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Prove sem‐ pre più serra‐ te e organiz‐ zazione che entra nel vivo per gli iscritti della Comu‐ nità ebraica di Genova, coordinati da Silvio Sciun‐ nach, che si esibiranno a Purim in una performance teatrale volta a interpretare in chia‐ ve umoristica la vicenda della festa. Lo spettacolo è in programma domenica 16 marzo, alle 16.30, al Teatro Cinema Carignano. Ad essere coinvolto anche il coro Shlomot diretto da Eyal Lerner. + oltreconfine Italia Ebraica voci dalle Comunità n. 3/2014 IDENTITÀ PURIM 2014 A PAG. 12 Sfuggita bambina alle persecuzioni nazifasciste, madre della desaparecida Franca, tra le fondatrici delle Madri di Plaza de Mayo. Una vita per la testimonianza. Ad avvolgere di calore Vera Vigevani Jarach, a Firenze per incontrare la settima commissione consi- liare permanente dedicata a Pace, Diritti Umani, Solidarietà e Relazioni Internazionali, anche una delegazione della Comunità ebraica guidata dal presidente Sara Cividalli. FIRENZE - L'ABBRACCIO DELLA COMUNITÀ A VERA HATIKWA Unione Giovani Ebrei d’Italia Italia Ebraica – attualità e cultura dalle Comunità ebraiche italiane ‐ registrazione Tribunale di Roma 220/2009 | [email protected] – www.italiaebraica.net | supplemento a Pagine Ebraiche ‐ n. 3 ‐ 2014 reg. Tribunale di Roma 218/2009 ISSN 2037‐1543 (direttore responsabile: Guido Vitale) GENOVA EBRAICA ROMA EBRAICA Un’associazione per le tradizioni Con Felice nel box, Ghila Valabrega – alla prova d'esordio in regia – si propone di sensibilizzare il pubblico sulle vicende della sinagoga di Sabbioneta. Un'operazione con finalità etiche (i proventi saranno infatti destinati al restauro del luogo di culto, dan‐ neggiato dal recente sisma in Lombardia ed Emilia Romagna) che ha coinvolto luo‐ ghi e volti della Comunità ebraica di Milano, conquistati dall’entusiasmo della giovane regista. Protagonista del cortometraggio, niente meno che un fantasma, Felice Foà, suo malgrado trascinato nella complicata vita della famiglia Valabrega. a pag. 4 Affrontare il tema della Shoah raffigurando le problematiche che incontrano i giovani oggi. Questo l'obiettivo di Shorashim (ra‐ dici), spettacolo portato in scena dalla com‐ pagnia teatrale Shi‐ bolet formata dai ragazzi del Talmud Torah di Firenze sotto la guida della regista Johara Bre‐ da. Nell'ambito delle iniziative per il Giorno della Memoria tre le rappresentazioni che sono state organizzate nei comuni di Aglia‐ na, Serravalle Pistoiese e Pescia. Oltre 450 gli studenti complessivamente coinvolti. a pag. 6 FIRENZE EBRAICA Il successo di Shorashim Purim, a marzo tutti sul palco Enoteche, barbieri, fiorai, pasticcerie, stam‐ perie, gioiellerie, farmacie: tantissime at‐ tività commerciali unite dal filo comune di una lunghissima pre‐ senza sul territorio cittadino. A unirle in un'associazione che ne conservi e valoriz‐ zi la tradizione è stato tre anni fa Giulio An‐ ticoli: 50 anni, titolare di un negozio di ab‐ bigliamento nel quartiere Africano, ha tra i suoi obiettivi un maggior coinvolgimento dei commercianti che operano nell’area del vecchio Ghetto. a pag. 2 Grande traguardo per la sezione triestina del‐ l'Adei Wizo, che festeggia oltre 80 anni di storia e di impegno inaugurando una mostra (Dal pas‐ sato al presente verso il futuro) negli spazi sociali di piazza Benco. Diciotto i pannelli, oltre un centinaio di documenti, lettere e fotografie in esposizione che copriranno, nelle varie decadi di attività, l'intero arco di vita della sezione. a pag. 8 TRIESTE EBRAICA Adei, 80 anni in una mostra Stesso giorno, stessa ora: due le occasioni di in‐ contro e di collaborazione fra la Comunità ebrai‐ ca di Torino e la Chiesa Valdese. Mentre a Torino si svolgeva di fronte a un folto pubblico la tavola rotonda “Mano nel‐ la crisi?”, organiz‐ zata con la collabo‐ razione della Con‐ sulta Torinese per la Laicità delle Isti‐ tuzioni in occasio‐ ne della concessio‐ ne dei diritti civili a ebrei e valdesi nel 1848, a Torre Pellice si stava inaugurando la mostra La natura e l’ebraismo: visioni e commenti che pre‐ senta fino a fine aprile un contrappunto fra fo‐ tografia e notazioni bibliche. a pag. 10 TORINO EBRAICA Percorso comune nelle difficoltà MILANO EBRAICA Ciak si gira, un set in Comunità SAN MARINO Al via nuove ricerche sul coraggio del Titano Storica intesa tra Repubblica di San Marino e Yad Vashem, per lo studio comparato di documenti relativi agli anni della persecuzione. Firmatari dell'accordo Anat Kutner, responsabile delle acquisizioni per Yad Vashem, e Patrizia Di Luca, coordinatrice del comitato sammarinese costituito ad hoc. Si tratta, ha spiegato alla stampa il Segretario di Stato per la Cultura Giuseppe Maria Morganti, di "una ricerca per capire se la Repubblica ha avuto un atteggiamento positivo verso una popolazione profondamente colpita da una grande sofferenza". Numerosi sono stati i perseguitati accolti da San Marino durante la seconda guerra mondiale, a conferma della sua "particolare dote di ospitalità", ha affermato il segretario di Stato per gli Affari Esteri Pasquale Valentini. Soddisfazione è stata espressa dal rabbino capo di Ferrara Luciano Meir Caro, che ha commentato: "L'amicizia tra San Marino e l'ebraismo risale a molti decenni or sono. I sammarinesi non se ne sono inoltre mai vantati, ritenendolo un fatto naturale". oltreconfine

