Il Manifesto dei Villaggi Agricoli per la gestione dell'Agro Romano

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Luigi Greco I VILLAGGI AGRICOLI PER LA GESTIONE DELL’AGRO ROMANO MANIFESTO

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I Villaggi Agricoli sono un nuovo modo di fare città non più basato sull’idea di quartiere: isola noiosa circondata da terreni in attesa di nuove costruzioni, ma sull’idea di villaggio urbano autosufficiente, che nel caso romano o italiano, ha una marcata predisposizione agricola. I Villaggi Agricoli hanno il principale obiettivo di rilocalizzare i consumi, il lavoro, la cultura e la produzione di energia all’interno dei confini delle aree edificabili, al fine di riavvicinare l’uomo all’ambiente e di limitare i costi psichici ed economici del vivere in città.

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Luigi Greco

I VILLAGGI AGRICOLI PER LA GESTIONE DELL’AGRO ROMANO

MANIFESTO

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INDICE

5 I. Premessa

Sulla localizzazione dei Villaggi Agricoli

10 II. Problemi

Il traffico automobilistico

Il consumo di suolo comunale

L’impronta ecologica della città

16 III. Proposte

L’autosufficienza

La gestione dell’Agro Romano

L’autonomia del villaggio

22 IV. Progetto

La produzione di cibo e il numero degli abitanti

La produzione di energia

Abitazioni

Gerarchie tra spazio pubblico e privato

Economia del villaggio agricolo

Comunità politica ed individuo

31 V. Appendice

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I

PREMESSA

1. Assicurare la prosperità del mercato dell’edilizia, garantire abitazioni sociali e servizi pubblici o, più in generale, pianificare la crescita della città di Roma, necessita di nuovi paradigmi di riferimento e di nuove strategie operative.

2. I numerosi problemi sociali ed ambientali legati allo sviluppo urbano delle periferie, dimostrano che non è più possibile continuare a lavorare sulla città con i vecchi strumenti, progettandola per pezzi isolati, per quartieri o centralità commerciali dipendenti da un organismo amministrativo centralizzato.

3. Nella periferia di Roma, le aree cui il Piano Regolatore Generale (PRG) assegna la maggior parte dei metri cubi edificabili sono sempre più separate da terreni agricoli residuali; in tali aree edificabili l’investimento del privato si riduce solitamente al tentativo di massimizzare il profitto attraverso un’imitazione tipologica ed estetica, che rende i territori periurbani ibridi residui inaccessibili e ostili.

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4. La periferia è divisa, è un cantiere che promette, a chissà quale generazione, una città definitiva e vivibile.

5. Nella periferia si manifesta la crisi della cultura urbana, la sua incapacità di riprodursi e di proporre una propria immagine etica, sostenibile ed autosufficiente.

Sulla localizzazione dei Villaggi Agricoli

6. Il PRG del Comune di Roma indica con il nome di Città della Trasformazione numerose aree edificabili all’interno o all’esterno della circonferenza definita dal Grande Raccordo Anulare (GRA) (cfr. Appendice, La localizzazione della Città della Trasformazione).

7. Inizialmente pensato come un confine, mura carrabili della città anni ’60, il GRA è diventato oggi un’infrastruttura cardine fra le espansioni del secolo passato e i nuovi quartieri periferici, che si spingono ormai ben oltre la sua circonferenza.

8. I Villaggi Agricoli per la gestione dell’Agro Romano sono una soluzione progettuale da applicare ad alcune aree della Città della Trasformazione, destinate a funzioni miste pubbliche e private.

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9. I Villaggi Agricoli circonderanno la città di Roma, definendo una cintura agricola controllata e coltivata.

10. I Villaggi Agricoli saranno unità complete, autonome e autosufficienti confinanti con la campagna, con aree residuali incolte, con quartieri esistenti e con l’infrastruttura viaria.

11. La localizzazione anulare delle aree della Città della Trasformazione, il tipo di destinazione d’uso a loro assegnato e non i caratteri più strettamente fisici, hanno determinato l’idea sul quale poggia il Manifesto (cfr. Appendice, Localizzazione delle aree di nuova espansione).

