Il bambino di ieri: breve storia di una storiografia · 2019. 10. 25. · SAGGI Il bambino di ieri:...

16
SAGGI Il bambino di ieri: breve storia di una storiografia Egle Becchi Il 1960, quando viene pubblicata la prima edizione francese de L’enfant et la vie familiale sous l’Ancien Régime (Ariès, 1960), tradotto in Italia nel 1968 col titolo Padri e figli nell’Europa medievale e moderna (Ariés, 1968), è, fuori di dubbio, l’anno inaugurale delle ricerche sul bambino del passato e l’avvio della storia dell’infanzia. Ariès non intende scrivere un testo su di un soggetto – il bambino – fino allora inedito nella riflessione degli storici: si preoccupa piutto- sto di ripensare un tema che ha già affrontato in suoi scritti precedenti (Ariès, 1948, 1971), e che risponde sia alle sue opzioni di studioso di demografia, sia al suo interesse per la famiglia, cellula del vivere associato, denotata in termini demografici, con essenziali tratti affettivi e religiosi; tema che lo accompagna durante tutta la sua vita di savant. Egli è uno storico della famiglia prima che uno storico dell’infanzia: e tale a ben vedere rimarrà per tutto l’arco della sua esistenza, fino a promuovere quella storia della vita privata 1 – la quale è soprat- tutto seppure non esclusivamente, una storia della famiglia –, che egli consegna come legato ai rerum scriptores delle nuove generazioni. Pur sempre, nel suo territorio culturale e affettivo, il bambino non ha un posto marginale: marito di un’amatissima moglie, ma membro di un’unità domestica dove non ci sono figli, ha avuto una famiglia di origine in cui individui di varie classi d’età non mancavano, e tale plurima presenza ha segnato il suo passato 2 . Tutto questo ha fatto sì che la sua curiosità per il non adulto fosse acuta, quasi elegiaca; e che egli lo andasse a cercare fuori dal suo tempo, in testimonianze dei secoli scorsi, poco perlustrate da altri scienziati che si muovono nel grande solco della storia delle mentalità e poi della nouvelle histoire. Il suo bagaglio di studioso della prima età è costituito da documenti iconografici, pagine di testi fino allora letti per altri interessi, pubblicazioni che parlano di scuola, di letteratura, di religione, di diari d’infanzia, in un panorama non certo ordinato e sistematico di cui Padri e figli è emblematico e affascinante nell’originalità dei punti di vista entro cui trascorre, e nei quadri culturali che abbozza e propone. Qui, nell’intrico delle novità che egli scopre sulla base di fonti sui generis, va cercato il bambino, un enfant – che nel vocabolo francese è non adulto, ma allo stesso tempo anche figlio – il quale 1 Ariès, Chartier, 1987. 2 Ariès, 1992, pp. 51 sgg. Studi sulla formazione, 1-2010, pag. 7-21 ISSN 1127-1124 (print), ISSN 2036-6981 (online) © Firenze University Press brought to you by CORE View metadata, citation and similar papers at core.ac.uk provided by Firenze University Press: E-Journals

Transcript of Il bambino di ieri: breve storia di una storiografia · 2019. 10. 25. · SAGGI Il bambino di ieri:...

Page 1: Il bambino di ieri: breve storia di una storiografia · 2019. 10. 25. · SAGGI Il bambino di ieri: breve storia di una storiografia Egle Becchi Il 1960, quando viene pubblicata la

SAGGI

Il bambino di ieri: breve storia di una storiografiaEgle Becchi

Il 1960, quando viene pubblicata la prima edizione francese de L’enfant et la vie familiale sous l’Ancien Régime (Ariès, 1960), tradotto in Italia nel 1968 col titolo Padri e figli nell’Europa medievale e moderna (Ariés, 1968), è, fuori di dubbio, l’anno inaugurale delle ricerche sul bambino del passato e l’avvio della storia dell’infanzia. Ariès non intende scrivere un testo su di un soggetto – il bambino – fino allora inedito nella riflessione degli storici: si preoccupa piutto-sto di ripensare un tema che ha già affrontato in suoi scritti precedenti (Ariès, 1948, 1971), e che risponde sia alle sue opzioni di studioso di demografia, sia al suo interesse per la famiglia, cellula del vivere associato, denotata in termini demografici, con essenziali tratti affettivi e religiosi; tema che lo accompagna durante tutta la sua vita di savant. Egli è uno storico della famiglia prima che uno storico dell’infanzia: e tale a ben vedere rimarrà per tutto l’arco della sua esistenza, fino a promuovere quella storia della vita privata1 – la quale è soprat-tutto seppure non esclusivamente, una storia della famiglia –, che egli consegna come legato ai rerum scriptores delle nuove generazioni. Pur sempre, nel suo territorio culturale e affettivo, il bambino non ha un posto marginale: marito di un’amatissima moglie, ma membro di un’unità domestica dove non ci sono figli, ha avuto una famiglia di origine in cui individui di varie classi d’età non mancavano, e tale plurima presenza ha segnato il suo passato2. Tutto questo ha fatto sì che la sua curiosità per il non adulto fosse acuta, quasi elegiaca; e che egli lo andasse a cercare fuori dal suo tempo, in testimonianze dei secoli scorsi, poco perlustrate da altri scienziati che si muovono nel grande solco della storia delle mentalità e poi della nouvelle histoire. Il suo bagaglio di studioso della prima età è costituito da documenti iconografici, pagine di testi fino allora letti per altri interessi, pubblicazioni che parlano di scuola, di letteratura, di religione, di diari d’infanzia, in un panorama non certo ordinato e sistematico di cui Padri e figli è emblematico e affascinante nell’originalità dei punti di vista entro cui trascorre, e nei quadri culturali che abbozza e propone. Qui, nell’intrico delle novità che egli scopre sulla base di fonti sui generis, va cercato il bambino, un enfant – che nel vocabolo francese è non adulto, ma allo stesso tempo anche figlio – il quale

1 Ariès, Chartier, 1987. 2 Ariès, 1992, pp. 51 sgg.

Studi sulla formazione, 1-2010, pag. 7-21ISSN 1127-1124 (print), ISSN 2036-6981 (online)© Firenze University Press

brought to you by COREView metadata, citation and similar papers at core.ac.uk

provided by Firenze University Press: E-Journals

Page 2: Il bambino di ieri: breve storia di una storiografia · 2019. 10. 25. · SAGGI Il bambino di ieri: breve storia di una storiografia Egle Becchi Il 1960, quando viene pubblicata la

Saggi8

EglE BEcchi

fra Quattrocento e Settecento si presenta sulla scena sociale come personaggio sempre più nuovo e distinto, come soggetto dotato di significato e importanza non derivati, figura non più soltanto biologica, ma anche peculiare e rilevante sul piano della vita comunitaria e dell’immaginario culturale.

