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Il ciclo e le strategie di fundraising

 Comprendere le strategie di fundraising

prima di agire

di Francesco Santini e Valerio Melandri

Fondatori di Fundraising.it e Mailing.fundraising.it

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  Cosa imparerai da questa guida 

Sommario Che cos’è il fundraising? ..................................................................................................4 L’approccio giusto per fare fundraising ...........................................................................4 Il ciclo del fundraising......................................................................................................5 Il documento buona causa ................................................................................................6 Quali sono le componenti per un fundraising di successo nelle piccole organizzazioni? 8 Strategie di fundraising.....................................................................................................9

1. La logica del fundraising: creare la piramide della donazione .................................9 2. Identificare il fabbisogno economico e selezionare il giusto programma di ..........10 raccolta fondi ..............................................................................................................10 3. Costruire un gruppo di volontari che valuti i progetti e la scelta del programma ..11 4. Incontrare un esperto di fundraising .......................................................................12 5. Mai perdersi d’animo..............................................................................................13

Gli Autori 

Valerio Melandri è Docente di Economia Aziendale presso la Facoltà di Economia di Forlì, Università di Bologna e Direttore del Master Universitario in Fundraising per il Nonprofit e gli Enti pubblici (www.master-fundraising.it).È presidente di Philanthropy Centro Studi, con sede presso la Facoltà di Economia di Forlì dell’Università di Bologna (www.philanthropy-centrostudi.it), è direttore scientifico di Edizioni Philanthropy e della relativa collana editoriale (http://edizioni.philanthropy.it). E’ ideatore, insieme a Francesco Santini, e promotore del primo portale italiano del fundraising (www.fundraising.it) e del primo blog sulla raccolta fondi (www.valeriomelandri.it) e sul mailing (http://mailing.fundraising.it).

Francesco Santini E’ formatore in comunicazione online per il fundraising ed il nonprofit. E’ stato il primo laureato in Italia nella Laurea Specialistica in Economia e Management delle organizzazioni nonprofit dell’Università di Bologna ed ha perfezionato la sua esperienza presso The Fund Raising School – Indiana University e presso l’American Italian Cancer Foundation di New York. Ha conseguito la specializzazione in Internet per il Fundraising presso HJC Nonprofitlearning (Canada) Collabora mensilmente ed ha all’attivo numerosi articoli con la rivista Terzo Settore - Il Sole 24Ore. Ha all’attivo la realizzazione di vari siti internet ed è responsabile della redazione del sito www.fundraising.it. Il suo blog ufficiale è www.internet-fundraising.it.

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 Parlare di raccolta fondi, oggi, è diventato comune per i vari attori del settore nonprofitcosì come per i diversi enti che operano nella rete sociale. Nascono idee, si sviluppano progetti, si delineano responsabilità e, per necessità, si ricorre alla ricerca delle varie tipologie di finanziamento. E’ giusto che chi opera nel terzo settore consideri i benefici che un’efficace e ben riuscita raccolta di fondi porterebbe all’associazione in termini di migliori servizi offerti e di maggior riscontro nella cittadinanza. La grande espansione del settore, che tuttora assiste al proliferarsi continuo di nuove realtà nonprofit ha fatto nascere, in parallelo, l’esigenza di affrontare il tema di ricerca fondi con maggiore sistematicità e organizzazione. Se restringiamo le osservazioni al campo delle associazioni di volontariato, quanto fin ora detto è da considerarsi valido. Nell’ultimo decennio queste realtà si sono affermate sia per la presenza stabile nel territorio, sia per gli interventi legislativi che hanno permesso il loro sviluppo. Così, è diventato usuale sentir parlare di una nuova associazione che ha la finalità di curare determinate cause che fino ad un momento prima per voi erano immaginarie. Ebbene questo deve dare conforto a tutti quanti perché è dimostrazione delle tante persone che hanno identificato un problema o un bisogno della società e che ora si stanno impegnando per dargli una risposta. Non dovete scoraggiarvi se pensate che quindici anni fa le cose erano diverse e magari più facili. Sicuramente ora bisogna fare i conti con una nuova realtà e il modo giusto per affrontarla è quello di adattarsi ai cambiamenti, che ci sono stati e che ci saranno.