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Prove sem‐pre più serra‐te e organiz‐zazione cheentra nel vivoper gli iscrittidella Comu‐nità ebraicadi Genova,coordinati daSilvio Sciun‐nach, che siesibiranno aPurim in unaperformance teatrale volta a interpretare in chia‐ve umoristica la vicenda della festa. Lo spettacoloè in programma domenica 16 marzo, alle 16.30,al Teatro Cinema Carignano. Ad essere coinvoltoanche il coro Shlomot diretto da Eyal Lerner.

+ oltreconfine

Italia Ebraica voci dalle Comunità n. 3/2014

IDENTITÀPURIM 2014 A PAG. 12

Sfuggita bambina alle persecuzioni nazifasciste, madre della desaparecida Franca, trale fondatrici delle Madri di Plaza de Mayo. Una vita per la testimonianza. Ad avvolgeredi calore Vera Vigevani Jarach, a Firenze per incontrare la settima commissione consi-liare permanente dedicata a Pace, Diritti Umani, Solidarietà e Relazioni Internazionali,anche una delegazione della Comunità ebraica guidata dal presidente Sara Cividalli.

FIRENZE - L'ABBRACCIO DELLA COMUNITÀ A VERA

HATIKWAUnione Giovani Ebrei d’Italia

Italia Ebraica – attualità e cultura dalle Comunità ebraiche italiane ‐ registrazione Tribunale di Roma 220/2009 | [email protected] – www.italiaebraica.net | supplemento a Pagine Ebraiche ‐ n. 3 ‐ 2014 reg. Tribunale di Roma 218/2009 ISSN 2037‐1543 (direttore responsabile: Guido Vitale)

GENOVA EBRAICAROMA EBRAICAUn’associazioneper le tradizioni

Con Felice nel box, Ghila Valabrega – allaprova d'esordio in regia – si propone disensibilizzare il pubblico sulle vicende dellasinagoga di Sabbioneta. Un'operazione confinalità etiche (i proventi saranno infattidestinati al restauro del luogo di culto, dan‐neggiato dal recente sisma in Lombardiaed Emilia Romagna) che ha coinvolto luo‐ghi e volti della Comunità ebraica di Milano,conquistati dall’entusiasmo della giovaneregista. Protagonista del cortometraggio,niente meno che un fantasma, Felice Foà,suo malgrado trascinato nella complicatavita della famiglia Valabrega.

a pag. 4

Affrontare il tema della Shoah raffigurandole problematiche che incontrano i giovanioggi. Questo l'obiettivo di Shorashim (ra‐dici), spettacolo portato in scena dalla com‐

pagnia teatrale Shi‐bolet formata dairagazzi del TalmudTorah di Firenzesotto la guida dellaregista Johara Bre‐

da. Nell'ambito delle iniziative per il Giornodella Memoria tre le rappresentazioni chesono state organizzate nei comuni di Aglia‐na, Serravalle Pistoiese e Pescia. Oltre 450gli studenti complessivamente coinvolti.

a pag. 6

FIRENZE EBRAICAIl successodi Shorashim

Purim, a marzotutti sul palco

Enoteche, barbieri, fiorai, pasticcerie, stam‐perie, gioiellerie, farmacie: tantissime at‐tività commerciali unite dal filo comune di

una lunghissima pre‐senza sul territoriocittadino. A unirle inun'associazione chene conservi e valoriz‐

zi la tradizione è stato tre anni fa Giulio An‐ticoli: 50 anni, titolare di un negozio di ab‐bigliamento nel quartiere Africano, ha trai suoi obiettivi un maggior coinvolgimentodei commercianti che operano nell’area delvecchio Ghetto.

a pag. 2

Grande traguardo per la sezione triestina del‐l'Adei Wizo, che festeggia oltre 80 anni di storiae di impegno inaugurando una mostra (Dal pas‐

sato al presenteverso il futuro)negli spazi socialidi piazza Benco.Diciotto i pannelli,oltre un centinaiodi documenti,

lettere e fotografie in esposizione che copriranno,nelle varie decadi di attività, l'intero arco di vitadella sezione.

a pag. 8

TRIESTE EBRAICAAdei, 80 anniin una mostra

Stesso giorno, stessa ora: due le occasioni di in‐contro e di collaborazione fra la Comunità ebrai‐ca di Torino e la Chiesa Valdese. Mentre a Torinosi svolgeva di fronte a un folto pubblico la tavolarotonda “Mano nel‐la crisi?”, organiz‐zata con la collabo‐razione della Con‐sulta Torinese perla Laicità delle Isti‐tuzioni in occasio‐ne della concessio‐ne dei diritti civili a ebrei e valdesi nel 1848, aTorre Pellice si stava inaugurando la mostra Lanatura e l’ebraismo: visioni e commenti che pre‐senta fino a fine aprile un contrappunto fra fo‐tografia e notazioni bibliche.

