Il mito del Superuomo

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Un breve saggio per discutere e "sfatare" certi luoghi comuni su Nietzsche, per parlare dei fraintendimenti dannunziani del grandissimo filosofo tedesco (che merita invece di essere letto, come hanno affermato, a mio avviso giustamente, Giorgio Colli e Gianni Vattimo, in chiave essenzialmente filosofica, e non ideologica), per concludere infine discutendo dell'esaltazione del "Superuomo" (e non "Oltre-uomo" in accezione propriamente nietzscheana) durante la Grande Guerra ed il successivo l'avvento dei totalitarismi nazista e fascista. Ringrazio il mio ex studente Emanuele Forconi per la preziosa collaborazione.

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INTRODUZIONE"lo sono l'impero alla fine della decadenza" (P.Verlaine)

Oggetto del mio elaborato é il "mito del Superuomo" di Nietzsche, forza-tamente piegato da D'Annunzio, letterato che si colloca nel nostro Deca-dentismo, alle sue teorie, attraverso l'analisi dell'ambiente culturaleeuropeo ed in particolar modo italiano tra fine Ottocento e inizio Nove-cento.Lo scenario alla fine del secolo XIX può essere riassunto nello scontrotra due tendenze ideologiche: una in declino, di carattere razionalista,umanitario e progressi sta , nata dall' incontro tra il positivismo e ilsocialismo riformista; l'altra, innovatrice, che si richiama a filosofiedell'azione con una carica aggressiva e agonistica, e afferma la supre-mazia della forza sul diritto e sulla solidarietà, la necessità e labellezza della lotta e della guerra, la subordinazione dei bisogni so-ciali all'interesse nazionale, la necessità di un governo forte.Il pensiero del filosofo tedesco Nietzsche, incentrato sulla critica ra-dicale a tutti i valori tradizionali, viene interpretato, in realtà, infunzione politica, ridotto a idee di sopraffazione sociale giustificatedalla pretesa superiorità di un individuo slegato dalla morale comune edalla massa anonima. La tendenza "aristocratica" del filosofo , che sirifletterà ne "l'esteti.smo militante" di D'Annunzio, è l'ideolo9,.iadel-l'età degli imperialismi che accompagnò l'Europa nel suo precipitareverso la tragedia del nazismo e delle due guerre mondiali. Il coloniali-smo, nato come risposta alla necessità di ristrutturazione capitalisti-ca, necessariamente si associa con il militarismo e il razzismo che de-termina una serie di tensioni fra i vari stati e popoli che fanno presa-gire il conflitto. In tale contesto gli intellettuali ricercano, o alme-

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no Cl provano, nUOVl strumenti per la lettura corretta della realtà,quella sociale e individuale.La rivolta contro la tradizione sfociò nel Decadentismo, identificatocome la svolta del Novecento, movimento nato dal bisogno di rottura conle vecchie tradizioni ottocentesche o illuministe, positiviste o roman-tiche. Abbandonato l'obiettivo di una narrativa "scientifica", i deca-denti riscoprono la dimensione del sogno e dell'immaginifico, si allon-tanano dalla realtà storica in nome di una visione puramente esteticadella vita, frutto di una ricerca dell'essenza delle cose, della discesanella realtà più profonda. L'estetismo della fine.del secolo, che si ri-fletterà nel protagonista del romarizo "Controcorrente" di Huysmans, con-siderato il manifesto del Decadentismo europeo, non si limitò al cultodella bellezza secondo i canoni del romanticismo, ma si basò su unostile di vita improntato all'eleganza, alla raffinatezza, alla sensuali-tà. Questo è il tema predominante del romanzo "Il Piacere" di D'Annunzioo de "The Picture of Dorian Gray" di Oscar Wilde.Il decadentismo, accogliendo le pulsioni della vita interiore e del mi-stero, dà origine a diverse correnti o poetiche particolari, quali ilSimbolismo, l'Estetismo, l'Impressionismo, il Surrealismo, il Dadaismoe, nell'ambito italiano, il Panismo, l'Ermetismo, il Futurismo e il Cre-puscolarismo. Le direzioni di ricerca sono varie e tuttavia si possonolegare a due momenti della cultura europea : Simbolismo ed Estetismo, icui maggiori rappresentanti in Italia sono Pascoli e D'Annunzio. Inrealtà anche in Italia non c'è una corrente unificante, ma piuttostopoetiche individuali: quella del "Superuomo" in D'Annunzio, del "fan-ciullino" in Pascoli, del "santo" in Fogazzaro. Elemento unificante,possiamo dire, è la ricerca di nuovi strumenti espressivi in contrappo-sizione alla sciatteria de11'ultimo romanticismo, è il rifiuto aristo-cratico della società contemporanea in ciò che essa ha di abitudinario.L'intellettuale, e più specificatamente il poeta, non è più il vate delRomanticismo che guidava il popolo, né il cantore della bellezza del Ri-nascimento, né il convinto sostenitore della "ratio scientifica" illumi-nistica. E' un veggente, capace di intuire la realtà, scavando nell'in-teriorità umana, e di cogliere il mistero dell'ignoto, in solitudine.Ecco i nuovi strumenti conoscitivi: intuizione a arte. L'intuizione,saltando i vari piani di conoscenze della logica, consente di penetrare

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direttamente nelle cose; l'arte, servendosi de11'intuizione, diventeràconoscenza autentica del reale e sarà in grado di esprimere l'inconscioe l'irrazionale attraverso folgorazioni improvvise. Da qui grande impor-tanza alla poesia, caratterizzata da un forte individualismo e sogget-tivismo.