12. L’osservazione dei reperti d’architettura e urbanistica militare, che a Roma hanno trovato nei secoli denaro e sforzi necessari alla loro realizzazione, hanno suggerito il riconoscimento di: nuovi rischi -il consumo di suolo, la speculazione edilizia, la crisi economica- e nuove soluzioni per l’organizzazione territoriale -i Villaggi Agricoli-.

13. La localizzazione anulare, la forte vocazione all’autosufficienza e la peculiarità (tutta da immaginare) di riattivare, coltivandoli, i terreni residuali, rendono i Villaggi Agricoli un ottimo

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cuscinetto fra la spinta della speculazione edilizia, che consuma ettari di prezioso suolo, e la campagna, che resiste a stento alla crisi economica e ai rapidi cambiamenti sociali.

14. Quel che succederà quando migliaia di persone risiederanno nella nuovissima Città della Trasformazione, non può essere predetto. È necessario per questo diffidare delle più rosee previsioni ma anche da disfattismi e catastrofismi. Le città sono assoggettate al caos e al disordine, ogni decisione politica procede in direzioni impossibili da descrivere nel presente. L’osservazione delle dinamiche contemporanee può però aiutare urbanisti e architetti a mediare certe esternalità che, quotidianamente, arricchiscono pochi e rendono difficilissima la vita ai molti.

15. Le soluzioni qui proposte si dividono in: generali, definendo cioè degli approcci da applicare alla progettazione dei nuovi insediamenti periferici previsti in qualunque città europea, e specifiche, come nel caso della strategia pensata per l’Agro Romano, cioè, adatte alle caratteristiche ambientali, ecologiche e sociali della regione presa in esame.

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16. Il masterplan disegnato per l’area di espansione di Tor Pagnotta Est, a sud di Roma, è stato il primo tentativo di applicare le indicazioni proposte dal Manifesto a un progetto urbano.

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II

PROBLEMI

Il traffico automobilistico

17. L’ormai enorme quantità di residenze tutt’attorno al GRA, lo schema di organizzazione viario radiocentrico, l’assenza di trasporto pubblico e lo sprawl urbano, hanno provocato negli anni gravissimi problemi legati al traffico automobilistico e alla infrastrutturizzazione del territorio: quantità di ore passate in autovettura, incidenti stradali, costi psichici, inquinamento atmosferico e interruzione di importanti corridoi ecologici.

18. Un cittadino tipo, residente per esempio in una villetta unifamiliare di Roma Sud o in un palazzone di Roma Nord, trascorre in media più di 1,8 ore al giorno nell’abitacolo della sua automobile per raggiungere il posto di lavoro, l’università, per passare una serata con gli amici o anche solo per fare dello shopping. Stessi problemi cominciano a manifestarsi anche dal centro alla periferia a causa dei numerosi outlet e centri commerciali che attirano migliaia di consumatori in cerca dell’affare migliore.

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19. Nelle ore in cui il traffico raggiunge le sue punte massime 20km sono percorsi anche in un ora e trenta minuti di automobile.

20. Una bici raggiunge i 17-18 km/h col minimo sforzo muscolare.

21. Il traffico automobilistico rende pericolosissima la vita in città. Nell’anno 2005 nel Comune di Roma, secondo i dati forniti dalla Polizia Municipale, si sono verificati 38.000 incidenti, che hanno causato la morte di 176 persone e il ferimento di altre 15.600.

22. Il libero mercato da a tutti la possibilità di acquistare quante più automobili si desiderano e tale desiderio cresce di anno in anno.

23. Il parco veicolare di Roma è cresciuto del 40% dal 1985 al 2003 passando da 1,4 milioni a 1,9 milioni di autovetture. Possiamo solo approssimare il numero delle auto oggi.

24. Purtroppo però le strade di una città, gli ettari di terreno comunale e la quantità d’ossigeno dell’ecosistema urbano sono, inevitabilmente, limitati.

