Il cammino sinodale della nostra La conclusione che si può ... · gelico la nostra vita e il volto...

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Parrocchia di Monigo FOGLIETTO PARROCCHIALE a. XIX n° 18 - 6 maggio In internet: www.parrocchiamonigo.com - Parroco: 3472631330 Il cammino sinodale della nostra Chiesa di Treviso Giovedì 24 maggio sono convoca gli ope- ratori pastorali delle parrocchie della colla- borazione (consiglio pastorale, catechiste, AC e tu gli altri gruppi ) per concludere il cammino sinodale. Lincontro sarà tenuto da mons. Brugnoo e saranno esposte anche le osservazioni fae dalle varie parrocchie. Ripropongo qui lintervista faa al vescovo nel marzo scorso. Che bilancio sente di poter fare del Cammi- no Sinodale e che va- lore ritiene che avrà per il futuro della no- stra diocesi? Il Cammino Sinodale, dal mio punto di vista, è stato solo l’inizio di un percorso, un ampio momento di discernimento, in cui si è cercato soprattutto di metterci in ascolto di ciò che “lo Spirito chiede alla nostra Chiesa”, per evocare un’espressione ripetuta nel libro dell’Apocalisse. “Fare un bilancio” mi sembra quasi un’operazione di tipo “aziendale” che mal si addice all’impegno di una Chiesa chiamata sempre a riconoscere che il protagonista è lo Spirito. È vero che ci siamo guardati attorno, ci siamo anche detti che cosa fare, abbiamo formulato delle “scelte”, ma sono dei ten- tativi, forse timidi, di alimentare una volontà di riforma, o di conversione continua, che deve appartenere ad ogni stagione della Chiesa se non vuole tradire la sua missio- ne e svuotare il Vangelo della sua forza. Devo dire però che ho sentito dichiarare da varie persone che hanno partecipato a questo evento, come membri dell’Assem- blea Sinodale diocesana, che hanno vissuto un’espe- rienza ecclesiale positiva e si sono sentiti coinvolti. Cer- to, si deve dire realisticamente che sono solo una picco- la parte del grande numero dei battezzati che apparten- gono a questa diocesi; ma noi abbiamo cercato di semi- nare: non viviamo l’ansia di raccogliere subito dei frutti. Con questa Lettera il Cammino Sinodale entra nella “fase due”, che è stata definita come un “avvio di processi”: può spiegare che cosa significa questa espressione? La conclusione che si può ricavare, in una battuta, dal Cammino Sinodale è che dobbiamo continuare a cam- minare. Per questo la Lettera pastorale è intitolata Per una Chiesa in cammino. Un camminare che non preten- de di svolgersi secondo programmi (ecclesiali o pastora- li) assolutamente precisi, subito definiti in ogni dettaglio. Qualche volta sento esprimere questa esigenza, per certi aspetti comprensibile; ma non basta qualche inizia- tiva nuova o qualche revisione delle attività pastorali consuete, per andare verso un nuovo modello di Chie- sa, o verso una Chiesa più missionaria, come ci chiede Francesco. Il Papa ci ha invitati, nel suo intervento al Convegno ecclesiale di Firenze, a non mettere tutta la nostra fiducia «nelle strutture, nelle organizzazioni, nelle pianificazioni perfette perché astratte». L’epoca di grandi cambiamenti che stiamo vivendo deve farci sentire co- me Abramo che si lascia condurre dal Signore verso una terra che ancora non conosce. Per questo l’«avvio di processi» (è anche questa un’indicazione di papa Francesco) dice che vogliamo iniziare da alcune piccole iniziative o riforme, che ci aprano però a cambiamenti più profondi, a conversioni di mentalità e di stile, che giungano a modificare in senso decisamente più evan- gelico la nostra vita e il volto della nostra Chiesa. Dispo- nibili sempre a verificare, ed eventualmente a corregge- re, a perfezionare. La “scelta – chiave” che sosterrà tutte le altre è la valorizzazione degli organismi di partecipazione, a partire dal Consiglio pastorale parrocchiale: non è una scelta “rischiosa”, dato che sono visti un po’ come delle realtà “spente”, poco vivaci? Sì, è una scelta rischiosa, che potrebbe anche fallire. Sono molti, infatti, quelli che giudicano un’esperienza non riuscita quella voluta dal Concilio di introdurre nella Chiesa i cosiddetti “organismi di partecipazione”, quali sono appunto i Consigli pastorali. Siamo realisti e dun- que siamo convinti che non si tratta di un impegno sem- plice. Infatti nella Lettera pastorale si parla della «sfida dei Consigli pastorali come palestre di sinodalità e ‘motori’ del cambiamento». Ma abbiamo ritenuto che valga la pena tentare. La ragione sta anche nel fatto che l’esperienza del Cammino Sinodale ci ha convinto che la “sinodalità” deve caratterizzare sempre più lo stile della Chiesa. I Consigli pastorali sono i luoghi di sinodalità più “a portata di mano”. Perché dunque non tentare di rivita- lizzarli, di rivedere la loro identità e funzione, rendendoli i primi promotori del rinnovamento delle nostre comuni- tà? In Evangelii gaudium papa Francesco ci mette in guardia da “pessimismo sterile” che soffoca l’audacia e

