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Meeting MEDIAZIONE E CONCILIAZIONE NUOVI ASPETII DELLA DEONTOLOGIA FORENSE Siracusa, 4 - 5 giugno 2010 IL CODICE DEONTOLOGICO E LA RESPONSABILITA' CIVILE DELL' AVVOCATO 1. LA RESPONSABILITÀ DELL' AVVOCATO. 1.1. L'attività illecita dell' Avvocato assume rilievo solitamente come inadempimento contrattuale, salvo che la natura degli interessi violati integri anche un illecito extracontrattuale o addirittura un illecito penale (artt. 380 e 381 c.p. in tema di patrocinio infedele). 1.2. Normalmente, dunque, con la colpa professionale dell'Avvocato ci si riferisce ad una disciplina che vale prevalentemente nell'ambito della responsabilità contrattuale, ma che può trovare applicazione anche in ambito extracontrattuale. 1.3. Di fatto il vero problema della colpa professionale dell'avvocato ha finito per riguardare quella serie di negligenze ed imprudenze collegate alla violazione delle regole del processo: la mancata tempestiva impugnazione di un atto, la notifica errata, la decadenza dalle prove, l'omessa richiesta di una prova testimoniale, Il integrazione del contraddittorio e le relative notifiche e così via. 1.4. Per queste c'è un orientamento risalente agli anni cinquanta che equipara tali lacune nell'attività difensiva del procuratore ad una grave negligenza, mai passibile di dare ingresso alliesimente dell'art. 2236c.c.,poiché nessun problema di speciale difficoltà è mai in questione. 1.5. Così, ad esempio è stato deciso che "la corretta notificazione dell'appello civile a più parti non costituisce problema tecnico di speciale difficoltà (ai sensi dell'art. 2236 c.c.); pertanto, dall'errore evitabile con l'impiego dell'ordinaria diligenza (art. 1176 c.c.), comportante, nel caso, l'inammissibilità dell'impugnazione, il professionista va tenuto responsabile delle spese inerenti alla soccombenza nel giudizio di impugnazione". 1.6. Al contrario, si afferma che non costituiscono mai titolo di responsabilità, e quand'anche potessero costituirlo legittimerebbero Ilapplicazione dell'art. 2236

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Meeting

MEDIAZIONE E CONCILIAZIONE

NUOVI ASPETII DELLA DEONTOLOGIA FORENSE

Siracusa, 4 - 5 giugno 2010

IL CODICE DEONTOLOGICO

E LA RESPONSABILITA' CIVILE DELL' AVVOCATO

1. LA RESPONSABILITÀ DELL' AVVOCATO.

1.1. L'attività illecita dell'Avvocato assume rilievo solitamente come inadempimentocontrattuale, salvo che la natura degli interessi violati integri anche un illecitoextracontrattuale o addirittura un illecito penale (artt. 380 e 381 c.p. in tema dipatrocinio infedele).

1.2. Normalmente, dunque, con la colpa professionale dell'Avvocato ci si riferisce aduna disciplina che vale prevalentemente nell'ambito della responsabilitàcontrattuale, ma che può trovare applicazione anche in ambito extracontrattuale.

1.3. Di fatto il vero problema della colpa professionale dell' avvocato ha finito perriguardare quella serie di negligenze ed imprudenze collegate alla violazionedelle regole del processo: la mancata tempestiva impugnazione di un atto, lanotifica errata, la decadenza dalle prove, l'omessa richiesta di una provatestimoniale, Ilintegrazione del contraddittorio e le relative notifiche e così via.

1.4. Per queste c'è un orientamento risalente agli anni cinquanta che equipara talilacune nell'attività difensiva del procuratore ad una grave negligenza, maipassibile di dare ingresso alliesimente dell'art. 2236c.c., poiché nessun problemadi speciale difficoltà è mai in questione.

1.5. Così, ad esempio è stato deciso che "la corretta notificazione dell'appello civile apiù parti non costituisce problema tecnico di speciale difficoltà (ai sensi dell'art.2236 c.c.); pertanto, dall'errore evitabile con l'impiego dell'ordinaria diligenza(art. 1176 c.c.), comportante, nel caso, l'inammissibilità dell'impugnazione, ilprofessionista va tenuto responsabile delle spese inerenti alla soccombenza nelgiudizio di impugnazione".