1. Una tesi in discussione

È questa scoperta dell’infanzia come età della vita non assimilabile a altre generazioni, che fa di Ariès il fondatore di una nuova storiografia, ma anche di una nuova visione – diacronica, culturale, sociale, ideologica – del non adulto; e che lo rende celebre e discusso, lo irretisce per così dire in un tema che non ha inteso condurre criticamente fino a traguardi più raffinati, argomentativa-mente governati, teoricamente solidi. Che forse gli ha tolto fiato e stimolo per dedicarsi a altre problematiche, pur sempre coltivate con innegabile origina-lità e acribia: la famiglia, la morte, la vita privata. Il bambino nei suoi molti scritti si affaccia tra adulti, maritati e non, che lavorano e non, accanto a im-magini di defunti, nelle istituzioni della vita dei «grandi» e dei piccoli, quasi a ripetere quelle immagini di putti, angioletti, figure miniaturizzate che egli scopriva e ammirava, e di cui prendeva nota nei suoi tours in musei, mostre, castelli, abbazie e cattedrali della Francia, nelle sue soste negli archivi e nelle biblioteche: indovinato, alluso, inaspettato. Di questo strano personaggio del nostro passato, lo Storico cerca di delineare contorni e significati più precisi, di scandagliare aspetti diacronici interessanti per l’ieri e per l’oggi e per la vita associata. Si tratta di esercizi collaterali del suo mestiere di storico, che egli affronta con l’originalità che connota i suoi studi maggiori, ma più incline a inseguire sfuggenti figurette di bambini grandi e piccoli in luoghi noti e impensati, in relazioni variegate con il mondo adulto, che non impegnato a definire la cornice concettuale di questo particolare oggetto della sua ricerca, quasi perplesso quando lo coglie al centro di processi di acculturazione3, fino ad apparire costretto a occuparsi anche di educazione, che egli pensa come insieme di processi formali e informali, realizzati in spazi fino allora poco de-finiti nella letteratura pedagogica. È tanto imbarazzato e distratto nel definir-ne contorni teorici, che non raccoglie, perlustra criticamente testi di filosofia, teologia, pedagogia teorica, pressoché assenti dalla sua bibliografia4.

Occasione di divertissement di uno storico originale, la ricostruzione dia-cronica dell’infanzia nelle pagine dell’Autore di Padri e figli, è, tutto somma-to, un felice tema di occasione, che via via egli riprende sotto l’impulso di celebrazioni5 o per la richiesta di editori (penso alle tre voci sull’Enciclopedia

3 Cfr. Ariès, 1972, 1979. 4 Il testo di Snyders (1963), uscito poco dopo l’opera dell’Ariès del 1960, critica questa disat-tenzione a tale materiale. 5 Ad es. Ariès. 1996, è il testo di una conferenza tenuta a Montréal nel 1979, anno internazio-nale dell’infanzia.

Page 3: Il bambino di ieri: breve storia di una storiografia · 2019. 10. 25. · SAGGI Il bambino di ieri: breve storia di una storiografia Egle Becchi Il 1960, quando viene pubblicata la

9Saggi

Il bambIno dI IerI: breve storIa dI una storIografIa

Einaudi, Ariès, 1979a, 1979b, 1979c). Ma questi ritorni al bambino di ieri e alle immagini e nozioni che lo avevano rappresentato, egli sembra farli anche per rispondere alle obiezioni che gli vengono mosse fin dalla prima edizione di L’enfant et la vie familiale, espresse da storici accreditati (Flandrin, la Zemon Davis in primo luogo), e che lo spingono, nel 1973 a ristampare l’opera del 1960, corredandola con una prefazione in cui discute le maggiori critiche6. Da questa prefazione il quadro del non adulto nei secoli centrali dell’Ancien Ré-gime, che egli aveva proposto nel 1960, esce arricchito, come, nel 1979 (Ariès, 1979) risulta articolato nei tempi lunghi del divenire storico sia a parte ante, dall’età greca e romana antica, sia fino a Novecento inoltrato; si staglia rispet-to a altre età prossime, ma non coincidenti, quali soprattutto i giovani.

È qui, a mio parere, in queste risposte e nei saggi minori, e non solo nel testo del 1960 che va cercata l’origine più piena della storiografia dell’infan-zia: nel gioco delle obiezioni e delle risposte allo e dello Storico francese, in questo progressivo destarsi di una corale e variegata inclinazione a eleggere l’infanzia di ieri a oggetto dei propri studi e a porsi domande di tipo procedu-rale. Il testo del 1960 viene tradotto nelle lingue più importanti 7, e questo dà impulso al dibattito, costituito non solo da recensioni e da articoli minori, ma anche da volumi non in linea con l’opera dello Storico francese: nel 1974 esce in America, dove Ariés aveva soggiornato più volte e si era fatto conoscere, un testo – la History of Childhood (De Mause, 1974) – edito da uno storico non di mestiere, il quale aveva fatto propria la lezione di Freud e di Erikson, Lloyd de Mause, che cura il volume con vari contributi e che si dice contrario alle tesi di Ariès8. Il grosso libro si presenta come la ricostruzione di una storia millenaria del bambino visto come figlio, di un infante in famiglie che origi-nariamente cattive e violente, si fanno lungo il filo dei secoli, sempre più miti e pedagogicamente capaci. La storia dell’infanzia curata dal de Mause ha un certo successo, viene tradotta non solo in tedesco (De Mause 1980), ma an-che, seppure in una forma ridotta, in italiano (De Mause, 1983). Ormai, anche dopo la ripresa del tema sotto la penna di Aries che nell’Enciclopedia edita da Einaudi scrive tre voci, «Infanzia», accanto a «Educazione» e a «Generazioni» (Ariès, 1979a, 1979b, 1979c) – dove parla ancora di bambino –, la storiografia dell’infanzia è entrata negli argomenti irrinunciabili di schedari di biblioteche pubbliche e private, è diventata sempre di più un territorio di indagine anche molto settoriale, di cui nella nostra cultura pedagogica non mancano apporti (come ricorda Cambi nel suo saggio). Nel 1996 Laterza assieme alle parigine Les Editions du Seuil (1998, 2004) pubblica una Storia dell’infanzia curata da me e da Dominique Julia, dove l’incipit di Ariès viene rispettato, anche se

6 Una storia di queste molte obiezioni e relativamente poche risposte è tutta da fare e non sarebbe inutile tentarla. Un primo quadro sintetico si trova in Becchi, Julia (1996, pp. 17-25) e, per gli anni successivi, in Classen (2005), nella sua «Introduction».7 Ariés, 1962, 1968, 1975. 8 De Mause, 1983, pp. 13 sgg.

Page 4: Il bambino di ieri: breve storia di una storiografia · 2019. 10. 25. · SAGGI Il bambino di ieri: breve storia di una storiografia Egle Becchi Il 1960, quando viene pubblicata la

Saggi10

EglE BEcchi

problematizzato e integrato per temi specifici, in una visione di lungo periodo, dall’antichità classica ai nostri giorni.