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Parrocchia di Monigo FOGLIETTO PARROCCHIALE a. XIX n° 18 - 6 maggio

In internet: www.parrocchiamonigo.com - Parroco: 3472631330

Il cammino sinodale della nostra Chiesa di Treviso

Giovedì 24 maggio sono convocati gli ope-ratori pastorali delle parrocchie della colla-borazione (consiglio pastorale, catechiste, AC e tutti gli altri gruppi ) per concludere il

cammino sinodale. L’incontro sarà tenuto da mons. Brugnotto e saranno esposte anche le

osservazioni fatte dalle varie parrocchie.

Ripropongo qui l’intervista fatta al vescovo nel marzo scorso.

Che bilancio sente di poter fare del Cammi-no Sinodale e che va-lore ritiene che avrà per il futuro della no-stra diocesi? Il Cammino Sinodale,

dal mio punto di vista, è stato solo l’inizio di un percorso, un ampio momento di discernimento, in cui si è cercato soprattutto di metterci in ascolto di ciò che “lo Spirito chiede alla nostra Chiesa”, per evocare un’espressione ripetuta nel libro dell’Apocalisse. “Fare un bilancio” mi sembra quasi un’operazione di tipo “aziendale” che mal si addice all’impegno di una Chiesa chiamata sempre a riconoscere che il protagonista è lo Spirito. È vero che ci siamo guardati attorno, ci siamo anche detti che cosa fare, abbiamo formulato delle “scelte”, ma sono dei ten-tativi, forse timidi, di alimentare una volontà di riforma, o di conversione continua, che deve appartenere ad ogni stagione della Chiesa se non vuole tradire la sua missio-ne e svuotare il Vangelo della sua forza. Devo dire però che ho sentito dichiarare da varie persone che hanno partecipato a questo evento, come membri dell’Assem-blea Sinodale diocesana, che hanno vissuto un’espe-rienza ecclesiale positiva e si sono sentiti coinvolti. Cer-to, si deve dire realisticamente che sono solo una picco-la parte del grande numero dei battezzati che apparten-gono a questa diocesi; ma noi abbiamo cercato di semi-nare: non viviamo l’ansia di raccogliere subito dei frutti.

Con questa Lettera il Cammino Sinodale entra nella “fase due”, che è stata definita come un “avvio di processi”: può spiegare che cosa significa questa espressione?

