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IL CONDOMINIO Curatore: Daniela Rotunno lunedì 22 febbraio 2016 versione 1.0

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IL CONDOMINIO

Curatore:

Daniela Rotunnolunedì 22 febbraio 2016versione 1.0

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SOMMARIO

INTRODUZIONE..............................................................................................................................4

IL CONDOMINIO COS’È .................................................................................................................5

Come e quando nasce un condominio. La nomina dell’amministratore........................................5

Il condominio minimo: cos’è..........................................................................................................6

Il condominio parziale ...................................................................................................................7

Supercondominio: cos’è e come nasce ......................................................................................11

Cassazione: quando c’è supercondominio .................................................................................13

I BENI COMUNI ............................................................................................................................. 14

Condominio: quali sono i beni comuni ........................................................................................ 14

Parti comuni del condominio: sono divisibili?..............................................................................18

LA GESTIONE DEI BENI COMUNI ............................................................................................... 19

Condominio: come assegnare i posti auto in cortile....................................................................19

LE INNOVAZIONI .......................................................................................................................... 22

Lavori in condominio: innovazioni consentite e vietate ............................................................... 22

Innovazioni in condominio: cosa sono e che prevede la legge ...................................................24

RAPPORTI TRA CONDOMINI.......................................................................................................28

Vicini rumorosi in condominio: difesa.......................................................................................... 28

Rumori del vicino di condominio: come farlo smettere................................................................ 31

Quanto chiedere per il risarcimento del danno? .........................................................................32

LA RIPARTIZIONE DELLE SPESE ............................................................................................... 34

Come si ripartiscono le spese in condominio..............................................................................34

Condominio: sottrarsi alle spese per innovazioni e modifiche ....................................................36

Spese di condominio: cosa paga l’inquilino e cosa il padrone di casa........................................37

Riparazione balconi aggettanti e tetti in condominio: chi paga ...................................................42

Condomini disabili: chi paga l’installazione del montascale e la relativa manutenzione? ...........43

Lavori in condominio: per i danni chi è responsabile e chi risarcisce?........................................44

MOROSITÀ....................................................................................................................................46

Condominio: se i condomini non pagano come si recupera il credito .........................................46

Condominio: il pignoramento del conto corrente è possibile.......................................................48

Dopo la riforma il creditore può pignorare il conto corrente condominiale ..................................50

Condomino moroso: i poteri dell’amministratore.........................................................................52

SPESE PER MANUTENZIONE .....................................................................................................53

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Manutenzione scale condominio: come ripartire le spese .......................................................... 53

Lavori urgenti in condominio: come comportarsi? ......................................................................54

Infiltrazioni in condominio da beni di proprietà comune: come comportarsi ................................ 56

I lavori condominiali si pagano in anticipo: la norma che tutela i costruttori ................................ 57

Il tetto condominiale: breve guida ............................................................................................... 58

AMMINISTRATORE: NOMINA, REVOCA ED OBBLIGHI ............................................................. 60

L’amministratore di condominio: doveri, compiti e adempimenti.................................................60

Amministratore di condominio: doveri, compiti e adempimenti parte 2 .......................................65

Amministratore di condominio: le nuove regole ..........................................................................69

Amministratore di condominio: quanto tempo dura l’incarico?....................................................71

Revoca dell’amministratore di condominio: anche senza giusta causa ......................................77

Come l’amministratore deve convocare l’assemblea di condominio...........................................79

Inerzia dell’amministratore di condominio: quale difesa.............................................................. 81

L’ASSEMBLEA DEI CONDOMINI..................................................................................................82

Assemblea di condominio: quali maggioranze?..........................................................................82

L’avviso di convocazione dell’assemblea di condominio ............................................................ 85

Condominio: chi può impugnare la delibera dell’assemblea? .....................................................87

Entro quanto impugnare una delibera di condominio?................................................................ 89

Quando la delibera è annullabile? .............................................................................................. 90

L’inquilino può partecipare e votare in assemblea di condominio? .............................................91

Assemblea di condominio, deleghe e convocazione: come opporsi ...........................................92

IL REGOLAMENTO DI CONDOMINIO.......................................................................................... 94

Condominio: la mancata approvazione del regolamento assembleare.......................................94

Regolamento condominiale: il costruttore non può riservarsi di redigerlo dopo i rogiti ...............95

TABELLE MILLESIMALI ................................................................................................................97

Tabelle millesimali: approvate a maggioranza e non più all’unanimità .......................................97

Pulizia scale: quale tabella per le spese condominiali? .............................................................. 98

Condominio: divisione delle spese se mancano le tabelle millesimali ........................................99

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INTRODUZIONE

a cura di Daniela Rotunno

a vita in condominio rappresenta oggigiorno una realtà per moltissime persone. La convivenza non èsempre facile al punto che spesso litigi e ripicche prendono il posto dei rapporti di buon vicinato e

molte sono le controversie tra condomini che arrivano nelle aule di tribunale. In tale contesto è fondamentaleconoscere le norme che regolano la materia e quali sono i propri diritti e doveri.

La materia condominiale è disciplinata dal codice civile e finalmente, dopo ben 71 anni, è stata oggetto direvisione ad opera della legge dell’11 dicembre 2012, n. 220 e della “novella” costituita dal decreto legge 23dicembre 2013, n. 145; tale riforma ha da un lato recepito gli orientamenti consolidati dalla Corte di Cassa-zione e dall’altro ha introdotto delle innovazioni, come ad esempio quelle relative alla figuradell’amministratore di condominio, alle nuove maggioranze per approvare le delibere in assemblea, alla pos-sibilità di distacco dal riscaldamento condominiale senza la previa approvazione dell’assemblea.

La presente guida raccoglie alcuni degli articoli più interessanti pubblicati sul portale “La Legge per Tutti“(www.laleggepertutti.it) ed offre una panoramica sulle vicende che possono interessare il condominio, rela-tivamente ai rapporti tra condomini, all’attività dell’amministratore, alla ripartizione delle spese condomi-niali e molto altro.

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IL CONDOMINIO COS’È

Come e quando nasce un condominio. La nomina dell’amministratore

Se il condominio nasceautomaticamente senza bisogno diuna delibera, non appena i condominisono più di uno, per la nominadell’amministratore c’è bisogno di unadelibera, che è obbligatoria quando ilnumero dei condomini è più di otto.

Il condominio si costituisce automaticamente – senza bisogno di apposite manifestazioni di vo-lontà o altre esternazioni, e tanto meno di delibere e approvazioni dell’assemblea dei condomini –nello stesso momento in cui:1) l’unico proprietario di un edificio lo frazioni in più porzioni autonome, trasferendone la proprietàesclusiva a una pluralità di soggetti (o anche solo al primo di essi);2) oppure quando più soggetti costruiscano su un suolo comune;3) oppure quando l’unico proprietario di un edificio ne ceda a terzi piani o porzioni di piano in pro-prietà esclusiva, realizzando la stessa condizione del frazionamento che a esso dà origine [1].

La nomina di un amministratoreLa recente riforma del condomino [2] ha previsto che la nomina dell’amministratore è obbligatoriasolo quando i condomini sono più di otto.

IN PRATICALa costituzione di un condominio è automatica non appena si ha più di un proprietario all’internodella stessa costruzione. Non c’è dunque bisogno di una delibera assembleare.La nomina dell’amministratore, invece, non è automatica, ma necessita di una deliberadell’assemblea, che è obbligatoria non appena i condomini sono più di otto.

[1] Cass. sent. n. 17332 del 17.08.2011.[2] Art. 1129, comma 1, cod. civ.

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Il condominio minimo: cos’è

Condominio minimo o piccolocondominio, sentenze dellaCassazione su assemblea deicondomini e applicazione delle regoledel codice civile in materia dicondominio.

Per condominio minimo (o piccolo con-dominio) si intende quella collettività con-dominiale composta da due soli parteci-panti. In questo caso si discuteva, in dottri-

na e giurisprudenza, circa la normativa da applicare. Era controverso, in altri termini, seal condominio minimo si dovessero applicare le norme del condominio o quelle del-la comunione. La recente riforma del condominio [1] ha risolto la questione prevedendo [2] chele norme in materia di condominio si applicano in tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edi-fici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai sensi dell’articolo1117.Non vi è dubbio, quindi, che anche alla fattispecie del condominio minimo sono applicabili lenorme in materia di condominio.

Anche la questione relativa alla disciplina applicabile al condominio minimo è stata oggetto di di-verse pronunce giurisprudenziali, che è opportuno accennare.La Cassazione, infatti, dopo aver affermato l’esistenza del condominio anche nel casodi condominio minimo, successivamente ebbe a mutare il suo indirizzo ritenendo che in presen-za di due soli condòmini non fosse possibile costituire l’assemblea.

In tempi più recenti, invece, la Cassazione ha nuovamente mutato il suo indirizzo, ritenendo chenel caso in cui i proprietari dell’edificio fossero soltanto due, si applicassero le norme del condo-minio eccezion fatta per le norme relative al funzionamento dell’assemblea [3].

Da ultimo, infine, la Cassazione a Sezione Unite ha confermato l’applicazione al condominiominimo delle norme sul condominio, incluso l’articolo in tema di assemblea [4], con la conse-guenza che in caso di mancato raggiungimento dell’unanimità, sarebbe stato necessario ricorrereal giudice [5].

[1] L. 220/2012.[2] All’art. 1117bis, introdotto ex novo.[3] Disciplinata, invece, dagli articoli 1104 s.s. cod. civ.[4] Art. 1136 cod. civ.[5] A norma degli artt. 1105 e 1139 cod. civ.

Autore: il presente articolo è stato tratto dal volume edito da Edizioni Simone “IL NUOVOCONDOMINIO” Manuale teorico-pratico – Con formulario e appendice normativa di RodolfoCusano, 2015, Ed. XIII

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Il condominio parziale

Definizione e disciplina del condominioparziale dopo la riforma delcondominio e con le nuove norme delcodice civile: il caso in cui i benicomuni siano destinati all’utilizzazionedi solo una parte dei condomini.

La riforma del condominio non ha toccatol’istituto del cosiddetto “condominio parzia-le”: esso si ha quando i beni comuni sonodestinati all’utilizzazione di solo una parte

dei condomini. In questo caso è necessario stabilire se i beni siano comuni anche ai condóminiche di fatto non li utilizzano oppure siano comuni soltanto ai condómini che li utilizzano. Da qui ladefinizione di “condominio parziale”; la parzialità risiede, in altri termini, nel fatto che solo ad unaparte dei condomini spetterebbe la comproprietà di tali beni.

Il tema è stato molte volte analizzato più con riguardo a specifici casi che in relazione a principigenerali come conferma il seguente rilievo giurisprudenziale secondo cui «Il condominio parzia-le raffigura una categoria radicata nell’esperienza e riconosciuta dalla giurisprudenza la quale,piuttosto che della definizione del principio, si occupa della definizione dei casi di specie» .Tale fattispecie di condominio parziale viene ammessa sulla base della constatazione che: «In-dipendentemente dal titolo, nell’ambito della più vasta contitolarità, si ammette la costituzione perlegge dei cosiddetti condomini parziali sul fondamento del collegamento strumentale tra i beni: va-le a dire, sulla base della necessità per l’esistenza o per l’uso, ovvero della destinazione all’uso oal servizio di determinate cose, servizi ed impianti limitatamente a vantaggio di talune unità immo-biliari», ed esplicitamente: «Per la verità, l’asserto che la proprietà comune appartenga necessa-riamente a tutti i partecipanti e non si frazioni, neppure in casi eccezionali, se non in virtù del titolo,non è più condiviso e, in effetti, non regge alla critica, fondata sulla ricognizione non aprioristicadei dati positivi» .Se questa è la tesi di ammissibilità del condominio parziale non mancano posizioni nettamentecontrarie sostenute da notevoli argomenti.In primo luogo, si deve constatare che la legge si riferisce esplicitamente a beni comuni a tutti icondomini «se il contrario non risulta dal titolo» ex articolo 1117 c.c. Ciò vuol dire che esiste unasola eccezione per la quale i beni non sono comuni a tutti i condomini: la volontà contraria conte-nuta nel titolo di acquisto.

Questa osservazione potrebbe sembrare sterile se il suo carattere formalistico non fosse convali-dato da un ulteriore rilievo pratico e sostanziale: il motivo per cui i beni sono comuni anche aquei condomini che non li utilizzano risiede nel fatto che quei beni partecipano di un edificio unicoche è, appunto, il condominio. Il destino comune dei beni viene supportato dall’unità dell’edificiocui partecipano tutti i proprietari in virtù della loro ulteriore qualifica di condomini. In questa pro-spettiva il criterio di utilizzabilità non viene affatto preso in considerazione dalla legge per determi-nare la contitolarità dei beni di cui all’articolo 1117 c.c., per cui tali beni sono comuni anche se soloalcuni condomini li utilizzano.

In realtà, è vero che il citato articolo 1117 c.c. non consente esplicitamente che la proprietà deibeni sia comune solo ad alcuni condomini però, a ben guardare, nemmeno lo vieta espressamen-

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te; tale possibilità è ammessa sulla base di una convenzione ma non si può escludere che il crite-rio dell’utilizzabilità (e quello correlato dell’utilità) non sia richiamato dall’articolo 1117 c.c. (in quan-to sottinteso da quella normativa).

Il legislatore, allora, non ha esplicitamente dichiarato che il condominio riguarda solo coloro aiquali i beni servono perché tale stato di fatto rappresenta una condizione necessariamente preesi-stente all’operatività della norma, cioè essa è presupposta sulla base della logica determinazionedei fatti e dei conseguenti effetti che si verificano in questi casi.

Questo sembra essere il ragionamento che sta alla base dell’opinione per cui: «I presupposti perl’attribuzione della proprietà comune a vantaggio di tutti i partecipanti vengono meno se le cose, iservizi e gli impianti di uso comune, per oggettivi caratteri materiali e funzionali, sono necessariper l’esistenza o per l’uso, ovvero sono destinati all’uso o al servizio, non di tutto l’edificio, ma diuna sola parte (o di alcune parti) di esso.

Pertanto, del diritto soggettivo di condominio formano oggetto soltanto i servizi e gli impianti effet-tivamente legati alle unità abitative dal collegamento strumentale; vale a dire le sole parti di usocomune che siano necessarie per l’esistenza, ovvero siano destinate all’uso o al servizio di deter-minati piani o porzioni di piano». La Cassazione determina anche il motivo specifico di tale con-clusione: «La disposizione da cui risulta con certezza che le cose, i servizi e gli impianti di usocomune dell’edificio non appartengono necessariamente a tutti i partecipanti, si rinvienenell’articolo 1123, comma terzo, c.c. Secondo questa norma, l’obbligazione di concorrere nellespese per la conservazione grava soltanto sui condomini, ai quali appartiene la proprietà comu-ne».

In realtà, se si legge il comma in questione, non si evince affatto quanto affermato dal-la Cassazione, poiché viene disciplinato il criterio di spesa in base al criterio di utilità, per cuiquesta norma non disciplina affatto la parzialità della titolarità: ben potrebbe intendersi, la norma incommento, nel senso che le spese sono sopportate dai condomini che ne traggono utilità ma laproprietà resta, comunque, in capo a tutti i condomini, anche a quelli che non usano i beni in og-getto, così come stabilito dal principio generale di cui all’articolo 1117 c.c.

È la stessa Cassazione che risponde all’interrogativo sottolineando come il terzo commadell’articolo 1123 «non recepisce il criterio, che si assume valido in generale per la ripartizione del-le spese per le parti comuni, secondo cui i contributi si suddividono tra i condomini in ragionedell’utilità. Se così fosse, il precetto sarebbe del tutto superfluo, perché ripeterebbe quello dettatodal capoverso precedente»; tanto è vero che: «Posto che l’articolo 1123 comma terzo ripartisce ilconcorso nelle spese per le parti comuni, destinate a servire le unità immobiliari in misura diversa,in proporzione all’uso che ciascuno può farne, dal contributo implicitamente esonera coloro i quali,per ragioni obbiettive afferenti alla struttura o alla destinazione, non utilizzano le parti, che non so-no necessarie per l’esistenza o per l’uso, ovvero non sono destinate all’uso o al servizio dei loropiani o porzioni di piano. Se i proprietari delle unità immobiliari, non collegate con determinate par-ti comuni, fossero esonerati dal concorso nelle spese in virtù del criterio dell’utilità statuitodall’articolo 1123 comma secondo c.c., il disposto dell’articolo 1123 comma terzo sarebbe del tuttoidentico a quello fissato nel comma precedente e configurerebbe un duplicato inutile».

È questa un’interpretazione che collega funzionalmente le diverse parti di una norma in manieraesemplare per arrivare ad identificare la stessa ratio che sottende l’intero dettato normativo ed ilragionamento viene spiegato in questo modo: «In realtà, l’articolo 1123 c.c. nei distinti capoversicontempla ipotesi differenti. Mentre al comma due regola solo ed esclusivamente la ripartizionedelle spese per l’uso, al comma tre disciplina la suddivisione delle spese per la conservazione. Laragione della previsione espressa è che le cose, i servizi e gli impianti, essendo collegati mate-

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rialmente e per la destinazione soltanto con alcune unità immobiliari, appartengono in comune so-lamente ai proprietari di queste. La disposizione, cioè, contempla l’ipotesi di condominio parziale».Come si vede, la Cassazione fa discendere esplicitamente dall’articolo 1123 c.c. la previsione le-gislativa del condominio parziale il quale deve essere ammesso, non solo in base ai ragionamentieffettuati dalla Suprema Corte, ma anche in base al dato incontestabile che dalla legge non risultaalcun esplicito divieto di costituzione del condominio parziale e che il condominio parziale risultaessere una fattispecie che realizza interessi meritevoli di tutela alla stregua dei principi del nostroordinamento giuridico.

A questo punto, però, non si può fare a meno di richiamare un ulteriore argomento, su cui si basala tesi negatrice della possibilità di un condominio parziale, individuato nell’articolo 61 disp.att.c.c., il cui primo comma recita: «Qualora un edificio o un gruppo di edifici appartenenti per piani oporzioni di piano a proprietari diversi si possa dividere in parti che abbiano le caratteristiche di edi-fici autonomi, il condominio può essere sciolto e i comproprietari di ciascuna parte possono costi-tuirsi in condominio separato».Questa norma è utilizzata per negare la possibilità di un condominio parziale in base ad un artico-lato ragionamento che si propone di seguito.

Il comma primo dell’articolo 61 disp.att. c.c., si sostiene, disciplina l’ipotesi di scioglimento diun condominio quando questo sia costituito da parti, ciascuna delle quali abbia le «caratteristichedi edificio autonomo»; allora, se il condominio separato fosse una fattispecie normalmente realiz-zabile (sulla base del criterio di utilizzabilità dei beni comuni ad alcuni soltanto dei condomini), talenorma non sarebbe necessaria perché se è lecito il condominio parziale deve essere, a maggiorragione, lecito dividere un condominio in due se le due parti sono, in sostanza, edifici autonomi. Ilcomma primo dell’articolo 61 disp.att. c.c. sarebbe, in altri termini, superfluo e inutile.

Tale norma è, invece, utile proprio perché il legislatore non aveva previsto il condominio parziale eperciò lo dichiara espressamente realizzabile nei casi in cui le diverse parti abbiano «caratteristi-che di edificio autonomo».Fin qui la tesi negatrice del condominio separato che utilizza la previsione del comma primodell’articolo 61 disp.att. c.c. con l’intento di dare significato alla sua previsione, ma tale argomentorisulta in realtà non ben congegnato e, probabilmente, non del tutto pertinente al tema in oggetto.

Il richiamo all’articolo 61 disp. att. c.c. in merito a fattispecie di condominio parziale è inopportunoper una serie di rilevi.In primo luogo, se si legge anche il comma secondo dell’articolo 61 dis. att. c.c. , si comprende ilmeccanismo di funzionamento di tale previsione: lo scioglimento del condominio (propedeutico al-la formazione dei diversi condomini limitati ciascuno ad una parte dell’originario edificio) deve es-sere deliberato dalla maggioranza degli intervenuti all’assemblea (dell’originario unico edificio) cherappresenti al contempo almeno la metà del valore dell’edificio ex articolo 1136 comma secondoc.c. Se tale maggioranza non c’è, la norma prevede la decisione dell’autorità giudiziaria in base adomanda di un terzo dei comproprietari della parte di edificio che si vuole distaccare dal resto.Come si vede, tale fattispecie riposa sulla volontà dei condomini e, certamente, non si riferisce atutti i condomini ma ad una parte (benché considerevole) degli stessi. La nascita dei diversi con-domíni ex articolo 61 disp.att. c.c. presuppone, allora, la volontà (di una parte) dei condómini.

Il condominio parziale, invece, trova la sua giustificazione in uno stato di fatto oggettivo (criteriodi utilizzazione e di utilizzabilità dei beni a favore soltanto di alcuni condomini) non influenzabiledalla volontà dei condomini: nessun condòmino, ad esempio, potrebbe adire l’autorità giudiziariaper affermare che un bene non collegato (per utilizzazione o utilizzabilità) al proprio appartamentoricada anche nella sua proprietà condominiale. Nel condominio parziale, infatti, i beni sono in con-dominio ai proprietari degli appartamenti che li utilizzano e tale stato di fatto non può essere modi-

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ficato dalla volontà dei condomini; il collegamento è in re ipsa e, come detto, nasce automatica-mente per cui non c’è neanche bisogno della manifestazione di volontà delle parti né, tanto meno,di una pronuncia giudiziaria.

Differenti risultano quindi le ipotesi del condominio parziale e quella ex articolo 61 disp.att. c.c. inbase all’analisi genetica e strutturale delle due fattispecie ma vi sono altre considerazioni in pro-posito. È certo che l’ipotesi del condominio parziale riposa, da un lato, nella necessità oggettivadella sua esistenza (indipendenza dalla volontà dei condomini e sussistenza sulla base di un og-gettivo e verificabile collegamento che sorge tra un bene e gli appartamenti al cui migliore godi-mento quel bene è destinato) e dall’altro sul fatto che il condominio resta unico ed al suo internoalcuni beni sono in comune soltanto ad alcuni condomini.

In base a questa seconda caratteristica si può affermare, insieme alla Cassazione, che: «Am-messo dunque che, nell’ambito di un edificio diviso in piani o porzioni di piano, possono sussistereproprietà comuni di cose, di impianti e di servizi limitate soltanto ad alcuni condomini, conviene ri-cordare che il condominio parziale postula che il condominio originario non si frantumi in nuovi, di-stinti condomìni» . Questa premessa porta alla conseguente riflessione: «La figura del condominioparziale, invero, si distingue rispetto alla ipotesi della separazione dei condomini disciplinata dagliarticoli 61 e 62 disp.att. c.c. almeno per due ragioni:

– per i presupposti di fatto, posto che il condominio parziale sussiste anche quando non è possi-bile procedere alla separazione, perché la parte dell’edificio — in cui sono situate le cose, gli im-pianti ed i servizi comuni collegati soltanto con alcune delle unità immobiliari — non presenta lecaratteristiche di parte o di edificio autonomo (è il caso delle scale e dell’ascensore, che non ser-vono i locali con accesso soltanto dalla strada);

– per il fatto costitutivo: il condominio parziale insorge «ope legis» ogni qual volta sussistono ipresupposti, configurati dalla relazione di accessorio a principale, in concreto tra le singole unitàimmobiliari e determinate cose, impianti e servizi di uso comune, e non v’è necessità del procedi-mento di separazione che si svolge in assemblea o davanti all’autorità giudiziaria» .

Come si vede, i precedenti argomenti, sulla base della rilevata differenza tra il condominio parzialeed il condominio separato ex articolo 61 disp.att. c.c., ci fanno concludere che quest’ultima ipotesinon implica affatto il disconoscimento della prima poiché esse sono estremamente differenti tra lo-ro.

Quanto detto conferma la possibilità di un condominio parziale che esiste solo per alcuni beni esoltanto tra i condomini che tali beni utilizzano; tale condominio parziale non elimina affatto il con-dominio complessivo il quale continua a sussistere, tranne che per la gestione di quei determinatibeni la cui titolarità resta a favore solo di alcuni condomini i quali conseguentemente saranno gliunici a sopportare le relative spese. Proprio per questo motivo il condòmino che in sede di ripartodelle spese fatte dall’amministratore ritenga che esse non lo riguardino, potrà chiedere al giudice,con una azione di accertamento ex articolo 1123 c.c., che venga dichiarata la mancanzadell’obbligo al pagamento.È proprio la disposizione di cui all’art. 1123, ultimo comma, c.c. che, nel prevedere beni destinati aservire una parte dell’edificio, riguarda proprio la fattispecie del condominio parziale. La disposi-zione in esame statuisce che le spese relative alla loro manutenzione sono ripartite solo fra i con-domini che ne traggono utilità, i quali non possono che identificarsi con i condomini facenti partedel condominio parziale: essendo gli unici comproprietari del bene devono sopportarne integral-mente i relativi oneri.

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Supercondominio: cos’è e come nasce

Le istruzioni e le disposizionifondamentali, utili adamministratori e proprietari, percomprendere cosa sia e come sicostituisca un supercondominio.

Si sente spesso parlaredi supercondominio senza che, spesso, sisappia con precisione a che cosa ci si riferi-sca con questo termine. Eppure, per quantotra poco verrà detto, l’esistenza di super-condomini è molto diffusa e, soprattutto,

tendente a svilupparsi in futuro. La ragione di questa, spesso inconsapevole, diffusionedi supercondomini risiede nel fatto che per l’esistenza di un supercondominio non è necessarioalcun atto scritto o decisione adottata da alcuna assemblea e nemmeno è necessaria la origina-ria volontà del costruttore, ma è sufficiente che più edifici, che siano o meno già costituiti in con-domìni, abbiano in comune taluni impianti, cose e servizi.

Dunque, affinché un supercondominio esista è semplicemente necessario che più stabili abbia-no tra loro in comune talune cose come, ad esempio, i viali di accesso o i giardini o le aree aparcheggio oppure l’impianto per l’illuminazione o gli alloggi del portiere e simili cose o servizicomuni.

Il termine “supercondominio” non è stato usato dal legislatore della riforma, ma in dottrina e ingiurisprudenza si legge ormai di frequente. Per supercondominio si intende la realtà in cui vi so-no più edifici che hanno in comune la proprietà di una serie di beni, funzionalmente collegati alleproprietà esclusive. Ma quando e come si costituisce un supercondominio? È necessario un attoapposito per la costituzione di un supercondominio? Il sorgere di questo ente deve essere ac-compagnato da una qualche formalità, o, come il condominio, si forma da sé, dalla realizzazionedelle condizioni giuridiche e di fatto per le quali viene in esistenza? La riforma non parla di questoaspetto, ma la giurisprudenza recente, innovando il precedente orientamento, risponde al quesitonel senso di una costituzione di fatto.

Come hanno chiarito i giudici [1], è anche necessario, perché possa dirsi esistenteun supercondominio, che queste cose o servizi in comune a più edifici siano in rapportodi accessorietà con gli edifici stessi; è cioè necessario che, ad esempio, i viali di accesso (e ognialtra cosa o servizio comune) servano a tutti gli edifici tra i quali il supercondominio sussiste.

Da queste premesse deriva la conseguenza che è del tutto inutile, per far nascereun supercondominio che, ad esempio, venga deliberata in apposite assemblee l’unificazione dipiù palazzine, cioè di singoli condomini, in un’unica entità; non serve, dunque, che gli amministra-tori dei singoli condomini convochino in un’unica assemblea i condomini di più palazzine per deli-berare la nascita del supercondominio. Se, infatti, più cose o servizi o impianti servono contempo-raneamente più edifici, il supercondominio è già esistente di per sé indipendentemente da qual-siasi delibera o decisione.

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In un solo caso, pur esistendo cose o servizi comuni a più edifici, il supercondominio non potràdirsi già di fatto esistente: è il caso in cui il regolamento del singolo condominio o gli atti di acqui-sto (delle singole proprietà esclusive che costituiscono i singoli condomini) lo vietino.

Da ultimo si dirà che anche la legge di riforma del condominio [2] ha finalmente recepito in un te-sto normativo il concetto di supercondominio (o di condominio complesso o condominio orizzonta-le come, con altre espressioni si è soliti chiamare il supercondominio) elaborato nel corso deglianni dalla giurisprudenza stabilendo, appunto, che si applicano le norme sul condominio quandopiù unità immobiliari o più edifici o più condominii abbiano parti comuni come quelle descritteprecedentemente (viali, impianti di illuminazione, cortili, parchi giochi per bambini ecc.).

Poiché, quindi, al supercondominio vanno applicate le norme del condominio si dovrà procedere,attraverso apposita assemblea, a redigere un regolamento e nominare l’amministratore.

[1] Cass., sent. n. 19.939 del 14.11.2012.[2] Legge n. 212 del 2012.

Autore: Angelo Forte

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Cassazione: quando c’è supercondominio

Servizi in comune in caso dipluralità di edifici.

La Cassazione interviene in materiadi supercondominio. Con una sentenzapubblicata ieri [1] la corte ha chiarito quan-do ricorre questa particolare figura.

Il primo principio è: “nel caso di pluralità diedifici, costituiti in distinti condominii, macompresi in una più ampia organizzazionecondominiale (cosidetti “supercondomini”),legati tra loro dalla esistenza di talune cose,

servizi ed impianti comuni (quali il viale d’accesso, le zone verdi, l’impianto di illuminazione, laguardiola del portiere, il servizio di portierato ecc.) in rapporto di accessorietà con i fabbricati siapplicano a dette cose, impianti, servizi, le norme sul condominio degli edifici e non quelle sullacomunione in generale”. Inoltre, “ai fini della configurabilità del supercondominio, non è indi-spensabile l’esistenza di beni comuni, ma è sufficiente solo l’esistenza di servizi comuni a piùedifici” (v. il portierato).

[1] Cass. sent. n. 19800/2014.

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I BENI COMUNI

Condominio: quali sono i beni comuni

Elencazione dei beni comuni di unedificio in condominio, distinzionetra proprietà individuale esclusivae proprietà comune, regolamentodi condominio, amministratore.

Di norma, in ogni fabbricato coesisto-no proprietà esclusive e proprietà in co-mune (alle prime asservite): si ha così la fi-gura del condominio.Purtroppo, nessuna norma stabilisce che,

tra i compiti affidati all’amministratore, vi sia quello di redigere un elenco dei beni comuni.Per prima cosa occorre, quindi, stabilire quali sono i beni comuni.

L’articolo 1117 c.c. individua le parti dell’edificio che si presumono di proprietà comune, in quan-to solitamente destinati a servire in maniera indifferenziata l’intera collettività condominiale. Talibeni sono divisi in tre categorie (necessari, di pertinenza e accessori) a seconda della diversafunzione svolta dagli stessi.