Quanto penso si possa dire è che nel Vecchio Continente, e specialmente in Francia e in Italia l’approccio che lo Storico francese usa a partire dal suo volume fondatore nel 1960 e arricchisce e talora rivede, ma non smentisce, resiste: resiste con alcune integrazioni non irrilevanti, specie sul piano teorico – il bambino che non dice di sé, l’in sé del bambino che è aporia non solo della ricerca storica, le differenze fra maschi e femmine – ma non si modifica nelle sue linee essenziali. Tale approccio appare ancora oggi persuasivo e dotato di buona valenza euri-stica sul piano storiografico, sia come stimolo a discussioni sia come occasione di approfondimenti e integrazioni. Testimonianza recente di questa «fedeltà» è un seminario organizzato dall’Ecole française de Rome assieme al Dipartimento di storia moderna e contemporanea della Sapienza nei giorni 5-6 ottobre 2009. Nella locandina ci si richiama esplicitamente al testo del 1960 dell’Ariès, ma si intende anche «decostruire l’adagio secondo cui i bambini sarebbero i grandi muti della storia, titolari di un ruolo esclusivamente passivo». Un primo compi-to è quindi di «coglierne le voci, le tracce, i segni all’interno di rapporti sociali specifici, legati a momenti e contesti differenti, con particolare attenzione per le dinamiche di genere», ma – e questo si pone come il secondo compito – fra generazioni. L’insieme dei «difficili e problematici rapporti fra generazioni» e specialmente fra genitori e figli, fra modelli educativi di generazioni diverse e confinanti, viene visto come tema da approfondire nella ricerca diacronica, come lo è quello – di oggi ma anche del passato – dell’infanzia in quanto costruzione sociale. Diciotto relazioni su argomenti diversi racchiusi entro queste cornici di problemi, hanno affrontato aspetti della vita e della figura infantile in un mondo di adulti oltre che di bambini e di giovani, dal XII secolo ad oggi, considerandoli sia nella famiglia sia in istituzioni educative extradomestiche, nel gioco e nel la-voro, in un panorama che certo offre delle novità rispetto alle tesi dell’Ariés, ma non le scardina. Il suo quadro di fondo rimane inalterato.

2. Sentimento tra idea ed emozione

Ariès quindi, con il suo bambino del passato, intessuto nella famiglia; questa idea complessa offre un’immagine persuasiva, direi affascinante dell’infanzia, scoperta fra il secolo XVI e la fine dell’Antico Regime, dopo un lungo evo di silenzio, negligenza, disconoscimento. Si tratta di una proposta, di un insieme di idee nuove, di una tesi – come egli la chiama usando il termine in modo ab-bastanza elastico9 – cui rimane affezionato, ma che è anche disposto a rivedere,

9 Ariès, 1973, p. III, dove tesi pare significare un insieme di idee nuove da usarsi come guida per itinerari di lavoro storico e contorni di suoi possibili oggetti. Non si tratta di una tesi sola, ché Aries ne menziona due principali, una delle quali «vuole mostrare il posto nuovo assunto dal bambino e dalla famiglia nelle nostre società industriali», salvo a indicarne, lungo strada, molte altre minori.

Page 5: Il bambino di ieri: breve storia di una storiografia · 2019. 10. 25. · SAGGI Il bambino di ieri: breve storia di una storiografia Egle Becchi Il 1960, quando viene pubblicata la

11Saggi

Il bambIno dI IerI: breve storIa dI una storIografIa

almeno in parte, a mettere alla prova di analisi di contesti e tempi diversi da quelli prospettati nell’opera del 1960. Tuttavia sia nell’Enfant et la vie familiale come anche nei contributi successivi, permangono alcune difficoltà concettuali che lo Storico francese non si preoccupa di chiarire:fra queste il termine di sentimento, sentiment in francese, uno dei non pochi costrutti che la storia delle mentalità e poi quella nouvelle hanno scelto e usato per veicolare idee nuove, non del tutto perspicue, che andavano proposte e fatte accettare, su cui venivano costruite intere impalcature interpretative. Un vocabolo nel quale si aggrovigliano significati diversi e grazie al quale si dice come, in ogni epoca in modo diverso, dimensioni collettive, incoscienti, e atteggiamenti si connetta-no con diversificate operazioni mentali, nozioni, forme e prodotti dell’outillage della cultura, in modi complessi e variegati che lo storico deve disambiguare.

Di sentimento Ariés, nelle pagine introduttive e programmatiche del volume del 1960, parla a proposito della famiglia – che è il tema centrale dell’opera – prima che come modo di intendere il bambino, usando il voca-bolo in un’accezione che non esiterei a dire polisemica. Sentimento infatti vuol dire, ancor prima che feeling, cioè emozione – accezione che egli non rifiuta e che riprende, en passant anche nella sua opera autobiografica Uno storico della domenic (Ariès. 1992, p. 172) – idea (Ariès, 1968, p. 6, nota 3, e p. 7), rappresentazione (p. 7) nel senso duplice di raffigurazione e di nozione, nonché di assegnazione di valore (p. 7). Ma è in un periodo di p. 6 che il senso epistemico e non affettivo di sentimento mi sembra emergere con chiarezza e che ritengo opportuno citare: «L’adozione delle tecniche anticoncezionali ha provocato trasformazioni quantitative e qualitative della famiglia. Tut-tavia il fatto riguarda più il sentimento della famiglia che non la realtà della famiglia. Certo, gli uomini e le donne continueranno sempre ad amarsi; che ne limitino il numero o che si abbandonino all’istinto, continueranno a met-tere al mondo dei bambini e a guidarne i primi passi. Non è questo il punto. Sono i sentimenti relativi a questi rapporti che, in momenti temporalmente distanziati, rischiano di non essere più gli stessi. Qui ci interessa la storia di questi sentimenti…». Se sostituiamo – e nel progetto di ricostruzione storica di Ariés non si tratta di una mossa impropria, ché l’enfant è nella vie familiale – il bambino alla famiglia, l’affermazione regge ugualmente: non si tratta di emozioni, ma, pur senza negarne l’insostituibilità nell’esistenza degli uomini, il sentimento risulta come un riflesso rispetto alla vita affettiva e pulsionale. Identificare i due piani rischia di dare il via a una ricostruzione storica di stampo psicologistico: cercare le emozioni nell’età che Ariès tratta o in quelle antecedenti – che egli non ha studiato in modo approfondito e per questo è stato bersaglio di obiezioni – è certo impresa fattibile e se vogliamo utile, o anche necessaria, ma insufficiente a offrire quel quadro dinamico, problema-tico, denso di novità che esige una ricostruzione diacronica della famiglia – e delle sue figure – che non sia storia di questa istituzione nella sua dimensione solo biologica o psicologistica, ma parta da un programma storiografico che si occupa di mentalità (quindi soprattutto se anche non esclusivamente, di nozioni, di idee, di rappresentazioni collettive).