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Che cos’è il fundraising? Il termine “fundraising” significa, letteralmente tradotto, “raccolta fondi” ma è giusto darne una definizione più esaustiva che lo definisce come “il complesso di attività che l’organizzazione nonprofitmette in atto per la creazione di rapporti d’interesse fra chi chiede risorse economiche, materiali e umane in coerenza con lo scopo statutario e chi è potenzialmente disponibile a donarle”. Il fundraising non è, dunque, solo una semplice richiesta di denaro, bensì un’attività strutturata che si basa su due principi guida dell’economia moderna: il principio di reciprocità e il principio dei matrimoni d’interesse. Il primo si riferisce ad una serie di trasferimenti bilaterali (fra due o più parti), indipendenti, liberi tra loro ma in qualche modo interconnessi. Per semplificare questo concetto basta pensare a quando invitiamo a cena un nostro amico. In questo caso, mai ci verrebbe in mente di farci pagare la cena, anzi noi siamo ripagati dalla relazione che si crea, dal piacere di averlo ricevuto, e potremo aspettarci che porti con sé un fiore o una bottiglia di vino in segno di ringraziamento. Il principio del matrimonio d’interesse, a sua volta, fa perdere la connotazione negativa data dalla società moderna al termine di interesse proprio, ricollegandosi al significato d’origine latina per cui la parola interesse significa essere in mezzo, partecipare. In quest’ottica bisogna pensare che non è vero che un donatore dona per niente, anzi dona perché ha interesse nel farlo. Un interesse che non necessariamente deve essere tradotto in termini economici ma bensì deve essere raffigurato in un bene simbolico o ancor meglio in un bene relazionale che trova godimento nelle più svariate motivazioni che sempre più sonoalla fonte di una donazione. Come beni relazionali possiamo elencare: l’abitudine a ritrovarsi in certe occasioni, la famigliarità esistente all’interno di gruppi di amici o di parenti, la comunanza di esperienze, la conoscenza reciproca, la fiducia che si instaura tra persone e, soprattutto, lo scambio generato dal meccanismo di fundraising dove il donatore devolve risorse e l’organizzazione nonprofitnon restituisce un bene equivalente, ma esclusivamente un bene relazionale (ringraziamento, amicizia, appartenenza) unito, a volte, ad un bene economico materiale di valore simbolico (come una tessera di socio, una notazione, una qualche forma pubblicitaria indiretta). Possiamo quindi affermare che il fundraising è l’insieme di attività che generano uno scambio sociale, ovvero uno scambio economico impari; sarà compito del fundraiser generare gli scambi migliori e più duraturi.

L’approccio giusto per fare fundraising Per ottenere buoni risultati nella raccolta fondi è necessario superare l’approccio pietistico e lagnoso che spesso accompagna gli stati d’animo di chi si trova a dover affrontare una richiesta di denaro. Fare fundraising non significa chiedere l’elemosina, anzi, Henry Rosso, italo americano, fondatore della più famosa scuola di fundraising nel mondo, definisce il fundraising come “La nobile arte di insegnare alle persone la gioia di donare”.

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Un fundraiser deve operare tenendo a mente questa frase, proponendo un progetto in cui per primo ripone notevole ottimismo perché fiducioso nella causa. Solo con convinzione, determinazione e fede nella causa proposta si riuscirà a trasmettere il giusto segnale, che potrà essere accettato o meno, ma l’importante è averlo trasmesso correttamente. È giusto osservare inoltre, che oggi, l’attività di raccolta fondi non può essere improvvisata ma deve essere vista, per quanto possibile, in un’ottica strategica. Il fundraising improvvisato, ovvero quello che dedica la maggior parte del tempo ad attività operative e manuali senza occuparsi delle fasi che precedono e posticipano la mera attività di raccolta, potrà avere successi casuali non garantiti nel tempo. Migliori risultati sono dati utilizzando l’approccio del fundraising strategico ovvero dell’attività che prima progetta, identifica la buona causa, analizza il mercato, i potenziali donatori e che continua ad esistere anche dopo l’atto della donazione attraverso l’assistenza, il ringraziamento, la comunicazione.

Il ciclo del fundraising Così come ogni attività complessa, che opera in un ambiente in continua evoluzione e competitivo, anche per la raccolta fondi è stato individuato un ciclo operativo che ordina per passi le azioni da seguire. Questo strumento è definito il ciclo del fundraising; il suo rispetto permetterà all’associazione di muoversi adeguatamente, verificando e valutando i risultati. Di certo il ciclo del fundraising, proprio per la sua natura programmatica, può mostrare la sequenza d’azioni da compiere in maniera assoluta, ma sarà poi compito delle associazioni scegliere quelle più appropriate al caso e valutare gli effetti tenendo conto delle condizioni e dei fattori. È opportuno quindi prenderlo in considerazione perché è da questo che parte ogni attività di raccolta fondi, grande o piccola che sia. Le fasi del ciclo di fundraising sono così suddivise:

1. Avvio al fundraising: innanzi tutto è necessario creare e condividere una vision e una mission. La vision è l’immagine completa di ciò che si desidera raggiungere, è l’idea che motiva la nascita di un’associazione. A sua volta la mission definisce gli ambiti di cui si occupa l’organizzazione; deve essere ben definita e chiara per fare da filo conduttore tra i vari soggetti che partecipano alla vita associativa. Così, ad esempio, due o tre persone possono decidere di formare un’associazione condividendo la vision di un mondo futuro senza fumatori e definire per loro mission la prevenzione attraverso l’educazione antifumo nell’età giovanile. Le organizzazioni nonprofit esistono in funzione della loro mission, esistono per trasformare la realtà individuando cose che non funzionano e cambiarle in cose che funzionano. Non possono nascere organizzazioni che non abbiano ben chiari gli scopi della loro esistenza.

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2. Identificazione degli obiettivi: è il secondo passo che l’associazione nonprofit deve compiere, definendo per iscritto quali sono gli obiettivi che si prefigge di raggiungere. E’ bene specificare i progetti che s’intendono sviluppare e raccogliere tutte le informazioni relative. Solo avendo ben chiari gli obiettivi si potrà auspicare il loro raggiungimento. In gergo gli obiettivi di una organizzazione non lucrativa vengono definiti “la buona causa”.

3. Analisi dei mercati: l’associazione deve individuare i mercati di riferimento, ovvero deve scegliere a chi rivolgere la sua richiesta di fondi. I mercati si suddividono in: mercato delle persone, mercato delle imprese, mercato delle fondazioni bancarie e filantropiche, mercato degli enti pubblici.

4. Scelta degli strumenti da utilizzare: costituisce il quarto step della raccolta fondi e consiste nella scelta del mezzo più appropriato per ottenere donazioni. Si parla di mailing, telemarketing, contatto diretto, sponsorizzazioni, realizzazione di eventi, posta elettronica.

5. Messa in opera: dopo aver scelto la strategia è arrivato il momento di applicarla. Questa fase è molto delicata perché, se viene organizzata male, rischia di compromettere tutto il lavoro fino ad ora eseguito. In questa fase è importante creare un gruppo di persone valide tenendo presente che senza un forte e motivato gruppo di volontari, senza che il personale retribuito sia flessibile, disponibile al cambiamento culturale e continuamente persuaso della bontà della causa, un piano di fundraising è praticamente irrealizzabile. E’ poi opportuno considerare anche la possibilità di rivolgersi ad un consulente di fundraising o a chi comunque ha già maturato altre esperienze, per ascoltare i suoi consigli professionali.

6. Valutazione dei risultati: è la fase finale del ciclo che darà poi inizio alla raccolta successiva e quindi ad un nuovo ciclo. Considera i risultati ottenuti, gli obiettivi preposti e dà così modo di valutare l’operatività, gli errori, le mancanze e i punti di forza. Inoltre permette di valutare i costi sostenuti per ogni singola attività, che a loro volta serviranno da parametro valutativo.

Il documento buona causa Una delle prime cose che un’associazione si deve preoccupare di fare, prima di cimentarsi nella raccolta fondi, è redigere il Documento Buona Causa (DBC), ovvero un documento che riassuma una serie di informazioni utili per rappresentare l’associazione di fronte al suo pubblico interessato (donatori, volontari, personale retribuito, sponsor, pubblica amministrazione, ecc.). Il Documento Buona Causa è un passaggio fondamentale per la costruzione del piano di fundraising perché rappresenta l’espressione della causa, ovvero di tutte le ragioni per le quali si dovrebbe contribuire alla sua promozione. Per realizzare un fundraising di successo, il Documento Buona Causa, deve essere ben articolato e compreso da tutti coloro che rappresentano l’organizzazione agli occhi dei potenziali donatori, deve inoltre essere comunicato con entusiasmo e in modo persuasivo a coloro da cui si cerca di ottenere una donazione.

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Il Documento Buona Causa contiene due elementi fondamentali: il documento stesso, utilizzato per uso interno e la Documentazione Promozionale, che comunica la buona causa al pubblico. Il DBC propriamente detto fornisce una serie di informazioni su tutto quello che un potenziale donatore potrebbe aver bisogno o desiderio di sapere sull’organizzazione. Nel DBC si trovano le seguenti componenti:

1. Mission: una dichiarazione morale significativa delle esigenze e dei problemi umani e sociali per far fronte ai quali esiste l’organizzazione. La mission risponde alla domanda “perché esiste l’organizzazione?”.