Portavoce di questo mondo di suggestioni cui dava vigore una forte ideo-logia nazionalista ed imperialista, fu Gabriele D'Annunzio. Influenzatoda una lettura parziale e superficiale di Nietzsche, ne accentua le nor-me di comportamento e di morale connesse all'idea del Superuomo: rove-scia l'elemento aristocratico tipico del decadentismo in spettacolo daoffrire al pubblico e lo fa creando anzitutto il mito di se stesso,l'intellettuale più celebre e chiacchierato dell 'epoca in Italia. Eglitenne conto con grande tempismo delle esperienze letterarie stranierecontemporanee sia in prosa che in poesia, senza però sentirne profonda-mente i valori. COS1, se Andrea Sper-e lli , il protagonista del romanzo"Il piacere" (1889), rappresenta l'uomo raffinato e colto, amante del-l'arte e delle donne, Claudio Cantelmo impersona il superuomo nelle"Vergini delle rocce" (1895), mentre nel Notturno (1921) prevale un ri-piegamento dell'autore su se stesso, assieme a una tematica più intima eriflessiva. Si allentano le componenti superomistiche e l'Autore scopreun altro se stesso in una dimensione più vera.

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FRIEDRICH W. NIETZSCHE,.

L'IMPORTANZA DEL PENSIERO DI NIETZSCHENEL PANORAMA

EUROPEOIl penSIero filosofico di Nietzsche ha rappresentato per decenni il bi-sogno di rinnovamento, di una ricerca di valori, di una rinascita dellaciviltà europea necessaria per affrontare il torbido nichilismo nel qua-

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le la società moderna era entrata. Nietzsche divenne cosi. il f ilosofodella crisi, il fondatore d'un modo di pensare nuovo, il miglior inter-prete della fine di un mondo e del bisogno di emancipazione di tuttaun'epoca. Profeta insieme della decadenza e della rinascita, dette ori-gine alle interpretazioni più discordi, che si tradurranno nelle in-fluenze più diverse. Volta a volta materialista o antipositivista, esi-stenzialista o profeta del nazismo, il filosofo condivide tutte le ambi-guità delle avanguardie intellettuali e artistiche borghesi del primonovecento e non a caso diverrà oggetto, in Italia, dell'interpretazioneestetizzante di Gabriele D'Annunzio, esercitando un indiscutibile fasci-no anche sui futuristi.Nietzsche non fu l'estensore di un vangelo della violenza, ma inteseporre le condizioni di sviluppo di una civiltà e di un'idea de11'uomoradicalmente rinnovate. Fu uno scrittore asistematico, estremamente ori-ginale, la cui produzione si staglia solitaria nel panorama della storiadella filosofia moderna e contemporanea. Le opere della maturità, inparticolare, sono scritte con uno stile aforistico e poetico: Iirismo ,tono profetico e filosofia si mescolano in maniera ines+r ì cobile, ren-dendo spesso diff icile e riduttiva l'interpretazione. Rimane costantenell'opera di Nietzsche un'ambiguità di fondo, un'ambiguità socio-poli-tica che ha dato adito a contrastanti strumentalizzazioni politiche. Ilf ilosofo, infatti, non specif i cò mai espressamente chi debba essere ilsoggetto, ad esempio, della volontà di potenza. Molti critici hannoidentificato il superuomo in una umanità vivente in modo libero e crea-tivo, ma, molti altri lo hanno limitato ad un'élite che esercita la suavolontà di potenza non solo nei riguardi del caos del mondo, ma ancheverso il prossimo. A ciò bisogna aggiungere il problema degli scrittipostumi: la ricostruzione sistematica operata dalla sorella Elisabeth eda uno dei discepoli di Nietzsche, oltre a essere ideologicamente discu-tibile e largamente responsabile delle interpretazioni naziste del pen-siero del filosofo, va contro il suo rifiuto netto di ogni sistema filo-sofico e contro il fascino vivissimo per la forma del frammento e del-l'aforisma. L'edizione critica di tutti gli scritti di Nietzsche, a curadi due italiani, (olli e Vattimo, ha restituito, però, l'integrità deiframmenti secondo un ordine cronologico e ha dimostrato come "La volontàdi potenza" pubblicata nel 1906 è un'opera profondamente manipolata eaddomesticata.

