferimento di nuove tecnologie emodi di produzione. Ma per quanto efficiente, èdifficile convincere un cittadino americano oeuropeo che i suoi soldi verranno in parte utilizzatiper installare una centrale eolica anziché una acarbone in Cina. Questa è la chiave politicadell’impasse che ha caratterizzato le negoziazioninell’ultimo decennio, culminando nell’accordo diCopenhagen. Qualcosa di buono è però emerso eriguarda una prima proposta per includere ladeforestazione tra le opzioni di abbattimento.Se si tiene a mente che i costi macro-

economici della riduzione di emissioni sonodestinati ad aumentare se procastiniamo ogniazione, gli studi analizzati dall’IPCC indicano lanecessità di trovare una via di uscita, per quantoimperfetta, allo stallo e di incominciare aintraprenderla. Questo era il senso del protocollodi Kyoto, ma a oggi ancora non è chiaro se e comegli Stati Uniti vorranno delineare l’accordo chepotrebbe succedere a tale protocollo.Infine è importante ricordare che il

riscaldamento antropogenico e il livello medioglobale del mare continueranno a crescere persecoli a causa delle scale temporali associate aiprocessi climatici e ai feedback, anche se sistabilizzassero le concentrazioni atmosferiche deigas serra. Per cui speciali misure di adattamentoper le aree e le fasce della società più vulnerabili aicambiamenti climatici si renderanno essenziali.