Page 6: Il bambino di ieri: breve storia di una storiografia · 2019. 10. 25. · SAGGI Il bambino di ieri: breve storia di una storiografia Egle Becchi Il 1960, quando viene pubblicata la

Saggi12

EglE BEcchi

3. Il bambino del passato nella storiografia d’Oltreoceano

Ma in contesti nuovi alle tesi dello Storico francese, in luoghi dove dell’in-fanzia antica e medievale e anche moderna si sa solo perché si sono letti testi che la indagano su documenti europei, dove gli archivi sono costituiti soprat-tutto da «carte» temporalmente meno antiche e dove gli scaffali che contengo-no volumi sulla storia dell’infanzia trattano di aspetti del passato dell’infanzia del Vecchio Continente, e solo pochi studiano i bambini dei primi pionieri10, si sono venute definendo idee nuove circa il fare storia dell’infanzia. In primis quello della psicostoria – ne ho già fatto cenno –, che ha avuto il suo manifesto nella storia dell’infanzia di Lloyd de Mause pubblicata nel 1974, accompagna-ta per qualche tempo (1973-1976) da una rivista History of Childhood Quar-terly. Le suggestioni di una psicoanalisi à la Erikson, un collaboratore di Anna Freud emigrato negli Stati Uniti, dove ha studiato nel presente, ma alla luce del loro passato i Pellerossa che vivevano nelle riserve (Erikson, 1966), e si è cimentato nella ricostruzione storica della vita di personaggi del passato (Lu-tero) e di anni meno lontani (Gandhi, Hitler), hanno fatto scuola Oltreoceano, e non solo nel caso di de Mause: un esempio è il testo di David Hunt (1970) che tratta di aspetti della storia europea del Seicento, e altri minori pubblicati soprattutto dalla Psychohistory Press.

L’impianto psicostorico non è l’unico entro il quale si affronta l’analisi del bambino del passato e delle sue relazioni con il mondo. Ma non intendo fare qui la storia della storiografia dell’infanzia in Europa sulla scia dell’ope-ra dell’Ariès, e, in contrapposto, quella di imprese analoghe ma informate a idee diverse nel Nuovo Mondo, anche se una ricerca del genere non sarebbe priva di interesse: risulterebbe, seppure disegnata per sommi capi, fuorviante rispetto allo scopo di questa nota. Basti dire che Oltreoceano, negli anni set-tanta la psicostoria à la De Mause ha la meglio, sull’Ariès, grazie alla pubbli-cazione di testi specialistici11, ma soprattutto con l’inserimento del bambino in una cornice complessiva di filosofia della storia. Si tratta di un quadro a mio avviso molto discutibile, per un uso disinvolto delle fonti nella caparbia volontà di mostrare che la vicenda diacronica dell’infanzia è orientata da un peggio a un meglio (nei rapporti fra figli piccoli e genitori), specie sul piano della vita affettiva, del disciplinamento e delle punizioni; di un quadro dove un’idea del divenire del mondo, idea di matrice latamente psicoanalitica, fa da supporto a delle interpretazioni carenti sul piano della documentazione. Tuttavia rispetto alle opere di Ariès La storia dell’infanzia curata da de Mause si presenta come una storia completa, non sbilanciata per periodi, lacunosa per quanto riguarda determinate culture. Per questo e per le immagini terri-

10 Per un elenco ritenuto essenziale per un primo approccio alla storiografia dell’infanzia, rimando al saggio «didattico» di Carlsmith, in Classen, 2005, pp. 428-432, dove sono citati soltanto testi in inglese o tradotti in inglese. 11 Cfr. per tutti, Hunt, 1970

Page 7: Il bambino di ieri: breve storia di una storiografia · 2019. 10. 25. · SAGGI Il bambino di ieri: breve storia di una storiografia Egle Becchi Il 1960, quando viene pubblicata la

13Saggi

Il bambIno dI IerI: breve storIa dI una storIografIa

ficanti di un’infanzia sofferente che evoca, la psicostoria sostenuta dallo Stu-dioso americano fa in un certo senso da argine, almeno nel grande pubblico del mondo americano, alla diffusione delle idee dell’Ariès, il cui testo è stato tradotto in inglese nel 1962, anche se non limita il gioco delle obiezioni che all’opera continuano a venir mosse12. Ariés ha fatto più di un soggiorno in sedi universitarie prestigiose degli Stati Uniti, ha conosciuto storici celebri, quali Lawrence Stone, con cui ha discusso le sue idee circa famiglia e bambino, si è creato qui un altro pubblico oltre a quello francese. E un pubblico non solo latamente interessato al bambino, oggetto di sperimentazioni e teorizzazioni psicologiche, di attenzione da parte di antropologi, di analisi sociologiche, ma anche di studiosi accademici. È questo versante, dei lettori dotti e delle loro critiche, che è il meno noto, ma non certo privo di interesse. Ad esempio passa quasi inavvertito il grosso e informatissimo volume di un’allieva di Svetlana Alpers e di Nathalie Zemon Davis che nella sua tesi di dottorato (Durantini, 1985) invalida uno dei punti di sostegno del discorso dello Storico francese, secondo il quale la produzione iconografica del Seicento olandese è un ele-mento di sostegno alla scoperta del bambino agli inizi dell’età moderna. Se-condo la Studiosa americana, i bambini della pittura olandese del Seicento13 non sono fotografie realistiche di un personaggio nuovo e importante nella società del tempo; sono, piuttosto, personaggi portatori di messaggi, soggetti significativi sul piano morale, religioso e pedagogico, mediatori di comuni-cazioni metaforiche, non riproduzioni realistiche di quegli esseri sempre più frequenti nel mondo delle Province Unite, nella sua età d’oro, appunto i bam-bini. Certamente si tratta di non adulti, ma soprattutto, nella cultura dei Paesi Bassi, di figure investite di una mission morale e religiosa che viene espressa nelle raffigurazioni – molte, variegate, ammiratissime ancor oggi – che i pitto-ri dell’epoca ne hanno fatto. Spostare dal piano realistico a quello simbolico la rappresentazione dell’infanzia significa porre in dubbio uno dei cardini della tesi dell’Ariés, che la raffigurazione in immagini del bambino, ricca, intensa, precisa nel Seicento olandese avrebbe testimoniato di un sentimento affatto nuovo dell’infanzia, inaugurando una cultura della prima età caratteristica degli ultimi due secoli dell’Ancien Régime. Bambini metaforici, non esseri re-ali fotografati dal pennello del pittore, quelli per cui lo storico francese si era entusiasmato visitando la mostra parigina del 1952, fino a istituirli a figure nuove di una nuova età. La precisazione dottamente argomentata della Du-rantini scardina una tesi, e ne prospetta un’altra, su cui solo più tardi alcuni storici dell’arte di più o meno provata fede iconologica14 torneranno, senza per questo toccare le idee di Ariés.

12 Cfr. la nota 6. 13 Che egli aveva potuto ammirare e studiare in un’esposizione a Parigi all’Orangerie nel 1952 «Le portrait dans l’art flamand». Non poche immagini di questa mostra sono riprodotte ne L’enfant et la vie familiale. 14 Cfr. Bedaux, 1990.

Page 8: Il bambino di ieri: breve storia di una storiografia · 2019. 10. 25. · SAGGI Il bambino di ieri: breve storia di una storiografia Egle Becchi Il 1960, quando viene pubblicata la

Saggi14

EglE BEcchi

4. Paradigmi, tesi, emozioni, rappresentazioni

Il rimando al testo della Durantini – rimasto isolato e poco noto anche ne-gli Stati Uniti – è solo funzionale al mio interesse di vedere come ci sia, sempre più accentuata e diversificata nella storiografia nordamericana e poi anche ca-nadese sull’infanzia degli ultimi dieci anni, una serie di novità che certo hanno a che fare con l’Ariés, ma non lo considerano uno studioso da accettare e/o da ripudiare, soltanto un iniziatore che non è must tassativo accogliere e perfezio-nare nelle sue tesi, senza per questo assumere una prospettiva di psicostoria. Per avere una prima e globale idea di tali orientamenti occorre fare attenzione a riviste, siti su internet, a opere collettanee; ci si accorge in tal modo come negli ultimi due lustri la storia dell’infanzia abbia ottenuto nel Nuovo Mondo, un’attenzione nuova, impegnata, intensa, tanto da ritenere non illecita la prete-sa – da parte di alcuni autori – di parlare di un nuovo paradigma.