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25. Se una automobile occupa in media 10mq di suolo pubblico, il suolo del comune occupato dalle autovetture, è di 25 kmq.

26. La superficie circoscritta dal GRA è di circa 400 kmq.

27. La superficie totale del comune è di 1.285,3 kmq,

Il consumo di suolo comunale

28. Solo negli ultimi anni l’Italia si è dotata di alcuni strumenti per il monitoraggio degli usi del suolo al fine di quantificare, approssimativamente, le quantità di suolo consumato dall’urbanizzazione. Anche il Comune di Roma ha prodotto una sua “carta” che definisce con precisione il suolo impermeabile, verde e destinato all’agricoltura.

29. Bene finito, il suolo, si dice consumato quando la sua superficie è completamente impermeabilizzata.

30. Inizialmente era, tutto il Mondo, ricoperto da foreste vergini, poi si cominciò a coltivare e ad allevare poi, e solo di recente, agli ortaggi e alla carne si preferirono le villette a schiera.

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31. L’anarchia nel mercato delle costruzioni e l’effetto sprawl, per altro facce della stessa medaglia, sono le principali cause del consumo di suolo in Italia.

32. I confini delle città si ingrandiscono e sfumano, gli agglomerati si fondono, si costruiscono strade, hotel, la terra stenta a trasmettere la sua produttività materiale ed è considerata solo per i suoi attributi fondiari.

33. Geografi, urbanisti e i professionisti del territorio cominciano ad appassionarsi a scale sempre più grandi, ammaliati da confini amministrativi metropolitani e da strumenti di misurazione territoriale incredibilmente potenti.

34. Il rischio maggiore è quello di ricadere, o di rimanere intrappolati, in un determinismo astorico e dannoso; applicando delle visioni unitarie e totalizzanti attraverso gli strumenti di pianificazione, appiattendo così i territori e distruggendo, alla scala locale, economia, società e biodiversità.

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L’impronta ecologica della città

35. Per far fronte all’immensa domanda di beni e servizi la città si dota di lunghissimi tentacoli che raggiungono ormai ogni parte del globo sottoforma di acquedotti, di autostrade, container e informazioni.

36. L’impronta ecologica della città è un indice statistico di recente invenzione e misura la richiesta umana nei confronti della natura. Purtroppo però, come nel caso del consumo di suolo, non esistono ancora sufficienti mezzi per calcolarne l’entità. Dare qualunque cifra è riduttivo, incompleto.

37. Come sostengono Deleuze e Guattari le global cities contemporanee, così come le città mercantili del passato, trovano la loro ragion d’essere proprio nella de-territorializzazione del bisogno di beni e servizi e nella specializzazione a scala globale.

38. Si dovrebbe, per avere coscienza dell’impronta ecologica di un prodotto, immaginarne il processo di creazione, le materie prime coinvolte in tale processo, l’acqua consumata, la CO2 rilasciata in fase di produzione e

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durante il tragitto compiuto prima di arrivare nelle nostre case.

39. Il sito internet sourcemap.org mappa il percorso compiuto da alcuni dei beni più diffusi nel mercato prima di arrivare nelle nostre case.

40. Rilocalizzare la produzione e il consumo di beni, cibo ed energia è il principale obiettivo dei Villaggi Agricoli.

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III

PROPOSTE

L’ autosufficienza

41. Per discutere dunque di una Roma vivibile e all’avanguardia, dobbiamo portare avanti come professionisti, numerose strategie e politiche che vadano in direzione dell’autosufficienza urbana.

42. Raggiungere l’autosufficienza urbana o comunale significa misurare al millimetro le proprie risorse territoriali, censirle e aumentare gli sforzi per l’impostazione di una gestione coscienziosa e intelligente delle medesime.