La conclusione che si può ricavare, in una battuta, dal Cammino Sinodale è che dobbiamo continuare a cam-minare. Per questo la Lettera pastorale è intitolata Per una Chiesa in cammino. Un camminare che non preten-de di svolgersi secondo programmi (ecclesiali o pastora-li) assolutamente precisi, subito definiti in ogni dettaglio. Qualche volta sento esprimere questa esigenza, per certi aspetti comprensibile; ma non basta qualche inizia-tiva nuova o qualche revisione delle attività pastorali consuete, per andare verso un nuovo modello di Chie-sa, o verso una Chiesa più missionaria, come ci chiede Francesco. Il Papa ci ha invitati, nel suo intervento al Convegno ecclesiale di Firenze, a non mettere tutta la nostra fiducia «nelle strutture, nelle organizzazioni, nelle pianificazioni perfette perché astratte». L’epoca di grandi cambiamenti che stiamo vivendo deve farci sentire co-me Abramo che si lascia condurre dal Signore verso una terra che ancora non conosce. Per questo l’«avvio di processi» (è anche questa un’indicazione di papa Francesco) dice che vogliamo iniziare da alcune piccole iniziative o riforme, che ci aprano però a cambiamenti più profondi, a conversioni di mentalità e di stile, che giungano a modificare in senso decisamente più evan-gelico la nostra vita e il volto della nostra Chiesa. Dispo-nibili sempre a verificare, ed eventualmente a corregge-re, a perfezionare.

La “scelta – chiave” che sosterrà tutte le altre è la valorizzazione degli organismi di partecipazione, a partire dal Consiglio pastorale parrocchiale: non è una scelta “rischiosa”, dato che sono visti un po’ come delle realtà “spente”, poco vivaci? Sì, è una scelta rischiosa, che potrebbe anche fallire. Sono molti, infatti, quelli che giudicano un’esperienza non riuscita quella voluta dal Concilio di introdurre nella Chiesa i cosiddetti “organismi di partecipazione”, quali sono appunto i Consigli pastorali. Siamo realisti e dun-que siamo convinti che non si tratta di un impegno sem-plice. Infatti nella Lettera pastorale si parla della «sfida dei Consigli pastorali come palestre di sinodalità e ‘motori’ del cambiamento». Ma abbiamo ritenuto che valga la pena tentare. La ragione sta anche nel fatto che l’esperienza del Cammino Sinodale ci ha convinto che la “sinodalità” deve caratterizzare sempre più lo stile della Chiesa. I Consigli pastorali sono i luoghi di sinodalità più “a portata di mano”. Perché dunque non tentare di rivita-lizzarli, di rivedere la loro identità e funzione, rendendoli i primi promotori del rinnovamento delle nostre comuni-tà? In Evangelii gaudium papa Francesco ci mette in guardia da “pessimismo sterile” che soffoca l’audacia e

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induce a “sotterrare i talenti”.

La scelta di lasciare che siano le singole Collabora-zioni Pastorali a decidere quali processi avviare per primi è un segnale di fiducia e di responsabilizzazio-ne. Non teme, però, uno “sfilacciamento” del cam-mino unitario della Diocesi? Abbiamo molto riflettuto nella Commissione Sinodale se l’attuazione delle “scelte” indicate dal Cammino Sinodale dovesse essere uniforme per tutta la diocesi o meno. Abbiamo voluto privilegiare la responsabilità e il discer-nimento di ogni Collaborazione Pastorale. Ci sembra un atto di fiducia in quanti saranno chiamati a dare attuazio-ne concreta alle scelte e anche un’attenzione alla diver-sità delle situazioni locali. La diocesi è popolosa ed è un insieme di comunità eterogenee, con caratteristiche di-verse. Non vogliamo comunità rigidamente standardiz-zate su un unico modello, ma protagoniste e capaci di riconoscere sia le proprie fragilità sia le proprie potenzia-lità. Toccherà poi a chi segue il cammino diocesano dal centro promuovere un’armonia delle diversità. Nella Let-tera si legge: «L’unità non sarà data dal fare tutti la stes-sa cosa nello stesso momento, ma dal perseguire tutti alcuni grandi obiettivi, raggiungibili anche attraverso per-corsi in certa misura diversi e interpretati da soggetti di-versi».