1.6. Al contrario, si afferma che non costituiscono mai titolo di responsabilità, equand'anche potessero costituirlo legittimerebbero Ilapplicazione dell'art. 2236

C.C., quelle attività in senso lato riconducibili all'interpretazione della legge o allaqualificazione del fatto o dell'atto oggetto di giudizio. Seppure sia opinabile, èstato considerato problema tecnico di particolare difficoltà stabilire se ilcontratto preliminare debba essere provato per iscritto ove tale limitazione diprova sia prevista dalla legge per il contratto definitivo, di conseguenza è statodeciso che il professionista risponde solo per dolo o per colpa grave. Lo stessovale per la scelta difensiva riguardo alla conduzione della lite ed alla possibilitàdi sollevare certe eccezioni di rilievo sostanziale, come quella sulla prescrizione.

1.7. È fatta salva l'ipotesi che dietro una certa scelta difensiva si celino veri e proprierrori del legale, come ad esempio non aver considerato certi fatti dedotti incausa o l'aver lasciato decorrere un termine di prescrizione. Così averincominciato una lite relativa ad un diritto prescritto di per se non costituiscecolpa professionale, poiché quell'eccezione non è rilevabile d'ufficio dal giudice;a meno che, nell'attività di studio della controversia e di consultazione con ilcliente, quella circostanza sia stata totalmente ignorata ed il cliente non ne fosseconsapevole.

1.8. Il problema di cui oggi dobbiamo occuparci riguarda la responsabilitàdell' avvocato e quali riflessi riverberi nell'esercizio di essa l'applicazione delleregole di comportamento poste dal vigente Codice Deontologico Forense.

1.9. Il tema è di particolare interesse, poiché, oggi, la tradizionale qualificazione intermini di obbligazione di mezzi della prestazione professionale dell'Avvocatosi pone prospetticamente in via di superamento, visto che nell'ambitostragiudiziale la più recente giurisprudenza tende a qualificare la prestazioneprofessionale come fonte di obbligazione di risultato e non di mezzi, con leintuibili conseguenze in ordine alla costruzione del giudizio di diligenza.

1.10. E' noto, infatti, che allorquando trattasi di obbligazioni intenerenti all'eserciziodell' attività professionale, la diligenza deve valutarsi non già col metrodell'uomo medio (buon padre di famiglia) bensì con riguardo alla naturadell' attività esercitata.

1.11. La Corte regolatrice ha, invero, al riguardo evidenziato che nella ipotesi in cuil'avvocato accetti l'incarico di svolgere un' attività stragiudiziale consistentenella formulazione di una parere in ordine all'utile esperibilità di un'azinegiudiziale, la prestazione oggetto del contratto non costituisce un' obbligazionedi mezzi, in quanto egli si obbliga ad offrire tutti gli elementi di valutazionenecessari ed i suggerimenti opportuni allo scopo di permettere al cliente diadottare una consapevole decisione, a seguito di un ponderato apprezzamentodei rischi e dei vantaggi insiti nella proposizione dell' azione: ne discende che, inapplicazione del parametro della diligenza professionale (art. 1176, 2° comma,Cod. Civ.), sussiste la responsabilità dell'avvocato che, nell'adempiere siffattaobbligazione, abbia omesso di prospettare al cliente tutte le questioni di diritto edi fatto atte ad impedire l'utile esperimento dell'azione, trovando fondamentotale responsabilità anche nella colpa lieve, laddove la mancata prospettazione ditali questioni sia frutto dell' ignoranza di istituti giuridici elementari e

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fondamentali, ovvero di incuria ed imperizia insuscettibili di giustificazioni(Cass. Civ., Sez. II, 14novembre 2002,n. 16023).

2. LA VIOLAZIONE DELLE REGOLE DEONTOLOGICHE COME POSSIBILE FONTE DIRESPONSABILITÀ CIVILE.

2.1. A prima vista troppo diverse sembrano le fonti della responsabilità deontologicae di quella civile per i danni, attesa l'eterogeneità delle fonti della responsabilità,delle modalità dell' accertamento e soprattutto della natura delle sanzioni:afflittive ad personam, quelle derivanti da responsabilità deontologica,esclusivamente di indole patrimoniale quelle scaturenti dalla responsabilitàcivile.