La riforma del condominio del 2012 (L. 220/2012) non ha apportato significative innovazioni allanorma in esame, ma si è limitata a fornire una definizione più articolata delle parti comuni tenendoconto di tutte quelle innovazioni tecnologiche (si pensi, ad esempio, agli impianti per la ricezioneradiotelevisiva, da satellite e via cavo) intervenute nel corso degli anni e che oggi si ritengono es-senziali alla funzionalità degli appartamenti.

L’elencazione dei beni comuni fornita dall’articolo 1117 c.c. è la seguente:

– beni comuni necessari: sono quelli indicati al punto 1 dell’articolo 1117 c.c. e comprendonoil suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i tetti e i lastrici solari, le scale,i portoni d’ingresso, i vestiboli, gli ànditi, i portici, i cortili e in genere tutti le parti dell’edificionecessarie all’uso comune. La L. 220/2012 ha aggiunto a questi beni comuni necessari i pilastri ele travi portanti;

– beni comuni di pertinenza: sono quelli indicati al punto 2 dell’articolo 1117 c.c. e comprendonoi locali per la portineria e per l’alloggio del portiere, per la lavanderia, peril riscaldamento centrale, per gli stenditoi e per altri simili servizi in comune. La L. 220/2012 haaggiunto a tali beni, detti anche eventuali in quanto possono anche mancare, le aree destinate aparcheggio e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune;

– beni comuni accessori: sono quelli indicati al terzo punto dell’articolo 1117 c.c. e comprendonole opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all’uso comune, come gliascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e ditrasmissione per il gas. La L. 220/2012 ha aggiunto a questa elencazione anche gli impianti per il

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riscaldamento e il condizionamento dell’aria (in precedenza la norma parlava solo di impianti di ri-scaldamento), gli impianti per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro generedi flusso informatico, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di dirama-zione ai locali di proprietà individuale dei singoli condòmini, ovvero, in caso di impianti unitari, finoal punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche.

L’elencazione dei beni comuni fornita dall’articolo 1117 c.c. non è tassativa né inderogabile. Ciòsignifica che ben possono aversi casi di condomìni nei quali vi siano beni comuni che il codicecivile non ha indicato ed, inoltre, che lo stesso bene indicato tra i beni comuni dall’articolo 1117c.c. può, invece, essere di proprietà del singolo condòmino: si pensi, ad esempio, al caso in cuiil costruttore, in sede di alienazione del singolo appartamento, ceda all’acquirente l’intera proprietàdel solaio di copertura del fabbricato.

Sulla scorta di quest’ultima considerazione è evidente che oltre alla destinazione di fatto all’usocomune, al fine di individuare quali sono i beni comuni, occorre risalire al momento di nascitadel condominio e, quindi, l’amministratore deve aver riguardo non solo a quanto dispostoall’articolo 1117 c.c., ma anche agli originari contratti di alienazione ed al regolamento di con-dominio contrattuale eventualmente richiamato, tenendo sempre ben presente che occorre unpatto esplicito affinché il bene possa considerarsi di proprietà di un singolo condòmino e che, inmancanza, il semplice silenzio determinerà la proprietà comune del bene. Infatti, è all’originario at-to di alienazione (il primo atto di vendita di un immobile facente parte del fabbricato) che la giuri-sprudenza attribuisce la nascita del condominio; quindi, è a questo momento che bisogna risalireper verificare se i beni identificati abbiano, o meno, natura di beni comuni. In pratica il costruttore,nel regolamento di condominio (contrattuale) o nel primo atto di vendita, deve riservarsi la pro-prietà di quelli che sono i beni in comune. In mancanza di espressa e specifica riserva il benepassa, sia pure pro quota, al condòmino, ma è da considerarsi ormai comune a tutti.Il principio di separazione tra la proprietà del singolo condòmino ed i beni comuni non implica che ibeni comuni siano necessariamente di proprietà di tutti i condòmini; difatti, l’amministratore potràtrovarsi di fronte alla cd. comunione parziaria, cioè a beni comuni che appartengono solo ad alcunitra di essi (si pensi ad un condominio con più scale, ascensori ecc. dove questi sono comuni soloai proprietari degli immobili cui servono).Durante la vita del condominio può accadere che le parti comuni subiscano delle variazioni. Sipossono avere variazioni nella loro consistenza: ad esempio, a seguito della demolizione del tettoe la sua trasformazione in terrazzo di uso comune, oppure nella loro titolarità, come nel caso, adesempio, della vendita dell’appartamento occupato dal portiere dopo che tale servizio è stato eli-minato.

L’azione di accertamento della proprietà comune, in quanto ha ad oggetto la contitolarità del di-ritto di proprietà in capo a tutti i condòmini, è relativa ad un rapporto sostanziale plurisoggettivounitario, dando luogo a un’ipotesi di litisconsorzio necessario fra tutti i condòmini; infatti, il giudi-cato si forma ed è opponibile nei confronti dei soli soggetti che hanno partecipato al giudizio.D’altra parte, poiché non è applicabile ai rapporti assoluti la disciplina specifica dei rapporti obbli-gatori, non è estensibile alla specie il criterio dettato in materia di obbligazioni indivisibilidall’articolo 1306 c.c., in virtù del richiamo di cui all’articolo 1317 c.c., secondo cui gli effetti favo-revoli di un sentenza pronunciata nei confronti di uno o di alcuni dei diversi componentidell’obbligazione solidale o indivisibile si comunicano agli altri .

L’esclusione in base al titoloDalla rubrica dell’articolo 1117 c.c., “Parti comuni dell’edificio”, è evidente non solo il fatto che illegislatore abbia inteso porre in primo piano i beni comuni ma anche il fatto cheil condominio negli edifici non è altro che un prodotto, cioè il risultato della comunione su deter-

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minate parti di un edificio senza le quali (parti comuni) non esisterebbe nemmeno il concetto dicondominio.Il medesimo articolo 1117 c.c. non si limita ad elencare le cose comuni di un edificio in condomi-nio poiché contiene, nella prima parte, un’importantissima precisazione secondo la quale tutte leparti ivi elencate debbano considerarsi comuni «se non risulta il contrario dal titolo».La genericità del termine titolo non è un errore del legislatore ma risponde ad una precisa volontàdi rifarsi ad un più ampio concetto in cui accomunare tutti gli atti che possano contenerel’esclusione di un bene dal novero delle parti comuni di un fabbricato.Difatti, come si è precisato in dottrina: «Titolo può essere il documento (contratto) costitutivo delcondominio […] ma può essere pure il testamento quando il condominio è imposto o deriva da unatto di ultima volontà; od anche l’atto di donazione. Titolo è quindi quell’atto giuridico capace di at-tribuire o trasferire il diritto di proprietà» .Da quanto detto risulta che il regolamento di condominio non può essere annoverato tra i titolicapaci di escludere un bene dalle parti comuni di un edificio. Difatti, dall’articolo 1138 c.c. si evinceche lo stesso regolamento contiene «le norme circa l’uso delle cose comuni e la ripartizione dellespese nonché le norme per la tutela del decoro dell’edificio e quelle relative all’amministrazione».È evidente che il codice civile non attribuisce al regolamento la facoltà di escludere determinatibeni dal novero delle parti comuni di cui all’articolo 1117 c.c. È anche vero, però, che se alla for-mazione del regolamento di condominio partecipano tutti i condòmini esso diviene un contratto atutti gli effetti e ben può contenere una clausola di esclusione di un bene dalle parti comuni. Èquesta l’ipotesi in cui il regolamento formato dall’originario costruttore e depositato agli atti del no-taio, che contiene una clausola di esclusione, viene richiamato nel primo e nei successivi atti dicompravendita per formarne parte integrante e sostanziale. In questi casi è evidente che il rego-lamento è solo l’involucro, il documento, che riportato nel rogito notarile, assume valore contrat-tuale con la sottoscrizione delle parti .Il titolo contrario non è l’unico strumento che può escludere un bene dalle parti comuni di un edifi-cio in condominio; i beni in comune, per essere considerati tali, devono anche avere la destinazio-ne all’uso (comune) tipica di tali beni.La presunzione di comunione di cui all’articolo 1117 c.c. scatta, in altri termini, sia per le parti no-minativamente indicate nell’articolo stesso, sia per quelle indicate solo in via generica, solo seall’atto della nascita del condominio sussista la destinazione all’uso comune su cui si fonda la pre-sunzione e se non sussista, a tale momento, un titolo contrario: occorre cioè tenere conto sia dellasituazione di fatto (destinazione) sia di quella giuridica (titolo) esistente al momento in cui, per ef-fetto della scissione in almeno due parti della proprietà dell’edificio, viene a nascere il condomi-nio».

È importante sottolineare la definizione temporale dello stato di fatto di cui si parla poiché esso at-tiene al momento della formazione del condominio (al suo momento genetico quindi), e solo aquello, restando ininfluenti i successivi sviluppi del fenomeno. Invero, gli atti successivi a tale pri-mo frazionamento possono solo determinare mutamenti nella composizione del condominio (casocomune è quello in cui l’originario proprietario venda ad altri ulteriori appartamenti e piani) ma noninfluiscono affatto sulla sua formazione, cioè sulla sua nascita, che si verifica in occasione del pri-mo frazionamento della proprietà dell’edificio Per cui quando un bene che dovrebbe ritener-si comune a tutti i condomini (ex articolo 1117 c.c.) per le sue caratteristiche strutturali è destinatoall’uso o al godimento solo di una parte dell’edificio, viene meno il presupposto per la contitolaritànecessaria.

Verificato lo stato di fatto in cui il bene si trova, se cioè sia effettivamente destinato ad unuso (utilità) comune, si può passare all’analisi del titolo così come esige il richiamato articolo1117: «è all’atto costitutivo del condominio, cioè alla prima vendita, che occorre fare riferimentoonde accertare se sussista o meno titolo contrario alla presunzione di cui all’articolo 1117 c.c.,cioè se da tale atto emerga una chiara ed univoca volontà delle parti di riservare esclusivamente

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ad uno dei condòmini la proprietà di beni che, per ubicazione e struttura, siano potenzialmentedestinati all’uso comune; parimenti, come si è detto, è a tale momento che si deve fare riferimentoper accertare se uno di tali beni risulti invece destinato all’uso specifico di un appartamento o pia-no.

Autore: il presente articolo è stato tratto dal volume edito da Edizioni Simone “IL NUOVOCONDOMINIO” Manuale teorico-pratico – Con formulario e appendice normativa di RodolfoCusano, 2015, Ed. XIII

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Parti comuni del condominio: sono divisibili?

Quando ricorrono determinatecondizioni è possibile dividere glispazi condominiali (giardino,terrazza, ecc.) tra più condomini chene acquistano, ciascuno per lapropria quota, la proprietàesclusiva.

La legge prevede il generale divieto di di-visione delle parti comuni dell’edificio. Nonsi tratta tuttavia di un divieto assoluto in

quanto la divisone è ammessa quando non rende più incomodo l’uso della cosa a ciascun con-domino [1]. In ogni caso è necessario il consenso di tutti i condomini alla divisione.

La valutazione della possibilità concreta di dividere una parte comune senza renderne più scomo-do l’uso è una verifica che va effettuata caso per caso ma può anche basarsi su comuni regole diesperienza [2] .

Per esempio, si può facilmente immaginare che la divisione del giardino comune in parti uguali tratutti i condomini potrebbe procurare più vantaggi che incomodità ai singoli proprietari.

La divisione non è possibile quando rende più incomodo l’uso della cosa a ciascun condomino; lagiurisprudenza intende per “incomodità” la più difficile fruizione del bene comune o la riduzionedella sua utilità ricavabile in funzione della proprietà individuale.

Per esempio, è indivisibile un cortile condominiale se, dopo la divisione, è prevista l’installazione digarage che potrebbero limitare la luce negli appartamenti vicini e provocare immissioni e rumorimolesti. Nel momento in cui la parte comune viene divisa, vengono meno ovviamente tutte le re-gole che disciplinano le parti comuni dell’edificio in tema di ripartizione di spese, manutenzione,innovazione ecc. Con la divisone, ogni singolo condomino acquista la proprietà esclusiva dellapropria parte del bene diviso. Il divieto legale di divisibilità vale soltanto per le parti comunidell’edificio ma i condomini possono estenderlo convenzionalmente anche ad altre cose di proprie-tà esclusiva.

La Corte di Cassazione [3] ha infatti ammesso la possibilità per i condomini di stipulare un pattodi indivisibilità con il quale individuare alcuni beni qualificandoli come parti comuni e disporneappunto l’indivisibilità e inseparabilità, secondo il regime appena visto.

In base a tale patto non sono possibili cambiamenti di destinazione d’uso di alcune partidell’edificio, anche se di proprietà esclusiva di uno o alcuni, se prima non vi è il consenso di tutti icondomini.

[1] Art. 1119 cod. civ.[2] Cass. sent. n. 4978/2012.[3] Cass. sent. n. 6036/1995.

Autore: Maria Monteleone Autore immagine: 123rf.com

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LA GESTIONE DEI BENI COMUNI

Condominio: come assegnare i posti auto in cortile

Se l’assemblea non raggiunge lamaggioranza ogni condomino puòricorrere al giudice per chiederel’assegnazione rotatoria degli spazi.

Nel caso in cui i posti auto presentinel cortile siano insufficienti a soddisfaretutti i condomini, l’assemblea può dispornel’assegnazione su rotazione, ma se nonviene raggiunta la maggioranza necessariaper l’approvazione della delibera ciascunproprietario può presentare un ricorso in tri-bunale affinché a deciderlo sia il giudice. È

quanto chiarito dalla Cassazione con una recente sentenza [1].

È difficile che il cortile condominiale si presti ad essere diviso tra i condomini in quanto bene incomunione e di difficile ripartizione (si pensi all’area che serve per accedere ad altre sezioni delfabbricato). Sicché, dopo aver nominato un consulente tecnico (CTU), il giudice può assegnaresalomonicamente a ciascun condomino un posto auto all’interno del cortile condominiale; se poidetto spazio è insufficiente a ospitare, contemporaneamente, le automobili di tutti il magistrato puòanche stabilire dei criteri di rotazione tra gli stessi. Difatti, l’uso turnario della cosa comune,quando troppo stretta per ospitare tutti i proprietari, non ne snatura la funzione.

In sintesi, quando non c’è accordo sull’utilizzo del bene comune, la parte più diligente può chiede-re l’intervento del giudice, che viene chiamato a decidere sull’utilizzo del bene (il cortile, nella fat-tispecie). Se la decisione prevede la divisione del bene in due o più parti uguali che vengono as-segnate in uso ai due contendenti, nessuno può avere nulla da ridire. Diversamente, se il bene ètroppo piccolo per accontentare tutti, il tribunale può stabilire un’assegnazione rotatoria.

LA SENTENZACorte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 9 settembre – 12 novembre 2015, n. 23118Presidente Mazzacane – Relatore LombardoRitenuto in fatto1. – F.E. convenne in giudizio, innanzi al Tribunale di Chiavari, il fratello F.M. , chiedendo proce-dersi allo scioglimento della comunione esistente sul cortile adiacente al fabbricato di loro proprie-tà ovvero in subordine – ove la divisione non fosse stata possibile – chiedendo l’individuazione el’assegnazione, all’interno dell’area comune, dei posti-auto di pertinenza di ciascuna della parti;chiese ancora lo scioglimento della comunione relativa al vano sottotetto, con attribuzione a cia-scuno dei fratelli della rispettiva parte.Il convenuto, costituitosi, resistette alle domande attrici, chiedendone il rigetto.Il Tribunale adito respinse la domanda di divisione del cortile adiacente al fabbricato, ritenendonela indivisibilità, ma – sulla base della esperita C.T.U. – individuò i posti-auto in esso ricavabili e liripartì assegnandoli a ciascuna delle parti; dispose poi la divisione del vano sottotetto, assegnan-do a ciascuna delle parti le due porzioni individuate dal consulente tecnico, con facoltà di ciascun

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condividente di erigere una parete divisoria.2. – Sul gravame proposto da F.M. , la Corte di Appello di Genova, con sentenza dell’1.9.2010,confermò la sentenza di primo grado.3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre F.M. sulla base di tre motivi.Resiste con controricorso F.E. .Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ..Considerato in diritto1. – Col primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1102 cod.civ., nonché il vizio di motivazione della sentenza impugnata; si deduce, in particolare, che i giudicidi merito, assegnando individualmente ai comproprietari i posti-auto nel cortile comune, avrebberocreato un “nuovo” diritto reale, in violazione del principio di tipicità degli stessi, e avrebbero impedi-to a ciascun condomino l’uso della cosa comune in tutta la sua estensione.La censura non è fondata.E invero, l’assegnazione dei posti-auto nel cortile comune costituisce manifestazione del potere diregolamentazione dell’uso della cosa comune, consentito all’assemblea del condominio (Sez. 2,Sentenza n. 12485 del 19/07/2012, Rv. 623462); né tale regolamentazione con relativa assegna-zione di singoli posti-auto ai vari condomini determina la divisione del bene comune o la nascita diuna nuova figura di diritto reale, limitandosi solo a renderne più ordinato e razionale l’uso paritariodella cosa comune (Sez. 2, Sentenza n. 6573 del 31/03/2015, Rv. 634794).È evidente, poi, che in mancanza di accordo tra i condomini o di delibera assembleare (o addirittu-ra – come nella specie – ove l’assemblea non sia stata neppure costituita), la regolamentazionedell’uso della cosa comune ben può essere richiesta al giudice e da lui disposta (cfr. Sez. 2, Ordi-nanza n. 3937 del 18/02/2008, Rv. 602018).2. – Col secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1102 e2909 cod. civ., per avere la Corte territoriale ritenuto passata in giudicato la statuizione della sen-tenza di primo grado relativa alla individuazione dei posti-auto. Secondo il ricorrente, il gravameproposto relativamente all’assegnazione dei posti-auto avrebbe implicato anche la censura circa laindividuazione dei posti-auto compiuta dal giudice sulla base della esperita C.T.U.Anche questa censura è infondata.Esattamente la Corte territoriale ha ritenuto che con l’atto di gravame non fosse stata censurata laindividuazione dei posti-auto, ma solo la loro assegnazione individuale; ciò perché nell’atto di ap-pello si è chiesto dichiararsi il diritto di entrambe le parti di parcare la propria autovettura nei posti-auto individuati dal C.T.U. e non si è contestata la individuazione delle aree ove i posti-auto eranostati previsti.3. – Col terzo motivo di ricorso, si deduce infine la violazione e falsa applicazione degli artt. 1102 e1119 cod. civ., nonché il vizio di motivazione della sentenza impugnata; si deduce, in particolare,che la realizzazione della parete divisoria nel locale sottotetto dell’edificio – del quale i giudici dimerito hanno disposto la divisione tra le parti – impedirebbe al ricorrente di raggiungere il tetto o lealtre parti comuni per effettuare le riparazioni. Si deduce ancora che l’onere di ciascuno dei com-proprietari di consentire all’altro di accedere alla propria parte del sottotetto per eseguire le ripara-zioni delle parti comuni dell’edificio avrebbe creato un “nuovo” diritto reale, inesistente e atipico.Anche questa doglianza non può trovare accoglimento.Premesso che la statuizione della sentenza di primo grado che ha disposto la divisione del sotto-tetto non è stata appellata ed è passata in giudicato, i ricorrenti contestano la facoltà riconosciutaalle parti di costruire una parete divisoria a protezione delle rispettive proprietà, per il fatto che talipareti impedirebbero a ciascuno dei condividenti di accedere al tetto e alle altri parti comuni.E tuttavia, la Corte di Appello ha statuito che detta impossibilità di accesso non sussiste, in quantociascun condomino ha l’obbligo di consentire all’altro l’accesso alle parti comuni per eseguire lenecessarie riparazioni.Tale onere di consentire al vicino il transito nella propria parte del sottotetto per accedere alle particomuni, al fine di eseguire le necessarie riparazioni, non costituisce alcun nuovo diritto reale, nérappresenta un onere atipico posto a carico delle parti dai giudici di merito, ma discende diretta-

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mente dall’applicazione dell’art. 843, primo comma, cod. civ., a tenore del quale “Il proprietario de-ve permettere l’accesso e il passaggio nel suo fondo, sempre che ne venga riconosciuta la neces-sità, al fine di costruire o riparare un muro o altra opera proprietà del vicino oppure comune”.4. – Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con conseguente condanna della parte ricorrente, ri-sultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.P.Q.M.La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamentodelle spese processuali, che liquida in Euro 3.200,00 (tremiladuecento), di cui Euro 200,00 peresborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.

[1] Cass. sent. n. 23118/15 del 12.11.2015.

Autore: Maria Monteleone

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LE INNOVAZIONI

Lavori in condominio: innovazioni consentite e vietate

Per stabilire se i lavori effettuatisulle parti comuni dell’edificio ol’installazione di impianti sianolegittimi occorre prima capire se sitratta di innovazioni o di semplicimodifiche e poi se rientrano tra leinnovazioni consentite dalla legge.

Il condominio può deliberare, a determina-te condizioni, lavori di innovazione, cioèinterventi di trasformazione che si distinguo-

no dalle semplici modificazioni in quanto alterano la parte comune dell’edificio, mutandone la fun-zione e destinazione.

Per “innovazione” si intende infatti un’attività volta ad incidere sulla consistenza materiale delbene o sulla sua utilità, mutandone l’entità o la destinazione originaria [1].

Per esempio costituisce semplice modifica l’assegnazione nominativa di posti auto nel parcheggiocondominiale già esistente; costituisce, invece, innovazione la trasformazione in parcheggio (peresempio con opere di pavimentazione) di un’area condominiale prima destinata a giardino comu-ne.

La legge [2] autorizza le innovazioni quando sono dirette al miglioramento o all’uso più como-do oppure al maggiore rendimento delle cose comuni.

Quali maggioranze per deliberare?Affinché l’assemblea possa deliberare le innovazioni è necessario un numero di voti che rappre-senti la maggioranza degli intervenuti e almeno 2/3 del valore dell’edificio.

Un diversa maggioranza è richiesta per alcuni tipi di innovazioni, espressamente indicati dalla leg-ge, per i quali occorre un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almenola metà del valore dell’edificio. Si tratta di opere e interventi per:

– migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti;

– eliminare barriere architettoniche;

– contenere il consumo energetico degli edifici;

– realizzare parcheggi destinati ai condomini;

– produrre energia mediante utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche, solari o comunquerinnovabili;

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– installare impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altrogenere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino alla dirama-zione delle singole utenze (fanno eccezione gli impianti che non comportano modifiche in grado dialterare la destinazione della cosa comune e di impedire ad altri condomini di farne uso secondo illoro diritto).

Innovazioni vietateLa legge vieta però tutte le innovazioni che:

– possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza dell’edificio;

– alterano il decoro architettonico;

– rendono alcune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo con-domino.

Vediamo a titolo esemplificativo alcuni casi di innovazioni che la giurisprudenza ha ritenu-to illegittime in quanto contrarie al divieto previsto dalla legge:

– innovazione effettuata in violazione di norme antisismiche: in questo caso i condomini hannodiritto ad ottenere la rimessione in pristino [3];

– innovazione che altera l’aspetto armonico dell’edificio a prescindere dal pregio estetico, comeper esempio l’installazione di una canna fumaria che percorre tutta la facciata condominiale [4];

– sopraelevazione che non rispetta lo stile del fabbricato e si pone in disarmonia con la costruzio-ne preesistente [5];

– innovazione che spezza il disegno armonico della facciata, ad esempio trasformazione in veran-da dell’unico balcone esistente sul piano ammezzato che spezza il disegno di balconi sulla faccia-ta di un edificio ottocentesco ed è realizzata di un colore troppo diverso e contrastante con quellodella facciata stessa [6];

– innovazione che costituisce un uso illegittimo della parte comune provocandone l’inservibilitàper altri condomini: per esempio, intervento di comunicazione tra due appartamenti dello stessocondomino tramite apertura di un varco nel muro, costituendo una servitù di passaggio gravantesull’intero condominio [7].

[1] Cass. sent. n. 12654/2006.[2] Art. 1120 cod. civ.[3] Cass. sent. n. 4958/1981.[4] Cass. sent. n. 10350/2009.[5] Cass. sent. n. 10048/2013.[6] Cass. sent. n. 14445/2009.[7] Cass. sent. n. 21395/2013.

Autore: Maria Monteleone

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Innovazioni in condominio: cosa sono e che prevede la legge

Lavori di ristrutturazione einnovazione, parcheggi, barrierearchitettoniche, risparmioenergetico, maggioranze, decoroarchitettonico, innovazioni gravosee voluttuarie.

Le innovazioni sono quelle modifiche allecose comuni che determinanoun’alterazione dell’edificio o a parti di esso(e quindi una diversa consistenza) o il mu-

tamento della destinazione originaria (e quindi implicano una diversa utilizzazione rispetto allaprecedente).

Entro che limiti sono possibili le innovazioni?Il codice civile [1] lascia liberi i condomini di apportare tutte le innovazioni dirette al miglior godi-mento, o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni.

Quale maggioranza è necessaria per approvare le innovazioni?Le delibere dell’assemblea che hanno per oggetto le innovazioni devono essere sempre appro-vate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio ei due terzi del valore dell’edificio [2].

Tuttavia il codice prevede alcune ipotesi con maggioranze più semplici. Infatti, con un numero divoti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio,i condomini possono disporre le innovazioni che, nel rispetto della normativa di settore, hanno adoggetto:

1) le opere e gli interventi volti a migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti;

2) le opere e gli interventi previsti per eliminare le barriere architettoniche per realizza-re parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari o dell’edificio, nonché per la produzionedi energia mediante l’utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche, solari o comunque rinno-vabili da parte del condominio o di terzi che conseguano a titolo oneroso un diritto reale o perso-nale di godimento del lastrico solare o di altra idonea superficie comune;

3) l’installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualun-que altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al-la diramazione per le singole utenze, ad esclusione degli impianti che non comportano modifichein grado di alterare la destinazione della cosa comune e di impedire agli altri condomini di farneuso secondo il loro diritto.

L’amministratore è tenuto a convocare l’assemblea entro trenta giorni dalla richiesta anche di unsolo condomino interessato all’adozione delle deliberazioni di cui sopra. La richiesta deve conte-nere l’indicazione del contenuto specifico e delle modalità di esecuzione degli interventi proposti.

Un singolo condomino può, a proprie spese, apportare innovazioni?

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Certamente: poiché il codice stabilisce che ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, acondizione che non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri condomini di farne ugualeuso secondo il loro diritto, è consentito a tutti i proprietari di appartamenti dell’edificio di apporta-re, a proprie spese, le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa comune [3].

Non costituisce innovazione la ristrutturazione dell’impianto fognario (in quanto necessaria allaconservazione ed al godimento della cosa comune [4]), né la sostituzione di ascensori usurati enon più agibili, con ascensori nuovi anche se di tipo e marca diversi.

Quali sono le innovazioni vietate?Sono vietate le innovazioni che:

– possono recare pregiudizio alla stabilità o sicurezza del fabbricato,

– che ne alterino il decoro architettonico (ossia che intacchino, in modo visibile e significativo, laparticolare struttura e la complessiva armonia che conferiscono al fabbricato una propria specificaidentità);

– o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o anche il godimento di un solocondomino [5] (cioè che producano una sensibile menomazione dell’utilità che il condomino pre-cedentemente ricavava dal bene).

Per esempio è illegittima la delibera condominiale che, nel restringere il viale di accesso ai garage,rende disagevole il transito delle autovetture [6].

Invece non è innovazione vietata la decisione di adibire il cortile comune – di ampiezza insufficien-te a garantire il parcheggio delle autovetture condominiali – a parcheggio dei motoveicoli, con in-dividuazione degli spazi, delimitazione ed assegnazione degli stessi ai singoli condomini. Infatti, intale caso non c’è una trasformazione della originaria destinazione del bene comune, ol’inservibilità di talune parti dell’edificio all’uso o al godimento anche di un singolo condomino [7].

Non dà luogo altresì ad una innovazione vietata dall’art. 1120 cod. civ. la delibera assembleare didestinazione a parcheggio di un’area di giardino condominiale quando non vi è alcun apprezzabiledeterioramento del decoro architettonico, né alcuna significativa menomazione del godimento edell’uso del bene comune, ed anzi, da essa derivando una valorizzazione economica di ciascunaunità abitativa e una maggiore utilità per i condomini [8].

Cos’è il decoro architettonico?Per decoro architettonico si intende l’estetica dell’edificio, costituita dall’insieme delle linee e del-le strutture ornamentali che ne costituiscono la nota dominante ed imprimono alle varie parti di es-so una sua determinata, armonica fisionomia, senza che occorra che si tratti di edifici di particola-re pregio artistico.

Ogni edificio ha il suo decoro architettonico, anche quei fabbricati costituiti da una linea armonica,sia pure estremamente semplice.

Secondo la Cassazione [9] non c’è lesione del decoro architettonico quando l’edificio per le ca-ratteristiche costruttive ovvero per il degrado sia privo di una fisionomia che gli conferisca unapropria specifica identità.

Quando c’è lesione del decoro architettonico?

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Se le innovazioni comportano lesione del decoro architettonico, esse possono essere approvatesolo se vi sia il consenso dell’unanimità di tutti i condomini, e fermo il rispetto dei vincoli urbanisti-ci predisposti dal Comune.

La giurisprudenza ha individuato una serie di ipotesi (che, ovviamente, non sono esaustive). Peresempio, si considera illegittima, perché lesiva del decoro architettonico:

– la costruzione realizzata dal condomino in aderenza alla facciata del fabbricato, caratterizzatodall’esistenza a piano terra di un porticato con grossi archi, risultato inglobato dal manufatto [10];

– oppure l’utilizzo di una parete esterna dell’edificio a sostegno di un cartellone pubblicitario checopra la superficie disponibile nel caso in cui tale destinazione rechi pregiudizio al decoro dellostabile, inteso non solo in termini di piacevolezza ed armonia dell’aspetto architettonicodell’edificio condominiale ma anche di rispettabilità e dignità dello stesso: tale tipo di interventoviene considerato una innovazione e, per essere autorizzato, necessita del consenso di tutti i con-domini. Se una clausola di regolamento contrattuale vieta variazioni all’aspetto esternodell’immobile, la delibera condominiale può vietare a un condomino l’installazione sul balcone disua proprietà esclusiva di una zanzariera che, per le sue caratteristiche (nel caso, formata da te-laio in alluminio installato lungo il perimetro esterno del balcone dell’appartamento) risulti immedia-tamente visibile dall’esterno, e lesiva del decoro architettonico dell’edificio [11].