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LA MORTE DI DIOCon la profezia dell'uomo folle Nietzsche ha voluto mettere in evidenzaciò a cui sta andando incontro la società occidentale. Gli uomini del-l'occidente non hanno più bisogno di Dio e, anche inconsciamente, hannosmesso di credere; quindi sono gli stessi uomini dell'occidente cristia-no ad averlo ucciso e' non il f ilosofo. Egli si rifiuta di fuggire leconseguenze della morte di Dio, ormai più nulla ~ chiaro, sempre più si-curamente si delinea il nulla. Il nichilismo è alle porte, è inevitabilepoiché ciò che faceva vivere l'uomo, ossia tutti i valori come la veri-tà, la giustizia, l'amore,la morale, la reliqione...che avevano le lororadici in Dio, spariscono con lui. Se ciò non si può impedire, non perquesto bisogna abbassare le braccia. Nietzsche rifiuta questa soluzioneche sarebbe quella dei deboli e dei vili. Ciò che è successo è catastro-fico per l'uomo come è adesso, ma potrebbe diventare un evento positivoe felice se l'uomo riuscisse ad assumersi la responsabilità di ciò cheha fatto. Il nichilismo e la morte di Dio rappresentano una tappa dolo-rosa ma che è segno di nuove vittorie. L'uomo non può vivere in mezzo aduna distesa di rovine: come dunque cancellare l'ombra di Dio senza la-sciare l'uomo a compiacersi di fronte al "nulla infinito del nichili-smo"? Qual è questa soluzione? Superarsi. Divenire un Oltreuomo."lo vi insegno l'Oltreuomo. L'uomo è Qualcosa che deve essere superato.Tutti gli Dei sono morti. Noi vogliamo che l'Oltreuomo viva".Fin dai filosofi greci Socrate e Platone, la filosofia ha sempre predi-cato la sottomissione; alle filosofie sono poi subentrate efficacementele religioni, in particolare la religione cristiana, che ha potentementecontribuito a trasformare l'uomo in un "aborto sublime". È ormqi tempodi rovesciare tutto allo scopo di permettere all'uomo di diventare fi-

nalmente ciò che deve essere: un Oltreuomo.

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LA SOLUZIONEL'OLTREUOMO E

MORTE DI DIO:DI POTENZA

ALLA....LA VOLONTA

"L'uomo è un cavo teso tra la bestia e l'oltreuomo, uncavo al di sopra di un abisso".

È questa l'immagine chiave con cui Nietzsche tratteggia il concetto diOltreuomo nell'opera "Cosi parlò Zaratustra", un. rinnovamento interioreche si realizza attraverso l'apertura a nuovi valori. L'Oltreuomonietzschiano è l'uomo che riesce ad affrontare il caos della vita senzarifugiarsi nelle comode certezze costruite dall'uomo, quali la figura diDio, la morale cristiana e la storia; si configura quindi come un'entitàumana che sa superare le difficoltà della vita proprio perché le accet-ta, rappresenta una forma di umanità collocata totalmente oltre l'uomoqual è oggi che tende invece a fuggire di.fronte alla vita.

L'01treuomo accetta di vivere il proprio presentema anche di rivivere il proprio passato, poiché,secondo Nietzsche, non esiste un filo conduttoreche lega la storia: non c'è dunque un progresso maun "eterno ritorno dell'identico". In ultima istan-za L'Oltreuomo è reso dalla parabola delle tre me-tamorfosi: l'uomo comune è un cammello che piega latesta alla storia e alla metafisica; questo si tra-sforma successivamente in un leone, caratterizzatoda una forza distruttrice, dunque negativa, e infi-ne nel fanciullo: l'incarnazione dello spirito dio-nisiaco che vive libero dalle categorie del bene e

del male. Essenziale nell'Ubermensch è la volontà di potenza. La volontàdi potenza è ciò che permette all'Oltreuomo di accettare e vivere vera-mente la vita, il desiderio di creare e rinnovare in continuazione ivalori da seguire abbandonandosi ad una pulsione vitale infinita: la vo-lontà di potenza è dunque "volontà di vita". Tale concetto è espresso inmodo esauriente nello Zarathustra ove è scritto: "dove ho trovato la vi-ta, ho trovato anche la volontà di potenza". La volontà di potenza è

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mettere i.n atto tutto ci.ò che è potenzi.ale nell'uomo, che è ri.masto·schi.acci.ato dalla morale dei. deboli., degli. schi.avi..