Il nuovo stile di Chiesa tratteggiato nella Lettera vor-rebbe introdurre un modo nuovo di camminare in-sieme come comunità cristiane, nella diversità dei doni e delle vocazioni. Quali sono le potenzialità e le resistenze in questo cambiamento? Credo che il Cammino Sinodale abbia incrementato ulte-riormente un “camminare insieme” che trova già un’e-sperienza diffusa in diocesi attraverso l’introduzione del-le Collaborazioni Pastorali, presenti or-mai nei quattro quinti delle parrocchie. Il camminare insieme non dice una condi-visione generica; dice la disponibilità a dialogare, riflettere, discernere tra “categorie” diverse, e cioè i diversi “stati di vita” (presbiteri, diaconi permanenti, consacrati, laici), ma anche persone con esperienze di fede, sensibilità, attenzioni diverse. La maturità cristiana di tanti laici, la loro respon-sabilità, la loro esperienza, la sapienza che nasce dalla loro vita, meritano di essere maggiormente riconosciute e messe a disposizione di tutti; probabilmente questo vale anche per l’esperienza specifica delle persone con-sacrate, talora percepite solo come possibile “manovalanza pastorale”. Credo che, in tutto ciò, le resi-stenze non manchino: vanno rispettate e comprese, per-ché ogni cambiamento comporta delle fatiche.

La Visita pastorale ha restituito una Chiesa “nel gua-do” fra tradizione e tentativi di rinnovamento. Come immagina la Chiesa di Treviso del futuro? Su quale punto vorrebbe che si concentrassero di più gli sfor-zi da parte delle nostre comunità cristiane? Non amo molto l’immagine del “guado” attribuita alla Chiesa, se questo vuol significare che siamo come chi si trova lontano dalle rive, insicuro, magari timoroso di af-fogare. Amo invece l’espressione che usa il Concilio, ci-tando Sant’Agostino: «La Chiesa “prosegue il suo pelle-grinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazio-ni di Dio”, annunziando la passione e la morte del Signo-re fino a che egli venga». La vera “altra riva”, il luogo dell’approdo, non è un nuovo assetto, nuove strutture, l’assunzione di nuove strategie pastorali: è l’incontro con il Veniente. Anche la nostra Chiesa vive il suo pellegri-naggio nel tempo con speranza e affrontando i vari pas-saggi con fiducia. Convinta che ogni passaggio, e anche ogni difficoltà, è un’occasione per crescere nella fedeltà al Signore e al Vangelo. È difficile dire come saremo nel futuro. Probabilmente saremo meno numerosi (ma chi può fare il computo dei discepoli di Gesù?), forse anche meno sospinti dalla tradizione ma più mossi dalla con-vinzione, più preoccupati della nostra coerenza cristiana che del nostro affermarci nella storia. Credo che ogni vero rinnovamento delle comunità cristiane nasca da un riconoscimento più intenso della centralità di Gesù nella nostra vita personale e comunitaria. Il cristianesimo è un poliedro dalle molte facce e le forme che la Chiesa può assumere nel tempo sono diverse, ma tutto proviene sempre da Gesù Cristo e deve condurre sempre a Gesù

Cristo. (Alessandra Cecchin)

Il Papa nella parrocchia romana Tor de’ Schiavi

Inaugurerà la "Casa della gioia" per persone con disabilità e impar-tirà la Cresima a Maia, una bambi-na con la stessa malattia di Charlie Gard e Alfie Evans.

Michela Nicolais

Il parroco, don Maurizio Mirilli: "A una settimana dalla morte di Alfie, è la più bella risposta alla sua storia". La Cresima di Maia e della mamma è un evento nell’evento. Maia è affetta dalla stessa malattia di Charlie Gard e Alfie Evans. “Ad una settimana dalla morte di Alfie, è la risposta più bella alla sua storia e a quella degli altri bambini che si trovano nella stessa con-dizione”, dice il parroco, don Maurizio Mirilli, mentre ci racconta una storia di vita che ha il sapore dell’acco-glienza coinvolgente e integrale di quelli che lui definisce

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“gli scartagonisti”: gli scartati dagli uomini e dalla socie-tà. Quelli che, da vittime della “cultura dello scarto”, co-me la chiama Papa Francesco, diventano protagonisti non solo della loro esistenza ma anche quella degli altri.