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D: Quali sono i fenomeni metereologici più rilevanti che ha osservato a livello europeo negli ul-timi due anni?Il primo è un fenomeno molto recente, di quest’anno, anche se qualcosa è avvenuto l’anno passato. Si trat-ta di un lago di aria gelida che ricopre quasi tutta l’Europa al di sopra dei 45° di latitudine.Abbiamo assistito già da due mesi a grandi nevicate dalla Russia, alla Francia fino al Nord Italia. Ora unfenomeno di questo tipo non è certo un evento normale.L’altro grande fenomeno è avvenuto due anni fa. A seguito di piogge abbondanti gran parte dell’Europa cen-trale (Francia e parte della Germania) era diventata un grande unico lago a seguito delle esondazione di tuttii fiumi e anche questo non è un evento normale.D: Le cause di questi fenomeni?Sui cambiamenti climatici vi è una sola certezza. Il clima del pianeta, senza alcun dubbio, negli ultimi 150anni si è riscaldato di 1°. Un grado è molto in termini di economia climatica.E questo surriscaldamento è in sostanza “carburante” che alimenta tutti quei sistemi che per nascere hannobisogno del calore, come i temporali, i cicloni tropicali, i cicloni extratropicali che sono poi quelli che hannoportato tutte le piogge nell’Europa centrale. Oppure i cicloni che hanno trascinato l’aria fredda dal NordEuropa verso Sud. Il calore è quello che alimenta i sistemi violenti, comprese le trombe d’aria e i tornado.Non c’è da meravigliarsi che si sciolgano i ghiacciai artici o alpini, è la legge della fisica: fa più caldo, cosìaumenta il livello degli oceani, con il calore i fluidi come l’acqua si dilatano aumentando di volume e quin-di innalzandosi. Di una cosa non siamo certi: delle cause.La maggior parte della comunità scientifica internazionale fino a qualche anno fa concordava che la causafosse l’uomo, oggi ci sono alcuni dubbi su questo. Senz’altro l’uomo è colpevole perché immettere gasserra, a seguito della combustione del petrolio, aumenta la temperatura terrestre.D: Quanto è colpevole l’uomo?Se l’uomo fosse colpevole al 40% non sarebbe opportuno a mio parere adoperare politiche di mitigazione,sarebbe meglio adottare politiche di adattamento.Se l’uomo invece fosse colpevole al 90% allora sì, sarebbe bene mitigare riducendo le emissioni.Lo scontro tra gli scienziati è tutto qui in fondo, perché non si è ancora arrivati alla certezza di una teoria.I fenomeni di caldo e freddo del resto ci sono sempre stati, basti pensare al Medioevo.La mia tesi è che accanto alla mano dell’uomo, ci sono anche cause naturali che concorrono ai cambiamen-ti climatici.D: Secondo lei quali sono le migliori pratiche per fronteggiare il riscaldamento globale?Sulla base delle raccomandazione emanate dall’ONU attraverso l’IPCC (Gruppo intergovernativo sul muta-mento climatico) la via da seguire è quella delle energie rinnovabili. Si deve puntare al risparmio energeti-co che ha comunque un costo. Le energie rinnovabili costano perché se è vero che il sole e il vento sonogratis, gli strumenti come ad esempio il pannello solare costano. E infatti anche il solare avrà bisogno di 20-30 anni prima di essere impiegato in maniera diffusa.D: È proficuo sensibilizzare sul problema del clima attraverso i mezzi di comunicazione per in-cidere sui comportamenti quotidiani dei singoli?Certamente sì. Io sono favorevole all’uso del mezzo mediatico, consigliare atteggiamenti virtuosi sì, ma nonci attendiamo cambiamenti incredibili. Occorrerà aspettare molto tempo.Il petrolio, ancora per i prossimi 50 anni, resterà secondo me il grande padrone supremo dell’energia.In Italia per i prossimi anni almeno il 50% dell’energia sarà prodotta dal petrolio (attualmente siamo quasial 90%). Il 25% sarà energia prodotta da fonti rinnovabili (perchè di più non riusciamo ad avere) e l’altro 25%volenti o nolenti dovrà essere prodotto dal nucleare.È importante sapere che si sta già sperimentando un’altro tipo di nucleare, l’energia della bomba H che sicerca di imprigionare nelle centrali H. Questo nucleare funziona con due elementi che si trovano nelle acquedi tutto il mondo e sono il deuterio e il trizio, il che eviterebbe guerre per l’approvvigionamento della ma-teria prima. Si tratta di superare il periodo dei prossimi 20 anni nei quali continueremo ad utilizzare ancorafonti di petrolio, rinnovabili e il nucleare classico per arrivare all’utilizzo di energia pulita.D: Che previsioni fa per la primavera?Ci sono tre anomalie nell’atmosfera: il sole da quattro anni è meno attivo, presenta meno macchie solari(solo nel 1913 fu così) quindi riscalda meno laTerra.Sulla verticale della fascia equatoriale, tra i 20 e i 50 Km, ossia nella stratosfera, ci sono dei venti che in-vertono la loro direzione ogni 3-4 mesi. Quando viaggiano come capita quest’anno da Est verso Ovest cre-ano disturbi fino al polo e agevolano irruzioni di aria polare. Quest’anno inoltre vi è l’innevamento nell’em-isfero Nord più elevato mai avvenuto negli ultimi 44 anni. L’aria sul polo, già fredda, si è estesa fino a 40°di latitudine per effetto dell’innevamento ed è quindi più facile che aria fredda arrivi anche ad altre latitudi-ni. Quindi prevedo una primavera alquanto freddina.

a colloquio con Mario Giuliacci – di Silvia Antonini, UNICEF Italia

Il clima, l’uomo e la natura

ıilclimacheverrà-01-10

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Mario Giuliacci, metereologo,personaggio televisivo e colon-nello dell'Aeronautica Militare.Docente di Fisica dell'Atmosferapresso l'Università "Bicocca" diMilano, si occupa della rubricametereologica su vari quotidianie settimanali. Dal 1997 lavorapresso il Centro Epson Meteo econduce le previsioni del tempodelTG5 delle ore 8 e delle ore 20.

Page 18: Il Mondo Domani. Il clima che verrà

Daniela LucattiRomantica gente

Roma, Edizioni Magi, 2008, pp. 140, Euro 12,00

Questo libro, scrive l’autrice, non vuoleessere un saggio né un manuale di lavoro.Piuttosto è un tentativo, ben riuscito (ndr), ditrasmettere qualcosa del popolo rom, un’etniacon la quale davvero quasi nessuno riesce arapportarsi in modo “normale”. Perché è undato di fatto inconfutabile che gli stereotipipiù duri a morire sono proprio quelli sui Rom.L’autrice, psicoterapeuta e sessuologa,racconta la sua esperienza di lavoro presso ilCentro Informazione e Consulenza CittadiniExtracomunitari e Rom di Pisa, la sua città,dopo 12 anni di servizio negli asili nido.Inevitabile la difficoltà iniziale di comprendereun mondo nuovo e il timore di non essere in