2.2. Attentamente valutata la questione, sembra però possibile pervenire allaconclusione che uno stesso fatto, fonte di responsabilità deontologica, diventicontemporaneamente ed in quanto tale, fonte di responsabilità civile.

2.3. Naturalmente, anche in considerazione del taglio dell'intervento, nonprenderemo in considerazione tutte le norme deontologiche sostanzialmenteripetitive di regole legali applicabili al contratto d'opera professionale, poichél'ambivalenza dell' inadempimento (deontologico e contrattuale) renderebbeequivoca la risposta e pleonastico il quesito.

2.4. Dovranno essere, dunque, prese in considerazione quelle norme deontologicheche possono collocarsi in un' area più avanzata rispetto all'area occupata dallenorme civili laddove le prime pongano ulteriori e più stringenti doveri rispettoalle seconde.

2.5. Converrà, poi, riguardare gli obblighi sotto diversi angoli prospettici, a secondadei soggetti interessati al rispetto della norma deontologica da partedell' avvocato: il cliente, il collega ed il terzo in genere.

2.6. Non approfondiremo, dunque, il discorso sulle norme di deontologia forenseche impongono all'avvocato di non accettare incarichi che sappia di non potersvolgere con adeguata competenza" (art. 12) e il "dovere di curare costantementela propria preparazione professionale, conservando ed accrescendole conparticolare riferimento ai settori nei quali è svolta l'attività" (art. 13).

2.7. Per quel che attiene all'obbligo di "competenza" e di "aggiornamento" sancitodalla norma deontologica, esso sicuramente non resta privo di sanzioni sulpiano civilistico perché identifica precise norme di comportamento a cuil'avvocato deve attenersi e la cui violazione può rientrare in quell' ampianozione di "colpa" che il diritto civile trae dall' art. 43 cod. pen., ove vieneidentificata nella "negligenza, imprudenza, imperizia ovvero inosservanza dileggi, regolamenti, ordini o discipline".

2.8. Alla sussistenza di un preciso dovere di "competenza" nello svolgimento dellaprofessione consegue che all'ignoranza della legge, tipicamente vista come"colpa" dell' avvocato, si accompagni con conseguenze analoghe sul piano della

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R.C, l'ignoranza dell' ermeneutica consolidata (c.d. "diritto vivente") perché ciònon comporta e non è equiparabile alla risoluzione di un problemainterpretativo", come tale assimilabile alla previsione dell' art. 2236cod. civ..

2.9. Ma quelle che sanciscono l'obbligo di "competenza" non sono le sole normedeontologiche di sicura rilevanza anche sul piano della R.C .

2.10. Anche se la giurisprudenza ha chiarito che le norme del Codice deontologicoindicano solo in via esemplificativa le diverse ipotesi di illecito, taluneaffermazioni presentano, evidentemente, il carattere dell' ovvietà: il divieto di"proporre azioni o assumere iniziative in giudizio con male fede o colpa grave"(art. 6), ovvero il divieto di compiere" consapevolmente atti contrari all' interessedel proprio assistito" (art. 7).

2.11. Altro canone prevede che l'avvocato deve "mantenere il segreto sull'attivitàprestata e su tutte le informazioni che siano a lui fornite dalla parte assistita o dicui sia venuto a conoscenza in dipendenza del mandato" (art. 9), con estensionedella tutela agli" ex clienti" ed a chi si sia rivolto all'avvocato senza che questiabbia poi accettato il mandato.

3. LA RESPONSABILIT A' VERSO IL CLIENTE

3.1. Numerose prescrizioni si rinvengono nel titolo del Codice Deontologicodedicato ai "rapporti con la parte assistita".

3.2. Così all'art. 36 troviamo la precisazione che "l'avvocato ha l'obbligo di difenderegli interessi della parte assistita nel miglior modo possibile" e che "non deveconsapevolmente consigliare azioni inutilmente gravose, ne suggerirecomportamenti, atti o negozi illeciti, fraudolenti o colpiti da nullità".