Come i 7 disabili che an-dranno ad abitare nella “Casa della gioia”, che il Papa inaugurerà proprio domenica. Tutta la parroc-chia, e per contagio tutto

i l

quartiere, li ha adottati. Ed è solo l’inizio. È cominciato tutto da un grido di dolore. Quello sordo, ma straziante di alcune mamme con figli disabili che hanno chiesto al parroco un aiuto per quando sarebbero rimasti senza famiglia. Tre anni fa, durante gli esercizi spiri-tuali al clero romano, don Maurizio ha sentito il card. Tagle commentare l’episodio evangelico del paralitico che viene calato dal tetto per essere guarito da Gesù. Il commento del cardinale, racconta don Maurizio – è stato: “Oltre a spalancare le porte delle nostre chie-se, Gesù ci chiede addirittura di scoperchiare i tetti”. Così, il tetto della chiesa del Santissimo Sacramento, oggi, è diventato la “Casa della gioia”: i locali prima uti-lizzati come aule di catechismo e poi adibiti a ma-gazzino sono ora stanze colorate di giallo, arancio, blu per ospitare i disabili del quartiere. Di giorno, “Casa della gioia” è un centro che accoglie altri gruppi di disabili per laboratori di pittura o musicoterapia.

“Sotto c’è l’Eucaristia celebrata, sopra c’è l’Eucaristia vissuta”, spiega don Maurizio ricordando gli ingredienti che hanno dato ossigeno al suo sogno ora diventato realtà, in soli due anni. Il 14 settembre scorso è stato sollecitato ad andare a messa dal Papa a Santa Marta, come fanno a turno tutte le parrocchie romane. “Invece di portare con me i rappresentanti del Consiglio pastora-le, ho deciso di portare gli scartagonisti: 20 disabili, in-sieme al progetto di Casa della gioia. Il Papa mi ha ri-sposto: ‘Mi hai portato la parte migliore. Parla col vicario, voglio venire io a inaugurarla’”.

Opera-segno. Don Maurizio, parroco al Santissimo Sa-cramento da quasi quattro anni, ci tiene a precisare che “Casa della gioia” è stata interamente finanziata dalla comunità parrocchiale, “ma il mandato è diocesano, ri-marrà un’opera-segno del Vicariato anche quando io non ci sarò più”. L’obiettivo spiega, è “formare e informa-re le famiglie sulla possibilità di adottare i disabili scartati

dalle liste previste dal Tribunale per le adozioni”.

A “Casa della gioia” i 7 disabili ospiti saranno accuditi da due suore salesiane della Congregazione di San Filippo Smaldone, da una laica e dai “Figli della gioia”, un grup-po di 50 volontari della parrocchia a disposizione per tut-te le attività della casa, dalla cucina al tempo libero. Sil-via e Monica occupano una delle stanze: sono amiche dalla nascita, ora hanno 42 e 43 anni. La mamma di Mo-nica è malata già da tempo, ma ha la gioia dipinta nel volto: ora sa che sua figlia ha un futuro. I genitori di Sil-via possono guardare la figlia dalla finestra: la loro casa è proprio davanti alla sua stanza. Lella, Nuccia, Laura sono tre volontarie col sorriso: nella casa fanno un po’ di tutto, quello che serve, alcune di loro hanno già fatto

esperienza di ascolto dei bisogni della gente nel progetto “Condomini solidali”, una sala condominiale attivata nelle case po-polari, al n. 241 di Via Olevano Ro-mano, per venire incontro alle esi-genze più urgenti dei bambini e de-

gli anziani.