2. Obiettivi strategici: dichiarazioni generali che definiscono ciò che l’associazione si propone di ottenere nel far fronte alle esigenze e ai problemi identificati nella mission. Gli obiettivi strategici rispondono alla domanda “che cosa- che bisogni serve l’associazione?”

3. Obiettivi operativi: dichiarazione su ciò che l’associazione farà per provvedere al raggiungimento degli obiettivi strategici. Questi obiettivi devono essere misurabili, raggiungibili, limitati nel tempo e devono guardare ai risultati. Rispondono alla domanda “come – in che modo si risolveranno le sfide che si vogliono affrontare?”

4. Programmi e servizi: descrizione dettagliata delle modalità secondo cui l’organizzazione mette in atto i propri obiettivi operativi, da definirsi in base alle persone coinvolte.

5. Organi di governo: spiega come viene eletto e nominato l’organo direttivo, come funziona, come rappresenta la comunità e la popolazione coinvolta nei servizi erogati.

6. Personale: determina la composizione del personale, sia retribuito, sia volontario, per un’efficace erogazione dei programmi e dei servizi.

7. Strutture o meccanismi di erogazione dei servizi: descrizione dell’ambiente fisico e delle procedure usate per realizzare il programma.

8. Finanze: materiali espositivi, numerici e grafici che illustrano chiaramente il modo in cui l’organizzazione acquisisce e spende le proprie risorse finanziarie.

9. Pianificazione, sviluppo e valutazione dell’organizzazione: descrizione dei processi a lungo e breve termine usati dall’organizzazione, con chiara indicazione degli obiettivi futuri.

10. Storia della nascita e della crescita dell’associazione: breve descrizione di come e perché l’associazione è nata, indicando chi l’ha formata e quali sono stati i risultati ottenuti.

É bene che il Documento Buona Causa venga scritto da una sola persona che, dopo aver intervistato i fondatori dell’associazione, i presidenti, i volontari, i dipendenti e dopo aver raccolto il materiale informativo e promozionale distribuito negli anni, sottoporrà al comitato associativo una proposta di DBC. Una volta terminato il DBC verrà personalizzato e aggiornato cogliendo tutte le informazioni che giungeranno dai costituenti dell’associazione ovvero da tutti coloro che hanno o prenderanno parte alla vita associativa.

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Questo documento è utile in quanto fornisce l’identità dell’associazione. Ad esso attingeranno il copywriter, il grafico, il responsabile marketing, nel momento in cui dovranno preparare il materiale promozionale composto da brochure, proposte di finanziamento rivolte alle fondazioni bancarie o civili, mailing, prospetti di raccolta capitali, comunicati stampa, giornalini delle organizzazioni, newsletter, discorsi e interventi durante convegni e seminari, conversazioni faccia a faccia per conoscere i potenziali donatori e sollecitarli.

Quali sono  le componenti per un  fundraising di successo nelle piccole organizzazioni? Per realizzare una buona raccolta fondi, è necessario che le associazioni tengano determinati accorgimenti nella loro operatività. Per avere successo non devono mancare i seguenti componenti:

• documento buona causa: un documento chiaro e stimolante che giustifichi la raccolta fondi;

• il fabbisogno: ovvero il fabbisogno del programma quantificato

economicamente, che chiarisca le ragioni per cui è necessario il fundraising. In termini profit è il prodotto;

• obiettivi: una stima realistica del fabbisogno economico, determinata in base alle

finalità che l’azione di fundraising si propone di realizzare;

• donatori: bisogna individuare i donatori in base alla quantità e qualità delle donazioni necessarie per garantire il successo dell’operazione di fundraising;

• volontari carismatici: persone impegnati nell’attività disponibili a dare tempo,

energie e talento per un fundraising produttivo;

• le pubbliche relazioni: servono a far conoscere ed accettare l’organizzazione che raccoglie fondi;

• il tempo e la tempistica: bisogna aver tempo a sufficienza per elaborare e mettere

in atto un programma di qualità stabilendo una tempistica realistica tenuto conto delle festività religiose e civili e della crescente competizione tra gli organismi nonprofitper ottenere fondi e dell’instabilità delle condizioni economiche;

• budget: i piani d’investimento, o i fondi compresi nel budget, devono essere

congruenti con il fabbisogno del programma.

