“IL MILIO PR VI N LA A UTA I AP LLI”, V RO O ALSO? · Cisti del pancreas, quali sono i fattori...
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Anno VII – Numero 1300 Lunedì 05 Marzo 2018 – S. Adriano
AVVISO Ordine
1. ORDINE: Progetto “Un
Farmaco per tutti” e “Una
Visita per tutti”;
2. Sussidio di solidarietà
3. Quota sociale 2018
Notizie in Rilievo
Scienza e Salute 4. Spalla, quali trattamenti in
caso di artrosi?
5. Cisti del pancreas, quali
sono i fattori di rischio?
Prevenzione e Salute 6. “Il miglio previene la
caduta dei capelli”, vero o
falso?
7. Meglio correre o dormire?
8. «Per quanto tempo è
contagiosa
una persona con la
GASTROENTERITE?»
9.
Meteo Napoli
Lunedì 05 Marzo
Variabile
Minima: 9° C Massima: 13 °C Umidità: Mattina = 47%
Pomeriggio = 55%
“IL MIGLIO PREVIENE LA CADUTA DEI CAPELLI”, VERO O FALSO?
Molti pensano che mangiare il miglio prevenga la caduta dei capelli contribuendo a renderli più forti. Vero o falso? Risponde il prof. Marcello Monti, resp. di Dermatologia dell’ospedale Humanitas.
“: Non solo il miglio assunto come cereale ma neppure gli integratori a base di miglio prevengono la caduta dei capelli o li
rendono più forti. Pur essendo un cereale ricco di vitamine, minerali e ferro così amati dai capelli, il miglio da solo non può essere considerato un trattamento “miracoloso” per rinforzare o prevenire la caduta dei capelli. Se invece il miglio rientra all’interno di un’alimentazione sana ed equilibrata, completa di proteine e ferro, così come vitamine e minerali, provenienti sia da carne, pesce e uova, così come da legumi, cereali, frutta e verdura, allora i capelli assorbono tutti i nutrienti in essi contenuti nelle giuste quantità di cui hanno bisogno. Infatti i capelli, così come non vengono influenzati da lozioni e pozioni “magiche” da frizionare sulla testa, non conoscono neppure particolari cibi amici: quello che i capelli amano, invece, è uno stile di vita sano in cui l’alimentazione non sia carente di nessun nutriente. E questo permette di mantenere forti e così prevenire la caduta dei capelli. In alcune situazioni di forte stress, però, anche seguendo un’alimentazione sana, i capelli tendono a cadere, talvolta improvvisamente: in questi casi si parla di uno stato chiamato Alopecia Areata, con perdita di capelli a chiazze, di cui lo stress è direttamente responsabile. lo stress comunque, interferendo con l’assorbimento dei nutrienti, contribuisce a impoverirli ed è proprio questa interferenza, la vera causa del diradamento dei capelli. Pertanto, non il miglio, ma un’alimentazione sana e una vita attiva contribuiscono non solo ad allontanare lo stress, ma a prevenire anche la caduta dei capelli rendendoli più forti.” (Salute, Humanitas)
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Proverbio di oggi……… 'O ricco fa chello che vò, 'o pezzente fa chello che pò
FALSO
PAGINA 2 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno VII – Numero 1300
SCIENZA E SALUTE
MEGLIO CORRERE O DORMIRE?
Il dibattito fra gli esperti su cosa faccia meglio al nostro organismo: restare sotto le coperte un’ora in più o togliere quel tempo al riposo e darlo al moto
Anche stamattina, piuttosto che recuperare un po’ di sonno, vi siete alzati presto per andare a correre «perché fa bene». Succede pure durante la settimana, visto che il mattino spesso è l’unica fascia oraria disponibile per gli allenamenti in una vita divisa tra lavoro, famiglia e serate con gli amici. Ma per la salute in generale sarebbe stato meglio continuare
a dormire? Rispondono Luigi Ferini Strambi, primario del Centro di Medicina del Sonno dell’ospedale San Raffaele di Milano e Gianfranco Beltrami, specialista in Medicina dello Sport, vicepresidente nazionale della Federazione Medico Sportiva Italiana.