Quali sono le innovazioni gravose e voluttuarie?Quando l’innovazione importi una spesa molto gravosa o abbia carattere voluttuario rispetto alleparticolari condizioni e all’importanza dell’edificio, e consista in opere, impianti o manufatti suscet-tibili di utilizzazione separata, i condomini che non intendono trarne vantaggio sono esonerati daqualsiasi contributo nella spesa [12].

Costituisce innovazione voluttuaria qualsiasi intervento di grave entità economica effettuato perun motivo puramente estetico: ad esempio, la sostituzione di un impianto ascensore perfettamentefunzionante con un altro più moderno, oppure il rifacimento delle scale con marmi, il rifacimentodell’androne per renderlo più elegante su richiesta di alcuni condomini.

Il condomino può opporsi e non partecipare alle spese per una innovazione gravosa o voluttua-ria; in tal caso, però, deve manifestare il suo dissenso in assemblea o con la tempestiva impugna-zione della deliberazione.

In caso di dissenso di alcuni condomini all’approvazione della innovazione gravosa o voluttua-ria, si applica la seguente disciplina:

– se l’innovazione non può essere suscettibile di utilizzo separato (per esempio, un nuovomodello di ascensore), l’innovazione non è consentita, salvo che la maggioranza dei condominiche l’ha deliberata o accettata intenda sopportarne integralmente la spesa. In tal caso, potrannoutilizzare e avvantaggiarsi dell’innovazione tutti i condomini, anche quelli che non hanno parteci-pato alla spesa;

– se invece l’innovazione è suscettibile di utilizzazione separata (ad esempio, impianto riscalda-mento centrale), essa è sempre consentita a spese di chi l’ha votata ed essa rimarrà in proprietàdei soli condomini che l’hanno deliberata e sopportato le relativa spesa.

Qual è la maggioranza per l’eliminazione delle barriere architettoniche?Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni da attuare negli edifici privati dirette ad eli-minare le barriere architettoniche, nonché la realizzazione di percorsi attrezzati e l’installazione di

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dispositivi di segnalazione atti a favorire la mobilità dei ciechi all’interno degli edifici privati, sonoapprovate dall’assemblea di condominio, in prima, o in seconda convocazione, con la maggioran-za degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio. Nel caso in cui il condominio rifiuti diassumere tale delibere o non l’assuma entro tre mesi dalla richiesta fatta per iscritto, i portatori dihandicap, ovvero chi ne esercita la tutela o la potestà, possono installare a proprie spese, servo-scale, nonché strutture mobili e facilmente rimovibili e possono anche modificare l’ampiezza delleporte di accesso, al fine di rendere più agevole l’accesso agli edifici, agli ascensori, alle rampe oalle autorimesse [13]. E ciò sempre che non arrechino pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza delfabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificioinservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino.

Qualora tale innovazione importi una spesa molto elevata, i condomini che non intendono trarnevantaggio sono esonerati da qualsiasi contributo nella spesa, pur potendo utilizzare poil’innovazione che non sia suscettibile di godimento separato.

Qual è la maggioranza per la costruzione di parcheggi?Le delibere volte alla costruzione di parcheggi sono approvate dall’assemblea del condominio, inprima o in seconda convocazione con la maggioranza degli intervenuti con un numero di voti cherappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio.

Qual è la maggioranza per l’installazione di impianti televisivi satellitari?Le delibere relative all’installazione di impianti televisivi satellitari sono considerate innovazioni ne-cessarie: pertanto devono essere approvate con un numero di voti che rappresenti il terzo dei par-tecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dell’edificio.

Qual è la maggioranza per approvare opere di risparmio energetico?Per gli interventi sugli edifici e sugli impianti volti al contenimento del consumo energetico eall’utilizzazione delle fonti di energia rinnovabili, è sufficiente la maggioranza degli intervenuti conun numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio a condizione che gli in-terventi siano individuati attraverso un attestato di certificazione energetica o una diagnosi ener-getica realizzata da un tecnico abilitato.

Qual è la maggioranza sulla termoregolazione e contabilizzazione del calore? Le innovazionirelative all’adozione di sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore e per il conse-guente riparto degli oneri di riscaldamento in base al consumo effettivamente registrato, necessi-tano della maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzodel valore dell’edificio.

[1] Art. 1120 cod. civ.[2] Ai sensi dell’art. 1136 comma 5 cod. civ. (art. 1120 cod. civ.).[3] Cass. sent. n. 24006/2004.[4] Cass. sent. n. 16639/2007.[5] Art. 1120 comma 4 cod. civ.[6] Cass. sent. n. 20639/2005.[7] Cass. sent. n. 5997/2008.[8] Cass. sent. n. 14319/2011.[9] Cass. sent. n. 7762/2010.[10] Cass. sent. n. 27551/2005.[11] Cass. sent. n. 8883/2005.[12] Art. 1121 cod. civ.[13] Art. 2 legge, n. 13/1989.

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RAPPORTI TRA CONDOMINI

Vicini rumorosi in condominio: difesa

Rumori molesti ed intollerabili, laprova delle immissioni rumorose: laperizia fonometrica. Risarcimento deldanno alla salute (danno biologico) edel danno esistenziale (danno morale).

Nella speciale classifica dei rompitori di sca-tole, i vicini rumorosi seguono, con poco di-stacco, le suocere. Ebbene se per la madredi nostra moglie, la legge non ha ancora in-

dividuato uno strumento adeguato di tutela, per i vicini rumorosi, invece, esiste una norma adhoc, cioè appositamente invocabile.

Il codice civile, infatti, vieta le immissioni rumorose [1]. Tra queste, sono sicuramente annovera-bili quelle determinate dai rumori molesti provocati dei nostri amatissimi abitanti limitrofi.

Con questo articolo, quindi, cercherà d’informare il povero cittadino, disturbato nella propria quie-te, sulle modalità di reazione al vicino fastidioso. Per quanto riguarda le suocere, invece, vi riman-do ad un eventuale colloquio privato.

La figlia della signora che abita di sotto, ha lo stereo a tutto volume per tutta la giornata oquasi: come devo fare?

Questa domanda è molto frequente, in quanto descrive un fenomeno assai diffuso. Poiché nonsempre le maledizioni inviate sortiscono l’effetto sperato, bisogna agire formalmente.

In primo luogo, se vivete in un condominio, consiglio di rivolgervi all’amministratore. Questi, seligio al suo compito, non vi risponderà che è un problema vostro, ma contatterà l’interessata, vistoche il frastuono, probabilmente, investe tutto il fabbricato.

Se il richiamo dell’amministratore non produce alcunché, allora rivolgetevi ad un legale e, per iltramite dello stesso, inviate una lettera formale alla disturbatrice, intimandole l’immediata interru-

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zione del fastidio e prospettando la possibilità concreta di agire giudizialmente, anche per il risar-cimento del danno.

Se neanche questo rimedio ha buon esito, oltre ad invocare i defunti parenti del disturbatore diturno, non vi resta che avviare una causa.

Come faccio a fare causa al mio vicino rumoroso? Che cos’è la perizia fonometrica?

In primo luogo, dovete sempre ricordare che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Voglio dire cheper fare causa ad un vicino rumoroso, non è sufficiente la propria parola. Dovete anche dimostrareciò che avviene, altrimenti il giudice non vi darà ragione. Neanche i testimoni possono esseresufficienti in tal senso: è necessaria una perizia fonometrica.

Non allarmatevi, non è una parolaccia. Attraverso la perizia fonometrica, redatta da un tecnicospecializzato ( potete trovarli anche su internet oppure potete invocare l’intervento dell’ARPA neicasi più gravi), potrete dimostrare che il livello del rumore provocato dal vicino, supera la normaletollerabilità (normalmente circa 3,5 decibel). Questo limite è ovviamente modificabile: se vivete,infatti, in un centro abitato, zeppo di traffico e frastuono proveniente dai fabbricati adiacenti (adesempio, in corso di ristrutturazione) non potete certo lamentarvi se a questi forti rumori si aggiun-ge quello della lavatrice del vicino. Il giudice, quindi, deve valutare anche la situazione ambientalein cui vivete, stabilendo se o meno, è stata superata la normale tollerabilità nel vostro caso, te-nendo conto anche dell’orario in cui il vicino vi disturba (di notte, il problema è molto più eviden-ziabile).

Ebbene se la perizia fonometrica vi da ragione e vivete, ad esempio, in un tranquillo condominio,non vi resta che affidare l’incarico al vostro legale di fiducia.

Questi preparerà un atto di citazione a comparire nei riguardi del soggetto responsabile (non sem-pre è il proprietario dell’immobile. Si pensi al caso dell’inquilino rumoroso).

Posso chiedere il risarcimento del danno al vicino rumoroso ?

Ebbene, si. L’azione rivolta contro le molestie da rumori, conduce, anche e volendo, al risarci-mento del danno.

In questo caso ad essere violato è il vostro diritto alla salute (le famose scatole…) ed avete dirittoall’equa riparazione ai sensi del codice civile [2].

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In sostanza non solo potete ottenere una sentenza dal giudice con la quale questi ordina al vicinod’interrompere, ora e per sempre, i rumori molesti, ma anche e contestualmente, una pronuncia incui riconosce a vostro favore il risarcimento del danno.

Spesso, però, il pregiudizio subito, non consiste in un vero e proprio danno alla salute, ma in unsostanziale peggioramento delle nostre abitudini di vita o delle normali attività quotidiane compiute(ad esempio, il classico caso del disturbo del riposo notturno).

Molti, allora, si domanderanno se è possibile ottenere il risarcimento anche in tal caso. Ad esem-pio un Signore, disturbato dai costanti schiamazzi notturni dei vicini, era andato dall’urologo perfarsi certificare il danno alle scatole, ma il medico aveva trovato tutto in ordine: che si può fare, al-lora?

Vi rispondo di seguito.

Posso chiedere il risarcimento del danno esistenziale al vicino rumoroso?

Altroché. Lo conferma, proprio in una recente decisione giurisprudenziale, la Suprema Corte diCassazione [3].

Questa ha precisato che la lesione al diritto al normale svolgimento della propria vita, determinatodalle immissioni rumorose, è sicuramente apprezzabile e va risarcita.

La vivibilità della nostra vita è un diritto costituzionalmente garantito (inviolabilità del domicilioe tutela della famiglia) e pertanto se turbata dalla intollerabili emissioni rumorose dei vostri vi-cini, va adeguatamente risarcita.

Si tratta di un danno, sostanzialmente morale, da quantificare, in via equitativa, dal giudice invo-cato.

[1] Art. 844 cod. civ.

[2] Art. 2043 cod. civ.

[3] Cass. sent. n. 20927/2015.

Autore: Marco Borriello

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Rumori del vicino di condominio: come farlo smettere

Normale tollerabilità: quando lepareti sono correttamente isolate ènecessario avviare la causa intribunale se neanche la diffidalegale o la richiesta bonariadell’amministratore sortisconoeffetti.

Quanto nell’appartamento si sentono trop-pi rumori, le cause possono essere solodue: o il vicino è maleducato, oppure le pa-

reri dell’edificio non sono ben isolate. Riguardo a quest’ultima causa, la normativa sull’isolamentoacustico [1] stabilisce alcuni parametri per definire il limite sotto il quale la parete si può dire nona regola: 50 dB (decibel) per le pareti che separano i diversi appartamenti tra loro (i muri, cioè,orizzontali); 64 dB per i pavimenti che separano, in senso verticale, gli appartamenti; 40 dB perl’isolamento della facciata dell’edificio rispetto ai rumori esterni della strada; 35 dB pergli impianti idrosanitari e gli scarichi degli appartamenti vicini, ascensori e autoclavi.Se sentite ogni singola parola del vostro vicino, quando questi parla con tono pacato, è chiaro cheil problema è uno scarso isolamento acustico e, in tale ipotesi, la causa andrà effettuata al costrut-tore se non sono passati 10 anni dall’ultimazione dell’immobile. Un isolamento corretto dovrebbeconsentire di non sentire nulla del vociare dei vicini. Sempre che questi, come detto, rispettino icrismi dell’educazione.

Rumori che superano la normale tollerabilitàQuando invece i rumori derivano da oggetti strisciati sul pavimento, da impianti non correttamentefunzionanti (si pensi al condizionatore o allo scaldabagno), dallo stereo o dalla tv ad alto volume, oinfine dagli schiamazzi notturni (feste, ecc.), allora non entrano più in gioco i decibel ma un con-cetto più vago: la normale tollerabilità. Se la soglia dei rumori, infatti, viene ritenuta “intollerabi-le”, allora la causa può essere fatta contro il vicino rumoroso. Si tratta di un’azione civile volta a ot-tenere il risarcimento del danno. Scatta invece il reato di disturbo della quiete delle perso-ne se, ad essere disturbato, non è solo il singolo vicino o il dirimpettaio, ma un numero indetermi-nabile di persone (si pensi alla molestia arrecata a tutto il quartiere da un altoparlante, installatodal bar, che diffonda musica). Se l’azione civile si inizia con un atto di citazione notificatodall’avvocato, quella penale richiede invece una semplice denuncia sporta da uno dei soggettidanneggiati alla più vicina stazione dei Carabinieri o depositata presso la Procura della Repubbli-ca.

Sia l’azione civile che quella penale presuppongono, comunque, che il rumore abbia superatola normale tollerabilità: la valutazione può essere fatta dal giudice. Ma come fa il magistrato avalutare qualcosa che, ovviamente, è difficile che si verifichi in corso di causa? Potrà ricorrereai testimoni. Di questo ci occuperemo tra breve.

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Come far smettere i rumori senza causaPer far cessare i rumori del vicino potrebbe essere, a volte, sufficiente la semplice diffidadell’avvocato. Inutile coinvolgere l’amministratore di condominio, poiché questi non è deputatoalle liti tra condomini, salvo che sia stato violato il regolamento condominiale. L’amministratore,tuttavia, potrebbe intervenire in via “ufficiosa”, al di là dei propri poteri, svolgendo un ruolo da pa-ciere e tentando di porre rimedio al litigio.Inutile anche segnalare l’accaduto al sindaco. Come detto, i Carabinieri intervengono solo quan-do vi siano gli estremi del reato, ossia quando il disturbo è tale da arrecare pregiudizio non a pochiappartamenti.

La causa in tribunale per far smettere i rumori del vicinoSe neanche la lettera dell’avvocato dovesse sortire effetti, l’unica soluzione resta la causa civile.Eventualmente si può valutare anche un ricorso in via d’urgenza che, sebbene non consenta diottenere il risarcimento del danno (come invece la causa ordinaria) garantisce quantomeno tempipiù celeri. In tal caso, comunque, una volta ottenuta l’ordinanza con l’ordine di cessazione dei ru-mori, si potrebbe sempre ricorrere, in un momento successivo, al giudizio per il risarcimento deldanno.

La prova dei rumori del vicinoCome si diceva prima, uno dei problemi che potrebbe sorgere in corso di causa è dimostrare che ilvicino è stato rumoroso. Di certo una perizia potrebbe fare poco: il consulente dovrebbe piazzarsigiorno e notte nella casa del danneggiato e attendere che il vicino sia così sciocco, a causa ormaiiniziata, dal ripetere le condotte illecite.Così il giudice può servirsi dei testimoni. In questa cornice, ci si può servire di chiunque: parenti,amici che sono stati ospiti, persino il coniuge. Se l’amministratore ha avuto personale contezzadei rumori potrebbe testimoniare (ma è difficile che lo farà, preferendo sempre assumere un com-portamento neutrale ed estraneo alle liti personali).

A riguardo, la Cassazione ha chiarito, con una recente sentenza [2], che il superamento del-la normale tollerabilità dei rumori provenienti da un appartamento può essere testimoniato anchedagli altri condomini, senza necessità di nominare un consulente tecnico d’ufficio. La deposizio-ne, peraltro, non è invalidata dal fatto che i testi abbiano presentato un esposto in Questura in re-lazione allo stesso problema. Infatti, l’unica cosa che rileva, al fine di escludere un’incompatibilitàa testimoniare (circostanza che scatta quando il teste ha un interesse diretto alla causa), è che leloro abitazioni siano poste in una posizione diversa da quello in cui vive chi lamenta il fastidio.

La Cassazione, nel confermare le pronunce di merito, ha stabilito che l’entità dei rumori e il supe-ramento del limite della normale tollerabilità può essere “oggetto di deposizione testimoniale”,spettando poi al giudice valutare l’attendibilità e la congruità delle dichiarazioni rese. Quanto poialla presunta incapacità a testimoniare il collegio di legittimità ha chiarito che l’interesse che puòdeterminare l’esclusione dalla lista testi sussiste solo nel caso in cui gli appartamenti abitati da chidepone si trovino nella medesima posizione di quello dell’attrice, così come irrilevante deve rite-nersi la presentazione dell’esposto in Questura.

Quanto chiedere per il risarcimento del danno?Secondo la sentenza della Cassazione richiamata sopra, il danno si presume sempre esistente:non c’è quindi bisogno di dimostrare di aver passato notti insonni, di aver subito stress e di nonaver potuto lavorare con pienezza di energie. Né è necessario procurarsi certificati medici. Qualo-

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ra vengano accertati i rumori superiori alla normale tollerabilità l’esistenza del danno si presumesempre. In tal caso il giudice quantificherà la somma secondo quanto più giusto gli apparirà nelcaso concreto (è la cosiddetta valutazione in via equitativa).È chiaro, però, che se il condomino ha subito un ulteriore danno (si pensi al soggetto che soffre difibrillazioni o al malato sottoposto a cure salvavita che non ha potuto riposare peggiorando il pro-prio quadro clinico), e tale danno è documentabile, potrà chiedere un risarcimento aggiuntivo.

[1] DPCM n. 5/12/1997.[2] Cass. sent. n. 2864/16.

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LA RIPARTIZIONE DELLE SPESE

Come si ripartiscono le spese in condominio

Millesimi, ripartizione delle spesetra condomini, maggioranze, scale,ascensore, lastrico solare, serviziper conservazione e godimentodelle parti comuni, per servizicomuni e per innovazioni.

Come si ripartiscono le spese del condomi-nio tra i vari condomini? Esistono tre diversitipi di criteri da applicare in relazione al tipodi spesa e, soprattutto, al servizio che ha

determinato detta spesa. Vediamoli singolarmente.

RIPARTIZIONE PER MILLESIMILa regola generale per la ripartizione delle spese in condominio è quella della divisione secondo“millesimi”, ossia in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno condòmino. Que-sto, almeno, per quanto riguarda le spese necessarie per la conservazione e peril godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune eper le innovazioni deliberate dalla maggioranza. A stabilirlo è una norma inderogabile del codicecivile [1]: o meglio, derogabile, ma solo con il consenso preso all’unanimità dell’assemblea o daun regolamento di condominio di tipo “contrattuale” (ossia approvato da tutti i condomini, di nor-ma con il rogito notarile di acquisto dell’appartamento).

RIPARTIZIONE IN BASE AL MAGGIOR USOAccanto a questo criterio di determinazione delle singole quote per la partecipazione alle spesecondominiali, vi è anche quello di ripartizione in base all’uso. Ciò, però, vale solo per quellespese inerenti a parti comuni dell’edificio che servono i condomini in misura diversa (si pensiall’ascensore, il cui uso viene di norma fatto in maggior misura dai proprietari degli ultimi piani). Intal caso le relative spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne. Non sitratta dell’uso “effettivo”, ma “potenziale”, e quindi predeterminato, anche in questo caso, in base acriteri astratti e presuntivi, dai quali non ci si può sottrarre. Per esempio, è innegabile che il pro-prietario di un appartamento all’ultimo piano usi l’ascensore più volte rispetto al proprietariodell’appartamento posto al primo piano, ma anche se dovesse essere uno sportivo e preferire faresempre le scale a piedi, sarebbe comunque tenuto a corrispondere le spese per la conservazionee la manutenzione anche dell’ascensore.

RIPARTIZIONE IN BASE ALL’USO ESCLUSIVOUn ultimo criterio di determinazione delle spese è per servizi suscettibili di utilizzazione separata,ossia di cui usufruiscono in via esclusiva solo alcuni condomini e non gli altri (si pensi a un edificiocon più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell’intero fabbri-cato): in tal caso l’amministratore di condominio deve ripartire le bollette unicamente tra i con-domini traggono utilità da tale servizio. È il caso del cosiddetto “condominio parziale”.

SCALE E ASCENSORI

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Nell’ipotesi di spese inerenti a scale e ascensori esse sono ripartite a carico dei soli proprietaridelle unità immobiliari a cui servono. La spesa relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione delvalore delle singole unità immobiliari e per l’altra metà esclusivamente in misura proporzionaleall’altezza di ciascun piano dal suolo.

RIPARAZIONE O RICOSTRUZIONE DEL LASTRICO SOLARENel caso di lastrico solare a uso esclusivo (ossia quando il diritto d’uso spetti solo ad un con-domino o ad alcuni di essi) le spese vanno ripartire per un terzo a carico di coloro che ne hannol’uso esclusivo e per i restanti due terzi a carico di tutti i condomini.

Nel caso invece di lastrico in comune a tutti i condomini, si applicano i normali millesimi.

ONERI GRAVOSI E VOLUTTUARILe spese non necessarie come le innovazioni meramente voluttuarie o eccessivamente gravo-se vanno ripartite tra i condomini che abbiano deciso di sostenerle, essendone esonerati quelliche non intendono trarne vantaggio.

Sono voluttuarie quelle spese che non hanno una utilità rispetto alle condizioni obbiettivedell’edificio condominiale e che, quindi, non producono un effettivo vantaggio ai condomini nel go-dimento dei beni comuni oggetto d’innovazione (si pensi a un fregio estetico o una statuanell’androne).Sono gravose invece quelle innovazioni la cui esecuzione comporti una notevole spesa(l’installazione di un ascensore è gravosa per i condomini del piano terra che ne fanno un uso limi-tato).

Nel caso di spese gravose o voluttuarie si può decidere per due diverse strade:

– se si tratta di innovazioni suscettibili di utilizzazione separata, i condomini favorevoli potrannorealizzarla a loro spese e goderne in modo esclusivo;– se non è possibile l’utilizzazione separata, i favorevoli potranno comunque realizzarla a pro-prie spese, ma l’innovazione potrà essere utilizzata da tutti, anche dai dissenzienti. In questo ca-so, però, i condomini dissenzienti non avranno alcun diritto o obbligo sull’opera (per esempio nonpotranno votare nell’assemblea per decisioni relative a tali beni), né dovranno sostenere i relativicosti di esercizio e di gestione.

Il fatto però che non abbiano partecipato alla spesa iniziale non implica un divieto per i condominidissenzienti dall’utilizzo di tali opere: anche i condomini dissenzienti (e i loro eredi o aventi causa)possono in qualunque momento esercitare il diritto di avvantaggiarsi dell’innovazione inizialmenterifiutata; a tal fine dovranno però contribuire alle spese dell’opera che la maggioranza dei condo-mini ha già sopportato.

[1] Art. 1123 cod. civ.

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Condominio: sottrarsi alle spese per innovazioni e modifiche

Nuove opere in condominio,innovazioni e modifiche, sottrazionealle spese da parte del singolocondomino, presupposti econdizioni, spese voluttuarie oparticolarmente gravose.

In materia di condominio degli edifici, alsingolo condomino è consentito evitare dipartecipare, per la quota che gli compete,alle spese per le innovazioni e

per modifiche di parti comuni [1], ma ciò è possibile solo a condizione che:

– si tratti di spese che riguardino impianti suscettibili di utilizzazione separata– e che dette spese abbiano o natura voluttuaria (cioè siano prive di utilità) oppure risultino moltogravose, con riferimento oggettivo delle condizioni e all’importanza dell’edificio.

Lo ha chiarito la Cassazione con una recente sentenza [2].

La valutazione di tale voluttarietà o gravosità è rimessa al giudice: la legge non detta, infatti, criterioggettivi per tale valutazione.

In particolare – ha precisato la Corte – con riferimento alle scale, poiché sono elementi strutturalinecessari all’edificazione di uno stabile condominiale e mezzo indispensabile per accedere al tettoe al terrazzo di copertura, esse rientrano tra le parti comuni anche per i condomini proprietari deinegozi con accesso dalla strada; anche questi ultimi, infatti, ne possono (potenzialmente) fruire equindi devono partecipare alle spese relative alla conservazione e manutenzione della coperturadell’edificio.

Il fatto che in un edificio ci siano più scale e più androni, inoltre, non è condizione sufficiente a farritenere la piena autonomia e indipendenza strutturale e funzionale delle relative porzioni immobi-liari rispetto alla rimanente parte dell’edificio, ove si tenga conto che la funzione della scala è quel-la di consentire l’accesso al tetto o al lastrico solare comuni all’intero edificio, e che l’androne nonsolo dà accesso alla scala suddetta ma anche ai muri perimetrali, anche essi comuni all’interostabile condominiale.

[1] ai sensi dell’art. 1121 del cod. civ.[2] Cass. sent. n. 10483/15.

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Spese di condominio: cosa paga l’inquilino e cosa il padrone di casa

Affitto: gli oneri accessori derivantidalle spese condominiali, gestioneordinaria e straordinaria, cosa devepagare il locatore e cosa ilconduttore.

Quando la casa è in affitto alcune del-le spese condominiali sono a carico del lo-catore (padrone di casa) ed altre del con-duttore (inquilino) il quale, pertanto, oltre alnormale canone di locazione dovrà corri-

spondere anche tali importi (cosiddetti oneri accessori). In ogni caso, il condominio deve preten-dere il pagamento delle somme direttamente dal locatore, salvo poi il diritto di quest’ultimo di chie-derne la restituzione al conduttore. Il conduttore a sua volta deve effettuare il pagamento entro 2mesi dalla richiesta.In caso di morosità del primo, il decreto ingiuntivo contro il secondo sarebbe illegittimo.

Quali spese sono a carico del padrone di casa e quali quelle a carico dell’inquilino?Sulla distinzione spesso si sono consumate forti dispute nelle aule di tribunale. In generale, si puòdire che:

– le spese di gestione straordinaria (cioè quelle relative ad opere necessarie per rinnovare, mo-dificare o sostituire parti, anche strutturali, dell’edificio nonché opere e modifiche necessarie perrealizzare e/o integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici dell’immobile) sono a caricodel locatore,

– le spese di gestione ordinaria (cioè quelle necessarie a mantenere in efficienza l’immobile eper rimuovere il deterioramento prodotto dall’utilizzo del bene locato) sono a caricodel conduttore. Fanno eccezione alcune spese che sono ripartite tra conduttore e locatore in mi-sura differente.

Le parti possono comunque stabilire, nel contratto di locazione, una diversa ripartizione dellespese (ad esempio possono prevedere un rimborso al locatore di un importo forfetario oppure unrimborso delle somme effettivamente spese dal locatore attraverso anticipi mensili e salvo con-guagli).

Oltre alle spese condominiali vi sono le spese di gestione dell’immobile stesso, anch’esse ripartitesecondo lo stesso criterio sopra visto. In tal caso, il locatore ed il conduttore provvedono ad effet-tuare direttamente il pagamento delle spese che sono di loro competenza.

Riportiamo qui sotto una tabella riepilogativa [1] in cui vengono elencati i tipi di spesa più comunirelativi ad un immobile, indicando se e a chi spetta sostenerle.

TIPO DI SPESA LOCATORE CONDUTTORE

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TIPO DI SPESA LOCATORE CONDUTTORE

PARTI INTERNE DELL’IMMOBILE

Impianto di riscaldamento

– sostituzione integrale– manutenzione straordina-ria – manutenzione ordinaria

Impianto sanitario

– sostituzione integrale – manutenzione ordinariaInfissi e serrande

Serrature – sostituzione integrale– rifacimento chiavi e serra-ture

Vetri – installazione doppi vetri – sostituzione causa rottura

Pavimenti e rivestimenti – sostituzione integrale – tinteggiatura

Impianto di allarme

– installazione e rifacimento – manutenzione ordinariaCitofono

PARTI COMUNI CONDOMINIALI

Impianti

Riscaldamento dell’acqua

– installazione e sostituzione– adeguamento a leggi e re-golamenti

– manutenzione ordinaria;– pulizia annuale, impiantoe filtri, messa a riposo sta-gionale;– lettura contatori;– forza motrice, combustibi-le;– consumo combustibile,acqua, energia elettrica

Condizionamento dell’aria

Addolcimento dell’acqua

Antincendio– installazione e sostituzione– acquisto estintori

– manutenzione ordinaria;– ricarica estintori;– ispezioni e collaudi

Autoclave– installazione e sostituzione – manutenzione ordinaria,

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TIPO DI SPESA LOCATORE CONDUTTORE

integrale dell’impianto o dicomponenti primari (peresempio: pompa, serbatorio)

forza motrice, ricarica pres-sione serbatoio, ispezioni,collaudi, lettura contatore

Ascensore

– installazione;– manutenzione straordina-ria;– adeguamento a nuove di-sposizioni di legge – manutenzione ordinaria

Antenna televisiva– installazione, sostituzione– potenziamento – manutenzione ordinaria

Spurgo– manutenzione straordina-ria

– manutenzione ordinaria;– disotturazione dei pozzettie condotti

Illuminazione – installazione e sostituzione– manutenzione ordinaria– consumi

Parti esterne del condominio

Citofoni – sostituzione – manutenzione ordinaria

Grondaie – sostituzione – manutenzione ordinaria

Tetto e lastrico solare– manutenzione straordina-ria – manutenzione ordinaria

Cancello – installazione e sostituzione – manutenzione ordinaria

Ringhiere – sostituzione – manutenzione ordinaria

Aree verdi – sostituzione piante

– manutenzione ordinaria;– riparazione degli attrezzi;– sostituzione fiori

Parti interne dell’edificio condominiale

Arredi (marmi, corrimano ringhiere,– installazione e sostituzione – manutenzione ordinaria

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TIPO DI SPESA LOCATORE CONDUTTORE

cassette della posta, zerbini)

Serrature – installazione e sostituzione

Cassette postali – installazione e sostituzione – manutenzione ordinaria

Armadietti contatori – installazione e sostituzione – manutenzione ordinaria

Lampadine – sostituzione

Amministrazione del condominio

Amministrazione

– compenso amministratore;– spese postali, telefoniche,bancarie;– cancelleria –

Assicurazione dell’edificio – pagamento premi –

Energia elettrica – – consumi

Portierato e pulizia dell’edificio

Compenso portiere e sostituto, com-presi contributi assicurativi e previ-denziali, accantonamento liquidazio-ne, tredicesima, premi, ferie ed in-dennità varie, anche locali

10% 90%

Manutenzione della portineria

Materiali per la pulizia

Alloggio portiere

Bidoni pulizia – – acquisto

Disinfestazione e derattizzazione deilocali di raccolta rifiuti e dei contenitori

– – relativi oneri

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TIPO DI SPESA LOCATORE CONDUTTORE

dei rifiuti

Il pagamentoCome detto, il locatore esige la parte di spese condominiali dall’inquilino il quale è tenuto a versar-le entro 20 giorni. Prima di pagare, però, questi ha diritto di ottenere l’indicazione specifica dellespese con la menzione dei criteri di ripartizione nonché di prendere visione dei documenti giustifi-cativi delle spese effettuate (ad esempio, se trattasi di immobile in condominio, i c.d. rendiconticondominiali).