a pag. 10

TORINO EBRAICAPercorso comunenelle difficoltà

MILANO EBRAICACiak si gira, un setin Comunità

SAN MARINO

Al via nuove ricerche sul coraggio del TitanoStorica intesa tra Repubblica di San Marino e Yad Vashem, per lo studio comparato di documenti relativi aglianni della persecuzione. Firmatari dell'accordo Anat Kutner, responsabile delle acquisizioni per Yad Vashem,e Patrizia Di Luca, coordinatrice del comitato sammarinese costituito ad hoc. Si tratta, ha spiegato alla stampa il Segretario di Stato per la Cultura Giuseppe Maria Morganti, di "una ricercaper capire se la Repubblica ha avuto un atteggiamento positivo verso una popolazione profondamente colpitada una grande sofferenza". Numerosi sono stati i perseguitati accolti da San Marino durante la seconda guerramondiale, a conferma della sua "particolare dote di ospitalità", ha affermato il segretario di Stato per gli AffariEsteri Pasquale Valentini. Soddisfazione è stata espressa dal rabbino capo di Ferrara Luciano Meir Caro, cheha commentato: "L'amicizia tra San Marino e l'ebraismo risale a molti decenni or sono. I sammarinesi nonse ne sono inoltre mai vantati, ritenendolo un fatto naturale".

oltreconfine

tadina, datazioni di epigrafi, rinvenimento di iscri‐zioni e reperti, in questo lavoro vengono riportatialla luce, ampliati e sviluppati studi iniziati quattro‐cento anni fa. “In questo volume presentiamo i ri‐sultati di un lavoro che nel suo procedere, come unromanzo, ha svelato circostanze, documentazioni etestimonianze sempre più complesse e coinvolgenti”sottolineava Daniela Rossi, funzionario della Soprin‐tendenza speciale per i beni archeologici di Roma,ricordando che “la storia della catacomba offre spuntiche oltrepassano la soglia della mera archeologiaper testimoniare anche complesse vicende umane”.Doppio il filo del racconto di cui le catacombe sonoun emblema: da una parte la storia dei Iudaei a Roma(II secolo e.v), dall'altra quella della città e della suaevoluzione, da cuore di un impero ad epicentro diun Regno. Insieme, la vicenda dell'incontro, degli

scambi, dell'integrazione non sempre facile tra unaminoranza dalle tradizioni millenaria e la realtà ro‐mana. Come spiega Claudio Procaccia, direttore peri beni culturali della Comunità di Roma,“la storiadegli ebrei dell’Urbe è una chiave di lettura delle tra‐sformazioni occorse a Roma negli ultimi ventiduesecoli, non solo in relazione ai cambiamenti internima ai mutamenti dello scenario mondiale comples‐sivo”.Tante, dunque, le ragioni che sottolineano l'impor‐tanza del progetto sulla catacomba di Monteverde.“Sono orgogliosa di far parte di un Municipio che hadedicato tanti sforzi e attenzione a un'iniziativa diquesto genere”, ha affermato Alessia Salmoni (nellafoto a sinistra), presidente del Consiglio del MunicipioXII. “È stato veramente un capolavoro”, ha conclusoSalmoni. Capolavoro, dunque, su cui c'è stata una

grande sinergia e collaborazione tra istituzioni pub‐bliche, private e così come quelle ebraiche. Dalle pa‐role congiunte di Fabio Bellini e Cristina Maltese, altempo della pubblicazione del volume rispettiva‐mente presidente del Municipio XVI (ora XII) e pre‐sidente della Commissione cultura dell'ente, il sensodi questo progetto dal punto di vista delle autoritàcittadine. “In continuità con quelle amministrazioniattente a preservare i beni archeologici – la loro ri‐flessione – noi amministratori di oggi rispetto ai luo‐ghi di nostra competenza abbiamo sempre tenutofede a una linea programmatica e fattiva per la sal‐vaguardia di questo prezioso patrimonio e per latrasmissione di una memoria storica come nel casodella peculiare vicenda dell'insediamento di partedella Comunità ebraica nel territorio compreso traTrastevere, Porta Portese e Monteverde Vecchio”.