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Strategie di fundraising 

1. La logica del fundraising: creare la piramide della donazione La legge di Pareto, sociologo ed economista, esprime il rapporto che ha guidato l’economia della produzione, sino ad oggi, affermando che l’80% della produttività è data dal 20% dei lavoratori. Questa considerazione, oltre ad aver sempre trovato grandi riscontri negli studi economici e macroeconomici, dove ad esempio si sa che l’80% del prodotto nazionale lordo è dato dal 20% delle imprese, trova conferma anche nella raccolta fondi. È testato infatti che l’80% dei fondi raccolti è dato dal 20% dei donatori. Constatato ciò, è bene creare una serie di azioni che curando i vari livelli di donazione incrementino l’ammontare di raccolta annuo. La figura che segue, rappresenta la piramide della donazione ed esprime una chiara semplificazione del concetto appena citato. Come possiamo osservare, la piramide è suddivisa in cinque livelli dove in ognuno trovano posto le varie tipologie di donatori. È fondamentale considerare sempre ogni tipo di donatore con lo scopo di promuovere, negli anni, i donatori al gradino superiore fino a raggiungere l’apice della piramide dove si trovano il 20% dei donatori che apportano l’80% dei fondi, ovvero dove la legge di Pareto viene soddisfatta. La base della piramide è costituita dalle quote associative e dai sostenitori che hanno fatto la loro prima donazione, pagato la loro prima quota associativa o partecipato ad un evento speciale. Spesso queste donazioni sono casuali, fatte per svista o comunque d’impulso; in questo caso il compito dell’associazione sarà quello di cogliere l’attenzione dimostrata dal donatore, ringraziandolo e tenendolo informato sull’attività che l’associazione svolge, in modo da ottenere un rinnovo della donazione ed essere così riuscita a farlo salire già di un gradino. Nel secondo livello si trovano, infatti, tutti i donatori che hanno già donato e che rinnovano la loro quota spesso anche incrementandola. A questi l’associazione deve rivolgersi proponendo richieste di rinnovo personalizzate, laddove si è creata una relazione con il “vecchio” donatore, e invitandolo agli incontri, agli eventi speciali, inviandogli newsletter e altro materiale informativo, contattandolo telefonicamente e ringraziandolo. Così facendo, ovvero coltivando il rapporto tra donatore e vita dell’associazione e tra donatore e fundraiser, si possono ottenere anche donazioni pianificate o stabili. Al terzo livello si trova la fascia dei donatori che hanno deciso di dare un contributo programmato all’associazione, impegnandosi in donazioni rivolte a specifici progetti o in donazioni costanti e periodiche. In questo caso i donatori vengono definiti “attivisti” perché danno un continuo supporto all’associazione e per questo è bene che vengano chiamati anche a prender parte all’attività manageriale dell’associazione.

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Gli ultimi due livelli della piramide riguardano le grandi donazioni e i lasciti testamentari. In questi casi i donatori hanno svariate motivazioni che riguardano la loro vita, la loro cultura, le loro vicissitudini, la loro famiglia. Chi si trova nelle condizioni di poter dare un grosso lascito generalmente lo fa a favore di chi già conosce, di chi già approva e con cui ha instaurato una relazione. Per questo è più probabile che la grande donazione arrivi da chi è già stato donatore. La piramide del fundraising è utile per capire la logica con cui la raccolta fondi deve essere tenuta, una logica di continua crescita e sviluppo generate dal buon lavoro, costante, corretto e ben organizzato che non può prescindere dalla relazione personale che rimane sempre alla base di ogni buona raccolta fondi

2.  Identificare  il  fabbisogno  economico  e  selezionare  il  giusto programma di raccolta fondi Un buon piano di fundraising comincia dalla valutazione dei fabbisogni economici dell’associazione e dalla valutazione dei fondi che devono essere raccolti per sostenere programmi finalizzati alla soddisfazione dei bisogni, nonché alla scelta dei programmi di fundraising giusti per raccogliere i fondi necessari. I fabbisogni che un’associazione riscontra si suddividono in quattro tipologie:

1. relativi all’anno d’esercizio e quindi collegati al deficit annuale; 2. legati a finalità specifiche; 3. in termini di capitali immobili e di attrezzature; 4. in termini di capitali che producono interessi per coprire i fabbisogni relativi

all’anno d’esercizio.

A questi fabbisogni corrispondono quattro programmi di raccolta fondi:

1. Raccolta annuale (donazioni ordinarie): utilizzata per coprire il deficit annuale ed è usualmente richiesta sotto forma di quota associativa o come donazione ordinaria. La differenza sta nel fatto che la quota associativa predispone una sorta di rinnovo, porta con se il concetto di appartenenza e quindi è fidelizzante nel tempo, mentre la donazione non possiede tutte queste caratteristiche. In generale la raccolta annuale vuole, oltre ad ottenere la donazione, fare anche in modo che si ripeta negli anni e che aumenti d’entità, creando abitudini e modalità di donazioni e ricercando nuovi potenziali donatori.