In mancanza di richiesta di esibizione dei documenti nel termine, il locatore è esonerato dall’oneredi documentare la propria richiesta. Il conduttore è automaticamente in mora e non avrà la possibi-lità di opporre alla richiesta di pagamento la mancata specificazione di spese e criteri di ripartizio-ne.

Se il conduttore richiede di visionare i documenti giustificativi degli oneri accessori e dei criteri didivisione e il locatore non gli fornisce tale documentazione richiesta, quest’ultimo non potrà agirein causa per ottenere lo sfratto dell’inquilino per il mancato pagamento degli oneri accessori.

È incerto, tra i giudici, il termine di prescrizione del pagamento degli oneri a carico del conduttore.Secondo la più recente giurisprudenza si tratta la prescrizione è di 2 anni e non di cinque [2].

Tale termine decorre da:– se l’edificio in cui è ubicata l’abitazione è di proprietà di un singolo locatore, dalla data di chiusu-ra della gestione del singolo esercizio annuale [3];– se l’immobile è in condominio, dalla data in cui è stato approvato il consuntivo delle spese condelibera dell’assemblea dei condomini;– negli altri casi, dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere [4].

[1] Fonte: Memento “Immobili e condominio”[2] Cass. sent. n. 3947/2015.[3] Cass. sent. n. 8609/2006.[4] Cass. sent. n. 4588/1995.

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Riparazione balconi aggettanti e tetti in condominio: chi paga

Regole per una giusta ripartizione inambito condominiale delle spese dimanutenzione e conservazione dibalconi aggettanti e tetti.

Fra le spese che, in ambito condominiale,procurano maggiori discussioni e, sovente,anche liti giudiziarie, sicuramente un postopreminente hanno quelle che riguardanola manutenzione e riparazione dei balconie dei tetti.

In materia, i giudici hanno da tempo definito orientamenti precisi, tali che, se fossero maggior-mente conosciuti da amministratori e condomini, eviterebbero fin da subìto qualsiasi tipo di di-scussione.

I balconi aggettanti, e cioè quei balconi che emergono dalle facciate interne o esterne di un con-dominio, sono considerati dalla giurisprudenza di proprietà esclusiva del proprietario dell’unitàimmobiliare di cui costituiscono il prolungamento [1].

Pertanto, di un balcone aggettante solamente i rivestimenti e gli elementi decorativi della partefrontale si considerano di proprietà comune a tutti i condomini. Dunque, solo per le riparazioni ditali parti le relative spese vanno ripartite fra tutti i condomini in base alla tabella millesima-le generale.

Al contrario, le spese per la riparazione e manutenzione di ogni altra parte di un balcone aggettan-te (soletta, rivestimenti interni, pavimentazione oppure anche della parte frontale qualora nonabbia nei suoi elementi alcun rilievo estetico) sono a carico esclusivo del proprietariodell’appartamento di cui il balcone costituisca prolungamento.

Per cui, in conclusione, se il balcone non ha alcuna incidenza sul decoro architettoni-co dell’edificio nel suo complesso, ogni spesa per la sua manutenzione o riparazione è a caricodel solo proprietario dell’appartamento di cui il balcone costituisce prolungamento.

Per ciò che riguarda il tetto, invece, esso, e tutte le parti che lo compongono, a meno che non visia una diversa disposizione del regolamento condominiale, sono di proprietà condominiale [2] e,perciò, le spese per la relativa manutenzione e riparazione devono essere ripartite fra tutti i con-domini sulla base della tabella millesimale generale.

Se invece il tetto non copre tutte le proprietà esclusive dei condomini, ma solo alcune di esse, laripartizione delle relative spese deve essere fatta solo tra i condomini le cui proprietà esclusivesono ricomprese nella proiezione verso il basso del tetto medesimo.

[1] Cass. sent. n. 15.913/2007.[2] Art. 1117 cod. civ.

Autore: Angelo Forte Autore immagine: 123rf.com

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Condomini disabili: chi paga l’installazione del montascale e la relativa manu-tenzione?

Il costo del montascale è a carico dichi provvede alla sua installazione. Icondomini dissenzienti possonoessere esclusi dal riparto dei costi.

L’installazione di un montascale può es-sere decisa:

a) dall’assemblea;

b) dal condomino in seguito all’inerziadell’assemblea sollecitata sul punto;

In caso di decisione dell’assemblea, le spese diinstallazione del montascale dovranno esseresuddivise tra tutti i condomini, in proporzione ai millesimi di proprietà di ciascuno.

L’installazione del montascale, tuttavia, può essere considerata come un’innovazione gravo-sa con la conseguenza che i condòmini dissenzienti possono notificare il proprio dissenso dallaspesa e quindi non parteciparvi. In tal caso la spesa dovrà essere suddivisa solamente tra i favo-revoli e sempre sulla base dei millesimi di proprietà.

Quanto alle spese di manutenzione, posto che il montascale ha la medesima funzione di unascensore, esse devono essere ripartite tra tutti i condòmini (o tra quelli che hanno partecipatoall’installazione)[1].

Se, invece, l’installazione è avvenuta ad opera del singolo condomino,la spesa è asuo esclusivo carico. Questo, sia in caso di installazione da parte del condomino interessato dipropria iniziativa e senza avanzare richiesta all’assemblea, sia in caso di richiesta avanzataall’assemblea, senza aver ottenuto risposta positiva.

Nel caso in cui, infatti, il condominio rifiuti di assumere, o non assuma entro tre mesi dalla richiestafatta per iscritto, le deliberazioni in merito all’installazione del montascale per disabili, i portatori dihandicap, o chi ne esercita la tutela o la potestà (ad esempio i genitori del disabile), possono in-stallare, a proprie spese, il servoscala o strutture mobili e facilmente rimovibili e possono anchemodificare l’ampiezza delle porte d’accesso, al fine di rendere più agevole l’accesso agli edifici,agli ascensori e alle rampe dei garages [2].

In entrambi i casi però l’installazione dev’essere fatta in modo tale da non ledere la destinazioned’uso delle cose comuni, da non alterare il decoro e da non pregiudicare il diritto degli altri con-domini all’uso delle parti interessate dalle modifiche.

Autore: Valentina Azzini Autore immagine: 123rf.com

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Lavori in condominio: per i danni chi è responsabile e chi risarcisce?

Fino a che punto si estendono leresponsabilità dell’amministratoredel condominio e quali sono quelledell’appaltatore in caso di dannisubiti da terzi a seguito di lavorieseguiti nel condominio stesso? Sindove si estende la responsabilitàdell’appaltatore?

La più consueta procedura attraverso cuiil condominio, normalmente a seguito di

una decisione assunta dall’assemblea, dispone di effettuare lavori sul fabbricato consistenell’affidamento, curato dall’amministratore, di uno o più appalti di lavori ad uno o più soggettiterzi.

Secondo quanto viene stabilito dal codice civile [1] l’autonomia dell’attività dell’appaltatorenell’ambito dell’esecuzione dell’opera assunta si esplica nella sua totale autonomia operativa, at-traverso l’impiego di una propria organizzazione, nell’apprestare i mezzi ritenuti necessariall’esecuzione dell’opera contrattualizzata, curandone le modalità di esecuzione ed obbligandosiverso il committente a prestargli il risultato della sua opera.

Accade però con una certa frequenza che a seguito dei lavori fatti effettuare nell’ambito del fabbri-cato condominiale derivino danni a carico di terzi ed alle loro proprietà. In tali casi i conflitti tra leparti coinvolte hanno il proprio esito, per così dire naturale, in procedimenti per il risarcimento didanni. In tali casi i giudici sono chiamati a chiarire se sussista o meno, ed a definire quale ne sia ilgrado, la responsabilità che deve essere attribuita ad ognuno dei soggetti coinvolti: ditta, o ditte,esecutrice/i dell’appalto, amministratore del condominio, direttore dei lavori – che può anchecoincidere con l’amministratore stesso – ed assemblea condominiale che, nell’esercizio delle suefunzioni, ha autorizzato i lavori e, normalmente, ha anche proceduto a scegliere la ditta, o le ditte,esecutrice/i degli stessi.

Una vicenda da CassazioneLa Cassazione ha avuto recentemente modo di esprimersi sul tema [2] occupandosi della vicen-da di un condomino che aveva convenuto in giudizio il proprio condominio, l’amministratore delmedesimo personalmente, nonché le due società appaltatrici allo scopo di ottenere il risarcimentodei danni patiti dall’unità immobiliare di sua proprietà a causa della cattiva esecuzione delle operedi bonifica e di impermeabilizzazione del tetto del condominio.I convenuti si costituivano quindi in giudizio mentre la società esecutrice dei lavori chiamava incausa anche la propria assicurazione in manleva.

Il Tribunale di Roma, interessato in primo grado del caso, riteneva di dover accogliere parzialmen-te la richiesta di risarcimento dei danni avanzata da parte del condomino, condannando però lasola società esecutrice delle opere al pagamento della somma di lire 504 milioni in favore dellaparte attrice e l’assicurazione a manlevare la medesima per lire 75 milioni. Successivamente laCorte d’Appello di Roma, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha proceduto a con-dannare non solo la società esecutrice dei lavori, ma anche il condominio (con esclusionedell’appellante) e l’amministratore personalmente al pagamento della somma di euro 452.500 a ti-

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tolo di risarcimento danno in favore di parte attrice nonché alla rifusione delle spese dei due gradidi giudizio. La Corte territoriale riteneva infatti di dover attribuire una responsabilità in capo alCondominio in concorso con la società appaltatrice (per quest’ultima in relazione alla sceltadell’impresa subappaltatrice di alcuni dei lavori – cosiddetta culpa in eligendo), nonché in capoall’amministratore, in qualità di direttore dei lavori, cui riteneva di attribuire una responsabilità peraver omesso di effettuare i necessari controlli sullo svolgimento dei lavori (cosiddetta culpa in vi-gilando).

Il Condominio e l’amministratore personalmente hanno successivamente proposto ricorso in Cas-sazione avverso la sentenza della Corte d’Appello. La Suprema Corte di Cassazione, investita del-la questione, si è pronunciata con sentenza in esame nella quale ha ritenuto opportuno precisaree ribadire alcuni principi in relazione a quelle che sono le rispettive responsabilità del committente,dell’amministratore e del direttore dei lavori.

Di chi è la responsabilità in caso di appalto?Nello specifico la Suprema Corte, inserendosi in un alveo giurisprudenziale ormai consolidato, harilevato che, in riferimento al tema in oggetto, ovvero alle responsabilità conseguenti l’assunzionedi un contratto d’appalto, quelle relativa ai danni provocati a terzi ed eventualmente anche quelledella mancata osservanza della legge penale nel corso dell’esecuzione del contratto è da attribuir-si esclusivamente all’appaltatore, in conseguenza dell’autonomia con cui egli svolge la propria at-tività nell’esecuzione dell’opera, autonomia che è chiaramente sancita da quanto viene previstodal Codice civile [3]. La Suprema Corte ha poi precisato che l’amministratore rappresenta il con-dominio, poiché quest’ultimo è un ente di gestione privo di personalità giuridica. Da ciò consegueche il condomino nell’ipotesi in cui ritenga, come nel caso di cui alla sentenza in commento, diaver subito un danno in conseguenza di un’omessa vigilanza da parte del condominio (o meglio,di chi lo rappresenta) nell’esecuzione di lavori sulle parti comuni, dovrà necessariamente agire neiconfronti dell’ente (ovvero il condominio e non nei confronti dell’amministratore).

Il direttore dei lavori, secondo la Suprema Corte, assume la specifica funzione di tutelare la po-sizione del committente nei confronti dell’appaltatore, vigilando che l’esecuzione dei lavori abbialuogo in conformità a quanto stabilito nel capitolato di appalto.

Alla luce di quanto detto nel caso in oggetto non è stato riconosciuto alcun tipo di responsabilità aldirettore dei lavori, all’amministratore, ovvero al committente che non possono rispondere dellacattiva esecuzione dei lavori imputabile esclusivamente a libere iniziative dell’appaltatore.

[1] Art. 1655 cod. civ.: “L’appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi ne-cessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di una opera o di un servizio verso un corrispettivo in da-naro”[2] Cass. sent. n. 20557/15[3] Secondo cui appunto “L’appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi ne-cessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di una opera o di un servizio verso un corrispettivo in da-naro”. La responsabilità del committente nei confronti dei terzi, secondo gli Ermellini, “è configurabile solo allor-quando si dimostri che il fatto lesivo sia stato commesso dall’appaltatore in esecuzione di un ordine impartitoglidal direttore dei lavori o da altro rappresentante del committente stesso, tanto che l’appaltatore finisca per agirequale nudus minister privo dell’autonomia che normalmente gli compete” (vedasi in proposito Cass. sent.n.7499/04 e n.7755/09), ovvero nell’ipotesi in cui si possa concretizzare in capo al committente una culpa in eli-gendo, per avere egli assegnato l’esecuzione delle opere ad un’impresa manifestamente incompetente e privadelle capacità tecniche necessarie (in proposito Cass. sent. n.15185/04).

Autore: Massimo Pipino Autore immagine: 123rf.com

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IL CONDOMINIO

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MOROSITÀ

Condominio: se i condomini non pagano come si recupera il credito

Dalla intimazione di pagamento alcondominio, all’elenco deicondomini morosi, alla notifica delprecetto, alla fase esecutiva: tuttele fasi del recupero crediti.

Per chi deve recuperare un credito neiconfronti di un condominio si pongono dasempre diversi problemi, che la giurispru-denza, prima, e la recente legge di riformadel condominio poi, hanno tentato di risolve-re non sempre con grande successo.

Con la riforma c’è, la prima volta, una parvenza di disciplina per il “recupero crediti” nei confrontidei condomini.

In sostanza, la legge [1] ha stabilito il divieto, per il terzo creditore, di agire contro i condomini inregola con i pagamenti (delle spese condominiali) se non dopo aver inutilmente escusso quellimorosi, il cui elenco dovrà essergli fornito dallo stesso amministratore.

Neppure una parola, tuttavia, è stata spesa per stabilire se potrà essere richiesto, al singolo con-domino, l’intero credito reclamato dal terzo o solo la propria quota proporzionale.

Al momento, quindi, l’unica cosa certa è che il terzo creditore debba munirsi di un titolo esecuti-vo nei confronti del condominio, notificarlo (così come già avveniva prima della legga di riforma)all’amministratore dello stabile, per poi richiedere a quest’ultimo l’elenco dei condomini inadem-pienti verso il pagamento delle spese condominiali.

Fatto questo, cominciano le criticità: cosa fare se l’amministratore non fornisce l’elenco richiesto,come agire (per l’intero credito o solo pro quota) nei confronti dei singoli condomini? Su questipunti il codice civile non dice nulla.

Al momento, pertanto, appaiono possibili (da parte del legale del creditore) due strade:

1. o rivolgersi al Tribunale perché ordini all’amministratore di fornire l’elenco;

2. oppure procurarsi in qualche modo l’elenco dei condomini e notificare a ognuno di essi un attodi precetto.

Qualora, viceversa, l’amministratore risponda e fornisca al creditore il nome dei condomini morosi,al terzo non resterà che individuarne uno al quale notificare l’atto di precetto, intimandogli il pa-gamento dell’intero credito dovuto dal condominio.

Pur nel silenzio legislativo, si deve ritenere che la riforma abbia reintrodotto il criterio del-la solidarietà del debito. Al singolo condomino non andrà viceversa notificato (sebbene vi siano

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alcune sentenze che affermano il contrario) il titolo esecutivo già notificato all’amministratore: que-sto in quanto il condominio è soggetto privo di personalità giuridica.

Alla notifica dell’atto di precetto, che è un ultimo avviso al debitore che si intende procedere in viaesecutiva nei suoi confronti, dovrà poi seguire la richiesta di pignoramento sul bene (normal-mente l’alloggio, ma si possono anche escutere beni mobili o crediti del pignorato verso terzi) delcondomino prescelto.

Solo una volta (inutilmente) effettuate le esecuzioni nei confronti dei condomini morosi, infine, ilcreditore potrà poi agire (sempre per l’intero credito) aggredendo i beni dei condomini in rego-la con i pagamenti.

IN PRATICA1. LE REGOLELe Disposizioni di attuazione del Codice civile prevedono che non si possa agire in via esecutivacontro i condomini in regola con i pagamenti delle spese condominiali se non dopo aver inutilmen-te escusso quelli morosi il cui elenco andrà chiesto all’amministratore.

2. IL VUOTO LEGISLATIVOLa legge non dice cosa fare qualora l’amministratore non trasmetta l’elenco dei condomini morosi,e se il creditore possa agire nei confronti di un singolo condomino per l’intero credito o solo proquota.

3. LA PROCEDURASi dovrà anzitutto (per quanto per i crediti scaduti questo passaggio non sia indispensabile) inviareuna diffida di pagamento all’amministratore, per poi procedere alla richiesta del decreto ingiuntivoo alla notifica di un atto di citazione. Una volta ottenuto il titolo esecutivo e notificati titolo e atto diprecetto all’amministratore, si dovrà poi richiedere all’amministratore stesso del condominiol’elenco dei condomini che risultano essere morosi.

4. LA FASE ESECUTIVASi dovrà notificare ai condomini morosi l’atto di precetto relativo all’intero credito, per poi richiedereun pignoramento (mobiliare, immobiliare o presso terzi) nei loro confronti. Solo una volta che sa-ranno stati inutilmente escussi i condomini morosi, si potrà agire nei confronti degli altri condomini.

5. I DUBBIA oggi non esistono sentenze della Corte di cassazione che dicano chiaramente se la legge di ri-forma ha reintrodotto o no il criterio della solidarietà del debito: al momento, pertanto, potrebberoesserci sentenze dei giudici di merito contrastanti sul punto.

[1] Art. 63 disp. att. cod. civ.

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Condominio: il pignoramento del conto corrente è possibile

Le interpretazioni dei tribunalidivergono dallo spirito dellalegge: in caso di morosità si puòbloccare il conto delcondominio.

Alcune recenti decisioni dei Tribuna-li [1] hanno reso possibile quello che vi-ceversa la legge di riforma del condo-minio [2] aveva negato: e cioèl’aggressione da parte dei creditori delcondominio indistintamente dei beni ditutti i condomini, a prescindere che sitratti di quelli “virtuosi”, cioè puntuali nel

pagamento degli oneri condominiali, o di quelli morosi.

La questione, in poche parole, è la seguente: la nuova legge [3] ha imposto l’obbligo per i creditoricondominiali di agire nei confronti degli obbligati (condomini) in regola con i pagamenti degli onericondominiali solo dopo aver escusso, senza risultati, quelli morosi, che cioè non hanno pagatol’amministratore. A tal fine quest’ultimo consegna ai creditori l’elenco dei proprietari che non hannopagato le rate del condominio affinché possano essere soggetti ad esecuzione forzata.

La stessa riforma ha anche previsto (pena la revoca dell’amministratore che non vi provveda) cheogni condominio debba necessariamente essere dotato di un conto corrente banca-rio o postale ove dovranno transitare tutti i movimenti relativi alle somme incassate e spese dallostabile in questione.

Il creditore del condominio, pertanto, è ora ragionevolmente certo (cosa che non sempre avve-niva prima della entrata in vigore della recente riforma) che esista un conto corrente condominialeda sottoporre a pignoramento: su tale conto corrente, come è ovvio, saranno presenti soprattut-to i beni (versamenti) dei condomini maggiormente solleciti a rispettare le scadenze di pa-gamento, mentre ovviamente non vi saranno quelli dei condomini morosi.Con il risultato che qualora il pignoramento sia dichiarato (come è avvenuto recentemente da par-te di alcuni Tribunali) ammissibile, saranno proprio i condomini “virtuosi”, in aperto contrastocon la legge, a vedere i loro beni aggrediti dal creditore condominiale.

Ritenendo lecito il pignoramento del conto corrente condominiale, in altre parole, si è fornitoun formidabile mezzo di escussione a favore dei terzi creditori, i quali date le gravissime conse-guenze che il pignoramento causa normalmente alla gestione condominiale, avrannouna ragionevole certezza di incassare il proprio credito senza dover dapprima aggredire, an-dando incontro a spese considerevoli e poche possibilità di successo, i beni dei condomini mo-rosi, magari già da tempo sottoposti a iscrizioni ipotecarie da parte di altri creditori (se non dellostesso condominio).

Si sottolinea, oltretutto, come il pignoramento del conto corrente condominiale (come di qualunquealtro conto corrente) faccia sì che l’amministratore non possa in alcun modo provvedere alpagamento (visti i tempi della procedura, almeno per diversi mesi) dei debiti condominiali sino

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all’avvenuto sblocco del conto stesso, che potrà avvenire solo previo pagamento o comunque au-torizzazione del creditore condominiale esecutante.

Nella pratica, pertanto, accadrà che per evitare la sospensione delle varie forniture delle quali ne-cessita il condominio, saranno proprio (e nuovamente) i condomini che hanno disponibilità eco-nomica a dover provvedere a saldare il creditore procedente, pagando anche le quote dei con-domini morosi.

Inoltre le decisioni del Tribunali hanno ritenuto ammissibile il pignoramento del conto in quanto,una volta effettuati i singoli versamenti delle rate: “le somme escono dalla disponibilità dei singolicondomini per rientrare in qualche modo in quella del solo condominio”: il che consiste ancora unavolta nel consegnare al condominio, in qualche modo, quella patente di personalità giuridica chepure sino ad ora sia il legislatore che i Tribunali hanno sempre espressamente negato.

Qualora, pertanto, dovesse trovare ulteriori conferme l’orientamento favorevole alla pignorabilitàdel conto corrente condominiale, si avrebbe una chiara lesione dei diritti dei condomini puntuali neipagamenti.

[1] Cfr. Trib. Brescia sent. del 30.05.2014; Trib. Reggio Emilia sent. del 16.05.2014, Trib. Milano e Pescarasentt. del 27.05.2014.[2] L. 220/2012.[3] Art. 63 disp. att. cod. civ., introdotta dalla legge 220/2012.

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Dopo la riforma il creditore può pignorare il conto corrente condominiale

L’amara conseguenza per chi ha giàpagato: dover soddisfare i creditorioppure versare nuove rateall’amministratore per ripristinare laliquidità e proseguire la gestione delcondominio.

Arrivano i primi chiarimenti post-riforma delcondominio. La questione prospettatasiall’alba dell’entrata in vigore della nuovanormativa riguardava la possibilità, per i

creditori del condominio, di pignorare il conto corrente condominiale. In particolare, si era ritenu-to che ciò non fosse possibile. E ciò perché le nuove norme impongono ai creditori insoddisfatti diaggredireprima chi non è in regola coi pagamenti (ricevendo l’elenco dall’amministratore) e solodopo, in caso di insuccesso, gli altri condomini “virtuosi”. Invece, pignorando il conto tale regolaviene capovolta: poiché, in banca, sono depositati solo i soldi dei condomini virtuosi, si finisce peraggredire prima chi paga gli oneri condominiali e dopo (o meglio, “mai”) chi non li paga.

Eppure, negare la possibilità di pignorare il conto significa privare i creditori di un mezzo di esecu-zione forzata che, forse, è l’unico che garantisce la soddisfazione dei crediti non riscossi. E per-tanto, proprio per tale ragione, i giudici di diversi tribunali stanno precisando che il conto correntecondominiale può essere pignorato.

Da ultimo la sentenza del Tribunale di Milano [1]. Secondo il giudice meneghino, il creditore benpuò pignorare il saldo del conto corrente condominiale. E ciò perché tutti i versamenti dei singoliproprietari esclusivi, una volta confluiti in banca, si confondono nella provvista gestitadall’amministratore: e, una volta depositato, non è più possibile distinguere la provenienza dellerimesse dall’uno o dall’altro condomino. In pratica, nessuno riuscirebbe a dire quale parte dei soldiriguarda versamenti effettuati, in passato, dai condomini morosi e quali, invece, da quelli virtuosi.Ciò che si pignora, invece, è il saldo, a prescindere dalla causale e dalla titolarità delle singole ri-messe.

Peraltro, dopo la riforma del condominio è obbligatoria l’apertura di un conto corrente del con-dominio: le somme che vi confluiscono costituiscono patrimonio autonomo dell’ente di gestionee non dei singoli condomini. Infatti, secondo il codice civile [2],l’amministratore è tenuto a fartransitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, oltre a quelle a qualsiasititolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, inte-stato al condominio. E il patrimonio del condominio deve essere tenuto separato da quellodell’amministratore e dei singoli condomini. Insomma: i contributi versati dai singoli partecipan-ti si confondono con le altre somme già presenti sulla provvista e vanno a integrare quel saldoche è a immediata disposizione del correntista “condominio”.Non contano più le ragioni per le quali le singole rimesse sono state effettuate, come la prove-nienza delle stesse dall’uno o dall’altro condomino.

L’amara conseguenzaDura, sed lex, dicevano i latini. Anche se è dura, è comunque la legge. E difatti, benché il principioin punto di diritto sia ineccepibile, ciò comporta un’amara conseguenza: in caso di pignoramentodel conto corrente, causato dall’inadempimento di alcuni condomini, gli altri virtuosi si troveranno o

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a dover pagare i creditori insoddisfatti, per conto dei morosi, oppure a dover versare nuove ratecondominiali per consegnare all’amministratore la liquidità necessaria per mandare avanti la ge-stione.

[1] Trib. Milano, sent. del 27.05.2014.[2] Art. 1129, comma settimo, cod. civ.

Autore: Angelo Greco

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Condomino moroso: i poteri dell’amministratore

Può l’amministratore dicondominio sospendere i servizial condomino moroso senzaprevia autorizzazione del Giudicese la morosità perdura da oltreun semestre e i servizi sonoutilizzabili in modo separato?Oppure può solo procedere conun ricorso per decreto ingiuntivoper il recupero delle somme?

La legge di riforma del condominio[1] ha modificato la discipli-

na [2] riguardante la riscossione dei contributi condominiali. In forza di ciò, a decorrere dal18/06/2013, nel caso in cui un condominio sia in mora nel pagamento dei contributi per almeno unsemestre, l’amministratore ha la facoltà di sospendergli la fruizione dei servizi comu-ni suscettibili di godimento separato.

A differenza di quanto accadeva in precedenza, ora non è più necessario che l’autorizzazione atale sospensione sia contenuta nel regolamento condominiale.

Di solito però, nei condomini, i servizi in questione sono il riscaldamento centralizzato, l’acqua el’ascensore. Escludendo quest’ultimo (a meno che ciascuno dei condomini abbia una chiave perutilizzarlo), per procedere alla loro sospensione bisognerebbe che gli impianti siano costruiti e ta-rati in modo da permettere il distacco forzoso; circostanza questa piuttosto rara.

Ad ogni modo, il principale ostacolo alla sospensione dei servizi in questione non sono di certo ledifficoltà tecniche. Infatti, tale previsione normativa è rimasta quasi del tutto disapplicata in quan-to la giurisprudenza di merito ha ritenuto la sospensione dell’erogazione del riscaldamento odell’acqua in contrasto con la Costituzione [3] che garantisce il diritto alla salute.

Quindi, in caso di mora nel pagamento dei contributi condominiali come risultanti dallo stato diripartizione approvato dall’assemblea, all’amministratore non rimane che procedere, senza biso-gno dell’autorizzazione dell’assemblea stessa, con un ricorso per decreto ingiuntivo comunqueimmediatamente esecutivo nonostante l’eventuale opposizione proposta dal condomino moroso.

[1] L. 220/12.[2] Art. 63 disp. att. cod. civ.[3] Art. 32 Cost.

Autore: Alessandro Marescotti

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SPESE PER MANUTENZIONEManutenzione scale condominio: come ripartire le spese

Scale in condominio: come sidividono gli oneri per lamanutenzione, sostituzione epulizia.

Condominio: come si fa a ripartire le spesedi manutenzione delle scale dello stabile?E quelle per la pulizia? Si tratta di due ope-razioni che coinvolgono, in modo differente,gli interessi dei proprietari con appartamentoai piani superiori e quelli ai piani inferiori chenon utilizzano spesso le scale. Ecco perché

esiste una disciplina speciale per tali voci di bilancio condominiale. Cerchiamo, allora di fare chia-rezza.

Spese di manutenzione e sostituzioneRiguardo le spese di manutenzione e sostituzione delle scale (e anche per l’ascensore), il codi-ce civile [1], per come modificato dalla recente riforma del condominio, stabilisce che alla spesapartecipano solo i proprietari delle unità immobiliari a cui servono detti servizi (quindi, non gli ap-partamenti situati in altre scale non soggette ai lavori). Inoltre, la spesa in questione è ripartita traessi, per metà in base al valore delle singole unità immobiliari (ossia per millesimi) e per l’altra me-tà esclusivamente in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo: pertanto i pro-prietari degli appartamenti al piano terra pagheranno la metà della spesa in ragione dei loro mille-simi di proprietà, e null’altro dovranno, in quanto l’altezza del loro piano è pari a zero. I condomini,però, possono concordare un diverso criterio di ripartizione di tali oneri, purché la decisione vengaapprovata in assemblea con l’unanimità dei consensi. In alternativa, la deroga alla disciplina pre-vista dal codice deve essere contenuta in una clausola del regolamento contrattuale di condo-minio. È quanto confermato dalla Cassazione con una recente sentenza [3]: la Corte ha avutomodo di ribadire che i criteri di ripartizione degli oneri condominiali sono derogabili, ma la derogadeve essere provata.

Spese di puliziaDiverso il discorso per le spese dovute alla ditta di pulizia per il lavaggio settimanale. Infatti, in talecaso, la Cassazione ha detto che l’unico criterio da adottare è quello dell’altezzadell’appartamento, in deroga quindi alla disciplina generale prevista dal codice per le spese di ma-nutenzione e sostituzione [4]. In pratica, secondo la Suprema Corte le spese per la pulizia el’illuminazione delle scale di un condominio va fatta in base all’altezza di piano – cioè in misuraproporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo.

Anche in questo caso, però, l’assemblea, all’unanimità, può decidere per un diverso sistema di ri-partizione.