La parrocchia del SS. Sacramento è stata una delle pio-niere, a Roma, del progetto “Quartieri solidali” pro-mosso dalla Caritas. Mentre ce ne parla, Laura tradisce l’emozione per l’arrivo del Papa, condivisa da Valentina, la sua amica in carrozzella che sa a memoria la data dell’inizio di questa esperienza: tre anni fa, il 20 ottobre 2015. “Facciamo assistenza leggera agli anziani”, spiega: “Li aiutiamo a fare la spesa, a pagare le bollette, negli spostamenti per andare dal medico, nel disbrigo delle pratiche”. Nel quartiere i volontari che tengono in piedi questo servizio sono ormai diventati un punto di riferimento. Un volontario speciale è Claudio, buddista dal 1985. Quando è arrivato don Maurizio, Claudio è ri-masto sorpreso dalla sua vitalità e gli ha chiesto se po-teva essere utile in qualche modo: “Quartieri solidali” stava nascendo proprio allora e il parroco lo ha invitato a partecipare. “Qui un Papa non è mai arrivato”, dice a proposito dell’arrivo di Francesco: “Spero di incontrarlo per digli grazie per quello che fa”. Per cercare di descri-vere come si sente oggi, Claudio si lascia andare ad un ricordo: “Abitavo a piazza della Cancelleria. Quando Giovanni XXIII pronunciò il suo famoso discorso alla lu-na, io c’ero. Ero piccolino, sulle spalle di mio padre, in mezzo a migliaia di persone incolonnate su Corso Vitto-rio. C’era anche mio nonno, un anarchico che voleva ve-dere il Papa buono. Oggi mi sento emozionato come al-lora: mi avvicino con cuore puro a un uomo che ha un cuore grande. Un gigante della storia”.

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Giorno Ore Intenzioni S. Messe defunti

Sabato 5 Durante Guido, Teresa e Donatella e fam.; Rossi Gino e fam; Albino, Clelia e def. Buso; Marcon Giuseppe ;

Domenica 6

8.00 S. Anna Condotta Emma e Cendron Antonio; Cendron Luca; Pozzobon Adriano;

9.00 Bergamin Ivo;

11.00 famiglia Dall'Armi; Renosto Mario è Nicola ; Guerra A. e Zantetti A.; Giovanni Carloma-gno e Antonietta Conforti;

Martedì 8 via S. Elena (Antonietta Biscaro)

Mercoledì 9 Via S. Anna (Cendron Adriano)

Giovedì 10 via Batt. Feltre (Andretta)

Venerdì 11 33° Regg. (Callegarin Pier)

Sabato 12 19.00 Bucciol Giuseppe e Carniato Eufemia;

Domenica 13

8.00 S. Anna Cendron Andrea, Anastasia, Angelo e Caterina;

9.00 Caldato Giuseppe; Carraro Roma;

11.00

Battesimo di:

Emma Vegas Milocco di Luca e Elisa Masiero; Ginevra Bottecchia di Gabriele e Carla Ciferri; Masetto Vittoria di Luca e Valentina Sillian; Ligas Enea di Roberto e Benedetta De Rossi; Astor Domenico Marcon Luca e Nicoletta Sol Buffon; Vittoria Gadaleta di Daniele e Anna Carniato;

Maggio 2018

Martedì 8: via S. Elena (Antonietta Biscaro) Mercoledì 9: Via S. Anna (Cendron Adriano) Giovedì 10: via Batt. Feltre (Andretta) Venerdì 11 : 33° Regg. (Callegarin Pier) Martedì 15: via S. Elena (Irene e Roberto) Mercoledì 16: Strada la bassa (fam. Zoccarato) Giovedì 17 : Via Maffetti Venerdì 18 : via Sovernigo (Mario e Piero Cendron) Lunedì 21 : Fam. Carniato

Martedì 22 : Capitello S. Rita Mercoledì 23: palazzoni via Feltrina (Chiara Moroni) Giovedì 24 : via Ragazzi del ‘99 Venerdì 25 : via Castellana (fam. Volpato-Vendramin) Martedì 29: presso chiesetta S. Anna Mercoledì 30: via del Comune (fam. Feltrin) Giovedì 31 : via Sovernigo (Pozzobon Marco)

Giugno: Venerdì 1 : via Antoniutti Lunedì 4: via Castellana (Lucchetta Guido) Mercoledì 6 : via 33° Regg. (Wilma e Daniele)

Venerdì 11: Festa caraibica

Sabato 12: serata giovani

Domenica 13: - Family run, - A tutto vapore - Festa delle mamme e delle nonne

Venerdì 18: serata del pesce (prenotazione)

Sabato 19: serata spiedo (prenotazione)

Domenica 20: Festa della famiglia