grado di affrontarlo, soprattutto quando si ètotalmente digiuni del mestiere. Lucatti lodichiara con molta onestà e semplicità ed èanche questo che rende la sua scritturaautentica e coinvolgente.Nel libro ci sono storie di vita vissute aimargini della comunità di appartenenza, i cuiprotagonisti devono ogni giorno inventarsiuna quotidianità e trovare soluzioni che perchiunque altro sono generalmente scontate.Ma l’esperienza dell’autrice trasmette ai lettorianche un insegnamento valido in qualunquecontesto: la professionalità non escludel’umanità e la produttività non rifiuta laleggerezza.Insomma ricordiamoci che esiste un’etica dellavoro.

ıilMONDODOMANI01.10-ilclim

acheverrà

16

Libri a cura di Patrizia Paternò

Vinicio Ongini, Claudia NosenghiUna classe a colori

Manuale per l’accoglienzae l’integrazione degli alunni stranieriMilano, Antonio Vallardi, 2009, pp.138, Euro 12,00

Indubbiamente molti insegnanti italianihanno già consolidato la loro esperienza diaccoglienza e di integrazione, perché è anchegrazie ad alcune loro testimonianze e buonepratiche, presentate in questo manuale, chegli autori sono riusciti a fornire suggerimentidi lavoro e utili informazioni pratiche.Sono molti gli spunti di riflessione e lecuriosità presentate nel libro, tanto che – puressendo prevalentemente rivolto a insegnantied educatori – esso si presta facilmente aessere letto e apprezzato da un pubblico piùampio, proprio per la sua capacità dicatturare attenzione e curiosità.

Lo sapevate, ad esempio, che la folkloristainglese Marion Rolfe Crox a fine Ottocentoaveva censito 345 storie diverse della fiabadi Cenerentola?Un invito alla lettura va rivolto inparticolare ai genitori dei bambini cheiniziano il loro percorso scolastico in questanostra Italia multiculturale, dove gli alunnidi origine straniera iscritti per il 2010 nellescuole sono circa 700.000, provengono daoltre centottanta paesi e parlano uncentinaio di lingue diverse. Il cambiamentodella scuola italiana è stato rapidissimo, adifferenza di quanto è successo in altripaesi europei, e in meno di vent’anni lapresenza degli alunni stranieri è diventatamolto visibile. Oggi su 58.000 scuoleitaliane sono quasi 15.000 quelle in cui lapercentuale di stranieri supera il 10% e 500quelle in cui supera il 50%.

Urie BronfenbrennerRendere umani gli essere umaniBioecologia dello sviluppo

Trento, Erickson, 2010, pp. 368, Euro 25,00

Il libro è una raccolta di saggi dellopsicologo statunitense scomparso nel 2005,che ha centrato il suo lavoro sulleinterconnessioni sistemiche tra sviluppoindividuale e contesto sociale in cui si vive.L’autore è sempre stato convinto che lepossibilità di crescita, di evoluzione e dibenessere della persona non dipendano dauna causa singola ma siano legate a unacomplessa rete di strutture checomprendono gli individui con le lorospecificità biologiche e psicologiche,l’ambiente, i gruppi, la cultura e tutta la

società.

Lo sviluppo umano è un settore della ricerca

che ha visto, negli ultimi vent’anni, grandi

progressi scientifici, anche se i risultati sono

per lo più sconosciuti al grande pubblico.

Ecco perché il profilo scientifico di questo

volume lascia spazio anche a chi, pur non

addetto ai lavori, sia interessato al tema

dello sviluppo umano.

Attraverso una panoramica ampia e

interessante, il libro offre uno sguardo

diverso sull’uomo e una prospettiva per

costruire un mondo dove l’individuo possa

manifestare al meglio il potenziale di cui è

dotato, con e per l’altro.