Un'impronta che racconta di una presenza ultramil‐lenaria nella Città Eterna, nell'Urbe. La testimonianzamonumentale dell'intreccio tra la Comunità più an‐tica della Diaspora e la città culla dell'Occidente.Ecco cosa si cela dietro alla riscoperta, a Roma, dellacatacomba ebraica di Monteverde: rappresenta unodei simboli della convivenza, dalle radici profonde,tra ebraismo e la Capitale. Appare quindi chiaro ilvalore del lavoro svolto in questi anni, frutto dellasinergia tra enti pubblici e privati, per riportare allaluce un sito monumentale, rimasto a lungo nell'om‐bra. Un progetto raccontato nel volume curato daDaniela Rossi e Marzia Di Mento La catacomba ebrai-ca di Monteverde: vecchi dati e nuove scoperte, editodalla presidenza del Consiglio provinciale di Roma

e dal Municipio XII. Pagi‐ne che raccontano lagrande opera archeolo‐gica, scientifica e storicasvolta sul sito di Monte‐verde, risultato della col‐laborazione tra istituzio‐ni cittadine, equipe diesperti e realtà ebraica(oltre alla Comunità diRoma, hanno dato il loro

contributo al progetto l’Unione delle Comunità Ebrai‐che Italiane e la Fondazione per i Beni culturali ebrai‐ci in Italia).Delle sei note a Roma, la catacomba di Monteverdefu la prima a venire alla luce nel 1600, vivendo nelcorso dei secoli vicende alterne, fino al decisivo ri‐trovamento di pochi anni fa. “La scoperta della ca‐tacomba di Monteverde è di notevole interesse scien‐tifico ‐ spiega in apertura del volume la senatriceGiuseppina Maturani, tra i motori del progetto – per‐ché le catacombe costituiscono l'unica testimonianzamonumentale della numerosa comunità ebraica pre‐sente a Roma nel corso dei secoli”.L'evoluzione della toponomastica e morfologia cit‐

Italia Ebraica la voce delle Comunità

pag. 2 Marzo 2014

Monteverde, le antiche catacombe ebraiche tornano finalmente a parlare

Enoteche, barbieri, fiorai, pasticcerie, stampe-rie, gioiellerie, farmacie: tantissime attivitàcommerciali unite dal filo comune di una lun-ghissima presenza sul territorio cittadino. Acoordinarle in un'associazione che ne conservie valorizzi la tradizione è stato tre anni fa GiulioAnticoli: 50 anni, sposato e padre di una bam-bina di nove anni, è titolare di un negozio diabbigliamento nel quartiere africano a Roma(anch'esso con una lunga tradizione familiare).È il 2010 quando riceve dall'allora assessorealle attività produttive del II Municipio, MarioMancini, l'invito a formare un'associazione dicommercianti “storici”. Inizialmente è scetticosulla sua riuscita. Cerca quindi di declinare l’in-vito, ma già alla prima riunione i commerciantiintervenuti sono numerosi. E allora decide diprovare. “La bottega storica è motivo di orgoglioper la città, simbolo di un patrimonio artisticoe culturale che la rende unica. Nell'associazione– spiega – sono accolte tutte le botteghe cheoperano da oltre 50 anni nella città di Roma.Anche quelle che, per motivi funzionali o com-merciali, non hanno potuto conservare le strut-ture di origine o hanno dovuto spostare la lorosede, poiché quello che bisogna salvaguardare

e valorizzare è l'attività lavorativa e non sol-tanto la sede in cui questo avviene. Faccio unesempio: se un artigiano non può permettersipiù di rimanere nella stessa bottega per uncambiamento di contratto o un affitto troppoalto, non è giusto che per questo la sua attività

perda valore. Valorizzare e conservare: è questol'obiettivo dell'Associazione Botteghe Storichedi Roma. Oggi, dopo solo tre anni dalla sua fon-dazione, l'Associazione conta oltre cento bot-teghe. Tra di esse nomi conosciuti come il Caffèdella Pace, la Cioccolateria SAID, l'Antica stam-