43. Per ottenere l’autosufficienza è necessario produrre cibo fresco ed energia all’interno dell’area destinata a un nuovo insediamento, gestire acque grigie e nere e il loro smaltimento o riciclo, tutto ciò, significa, considerare in modo molto accurato i limiti offerti dallo spazio edificabile, il dimensionamento degli impianti, le pendenze e lo spazio adatto per le coltivazioni.

44. La dipendenza dagli spostamenti dovrebbe essere drasticamente ridotta.

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45. Le città, i quartieri, i villaggi dovrebbero avere una forma compatta al fine di salvaguardare il suolo coltivabile ed essere, quanto più possibile, pedonali.

46. L’autosufficienza è coscienza dei propri consumi e controllo degli sprechi.

47. Di recente, un sinonimo di autosufficienza è austerità.

La gestione dell’Agro Romano

48. L’evoluzione del rischio e l’importanza simbolica conferita alla città, sono, tutt’ora, i principali elementi discriminanti per la scelta di una tecnologia di controllo del territorio.

49. Rischi quali: gli attacchi barbari a Roma capitale dell’Impero, la protezione delle tenute in un Medioevo di lotte familiari e cittadine o, ancora, il campo trincerato per la difesa di Roma Capitale della nascente Italia, hanno generato: mura, torri e forti. (Vedi schema in appendice, elementi di controllo del territorio)

50. Il suolo di Roma è stato nella Storia conteso, militarizzato, insanguinato, deturpato, abbandonato, cementificato, santificato e bonificato.

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51. Cento anni fa venne approvata in Parlamento la legge che, oltre ad allargare la famosa zona decichilometrica, promuoveva la creazione di centri di colonizzazione per la bonifica dell’Agro Romano. Sostiene Lidia Moretti che Il 1910 è: “lo spartiacque tra immobilismo secolare dell’Agro Romano e uno sviluppo che rompe i vecchi schemi di gestione del territorio, attraverso la parcellizzazione delle tenute che solleciterà il passaggio dal latifondo al terreno edificabile”

52. Oggi, gli enormi passi avanti fatti nel campo delle tecnologie di videosorveglianza, lasciano intuire quali siano a parer nostro, i rischi più grandi e soprattutto verso cosa stiamo focalizzando la nostra attenzione e le nostre politiche.

53. I sistemi di controllo e protezione del territorio più evoluti non si contrappongono fisicamente alla minaccia, la sorvegliano costantemente. Un satellite dall’altezza di 35.000 km copre più del 43% del globo.

54. Nel 2020 la Roma Olimpica sarà dotata di una sorta di scudo spaziale per l’osservazione dell’intero territorio, un sistema di connessione tra le immagini fornite dalle oltre 2000

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telecamere sparse per la città, i satelliti, e le stazioni di polizia. Cosa ne sarà invece della sua campagna?

55. L’evoluzione degli strumenti di controllo e il tentativo di utilizzarli per il disegno di nuove e più dettagliate mappe, è una grande opportunità per una gestione sostenibile del territorio e delle risorse.

56. I problemi sostanziali della città cui è necessario dare una risposta, esigono, dunque, un nuovo tipo di controllo e di gestione che sia composto da: un impegno al monitoraggio e alla educazione, e un’azione diretta di coltivazione e valorizzazione.

57. Lontani da ogni pratica autoritaria, gli abitanti del Villaggio Agricolo costituirebbero degli osservatori del territorio, e dopo aver acquisito le aree residuali più prossime al villaggio, si occuperebbero della loro gestione, coltivazione e promozione turistica, bonificherebbero le numerose discariche abusive, ripulirebbero gli argini dei canali e farebbero, in definitiva, maturare i valori fondiari a cui ormai sono svenduti, a palazzinari senza scrupoli, i terreni residuali.

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58. I terreni che oggi sono bloccati dai pezzi di periferia perderebbero la loro vocazione ad essere edificati e diventerebbero fertili luoghi per coltivazioni e scambi. Il ritorno economico per Roma e per gli abitanti sarebbe immediato e comprenderebbe anche l’energia e il cibo.