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ABRUZZOPescaraTel. 0854219158Fax 0854210251www.unicef.it/pescaraChietiTel. 0871331081www.unicef.it/chietiL'AquilaTel. e Fax 0862420401www.unicef.it/laquilaTeramoTel. e Fax 0861241541www.unicef.it/teramo

BASILICATAPotenzaTel. e Fax 097137529cellulare: 339 5686395www.unicef.it/potenzaMateraTel. e Fax 0835388055www.unicef.it/matera

CALABRIACosenzaTel. 0984481532www.unicef.it/cosenzaCatanzaroTel. 0961771901 - 0961775060Fax 0961771741www.unicef.it/catanzaroCrotoneTel. 096224453www.unicef.it/crotoneReggio CalabriaTel. e Fax 0965810655www.unicef.it/reggiocalabriaViboValentiacell. 3409022187www.unicef.it/vibovalentia

CAMPANIANapoliTel. 0817147057Tel. e Fax 081645895www.unicef.it/napoliAvellinoTel. 0825792276Fax 0825281420www.unicef.it/avellinoBeneventoTel. e Fax 0824482065www.unicef.it/beneventoCasertaTel. 0823320055www.unicef.it/casertaSalernoTel. 089756054www.unicef.it/salerno

EMILIA ROMAGNABolognaTel. e Fax 051272756www.unicef.it/bolognaFerraraTel. e Fax 0532211121www.unicef.it/ferraraForlì - CesenaTel. 054334937www.unicef.it/forlicesenaModenaTel. e Fax 059244401www.unicef.it/modenaParmaTel. 0521821547Punto d'IncontroTel. 0521235914www.unicef.it/parmaPiacenzaTel. e Fax 0523335075www.unicef.it/piacenzaRavennaTel. e Fax 05443955www.unicef.it/ravennaReggio EmiliaTel. e Fax 0522454841www.unicef.it/reggioemiliaRiminiTel. e Fax 054123344www.unicef.it/rimini

FRIULI VENEZIA GIULIATriesteTel. e Fax 040351485www.unicef.it/triesteGoriziaTel. e Fax 0481545275www.unicef.it/gorizia

PordenoneTel. e Fax 043443743www.unicef.it/pordenoneUdineTel. e Fax 043221901www.unicef.it/udine

LAZIOFrosinoneTel. e Fax 0775604618www.unicef.it/frosinoneLatinaTel. 0773691746www.unicef.it/latinaRietiTel. 0746498456www.unicef.it/rietiRomaTel. 0647809264www.unicef.it/romaCivitavecchiaTel. e Fax 076620484www.unicef.it/civitavecchiaViterboTel. e Fax 0761325833Punto d'IncontroTel. e Fax 0761304830www.unicef.it/viterbo

LIGURIAGenovaTel. e Fax 010532550www.unicef.it/genovaChiavariTel. 0185320063www.unicef.it/chiavariImperiaTel. 338149107Punto d'IncontroTel. 0184500930www.unicef.it/imperiaLa SpeziaTel. e Fax 0187515707www.unicef.it/laspeziaSavonaTel. 019812358www.unicef.it/savona

LOMBARDIAMilanoTel. 024654771Punto d'IncontroTel. e Fax 0286996612www.unicef.it/milanoCinisello BalsamoTel. e Fax 0266017376www.unicef.it/cinisellobalsamoBergamoTel. 035219517Punto d'IncontroTel. 035249649www.unicef.it/bergamoBresciaTel. e Fax 0303752647www.unicef.it/bresciaComoTel. e Fax 031571174www.unicef.it/comoCremonaTel. 037223577Punto d'incontroTel. e Fax 037230475www.unicef.it/cremonaLeccoTel. e Fax 0341282994www.unicef.it/leccoLodiTel. 0371431660www.unicef.it/lodiMantovaTel. 0376223520www.unicef.it/mantovaPaviaTel. e Fax 038229937www.unicef.it/paviaSondrioTel. e Fax 034336045www.unicef.it/sondrioVareseTel. e Fax 0332238640www.unicef.it/vareseSaronnoTel. 0296280096www.unicef.it/saronno