[1] Art. 1124 cod. civ.[2] L. 220/2012.[3] Cass. sent. n. 8823/2015.[4] Cass. sent. n. 432/2007. Autore immagine: 123rf.com

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Lavori urgenti in condominio: come comportarsi?

Regole da osservare nel caso incui sia necessario provvedere adopere senza ritardo: guida peramministratori e condomini.

Non è raro che nei complessi condomi-niali italiani, specie in questo periodo dicrisi economica, venga procrastinatal’esecuzione di lavori necessari, a volteanche estremamente urgenti, per il ri-pristino di parti comuni danneggiate(ad esempio: muri perimetrali, recinzio-ni, tetti, lastrici solari, piante pericolanti).Il problema si complica quando la man-

cata esecuzione delle opere di manutenzione ordinaria o straordinaria può comportare pericolodi danno per la salute dei condomini o di terzi estranei.

Che spetta fare, allora, all’amministratore nel caso in cui l’assemblea non riesca a raggiungereun accordo sul punto: il rappresentante del condominio è comunque tenuto ad autorizzare i lavorinecessari ed, eventualmente, con quali eventuali limiti?

La legge [1], a questo riguardo, stabilisce che l’amministratore non può ordinare lavori di manu-tenzione straordinaria, salvo che rivestano carattere urgente. In tal caso, però, ha l’obbligo di ri-ferirne nella prima assemblea successiva all’autorizzazione stessa”.

Dunque, la regola è che le opere di manutenzione straordinaria sono esclusivamente di compe-tenza dell’assemblea: l’amministratore deve sempre convocare quest’ultima affinché, assumen-dosi le proprie responsabilità, deliberi sull’effettuazione delle opere di straordinaria manutenzione.

Tuttavia esiste l’eccezione alla regola: se c’è urgenza, l’esecuzione di lavori di manutenzionepossono – anzi, devono – essere sollecitati ed autorizza-ti direttamente dall’amministratore senza necessità di avvisare l’assemblea o di ottenerne deli-bera. L’amministratore, avrà poi il dovere di riferire delle opere da lui autorizzate senza il previoconsenso dell’assemblea, a quest’ultima nella prima riunione successiva.

Il potere dell’amministratore di intervenire in caso di urgenza è circoscritto all’esecuzione dei la-vori “strettamente necessari” cioè a quelli tali da evitare possibili conseguenze dannose dalmancato esercizio degli stessi.

Perciò, una volta esaurito l’intervento necessario nell’interesse dei condomini ad evitare il pericolodi un maggior danno, o la prevenzione di un possibile illecito commesso a danno di terzi (sipensi a cadute di calcinacci su auto in sosta o su passanti, oppure alla presenza di buche sullastrada condominiale o ad eventuali rami pericolanti ecc.), l’amministratore è obbligato ariferi-re all’assemblea che, nella prima seduta, deciderà se ed in quale maniera proseguire nei lavori. Intale sede i condomini dovranno verificare che la spesa autorizzata dall’amministratore sia stata ef-fettivamente sopportata per ragioni di urgenza: in occasione, perciò, dell’assemblea chiamata a

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ratificare la spesa decisa dall’amministratore, questi dovrà dimostrarel’urgenza dei lavori fattieseguire.

L’assemblea e, quindi, i singoli condomini potranno valutare l’esistenza o meno dell’urgenza ed incaso negativo, non ratificando la spesa autorizzata dall’amministratore, sarà questi, personalmen-te, a dover sopportare integralmente la spesa.Ecco perché, a tal fine, è opportuno che l’amministratore si munisca di tutti i documenti e le provenecessarie per dimostrare all’assemblea il carattere di urgenza della spesa da lui autorizzata.

[1] Art. 1135, comma 2, cod. civ.

Autore: Angelo Forte

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Infiltrazioni in condominio da beni di proprietà comune: come comportarsi

Breve e riassuntiva schedaillustrativa su ciò che è necessarioe utile sapere nel caso in cui dabeni condominiali si propaghinoinfiltrazioni di acqua: contro chiagire e chi è tenuto a pagare perrimuovere la causa delle infiltrazionie risarcire i danni.

La responsabilità per i danni derivantida infiltrazioni d’acqua è assai di frequen-te collegata, in ambito condominiale, a una

scarsa manutenzione della parti comuni (tetti, solai, lastrici, ecc.).

In tali casi, come ha riconosciuto la Suprema Corte di Cassazione [1], l’omissione da parte delcondominio della necessaria manutenzione di tali beni comuni comporta cheil condominio stesso sia ritenuto responsabile quale custode dei danni che le infiltrazioni di ac-qua hanno provocato.

Solo e soltanto se il condominio dovesse provare che le infiltrazioni siano state provocate daun caso fortuito ed assolutamente imprevedibile (ad esempio, una precipitazione atmosferica as-solutamente eccezionale), solo allora la sua responsabilità potrà essere esclusa.

Accertata, dunque, in capo al condominio la responsabilità dei danni provocati dalle infiltrazioni,dovrà essere convocata apposita assemblea per deliberare ed autorizzare [2] gli interventi di ma-nutenzione necessari a rimuovere la causa che ha prodotto il danno (ad esempio, lavori di ripristi-no di tetti o lastrici) e per ripartire le relative spese, compreso il risarcimento del danno subìtodal condomino o da un terzo estraneo al condominio) secondo i millesimi di proprietà generale [3].

Nel caso specifico in cui le infiltrazioni provengano da un lastrico solare di uso esclusivo di unsingolo condomino (cosiddetta terrazza a livello), le spese saranno ripartite addebitandole per unterzo (comprese quelle per risarcire il terzo o il condomino danneggiato) al proprietario del lastricosolare e per due terzi tra tutti i proprietari a cui il lastrico solare serve da copertura [4] con esclu-sione, quindi, dal concorso alle spese dei condomini alle cui proprietà il lastrico non sia sovrappo-sto.

[1] Cass. civ., SS.UU., sent.. n. 3672/1997[2] Art. 1136, 2° comma, cod. civ.[3] Art. 1123, 1° e 3° comma, cod. civ.[4] Art. 1126 cod. civ.

Autore: Angelo Forte Autore immagine: 123rf.com

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I lavori condominiali si pagano in anticipo: la norma che tutela i costruttori

L’assemblea dovràcostituire un fondospeciale di importo parial prezzo da versare

all’impresacostruttrice.

In tempi di crisi e di aumentodel divario della ricchezzatra i cittadini, ci mancavaanche la norma a favoredei costruttori: norma che èstata prevista dalla riforma

del condominio e che entrerà in vigore nel mese di giugno.

Da oggi in poi, ogni qual volta che l’assemblea dei condomini decida di approvare operedi manutenzione straordinaria e/o innovazioni sul palazzo, dovrà necessariamente costituire un“fondo speciale” di importo pari all’ammontare dei lavori. In altre parole, bisognerà che tutti i pro-prietari di casa versino in anticipo, al condominio, ed in base alla ripartizione della spesa, quantoci sarà da pagare per i lavori stessi.

La norma era stata voluta proprio dai costruttori per tutelarsi dai mancati pagamenti. Difatti, talefondo nasce per garantire le aziende in caso di mancato pagamento dei condomini ed evitar lorodi dover procedere per vie legali (con tutti gli oneri che ciò comporta). Ma essa diventa per i con-domini una forma di pagamento anticipato.

Insomma, si tratta un regalo per le aziende di costruzioni – che, in tal modo, saranno esonerate daqualsiasi rischio di mancato pagamento – ma che potrebbe diventare anche un disincentivo per ledissestate assemblee ad approvare lavori straordinari, se non strettamente urgenti e inderogabili.

Cosa succederà, tuttavia, se il singolo condomino non potrà versare, in un’unica soluzione ed informa anticipata, tutti i soldi per i lavori? Cosa avverrà se la banca non glieli vorrà prestare?In caso di lavori improcrastinabili (per esempio, la messa in sicurezza per l’edificio), dovendo glistessi essere comunque deliberati, si avrà una situazione inverosimile: o i lavori, per quanto ur-genti, non potranno essere realizzati, oppure gli altri condomini saranno costretti ad anticipare laquota per conto dei meno abbienti.

Insomma, il peso della mancanza di liquidità delle aziende finisce ancora una volta per ricaderesulle spalle dei privati cittadini.

[1] Art. 1135 cod. civ. modificato dalla riforma del condominio.

Autore: Angelo Greco Autore immagine: 123rf.com

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Il tetto condominiale: breve guida

Manutenzione, modifiche ecoibentazione del tetto: cosa si puòe cosa non si può fare, e qualimaggioranze servono.

Le riparazioni conseguenti ai danni da infil-trazioni di acqua provenienti dal tetto sonoa carico di tutti i condomini in proporzione aimillesimi di proprietà, salvo diverso accor-do [1]. Deve contribuire anche il condominoche ha subito il danno, che si trova nelladuplice veste di danneggiato e danneggian-te. Il risarcimento riconosciutogli, pertanto,

verrà ridotto della quota da lui dovuta.

IncorporazioneUn condomino non può incorporare il tetto nella sua proprietà esclusiva [2]: tale innovazione è, in-fatti, vietata se non c’è una autorizzazione da parte di tutti gli altri condomini [3].

MansardaIl proprietario del sottotetto può sostituire al tetto una mansarda, a condizione che sia salvaguar-data – mediante opere adeguate – la funzione di protezione e copertura delle sottostanti strutturesvolta dal tetto preesistente [4]. Inoltre non si deve alterare l’estetica dell’edificio, né ledere il di-ritto degli altri condomini. In ogni caso, il condomino ne deve dare preventiva notiziaall’amministratore, specificando i dettagli dell’intervento e le modalità di esecuzione.L’amministratore, a sua volta, ne riferisce all’assemblea [5]. Lo stesso dicasi se si tratta di un ab-baino. È comunque opportuno, per evitare possibili contestazioni sotto il profilo dell’alterazionedell’aspetto architettonico dell’edificio, acquisire il consenso di tutti gli altri condomini, tanto più chepotrebbe essere richiesto dal Comune come condizione per il rilascio del permesso di costruire.

ModificheUn singolo condomino non è legittimato a richiedere in via autonoma un permesso di costruire perrealizzare interventi riguardanti il tetto dello stabile condominiale. Esso, infatti, è di proprietà co-mune dei proprietari delle singole unità immobiliari; ne consegue che per apportare modifiche altetto è necessaria una apposita deliberazione dell’assemblea condominiale [6].

ManutenzioneLa spesa per la manutenzione del tetto deve essere ripartita tra tutti i condomini serviti da talestruttura, in proporzione ai millesimi di proprietà, salvo diverso accordo [7].Nel supercondominio, se per le caratteristiche strutturali e funzionali di uno dei corpi di fabbrica,risulta che tutti i condomini sono interessati alla riparazione del tetto (magari perché vi è installatala centrale termica), alla spesa devono contribuire tutti, e non solo i condomini di questo specificoedificio [8].Se il costruttore-venditore delle singole unità immobiliari si è riservato la proprietà esclusiva deltetto, le spese di manutenzione sono a suo esclusivo carico, se vi sia stata una specifica pattui-zione in tal senso [9]; in assenza di tale accordo, trova applicazione il seguente principio [10]: unterzo delle spese a carico del proprietario esclusivo e i restanti due terzi a carico dei condomini al-le cui appartamenti il tetto serve da copertura, in proporzione ai millesimi di proprietà [11].

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CoibentazioneLa coibentazione del tetto può essere considerata intervento su parte comune dell’edificio volta alcontenimento del consumo energetico, anche se ad avvantaggiarsene è soprattutto il proprietariodel sottotetto. Di conseguenza, la relativa spesa può essere deliberata dall’assemblea con il votofavorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 334/1.000 [12]. Laspesa va suddivisa in proporzione ai millesimi di proprietà. Se l’edificio ha più tetti, alla spesa de-vono concorrere i soli condomini che traggono utilità dal tetto interessato dall’intervento.

TerrazzaIl proprietario dell’ultimo piano non può sostituire il tetto con una terrazza da annettere al proprioappartamento. Questo tipo di intervento, infatti, non rientra nel più ampio diritto di sopraelevazionespettante al proprietario dell’ultimo piano, ma costituisce un’alterazione dell’uso cui tale bene co-mune è destinato [13]. Per la sua realizzazione occorre quindi il consenso di tutti gli altri condomi-ni, non potendo l’assemblea decidere a maggioranza, pena la nullità della relativa delibera [14].

TubiUn condomino può sistemare sul tetto condominiale un tubo dell’acqua potabile, a condizione dinon menomare la funzione di questa parte comune dell’edificio [15].

[1] Art. 1123 cod. civ.[2] Art. 1102 cod. civ.[3] Cass., sent. n. 4449 del 27.07.1984[4] Cass., sent. n. 14107 del 3.08.2012.[5] Art. 1122, c. 2, cod. civ.[6] Con le maggioranze stabilite dall’art. 1136 cod. civ.. T.A.R. Lombardia, sent. n. 1820 del 11.07.2013.[7] Trib. Roma, sent. n. 18080 del 12.09.2013; Cass., sent. n. 5064 del 29.04.1993.[8] Corte App. Milano, 17.01.1992.[9] Cass., sent. n. 1338 del 9.06.1961.[10] Art. 1126 cod. civ.[11] Cass., sent. n. 532 del 30.01.1985.[12] Art. 26, l. n. 10 del 9.01.1991.[13] Cass., sent. n. 1737 del 28.01.2005.[14] Cass., sent. 8777 del 26.10.1994.[15] Cass., sent. n. 2293 del 9.06.1975.

Autore: Temistocle Marasco

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AMMINISTRATORE: NOMINA, REVOCA ED OBBLIGHI

L’amministratore di condominio: doveri, compiti e adempimenti

Un rapido esame della figuradell’amministratore di condominio:che cosa fa, che cosa dovrebbe fare,chi lo può fare (prima parte).

La figura dell’amministratore di condomi-nio è, con buona probabilità, una delle piùdiscusse del panorama professionale italia-no, inevitabilmente al centro dell’attenzionee delle critiche dei suoi amministrati, sia es-so interno o esterno, persona fisica o per-sona giuridica, professionista del settore o

volonteroso dopolavorista. Egli attira inevitabilmente su di sé sempre infinite discussioni nel casodi reali o presunti malfunzionamenti nella conduzione della compagine condominiale e scarsi ap-prezzamenti nell’ipotesi, caso raro, in cui non si possano sollevare dubbi o critiche sul suo opera-to. In Italia non è noto con certezza quale sia il numero dei condòminii presenti e tale incertezza,apparentemente paradossale, è dovuta da un lato al fatto che con il termine “condominio” il legi-slatore ha inteso indicare quegli edifici che siano composti da almeno due unità immobiliari auto-nome la cui proprietà fa capo ad almeno due diverse persone e dall’altro dal fatto che in realtà nonesiste una vera e propria procedura formalizzata per la costituzione di un condominio: esso sorgein modo del tutto autonomo nel momento in cui avviene la vendita delle varie unità immobiliari adopera del costruttore dell’immobile. All’atto di costituzione del condominio le parti dell’edificio,che sotto un profilo funzionale sono collegate al miglior godimento delle porzioni di piano di pro-prietà esclusiva di quelli che sono i condomini, sono immesse nel novero di quelle cose sulle qualisi esercita un dominio congiunto da parte dei proprietari stessi delle singole unità immobiliari: ilche, appunto concretizza un condominio.

Il condominio in ItaliaPer fornire qualche dettaglio in merito al fenomeno “condominio” in Italia, e comprendere megliola figura professionale dell’amministratore di condominio, che cosa faccia, che cosa dovrebbe faree, soprattutto, chi lo può fare, può essere utile, consultare il 2° rapporto redatto da Censi-Anaci(che però è ormai datato marzo 2006 e quindi è precedente la riforma della legge su condominioche è del 2012). L’indagine in parola, sulla base di una serie di proiezioni statistiche e consideran-do dati frutto di procedimenti di stima, è arrivata a concludere che in Italia si può ipotizzarel’esistenza di un numero di immobili costituiti in condominio di oltre 900.000 unità, dei quali740.000 identificabili attraverso la disponibilità del codice fiscale di cui solo 330.000 presentano,come sarebbe d’obbligo, il modello 770. La riforma del condominio cui si è fatto cen-no [1] dovrebbe aiutare a far emergere “dal sommerso” una serie di compagini non censitenell’anagrafe tributaria. Infatti, secondo quanto viene stabilito dal Codice civile [2] nella nota di tra-scrizione dell’atto d’acquisto, “per i condòminii devono essere indicati l’eventuale denominazione,l’ubicazione e il codice fiscale”, codice fiscale che è obbligatorio per qualunque, abbia esso 2 o200 partecipanti [3].

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L’Amministratore di condominio “fai da te”In questo enorme numero d’immobili costituiti in condominio si stima che la figuradell’amministratore sia presente in circa un terzo dei casi [4] e teniamo conto che non è raro cheanche nei condòmini ove è obbligatorio nominare un amministratore, non tale adempimento nonviene rispettato. Sempre secondo il citato rapporto Censis-Anaci la proporzione tra gli amministra-tori che si potrebbero definire “fai da te” ed i professionisti del settore è ancora fortemente sbilan-ciata a favore dei primi. Ce n’è uno che svolge quest’attività per professione ogni otto che la svol-gono, come si suol dire, per spirito di servizio, ma va anche sottolineato che tale situazione si ma-nifesta nella stragrande maggioranza dei casi in contesti in cui l’amministratore non professio-nista è anche condomino dell’immobile che amministra. Tuttavia, è innegabile che in una societàcomplessa come quella attuale, decidere di assumere la gestione d’una compagine condominialesenza aver mai avuto un’esperienza del genere è cosa non scevra di rischi sia per il condòmino-amministatore che per il condominio ne suo complesso. I condomìni moderni non sono nemmenolontanamente paragonabili con quelli del passato. Le compagini con decine ed volte centinaia dipartecipanti non sono più l’eccezione ma si stanno affermando, sempre più velocemente, come laregola.

Ma, al di là della dimensione attualmente assunta dai condomìni, che li fanno rappresentare realtàeconomiche di anche rilevante entità, è il vasto numero di adempimenti che il legislatore nazionaleha oggi affidato all’amministratore, e molto spesso la risoluzione delle particolari problematichead essi connessi, a fare si che per assolvere questa funzione sia necessario possedere particolarinozioni e competenze che vanno da quelle di natura legale a quelle tecnico contabili e fiscali, sen-za dimenticare le capacità di risoluzione dei conflitti e di gestione di processi complessi. Chi scriveritiene tuttavia che il pur necessario sviluppo della categoria verso una sempre più spiccata pro-fessionalizzazione non dovrebbe, comunque, portare all’eccesso opposto. In tal senso sarebbebene non lasciarsi sedurre dalla rosee previsioni di chi, vagheggiando l’istituzione dell’inevitabile esalvifico albo professionale, scantona quando si sottolinea la necessità di tutelare l’interesse degliamministrati e, conseguentemente, evita di affrontare seriamente quella di elevare il livello di pro-fessionalità degli amministratori. Chi assume queste posizioni che verrebbe da i di “difesa a tutti icosti dell’orticello”, infatti, pur essendo animato dalle migliori intenzioni, tuttavia, trascura quanto èstato più volte dimostrato dell’esperienza ovvero che l’istituzione di albi e ordini professionali rap-presenta un ostacolo al normale svilupparsi delle dinamiche del mercato ed un ostacolo perl’accesso alla professione. Ciò che il consumatore/condomino deve pretendere non è un soggetto,l’amministratore professionista titolare di una posizione all’interno di un albo che lo garantisce dal-la concorrenza di altri professionisti con livelli di preparazione tecnico-giuridica-amministrativa an-che più elevati dei suoi (vedi commercialisti), ma il miglior servizio possibile in relazione all’offertaeconomica più conveniente. In poche, note e chiare parole, il miglior rapporto tra la qualità delservizio offerto ed prezzo per esso richiesto. Per ottenere tale risultato l’istituzione di tariffari obbli-gatori non ha alcuna utilità. Da sempre è il mercato il modo migliore per formare prezzi di beni eservizi.

Un esempio assolutamente pratico potrà aiutare a rendersi conto di che cosa si vuole significarecon questa che, prima vista, pare una formula vuota. Rispetto ad un medesimo servizioun amministratore si offre di svolgerlo per 15 euro ad unità immobiliare e un altro, invece, ne ri-chiede solamente 7. Se il criterio di scelta fosse esclusivamente quello basato sull’esborso eco-nomico, è evidente che la prima delle due offerte non avrebbe alcuna possibilità di essere accolta.Tuttavia, quello del mero costo economico del servizio acquistato è solamente uno dei criteri cheguidano la scelta (certo magari uno dei più importanti). Infatti unitamente al costo della prestazio-ne si tiene conto della preparazione specifica per lo svolgimento del servizio proposto,la professionalità acquisita operando sul mercato, ecc. da ciò consegue che l’amministratore piùeconomico, probabilmente, tenendo a mente il citato rapporto tra qualità e prezzo rischierà di es-sere non essere ritenuto il più conveniente. Si pensi, al contrario, al caso in cui, in ragione della

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presenza di un tariffario obbligatorio, entrambi presentino un’offerta. Il primo professionista, valu-tando sempre nella stessa misura il valore del suo lavoro, continua a chiedere 15 euro per ognunadelle unità immobiliari facenti parte dell’immobile di cui gli è stata proposta l’amministrazione. Ilsecondo, essendovi tenuto per legge, chiede il minimo possibile, ossia 7 euro. Probabilmente, po-trà sostenere qualcuno, la piccola differenza (8 euro ad unità immobiliare su base annua perognuno dei condomini non rappresenta certo una cifra problematica) farà ancora comunque pro-pendere per il primo dei due professionisti. Presumibilmente, però, la sola presenzad’un tariffario avrà l’effetto di ingenerare un’aspettativa di risparmio nel consumatore che lo lasce-rà propendere per l’offerta più economica, magari senza una verifica delle qualità effettive del pro-fessionista. Qualità che, tra le altre cose, a fronte dell’esistenza di un minimo guadagno garantito,mediamente, potrebbero mostrare anche un progressivo decadimento (se è la legge e non il mer-cato a garantire la misura del mio guadagno perché l’impegno che metto per aggiornarmidev’essere costante visto che, comunque, ho un minimo garantito?). Pretendere l’istituzione di untariffario in base al quale essere obbligati a prezzare la propria prestazione è un favore alla partemediocre della categoria degli amministratori di condominio e sempre un danno per tutti i compro-prietari. Avere la necessità di vedere amministrato in modo serio il proprio edificio significa esigerela possibilità di rivolgersi a figure professionali preparate e continuamente aggiornate in baseall’evoluzione della normativa in materia. È questo, dunque, secondo l’opinione di chi scrive, ilperno su cui deve ruotare tutto il sistema: riuscire ad ottenere che il soggetto incaricato di ammini-strare un condominio, che lo faccia per spirito di servizio (perché risiede nel condominio che am-ministra) o che lo faccia per professione, sia preparato. Il che significa certificazioni di qualità (cheno siano però pezzi di carta acquistabili dal miglior offerente buone solo per essere incorniciate edappese al muro), aggiornamento periodico, ecc. Ogni ipotesi che non sia finalizzata a restringerela concorrenza creando “riserve di caccia” garantite e renda possibile il raggiungimento (e soprat-tutto il mantenimento) di un buon livello di preparazione è la benvenuta. Spiace notare chel’attuale assetto normativo, nonostante la recente riforma non aiuti a dare la giusta dignità adun’attività (la si consideri economica o professionale) che molto spesso è percepita come quellad’un semplice “passacarte

Quali sono i requisiti i requisiti per l’assunzione dell’incarico di amministratore condomi-nialeIl primo elemento che in riferimento alla figura dell’amministratore di condominio, a che cosa fac-cia, a che cosa dovrebbe fare ed a chi lo può fare, che deve essere sottolineato è un dato mera-mente numerico: dopo l’entrata in vigore della “riforma”, infatti, la nomina dell’amministratore è ob-bligatoria solamente per quei condomìni che possono contare più di otto partecipanti (in limite pre-cedente era di quattro). In tutti gli altri casi, condomìni composti da 8 unità immobiliari o meno,possono tranquillamente fare a meno dell’assistenza di un professionista per l’adempimento di tut-ti quegli atti burocratico-fiscali-amministrativi che la legge richiede. E qui ci si trova di fronte al pri-mo paradosso: al soggetto condominio sono stati affidati nel tempo un numero sempre crescentedi obblighi ed adempimenti da rispettare, cosa che, a rigor di logica avrebbe consigliato quantomeno di mantenere invariato il limite di condòmini al di sopra del quale far scattare l’obbligatorietàdella figura del professionista responsabile dei cennati adempimenti : invece si è scelta la stradaesattamente opposta. Inoltre, sotto il profilo della specifica preparazione professionale continuanoa non venir richiesti particolari titoli accademici. Tuttavia, rispetto alla situazione che caratterizzavail periodo pre-2012, qualche cosa è stato fatto proprio in relazione alla possibilità di assunzionedell’incarico: insomma anche per (quasi tutti) gli amministratori è necessario il possesso di deter-minati requisiti (che però non sono di carattere accademico [5]. Possono svolgere l’incarico diamministratore di condominio tutti coloro che:

– hanno il godimento dei diritti civili;

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– non sono stati condannati per delitti contro la pubblica amministrazione, l’amministrazione dellagiustizia, la fede pubblica, il patrimonio o per ogni altro delitto non colposo per il quale la leggecommina la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni e, nel massimo, a cinqueanni;

– non sono stati sottoposti a misure di prevenzione divenute definitive, salvo che non sia interve-nuta la riabilitazione;

– non sono interdetti o inabilitati;

– il cui nome non risulta annotato nell’elenco dei protesti cambiari;

– hanno conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado;

– hanno frequentato un corso di formazione iniziale e svolgono attività di formazione periodica inmateria di amministrazione condominiale.

I requisiti di cui alle lettere f ) e g) non sono necessari nel caso in cui l’amministratore sia nominatotra i condòmini dello stabile. Possono svolgere l’incarico di amministratore di condominio talune ti-pologie di società [6]. Nel caso in cui sia un soggetto societario a svolgere l’attività di amministra-tore del condominio è necessario che i requisiti sopra citati siano posseduti dai so-ci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti incaricati di svolgere lefunzioni di amministrazione dei condòminii a favore dei quali la società presta i propri servizi.

La perdita dei requisiti di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) comporta la cessazione dall’incarico. Intale evenienza ciascun condòmino può convocare senza formalità alcuna l’assemblea per la no-mina del nuovo amministratore. Sotto il profilo degli elementi di qualifica allo svolgimentodell’attività di amministratore di condominio va poi ricordato il fatto che a quanti hanno svolto attivi-tà di amministrazione condominiale per almeno un anno, nell’arco dei tre anni precedenti alla datadi entrata in vigore della riforma, è consentito lo svolgimento dell’attività di amministratore anche inmancanza dei requisiti di cui alle lettere f ) e g), resta però salvo l’obbligo di svolgere un’attività diformazione periodica accreditata.

Esaminando da vicino il dettato legislativo, al di là della pur lodevole intenzione del legislatore diregolamentare l’assunzione degli incarichi, restano però, e nell’arco dei circa 3 anni di vigenza del-la legge non vi sono elementi che possano portare a modificare il giudizio, seri motivi di perplessi-tà in relazione alla contraddittorietà del risultato raggiunto. Un esempio su tutti: se si riflette sul si-gnificato del secondo comma dell’articolo 71-bis, secondo il quale “i requisiti di cui alle lettere f ) eg) del primo comma (obbligo di avere conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo gra-do, frequenza di un corso di formazione iniziale e attività di formazione periodica in materia diamministrazione condominiale) non sono necessari qualora l’amministratore sia nominato tra icondòmini dello stabile” non si può che giungere alla conclusione secondo cui, anche dopol’entrata in vigore della legge di riforma del condominio, il proprietario di più unità immobiliari ubi-cate in condomìni diversi, cui è stata in precedenza affidata la gestione di quegli stessi edifici, hapotuto continuare a gestirli, senza alcun obbligo di formazione periodica, anche se non è in pos-sesso del diploma di scuola secondaria superiore e non ha frequentato il corso di formazione ini-ziale.Il giovane laureato, invece, che si è trovato ad assumere il suo primo incarico a meno di un annodall’entrata in vigore della riforma e che intende svolgere professionalmente l’attività di ammini-stratore condominiale non ha avuto modo di esercitare tale attività se non dopo aver seguito uncorso di formazione iniziale e svolgendo attività di formazione periodica [7].

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In breve: attualmente chi intende assumere incarichi di gestione di condòminii è tenuto a fre-quentare un corso di formazione iniziale della durata di almeno 72 ore ed a seguire corsi di forma-zione periodica della durata di almeno quindici ore. I corsi possono essere organizzati da chiun-que, purché dello staff facciano parte formatori con comprovata esperienza in materia condominia-le e responsabili scientifici, che ne certifichino la competenza, della stessa tipologia. Tuttavia,l’unico soggetto su cui incombe l’onere di verificare il rispetto di questi requisiti è l’assemblea con-dominiale; davvero un po’ pochino rispetto a quanto il mercato della gestione immobiliare avrebbenecessitato.