3.3. L'art. 37 sancisce che "l'avvocato ha l'obbligo di astenersi dal prestare attivitàprofessionale quando questa determini un conflitto con gli interessi di unproprio assistito".

3.4. Di particolare rilievo è, invece, ai fini dell'individuazione di un preciso legametra la responsabilità deontologica e quella per i danni, la norma posta dall' art. 40del Codice Deontologico Forense, secondo cui:

11avvocato è tenuto ad informare chiaramente il proprio assistito dellecaratteristiche e dell'importanza della controversia o delle attività daespletare, precisando le iniziative e le ipotesi di soluzioni possibili;

l'avvocato è tenuto altresì ad informare il proprio assistito sullosvolgimento del mandato affidatogli, quando lo reputi opportuno e ogniqual volta 11assistito ne faccia richiesta ...E' obbligo dell'avvocatocomunicare alla parte assistita la necessità del compimento di determinatiatti al fine di evitare prescrizioni, decadenze o altri effetti pregiudizievoli.

3.5. Dei due principi come sopra affermati il secondo ribadisce, più o meno ilcontenuto di uno degli obblighi fondamentali del mandatario previsti dall' art.1712 CC (comunicazione dell'eseguito mandato) e 1713 CC (obbligo di

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rendiconto) e non è sicuramente indice di un collegamento tra la responsabilitàdeontologica e responsabilità civile posto che in adempimento all' obbligoimposto dalla prima corrisponde ad inadempimento sul fronte della seconda,onde la violazione è palesemente ambivalente.

3.6. Ben diverso è il caso se l'inadempimento riguarda il primo dei due principicome sopra ricordati, poiché il piano su cui opera la norma deontologica èparzialmente differente da quello ove opera la regola codicistica ed il dovere cheè più stringente.

3.7. La prima parte del cit. art. 40 enuncia, infatti, come obblighi deontologici:

a) da osservare spontaneamente ed automaticamente all'atto dell'assunzionedell'incarico:

a.1) quello di delineare al cliente un quadro completo circa lo sviluppo futurodelle varie iniziative;

a.2) quello di prospettare i momenti e le occasioni per le opportunità diconciliazione, ovvero in cui il cliente potrebbe essere chiamato ad avallarenuovi e diversi impulsi processuali, ampliando la portata ed i costi delprocesso;

b) da osservare solo su richiesta del cliente ( art. 40, canone I):

b.1) q uello di informare 11assistito sulle previsioni di massima inerenti alladurata ed ai costi presumibili del processo.

3.8. Come si vede, si tratta di obblighi informativi particolari, difficilmenteenucleabili dalla trama dei doveri tessuta dalla disciplina codicistica delcontratto d'opera professionale e dunque inesistenti, come tali, in unadimensione puramente civilistica; tanto vero che di essi non fa menzione né ladisciplina codicistica del mandato, né quella del contratto d'opera professionale.

3.9. Per come poi tali obblighi sono articolati, non si può nemmeno dire cherappresentano il portato degli obblighi di buona fede esecutiva e di diligenzapropri di tutti i contratti a prestazioni corrispettive, quindi anche di quellod'opera professionale.

3.10. Nella parte esaminata, la norma deontologica è perciò la riprova dell'esattezzadell'opinione di quella dottrina (ALPA, PERFETTI) la quale avvisa che una delledirezioni dell'etica professionale è soprattutto quella dei doveri additivi sicchéessa, proprio per questa sua caratteristica è destinata a spingersi più oltrerispetto alla norma legale ed a porre confini più avanzati rispetto a questa.

3.11. Ed è allora proprio qui, nel punto in cui si manifesta la possibile noncoincidenza di responsabilità civile e deontologica che acquista un senso11interrogativo di una responsabilità civile che trovi nella prima la sua fonte.

3.12. Al quesito così sintetizzato: 11eventuale accertata responsabilità deontologica exart. 40, prima parte cit. dell'avvocato che, senza previi avvisi e quindi inscientedomino, faccia trovare il cliente invischiato in un procedimento dalla lunghissimadurata e dalle plurime ramificazioni, il cui costo supera alla fine il valore del

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bene in contesa, può esporlo anche a responsabilità civile può darsi rispostaaffermativa ed in tal caso la relativa responsabilità non sarebbe altro checontrattuale, con il conseguente rischio del professionista di dover risarcire ildanno ex art. 1218c.c..