Quali siano i tratti fondamentali di tale paradigma – che direi plurimo, ma che ha tutto sommato una sua coerenza e consente di considerarlo in modo unitario – è che esso si oppone a un presunto paradigma definito dall’Ariés. A sostenere la novità dell’impostazione è un gruppo di studiosi, perlopiù ope-ranti in università statunitensi, e i cui contributi sono editi nel testo curato da Albrecht Classen, Childhood in the Middle ages and the Renaissance. The Re-sults of a Paradigm Shift in the History of Mentality (Classen, 2005), derivato da un convegno di medievisti, soprattutto storici della letteratura, tenuto nel 2004 all’Università di Tucson in Arizona. In un altro caso – cui farò più avanti un cenno più rapido – pur senza parlare di paradigma e senza negare il modello proposto da Ariés, le idee dello Storico francese vengono riprese ma integrate, dilatate in periodi antecedenti il Seicento – incipit del nuovo sentimento del bambino –, nell’impegno di aggiornare la sua lettura diacronica dell’infanzia.

Nel testo a cura di Classen, sia nel caso di Ariès sia delle tesi a questo contrapposte, si parla appunto di un paradigma, che Stefan Amsterdamski, nell’Enciclopedia edita da Einaudi (Amsterdamski, 1980), assimila a un mo-dello e che intende come «un modo di vedere e interpretare i fenomeni» (ivi. p. 346), «una costellazione di credenze, valori, tecniche condivise dai membri di una data comunità, sulla base delle quali essi svolgono la loro ricerca» (ivi, p. 349). Una visione del mondo con valore regolativo, insomma, che garanti-sce coerenza di studi e di ricerche… Secondo Classen anche nel caso di Ariés studioso dell’infanzia sembrerebbe lecito parlare di paradigma. Ma lo Storico francese non si avvale di questo termine, che semmai potrebbe venire usato dagli storici delle mentalità e di quelli che si autodefiniscono nouvelle histoire a indicare la loro complessiva concezione dell’uomo, della società, della cultura. Tuttavia, rispetto a tale comunita Ariès è stato al margine; egli ha scelto uno specifico settore (quello dell’enfant), indicando le sue idee come una possibile tesi da dimostrare, non una Weltanschauung di cui delineare le coordinate e da tenere come garante di attendibilità e coerenza di indagini. Come appare altrettanto opinabile che le idee contrapposte ad Ariés che sostengono Classen e i suoi collaboratori siano etichettabili in termini di paradigma, perché si

Page 9: Il bambino di ieri: breve storia di una storiografia · 2019. 10. 25. · SAGGI Il bambino di ieri: breve storia di una storiografia Egle Becchi Il 1960, quando viene pubblicata la

15Saggi

Il bambIno dI IerI: breve storIa dI una storIografIa

tratta di un incontro occasionale, non di una scuola né tanto meno di un la-voro comune collaudato in tempi lunghi di ricerche e dibattiti circa i concetti di fondo. Paradigma sembra voler significare, per Classen, un modo univoco di vedere la realtà o quella porzione di realtà che si sta indagando, un’espres-sione di congruenza e di fedeltà nella definizione dell’oggetto di studio e nelle modalità di studiarlo: l’esito di un patto fra ricercatori, che di esso devono mostrare la solidità, la correttezza procedurale. Ma che non l’hanno ancora verificato, tanto è vero che talora Classen si avvale del termine di token, voca-bolo dall’accezione pregnante che significa segno, simbolo, emblema, e anche prova. Token e paradigm non sono equivalenti, e la scelta di uno dei due voca-boli piuttosto che dell’altro esprime, a mio avviso, incertezza sull’operazione epistemologica complessiva che Classen ha compiuto nel libro, e soprattutto una lettura – ancora a mio parere – disinvolta del discorso dell’Ariés, che da bravo storico delle mentalità non si è mai voluto rinchiudere in schemi meto-dologici rigidi e assoluti, quali il concetto di paradigma, di derivazione scien-tista. Piuttosto si sarebbe potuto usare in entrambi i casi il vocabolo di appro-ach, approccio (che si trova spesso come quasi equivalente di paradigma, ma ne enfatizza il senso di provvisorietà, di incoatività, di bisogno di ulteriore ricerca e riflessione), più elastico, sfumato, meno volto a esprimere assolutezze formali e uniformità di visione del mondo.

Certamente, il discorso degli studiosi che negli articoli raccolti da Classen aprono orizzonti nuovi sul bambino soprattutto medievale, si muove all’in-terno di un modus di indagine e di riflessione diversa rispetto a quello dello Storico francese. Non solo essi analizzano testi, grazie a strumenti filologici e narratologici che Ariés probabilmente non conosceva, ma – e soprattutto – intendono il sentimento quasi esclusivamente come emozione. Nei saggi del testo curato da Classen è in atto infatti uno shift di punto di vista rispetto a Padri e figli dove il bambino nei secoli premoderni appariva come un soggetto sociale non investito emotivamente e al margine della produzione cultura-le se non della stessa vita associata. Bambino emotivamente non vissuto, nel Medioevo, vs bambino vissuto soprattutto emotivamente, nello stesso perio-do: questa l’antitesi tra Ariès e Classen e i suoi collaboratori. Si tratterebbe in entrambi i casi di un’idea di riferimento, che Classen chiama paradigma, vec-chio e non ulteriormente sostenibile quello dell’Ariès, nuovo quello che egli propone, un modello in fieri, condiviso e in via di perfezionamento da parte di coloro che hanno scritto i saggi nel testo. Ma c’è soprattutto da notare – e non mi sembra cosa di poco conto – che per Ariés sentimento (sia apposto alla famiglia sia all’enfant che è soprattutto figlio prima che bambino) come idea, nozione, rappresentazione, ha nel termine di sentimento come emozione solo un addendo, non gli coincide completamente. Lo si è visto qualche pagina addietro. Per Ariés quindi – giova ribadirlo – sembra improprio parlare di pa-radigma e meno ancora di sentimento soltanto come affettività, e la polemica a ben vedere risulta più una serie di precisazioni che non di obiezioni. E allora il paradigma di Classen, nel cui quadro gli autori trattano di affetti, di dolori, di amore per i figli e soprattutto di questi sentimenti come sono stati vissuti e

Page 10: Il bambino di ieri: breve storia di una storiografia · 2019. 10. 25. · SAGGI Il bambino di ieri: breve storia di una storiografia Egle Becchi Il 1960, quando viene pubblicata la