I BENEFICI DEL SONNO «Sia il sonno sia l’esercizio fisico sono componenti chiave di uno stile di vita sano e non dovrebbero essere messi l’uno contro l’altro. Sono pure concatenati: riposare riduce il rischio di lesioni e consente ai muscoli di riprendersi. Fare sport, tra i vari vantaggi,
offre anche quello di riuscire a dormire meglio». Quando non c’è tempo, però, quale conviene scegliere? «Privarsi del sonno per fare attività sportiva di sicuro non è positivo:
dormire poco comporta rischi a ogni livello, ad es. indebolisce il sistema immunitario, favorisce l’aumento di peso, le malattie cardiovascolari e il diabete.
Quindi, se bisogna scegliere, meglio optare per sette ore di sonno a notte: il “minimo sindacale”».
QUALCHE «TRUCCO» SI PUÒ TENTARE «Sacrificare il sonno per correre (o fare altri allenamenti) fa male», concorda Beltrami, che suggerisce una scelta calibrata in base alle proprie caratteristiche. «Ci sono i “gufi” e le “allodole”, ormai lo sappiamo: il ritmo circadiano di una persona che si sveglia presto favorisce lo sport mattutino. Per i gufi, invece, può essere un problema: se vanno a letto tardi e si alzano dopo sei ore per uscire, vanno a correre durante la loro “notte biologica”. Se invece ci si riesce a coricare alle dieci di sera si può anche alzarsi alle sei di mattina». «Non dimentichiamo poi il fattore età: col passare degli anni la melatonina (l’ormone che induce il sonno) cala e quindi si fa meno fatica ad alzarsi presto».
LA VARIABILE STAGIONALE: La formula giusta è regolarsi in base alla propria indole e alle abitudini di
vita cercando sempre di privilegiare il sonno? «C’è anche un’altra considerazione da fare —: l’uomo primitivo andava a letto quando diventava buio e si svegliava all’alba.
L’inverno di per sé induce a dormire di più. Inoltre le basse temperature, quando parliamo di attività fisica all’aperto, richiedono maggiori attenzioni che sottraggono altro tempo. Faccio un es.: correre con il freddo rende necessarie alcune accortezze, come fare un riscaldamento adeguato in casa per non rischiare di strapparsi un muscolo. Questo richiede minuti supplementari. Per non parlare della colazione: si può correre a digiuno per massimo un’ora ma non di più. Se l’allenamento è più intenso o bisogna mangiare qualcosa per sentirsi in forma prima di uscire, allora si deve aggiungere altro tempo». Insomma, dormire (almeno) 7 ore per notte è fondamentale per la salute, ma possiamo tentare di organizzarci andando a letto prima e rispettando il nostro orologio biologico. (Corriere)
PAGINA 3 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno VII – Numero 1300
PREVENZIONE E SALUTE
«Per quanto tempo è contagiosa una persona con la GASTROENTERITE?»
I sintomi compaiono da 1 a 3 giorni dopo l’esposizione, ma si è contagiosi anche prima della comparsa dei sintomi e fino a due settimane dopo la scomparsa degli stessi
Pubblichiamo la domanda inviata da un lettore e la risposta data da due esperti, il prof. Silvio Danese, responsabile del Centro per le malattie infiammatorie croniche intestinali di Humanitas. DOMANDA: Buongiorno, ho due bambini piccoli che vanno purtroppo soggetti a gastroenteriti, con vomito e diarrea. Ho letto che il disturbo può essere causato da diversi virus, tra cui il norovirus e il rotavirus. Vorrei chiedervi quali sono le differenze tra le due forme e per quanto tempo il soggetto è contagioso, in entrambi i casi. Vorrei anche sapere quali sono le cose che possono facilitare la trasmissione del virus tra due soggetti e quali invece quelle consigliate per evitare il contagio. Infine, vi chiedo informazioni su eventuali vaccini. Grazie, cordiali saluti. Maria RISPOSTA: Carissima, l’infezione da norovirus è una comune causa di
gastroenterite virale nell’adulto. Il contagio inizia non appena
compaiono i sintomi, uno o due giorni dopo l’esposizione, e
dura anche 2 settimane o più dopo la scomparsa dei sintomi,
che normalmente durano un paio di giorni, perché il virus può
rimanere nelle feci.