LA STRUMENTALIZZAZIONE DI NIETZSCHELa lettura completa di.'Ni.etzsche è suffi.ci.ente ad escludere le false in-terpretazi.oni. che vorrebbero fare di. lui. i.l pre~ursore del razzi.smo an-ti.semi.tae del sogno hi.tleri.ano. Ni.etzsche non apprezzava affatto i.te-deschi.! Certo, anche lui. era tedesco, ma se ne rammari.cava, non esi.tandoa di.re a proposi.to di. Schopenhauer: "fu tedesco solo per caso, come losono i.o". Nemi.co acerri.mo di. tutti. i. nazi.onali.smi.,lo è i.n parti.colaredi. quello dei. tedeschi. i. quali., "al posto della cultura hanno messo lafolli.a poli.ti.cae nazi.onale"; con vi.olenza poi. denunci.a le loro due i.m-beci.lli.tò: "l'i.mbeci.lli.tò anti.-francese e l'i.mbeci.lli.tòanti.-ebrai.ca",i.l che faceva di. lui. un profondo ammi.ratore di. questi. due popoli. e delleloro culture. Il concetto di. 01treuomo e di. volontò di. potenza furonoi.nterpretati. i.n mani.era aberrante i.n parti.colare modo dal nazi.onalsoci.a-li.smo, che li. uti.li.zzò per avvalorare la teori.a dell'esi.stenza di. unarazza ari.ana pura, desti.nata a conqui.stare e gui.dare i.l mondo. L'Ol-treuomo non è bi.ologi.camente superi.ore agli. altri., solo che i.n lui. lavi.ta sovrabbonda e la volontò di. potenza si. di.spi.egatotalmente. La vo-lontò di. potenza non è desi.deri.odi. domi.nare bensi desi.deri.odi. creazi.o-ne, di. conoscenza: "la volontò di. potenza non consi.ste nel bramare, eneanche nel prendere, bensi nel creare e nel dare". Il Nazi.onalsoci.ali.-smo di.storse totalmente l'i.dea di. volontò di. potenza, facendolo di.veni.reun si.noni.modi. volontò di. potere, bramosi.a di. prevalere sugli. altri.. Perquanto ri.guarda i.l concetto di. Oltreuomo i.l Nazi.smo ha deli.neato questa.fi.gura nel popolo ari.ano che, secondo Hi.tler, trami.te ogni. mezzo, anchela vi.olenza, avrebbe ri.ordi.nato i.lmondo secondo la di.fferenza raZZla-le. Il pi.ano hi.tleri.ano prevedeva i.nfatti.la salvaguardi.a dell'ari.anesi.-mo ed i.l totale anni.entamento delle razze "i.nferi.ori.",gli. "Untermen-schen" ("sottouomi.ni.").

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Il nazismo identificò nell'ebraismo la fonte di tutti i mali che afflig-gevano la Germania: a causa di questa concezione oltre sei milioni diebrei morirono nei campi di sterminio.

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GABRIELE D'ANNUNZIO

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IDEOLOGIA DI UNO SCRITTORE D'AZIONE"Mi sento spinto a ristabilire l'ordine gerarchico nelsecolo del suffragio universale, cioè nel secolo in cuiognuno pensa di credere di avere il diritto di giudicare

tutto e tutti"

Testimone ed interprete di aspetti fondamentali della crisi della socie-tà italiana tra fine Ottocento e inizi Novecento, grazie alla sua sensi-bilità artistica dispcnibile a recepire le suggestioni letterarie più

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diverse, Gabriele D'Annunzio dà ortqt ne ad una poetica nuova, in gradodi stupire e allo stesso tempo di assumere la dimensione aristocraticain contrasto con una società non protagonista, che dovrà essere soggettaalla figura del "SUPERUOMO", da cui verrà educata alla religione del-l'arte. Un personaggio perciò raffinato, impegnato a soddisfare lo spi-rito estetizzante proprio delle classi aristocratiche, che si alimentadi dell'edonismo, bellezza, e panismo, cioè tendenza ad identificarsinella natura. E' la costruzione di una vita inimitabile, vissuta comeun'opera d'arte, che mira a divenire un vero e proprio mito di massa: èla volontà di dominio; il disprezzo del pericolo, l'amore per la violen-za e la guerra acanto al culto della bellezza.La raffinatezza dannunziana si rivela anche nello stile, nel linguaggio,nella ricercatezza della parola in grado di ammaliare, nell'esaltazionedel potere dominatore della stessa. "Il verso è tutto", scrive D'Annun-zio ne "Il Piacere": parola e verso, cioè linguaggio e forma, coincido-no. L'analogia, la metafora, la sinestesia, sono le tecniche espressiveatte a ristabilire il contatto tra uomo e natura, a scavalcare i limitifatti dalla civiltà democratizzante. L'arte è insomma anche uno strumen-to privilegiato per superare il divario tra civiltà e natura, tra cultu-ra e istinto: "Natura e Arte sono un dio bifronte". D'Annunzio aboli.ogni separazione tra arte e vita: l'arte fornisce le aspirazioni e gliideali ai quali lo stile di vita dell'artista deve conformarsi.Adeguando il proprio standard di vita a un modello neoaristocratico, inCUl convivono sperpero e lusso atteggiamenti dandistici ed eroicaazione militare, edonismo raffinato e sensuale con accumulo esageratodegli oggetti pi~ eccentrici e vistosi, egli fa del suo stile "inimita-bile" un mito, sapientemente costruito e alimentato per giovani insoddi-sfatti della propria realtà, ma provvisti di studi classici quanto bastaper apprezzare il linguaggio e dei riferimenti culturali sofisticati an-che se spesso vuoti. Suggestionare con il suo stile la massa, che pureegli disprezza, suscitare ammirato stupore nella piccola borghesia me-diamente colta è l'effetto di un repertorio di gesti e di convenzioniche permettono al dandy di trasformarsi in Superuomo in un mondo diideali. fragili.: attinge alla cultura classica la figura simboli.ca delpoeta-vate che trova nuovo vigore nelle nascenti filosofie irrazionali-come quella di Njetzsche.