Saggi16

EglE BEcchi

espressi e descritti a proposito dei genitori dei secoli di mezzo, più che sposta-to rispetto a quello dello Storico francese, finisce con l’essergli – paradossal-mente – funzionale; tratta di quegli aspetti della vita domestica – le emozioni appunto – di cui versi, paragrafi, raffigurazioni pittoriche presenti nella cultu-ra laica e religiosa medievale e rinascimentale, fino al Seicento, possono essere un oggetto di studio primario, ma affrontabile solo nella dimensione del come venivano colti e espressi; ancora una volta rappresentati attraverso parole, se-gni grafici, nei vari domini della produzione artistica e teologica e filosofica. È soprattutto qui che sta, a mio avviso, la differenza: certamente in Padri e figli di emozioni verso gli enfants nell’età medievale si parla poco, ma in ogni caso se ne parla a livello di rappresentazione. E se anche Ariès non si è quasi mai spinto al di là del limite del Trecento/Quattrocento, periodo da cui esordisce, in termini di contrapposizione, la sua storia del sentimento del bambino; e se su questi antecedenti della sua ricostruzione egli non ha riflettuto, anche quando ha raccolto materiale, sia letterario sia iconografico che religioso, pur sempre la rappresentazione di fenomeni, soggetti, emozioni è l’oggetto elettivo della sua attenzione. Laddove ha parlato di affetti, ne ha parlato in modo per così dire mediato, come rappresentazione di amore, cura, gioia, dolore.

Tutto sommato, ha solo lanciato una sfida. E anche sul perché procedura-le di questa sfida vanno fatte alcune rapide riflessioni. Si trattava di un’idea nuova, che scombinava credenze, omissioni, rappresentazioni dotte e sociali, relative all’infanzia, che proprio nella prima metà del ’900 veniva scoperta da psicologi – si pensi a Piaget – e da psicoanalisti – Freud padre e figlia in testa e Melanie Klein –, da antropologi culturali (si pensi a Margaret Mead) osserva-ta, dettagliata, interpretata nelle sue età, ma che gli storici sembravano mette-re al margine dei loro territori di ricerca, anche gli storici delle mentalità, così arditi nei loro svelamenti. Di una figura fino allora celata, ininteressante, che i demografi – e anche qui lo Storico francese è stato un pioniere (Ariès, 1948, 1971) – guardavano con una certa attenzione, ma solo nei tassi di natalità, mortalità, distribuzione geografica, frequenza scolare. Si trattava di una figu-ra, quale poteva esser desunta dalle considerazioni comuni ma anche dotte, che andava vista meglio: ma occorreva che tale operazioni avesse dei fonda-menti documentari, che in qualche maniera equivalessero ai laboratori o ai setting o ai luoghi lontani dove la storia sembra essersi fermata – Samoa per esempio –in cui la si poteva collocare, fermare, per meglio guardarla. Ariès si comporta in maniera in un certo senso equivalente a queste operazioni pre-giudiziali, di scelta del contesto, di ritaglio, organizzazione, visibilità, garanzia di buone operazioni di indagine. In un’ottica di lungo periodo, à la Braudel, egli divide i tempi, trova documenti per fondare tali divisioni, mette in paren-tesi un passato che esorbita dal tempo lungo per diventare – ed è un rischio – quasi totale e privo di testimonianze affidabili. Lascia fuori dal suo perime-tro quanto precede l’età moderna, e di questa trascura i secoli iniziali (tardo Medioevo e Rinascimento, anche se nelle sue mosse e contrario ne illustra alcuni aspetti, non ultimi quelli legati all’iconografia). In tal modo assicura una collocazione di riguardo ai suoi oggetti di indagine, in primis la famiglia,

Page 11: Il bambino di ieri: breve storia di una storiografia · 2019. 10. 25. · SAGGI Il bambino di ieri: breve storia di una storiografia Egle Becchi Il 1960, quando viene pubblicata la

17Saggi

Il bambIno dI IerI: breve storIa dI una storIografIa

ex aequo il bambino che vive nella famiglia, poi sempre di più nel corso del testo, e di scritti successivi, nella scuola, soprattutto, e in qualche testo nella strada (Ariès, 1979). Con questo non impedisce – semmai stimola – ricerche sia contrastive sia di conferma, non esclusivizza il suo approccio, ma sollecita operazioni di integrazione o di differenziazione. Di fatto i vari saggi raccolti nel libro di Classen non smentiscono, ma direi che integrano le idee dell’Ariès, danno loro alimento ulteriore, anche se questo prolungamento a parte ante della scoperta del bambino sembra invalidare le sue tesi, dell’insorgere di que-sto sentimento nell’età moderna. In non pochi dei saggi del volume di Clas-sen e nella sua stessa Introduzione («Philippe Ariès and the Consequences»)si accenna a più riprese alla scarsità delle fonti da cui desumere nozioni su quella dimensione emozionale che connoterebbe l’atteggiamento dei genitori verso i loro bambini e non di rado anche la stessa vita infantile – idea che An-gela Giallongo riprende nel suo saggio e completa, per il periodo medievale e rinascimentale, con indicazioni del posto che va ascritto all’iconografia sul bambino negli stessi tempi –.

Ma pur sempre di rappresentazioni si tratta: di un sentimento in senso epistemico come abbiamo visto intenderlo l’Ariés. Questo aspetto per me de-cisivo sul piano storiografico non viene evidenziato nel testo curato da Clas-sen, mentre è posto al centro di un volume collettaneo comparso Oltreoceano nel 2008, in contesto francofono, per i tipi delle Presses de l’Università Laval a Québec. Il titolo Histoires d’enfants. Réprésentations et discours de l’enfan-ce sous l’Ancien Régime (2006) dice chiaramente questa opzione sottolineata nella prefazione intitolata «Miroirs de l’enfance», dove la curatrice, Hélène Cazes, insiste sul bambino muto, sull’infans, che viene parlato e ritratto da al-tri: «L’enfant, dans ses voix d’emprunt, les observations, les prescriptions et les images, est alors une représentation: la construction conceptuelle et collective d’une notion, d’un personnage de l’imaginaire» dichiara la studiosa (p. XI) e a questo programma si attiene nella scelta e nella combinazione dei vari saggi che compongono il volume. Non si parla di paradigmi, di token, di progetti: il solco tracciato da Ariés è rispettato e percorso in modo mirato, scegliendo documenti, facendo su di essi un lavoro di tipo testuale, alla ricerca di segni che rimandino al bambino, di immagini d’infanzia. E questo in un lavoro di alta specialità – come era stato quello messo in pratica nel testo di Classen15 –, dove la disinvoltura geniale dell’Ariés nei confronti dei documenti presentati e letti come cardini di una nuova idea dell’infanzia, viene corretta e integrata da una scelta e lettura dei testi mirata, filologicamente e narratologicamente sofisticata, che testimonia della competenza specialistica dei singoli autori.

15 Che la Cazes non cita, in una divisione linguistico-culturale che ribadisce quella delle citazioni di testi nei due volumi, per cui la letteratura presa in considerazione nel libro norda-mericano è quasi tutta tedesca o inglese, mentre in Histoires d’Enfants il panorama culturale è quello francese, quasi a dire che il Nuovo Mondo ha origini storico-linguistico culturali certamente debitrici all’Europa, ma con divisioni tutto sommato esasperate.