2. Raccolte di capitali legate a specifici progetti: in questo caso viene chiesto al donatore una somma ingente necessaria all’organizzazione in termini di capitali, come ad esempio può essere la costruzione, ristrutturazione, espansione di un edificio o per l’acquisizione di attrezzature particolari. In questi casi il donatore ha l’opportunità di distribuire l’erogazione della donazione in diversi anni fiscali utilizzando il metodo della “promessa di donazione”.

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3. Grandi donazioni e donazioni straordinarie, vengono fatte ogni 5-7 anni, di solito da persone che già hanno donato. Sono donazioni “una tantum”, non richiedono di avviare una raccolta di capitali per sollecitare una donazione straordinaria, basta individuare un bisogno e rivolgersi personalmente alle persone che potenzialmente potrebbero concedere il finanziamento.

4. Donazioni pianificate: meglio conosciute come lasciti e testamenti. Se sollecitata correttamente, la donazione pianificata apporta all’associazione una donazione consistente. Un programma di raccolta annuale, produttivo e ben organizzato rappresenta una solida base per le sollecitazione pianificate, in quanto tende a legare gli interessi del donatore a quelli dell’organizzazione nonprofit.

3. Costruire un gruppo di volontari che valuti  i progetti e  la scelta del programma Come già abbiamo avuto modo di constatare un piano di fundraising risulta impossibile se a renderlo effettivo non opera un motivato gruppo di volontari e il personale retribuito che sostenga in pieno la buona causa dell’associazione e che sia disposto a continui cambiamenti e flessibilità. Questo perché è impensabile che la raccolta fondi sia efficace se fatta da persone che non credono in quello che promuovono. Fingere di essere in accordo con la mission proposta risulterebbe inutile perché l’interlocutore percepirebbe, con alta probabilità, la non piena convinzione finendo col rifiutare la proposta e il rappresentante dell’associazione finirebbe col screditare l’immagine di quest’ultima. Quello che serve per una buona raccolta fondi è un gruppo di persone motivate e compito dell’associazione è quello di valorizzarle. I volontari, non essendo dipendenti stipendiati posseggono particolari caratteristiche, in quanto:

• eseguono il loro servizio con lo scopo di aiutare e non di ricevere un compenso; • sono più credibili perché non essendo pagati viene più naturale fidarsi di loro; • sono più oggettivi nel criticare e nell’individuare i problemi della struttura; • vivono il loro lavoro con molto meno stress e meno pressione; • sono cittadini che spesso aiutano l’associazione a superare i vincoli burocratici; • non essendo pagati possono essere impegnati anche per progetti a rischio per

l’associazione. I volontari sono un bene prezioso, che possono apportare ottimi contributi all’associazione perché spinti da una forte motivazione. I volontari trovano soddisfazione nel prender parte alla vita dell’associazione e nello spendere tempo e proprie risorse e per questo un’associazione deve valutare i volontari per le loro capacità e potenzialità. Di seguito elenchiamo le attività essenziali che è bene intraprendere per coinvolgere i volontari nel programma di fundraising:

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A. analizzare le esigenze dei vostri volontari in modo accurato, completo e obiettivo: una volta stabilito il programma di fundraising è bene assegnare ruoli e compiti ai volontari e fare una descrizione sommaria delle mansioni da compiere in modo da definire le abilità necessarie per ciascun compito;

B. identificare i potenziali volontari: è bene condurre una continua ricerca per l’identificazione dei volontari e redigere una scheda per ogni candidato;

C. reclutare i volontari; se il volontario è tanto in gamba per candidarsi ad un compito importante lo sarà anche per un incontro di sensibilizzazione in cui devono essere sottolineate le sue potenzialità verso l’organizzazione nonprofit;

D. formare e orientare i volontari: è bene informare i volontari sul programma dell’associazione, sullo scopo perseguito, sull’operatività e sul suo budget. È bene inoltre indicare le necessità che stanno alla base degli obiettivi strategici e spiegare come sono stati individuati i bisogni;

E. coinvolgere i volontari: i volontari non utilizzati sono sprecati, se un’associazione non ne fa uso, prima o poi li perderà;

F. fare buon uso del tempo dei volontari: i volontari hanno una quantità di tempo limitata da donare, usatela con buon senso. Non imponete compiti pesanti per il tempo che il donatore ha a disposizione e non assegnate mai compiti di serie “b” ai volontari semplicemente per tenerli occupati;

G. valutate i volontari: la valutazione è importante perché dimostra che la partecipazione dei volontari è tenuta in considerazione;