peria Trevi: nomi che hanno fatto la storia dellacittà, alcuni dei quali presenti sul territorio dapiù di duecento anni. Quali sono allora le ga-ranzie che offre una bottega storica e perchéè considerato un privilegio associarsi? “Ognisocio – spiega Giulio – sottoscrive un codice eti-co di condotta morale ed economica che con-traddistingue le Botteghe Storiche, come qua-lità del prodotto venduto, qualità del serviziofornito, correttezza professionale e rispettodella concorrenza, sicurezza sul lavoro per idipendenti, giusto prezzo, saldi trasparenti,ma anche solvibilità aziendale, comportamentie iniziative commerciali che non dannegginola comunità e i residenti puntando alla riqua-lificazione del territorio, continuità generazio-nale nell'ambito familiare, conservazione dellecaratteristiche storiche dell'artigianato e delcommercio romano, delle sue forme e dellemodalità relazionali. Quali le principali attività svolte, quali i progettisu cui maggiore è l'attenzione? “Inizialmente– prosegue Giulio – abbiamo svolto una politicasindacale molto attiva volta alla difesa e allasalvaguardia della prosecuzione di alcune at-tività commerciali, come nel caso della Libreria

Botteghe Storiche, la sfida di un'associazione per cultura e territorio

ROMA EBRAICA

Italia Ebraica la voce delle Comunità

pag. 3Marzo 2014

Il 29 novembre 1947 è un giorno chesegnerà profondamente le comunitàebraiche di tutto il mondo: con il ter‐zo voto favorevole alla Risoluzione181 sulla spartizione della ex Pale‐stina mandataria britannica, l'Orga‐nizzazione delle Nazioni Unite decre‐ta infatti la nascita del moderno Statodi Israele. Festa grande in tutte le ke‐hillot, compresa la più antica dellaDiaspora: Roma. È a quelle ore colmedi speranza che ci riportano le me‐morie di rav Vittorio Della Rocca nellaterza puntata di questo viaggio allascoperta della 'sua' Roma per i lettoridi Italia Ebraica. “Ero giovanissimo,14 anni, ma conservo ancora nitido– spiega – il ricordo dei festeggia‐menti e della commozione che per‐vase tutta la Comunità. Ci ritrovam‐mo all'arco di Tito, sotto al quale vi‐geva fino ad allora il divieto di transito per ogni ebreo che non volesse simbolicamente ricordare, con quelpassaggio, la tragedia della distruzione del Secondo Tempio a opera dei Romani. Fu un momento storico.Alla guida del corteo che passò sotto l'arco l'imponente figura del rabbino capo David Prato. Al suo fianco

Settimio Sorani, presidente della Delasem, e il futuro presidente dell'Unione delle Co‐munità Israelitiche Italiane Raffaelle Cantoni”. Parole e azioni si susseguono indimen‐ticabili. Come indimenticabili restano alcuni protagonisti di quella giornata: Cantonie la sua “appassionata” e “travolgente” oratoria; e rav Prato, che fu tra gli artefici dellaricostruzione della Comunità negli anni dell'immediato dopoguerra e fino alla suascomparsa, avvenuta nel 1951. “Rav Prato – racconta Della Rocca – dava la possibilitàa due sole persone di salire in Tevà: Cantoni e Umberto Nahon, l'uomo che più di ognialtro si spese per la salvaguardia del patrimonio culturale ebraico italiano trasferendone

numerose vestigia in Israele. Nahon era livornese come rav Prato e a caratterizzarlo, anche in questo caso,era una straordinaria abilità dialettica e la capacità di coinvolgere la platea raccontando un'ampia gammadi storie, episodi, sfumature: una caratteristica che ho sempre apprezzato nei miei interlocutori. E poi venivada Livorno, la città della 'Nazione Ebraica' che prosperò e lasciò un segno nel tessuto sociale senza conoscerel'infamia del ghetto”.