Page 12: Il bambino di ieri: breve storia di una storiografia · 2019. 10. 25. · SAGGI Il bambino di ieri: breve storia di una storiografia Egle Becchi Il 1960, quando viene pubblicata la

Saggi18

EglE BEcchi

5. Ottiche diverse sull’infanzia del passato

Accanto a queste ci sono altre osservazioni di fare: anzitutto che sia nel vo-lume curato da Classen, sia in quello diretto dalla Cazes, malgrado si tratti di due approcci programmaticamente diversi, alternativo all’Ariès quello norda-mericano, fedele quello canadese, non ci sono (sono togliere doppio) soltanto degli storici di mestiere, specialisti di un ambito culturale e cronologico spe-cifico, che compaiono come autori, bensì – e soprattutto – degli storici della letteratura, che perlustrano testi medievali, rinascimentali e successivi, fino a Settecento inoltrato, indagandoli nelle denotazioni d’infanzia, nelle immagini che dalla loro lettura si riesce a ricostruire, nei segni che se letti con acribia, ci rimandano all’essere muto che è l’infante e ci permettono di veder quali reazioni non solo affettive evocava in un certo pubblico, contestualizzato per tempi e luoghi. Sembra quasi che la «scoperta» dell’infanzia fatta dall’Ariés abbia stimolato, per un suo approfondimento e delle precisazioni, studiosi di province finitime, ma fino a poco fa non interessati a questo soggetto intrigan-te quale è il bambino.

Tale integrazione nel territorio della storia dell’infanzia – e la stessa co-struzione dei testi curati da Classen e dalla Cazes, come del resto, alla metà degli anni Novanta, della Storia dell’infanzia (1996) a cura di Dominique Julia e mia – di studiosi di tradizione diversa e specialità eterogenea, sta compor-tando delle conseguenze, accentuate dal carattere non sistematico della stessa opera fondatrice dell’Ariès: la rottura di un’unità e la composizione a mo-saico, in forma collettanea dei testi che trattano dell’oggetto bambino, tanto da farmi pensare – è solo un’ipotesi azzardata, che comunque non ritengo fuori luogo nel riprendere in questa sede la riflessione diacronica sull’infan-zia, e che non sono la sola a esprimere16 – a una lunga fase di avvio, ancora in corso, sulla quale si procede per tasselli, per casi; non necessariamente di singoli bambini, ma di rappresentazioni molto specifiche del non adulto, per brani, per immagini, per specchi di una cultura che una certa società ha rela-tivamente all’infanzia, con assaggi molto particolari, quasi dei colpi di sonda per scoprire delle dimensioni nuove e inaspettate di questo essere così elusi-vo17. Una storiografia parcellizzata, ancora in una lunghissima fase di esordio, dalla quale forse non uscirà per molto tempo: una storiografia che non solo elegge a suo modus la struttura a mosaico dei testi volti a offrire un panorama complessivo del bambino di ieri, ma trova conferma nel moltiplicarsi di studi specialistici e molto mirati18, nell’organizzazione di convegni su questo og-

16 Gélis, Laget, Morel, 1978, a p. 15 sostengono che non si possa fare una storia dell’infanzia, ma solo «histoires d’enfants».17 I saggi altamente specialistici della Cagnolati e della Pironi presenti in questo settore della Rivista potrebbero esser considerati in quest’ottica, di costruzione a mosaico di un’idea – in fondo trascendentale – del bambino di ieri. 18 Ho ricordato alla nota 10 l’ultimo saggio, didattico del testo del Classen, scritto da Carl-smith (2005) che propone una bibliografia inglese e americana e il libro edito dalla Cazes che

Page 13: Il bambino di ieri: breve storia di una storiografia · 2019. 10. 25. · SAGGI Il bambino di ieri: breve storia di una storiografia Egle Becchi Il 1960, quando viene pubblicata la

19Saggi

Il bambIno dI IerI: breve storIa dI una storIografIa

getto19, e, non certo ultimo, nel recente inizio, nel 2008, delle pubblicazioni di una rivista, ancora una volta statunitense, dedicata alla storia dell’infanzia, il Journal of the History of Childhood and Youth, periodico della Society for the History of Children and Youth, (che cura anche la pubblicazione di un Bulletin, il quale pubblica soprattutto le relazioni e i dibattiti della Society), con sede all’Università del Massachussets a Amherst20. A tali pubblicazioni andrebbe dedicato uno spazio maggiore che non queste mie pagine di rassegna. In que-sta sintesi quanto mi interessa rilevare sono tre tratti, nuovi nella storiografia non solo americana dell’infanzia, tratti sottolineati nell’editoriale del periodi-co. Anzitutto la volontà di ricominciare ex novo, senza soffermarsi sull’opera di Ariès (ma nemmeno su quella di De Mause), nell’intento evidente anche se non dichiarato di fondare una storiografia up to date, nella quale viene dato largo spazio allo studio dell’infanzia americana, e in genere allo studio delle culture21 e esperienze dei non adulti «across diverse times and places». La contemporaneità o comunque un passato prossimo fanno da cardine agli studi comparsi sulla rivista, che accoglie anche saggi relativi a tempi più lon-tani, ma pur sempre con esordio dai «contemporary issues of children and youth» per analizzarli in contesti storici. Un secondo tratto è la presenza, nei contributi, di autori che si muovono in un «range of historical methodologies» e che appartengono a universi disciplinari diversi, purché abbiano «historical interests in children and youth», in un approccio dove la pluridisciplinarità è esigenza dichiarata e realizzata.

Il tratto che mi sembra più degno di attenzione è la richiesta – nel quadro di una storiografia dell’infanzia che si dichiara critica – di una teoria circa il bambino e/o il suo sviluppo22. Anche se il richiamo non è indenne da semplici-smi, e le sue diverse formulazioni appaiono non di rado incongruenti (lo storico dell’infanzia ha bisogno di questa teoria, ma un’eventuale teoria non può fare a meno del contributo degli storici), l’esigenza mi sembra attuale, irrinunciabile e urgente. Spostarsi dal piano delle polemiche e degli specialismi e muoversi verso incipit nuovi, magari prendendo le mosse da un passato tanto vicino da sfumare nella contemporaneità, ma ricco di interrogativi epistemologici di matrice di-versa, può essere vantaggioso, purché l’infanzia che così si incontra non sia scel-ta solo perché desta curiosità; perché viene posta in primo piano nelle priorità

riporta anche testi francesi oltre che inglesi nella bibliografia in fondo al volume, desumen-dola da testi citati nei singoli saggi.19 Penso al convegno tenuto a San Sebastiano nel 2005 dal titolo La infancia en la historia: espacios y representaciones.20 Buona parte degli articoli, degli annunci delle manifestazioni e dei dibattiti interni alla So-ciety, nonché del Journal si possono trovare nel sito <www. umass. edu/jhcy>. Dell’Editorial Board fa parte la collega fiorentina Patrizia Guarnieri. 21 Di cultura dei bambini, come prodotto peculiare della prima età, parla Monica Ferrari nel suo contributo.22 Cfr. il dibattito del gruppo sulla storiografia critica dell’infanzia nel convegno della Society del 10-11 luglio 2009.