59. Al termine gestione, in effetti, è possibile sostituire anche quello di “cura”.

60. La cura del territorio sarebbe un impiego strettamente individuale e riconquisterebbe una nuova dimensione collettiva; da essa dipenderebbe il benessere dell’intera comunità.

61. La campagna è la vera ricchezza che va difesa!

L’autonomia del villaggio

62. La tipologia del villaggio è sgravata dall’imposizione dei ritmi urbani, già deboli nei nuovi quartieri periferici, e si presta meglio a rapporti di scambio reciproco con la campagna.

63. Il villaggio può racchiudere in se tutto quel che è necessario alla vita quotidiana ed è collegato agli altri villaggi attraverso la grande infrastruttura del GRA. Il villaggio non è per

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definizione un quartiere e non ha bisogno di essere dipendente da nessun altro centro in particolare.

64. A Roma, il CRESME, ha mappato 198 villaggi urbani, pudicamente chiamati micro-città.

65. Nel villaggio si manifestano le possibilità offerte dalle risorse locali ed una democrazia inclusiva o di prossimità. L’autonomia amministrativa dei Villaggi Agricoli condurrebbe ad un rafforzamento delle sue peculiarità locali. La autonomia amministrativa è ipotizzata dallo stesso PRG che si orienta verso una possibile confederazione metropolitana di comuni.

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IV

PROGETTO

La produzione di cibo e il numero degli abitanti

66. Ortaggi, frutta e verdura devono essere prodotti in un luogo ben soleggiato e ventilato, al sicuro da animali e malintenzionati. È bene calibrare accuratamente, e, sin dall’inizio, quanto terreno all’interno dell’area di progetto è disponibile per le coltivazioni o per gli allevamenti e a quante persone può essere garantita la sazietà.

67. Siamo ormai molto lontani dalla possibilità di proporre una città-giardino secondo il suo schema classico di casa con giardino annesso privato o condiviso. Le ragioni di tale convinzione sono due: molta più superficie di terra coltivabile sarebbe in ombra e il terreno potrebbe essere utilizzato per altri scopi e non più per la coltivazione.

68. L’anello di transizione fra campagna e città non è più, a livello strettamente generazionale, così evidente, mentre lo era ai tempi delle prime migrazioni urbane quando numerose garden cities vennero realizzate in tutto il mondo.

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69. L’organizzazione dello spazio deve essere ben definita. L’agricoltura è una pratica che necessita nuovi luoghi e di un nuovo immaginario che comincia a manifestarsi solo negli ultimi anni e di cui si devono ancora gettare le basi.

70. Nel Villaggio Agricolo la principale fonte di verdura ed ortaggi freschi è l’orto. Come sostiene David Dickson nel suo scritto “La tecnologia alternativa”: l’orto consente: “una vasta gamma di coltivazioni, una cura diretta (individuale, familiare o cooperativa) dell’appezzamento di terreno, un uso denso e vario del suolo, una produzione controllata di eccedenze, gestione sostenibile delle acque per l’irrigazione, del compostaggio e dello smaltimento dei rifiuti”.

71. Una semplice formula permette di individuare il numero approssimativo di persone e di mq da destinare ad orti: 1 persona=15mq di orto.

72. È possibile immaginare un sistema di orti nel Villaggio Agricolo, guardando alle immense aree di orti urbani informali già presenti in città. In essi, pochissimo terreno è consumato, sono fortemente concentrati e gestiti da

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cooperative o consigli informali e attirano residenti vicini e lontani.

73. Quel che più conta è l’interesse personale all’autoproduzione di cibo che, nel caso degli orti urbani romani, è limitato a fasce circoscritte della società.

74. Sostiene il paesaggista e urbanista Pierre Donadieu che: “gli orti urbani sono una risposta abbastanza comune ai periodi di crisi economica e politica”. La sorella di Mussolini propagandava l'orto urbano ed una Italia autosufficiente dai giardini di Villa Torlonia e, persino il presidente Obama, nell'ultimo periodo, ha realizzato un grande orto sacrificando un po' del verdissimo prato della Casa Bianca, per incitare a nuove soluzioni anticrisi. Anche il Sindaco Gianni Alemanno, già ministro dell’ambiente, ha portato avanti nuove iniziative per la creazione di orti urbani, una fra tutte gli orti del XVI Municipio.