3.13. Questa risposta affermativa può essere motivata, secondo un'autorevoleopinione (PERFETTI),con almeno tre diversi argomenti:

a) un primo profilo prende le mosse dall' affermazione di principio poste dallasentenza n. 8225 del 6 giugno 2002 delle sezioni unite della Corte diCassazione. La Corte regolatrice, dopo aver detto che le norme del codicedeontologico forense si qualificano come norme giuridiche vincolantinell'ambito dell'ordinamento di categoria e fondate sui principi dettati dallalegge professionale forense ed in particolare dagli artt. 38, I" comma e 12, I"comma del r.d.l. 1578/1933, soggiungono che «( ...) la formulazione per clausolegenerali di tali prescrizioni trova specificazione nelle norme del codice deontologico ilquale nel suo primo titolo enuncia, qualificandoli principi generali, una serie didoveri (...) mentre nei successivi titoli elenca alcuni canoni complementari volti atipizzare (...) comportamenti (...) costituenti a loro volta mere espliciiazioni delleregole generali, in idonei quindi ad esaurire la tipologia delle violazioni deontologichee privi di ogni efficacia limitativa della portata di dette regole».

Da tale affermazione può ricavarsi che l'obbligo di comportamentodeontologicamente corretto alla stregua di quello contemplato dall' art. 40integra automaticamente e senza necessità d'altro il contratto d'operaprofessionale ex art. 1374,secondo cui il contratto obbliga le parti non solo aquanto è nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che nederivano secondo la legge.

Conseguentemente, inadempiendo all'obbligo posto dall' art. 40 del CodiceDeontologico, il professionista inadempie al contratto ed è, perciòresponsabile nei confronti del cliente ex art. 1218del Codice Civile, nei limitiin cui l'inadempimento concerne una norma di relazione, un precettodeontologico, cioè, destinato a regolamentare il rapporto con il cliente,tutelandone l'interesse ad una corretta prestazione professionale.

b) Secondo un diverso profilo, lo stesso risultato dell'integrazione ex art. 1374c.c. del piano degli obblighi scaturenti dal contratto di prestazione d'operaprofessionale con quelli posti dal codice deontologico forense è raggiungibilese si segue la tesi di chi prospetta la natura consuetudinaria delle normedeontologiche ed attribuisce al codice forense funzione di raccolta di usi.

Seguendo questa opinione, il meccanismo dell'integrazione del contratto exart 1374 c.c. risulterebbe pur sempre innescabile dato che tale norma fariferimento proprio agli usi, seppur subordinatamente alla legge, quale fontedi integrazione de contratto.

c) Un terzo profilo attribuisce alle norme deontologiche la valenza didettagliare le clausole generali di buona fede e diligenza: la regoladeontologica riempie il contenuto di clausole generali presenti nel codice

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civile che possono essere chiamate ad operare nel contesto di un contrattod'opera professionale.

3.14. Deve ancora aggiungersi che, nell'ambito della responsabilità verso il cliente,particolare rilievo presenta la norma di cui all'art. 47 del Codice Deontologico, laquale prevede doveri di comportamento più severi rispetto alla disciplinacodicistica, in quanto - al pari di quella - pone l'esigenza del preavviso(funzionale a consentire a rimedi sostitutivi), ma in più specifica le modalità diulteriori comportamenti strumentali alla protezione dell'interesse specifico delcliente.

3.15. Non è, dunque, comportamento deontologicamente corretto quello di chirinuncia al mandato alla vigilia di una udienza di precisazione delle conclusionisenza aver messo il cliente in grado di provvedere alla sostituzione, comescorretto deve considerarsi ugualmente il comportamento di chi, pur avendorinunziato con congruo preavviso, non informi contemporaneamente il clientesul calendario degli impegni processuali, impedendo gli di comprenderel'importanza di una immediata sostituzione.

3.16. Scorretto è, infine, anche il comportamento dell'avvocato che rinunci sì concongruo preavviso e fornisca il calendario delle scadenze processuali, ma tacciadell'importanza del compimento di atti necessari a non pregiudicare la difesa.