MARCHEAnconaTel. e Fax 071202750Punto d'IncontroTel. 0712080600www.unicef.it/anconaAscoli PicenoTel. e Fax 0735581227www.unicef.it/ascolipicenoMacerataTel. 0733264406www.unicef.it/macerataPesaro - UrbinoTel. 0721638033www.unicef.it/pesarourbino

MOLISECampobassoTel. e Fax 0874484541www.unicef.it/campobassoIserniaTel. e Fax 0874413752www.unicef.it/isernia

PIEMONTEBiellaTel. e Fax 01521021www.unicef.it/biellaAlessandriaTel. 0131610487Punto d'IncontroTel. 0131821458www.unicef.it/alessandriaAstiTel. e Fax 0141358023www.unicef.it/astiCuneoTel. 0171690291www.unicef.it/cuneoNovaraTel. e Fax 0321390591www.unicef.it/novaraTorinoTel. 0115625272 - 0115622875www.unicef.it/torinoVerbaniaTel. e Fax 032353699www.unicef.it/verbaniaVercelliTel. 0161215788Punto d'IncontroTel. e Fax 016327495www.unicef.it/vercelli

PUGLIABariTel. 0805235482www.unicef.it/bariBrindisiTel. 0831986135www.unicef.it/brindisiFoggiaTel. 0881771605cell. 3498940571www.unicef.it/foggiaLecceTel. e Fax 0832241744www.unicef.it/lecceTarantoTel. e Fax 0994795009www.unicef.it/taranto

SARDEGNACagliariTel. 0702776034www.unicef.it/cagliariNuoroTel. 0784238627www.unicef.it/nuoroOristanoTel. 078371117www.unicef.it/oristanoSassariTel. e Fax 079278981www.unicef.it/sassari

SICILIAMessinaTel. e Fax 09043804www.unicef.it/messinaAgrigentoTel. 092228949www.unicef.it/agrigentoCaltanissettaCell.: 3804593200www.unicef.it/caltanissettaCataniaTel. 095320445Fax 0957151638www.unicef.it/catania

EnnaTel. e Fax 0935960532www.unicef.it/ennaPalermoTel. e Fax 0916810605www.unicef.it/palermoRagusaTel. e Fax 0932682450www.unicef.it/ragusaSiracusaTel. 0931442631www.unicef.it/siracusaTrapaniTel. e Fax 092321500www.unicef.it/trapani

TOSCANAFirenzeTel. 0552207144www.unicef.it/firenzeArezzoTel. 0575908484www.unicef.it/arezzoGrossetoTel. 0564418051www.unicef.it/grossetoLivornoPunto d'IncontroTel. e Fax 0586802188www.unicef.it/livornoLuccaTel. e Fax 0583467791www.unicef.it/luccaMassa CarraraTel. e Fax 0585633590www.unicef.it/massacarraraPisaTel. e Fax 05048663www.unicef.it/pisaPistoiaTel. 057322000www.unicef.it/pistoiaPratoTel. 057427013www.unicef.it/pratoSienaTel. 0577232151Fax 0577232392www.unicef.it/siena

TRENTINO ALTO ADIGETrentoTel. e Fax 0461986793www.unicef.it/trentoBolzanoTel. e Fax 0471982011www.unicef.it/bolzano

UMBRIAPerugiaTel. e Fax 0755849590www.unicef.it/perugiaTerniTel. 0744300711www.unicef.it/terni

VAL D’AOSTAAostaTel. 016541119 - 0161238500www.unicef.it/aosta

VENETOVeneziaTel. 0412793878www.unicef.it/venetoVeneziaTel. 0415239950www.unicef.it/veneziaBellunoTel. e Fax 0437942987www.unicef.it/bellunoPadovaTel. 0498754988Punto d'IncontroTel. 0498751886www.unicef.it/padovaRovigoTel. e Fax 042529449www.unicef.it/rovigoTrevisoTel. e Fax 0422412314www.unicef.it/trevisoVeronaTel. e Fax 045575345www.unicef.it/veronaVicenzaTel. e Fax 0444300484www.unicef.it/vicenza

Sedi e punti d’incontro dei Comitati Regionali e Provinciali UNICEF

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