Page 14: Il bambino di ieri: breve storia di una storiografia · 2019. 10. 25. · SAGGI Il bambino di ieri: breve storia di una storiografia Egle Becchi Il 1960, quando viene pubblicata la

Saggi20

EglE BEcchi

sociali di oggi; in quanto è fatta emergere da altri studi sul non adulto che han-no detto cose nuove, ma in modo marginale rispetto alla sua dimensione dia-cronica23. Tutto questo però non basta: tale riorientamento in direzione teorica può essere vantaggioso, purché non pretenda in tempi brevi di costruire teorie monolitiche e definitive, né di sostituirsi alla ricerca storica. Forse nel compito di delineare una teoria dell’infanzia24, che sosti sui modi, sui linguaggi e sulle pretese che ci ispirano studiando il bambino, potremmo avviare quel program-ma comune di ricerca che Franco Cambi caldeggia nel suo saggio, consapevoli che si tratta di un’impresa faticosa e esposta alle disarmonie dell’indagine, ma promettente sinergie, scambi, definizioni meno vaghe di quelle che costellano la comprensione di questo oggetto sui generis, il bambino di ieri e di oggi. Questo infante che, muto e seducente, ci imbarazza e ci inquieta, tanto da farsi spostare sempre più indietro nel tempo, in un passato dove non ci riesce di inseguirlo e afferrarlo, e dove sembra autorizzarci a parlare in vece sua, ma senza la sicurezza di usare le parole e i segni appropriati. Impegnarsi nella costruzione dei prole-gomeni di una teoria dell’infanzia, che accompagni la sua ricostruzione storica, dunque: forse è qui che ci dobbiamo dare il prossimo appuntamento.

Richiami bibliografici

S. Amsterdamski, voce «Paradigma», in Enciclopedia, vol. X Opinione-Proba-bilità, Torino, Einaudi, 1980

Ph. Ariès, Histoire des populations françaises, et de leurs attitudes devant la vie depuis le XVIII siècle, Paris, SELF, 1948; II edizione, con un «Avertisse-ment pour l’édition de 1971», Paris, Seuil, 1971

Ph. Ariès, L’enfant et la vie familiale sous l’ancien Régime, Paris, Plon, 1960 Fra le diverse traduzioni ricordo quella in inglese del 1962, Centuries of Childhood. A Social History of Family Life, New York, Vintage Books, 1962; quella italiana, Padri e figli nell’Europa medievale e moderna, Roma-Bari, Laterza, 1968; quella tedesca, Geschichte der Kindheit, Münich, Hanser, 1975. C’è una seconda edizione francese, con una «Préface à la nouvelle édition», Paris, Seuil, 1973

Ph. Ariès, «Problèmes de l’éducation» in M. François (sous la direction de), La France et les Français, Paris, Gallimard, 1972, pp. 869-961

Ph. Ariès, voce «Educazione», in Enciclopedia, vol. VI Famiglia-Ideologia, To-rino, Einaudi, 1979a

Ph. Ariès, voce «Generazioni», in Enciclopedia, vol. VI Famiglia-Ideologia, To-rino, Einaudi, 1979b

Ph. Ariès, voce «Infanzia», in Enciclopedia, vol. VII Imitazione-Istituzioni, To-rino, Einaudi, 1979c

23 Penso specialmente alla sociologia dell’infanzia che ha avuto successo, adesioni, consenso negli ultimi tre lustri, soprattutto in Germania e in Scandinavia. Cfr. Hengst, Zeiher, 2004.24 Fin qui raramente tentato. Per tempi recenti si veda Honig, 1999.

Page 15: Il bambino di ieri: breve storia di una storiografia · 2019. 10. 25. · SAGGI Il bambino di ieri: breve storia di una storiografia Egle Becchi Il 1960, quando viene pubblicata la

21Saggi

Il bambIno dI IerI: breve storIa dI una storIografIa

Ph. Ariès (1980), Uno storico della domenica. Collaborazione di Michel Wi-nock, Bari, Edipuglia, 1992

Ph. Ariès (1979), «Il bambino e la strada. Dalla città all’anticittà, in Idem, I segreti della memoria. Saggi 1943-1983, trad. it., Scandicci, La Nuova Italia, 1996, pp. 199-220

Ph. Ariès (1986), «Per una storia della vita privata» in Ph. Ariés e R. Chartier (cura di), La vita privata dal Rinascimento all’Illuminismo, trad. it., Roma-Bari, Laterza, 1987, pp. V-XVIII

E. Becchi, D. Julia D. (a cura di), Storia dell’infanzia, 2 voll. Roma-Bari, La-terza, 1996 Trad. francese, Histoire de l’enfance en Occident, 2. voll Paris, Seuil, 1998, 2004²

J.B. Bedaux, «Discipline for innocence. Metaphors for education in sevente-enth-century Dutch painting», in Idem The reality of symbols. Studies in the iconology of Netherlandish Art 1400-1800, The Hague-Maarssen, Gary Schwartz/SDU, 1990, pp. 109-169

Crh. Carlsmith, «The Child in the Classroom: Teaching a Course on the Hi-story of Childhood in Medieval/Renaissance Europe», in A. Classen (a cura di), Childhood in the Middle Ages and the Renaissance. The Results of a Paradigm Shift in the History of Mentality, Berlin-New York, W. De Gruyter, 2005, pp. 415-427

H. Cazes (a cura di), Histoires d’enfants, Répresentations et discours de l’enfan-ce sous l’Ancien Régime, Québec, Les presses de l’Univerité de Laval, 2008

A. Classen (a cura di), Childhood in the Middle Ages and the Renaissance. The Results of a Paradigm Shift in the History of Mentality, Berlin-New York, W. De Gruyter, 2005

L. De Mause (a cura di) The History of Childhood. The evolution of parent-child relationships as a factor in history, New York, The Psychohistory Press, 1974 trad. tedesca, Hört ihr die Kinder weinen: eine psychogenetische Geschichte der Kindheit, Frankfurt a. M. Suhrkamp, 1980; tr. it. parziale, La storia dell’infanzia, Milano, Emme, 1983

M.F. Durantini, Studies in the Role and Function of the Child in the Seven-teenth Century Dutch Painting: an Iconographical Investigation, Ann Ar-bor (Mi.), UMI Press, 1995

E.H. Erikson (1955), Infanzia e società, trad. it., Roma, Armando, 1966J. Gélis, M. Laget, M.F. Morel, Entrer dans la vie. Naissances et enfances dans

la France traditionnelle, Paris, Gallimard-Julliard, 1978H. Hengst, H. Zeiher, Per una sociologia dell’infanzia, Milano, FrancoAngeli,

2004M.S. Honig, Entwurf einer Teorie der Kindheit, Frankfurt a.M., Suhrkamp,

1999D. Hunt, Parents and Children in History. The Psychology of Family Life in

Early Modern France, New York, Basic Books, 1970G. Snyders, La pédagogie en France aux XVII et XVIII siècles, Paris, Presses

Universitaires de France, 1963

Page 16: Il bambino di ieri: breve storia di una storiografia · 2019. 10. 25. · SAGGI Il bambino di ieri: breve storia di una storiografia Egle Becchi Il 1960, quando viene pubblicata la