75. Durante le crisi e le guerre, il verde pubblico e privato si trasforma e ridiventa produttivo, la necessità limita gli sprechi, muove ogni sforzo in direzione dell’autosufficienza e del risparmio.

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76. Rinnegare l’importanza degli orti è prima di tutto un’offesa alla pace.

La produzione d’energia

77. Il fabbisogno energetico per elettricità e riscaldamento dovrebbe essere prodotto in massima parte all’interno degli edifici, luoghi di consumo principali. Le eccedenze di energia dovrebbero essere messe in rete e immagazzinate, limitando sprechi e inefficienze.

78. I sistemi passivi di raffrescamento e riscaldamento degli edifici e delle singole unità abitative aiutano a limitare il fabbisogno di energia elettrica e l’inquinamento atmosferico.

79. Lo sfruttamento di energie rinnovabili come il solare e l’eolico, l’utilizzo d’impianti di cogenerazione, trigenerazione e a biomassa favorirebbe una riduzione rilevante della dipendenza dalle energie fossili.

80. I Villaggi Agricoli sono intermente costruiti ex-novo. Punto fondamentale nella loro progettazione dovrebbe essere la considerazione dell’ingombro che avranno tutti gli impianti per la produzione di energia.

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81. Il Villaggio Agricolo deve essere pensato dal punto di vista energetico come una unità chiusa, che scambia con l’esterno energia pulita in esubero.

82. Gli abitanti del Villaggio Agricolo, sarebbero i portatori di un nuovo stile di vita e per questo, almeno per le prime esperienze, dovrebbero essere monitorati nei consumi, ed essere personalmente l’immagine della sostenibilità del villaggio.

Abitazioni

83. I tipi edilizi da utilizzare per la realizzazione del Villaggio Agricolo devono garantire un’alta flessibilità di usi e devono essere, quanto più possibile, adeguati al tipo di territorio su cui sorgerà il villaggio.

84. L’edificato dovrà, in grande misura, definire lo spazio pubblico ed adattarsi ad esso, considerando le possibilità offerte, per esempio, da un centro pedonale e dalle appropriazioni estemporanee degli abitanti.

85. I tipi edilizi devono inoltre poter assorbire azioni di densificazione in orizzontale e in verticale, fornendo nel loro disegno

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planimetrico una solida base di partenza per la crescita del villaggio.

86. Come dimostrano i numerosi studi fatti nel campo dell’urban design, quelli ad esempio di Jane Jacobs , di Jan Gehl o Christopher Alexander, semplici pattern da applicare al progetto possono garantire la sicurezza e il benessere degli abitanti. Essi riguardano per lo più la disposizione delle funzioni all’interno degli alloggi, l’altezza degli edifici, gli accessi a questi ultimi, le dimensioni dei marciapiedi, la presenza o meno di balconi, le terrazze, il mix sociale e funzionale.

Gerarchie tra spazio pubblico e privato

87. La cura dello spazio pubblico si è dimostrata negli anni argomento ostico per quel che riguarda le responsabilità e i costi di gestione. Marciapiedi, parchi, parcheggi, edifici pubblici abbandonati e inutilizzati, dominano il paesaggio delle periferie romane e manifestano l’assenza di usi e di denaro pubblico. La gestione deve essere integrata nel disegno del progetto e ipotizzata sin dall’inizio.

88. Per i Villaggi Agricoli si definiscono con rigore diverse soluzioni di lotti che da uno spazio completamente pubblico rappresentato dal

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core di servizi pubblici e privati, va ai lotti semiprivati e pedonali delle residenze, arrivando sino alla totale chiusura degli orti, particelle in cui si manifesta la cura individuale e il lavoro della terra (vedi appendice, schema di Villaggio Teorico).