[1] Legge, 11 dicembre 2012 n. 220, pubblicata in Gazzetta Ufficiale 17 dicembre 2012[2] Ai sensi dell’articolo 2659 del Codice civile Chi domanda la trascrizione di un atto tra vivi deve presentare alconservatore dei registri immobiliari, insieme con la copia del titolo, una nota in doppio originale, nella quale de-vono essere indicati:1) il cognome ed il nome, il luogo e la data di nascita e il numero di codice fiscale delle parti, nonché il regimepatrimoniale delle stesse, se coniugate, secondo quanto risulta da loro dichiarazione resa nel titolo o da certifi-cato dell’ufficiale di stato civile; la denominazione o la ragione sociale , la sede e il numero di codice fiscale dellepersone giuridiche, delle società previste dai capi II, III e IV del titolo V del libro quinto e delle associazioni nonriconosciute, con l’indicazione, per queste ultime e per le società semplici, anche delle generalità delle personeche le rappresentano secondo l’atto costitutivo. Per i condominii devono essere indicati l’eventuale deno-minazione, l’ubicazione e il codice fiscale;2) il titolo di cui si chiede la trascrizione e la data del medesimo;3) il cognome e il nome del pubblico ufficiale che ha ricevuto l’atto o autenticato le firme, o l’autorità giudiziariache ha pronunciato la sentenza;4) la natura e la situazione dei beni a cui si riferisce il titolo, con le indicazioni richieste dall’art. 2826, nonché laquota espressa in millesimi di cui all’articolo 2645 bis, comma 4, nel caso di trascrizioni di contratti preliminariSe l’acquisto, la rinunzia o la modificazione del diritto sono sottoposti a termine o a condizione , se ne deve faremenzione nella nota di trascrizione. Tale menzione non è necessaria se, al momento in cui l’atto si trascrive, lacondizione sospensiva si è verificata o la condizione risolutiva è mancata ovvero il termine iniziale è scaduto.[3] Si confronti in proposito quanto stabilito dal DPR n. 605/73[4] Secondo quanto viene esplicitamente previsto dall’articolo 9 della Legge 220/2012 intervengono sulla disci-plina relativa all’amministratore di condominio. In particolare, l’articolo 9, che novella l’articolo 1129 del Codicecivile – rubricato “Nomina, revoca e obblighi dell’amministratore”, la nomina dell’amministratore deve essereobbligatoriamente effettuata quando i condomini sono più di otto.[5] In materia la norma di riferimento è l’articolo 71-bis delle Disposizioni Attuative del Codice civile.[6] Si tratta delle società di cui al titolo V del libro V del Codice civile, quindi sia le società di persone che quelledi capitale.[7] Come si è visto, per poter assumere l’incarico di amministratore condominiale, salvo per chi già esercitavada almeno un anno e per i così detti interni (quei condòmini che svolgono l’attività di amministratoredell’immobile in cui è ubicata l’unità immobiliare di loro proprietà), l’articolo 71-bis delle Disposizioni attuative delCodice civile stabilisce che è necessario seguire un corso di formazione iniziale e quelli di formazione periodicain materia di amministrazione condominiale. Nessun’altra indicazione viene fornita. A partire dalla data didall’approvazione della legge n. 220 del 2012 al dicembre dell’anno stesso, in mancanza di ulteriori precisazioni,si è assistito ad un vero brulicare di corsi d’ogni durata organizzati da chiunque. Con il decreto “Destinazione Ita-lia” (Decreto Legge n. 145/2013, poi convertito in Legge n. 9 del 2014) il legislatore ha cercato di porre un frenoalla situazione demandando al Ministero della Giustizia il compito di regolamentare la materia della formazionedegli amministratori di condominio. Il risultato, il d.m. n. 140/14, è stato però al di sotto delle aspettative di chisperava che il decreto potesse effettivamente mettere ordine nella materia razionalizzando un’offerta formativaspesso lontana dalle reali necessità dei neo-operatori del settore.

Autore: Massimo Pipino Autore immagine: 123rf.com

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Amministratore di condominio: doveri, compiti e adempimenti parte 2

Un rapido esame della figuradell’amministratore di condominio:che cosa fa, che cosa dovrebbefare, chi lo può fare (secondaparte).

Quando è obbligatoria la nominadell’amministratoreIl codice civile [1] stabilisce che: “Quando icondòmini sono più di otto, se l’assembleanon vi provvede, la nomina di un ammini-stratore è fatta dall’autorità giudiziaria su ri-

corso di uno o più condòmini o dell’amministratore dimissionario”.Lasciando al prosieguo del presente lavoro l’approfondimento della distinzione esistente trala nomina dell’amministratore condominiale fatta dall’assemblea e la nomina fatta dal giudice,iniziamo ad esaminare in modo approfondito quali sono le condizioni al ricorrere delle quali è ob-bligatorio per i condòmini provvedere alla nomina dell’amministratore e quali sono le motivazioniche hanno condotto il legislatore ad operare determinate scelte piuttosto di altre.La legge, come poco sopra è già stato accennato, impone che si provveda alla nominadell’amministratore nel caso in cui i condòmini raggiungano almeno il numero di nove.

È opportuna una precisazione in merito al significato preciso da attribuire al termi-ne “condòmino”. Nell’utilizzo quotidiano del vocabolo si pone scarsa attenzione a quello che è ilsuo significato tecnico, impiegandolo per riferirsi genericamente a chiunque abiti o comunque uti-lizzi (a vario titolo: piena proprietà, comodato, diritto d’abitazione, locazione) un’unità immobiliareubicata nell’ambito di un edificio costituito in condominio, senza tenere conto del fatto che il signi-ficato proprio della parola “condòmino” è sostanzialmente diverso da quello, per esempiodi “conduttore” o “comodatario”. Con questa espressione, a livello tecnico giuridico, s’individua in-fatti il proprietario di una o più porzioni immobiliare sita/e in un edificio costituito in condominio. Ildiritto di proprietà sull’unità immobiliare deve risultare da un titolo (contratto di acquisto, donazioneetc.) che deve essere regolarmente registrato e trascritto, così da poter essere efficacemente op-posto ai terzi [2]. È da notare che la qualità di condòmino è rivestita anche dall’originario proprieta-rio dell’immobile, qualora egli, successivamente al frazionamento dell’edificio ed alla vendita delleunità immobiliari, fatti questi che hanno dato origine al condominio, si sia riservato la proprietà diporzioni dell’edificio stesso [3]. In sostanza è il proprietario (e non certo il conduttore) che tecni-camente è a tutti gli effetti qualificabile come “condòmino”.Un ulteriore punto su cui è opportuno svolgere alcune considerazioni è l’oggetto della proprietà delcondòmino, proprietà che si identifica nel concetto di “unità immobiliare”. In questo contesto è pre-ziosa l’indicazione fornita dal legislatore [4]:“si accerta come distinta unità immobiliare urbana ogni fabbricato, o porzione di fabbricato od in-sieme di fabbricati che appartenga allo stesso proprietario e che, nello stato in cui si trova, rappre-senta, secondo l’uso locale, un cespite indipendente”.

Ciò significa che il box, così come, ad esempio, la cantina, il locale commerciale ol’appartamento sono tutte unità immobiliari. Da ciò discende che il proprietario di un box auto odi una cantina (anche se “scollegati” – nel senso che non sono pertinenze – da un’unità immobilia-

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re abitativa ubicata nello stesso immobile, possono essere legittimamente indicati co-me“condomini” al pari del titolare del medesimo diritto reale su un’abitazione ricompresa nel me-desimo immobile. L’unica distinzione che potrà essere fatta tra le diverse posizioni dei citati sog-getti sarà quella che si viene a creare in conseguenza della differenza di millesimi di proprie-tà che i rispettivi cespiti esprimeranno in relazione alla formazione delle maggioranze richieste insede di assemblea condominiale per le diverse tipologie di decisioni da assumere e con riferimen-to alla misura della relativa quota di partecipazione alle spese per la gestione e la conservazionedelle cose comuni.

Vediamo di chiarire meglio quanto sino ad ora esposto con alcuni esempi.

1- Si ponga un condominio composto da venticinque unità immobiliari, otto delle quali sono di pro-prietà di Tizio, mentre le restanti risultano essere, a loro volta, di proprietà di un’unica persona fisi-ca. Tutte le unità immobiliari di cui si compone il condominio sono state date in locazione a diffe-renti persone. In questo caso, pur sussistendo a tutti gli effetti il condominio che, come abbiamovisto si costituisce automaticamente senza bisogno di una delibera o di particolari formalità, nonappena i condomini sono più di uno, posto che i condòmini propriamente detti (ossia, ci si ripete, iproprietari) sono solamente due non sarà obbligatorio provvedere alla nomina dell’amministratore(obbligo che scatta nel momento in cui i condòmini, ovvero i proprietari, sono più di otto).

2- Un condominio è composto (considerando gli appartamenti, i locali commerciali, le cantine ed ibox) di diciannove unità immobiliari. Sei di queste sono di proprietà di altrettante persone e le re-stanti tredici appartengono ad un unico soggetto, persona fisica. Al suo decesso le unità immobi-liari di sua proprietà passano (per successione ereditaria), in comunione tra loro, a tre dei quattrofigli. Il numero dei condòmini passa così da sei a nove. In questo caso sarebbe obbligatoria lanomina dell’amministratore? La risposta al quesito è negativa in quanto nel momento in cuiun’unità immobiliare è in proprietà di più persone esse, ai fini condòminiali, devono essere consi-derate al pari di un’unica entità proprietaria di quell’unità immobiliari (nota n. 5). Solamente se icomproprietari di questi cespiti decidessero di dividerseli allora si raggiungerebbe il numero degliotto condòmini utili per dover provvedere alla nomina dell’amministratore.

3- Un condominio si compone di otto unità immobiliari di proprietà di persone fisiche diverse. Unadi queste cede la propria abitazione in usufrutto ad uno degli altri condomini, mantenendone lanuda proprietà. Quanti sono in questo caso i condòmini agli effetti della loro partecipazione alleassemblee condominiali ed in riferimento alle relative maggioranze da raggiungere in funzionedelle materie da decidere? Sul tema non c’è particolare concordanza di pareri. Secondo la giuri-sprudenza, ai fini della gestione del condominio, ad esempio in relazione alla partecipazione allespese [6] proprietario ed usufruttuario devono essere considerati distintamente. Allo stesso modoanche il Codice civile considera il proprietario e l’usufruttuario come titolari di rapporti giuridici au-tonomi con la compagine condominiale [7]. Alla luce di queste indicazioni della giurisprudenza edelle citate disposizioni codicistiche, sembrerebbe che anche l’usufruttuario, nei limiti che sonostati appena citati, debba essere considerato alla stregua di un condòmino ed essere titolare diun’autonoma legittimazione a partecipare all’assemblea di condominio, ad impugnarne le decisioni(e contribuire alle spese per le parti comuni).

Proprio quest’ultimo aspetto, però, ad avviso dell’autore di queste note, contrasta con quanto det-tato dal Codice civile secondo cui le due parti del contratto di usufrutto sono chiamate a risponde-re in solido per le spese del condominio [8]. In sostanza nudo proprieta-rio ed usufruttuario potrebbero essere considerati come un solo soggetto tenuto a risponderedelle obbligazioni pecuniarie derivanti dall’appartenenza al condominio in riferimento ai costi corre-lati alla gestione del condominio stesso e, di conseguenza, sotto un profilo sostanziale, non ver-rebbe ad essere superata la soglia degli otto condòmini oltre i quali scatterebbe, tra l’altro,

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l’obbligo di nomina dell’amministratore. Accogliendo la linea interpretativa proposta si potrebbequindi concludere che nel caso descritto nell’esempio la costituzione dell’usufrutto avrebbe qualeconseguenza che nudo proprietario ed usufruttuario assumerebbero sì delle posizione distinte edautonome nei confronti del condominio ma il numero dei partecipanti al condominio stesso, ai finidella nomina dell’amministratore, resterebbe pur sempre inferiore a quello previsto dalla legge peril verificarsi dell’obbligo di nomina, potendo essere considerati, nudo proprietario ed usufruttuarioalla stregua un unico condòmino.

4- Un condominio è composto da nove unità immobiliari ognuna delle quali è di proprietà di sog-getti, persone fisiche, diverse. Si tratta della situazione tipica dove ad ogni unità immobiliare corri-sponde un solo proprietario ed è anche il caso tipo cui il Codice civile fa riferimento. Nove unitàimmobiliari e nove diversi proprietari. Essendo validato il “confine” degli otto condòmini la nominadell’amministratore è obbligatoria ed i condòmini, nei modi e nei tempi che saranno illustratinell’ambito dei paragrafi successivi, sono tenuti ad attivarsi per adempiere agli obblighi che ven-gono loro imposti dalla legge.

Sulla base degli esempi portati e dopo avere chiarito nel loro significato tecnico i contenuti dei varitermini della fattispecie in esame (condomino, unità immobiliare, ecc.) si può pacificamente affer-mare che negli edifici che contino almeno nove diversi proprietari di altrettante unità immobiliari èobbligatorio che si provveda alla nomina di un amministratore di condominio.

[1] Art. 1129 cod. civ.[2] La dottrina ha precisato che al fine della qualificazione di un soggetto quale “condòmino” non rileva tantol’esistenza di un atto pubblico di trasferimento della proprietà frazionata di una parte dell’edificio condominiale —questione che può riguardare, se mai, il problema dell’opponibilità della qualità di condòmino nei confronti deiterzi — quanto l’esistenza di un negozio effettivamente traslativo di tale diritto, anche se concluso per mezzo disemplice scrittura privata.[3] Deve inoltre essere sottolineato che condòmino è non solo colui il quale sia proprietario di una o più unitàimmobiliari, ma anche, ad esempio, il proprietario del solo lastrico solare o del cortile (si veda in proposito lasentenza della Suprema Corte di Cassazione 2 maggio 1960, n. 1300), o anche di un box, di una cantina o diuna soffitta.[4] Si veda in proposito l’articolo 40 del DPR n. 1142/49 (Approvazione del regolamento per la formazione delnuovo catasto edilizio urbano).[5] In questo senso si veda il secondo comma dell’articolo 67 delle disposizioni di attuazione del codice civile, amente del quale: “Qualora un’unità immobiliare appartenga in proprietà indivisa a più persone, queste hanno di-ritto a un solo rappresentante nell’assemblea, che è designato dai comproprietari interessati a normadell’articolo 1106 del codice”. La Suprema Corte di Cassazione ha poi avuto modo di precisare che l’articolo 67delle disposizioni di attuazione del Codice civile non autorizza a ritenere che per la valida costituzionedell’assemblea sia sufficiente la convocazione di uno solo dei comproprietari pro indiviso, essendo invece ne-cessario che essi siano tutti avvertiti al fine di indicare quale di essi li rappresenterà nell’assemblea.[6] Si veda in proposito la sentenza della suprema Corte di Cassazione 27 ottobre 2006 n. 23291.[7] In tal senso il sesto e settimo comma dell’articolo 67 delle disposizioni attuative del Codice civile specificanoche“L’usufruttuario di un piano o porzione di piano dell’edificio esercita il diritto di voto negli affari che attengonoall’ordinaria amministrazione e al semplice godimento delle cose e dei servizi comuni”.

Nelle altre deliberazioni, il diritto di voto spetta invece ai proprietari, salvi i casi in cui l’usufruttuario intenda avva-lersi del diritto di cui all’articolo 1006 del Codice civile (“Se il proprietario rifiuta di eseguire le riparazioni poste asuo carico o ne ritarda l’esecuzione senza giusto motivo, è in facoltà dell’usufruttuario di farle eseguire a propriespese. Le spese devono essere rimborsate alla fine dell’usufrutto senza interesse. A garanzia del rimborsol’usufruttuario ha diritto di ritenere l’immobile riparato”) ovvero si tratti di lavori od opere ai sensi degli articoli 985(“L’usufruttuario ha diritto a un’indennità per i miglioramenti che sussistono al momento della restituzione dellacosa. L’indennità si deve corrispondere nella minor somma tra l’importo della spesa e l’aumento di valore con-seguito dalla cosa per effetto dei miglioramenti. L’autorità giudiziaria, avuto riguardo alle circostanze, può dispor-re che il pagamento dell’indennità prevista dai commi precedenti sia fatto ratealmente, imponendo in questo ca-so idonea garanzia”) e 986 (“L’usufruttuario può eseguire addizioni che non alterino la destinazione economica

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della cosa. Egli ha diritto di toglierle alla fine dello usufrutto, qualora ciò possa farsi senza nocumento della cosa,salvo che il proprietario preferisca ritenere le addizioni stesse. In questo caso deve essere corrispostaall’usufruttuario un’indennità pari alla minor somma tra l’importo della spesa e il valore delle addizioni al tempodella riconsegna. Se le addizioni non possono separarsi senza nocumento della cosa e costituiscono migliora-mento di essa, si applicano le disposizioni relative ai miglioramenti. del codice. In tutti questi casi l’avviso di con-vocazione deve essere comunicato sia all’usufruttuario sia al nudo proprietario”).[8] L’ottavo comma dell’articolo 67 delle Disposizioni attuative del Codice civile prevede esplicitamente che: “Ilnudo proprietario e l’usufruttuario rispondono solidalmente per il pagamento dei contributi dovutiall’amministrazione condominiale”.

Autore: Massimo Pipino

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Amministratore di condominio: le nuove regole

Le novità sulla figuradell’amministratore condominiale inmateria di requisiti, revoca eformazione professionale così comesono state introdotte dalla legge diriforma del condominio entrata invigore nel 2013.

Tra le diverse novità che la tanto attesa riformadel condominio ha introdotto a partire dal giu-gno 2013, vi sono sicuramente quelle che hanno

interessato la figura tanto rilevante e tanto discussa dell’amministratore di condominio.

Innanzitutto la riforma del condominio [1] ha previsto, finalmente, requisiti molto precisi perché si possarivestire la carica di amministratore di un complesso condominiale.

È stato, infatti, previsto che possano assumere questo delicato incarico solamente i soggetti che possegganoben individuati requisiti di onorabilità. Il che significa che l’amministratore:

– deve godere dei diritti civili;

– non deve aver riportato condanne per delitti contro la pubblica amministrazione o control’amministrazione della giustizia o contro la fede pubblica o il patrimonio o per ogni altro delitto non colpo-so per la quale la legge preveda come sanzione la reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni e, nelmassimo, a cinque anni;

– non deve aver riportato misure di prevenzione definitive, di interdizione o di inabilitazione e non deve averavuto protesti.

Sono stati fissati, altresì, dei necessari requisiti di professionalità:

– possesso di diploma di scuola secondaria;

– frequentazione di un apposito corso di formazione e successivo svolgimento di attività di aggiornamentoformativo.

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La legge di riforma del condominio consente, poi, anche alle società (tranne le cooperative) di poter assume-re l’incarico di amministratore di condominio: in questo caso i requisiti sopra indicati devono essere posse-duti dai soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti incaricati di svolgere effetti-vamente le funzioni di amministratore condominiale.

La legge ha esonerato dalla necessità di possedere il diploma di scuola secondaria superiore e dall’obbligo difrequentazione di un corso di formazione, coloro i quali sono stati amministratori almeno per un anno nei treanni precedenti al 18 giugno 2013.

Quanto alla revoca dall’incarico di amministratore è previsto che chi sia stato nominato dopo l’entrata in vi-gore della nuova legge, se non è stato revocato espressamente dall’assemblea, è automaticamente rinnova-to nell’incarico per un ulteriore anno.

Infine, un ruolo fondamentale è stato attribuito alle associazioni professionali degli amministratori alle qua-li è stato affidato il compito di promuovere la formazione professionale degli iscritti, adottando anche un co-dice di condotta con la previsione di sanzioni disciplinari per le violazioni del medesimo.

Le associazioni dovranno poi aprire uno sportello informativo per gli utenti che avrà anche il compito dimediare eventuali contenziosi tra utenti – cittadini e singoli professionisti.

Una recentissima norma di legge [2] ha in conclusione previsto che un regolamento del Ministero della Giu-stizia stabilirà i requisiti necessari per poter svolgere l’attività di formazione nei confronti degli amministra-tori e i criteri, i contenuti e le modalità con cui dovranno svolgersi i corsi di formazione iniziale e periodicadi aggiornamento.

[1] Legge n. 220 del 2012.

[2] Legge n. 9 del 2014.

Autore: Angelo Forte

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Amministratore di condominio: quanto tempo dura l’incarico?

Il mandato ha durata di un anno, maalla scadenza del primo anno sirinnova automaticamente, mentre alsecondo serve una nuova nomina.

Ancora una conferma, da parte dei giudici,sulla durata dell’incarico dell’amministratoredi condominio: secondo il Tribunale di Ta-ranto [1] l’amministratore dura in carica unanno, ma alla scadenza del primo anno ilmandato si rinnova automaticamente perun altro anno, senza bisogno di conferme

esplicite; invece, alla scadenza del secondo c’è bisogno di una nuova nomina da partedell’assemblea che, dovendo manifestare espressamente la propria decisione, potrà scegliere seconfermare il precedente incarico o nominare un nuovo professionista. Se poi l’assemblea nondecide in merito neanche alla seconda scadenza si verifica quella che viene comunemente defini-ta “prorogatio imperii”, ossia una proroga provvisoria e urgente dell’incarico al precedente ammini-stratore in attesa della sua materiale sostituzione o riconferma.

Dunque alla scadenza del primo anno, l’amministratore non deve porre all’ordine del giornodell’assemblea la questione della sua riconferma e si limiterà a comunicare ai condòmini che il suomandato si è automaticamente rinnovato.Invece, alla scadenza del secondo anno, l’assemblea è chiamata, con una delibera esplicita, arinnovare il mandato all’amministratore. In tale sede i condomini devono decidere, a maggioranza,ed in modo formale ed espresso, se procedere o meno a una “nuova” nomina per lo stesso perio-do, cioè un anno con rinnovo automatico salvo revoca o dimissioni.

A tale conclusione erano già arrivati il tribunale di Milano e quello di Cassino. È questo quantorisulta all’esito della riforma del condominio [2] che ha modificato diverse norme del codice civiletra cui, appunto, quelle sulla durata dell’incaro dell’amministratore [3].

Quanto al quorum necessario, alla scadenza del secondo anno, per la riconferma o una nuovanomina, è necessaria maggioranza degli intervenuti e almeno 500 millesimi [4].

Secondo alcuni interpreti, le condizioni contrattuali con l’amministratore a seguito del rinnovo au-tomatico, ivi compreso il compenso a questi dovuto per la gestione, saranno le medesime di cuial precedente biennio. Nel caso in cui l’amministratore chiedesse un aumento la questione, limita-tamente al rapporto economico, sarà oggetto di ordine del giorno. L’eventuale voto negativo nondeve essere inteso quale diniego di rinnovo ma, semplicemente, quale mancato aumento. Il con-tratto, pertanto, continuerà ad essere valido alle condizioni precedenti.

Anche il tribunale di Cassino [5], come detto, ha aderito a tale orientamento varato ad ottobrescorso dal tribunale di Milano [6]. In tale sede, i giudici hanno chiarito che il rinnovo dell’incaricodell’amministratore è automatico alla scadenza del primo anno e non è nemmeno necessario chevenga posto all’ordine del giorno.

Il codice civile prevede [7], infatti, che l’incarico di amministratore ha durata di un anno e si in-tende rinnovato per eguale durata. Tale disposizione ha dato vita a tre interpretazioni:

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– secondo alcuni l’incarico è annuale e si rinnova di anno in anno sino a revoca, senza che vi sianecessità di espliciti rinnovi; il rinnovo è automatico salvo disdetta;

– una seconda interpretazione vede la durata dell’amministratore annuale con obbligo, però, diporre nuovamente all’ordine del giorno dell’assemblea, una volta all’anno, la questione sul rinnovoo meno dell’incarico;

– la terza tesi è quella di cui abbiamo parlato sopra e vede l’incarico rinnovarsi automaticamentealla scadenza del primo anno, senza bisogno di un’apposita conferma, conferma che però è ne-cessaria alla scadenza del secondo anno.

LA SENTENZATrib. Taranto Sez. II, Sent., 10/12/2015 COMUNIONE E CONDOMINIO Assemblea dei condo-mini (deliberazioni)L’incarico di amministratore dura un anno con rinnovo automatico e alla seconda scadenza occor-re nuova nominaLe deliberazioni dell’assemblea riguardanti la nomina e la conferma dell’amministratore hannocontenuto ed effetti giuridici eguali e differiscono soltanto nella circostanza che la conferma ri-guarda persona gia’ in carica mentre la nomina riguarda persona nuova.Dopo la novella legislativa, che nel raccordo tra l’art. 1135 I comma n. 1 c.c. e l’art. 1129 comma Xc.c. mostra di avere optato per un durata biennale dell’incarico, e’ stato reputato che la “conferma”si verifica quando, alla scadenza del secondo anno, l’assemblea ribadisca formalmente edespressamente la scelta con un atto (la conferma, appunto) che si sostanzia in una “nuova” nomi-na alle stesse condizioni del precedente contratto di mandato e per lo stesso periodo, che e’ quel-lo indicato dall’art. 1129 comma X c.c. cioe’ un anno con rinnovo automatico in difetto di disdetta.Viene precisato che anche per l’approvazione della deliberazione di conferma dell’amministratoredopo la scadenza del mandato, occorre un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli in-tervenuti ed almeno la meta’ del valore dell’edificio ex art. 1136 commi 2 e 4 c.c..

REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANOIl Tribunale di Taranto,seconda sezione civile, in composizione monocratica, nella persona delgiudice, dott.ssa Enrica Di Tursi, ha pronunciato la seguenteSENTENZAnella causa civile in I grado, iscritta al n. del R.G.C.7605-2009 riservata per la decisioneall’udienza del 16-07-15, promossadaF.A. e altritutti rappresentati e difesi dall’Avv.Patrizia Arcieri del Foro di Taranto ed Alfredo Paradi-si Gianni Brunetti, giusta mandato a margine dell’atto di citazione;ATTORI CONTROCONDOMINIO DI VIALE M.G. N. 110/112, T., rappresentato e difeso dall’Avv. Alessandra Lorus-so,come da mandato a margine della comparsa di costituzione;CONVENUTOSvolgimento del processo – Motivi della decisioneCon atto di citazione in rinnovazione dell’11-12-09, F.A. e altri,tutti condomini del fabbricato sito inT. al Viale M.G.,n. 110/132, convenivano in giudizio l’amministratorecondominiale,eccependo che la deliberazione assembleare del 13-11-09,che aveva provvedutosulla conferma dell’amministratore e dei consiglieri,sui bilanci consuntivi 2008 e preventivo 2009

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nonche’ sui lavori condominiali in corso e altri gia’ fatti e da fare ,doveva essere giudizialmenteannullata perche’ assunta contra legem.Stabilito il contraddittorio si costituiva in giudizio il Condominio convenuto ,che eccepita in rito lanullita’ della citazione rinnovata per mancato rilascio al difensore di un nuovo mandato,respingevanel merito le ragioni avverse,adducendo anche che la materia del contendere doveva ritenersicessata quanto alla conferma dell’amministratore condominiale e dei consiglieri dato chel’assemblea dei condomini,con Delib. 17 febbraio 2010,non impugnata,li aveva tutti confermati nelrispettivo incarico.Acquisita agli atti varia e pertinente documentazione, la causa veniva assegnata in decisionenell’udienza del 16-07-15 sulle conclusioni in atti.Preliminarmente occorre rilevare che va respinta in via pregiudiziale l’eccezione di parte convenu-ta relativa alla nullita’ dell’atto di citazione in rinnovazione per carenza di nuovo mandato al difen-sore che l’ha sottoscritta.Invero,posto il fatto documentato e pacifico dell’esistenza di valido mandato in capo al difensoreche ha spiccato il primo atto di citazione poi caducato,si ritiene che per il nuovo atto di citazionenon si debba da quel difensore conseguire dalla parte nuova delega difensiva: cio’ per la valenzaintrinseca del primo mandato,che ,si ritiene,deve restare indenne e valido a prescindere dallaeventuale compromissione processuale dell’atto su cui esso e’ steso ,essendo autonomo e distin-to da questo per la sua propria destinazione funzionale.A tale proposito si condivide l’orientamento della Suprema Corte che ha statuito che “La procuraspeciale validamente rilasciata a margine od in calce ad un atto di citazione dichiarato nullo, nonviene travolta dalla invalidità di tale atto ma, coerentemente con le esigenze di speditezza del pro-cesso civile, conserva una sua specifica identità negoziale ed una sua autonomia logica e giuridi-ca, desumibili anche dalla varietà delle modalità di conferimento indicate nell’art. 82 c.p.c. , non-ché dal rilievo che, dal mero dato della localizzazione della procura, non può farsi derivare il re-stringimento degli ampi poteri che con essa la parte conferisce al difensore, estesi al compimentodi tutte le attività volte al conseguimento della tutela giudiziaria, e dunque inerenti non solo alcompimento degli atti introduttivi ma anche alla conduzione e prosecuzione del giudizio, ivi com-presa, ove necessario, la rinnovazione della citazione nell’ipotesi di nullità oltre che la definizionedella lite”(Cassazione civile, sez. I, 28/04/2010, n. 10231 ; in tal senso tale principio era stato gia’ribadito da Cass. 11 agosto 2004 n. 15498,che ha statuito che la procura speciale validamente ri-lasciata a margine od in calce ad un atto di citazione dichiarato nullo, non viene travolta dalla inva-lidità di tale atto ma, coerentemente con le esigenze di speditezza del processo civile, conservauna sua specifica identità negoziale ed una sua autonomia logica e giuridica, desumibili anchedalla varietà delle modalità di conferimento indicate nell’art. 82 c.p.c. , nonché dal rilievo che, dalmero dato della localizzazione della procura, non può farsi derivare il restringimento degli ampi po-teri che con essa la parte conferisce al difensore, estesi al compimento di tutte le attività volte alconseguimento della tutela giudiziaria, e dunque inerenti non solo al compimento degli atti intro-duttivi ma anche alla conduzione e prosecuzione del giudizio, ivi compresa, ove necessario, la rin-novazione della citazione nell’ipotesi di nullità oltre che la definizione della lite; da tale indirizzo siera distaccata più recentemente Cass. 12 luglio 2006 n. 15879).Va poi dichiarata la cessazione della materia del contendere sulla conferma dell’amministratore edei consiglieri condominiali atteso che, la parte convenuta ha dedotto e provato documentalmenteche l’assemblea condominiale del 17-02-10 ha confermato nelle rispettive cariche quei medesimisoggetti considerati nella deliberazione impugnata.Poiche’ tale ultima e nuova deliberazione non e’ stata impugnata e’ di piena evidenza che ogniprovvedimento del giudice al riguardo sarebbe ultroneo ,essendosi composto definitivamente fra leparti il contrasto che ne aveva sollecitato l’intervento.La domanda attrice e’ per il resto fondata in parte e accolta per quanto di ragione.Invero, fermo quanto sopra a proposito del punto 1) dell’ordine del giorno relativo alla deliberazio-ne impugnata sulla nomina dell’amministratore e dei consiglieri e preso atto che i punti 5) e 6) del-lo stesso sono stati rimessi a deliberazioni successive, resta da rilevare de plano che l’assemblea

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condominiale del 13-11-09 ha deliberato del tutto contra legem sull’approvazione dei bilanci con-suntivi 2008 e preventivi 2009.Occorre premettere che non e’ fondato l’assunto del convenuto circa l’approvazione successiva ditali bilanci nell’assemblea condominiale del 28-05-10 ,il cui verbale non attesta alcunche’ in propo-sito :in particolare nulla si dispone e decide in ordine alla relazione al bilancio consuntivo del 2008e del preventivo 2009. Per quanto concerne l’anno 2009, certamente nella delibera del 2010 si at-testa espressamente che” il presidente propone di approvare il rendiconto 2009 a condizione chevenga rimodulato e corretto lo stato di riparto rendiconto 2009 con dei rilievi che sono stati espo-sti..” ..allegare al punto”a” che faranno parte del consuntivo 2009,gli allegati A e B del presenteverbale con le correzioni apportate…””il tutto verra’ distribuito a tutti i condomini insieme al verbaledella commissione”,procedendosi cosi’ all’approvazione del consuntivo 2009 con una maggioran-za di mm 367,con una alquanto generica, confusionaria ed incomprensibile approvazione di unconsuntivo che di fatto rinvia ad una ulteriore e futura correzione e determinazione ,non potendopercio’ solo ritenersi sanante e soddisfacente della mancata approvazione di quel preventivo 2009della prima delibera impugnata del 13-11- 09,della cui mancata approvazione si da’ implicitamenteatto .Per quanto concerne la delibera impugnata surrichiamata si osserva che e’ di immediata evidenzail vizio che li inficia,in quanto la schematica e scarna enunciazione solo nominale dei bilanci,conuna totale ed assoluta mancanza delle voci di spesa non riportate negli stessi tradisce l’assenza ela particolare funzione di essi, impedendo ai condomini di rendersi conto di quali state le fatture ele spese effettivamente pagate nell’anno di riferimento.Infatti non vi e’ alcun cenno nei verbali dei termini contabili di essi, che sono essenziali per darconto agli interessati delle spese pregresse e di quelle future onde metterli, di fatto ed in concreto,in grado di vagliare la correttezza contabile del bilancio anche rispetto alla ripartizione, gia’ fatta oda fare, fra gli obbligati degli esborsi,elencati e motivati e quindi di comprendere la situazione con-tabile e finanziaria del Condominio.Fondatamente parte attrice ha rilevato che “un consuntivo di chiusura di un esercizio finanziarionon puo’ prescindere dalle singole voci di spesa,dall’esatta indicazione dei totali delle uscite edell’entrate ,da una chiara ripartizione che consenta a ciascun condomino di poter concretamenteed facilmente rendersi conto di tutte le somme maneggiate dall’amministratore in un anno di ge-stione”…, non distinguendosi cosi’ “le spese condominiali che l’amministratore avrebbe dovuto ri-partire tra tutti i condomini ,dalle spese personali che lo stesso avrebbe dovuto addebitare in viaesclusiva al singolo beneficiario”.Tale circostanza non puo’ che invalidare sotto tale punto delibera impugnata attenendo proprio al-la stessa funzione essenziale del bilancio.Peraltro, non si puo’ non evidenziare che la deliberazione e’ anche approssimativa perche’, in vio-lazione del diritto degli interessati al controllo della sua regolarita’ e legittimita’ , in essa non sifa’un esaustivo e chiaro cenno, nel relativo verbale, al valore delle singole quote millesimali deicondomini e dei nominativi di coloro che l’hanno approvata ,rendendo cosi’ di fatto,oltremodo diffi-cile ai condomini l’effettivo controllo sulla rilevanza effettiva dellamaggioranza prevista dalle norme di assenti o al valore delle rispettive quote(Cassazione civile,sez. II, 10/08/2009, n. 18192;Cassazione civile 31 marzo 2015 n. 6552 sez. II).Andando al caso concreto,premesso come summenzionato, l’estrema genericita’ e approssima-zione della redazione del verbale in esame, per quanto concerne il valore delle singole quote mil-lesimali dei condomini e dei nominativi di coloro che l’hanno approvata essi, se pur non in modoagile ed evidente, si possono ricavare “per differenza”. Infatti nella prima pagina del “Verbale delGiorno 12/13.11.2009 risultano riportati i nomi dei condomini presenti (con una parentesi ed una“d” affianco ad alcuni di essi,intendendosi,verosimilmente ,quelli con delega anche non risultachiaramente a quale condomino sia stata conferita la delega)e le quote millesimali dei predet-ti,risultano poi menzionati i condomini che si sono dissociati (N., D.C., B.) e la somma delle loroquote millesimali(mm79) nonche’ la somma delle quote millesimali dei condomini che hanno ap-provato la delibera(mm 481).