I bambini dovrebbero rimanere a casa da scuola per almeno
48 ore dopo l’ultimo episodio di vomito o diarrea. Il rotavirus
è una comune causa di gastroenterite nel bambino.
Generalmente i sintomi compaiono da 1 a 3 giorni dopo
l’esposizione, ma si è contagiosi anche prima della comparsa dei
sintomi e fino a due settimane dopo la scomparsa degli stessi.
Le infezioni si contagiano attraverso contatti diretti con le persone
affette, ad esempio condividendo il cibo o le posate o toccando
oggetti o superfici contaminate.
L’infezione da norovirus può essere contratta anche mangiando
cibo contaminato. Per bloccare il contagio di queste infezioni virali
la prima cosa da fare è lavare spesso le mani con acqua e sapone.
Se non è possibile lavare spesso le mani, l’utilizzo di disinfettanti a base di alcol può ridurre i germi. Inoltre,
è importante disinfettare le superfici contaminate dopo vomito o diarrea dei soggetti affetti, per esempio
con soluzioni a base di candeggina.
Infatti, è importante sapere che il norovirus può sopravvivere per mesi sulle superfici non adeguatamente
disinfettate con soluzioni a base di candeggina. Per quanto riguarda i vaccini, esiste un vaccino orale per i
bambini contro il rotavirus. Mentre i vaccini per il norovirus sono ancora in corso di studio.
Cordiali saluti, prof. Silvio Danese
(Salute, Corriere)
PAGINA 4 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno VII – Numero 1300
SCIENZA E SALUTE
SPALLA, QUALI TRATTAMENTI IN CASO DI ARTROSI?
Con l’età che avanza le cartilagini che rivestono le ossa vanno incontro a un processo di deterioramento.
È quello che può succedere, ad es., all’anca o al ginocchio, ma anche alla spalla. Non è solo l’invecchiamento, però, a determinare l’insorgenza dell’artrosi in questa grande struttura del sistema osteoarticolare: «Sono diverse le cause dell’artrosi. Tra queste i traumi, le fratture e le patologie infiammatorie», ricorda il dottor Mario Borroni, ortopedico della spalla e del gomito di Humanitas. I sintomi dell’artrosi sono il dolore, la rigidità articolare e la limitazione funzionale: «Nel caso della spalla la patologia della cartilagine può differenziarsi da quella a carico del ginocchio o dell’anca per una minore rilevanza della sintomatologia. Quando è il ginocchio a essere interessato dall’artrosi la sintomatologia è molto rilevante perché si accompagna al movimento degli arti inferiori, alla deambulazione. Nel caso dell’artrosi della spalla il paziente tende, a volte, a tollerarne i sintomi, che sono un po’ meno rilevanti».
FUNZIONAMENTO DELLA SPALLA E USURA Il processo artrosico della spalla coinvolge l’articolazione scapolo-omerale, «quella fra i capi articolari della testa dell’omero e della cavità glenoidea, una fossa non molto profonda della scapola», spiega l’esperto. A seconda della sua causa si possono distinguere due forme di artrosi, «una primaria, senza causa specifica, dovuta a condizioni congenite o a semplice predisposizione, e una secondaria, conseguente a una patologia infiammatoria come l’artrite reumatoide, a traumi, ad es. una frattura, o a un’alterazione della fisiologia biomeccanica della spalla. In altre parole l’articolazione della spalla comincia a lavorare in modo in non corretto, ad esempio per via di una problematica all’apparato capsulo-legamentoso che determina usura precoce», spiega il dr Borroni. L’associazione tra la degenerazione della cartilagine e lo stile di vita, ad es. l’attività fisica che prevede ripetuti movimenti della spalla, non è determinante: «Se la spalla lavora male sorgono i problemi che possono portare allo sviluppo dell’artrosi. Questo è l’elemento rilevante. Affinché la spalla possa lavorare bene, il centro di rotazione della testa dell’omero sulla cavità glenoidea dev’essere stabile. Se questo si altera, ovvero si sposta, si decentra, ecco che sorge una disfunzione. Ad es. la testa dell’omero può alzarsi per via di una lesione della cuffia dei rotatori oppure può spostarsi sul piano orizzontale, in avanti o indietro, causando un lavoro eccentrico. Sono questi gli scenari in cui la cartilagine può andare incontro a usura». : Diversi elementi definiscono la scelta del trattamento: l’età del paziente e le sue condizioni di salute, la severità dei sintomi il livello di attività, le caratteristiche dell’artrosi.