H. ringraziare: la soddisfazione, nel senso di appagamento interiore, è una grossa ricompensa per il volontariato prestato. Bisogna dimostrare a ciascun volontario che il servizio da lui offerto non è soltanto molto apprezzato ma anche altamente significativo per l’organizzazione nonprofit. Per ringraziare i volontari è bene utilizzare tutti gli strumenti appropriati, come lettere, targhette,

I. articoli sulla stampa locale, cene di ringraziamento o inviti ad eventi speciali.

4. Incontrare un esperto di fundraising Può capitare che un’associazione senta l’esigenza di rivolgersi ad uno specialista della raccolta fondi per usufruire della sua esperienza tecnica e delle sue capacità organizzative. Prima di rivolgersi ad un consulente è bene, però, valutare le esigenze dell’associazione, la preparazione ad interagire con l’esperto nonché la sostenibilità dei costi. L’associazione deve avere ben chiari gli obiettivi strategici e operativi prima di chiedere assistenza esterna, deve aver elencato i bisogni in ordine di priorità, i leader dell’associazione devono essere ben disposti a impegnare le loro risorse sia in termini di tempo che di donazione e i volontari più qualificati devono essere disponibili. L’intervento di un consulente non significa pagare qualcuno per svolgere i compiti che l’associazione avrebbe dovuto fare altrimenti, anzi, significa lavorare con più competenza in modo corretto e con l’obiettivo di ottenere risultati migliori. L’intervento del consulente è un’occasione per aumentare le proprie esperienze e capacità ed è un ottimo momento di formazione per i volontari.

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La consulenza può essere utile quando: A. Si ha in programma una raccolta di capitali che prevede un lungo periodo di tempo e richiede:

1. gli studi sulla fattibilità; 2. l’organizzazione e la pianificazione della raccolta; 3. l’assistenza con ricerca di potenziali donatori e reclutamento dei volontari; 4. la consulenza continuativa per il management del fundraising.

B. Si vuole effettuare una raccolta annuale o ordinaria che richiede: 1. la pianificazione della raccolta; 2. l’implementazione specifica di tecniche di fundraising.

C. Si vuole un servizio di supporto in tema di; 1. revisioni contabili del programma di fundraising; 2. corsi di formazione per il consiglio di amministrazione; 3. individuazione dei potenziali donatori; 4. ricerca di dirigenti; 5. preparazione di comunicati e materiale di marketing; 6. organizzazione di eventi speciali; 7. programmi di donazioni pianificate.

5. Mai perdersi d’animo Spesso le piccole organizzazioni si scoraggiano perché confrontano le loro azioni e i loro risultati con l’attività svolta dai giganti del nonprofit. Questo atteggiamento è sbagliato perché ogni organizzazione, anche la più piccola, ha i sui punti di forza e di debolezza; conoscendoli e operando a modo sarà in grado di ottenere risultati adatti alla sua portata. Quindi mai scoraggiarsi, anzi è bene sfruttare le caratteristiche tipiche di ogni associazione che la differenziano e che devono spingere il donatore a donare per quella specifica associazione piuttosto che per un’altra. Una piccola organizzazione che lavora con passione, trovando qualcosa di veramente speciale nella causa proposta, è già in vantaggio rispetto ai suoi concorrenti. Viviamo in un paese in cui la filantropia e le donazioni hanno radici antiche, in cui gli abitanti hanno sempre mostrato propensione verso le offerte e continuano a farlo. Bisogna impegnarsi e imparare a fare raccolta di fondi con stile e programmazione. Non bisogna spaventarsi: la maggior parte delle cose che fanno i grandi le possono fare anche le piccole organizzazioni. Occorre solo entusiasmo, coraggio e determinazione.  

Vuoi altri consigli sulle migliori strategie per il fundraising?

Allora… 

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I costi del fundraising

                        Donatori di tempo

Avete  bisogno  di  nuovi  volontari  e  non  sapete  dove  e  come cercarli? Nessun problema. Questo  è  il  libro  che  fa proprio  al caso vostro. Con uno stile spigliato e confidenziale l’autore offre alle organizzazioni nonprofit un ricettario di consigli pratici per affrontare una ricerca di sicuro successo. 

 “Raccogliere volontari significa seguire passo dopo passo un percorso lineare, ma  ciclico  e  costante; molto  facile  da  imparare  e  anche  da eseguire… e vedrete i risultati non si faranno attendere. Per agevolare la  comprensione  del metodo  di  ricerca,  il  libro  è  stato  suddiviso  in tappe progressive da attraversare seguente l’ordine prestabilito.” Acquista subito! 

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Il manuale mira, per  la prima  volta  in  Italia,  a  standardizzare  i parametri  di  valutazione  e  misurazione  delle  attività  di fundraising.  