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La Suprema Corte in tema di delibere condominiali ha anche statuito che non è annullabile la deli-bera il cui verbale, ancorché non riporti l’indicazione nominativa dei condomini che hanno votato afavore, tuttavia contenga, tra l’altro, l’elenco di tutti i condomini presenti, personalmente o per de-lega, con i relativi millesimi, e nel contempo rechi l’indicazione, nominativa, dei condomini che sisono astenuti e che hanno votato contro e del valore complessivo delle quote millesimali di cui gliuni e gli altri sono portatori, perché tali dati consentono di stabilire con sicurezza, per differenza,(quanti e) quali condomini hanno espresso voto favorevole ed il valore dell’edificio da essi rappre-sentato, nonché di verificare che la deliberazione stessa abbia in effetti superato il quorum richie-sto dall’art. 1136 c.c.(Cassazione civile, sez. II, 19/11/2009, n. 24456).Sicche’ solo sotto tale aspetto la condizione richiesta dalla legge,se pur con le riserve ed osserva-zioni surrichiamate, puo’ dirsi rispetta.Con riferimento ai punti 2-3-4 dell’ordine del giorno relativo alla deliberazione impugnata e’ agevo-le rilevare come da verbale in atti che al riguardo l’assemblea non ha proprio deliberato: infatti sutali punti vi sono state soltanto sommarie informazioni date dall’amministratore ai condomini, sen-za che costoro abbiano, nel contesto espresso alcuna volonta’ deliberativa di approvazione e di-sapprovazione di essa.Tale circostanza emerge chiaramente da una lettura della predetta delibera in cui l’Amministratoreutilizza i termini “Rende edotta”; da’ lettura”; mette a conoscenza”.Peraltro, anche in relazione agli atti ingiuntivi per i quali “l’Assemblea delibera di fare” in relazioneai pagamenti insoluti dei Sigg. G. e D.C.,trattasi di delibera del tutto generica non fornendo alcundato significativo che consenta di determinare quale siano questi pagamenti insoluti e la loro enti-ta’.Per quanto concerne l’ipotizzata esistenza di conflitto di interessi tra i condomini deleganti e con-siglieri delegati si premette che essa non puo’ essere dedotta come una mera ipotesi astratta madeve essere identificata in concreto una sicura divergenza tra le ragioni personali del condomino el’interesse istituzionale comune ,peraltro tale questione puo’ ritenersi assorbita dalle considerazio-ni suesposte. Peraltro,le maggioranze necessarie per approvare le delibere sono inderogabilmen-te quelle previste dalla legge in rapporto a tutti i partecipanti ed al valore dell’intero edificio,sia aifini del conteggio del quorum costitutivo sia di quello deliberativo,compresi i condomini in potenzia-le conflitto di interesse con il condominio i quali possono (non debbono) astenersi dall’esercitare ildiritto di voto. Quanto alle spese, si evidenzia che il Condominio convenuto e’ da ritenersi soc-combente virtuale in riferimento alla rilevata cessazione della materia del contendere dato che,contrariamente al suo assunto, si ritiene che per la riconferma degli incarichi agli organi condomi-niali non basti la maggioranza di cui al 3 co dell’art. 1136 c.c.Si osserva che l’interpretazione maggioritaria degli art. 1135 e 1136 c.c. prima della novella e’ nelsenso che le deliberazioni dell’assemblea riguardanti la nomina e la conferma dell’amministratorehanno contenuto ed effetti giuridici eguali e differiscono soltanto nella circostanza che la confermariguarda persona gia’ in carica mentre la nomina riguarda persona nuova. Anche perl’approvazione della deliberazione di conferma dell’amministratore dopo la scadenza del mandato,occorre,pertanto,un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno lameta’ del valore dell’edificio ex art. 1136 comma 4 c.c. , (in tal senso Cass. 1978,n.3797;1978,n.2445), maggioranza questa non rinvenuta pero’ nella delibera impugnata.In entrambi i casi e’ infatti necessario che l’amministratore riceva un’ampia fiducia da parte deicondomini per l’espletamento dell’incarico(Cass. II 1994,n. 4269), ben potendo, del resto, venirmeno per condotte successive dell’amministratore, proprio quell’elemento fiducia iniziale.Alla luce di tali considerazioni questo giudice aderisce all’orientamento giurisprudenziale suindica-to secondo cui la disposizione dell’art. 1136 comma 4 c.c. che richiede per la deliberazionedell’assemblea del condominio di edifici riguardante la nomina o la revoca dell’amministratore lamaggioranza qualificata di cui al comma 2 è applicabile anche per la deliberazione di confermadell’amministratore dopo la scadenza del mandato(Cassazione civile, sez. II, 04/05/1994, n.4269).

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Per completezza si evidenzia, inoltre che la conferma,dopo la novella legislativa, che nel raccordotra l’art. 1135 Ic.n. 1 c.c. e l’art. 1129 c .X c.c. mostra di avere optato per un durata biennaledell’incarico e’ stato reputato che la “conferma” si verifica quando, alla scadenza del secondo an-no l’assemblea ribadisca-formalmente ed espressamente -la scelta con un atto (la conferma) chesi sostanzia in una “nuova”nomina alle stesse condizioni del precedente contratto di mandato eper lo stesso periodo, che e’ quello indicato dall’art. 1129 ,Xc.c.c. cioe’ un anno con rinnovo auto-matico in difetto di disdetta.Posto quanto sopra, considerato che l’ente convenuto soccombe anche sulla questione pregiudi-ziale di nullita’ della citazione in rinnovazione ma non anche sulla mancata indicazione nel verbaledel novembre 2009 dei nominativi dei condomini e delle loro quote millesimali e tenuto altresi’ con-to del contrasto giurisprudenziale in materia di conferma di amministratore , si ritiene di compen-sare le spese processuali al 40% tra le parti e di porle per il resto a carico dell’ente predetto e siliquidano come da dispositivo che segue.P.Q.M.Il Tribunale di Taranto, seconda sezione civile , dott.ssa Enrica Di Tursi, sentiti i procuratori delleparti nelle loro conclusioni, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione,decidendo sul-la domanda di F.A. e altri nei confronti del Condominio sito in T. al Viale M.G.,n.110/132 propostacon atto di citazione del 14-12-09,cosi’ provvede:dichiara cessata la materia del contendere sul punto n. 1) dell’ordine del giorno relativo alla delibe-ra impugnata circa la conferma dell’amministratore condominiale e dei consiglieri; accoglie la do-manda attrice per quanto di ragione e per l’effetto annulla la deliberazione condominiale impugna-ta laddove approva il bilancio consuntivo 2008 e preventivo 2009; compensa le spese al 40% e lepone per il resto a carico della parte convenuta liquidate in Euro 62,40 per esborsi ed Euro2768,00 per compensi professionali,oltre accessori come per legge.Così deciso in Taranto, il 4 dicembre 2015. Depositata in Cancelleria il 10 dicembre 2015

[1] Trib. Taranto sent. del 10.12.2015.[2] L. 220/2012.[3] Artt. 1135 e 1129 cod. civ.[4] Art. 1136 co. 4, cod. civ.[5] Trib. Cassino decr. n. 1186/16 del 21.01.2016.[6] Trib. Milano, ord. del 7.10.2015.[7] Art. 1129 cod. civ.

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Revoca dell’amministratore di condominio: anche senza giusta causa

L’assemblea è libera di anticipare lafine del mandato; al professionistaspetta però tutto il compensopattuito.

Per revocare l’amministratore di condominionon c’è bisogno di fornire spiegazioni o mo-tivazioni. La legge [1], infatti, stabilisce chel’assemblea può revocare l’amministratorein qualsiasi momento, anche nel corso delmandato, e con la stessa maggioranza pre-vista per la sua nomina (maggioranza degliintervenuti, e almeno 500 millesimi).

La revoca può avvenire anche senza una giusta causa: un recesso in tronco che non necessita diun comportamento necessariamente colpevole da parte dell’amministratore. In tali casi, però,l’amministratore ha diritto di ricevere il compenso per l’intero periodo del rapporto inizialmentepattuito. È anche possibile, almeno ipoteticamente, che l’amministratore revocato senza giustacausa si rivolga al Tribunale (e dapprima al condominio) pretendendo non solo il saldo del com-penso totale, ma anche il risarcimento di eventuali danni che potrebbe sostenere di aver subitoin seguito alla prematura conclusione del mandato a suo tempo ricevuto.

La revoca dell’amministratore può avvenire solo tramite una espressa volontà dell’assembea conle maggioranze sopra indicate. Tale regola non può essere derogata neanche dal regolamento dicondominio. L’amministratore revocato provvede a trasmettere tutta la documentazione in suopossesso riguardante il condominio da lui amministrato ai singoli condomini.

Inoltre, onde evitare che il condominio subisca un danno (si pensi ad esempio al mancato paga-mento dei contributi previdenziali del portinaio), l’amministratore revocato è obbligato a eseguirele attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni. Tutto ciò senza aver diritto, perqueste ulteriori attività, ad alcun compenso. Per evitare che il condominio resti privo di un organoesecutivo, la riforma [1] ha stabilito che l’assemblea, convocata e riunita per votare sulla revocadell’amministratore, deliberi in ordine alla nomina del nuovo amministratore.

Un’altra novità è la seguente: se il condominio non provvede alla nomina di un suo successore, lostesso amministratore dimissionario può rivolgersi al Tribunale chiedendo lui stesso che venganominato un nuovo amministratore.

La revoca dell’amministratore deve essere annotata (si tratta di uno dei quattro registri obbligatoriche deve avere il condominio) nell’apposito registro sul quale devono essere riportate, in ordinecronologico, le date di nomina e revoca di ciascun amministratore.

Come ottenere la revoca dell’amministratoreCi sono due strade per ottenere la revoca dell’amministratore.La prima, più lineare, è quella di votarla in assemblea (anche senza giusta causa) e con la mag-gioranza degli intervenuti, e almeno 500 millesimi.

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La seconda, più complessa, prevede che ci si possa rivolgere al Tribunale (anche senza esserepassati dall’assemblea) per ottenere la “revoca giudiziale”. Tuttavia tale soluzione è percorribilesolo in caso di comportamenti illeciti; è opportuno chiedere contestualmente la nomina di un nuo-vo amministratore.

Quando si può chiedere al tribunale la revoca dell’amministratore?:Tutte le volte in cui l’amministratore venga meno agli obblighi inerenti al proprio mandato.La legge indica delle ipotesi a titolo di esempio [1]. Si tratta di comportamenti che una volta postiin essere dall’amministratore comportano il venir meno del rapporto di fiducia in virtù del qualel’assemblea gli aveva affidato il mandato.

Le ipotesi di revoca1. l’omessa convocazione dell’assemblea per l’approvazione del rendiconto condominiale, il ripe-tuto rifiuto di convocare l’assemblea per la revoca e per la nomina del nuovo amministratore o ne-gli altri casi previsti dalla legge;

2. la mancata esecuzione di provvedimenti giudiziari e amministrativi, nonché di deliberazionidell’assemblea;

3. la mancata apertura ed utilizzazione del conto di cui al settimo comma;

4. la gestione secondo modalità che possono generare possibilità di confusione tra il patrimoniodel condominio e il patrimonio personale dell’amministratore o di altri condomini;

5. l’aver acconsentito, per un credito insoddisfatto, alla cancellazione delle formalità eseguite neiregistri immobiliari a tutela dei diritti del condominio;

6. qualora sia stata promossa azione giudiziaria per la riscossione delle somme dovute al condo-minio, l’aver omesso di curare diligentemente l’azione e la conseguente esecuzione coattiva;

7. l’inottemperanza agli obblighi di cui all’articolo 1130, numeri 6), 7) e 9);

8. l’omessa, incompleta o inesatta comunicazione dei dati di cui al secondo comma del presentearticolo.

Non è obbligatorio chiedere la convocazione dell’assemblea per ottenerne la revoca: per i compor-tamenti illegittimi, pertanto, anche il singolo condomino (e quindi da solo, senza bisogno di mag-gioranze o di numeri minimi) potrà rivolgersi direttamente al Tribunale competente. Quest’ultimoprovvederà con decreto motivato in camera di consiglio, sentito l’amministratore in contraddittoriocon il ricorrente. In due casi particolari ogni singolo condomino potrà però convocare direttamentel’assemblea (senza passare dall’amministratore): gravi irregolarità fiscali e mancata apertura delconto corrente condominiale.

Ciò che è cambiato con la recente legge di riforma, inoltre, è che ora il condomino che vuole otte-nere la revoca giudiziale dell’amministratore potrà limitarsi a chiamare in giudizio proprioquest’ultimo, senza doversi preoccupare di instaurare il contraddittorio, ritenuto prima necessarioda alcuni Tribunali, nei confronti di tutti i condomini.

[1] Art. 1129 cod. civ.

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Come l’amministratore deve convocare l’assemblea di condominio

Contestazioni sulla validità delladelibera per mancato invitoall’assemblea con l’ordine delgiorno: come mettersi al sicuro.

Non poche volte le assemblee di condomi-nio vengono contestate perchéla convocazione, da partedell’amministratore, è stata assente o fattasecondo forme non ufficiali. E questo per-ché, specie quando i rapporti tra le parti sifanno più stretti, si cerca di risparmiare sui

costi di spedizione, inviando gli avvisi della riunione con un sms, un’email, un foglio nella cassettadella posta o, addirittura, una raccomandata.In tutti questi casi, comunque, la materiale presenza del condomino in assemblea sana il difettodi convocazione, sicché quest’ultimo non potrebbe più contestare il vizio, salvo il deficit informa-tivo sui punti all’ordine del giorno sui quali non abbia potuto prendere una compiuta informazio-ne per esprimere un valido voto.

Ma come va comunicato l’avviso di convocazione? L’amministratore deve sempre prediligere si-stemi che possano garantire la prova dell’avvenuta comunicazione: e quindi ben venga, sicura-mente, la consueta posta raccomandata con avviso di ricevimento, che tuttavia è il sistema piùcostoso e anche più lento, che spesso non garantisce il rispetto dei tempi di informazione primadella riunione. Essa, però, dall’altro lato, offre la prova legale dell’invio della comunicazione.

Molto meglio far sì che i condomini si dotino di una posta certificata: in tal caso essi potranno ri-sparmiare sul costo delle raccomandate (che comunque graverebbe sempre ai proprietari), a fron-te di un servizio estremamente utile e riciclabile anche per svariati usi personali.Esistono poi dei gestori di posta certificata che, a fronte di un esiguo numero di PEC ricevute o in-viate in un anno, sono completamente gratuiti. In ogni caso, l’abbonamento annuale non supera le50 euro (ma ve ne sono anche di più economici).

Nel caso delle raccomandate l’amministratore dovrà curare la conservazione degli avvisi di rice-vimento, mentre nel caso della PEC quello delle email del gestore che certificano rispettivamentela spedizione e la consegna dell’email certificata.

La consegna a mani, con sottoscrizione “per ricevimento” da parte del destinatario, è sicuramen-te la forma più problematica per l’amministratore che, in tal caso, sarà costretto a bussare porta aporta ad ogni condomino e alle più disparate fasce di orario per poter essere ricevuto.

Alcuni condomini hanno adottato un sistema “misto”. L’amministratore immette nella cassetta del-la posta dei condomini l’avviso di convocazione, con onere da parte di questi di controfirmarlo perricevuta e immetterlo poi nella cassetta dell’amministratore. Per quanti non adempiono a tale in-combente, scatta poi la raccomandata ufficiale e, quindi, anche l’addebito dei costi postali.

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In ogni caso il codice civile [1] indica dei mezzi propri per le convocazioni: posta raccomandata,posta elettronica certificata, fax, o consegna a mano, pena l’invalidità delle delibere assunte pervizio di omessa convocazione. Tra l’altro, gli stessi mezzi, con le stesse accortezze, si possonoutilizzare per il successivo (e comunque obbligatorio) invio del verbale di assemblea.

La convocazione deve essere scritta e personale. Dunque non è sufficiente l’affissionedell’avviso nella portineria o in bacheca o nei locali di maggior uso comune o negli spazi a tal finedestinati neanche quando è obbligatoria come per la convocazione avente ad oggetto le modifica-zioni delle destinazioni di uso, per la quale è, comunque, previsto l’invio mediante lettera racco-mandata o equipollenti mezzi telematici [2].

Secondo la Cassazione [3] è irrilevante che un condomino, respingendo la raccomandata perve-nutagli nei termini, si sia posto in condizione di non poter conoscere la data di convocazione, inquanto ai fini della validità dell’assemblea è sufficiente che l’invito all’assemblea, indipendente-mente dalla sua effettiva conoscenza, sia stato regolarmente eseguito dall’amministratore [4].

Attenzione, comunque, alla raccomandata. Essa pone un problema non di poco conto. Se il con-domino ne contesti il contenuto, asserendo per esempio che nella busta non vi era, in realtà,l’avviso di convocazione o, comunque, mancavano dei fogli, spetta all’amministratore una (pres-soché impossibile) prova contraria [5]. In pratica, il mittente deve sempre provare il contenuto del-la raccomandata. Ecco perché, in questi casi, è sempre meglio utilizzare il sistema del foglio ripie-gato su sé stesso (cosiddetta “Raccomandata senza busta” o “in foglio”), perché evita contesta-zioni di tale tipo (la spiegazione su come fare è nell’articolo “Come spedire una raccomandatasenza busta”).

[1] Art. 66, comma 3, disp. att. cod. dic. per come modificato dalla legge 220/2012.[2] Art .1117 – ter, comma 2 cod. civ.[3] Cass. sent. n. 196/1970.[4] Cass. sent. n. 6863/1982.[5] Cass. sent. n. 4482/2015.

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Inerzia dell’amministratore di condominio: quale difesa

Negligenza dell’amministratore:quando agire per ottenere ilrisarcimento del danno subìto per lacondotta omissiva.

Non sono purtroppo pochi i casidi negligenza dell’amministratore di con-dominio che, con il proprio comportamentoinerte, causi danni ai condomini e, talora,anche a terzi. Ancor più spesso la censuramossa al professionista è quella di mancataesecuzione delle delibere assembleari,

compito che invece la legge [1] gli affida espressamente. Si tratta di uno dei compiti essenziali epiù rilevanti dell’incarico di amministratore e, perciò, è assai grave la condotta diquell’amministratore che non agisca, restando inerte, per dare sollecita esecuzione ai contenutidella delibera adottata dall’assemblea condominiale.

La legge stessa [2] prevede come reagire in tali circostanze stabilendo che, nel caso in cui nonvengano presi i provvedimenti necessari per l’amministrazione della cosa comune, o nei casi incui non venga eseguita la deliberazione presa dall’assemblea, ogni condomino può ricorrereal giudice che, a sua volta, potrà anche nominare, in sostituzione e se necessario, un altro ammi-nistratore.

In tal modo, quindi, la legge stessa prevede come far fronte all’inerzia colpevoledell’amministratore condominiale dando facoltà, anche ad un solo condomino, di ricorrereal tribunale affinché siano adottati i provvedimenti necessari per gestire il condominio.

La legge [3], inoltre, autorizza il singolo condomino, ma solo quando sia necessario provvedere aun’opera urgente (ad esempio: riparazione del tetto da cui sia imminente la caduta di calcinacci),ad anticipare le spese (di cui poi chiedere il rimborso delle quote spettanti agli altri condomini), perconto e nell’interesse del condominio intero e senza alcuna autorizzazione né dell’assemblea nédi un eventuale amministratore “distratto”.In tale ipotesi, il condomino avrà diritto al rimborso da parte degli altri condomini a condizione, siripete, che la spesa sia urgente, che sia stata necessaria per la manutenzione di beni comuni eche si possa, in qualche modo, dimostrarlo.

Ovviamente, in tutti i casi in cui l’inerzia dell’amministratore abbia prodotto un qualsiasi danno alcondominio (direttamente ai condomini o indirettamente perché subìto da terzi estranei che inten-dano rivalersi sul condominio), l’amministratore sarà tenuto a risarcire tale danno: si pensi, adesempio, ai maggiori danni che il ritardo dell’amministratore avrà prodotto su beni comuni che an-davano riparati, oppure ai danni che terzi estranei avranno subìto per il ritardo nelle opere di ma-nutenzione straordinaria già deliberate dall’assemblea.

[1] Art. 1130 Cod. civ.[2] Artt. 1105 e 1139 Cod. civ.[3] Art. 1134 Cod. civ.

Autore: Angelo Forte Autore immagine: 123rf.com

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L’ASSEMBLEA DEI CONDOMINI

Assemblea di condominio: quali maggioranze?

Nomina e revoca amministratore,spese ordinarie e straordinarie,installazioni e modifiche: eccoquanti condomini devono esserepresenti in assemblea e qualemaggioranza serve per la validitàdelle delibere.

Per la validità delle delibere assembleari ènecessario il rispetto di determinate maggio-ranze relative alla costituzione

dell’assemblea stessa e all’approvazione delle singole delibere.

In generale, se l’assemblea si riunisce in prima convocazione, sono valide le deliberazioni ap-provate dalla maggioranza degli intervenuti e con un numero di voti che rappresenti almeno lametà del valore dell’edificio.

Invece, in seconda convocazione, sono valide le deliberazioni approvate dalla maggioranza de-gli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno 1/3 del valore dell’edificio.

Vediamo nel dettaglio le maggioranze necessarie in base agli argomenti all’ordine del giorno suiquali l’assemblea condominiale deve deliberare. Il numero dei condomini e i valori millesimali indi-cati si riferiscono all’assemblea in seconda convocazione.

AMMINISTRATORE E CONSIGLIERI DI CONDOMINIO

– Nomina, riconferma, revoca e compenso dell’amministratore: 1/2 +1 degli intervenuti e almeno1/2 dei millesimi;

– nomina dei consiglieri di condominio: 1/2 +1 degli intervenuti e almeno 1/3 dei millesimi.

SPESE ORDINARIE E STRAORDINARIE

– Manutenzione ordinaria e piccole riparazioni: 1/2 +1 degli intervenuti e almeno 1/3 dei millesimi;

– manutenzione straordinaria e riparazione di notevole entità: 1/2 +1 degli intervenuti e almeno ½dei millesimi;

– preventivi spese ordinarie annuali: 1/2 +1 degli intervenuti e almeno 1/3 dei millesimi;

– preventivi spesa riparazione di notevole entità: 1/2 +1 degli intervenuti e almeno 1/2 dei millesi-mi;

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– ripartizione delle spese di riscaldamento tra i condomini dell’impianto contabilizzato: 1/2 +1 degliintervenuti e almeno 1/2 dei millesimi;

– approvazione rendiconto annuale consuntivo e preventivo 1/2 +1 degli intervenuti e almeno 1/3dei millesimi;

– costituzione di un fondo speciale per la manutenzione straordinaria 1/2 +1 degli intervenuti e al-meno 1/2 dei millesimi.

MODIFICHE

– modifica delle destinazioni d’uso delle parti comuni: 4/5 dei condomini e almeno 4/5 dei millesimi

– modifiche che incidono sui diritti soggettivi sulle parti comuni o di proprietà esclusiva: tutti i con-domini e il 100% dei millesimi;

– costituzione di una servitù a carico di tutto il condominio: tutti i condomini e il 100% dei millesimi;

– vendita o cessione di beni comuni: tutti i condomini e il 100% dei millesimi.

MODIFICHE E RETTIFICHE DEI MILLESIMI

– In generale modifica dei millesimi di proprietà: tutti i condomini e il 100% dei millesimi;

– modifica necessaria per correggere un errore: 1/2+1 degli intervenuti e almeno ½ dei millesimi;

– modifica nel caso di sopraelevazione, incremento di superfici o incremento o diminuzione di uni-tà immobiliari, che alterano per più di 1/5 il valore proporzionale anche di una sola unità immobilia-re: 1/2+1 degli intervenuti e almeno ½ dei millesimi.

INNOVAZIONI E INSTALLAZIONI

– Innovazioni per il miglioramento delle cose comuni: 1/2+1 degli intervenuti e almeno 2/3 dei mil-lesimi;

– innovazioni che possono creare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che nealterino il decoro architettonico, che rendano alcune parti dell’edificio inservibili all’uso o al godi-mento anche di un solo condomino: tutti i condomini e il 100% dei millesimi;

– sopraelevazione pregiudizievole per le condizioni statiche, per l’aspetto architettonico o che ar-rechi una notevole diminuzione di aria o di luce ai piani sottostanti: tutti i condomini e il 100% deimillesimi;

– installazione di fonti di energia rinnovabile: 1/2+1 degli intervenuti e almeno 1/2 dei millesimi;

– installazione di reti e impianti di comunicazione elettronica in fibra ottica: 1/2+1 degli intervenutie almeno 1/2 dei millesimi;

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– installazione di antenne centralizzate, paraboliche satellitari e impianti via cavo: 1/2+1 degli in-tervenuti e almeno 1/2 dei millesimi;

– interventi volti a migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti: 1/2+1 degli in-tervenuti e almeno 1/2 dei millesimi.

Per tutte le altre delibere per le quali la legge non prevede disposizioni specifiche sono previstele seguenti maggioranze: 1/2+1 degli intervenuti e almeno 1/3 dei millesimi.

Autore: Maria Monteleone

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L’avviso di convocazione dell’assemblea di condominio

Modalità di consegna dell’avviso diconvocazione, quanti giorni primava spedito, orario e luogo dellaconvocazione, ordine del giorno,varie ed eventuali, richiesta ditrattazione da parte dei condomini.

Condominio: l’avviso di convocazionedell’assemblea deve contenere una speci-fica indicazione dell’ordine del gior-no (O.D.G.) e va comunicato almeno cin-que giorni prima della data fissata per la

prima adunanza.Sulle modalità di convocazione dell’assemblea dei condomini si consumano spesso numero-se contestazioni che, spesso, vengono risolte solo dall’intervento del giudice (si ricorda, però, cheprima della causa in tribunale è necessario, attualmente, tentare la mediazione presso uno degliorganismi abilitati). Ecco perché è necessario puntualizzare alcune questioni onde evitare inutilicontenziosi.

ORARIO DELLA CONVOCAZIONEIn mancanza di una norma che disponga il contrario, non esistono limiti di orario alla convocazionedi un’assemblea condominiale purché tutti condomini siano messi in grado di partecipare; né lafissazione dell’assemblea in ora notturna può ritenersi completamente preclusiva della possibilitàdi parteciparvi.

DATA DELLA CONVOCAZIONENon esiste una data particolare in cui deve essere convocata l’assemblea ordinaria annuale. In al-cuni casi i regolamenti di condominio fissano un termine entro il quale l’amministratore dovrà ren-dere il conto della propria gestione e convocare l’assemblea. In genere appare logica la convoca-zione dell’assemblea in data successiva alla chiusura della gestione annuale, in modo chel’amministratore oltre a rendere il conto consuntivo, sia in grado di sviluppare un preventivo dispesa per l’anno successivo.

LUOGO DELLA RIUNIONEL’amministratore normalmente ha un proprio ufficio dove possono essere svolte le riunioni. In casodi condomini numerosi si è soliti prendere in affitto un locale per l’assemblea. Il locale deve essereidoneo a consentire a tutti i condomini di partecipare ordinatamente alla discussione. È nulla, equindi impugnabile anche dai condomini che vi hanno partecipato, la delibera condominiale se laconvocazione non indica il luogo della riunione.