3.17. Non pare inutile, sul punto, ricordare come la giurisprudenza più recente haaffermato che nel caso in cui la parte abbia nominato un altro difensore insostituzione di quello precedente preso il quale essa aveva eletto il propriodomicilio, quest'ultimo è tenuto a comunicare al nuovo difensore gli atti inrelazione ai quali il domicilio era stato eletto, rientrando l'obbligo diinformazione nel più generale dovere di diligenza professionale cui l'avvocato ètenuto verso il proprio cliente, anche in caso di rinuncia o revoca del mandato(Cass. Civ., Sez. II, 12 ottobre 2009,n. 21589).

3.18. L'obbligo di informazione a carico del professionista sussiste, dunque, e puòessere fonte di responsabilità nella ipotesi di sua inosservanza, anche dopo lacessazione del rapporto professionale.

3.19. Va solo aggiunto che anche per l'aspetto appena considerato viene in risalto laclausola generale di buona fede nella esecuzione del contratto che trova qui unodei suoi campi elettivi di azione, proprio nella determinazione dei doveriscaturenti dalla cessazione del contratto, onde può concludersi che il codicedeontologico forense pone una tabella di valori che non solo devono esserecondivisi dagli appartenenti alla categoria, ma, proprio perché disciplinanti lacondotta di soggetti la cui attività assume un rilievo pubblicistico, diventanosocialmente apprezzabili.

4. LA RESPONSABILIT A VERSO TERZI.

4.1. Se le norme deontologiche hanno la valenza di regole endo-associative,vincolanti esclusivamente nei riguardi degli appartenenti al gruppo che le ha

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prodotte, dovrebbe convenirsi sul fatto che esse non possono essere dirette atutelare i terzi, i quali potrebbero tutt' alpiù porsi in una posizione di interesselegittimo.

4.2. Senonchè, la giurisprudenza ha ritenuto che una condotta illecita sotto il profilodeontologico, dalla quale scaturisca un danno per un professionista concorrente,trova sanzione in sede civile secondo i principi generali dell' atto illecito, attesoche la violazione delle norme interne della categoria professionale è sufficienteper qualificare il fatto compiuto come ingiusto (Tribunale Udine, 23 febbraio1988), affermando, poi, a proposito del Codice di autodisciplina pubblicitaria,che le norme deontologiche possono essere utilizzate quali parametri diriferimento del principio di correttezza professionale la cui violazione impone acarico del responsabile un obbligo risarcitorio (Cass. Civ., 15 febbraio 1999, n.1259).

4.3. Il canone deontologico diventa, così, idoneo ad integrare il contenuto dellaclausola generale posta dall' art. 2043 del Codice Civile: dalle citate premesseemerge evidente la tendenza al superamento della tradizionale connotazione inchiave essenzialmente corporativa della normativa deontologica ed alla suaconsiderazione come strumento utile al perseguimento di finalità pubbliche.

4.4. L'illecito deontologico può, dunque, integrare anche il requisito del dannoingiusto quale coelemento della responsabilità extracontrattuale.

4.5. Di evidente portata è, sull'argomento, il disposto dell' art. 49 del CodiceDeontologico che fa divieto all'avvocato di aggravare con onerose o plurimeiniziative giudiziali la situazione debitoria della controparte quando ciò noncorrisponda ad effettive ragioni di tutela della parte assistita.

4.6. L'adozione di iniziative non giustificabili in base a tali criteri ed a quello dellaragionevolezza si traduce in un abuso del diritto di azione che esponel'interessato non solo a responsabilità deontologica ma anche ad azionerisarcitoria del terzo ex art. 2043del Codice Civile.

4.7. E' noto, al riguardo, il più recente orientamento della Corte regolatrice che hateorizzato il C.d.abuso degli strumenti processuali (Cass. Civ., Sez. III, 11 giugno2008, n. 15476) affermando che il frazionamento del credito derivante da ununico rapporto obbligatorio in plurime richieste giudiziali di adempimento,contestuali o scaglionate nel tempo, operato dal creditore per sua esclusivautilità con unilaterale modificazione peggiorativa della posizione del debitore, sipone in contrasto sia con il principio di correttezza e buona fede, che deveimprontare il rapporto tra le parti non solo durante l'esecuzione del contrattoma anche nella eventuale fase dell'azione giudiziale per ottenerel'adempimento, sia con il principio costituzionale del giusto processo,traducendosi la parcellizzazione della domanda giudiziale diretta allasoddisfazione della pretesa creditoria in un abuso degli strumenti processualiche l'ordinamento offre alla parte nei limiti di una corretta tutela nel suointeresse sostanziale.