“Oggi, come mai prima d’ora, è di fondamentale importanza verificare il successo delle  campagne di  raccolta  fondi, valutare  i  risultati  realizzati rispetto  agli  precedenti,  nonché  fare  un  benchmark  con  le  altre organizzazioni  nonprofit.  Il  volume  rappresenta  tutto  ciò  di  cui  un fundraiser  italiano  ha  bisogno  per  fronteggiare  al meglio  non  solo  le intrinseche  difficoltà  della  professione,  ma  anche  le  pretese  dei committenti e le aspettative dei donatori.” 

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                 Sviluppare il caso per la raccolta fondi 

                 Direct mail per il fundraising

Un  testo  innovativo  che  permette  di  scoprire  come  scrivere lettere di successo per ottenere la fiducia dei donatori. 

 

“Se  il  fundraising  attraverso  il mailing  è  una  scienza  (ipotesi molto poco verosimile), il suo aspetto scientifico più incoerente e inesatto è proprio la scrittura delle lettere. Alcuni esperti del settore affermano che  le  lettere  possono  essere  scritte  attraverso  delle  formule. Scrivere  lettere di  fundraising è un’impresa  ardua perché  ciò  che  è efficace per un’organizzazione potrebbe non esserlo per un’altra e ciò che  ha  funzionato  l’anno  scorso  o  l’ultima  volta  potrebbe  non funzionare più.” Acquista subito!

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Un  manuale  pratico  che  illustra  come  compiere  il  primo  e forse  più  importante  passo  nel  complesso  processo  di fundraising: il caso per la raccolta fondi.  

“L’elaborazione  del  caso  per  la  raccolta  fondi  rappresenta  il  vero fondamento su cui si regge l’azienda non profit, perché è la base che le permette di fare fundraising: non si tratta quindi di un documento come  tanti,  bensì  di  un  elemento  essenziale  per  realizzare  un programma di raccolta fondi efficace. Se  immaginiamo  l’azienda non profit come un edificio,  il caso per  la raccolta  fondi  rappresenta  le  sue  fondamenta… e  se  le  fondamenta sono fragili, l’edificio rischia di crollare!” 

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                 La campagna di raccolta capitali

                 Chiedere e ottenere grandi donazioni 

Un  testo  ricco  di  strumenti  operativi  per  capire  che  una raccolta  di  grandi  donazioni  può  permettere  a  un’azienda nonprofit di procurarsi più  fondi di quanti non ne abbia mai ottenuti prima.  “Ciò  che  i  donatori  vogliono  che  si  faccia  fortemente  con  il  loro denaro  è  investirlo  con  saggezza  e  creatività  per  raggiungere  la mission, risolvere  i problemi della comunità e soddisfare  le esigenze che stanno a cuore sia a loro stessi, sia all’azienda non profit. Sapere che questi problemi vengono  risolti e che queste esigenze vengono colmate rappresenta il loro ROI, return on investiment.” 

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Per  raccogliere  capitali  un’azienda  deve  prepararsi  in modo adeguato. Il testo offre gli strumenti giusti per scoprire i punti di  forza  dell’azienda  e  impostare  su  questi  la  raccolta  di capitali.  “Poche  attività  sono  tanto  stimolanti,  esaltanti  e  soddisfacenti quanto la raccolta capitali. La posta in gioco, il rischio e le ricompense sono  tutte  enormi:  per  questo,  dedicarsi  alla  raccolta  capitali  è emozionante,  ma  anche  stressante.  Quando  riscuote  un  vero successo,  lascia dietro di sé un organo direttivo molto più forte e un pool  di  donatori  più  ampio  e  affezionato,  due  punti  di  forza  che torneranno  utile  all’azienda  non  profit  nell’affrontare  le  sfide  e  le opportunità che le capiteranno anche dopo la raccolta di capitali.” 

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              Promuovere una fondazione dedicata alla raccolta fondi

Un  manuale  essenziale  che  offre  una  serie  di  indicazioni pratiche per costituire un fondo o una fondazione e permette di evitare gli errori più comuni. 

“Sempre  più  aziende  non  profit  decidono  di  stabilizzare  la  loro situazione  economica  costituendo  un  fondo  o  dotandosi  di  una fondazione,  e  questa  strategia  di  fundraising  è  diventata  così  uno degli  argomenti  di  maggiore  attualità  nel  non  profit.  Tuttavia  la costituzione di fondi e fondazioni è sostanzialmente diversa da altre azioni  di  fundraising  e  offre  particolari  vantaggi  alle  aziende  non profit, ma non si può affrontare questa iniziativa con leggerezza.” 

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