PUNTI ALL’O.D.G., VARIE ED EVENTUALIIn assemblea non è possibile discutere punti non previsti nella convocazione.

Nelle “varie ed eventuali” possono essere affrontate solo materie da porre in discussione in unaprossima assemblea oppure aggiornamenti da parte dell’amministratore su attività in corso.

MODALITÀ DI CONVOCAZIONE

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Il modo più sicuro per convocare l’assemblea è quello della raccomandata; è consentita anche laraccomandata semplice, ma l’avviso di ricevimento è necessario qualora sorgano contestazionisull’effettivo ricevimento del plico.

La convocazione deve essere ricevuta dal condomino-proprietario (o inquilino) almeno 5 giorniprima della data di convocazione.

L’amministratore può scegliere di convocare i condomini anche a mezzo email, purché si trattidi posta elettronica certificata: in particolare si deve trattare di una Pec partita dall’indirizzo certi-ficato dell’amministratore e spedita all’indirizzo Pec del condominio.

Non è valida la spedizione da Pec a mail ordinaria (o viceversa). Altrettanto non è valida la spe-dizione da mail ordinaria a mail ordinaria, a meno che il condomino non dichiari, sottoscrivendodi proprio pugno la mail stampata, di averne preso visione (l’originale sottoscritto andrà consegna-to all’amministratore).

Stesso discorso per il caso di consegna della convocazione con avviso immesso nelle cassettedelle lettere a cura dell’amministratore: tale forma è valida solo se il condomino sottoscrive il foglioe lo riconsegna all’amministratore. Infatti, la “consegna a mano” presuppone la firma per ricevi-mento da parte del condomino o di un famigliare convivente.

Con la riforma si è reso possibile la notifica dell’avviso attraverso fax. In questo caso la prova del-la consegna nei termini è costituita dal report di trasmissione.

CONVOCAZIONE DELL’ASSEMBLEA DA PARTE DEI CONDOMINISe alcuni condomini vogliono discutere in assemblea una determinata questione possono farnerichiesta all’amministratore. Quest’ultimo, tuttavia, è obbligato a inserire la questione all’ordine delgiorno solo se l’istanza è stata sottoscritta da almeno due condomini che rappresentino un sestodel valore dell’edificio.

Decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, i condomini possono provvedere direttamente allaconvocazione.

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Condominio: chi può impugnare la delibera dell’assemblea?

Soggetti con legittimazione attiva aimpugnare in tribunale o inmediazione la decisionedell’assemblea di condominio:inquilino, padrone di casa, chi siallontana, chi vota contro, ecc.

Non sempre è facile individuare quale sog-getto può impugnare la deliberadell’assemblea di condominio e questoperché sono numerose le ipotesi che po-

trebbero configurarsi. Cerchiamo di analizzare tutti i possibili casi.

Chi può impugnare la decisione dell’assemblea?Innanzitutto per poter impugnare una delibera assembleare è necessaria la qualità di condomino.Quindi, colui che abbia firmato solo il compromesso non ha alcuna voce in capitolo.Inoltre, i condomini che possono impugnare la delibera sono:– quelli che erano assenti all’assemblea– o dissenzienti all’assunzione della delibera– o astenuti dal voto.

Secondo la Cassazione [1] ha diritto a impugnare anche il condomino che si è allontanatodall’assemblea, salvo che non abbia conferito delega ad altro soggetto che abbia votato a favoredella delibera.

Inquilino o padrone di casa, usufruttuario o nudo proprietario?Il condomino non proprietario dell’immobile non ha diritto a impugnare una delibera riguardantele spese straordinarie perché manca l’interesse concreto, in quanto tali oneri devono essere so-stenuti solo dal proprietario. Non contano né i vincoli di parentela tra chi abita un alloggio e chi neè titolare, né il fatto che il destinatario degli avvisi di convocazione dell’assemblea sia sempre sta-to chi vive nell’immobile. Quindi quando si trattano atti di straordinaria manutenzione, solo il nu-do proprietario dell’immobile ha diritto a partecipare all’assemblea e ad essere convocato. È quan-to ricordato questa mattina da una sentenza della Corte di Appello di Milano [2] (nel caso dispecie è stato negato il diritto a impugnare al condomino titolare del solo diritto di abitazione enon proprietario di un immobile, ma padre di questi).

Al contrario, l’inquilino può impugnare la delibera solo per quelle assemblee cui ha partecipato,aventi ad oggetto l’approvazione delle spese e delle modalità di gestione dei servizidi riscaldamento e di condizionamento d’aria [3].

Chi non può impugnare la delibera dell’assemblea?Non sono legittimati ad impugnare i condomini che:

– hanno votato a favore della delibera; in tal caso, il divieto di impugnare riguarda non solo la de-libera nei cui confronti non si sia dissentito, ma anche tutte quelle successive che ne costituisconouna conferma o una mera esecuzione della precedente;

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– non hanno partecipato all’assemblea ma hanno conferito delega, se il delegato ha votato a fa-vore della delibera;

– hanno aderito o accettato implicitamente irregolarità formali della delibera;

– nel caso di comproprietari che abbiano nominato un loro rappresentante in assemblea, qualoraquesti abbia votato a favore della decisione.

Non possono inoltre impugnare una delibera assembleare in quanto estranei al condominio:

– l’amministratore del condominio a meno che, eccezionalmente, non impugni l’invalidità delladelibera nell’interesse del condominio per contrastare la domanda giudiziale di un condomino fon-data sull’esistenza di quella delibera invalida;

– il condomino che ha venduto l’immobile dopo che si è perfezionato il trasferimento di proprietà,in quanto ha perso la qualità di condomino;

– il conduttore non validamente avvertito dal proprietario, per le assemblee cui ha diritto di voto(può solo esercitare un’azione di risarcimento danni nei confronti del proprietario);

– il nuovo acquirente di un immobile condominiale fino al momento della notifica (o comunque del-la notificazione) dell’avvenuto passaggio di proprietà [4].

[1] Cass. sent. n. 1208/1999.[2] C. App. Milano sent. n. 954/15.[3] Art. 10 L. 392/78, Cass. sent. n. 4588/1995.[4] Cass. sent. n. 1176/1980.

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Entro quanto impugnare una delibera di condominio?

Condominio, deliberedell’assemblea nulle o annullabili: itermini di impugnazione e didecadenza per agire in giudizio.

Le delibere dell’assemblea di condominiodevono essere impugnate entro 30 giorninel caso di vizio di annullabilità (v. megliosotto). Non ci sono termini invece nel casodi delibera viziata da nullità: l’azione di nul-lità, infatti, può essere proposta in qualun-que tempo, non ha cioè termini

di decadenza, salvo che la delibera stessa, nel frattempo, sia stata sostituita con altra priva di vizi(in tal caso non è più impugnabile).

AnnullabilitàLe delibere contrarie alla legge o al regolamento condominiale possono essere impugnate, sottopena di decadenza, entro il termine di 30 giorni (art. 1137 c. 2 c.c.), che decorre:

– per i dissenzienti e gli astenuti dalla data della delibera;

– per gli assenti, dalla data di comunicazione della delibera, cioè dal momento in cui ricevono ilverbale.

Si tratta di un termine perentorio di decadenza.

Il termine è soggetto alla sospensione feriale dei termini processuali dal 1° agosto al 31 agostodi ogni anno (in applicazione di quanto avviene in materia di impugnazione di delibere societarie).

Una volta decaduto il termine, la delibera non può più essere impugnata ed è valida ed efficace;essa produce pertanto i suoi effetti nei confronti di tutti i condomini, anche di quelli dissenzienti onon convocati che non hanno impugnato.

La decadenza dei termini va eccepita dal condominio entro e non oltre i termini di costituzionetempestiva: tale decadenza, infatti, non può essere rilevata d’ufficio dal giudice.

Quando la delibera è nulla?Sono nulle le delibere:

– prive degli elementi essenziali;– con oggetto impossibile o illecito (contrario all’ordine pubblico, alla morale o al buon costume);– con oggetto che non rientra nella competenza dell’assemblea;– che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognu-no dei condomini;– comunque invalide in relazione all’oggetto.

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Quando la delibera è annullabile?Sono considerate annullabili le delibere:

– affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali o regolamentari, attinential procedimento di convocazione o di informazione dell’assemblea;– genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione;– con vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea;– adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominia-le;– che violano norme che richiedono maggioranze qualificate in relazione all’oggetto.

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L’inquilino può partecipare e votare in assemblea di condominio?

Diritti del conduttore dipartecipazione all’assemblea,convocazione da partedell’amministratore, giorno e orario,usufruttuario.

Con la riforma del condominio, è stato defi-nitivamente consacrato il dirittodel conduttore (inquilino) a partecipareall’assemblea di condominio, almeno indeterminate materie in cui quest’ultimo può

essere interessato.

Il padrone di casa (locatore) resta competente in relazione a gran parte delle materie attribuitealla cognizione dell’assemblea condominiale, in quanto conserva pur sempre la disponibilità giuri-dica dell’immobile. Il condomino-conduttore, invece, può essere convocato in assemblea (inrappresentanza dell’unità immobiliare di cui ha il godimento) e può, in quella sede, esercitareil diritto al voto, solo in relazione ad un numero ristretto e specifico di materie: in particolare, ledelibere dell’assemblea condominiale relative alle spese e alle modalità di gestione dei servizidi riscaldamento e di condizionamento d’aria. Egli ha inoltre diritto di intervenire, senza diritto divoto, sulle delibere relative alla modificazione degli altri servizi comuni. Pertanto, spettaall’amministratore procedere alla convocazione dei conduttori. Nel caso di mancata convocazio-ne, l’inquilino ha diritto di impugnare la deliberazione entro 30 giorni dalla sua comunicazione.Spirato tale termine, non è più possibile impugnarla e la nullità si sana. I presenti in assemblea,pertanto, dovranno cautelativamente sospendere ogni discussione se fosse accertato chel’amministratore non ha proceduto alla convocazione. Il diritto di voto in capo ai conduttori potreb-be cambiare il quorum necessario per le approvazioni. Infatti, nel caso in cui un condominoavesse la proprietà di più unità immobiliari oggetto di locazione, aumenta il numero degli aventidiritto al voto solo per la parte del riscaldamento (quorum per teste). I millesimi, invece, riman-gono gli stessi. È stato ritenuto, in ogni caso, a carico del locatore, già prima della riforma, un ob-bligo di informazione relativamente alla convocazione dell’adunanza assembleare, il cui inadem-pimento legittima il conduttore a rifiutare il rimborso delle maggiori spese conseguenti a delibereassunte in sua assenza. Ma tale violazione, da parte del locatore, non dà al conduttore il diritto achiedere la risoluzione del contratto di affitto.

DIRITTI DELL’USUFRUTTUARIOQuanto all’usufruttuario di un piano o porzione di piano dell’edificio, egli ha il diritto di voto negliaffari che attengono all’ordinaria amministrazione e al semplice godimento delle cose e dei ser-vizi comuni.Nelle altre deliberazioni, il diritto di voto spetta ai proprietari, salvo alcune eccezioni [1].

[1] Si tratta dei casi in cui l’usufruttuario intenda avvalersi del diritto di cui all’articolo 1006 cod. civ. ovvero si trat-ti di lavori od opere ai sensi degli articoli 985 e 986 cod. civ. In tutti questi casi l’avviso di convocazione deve es-sere comunicato sia all’usufruttuario sia al nudo proprietario.

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Assemblea di condominio, deleghe e convocazione: come opporsi

Divieto di delega all’amministratoreper la partecipazione all’assembleacondominiale e limiti alle deleghead altri condomini: con la legge diriforma del condominio entrata invigore nel 2013 è stato previsto ildivieto alla possibilità da parte deicondomini di conferire delegheall’amministratore per lapartecipazione ed il voto in sede diassemblea condominiale e limitiprecisi alle deleghe a favore di altri

condomini.

Tra le più interessanti novità che la recente riforma del condominio ha introdotto a partire dal giu-gno 2013 [1], vi è sicuramente la modifica della normativa [2] che disciplina la possibilitàdi delegare altre persone alla partecipazione, e quindi, al voto, in sede di assemblea condominia-le.

Le nuove norme hanno confermato la possibilità per il condomino di farsi rappresentare in sede diassemblea condominiale, conferendo però necessariamente una delega scritta (in precedenzanon era obbligatoria la forma scritta dell’atto di delega).

Tale delega non può in nessun caso essere conferita all’amministratore condominiale. Nel casoin cui i condomini siano più di venti, il delegato non può rappresentare più di un quinto dei con-domini e dei millesimi.

Sono state espressamente previste diverse forme di trasmissione della delega al condomino de-legato: essa, infatti, potrà essere spedita via posta ordinaria (si consiglia la raccomandata peravere certezza della spedizione e della ricezione) oppure a mezzo di posta elettronica (moltomeglio se certificata) o anche a mezzo fax e, naturalmente, potrà sempre essere consegnata amani dal delegante al delegato.

Il regolamento condominiale può prevedere limiti più rigorosi al divieto di cumulo di dele-ghe (divieto di rappresentare più di un quinto dei condomini e dei millesimi nei condomini con piùdi venti proprietari). Invece sarà nulla la clausola del regolamento condominiale che dovesse pre-vedere limiti meno rigorosi di quelli fissati dalla legge.

Nel caso in cui una deliberazione sia stata adottata con il voto favorevole di un condomino cherappresentava altri condomini ma eccedendo i limiti fissati dalla riforma del condominio, tale deli-berazione si ritiene possa essere considerata annullabile, ma andrà impugnata entro trenta giornidalla sua adozione se il condomino impugnante era presente alla assemblea o dalla data in cui ladelibera gli è stata comunicata se era assente.

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La delibera resta valida se la maggioranza necessaria alla sua approvazione sarebbe stata co-munque raggiunta anche senza il voto favorevole di condomino o condomini forniti di deleghe ineccesso a quelle consentite.

Un’assemblea di condominio, convocata con un anticipo di a soli 5 giorni dalla tua tenuta,può essere valida? Nei 5 giorni sono da considerare anche i giorni festivi?L’avviso di convocazione contenente specifica indicazione dell’ordine del giorno deve essere co-municato almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza in prima convocazione.Si specifica che tale convocazione può avvenire non solo mediante posta raccomandata ma an-che fax, posta elettronica certificata o consegna a mano. Può comprendere i giorni festivi e, segiunta cinque giorni prima, è correttamente inviata.

[1] Legge n. 220 del 2012.[2] Art. 67 delle disp. att. cod. civ.

Autore: Angelo Forte

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IL REGOLAMENTO DI CONDOMINIO

Condominio: la mancata approvazione del regolamento assembleare

In caso di mancataapprovazione delregolamento di naturaassembleare, icondomini possonorivolgersi al giudiceper la suaapprovazione?

Nel caso in cui i condominisiano più di dieci,l’assemblea deve adottareun regolamento di condomi-

nio [1].

Nel caso di comprovata inerzia dell’assemblea o di mancato raggiungimento delle maggio-ranze richieste, dunque, ciascun condomino può ricorrere all’autorità giudiziaria, predisponendouna bozza di regolamento.

Per quanto riguarda le tabelle millesimali, invece, la giurisprudenza di merito ha ritenuto che sene possa ottenere la formazione in via giudiziale anche nei condomìni con meno di dieci condomi-ni: ciascun condomino può agire per la formazione giudiziale di tabelle millesimali che riflettanol’effettivo rapporto tra i valori delle diverse unità immobiliari di cui si compone l’edificio condominia-le [2].

[1] Art. 1138 cod. civ.[2] C. App. Palermo sent. del 22.03.2011.

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Regolamento condominiale: il costruttore non può riservarsi di redigerlo dopoi rogiti

Nulla la clausolacontrattuale con la qualeil costruttore si riserva lafacoltà di redigere ilregolamento dicondominio dopo lavendita degliappartamenti.

Condominio: è nulla la clauso-la contenuta nel contratto divendita di un immobile con cuiil costruttore dell’edificio si ri-

serva il diritto di redigere, in un momento successivo al rogito, il regolamento condominiale. Nonavrebbe, infatti, alcuna efficacia tale regolamento redatto, dal medesimo costruttore, dopo la ven-dita dell’appartamento.

Da ciò discende un ulteriore e importante effetto: se il costruttore, in tale regolamento, si riservala proprietà esclusiva di alcune parti dell’edificio che, invece, di norma, sono in comunione (peres.: aree all’aperto, lastrico solare, ecc.) tale riserva non ha alcun effetto nei confronti degli acqui-renti.

Lo ha stabilito la Cassazione con una recente sentenza [1].

In pratica, quanto sostiene la Cassazione è che la riserva di proprietà, effettuata dal costruttoresu parti dell’edificio che, di norma, rientrano nella comunione di tutti i condomini, dev’essere fattaprima della cessione della prima unità immobiliare. Superato, infatti, tale momento, sarebbeinefficace ogni riserva e, quindi, anche il regolamento di condominio.

Dottrina e giurisprudenza [2] ritengono possibile che l’originario costruttore possa riservarsi la fa-coltà di redigere, autonomamente, il regolamento condominiale. In tal caso (come quello in cui ilregolamento sia stato sottoscritto e votato, all’unanimità, da tutti i condomini) si parla di “regola-mento contrattuale”.

Inoltre, proprio perché approvato dall’unanimità, il regolamento contrattuale può contenere limita-zioni ai diritti dei singoli condomini sulle parti di loro proprietà esclusiva e sulle parti in comunione.In buona sostanza il regolamento contrattuale può rappresentare quel “titolo” in grado di far veniremeno la condominialità di un bene [3].

Perché il regolamento sia pienamente valido ed efficace nei confronti degli acquirenti degli appar-tamenti è necessario che esso già esista al momento della stipula del primo contratto di compra-vendita. Infatti, il regolamento può essere vincolante solo a condizione che ven-ga richiamato ed approvato nei singoli atti di acquisto solo rispetto a quanti hanno acquistatoappartamenti dopo la sua redazione, ma non anche per coloro che abbiano acquistato prima della

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predisposizione del regolamento stesso. E ciò vale anche se, nell’atto di acquisto, sia posto a lorocarico l’obbligo di rispettare il regolamento da redigersi in futuro.

Pertanto è nulla la clausola che dà mandato al costruttore di redigere il regolamento in un mo-mento successivo alle vendite.

Vi è però una sola eccezione: il regolamento può vincolare l’acquirente solo se, dopo la sua reda-zione, quest’ultimo vi presti adesione, confermandolo e approvandolo espressamente.

[1] Cass. sent. n. 8606/14 dell’11.04.2014.[2] Cass., SS.UU., sent. n. 943/1999.[3] Da considerarsi tale ex art. 1117 c.c. o comunque per la sua destinazione e funzione (sul concetto di condo-minialità e presunzione di condominialità ex art. 1117 cod. civ. cfr. Cass., SS.UU., sent. n. 7449/93).

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TABELLE MILLESIMALI

Tabelle millesimali: approvate a maggioranza e non più all’unanimità

Non è più richiestal’unanimità dei consensiper l’approvazione da parte

dell’assembleacondominiale delle tabellemillesimali.

La Cassazione, con la recentesentenza di maggio 2013 [1], haconfermato il principio di dirittogià stabilito dalle Sezioni Uni-te [2] nel 2010 e cioè che è legit-tima l’approvazione delle tabelle

millesimali a maggioranza degli intervenuti in assemblea che rappresenti almeno la metà delvalore dell’edificio.

È sufficiente, quindi, che all’assemblea condominiale partecipino la maggioranza dei condomini,non essendo più richiesta la presenza di tutti, e che detta maggioranza rappresenti almeno il 50%del valore dell’edificio.

La suddetta sentenza, di fatto, pone le basi per il permanere di questo orientamento anche per ilperiodo successivo all’entrata in vigore della riforma del condominio nel prossimo mese di giugno.Infatti, la legge di riforma della materia condominiale prevede [3] che le tabelle millesimali possa-no essere modificate anche nell’interesse di un solo condomino e con un numero di voti cherappresenti la maggioranza degli intervenuti in assemblea e la metà del valore dell’edificio.

[1] Cass. sent. n. 11387 del 13 maggio 2013.[2] Cass. sent. Sez. Un. n. 18477 del 9 agosto 2010.[3] Art. 23 della Legge 11 dicembre 2012 n. 220 sulla riforma del condominio.

Autore: Nicola Angelo Rondinelli

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Pulizia scale: quale tabella per le spese condominiali?

In quale tabella va inserita la puliziadelle scale?

Circa il criterio per ripartire, in condominio,le spese per la pulizia delle sca-le (indifferentemente dalla presenza o menodi un ascensore nel palazzo), la giurispru-denza ha elaborato diversi criteri: da ultimosi è ritenuto che debba applicarsi in manieraintegrale il criterio dell’altezza del piano[1]. Ove si decida di adottare questo tipo diriparto, occorrerà predisporre un’apposita

tabella di ripartizione delle spese per la pulizia e l’illuminazione del vano scale. In buona sostan-za, quando l’amministratore dovrà ripartire i costi per la pulizia e/o l’illuminazione delle scale, nondovrà far riferimento alla normale tabella dei millesimi in base alla quale ripartisce le altre spesecomuni dell’edificio, ma dovrà utilizzare questa seconda tabella ove chi abita ai piani più alti pa-gherà di più di chi, invece, abita al primo o secondo piano. La progressione nella ripartizione deglioneri condominiali è, appunto, correlata all’altezza del piano.

[1] Cass. sent. n. 432/2007.

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Condominio: divisione delle spese se mancano le tabelle millesimali

La ripartizione delle spese in unedificio con o senza tabelle: è ilgiudice che deve decidere.

Come si dividono le spese di condomi-nio se l’assemblea non ha mai deliberatole tabelle millesimali? Il chiarimento pro-viene da una sentenza del-la Cassazione pubblicata ieri [1]. In tali ca-si, spetta al Giudice stabilire i criteri di ripar-tizione delle spese condominiali, seguendole norme di legge in materia.

Non è la prima volta che la Corte afferma tale principio. Già in passato [2] i giudici supremi aveva-no precisato che, in tema di riparto delle spese condominiali, se non è possibile fare riferimento aduna tabella millesimale approvata da tutti i condomini, il singolo abitante non può sottrarsi dal pa-gamento della rispettiva quota; quindi, nel caso agisca presso un Tribunale spetterà al giudicestabilire se la pretesa avanzata dal Condominio sia conforme ai criteri di ripartizione che, determi-nati in base ai valori delle singole quote di proprietà, sono delineati dalla legge.

In tal caso il giudice dovrà determinare, anche senza una specifica richiesta della parte, i valori dipiano o porzioni di piano espressi in millesimi. Questo principio è posto per assicurare che lecondizioni di corretta gestione dello stabile, anche senza una valida tabella millesimale, siano os-servate e affinché non si legittimino situazioni di sottrazione dall’obbligo di contribuire alle spesecondominiali.

La ripartizione della spesa proporzionaleLa legge prevede due regole per la ripartizione delle spese: la regola di ripartizio-ne proporzionale e quella della ripartizione secondo utilizzo.

La ripartizione proporzionale è quella che viene effettuata attraverso le cosiddette tabelle mille-simali. La conservazione e la gestione delle parti comuni, il funzionamento dei servizi condominia-li e le innovazioni deliberate comportano delle spese che i condomini sono tenuti a sopportare inproporzione al valore della loro proprietà.Ciò in considerazione della circostanza che ciascuna unità immobiliare ha un valore diverso rispet-to all’intero edificio.È comunque fatta salva una diversa volontà dei condomini.

Il valore della proprietà di ciascuno è determinata dai millesimi posseduti, secondo la tabella mil-lesimale generale del condominio.Sta al singolo proprietario di una unità immobiliare dimostrare la scorrettezza della ripartizione permillesimi di valore dei costi per la manutenzione di un bene comune del quale egli, in concreto nonritiene di poterne usufruire.

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La ripartizione secondo l’utilizzoPoiché non tutte le cose comuni sono in concreto destinate a servire tutti i condomini in ugualemisura, la legge prevede, salvo sempre un diverso accordo, per i due seguenti casi un criterio di-verso da quello della ripartizione proporzionale:

– se si tratta di parti comuni destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ri-partite in proporzione all’uso che ciascuno può farne. Ad esempio, si pensi consumo dell’acquapotabile, alle scale e agli ascensori;

– se invece un edifico è dotato di più scale, cortili, lastrici, opere ed impianti destinati a servire solouna parte dell’edificio stesso le spese sono poste a carico di chi ne trae utilità. Ad esempio, sipensi al lastrico solare che copra solo alcuni appartamenti e non altri.

Tali spese non possono dunque essere poste a carico dei condomini che non ne traggono utilità.

LA SENTENZA

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 9 dicembre 2015 – 27 gennaio 2016, n. 1548Presidente Mazzacane – Relatore OricchioConsiderato in fattoC.M. , condomino dell’edificio di via (omissis) opponeva, con rituale citazione, il D.I. provvisoria-mente esecutivo n. 253/2001 emesso dal Tribunale di Roma.Con tale provvedimento monitorio veniva ingiunto il pagamento della somma di L. 21.251.202 as-seritamente dovuta per oneri condominiali inevasi.Il C. chiedeva l’annullamento e la revoca dell’opposto D.I. in quanto emesso in base a pretesacreditoria del Condominio non fondata su dati certi e sulla esistenza di tabelle millesimali approva-te.Costituitosi in giudizio l’opposto Condominio si opponeva alla domanda dell’opponente e chiedevail rigetto dell’opposizione.Con sentenza n. 253/2002 l’adito Tribunale di Roma – Sezione Distaccata di Ostia accoglieval’opposizione ritenendo, in particolare, che la parte opposta – attrice in senso sostanziale – nonaveva fornito la prova dell’esistenza e dell’entità del credito ingiunto.Avverso la suddetta decisione del Giudice di prime cure interponeva appello il Condominio, chie-dendo la riforma della gravata sentenza.Resisteva al proposto gravame il C. , che chiedeva la conferma dell’impugnata sentenza.Con sentenza n.553/2010 la Corte di Appello di Roma rigettava il gravame e condannaval’appellante al pagamento delle spese del grado.Per la cassazione della suddetta decisione della Corte territoriale ricorre il Condominio con atto af-fidato a due ordini di motivi.Resiste con controricorso la parte intimata.Ritenuto in diritto1.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio, ex “art. 360, n. 3 c.p.c. di violazione e/o falsaapplicazione di norme di legge in relazione agli artt. 63 disp. att. e 2697 c.c.”.Col motivo qui in esame si deduce, in sostanza, che “la produzione del verbale dell’assembleacondominiale che approva il rendiconto” sarebbe di per sé idonea a soddisfare le condizioni diammissibilità richieste per l’adozione del decreto ingiuntivo.2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio, ex “art. 360, n. 3 c.p.c. di violazione e/o fal-sa applicazione di norme di legge in relazione all’art. 69 disp. att. c.c.”.Parte ricorrente si duole dell’erroneità dell’impugnata sentenza in quanto anche in assenza di vali-de tabelle, il singolo condomino non poteva sottrarsi all’obbligo pagamento ed in quanto il Giudicestesso adito avrebbe dovuto determinare egli stesso i valori in base ai quali ripartire le spese.

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3.- I due esposti motivi possono essere trattati congiuntamente attesa la loro continuità e contigui-tà argomentativa e logica. Entrambi sono fondati. L’impugnata sentenza ha correttamente ritenuto,nella fattispecie, la legittimità dell’opposto D.I.:Ha ritenuto, altresì, che nell’instaurato e svolto giudizio di opposizione il “condomino opponenteben poteva contestare la validità ed efficacia del decreto ingiuntivo” e che al Condominio spettava“l’onere di fornire la prova”. Orbene le affermazioni poste a base del decisum dalla gravata deci-sione appaiono carenti rispetto alla corretta interpretazione ed applicazione delle norme e deiprincipi ermeneutici applicabili nella fattispecie. Tanto attesa la particolarità della vicenda in esamecontrassegnata dalla pacifica assenza di una valida ed approvata tabella millesimale di ripartizionedelle spese deliberate dall’assemblea condominiale. Nell’ipotesi la delibera alla cui stregua veni-vano ripartite le spese (idonea di per sé alla valida emissione dell’opposto D.I.) ben poteva rite-nersi non adeguatamente idonea a comprovare nel giudizio di opposizione la pretesa creditoriadel Condominio. Tanto in dipendenza dell’accennata inesistenza di valide tabelle eccepitadall’opponente.In tal caso, tuttavia (e anche al fine di evitare comunque una sorta di esenzione generalizzata delpagamento a carico del debitore) incombeva comunque al Giudice un onere. E tutto ciò alla stre-gua, anche per effetto del principio di seguito affermato, di una corretta applicazione delle normeinvocate con il primo motivo del ricorso in esame.In particolare vi era un obbligo di verifica dell’esistenza, validità ed efficacia della delibera in con-formità del valore delle singole posizioni condominiali anche in assenza tabelle regolari.Ed, ancora, se la pretesa del Condominio era o meno conforme a criteri di ripartizione. Giova,specificamente e con precipuo riferimento al secondo motivo del ricorso, raffermare il principio giàaffermato da questa Corte, secondo cui “in tema di riparto di spese condominiali, qualora nonpossa farsi riferimento ad una tabella millesimale approvata da tutti i condomini, il condomino nonpuò sottrarsi al pagamento della quota, spettando al giudice di stabilire se la pretesa del condomi-nio nei confronti del singolo condomino sia conforme ai criteri di ripartizione che, con riguardo aivalori delle singole quote di proprietà sono stabiliti dalla legge in “subiecta materia”, determinandoegli stesso in via incidentale, anche in assenza di specifica richiesta al riguardo, i valori di piano odi porzioni di piano espressi in millesimi” (Cass. civ., Sez. Seconda, Sent. 30 luglio 1992, n. 9107).L’esposto, condiviso e qui ribadito principio rinviene la sua evidente ratio nella necessità di assicu-rare comunque le condizioni di corretta continuità gestionale dell’ente condominiale, atteso che –in assenza di una valida approvata tabella ed al cospetto dell’opposizione di un condominio- nonpotrebbe comunque crearsi e legittimarsi una situazione di totale sottrazione all’obbligo di contri-buire alle spese comuni e, quindi, di paralisi del condominio stesso.4.- Il ricorso deve essere, dunque, accolto con conseguente cassazione dell’impugnata sentenzae rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Roma, affinché la stessa decida la controversiauniformandosi al principio innanzi formulato.P.Q.M.La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, ad altra Se-zione della Corte di Appello di Roma.

[1] Cass. sent. n. 1548/16 del 27.01.2016.[2] Cass. sent. n. 9107/1992.

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