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IL SUPERUOMO"Il mondo è la rappresentazione di pochi uomini superio-rl, i quali 10 hanno creato e quindi ampliato e ornatonel corso del tempo e andranno sempre più ampliandolo eornandolo nel futuro. Il mondo quale oggi appare, è undono magnifico largito dai pochi ai molti, dai liberiagli schiavi: da coloro che pensano è sentono a coloro

che debbono lavorare" ("Le Vergini delle Rocce")

L'idea dannunziana di "SUPERUOMO" deriva da quella elaborata dal filoso-fo tedesco Nietzsche, dal quale recepì sia il richiamo a una grecità ca-rica di pulsioni irrazionali sia il "mito del "superuomo".In D'Annunzio l'Obermensch di Nietzsche trova la sua perfetta identifi-cazione con l'artista: non è tanto la vita a tenere dietro all'arte, mal'arte a seguire le eccentricità della vita. Ne "Il Piacere" (1888)l'estetismo sensuale di moda in Europa, teorizzato da Huysman con il ro-manzo "A ritroso" del 1884, si fonde con il bellicismo, che non ha piùsolamente motivazioni nazionalistiche ma diventa celebrazione della vio-lenza e della strage. L'esteta unisce, perciò, il culto della forza, in-tesa come "prima legge della natura, indistruttibile, inobolibiLe", aquello della bellezza, trasformandosi da dandy in superuomo, un indivi-duo proteso all'affermazione di sé, al di fuori di ogni remora di ordinemorale e sociale. Al di sopra delle plebi, egli, pertanto, avanzerà nel-la vita portato da una "quadriga imperiale" ("Volontà, Voluttà .....),energie che saranno poi convogliate sul terreno della politica per larealizzazione di un'impresa titanica.L'ideologia superomistica trova la sua esposIzIone programmatica ne "Levergini delle rocce" (1896) e nel "Fuoco" (1900), in cui è forte la de-nuncia dei limiti della realtà borghese nel nuovo stato unitario, unademolizione dei principi democratici ed egualitari, del parlamentarismoe dello spirito affaristi.co e speculativo che contamina il valore dellabellezza che pochi sono in grado di apprezzare. D'Annunzio arriva perciò

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ad auspicare l'affermazione di una nuova classe dirigente aristocraticache si elevi verso una forma ideale di esistenza, e comandi il paese at-traverso il culto del bello e dell'azione eroica, al di sopra delle leg-gi, proclami la giustizia della ineguaglianza dell'istinto di lotta dipredominio. Questa élite deve portare l'Italia, culla della cultura la-tina e perciò europea, di nuovo al comando del mondo, di nuovo ai fastiimperiali dell'antica Roma ("Le vergini delle rocce"). Egli perciò insi-ste sui temi della grandezza, dell'orgoglio e dell'eroismo "estetizzan-te". L'interpretazione dannunziana del pensiero di Nietzsche è volta,quindi, a recuperare i valori che il recente corso positivistico-mate-rialistico e democratico ha distrutto.L'immagine romanzesca del superuomo apparve per la prima volta nel 1892in un articolo pubblicato su "Il Mattino" di Napoli, "la bestia eletti-va", nel quale D'Annunzio presenta Nietzsche come "il grande rivoluzio-nario aristocratico".

I SUPERUOMINI IMPERFETTI DEI ROMANZI:"IL TRINFO DELLA MORTE", "LE VERGINI DELLE ROCCE", "IL

FUOCO" "FORSE CHE si FORSE CHE NO",

Il primo romanzo in cui inizia a delinearsi la figura del superuomo è il"Trionfo della morte", pubblicato nel 1894, dove non viene ancora propo-sta compiutamente la nuova figura mit ico, ma c'è la ricerca ansiosa efrustrata di nuove soluzioni. L'opera è incentrata sul rapporto contrad-dittorio ed ambiguo tra Giorgio Aurispa, che cerca di trovare l'equili-brio tra superomismo e misticismo, e aspira a realizzare una vita nuova,e l'amante Ippolita Sanzio, sentita come la "nemica", primigenia forzadella natura che rende schiavo il maschio. Il tutto sullo sfondo "dioni-siaco" delle terre abruzzesi. Giorgio vive, quindi, il rapp~rto conl'amante come limitazione, come ostacolo e solo con la morte si libereràda tale condizione. Giorgio Aurispa, il protagonista, l'eroe, è ancoraun esteta simile ad Andrea Sperelli ("Il Piacere"), che non è all'altez-za delle proprie aspirazioni perché malato nella volontà. Viene inaugu-rato così un motivo, quello dell'inetto, che sarà sviluppato ampiamentenella narrativa italiana del primo Novecento da autori come Luigi Piran-