89. Lo schema del Villaggio Teorico è fondamentale per ricreare un’immagine del villaggio.

L’economia del villaggio agricolo

90. Il successo di un Villaggio Agricolo dipende strettamente dalle politiche di creazione di lavoro all’interno del villaggio stesso. Il villaggio deve quindi unire diversi tipi di attività economiche, in questo modo i residenti non saranno costretti a fare lunghi viaggi per recarsi nel posto di lavoro.

91. Politiche per incentivare gli investimenti privati eviterebbero che la riuscita di tale progetto gravi esclusivamente sulle casse comunali.

92. La produzione dei beni e servizi sarebbe la principale attività degli abitanti e dovrebbe essere orientata soprattutto al soddisfacimento dei bisogni locali, mettendo in rete le

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eccedenze con gli altri villaggi attraverso mercati, fiere e scambi reciproci.

93. Tutto questo può offrire interessanti possibilità per una società della decrescita, teorizzata dall’economista francese Serge Latouche.

94. È inoltre necessario pensare in quest’ottica ad un nuovo rapporto etico con ciò che si produce, almeno per quel che riguarda gli alimenti. L’impossibilità di coltivazioni estensive e la cura individuale delle singole particelle di orti garantirebbe la consapevolezza di “produrre ciò di cui si ha bisogno”

Comunità politica ed individuo

95. Il Villaggio Agricolo è l’unità base di un insieme di comunità autosufficienti generate dall’esplosione della metropoli “unita” e centralizzata.

96. Consente una ri-localizzazione della politica attraverso la democrazia partecipativa. Questa idea di utopia locale democratica teorizzata dal greco Takis Fotopoulos, è molto simile al progetto del pensatore libertario Murray Bookchin.

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97. ll municipalismo libertario, proposto da Bookchin, non rappresenta semplicemente una tattica politica ma costituisce la forma che la società deve effettivamente assumere per essere ecologica e razionale.

98. I Villaggi Agricoli assicurano nella dimora lo spazio privato, familiare e individuale e nello spazio pubblico il luogo d’incontro con la diversità.

99. Il localismo è presentato nella sua dimensione politica come una strategia di reintegrazione fra società ed economia: una condizione necessaria per la creazione di una società autonoma! Piccole comunità per un massimo di 30.000 persone renderebbero tale progetto realizzabile.

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V

APPENDICE

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Gli elementi di controllo del territorio a Roma: dall’Impero al Watchfare

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Schema di Villaggio Agricolo Teorico

Zoom. Distribuzione delle funzioni

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Scenario socio-economico ipotizzato

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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Economia

Serge Latouche, Breve trattato sulla decrescita serena, 2008

Piero Bevilacqua, Miseria dello sviluppo, 2008

Paesaggio e Progetto Urbano

Adriano Paolella, Abitare i luoghi: insediamenti, tecnologia, paesaggio, 2004

Gilles Ivain, Formulario para un nuevo urbanismo, 1958

Gilles Clement, Il manifesto del terzo paesaggio, 2004

Ash Amin e Nigel Thrift, Città: ripensare la dimensione urbana, 2005

Mike Davis, L’ecologia della paura ,2008

Alberto Magnaghi, Per una trasformazione ecologica degli insediamenti, 1992

Tecnologia

David Dickson, La tecnologia alternativa, 1985

Storia

Nella Eramo Mutui per la bonifica dell’Agro Romano e Pontino, 2008

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NOTE

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Scritto da Luigi Greco

a Roma nel settembre 2010

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Contatti

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I 99 aforismi del Manifesto, letti in sequenza o singolarmente, contribuiscono a delineare l’idea, l’ambiente e le ragioni del Villaggio Agricolo Teorico: modello per gli insediamenti da realizzare nella Città della Trasformazione prevista dal P.R.G. di Roma. Immersi nell’ Agro Romano, tutt’intorno la città, i Villaggi Agricoli sono i nodi di una cintura di terreni coltivati e contrappongono alle speculazioni edilizie la cura del paesaggio periurbano.