Protesi Anatomiche e “Inverse”
PAGINA 5 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno VII – Numero 1300
Il trattamento può essere sia conservativo che chirurgico. «Nel primo caso la terapia ha lo scopo di alleviare il dolore; è quindi una terapia sintomatica che non può ovviare al processo irreversibile di alterazione della cartilagine. Fra le diverse opzioni cui poter ricorrere ci sono le terapie fisiche come la tecarterapia, oppure le infiltrazioni di acido ialuronico con effetto lubrificante, la fisioterapia per migliorare il funzionamento della spalla. In questi casi è importante la prevenzione, evitando i carichi e quei movimenti che possono peggiorare l’usura». L’intervento chirurgico prevede l’inserimento di una protesi: «Questa è l’unica opzione efficace e risolutiva, i lavaggi artroscopici si sono infatti dimostrati poco efficaci». Riguardo alle protesi è rilevante la distinzione tra protesi anatomica e protesi inversa: «Se la cuffia dei rotatori è integra e funzionante si utilizza una protesi anatomica che riproduce l’anatomia della spalla servendosi di questi muscoli». «Se invece la cuffia dei rotatori è lesionata lo scenario è diverso. L’inserimento della protesi elimina il dolore perché ripristina il contatto articolare grazie alle superfici artificiali dell’impianto ma non può garantire alla spalla un movimento adeguato. Si inserisce una protesi inversa, così chiamata perché sono invertite le forme geometriche delle due ossa articolari: la superficie concava non si trova sulla cavità glenoidea bensì sulla superficie dell’omero e viceversa. È fondamentale però che il muscolo deltoide funzioni in maniera efficiente perché è questo muscolo che deve assicurare il funzionamento dell’articolazione». (Salute, Humanitas) SCIENZA E SALUTE
CISTI DEL PANCREAS, QUALI SONO I FATTORI DI RISCHIO?
Come diversi altri organi anche il pancreas può essere interessato dalla formazione di una cisti, ovvero di una piccola sacca contenente del liquido.
«Ne esistono di diverse tipologie, nella maggior parte dei casi non hanno un significato maligno, ma è comunque compito dello specialista valutare la problematica clinica e definire il tipo di intervento alla luce delle caratteristiche della cisti», ricorda il professor Alessandro Zerbi, resp. chirurgia del pancreas di Humanitas. Le cisti pancreatiche sono per lo più formazioni tumorali tendenzialmente benigne. Negli anni è aumentato il numero di pazienti ai quali sono state diagnosticate: «Da quando gli esami strumentali (ecografia, Tac e risonanza magnetica) sono diventati più frequenti e sofisticati è stato più facile rilevare la presenza di cisti al pancreas in modo casuale». «Spesso i pazienti si sottopongono questi esami per eventi acuti quali, per es., una colica renale o per il follow up di qualsiasi condizione nell’area addominale e così, per via incidentale, accade che si rilevi la presenza di una cisti».