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5. LA RESPONSABILIT A' VERSO IL COLLEGA.

5.1. Ci soffermeremo nell'ambito di tale argomento, sulla prescrizione di cui all'art.23, canone IIl, del Codice Deontologico Forense, secondo cui "l'avvocato deveraccomandare alla parte di provvedere al pagamento di quando è dovuto aldifensore d'ufficio per l'attività professionale eventualmente già svolta", perchiederei se la mancata induzione del cliente all'adempimento in favore delCollega, in contrasto con quanto previsto dal Codice, possa generareresponsabilità da contatto sociale verso il Collega perché l'iscrizione all'Albocostituisce fattore di relazione mediata tra iscritti da cui nasce un indubbiocontatto tra sfere giuridiche in rapporto tra loro ed un affidamento reciprococirca il rispetto della deontologia.

5.2. Per dare una risposta al quesito come sopra posto, può seguirsi l'opinione cherestringe la responsabilità aquiliana dal comportamento omissivo alle soleipotesi in cui è la Legge a far derivare una responsabilità da illecito ex art. 2043c.c. da un determinato comportamento omissivo, per trarne la conseguenzache, essendo le norme deontologiche norme giuridiche, secondo la stessaopinione della Corte di Cassazione, la inesistenza di una libertà d'azione, con laderivante responsabilità da omissione sarebbe affermata dalla legge.

5.3. Ma anche a volersi dubitare che la norma deontologica sia una norma giuridicain senso proprio, pure potrebbe ritenersi la sussistenza di responsabilitàextracontrattuale da omissione di comportamento deontologicamente dovuto,sulla base della speciale relazione che si instaura tra avvocati tutti egualmenteiscritti all'Albo e tutti egualmente tenuti alla osservanza della deontologia.

6. LE CONCLUSIONI.

6.1. Alla domanda se responsabilità deontologica e responsabilità civile risarcitoria(sia contrattuale che extracontrattuale) siano due fattori diversi di responsabilità,radicati in dimensioni non comunicanti, può, dunque, darsi rispostaaffermativa.

6.2. In ogni caso ineccepibile è la constatazione che la morfologia delcomportamento deontologicamente corretto disegnata dal codice deontologicoforense è di estrema utilità per il giudice chiamato a stabilire se l'avvocato haeseguito il contratto d'opera professionale secondo buona fede, o lo haadempiuto con la diligenza del buon padre di famiglia; ciò, tenuto conto che lerispettive clausole generali (art. 1375 c.c. ed art. 1176 c.c.) sono senz'altroapplicabili anche al contratto d'opera professionale.

6.3. In questo modo il giudice può stabilire Ilesistenza di responsabilità dainadempimento contrattuale attingendo a quella sorta di catalogo dicomportamenti connotati da disvalore rappresentato dal codice deontologicoforense.

6.4. Si discute sul problema se le norme deontologiche espresse nel CodiceDeontologico adottato dal Consiglio Nazionale Forense abbiano il carattere della

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giuridicità e della vincolatività nell'ambito dell' ordinamento di categoria o se leregole di comportamento del professionista poste dal richiamato complesso dinorme costituiscano nulla più che prescrizioni assimilabili a clausole generali oaddirittura mere indicazioni, nulla più che supporti ermeneutici del giudicedeontologico: quello che è certo è che il complesso di regole dettato dalConsiglio Nazionale Forense, con la valenza sua propria riconosciuta dalla Corteregolatrice, costituisce non solo regola di comportamento per gli Avvocati, maanche nei sensi di cui si è detto, parametro affidabile della qualità e dellaefficacia della prestazione del professionista.

Siracusa, 7 giugno 2010

IL CONSIGLIERE TESORIERE

Avv. LUCIO DEL PAGGIO

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