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dello e Italo Svevo. Nel frattempoNietzsche, la musica di Wagner: auspicacosi. vari "da poter gareggiare con la

D'Annunzio scopre, insieme auna prosa con elementi musicaligrande orchestra di Wagner nel

suggerire ciò che solo la musica può suggerire". Il protagonista, Gior-gio Aurispa, ammiratore di Wagner e in particolare di Tristano e Isotta,simbolo di amore e morte, incapace di salvezza, uccide se stesso e ladonna: la vicenda di Tristano e Isotta, esaltata dalla suggestione dellamusica, cui D'Annunzio dedica riflessioni molto ampie, fa da modello al-la tragedia di Giorgio,e Ippolita.Ben diversamente si pongono i protagonisti dei. due successivi romonzt ,"Le vergini delle rocce", pubblicato sul "Convito" nel 1895, e "Il fuo-~, redatto nel 1900, non a caso definiti rispettivamente dal criticoCarlo Salinari il «manifesto politico» e il «manifesto estetico» del su-peruomo dannunziano.Claudio Cantelmo, protagonista del primo romanzo, vagheggia una rinasci-ta dello spirito creatore della nobiltà rinascimentale della guerra edella cultura, capace di bloccare il percorso verso la democrazia imboc-cato dalla società dopo la Rivoluzione francese. Al valore dell'ugua-glianza egli contrappone, infatti, quello della disuguaglianza: il suoideale politico si riassume in un potere in mano a "pochi uomini supe-riori", capaci di creare la società e la bellezza anche a beneficio del-le masse. Obiettivo di Contelmo diventa, quindi, quello di sposare unadelle tre principesse borboniche (appunto le vergini delle rocce) perrealizzare il grandioso progetto di generare quell'individuo ecceziona-le, superiore, capace di diventare il nuovo "re di Roma". L'opera , tut-ta in prima persona, delinea l'ideologia e le aspirazioni di un aristo-cratico musicista guidato dall'insegnamento socratico a godere dellebellezze caduche e da quello nietzschiano a operare il riscatto dei po-chi uomini superiori. Ne "Le vergini delle rocce", quindi, superuomini,responsabi li, grazie alla loro sensibiIi.tà, gui.dare l'cr-ì s+ocr-oz io alcomando dello stato."Il fuoco", pur narrato in terza persona, é percorsa da allusioni. auto-bi.ografiche, a parti.re dalla relazi.one amorosa del protagonista, Steli.oEffrena, con l'attri.ce Foscari.na, i.ncui é riconoscibile quella dell'au-tore con Eleonora Duse. L'"tmcqirri fi.co" Stelio è l'arti.sta capace nonsolo di. comunicare alla masse una nuova arte, ma anche di. trasmettere

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loro un più porte empito di rigenerazione della stirpe. Egli Vlve, ln-fatti, nella certezza della propria superiorità sui comuni esseri umani,della propria capacità di dominare la realtà e l'arte, e sente pienamen-te di avere, perciò, il diritto assoluto al godimento del piacere e del-la bellezza. L'obiettivo di Stelio è, quindi, la creazione di un'operateatrale sublime in cui si fondano la musica e poesia, sull'esempio diWagner e superandolo. L'amante dl protagonista, la grande attrice Fosca-rinn, accetta pienamente questa superiorità del protagonista e vive,quindi, escl.usivomente in funzione della realizzazione delle grandiaspettative artistiche dell'uomo.Nel "Forse che si forse che no" il protagonista, Paolo Tarsis, trova ilriscatto e la gloria grazie ad un eroico volo aereo. La macchina divie-ne, in tal modo, il mezzo che consente al superuomo la sua affermazione.Paolo è la reincarnazione dei superuomini precedenti ma, a differenza diquesti, non appartiene ad una nobile casata ma è un borghese estraneoagli influssi decadenti e dedito all'azione. Questo romanzo rappresentala piena adesione di D'Annunzi.o alla contemporaneità e gli strumentidella tecnologia moderna diventano cosi oggetto di letteratura, riverbe-rando un atteggiamento culturale assai sentito in quegli anni, in primoluogo dal movimento dei futuristi, che esaltavano il dinamismo della mo-dernità e i valori dell'individualismo. Anche in questo romanzo sonopresenti elementi autobiografici, come l'esperienza del volo che D'An-nunZlO ha sperimentato e avrà occasione di ripetere prove anche al limi-te del rischio come il volo su Vienna o la beffa di Buccari.