CISTI E PSEUDOCISTI: È possibile distinguere un tipo di cisti infiammatorie, più propriamente dette
pseudocisti: «Queste sorgono come conseguenza di una pancreatite o di un trauma grave al pancreas. Possono essere acute o croniche e spesso sono motivo di dolore. Queste cisti vanno trattate con procedure endoscopiche per svuotarle, più raramente rendono necessario l’intervento chirurgico che invece è più mirato al trattamento della pancreatite». Nella maggior parte dei casi, invece, le cisti sono neoplasie cistiche: «Di riscontro frequente, per via incidentale con gli esami strumentali, e di diverso tipo. Alcune non hanno possibilità di evolvere, altre invece vanno monitorate o addirittura asportate se presentano delle caratteristiche che le rendono a maggior rischio di malignità. In quest’ultimo caso è necessario rivolgersi a specialisti esperti che sapranno osservare i segni predittivi in senso maligno di queste formazioni e decidere di conseguenza». Tendenzialmente le cisti sono asintomatiche, «solo se sono particolarmente voluminose possono far avvertire al paziente un senso di compressione». In che modo si può prevenire l’insorgenza di una cisti al pancreas? «I fattori di rischio delle cisti, meglio delle pseudocisti, sono quelli delle pancreatiti. E quindi il regolare e non moderato consumo di alcol e un’alimentazione molto ricca di grassi». (Salute, Humanitas)
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ORDINE:
IN RISCOSSIONE LA QUOTA SOCIALE 2018
E’ in riscossione la quota sociale 2018 di EURO 150,00 di cui Euro 108,20 per l’Ordine e Euro 41,80 per la FOFI.
Si Comunica che in questi giorni, Equitalia, Agente della riscossione dell’Ordine della Provincia di Napoli, sta recapitando l’avviso di pagamento relativo la Tassa di iscrizione all’Ordine per l’anno 2018. Il pagamento sarà possibile effettuarlo entro il 28 Febbraio p.v.
Si ricorda che è obbligo di ogni iscritto il versamento della quota d’iscrizione annuale e che un eventuale ritardo comporta l’aggravio delle spese di esazione.
Il mancato adempimento, oltre a causare un’infrazione alla deontologia professionale, fa venir meno il requisito necessario per mantenere l’iscrizione all’Albo Professionale.
AVVISO
GLI ISCRITTI CHE NON HANNO ANCORA RICEVUTO
L’AVVISO DI PAGAMENTO,
POSSONO SCARICARLO dal sito dell’Ordine
INSERENDO il PROPRIO CODICE FISCALE al seguente link:
http://www.ordinefarmacistinapoli.it/ordineNuovo/news/1381-quota-sociale-2018
Ordine dei Farmacisti della Provincia di Napoli
La Bacheca
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ORDINE: Progetto “Un FARMACO per TUTTI” e “UNA VISITA PER TUTTI”
I progetti hanno come obiettivo quello di contrastare la povertà sanitaria sia
mediante l’utilizzo di farmaci e di prodotti diversi dai farmaci come presidi medico
chirurgici o integratori e dispositivi medici non ancora scaduti provenienti da
donazione spontanea da parte di cittadini e Aziende
Farmaceutiche, nonché di organizzare visite specialistiche
gratuite attraverso il camper della salute dell’Ordine.
Al fine di favorire la prevenzione sul territorio, nonché di contribuire ad assicurare ai cittadini in difficoltà non solo i farmaci provenienti dal progetto “Un Farmaco per Tutti” ma anche forme di attività assistenziali, il Consiglio dell’Ordine ha deliberato di acquistare un CAMPER della SALUTE, da utilizzare sul territorio per pianificare in modo capillare, ed in collaborazione con medici specialisti e volontari, laddove siano richiesti nuove forme assistenziali e di prevenzione (Visite mediche specialistiche, Autoanalisi etc.). Tale iniziativa, denominata, “Una Visita per Tutti”, insieme al progetto “Un Farmaco per Tutti” andrebbe a costituire una sorta di “Servizio Sanitario Solidale” che merita di essere considerato e supportato in modo sistemico dal Nostro Ordine e da altre Istituzioni pubbliche.
PAGINA 8 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno IV – Numero 1300