Dalla ncerca della comunione immediata con le forze primiqenie dellavita, accogliendo e vivendo l'esistenza molteplice della natura, D'An-nunzio approda al panismo: un dissolversi dell'io, un immergersi totalenelle cose, abbandonandosi alla suggestione dei sensi e dell'infinito;per un altro verso è una nuove creazione poetica della realtà. '11 desi-derio di rivelare una sensibilità particolare non è in contrapposizioneall'esaltazione del Superuomo. Infatti comune ad entrambi gli atteggia-menti è l'esaltazione di quella che lo stesso D'Annunzio chiamò "la qua-driga imperiale" della sua anima, cioè l'unione di "Voluttà" e istinto,orgoglio e volontà. Comune è l'esaltazione del poeta come artefice di unmondo nuovo, anche attraverso la costruzione di immagini, suoni, sensa-

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Mentre l'Ital io scendeva in guerra (24 maggio 1915) trascinata dal ra-diosomaggismo, stava sorgendo, quindi, anche una nuova oratoria, che nonaveva bisogno dei fatti ma dell'immaginazione, e che attraverso la mi-stica di un capo carismatico comunicava a ciascuno la forza di una coe-renza fittizia, la certezza di un rito collettivo. Nell'eloquenza del-l'esteta, che si proclamava ora non pi u "un grido e un allarme" ma "unsemplice compagno tra compagni", prendeva forma lo stile moderno dellapropaganda, del discorso politico di massa non più rivolto ad un'éli.tema ad una comunità di compagni di cui si condivide il destino nella ma-gia degli slogan e delle parole d'ordine. Anche la parola, insomma, sifaceva gesto, ebbrezza d'azione, istante assolato da consumare in séstesso, nella forza sensuale di una presenza aggressiva come in unospettacolo di delirio o di entusiasmo rituali.Nonostante il suo "viso grinzoso di vecchietto richiamato" la guerra fe-ce di D'Annunzio un eroe di nuovo giovane, per quanto non si possa nega-re che egli rimase sempre un "avventuriero privilegiato", estraneo agliorrori putridi e comuni della trincea, ma pronto a sfidare la morte conla logica singolare del giocatore d'azzardo. Esempi di eroismo furonol'impresa di Buccari e il volo su Vienna.

Alla fine della guerra il tenente colonnello D'Annunzio lasciava ilfronte in un "misto di gioia e di scontento", col sospetto che la vitto-ria potesse venire tradita e la vecchia politica riprendesse il suo cor-so come se l'evento della guerra non fosse stato il crepuscolo del mondoborghese e l'inizio di una rivoluzione. Lo assillava soprattutto la que-stione della Dalmazia e dell'Adriatico, per la quale iniziò subito unanuova campagna di stampa contro le trattative diplomatiche in corso, as-sumendo ancora il ruolo di agitatore delle coscienze, di interprete del-la febbre nazionalistica nello scontro delle generazioni: nessuno megliodi D'Annunzio, che era l'eroe della guerra poteva parlare alla massa deireduci insoddisfatti, dei giovani che avevano combattuto e ora aovevanorassegnarsi al grigiore della vita comune declassati in un contesto so-ciale incerto e precario. Mentre c'era già chi salutava in lui "il soloDuce del popolo italiono e intrepido", la posizione negoziale italionoalla Conferenza di Pace di Parigi fini con l'indebolirsi, in quanto Fiu-me non era compresa nei compensi territoriali del Patto di Londra (sti-pulato tra il governo italiano e quello inglese il 26 aprile 1915), come

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sosteneva invece Vittorio Emanuele Orlando. L'Italia fu accusata di im-perialismo e la città di Fiume divenne città-stato, presidiata da uncorpo di occupazione alleato. La mancata assegnazione all'Italia di Fiu-me e della Dalmazia contribui ad alimentare il mito della "vittoria mu-tilata": in molti ambienti si diffuse la convinzione che gli oltre sei-centomila morti della guerra erano stati "traditi", mandati inutilmenteal macello, e tre anni di sofferenze erano servite solo a distruggerel'Impero asburgico ai confini d'Italia per costruirne uno nuovo e ancorapiù ostile ad essa. ,In questo frangente fu decisivo l'intervento diD'Annunzio, che non avendo mai rinunciato a rivendicare i diritti del-l'Italio su Fiume, prese l'iniziativa: a Venezia' il "poeta-soldato" rag-gruppò gli ufficiali che facevano parte di un nucleo d'agitazione cheaveva per motto "O Fiume o morte!", con i quali organizzò l'offensiva.Con a capo 9000 legionari irregolari e volontari, tra cui nazionalisti,frange estreme del sindacalismo rivoluzionario e alcuni gruppi fascisti,D'Annunzio parti da Ronchi, nei pressi della cittadina dalmata di Mon-falcone e, attraverso una marcia di circa 70 km, raggiunse Fiume, pren-dendone il possesso il 12 settembre 1919, mentre le forze di occupazionefranco-anglo-americane preferirono astenersi da interventi armati.

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Così D'Annunzio scriveva a Mussolini l'II settembre 1919: iniziava l'impresa di Fiume

I legionari speravano in tal modo di facilitare l'annessione al Regnod'Italia della città, ma il governo italiano, però, non seppe opporsi

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efficacemente a questo atto di forza e d'insubordinazione dell'esercito,mettendo cosi in luce la fragilità dello Stato liberale e dando ulterio-re forza ai gruppi più reazionari. Badoglio, incaricato di prendere mi-sure contro gli occupanti, si limitò ad attuare un blocco degli approv-vigionamenti che fu facilmente aggirato da una campagna di raccolta fon-di attuata dal direttore de "Il Popolo d'Italia", Benito Mussolini.

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Mentre l'impresa fiumana incontrava crescente favore presso gli ambientimilitari e le forze antidemocratiche, il presidente del Consiglio Nittipronunciò un duro discorso di condanna, nel quale sostenne che "l'Italiadel mezzo milione di morti non deve perdersi per follie o per sport ro-mantici e letterari dei vones ii".Mussolini, sempre più vicino alla questione irredentista e nazionalista,giunse a dichiarare, d'altro canto che "il suo discorso è spaventosamen-te vile. La collera acre e bestiale di Nitti è provocata dalla ppura cheegli ha degli alleati. Quest'uomo presenta continuamente un'Italia vilee tremebonda dinanzi al sinedrio dei lupi, delle volpi, degli sciacallidi Parigi. E crede con questo di ottenere pietà. E crede che facendosipiccini, che diminuendosi, prosternandosi, si ottenga qualche cosa. E'più facile il contrario". Il vero governo d'Italt o, secondo Mussolini,quindi, era a Fiume, non a Roma. Il 20 settembre 1919 D'Annunzio ottennei pieni poteri e il 16 ottobre, incalzato dall'incessante blocco milita-

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re de11'esercito regio, dichiarò Fiume una "piazzaforte in tempo diguerra". Il plebiscito del 26 ottobre 1919 segnò il trionfo di D'Annun-zio che ottenne 6999 voti favorevol i al-l'annessione su 7155 cittadini fiumani vo-tanti.Sull'onda del successo D'Annunzio espressea Mussol ini un proprio progetto: marciaresu Roma alla testa dei suoi uomini e impa-dronirsi del potere. ~ussolini, non certol'articolista di D'Annunzio, in questo mo-mento più popolare di lui, convinse il"poeta-soldato" del fallimento dell'azio-ne.Complice la diffusa situazione di incer-tezza sia in Italia (caduta del governoNitti, maggio 1920) che all'estero, l'oc-cupazione di Fiume proseguì. per mesi e l'8 settembre 1920 D'Annunzioistituì. la "Reggenza Italiana del Carnaro", dotandola una costituzione,la "Carta del Carnaro", scritta dal capo di gabinetto Alceste De Ambrisma rimaneggiata personalmente dal Vate; allo stesso tempo si pose a capo

del nuovo governo, proclamandosi Duce.Di fronte alla proclamazione dello stato corporativodannunziano vennero intavolate dirette trattativediplomatiche tra i due regni di Italia e Jugoslaviaal fine di trovare un accordo sui confini e di rego-lare la questione fiumana.L'accordo internazionale fu infine siglato il 12 no-vembre 1920 col Trattato di Rapallo, fortemente vo-luto dal nuovo presidente del consiglio GiovanniGiolitti, che, in politica estera, ebbe cura di ri-comporre la frattura diplomatica causata dalla spe-

dizione di Fiume, rinunciando al mandato sull'Albania e promuovendo unacampagna militare di sgombera della città.Con il trattato gli stati firmatari riconobbero e garantirono l'indipen-denza dello Stato libero di Fiume, che avrebbe dovuto sostituire la ~genza Italiana del Carnaro, ma al contempo negoziarono clausole segrete

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che avrebbero attribuito la ceSSlone alla Jugoslavia del delta del fiumeEneo e del bacino di Porto Baross.Il 31 dicembre, al termine del "Natale di sangue", durante il quale san-guinosi furono gli scontri armati tra l'esercito regio e i legionari,vista la sconfitta, D'Annunzio firmò la resa: la Iugoslavia ebbe la Dal-mazia (eccetto Zara) e Fiume diventò uno Stato libero e indipendente.Anche se la base fascista aveva partecipato alla Reggenza del CarnaroMussolini si mostrò, in un secondo momento contrario e distaccato di-nanzi agli occhi delL'opinione pubblica, appoggiando l'operato di Gio-litti per due motivi:.legittimazione del movimento fascista agli occhi della legalità;• dimostrazione dell'inefficacia della diplomazia e dei parlamen+or i

Pochi anni più tardi alcuni tra i legionari confluirono nelle file fa-sciste. Come stabilito nel Trattato di Rapallo la città di Fiume venneannessa all'Italia nel 1924, incrementando la popolarità di Mussolini edel Fascismo.

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