LA MIA ROMAL'arco di Tito e la nostra gioia Significativo incontro, nei primi giorni di febbraio, tra

il direttivo del Centro Studi Primo Levi di Torino e idirigenti scolastici, gli insegnanti e gli allievi dellescuole calabresi con la partecipazione a tavole rotondee iniziative che hanno toccato Polistena, Reggio Cala-bria, Amantea, Lamezia, Cosenza e Soriano. Il progetto,patrocinato dalla Regione Calabria, dall’Unione Co-munità Ebraiche Italiane, dalla Comunità ebraica diNapoli e dall’Università della Calabria, ha avuto comecoordinatore e referente per la Comunità ebraica Ro-que Pugliese. Il professor Fabio Levi, direttore del Cen-tro Internazionale di Studi Primo Levi, e la dottoressaRoberta Mori, responsabile del settore didattico, hannopreso parte alle giornate di studio organizzate dagliistituti scolastici e hanno illustrato ai docenti e agli

allievi le attività del Centro soffermandosi soprattuttosu quelle rivolte al mondo scolastico. I veri protagonistidegli incontri sono stati gli allievi, che nei mesi scorsihanno svolto con l’aiuto dei docenti numerosi lavoridi approfondimento sull’opera di Primo Levi. Gli stu-denti hanno infatti presentato i risultati delle loro ri-cerche, esposto riflessioni personali e posto agli ospitidiversi quesiti sull’autore. In tutte le occasioni gli allievisi sono distinti per l’accurata preparazione e per l’in-teresse dimostrato e valorizzato appieno la ricchezzadelle nozioni acquisite in classe apportando a ogni di-scussione un vivace contributo di idee e di impegno.La prima tappa è stata l’I.T.I.S. Conte M.M. Milano diPolistena, dove i rappresentanti del Centro Studi hannovisitato la mostra sulla Shoah allestita dalla scuola ehanno poi dialogato con il preside, i professori e i ra-gazzi. È stata poi la volta dell’I.T.I.S. Panella-Vallauridi Reggio Calabria. La mattinata è stata dedicata aun dibattito sugli aspetti scientifici dell’opera di PrimoLevi animato dalle domande e dalle osservazioni deglistudenti, mentre nel pomeriggio è stato organizzatoun seminario formativo per i dirigenti e per gli inse-gnanti di Reggio Calabria e della provincia. Il giornosuccessivo il Centro è stato ospitato dall’Istituto Com-

prensivo Mameli di Amantea: è stato presentato uncortometraggio realizzato da ex allieve della scuolae poi, con la collaborazione dei membri della compa-gnia Piccolo Teatro Popolare il Coviello, sono stati lettialcuni brani sulla deportazione e sullo sterminio e in-fine è stato lasciato spazio alle domande dei ragazzidi terza media. Nel pomeriggio, nell’auditorium dellascuola, si è tenuto il concerto per piano La musicaclassica omaggia Primo Levi, che ha visto impegnatisul palco in una performance di grande impatto il duoFrancesco e Vincenzo De Stefano e le gemelle Olga eNatalia Tatievskaya. Al liceo scientifico Galilei di La-mezia c’è stato quindi un dibattito intorno alla figuradi Primo Levi testimone e scienziato, nel corso delquale gli studenti hanno proposto letture sul tema e

interventi. Nel pomeriggio Fabio Levi e Roberta Morisi sono spostati a Cosenza, presso la sede dell’Universitàdella Calabria, dove hanno discusso con i docenti e conil prorettore alla presenza del consigliere UCEI SandroTemin, che ha portato i saluti dell’Unione e ha ribaditol’importanza e il significato del progetto. Il viaggio inCalabria ha avuto per ultima tappa l’Istituto Omni-comprensivo di Soriano Calabro. Gli studenti di terzamedia hanno mostrato un lavoro multimediale sullaTorino di Primo Levi, mentre gli alunni dell’ultimoanno del liceo scientifico hanno esposto, con l’aiuto dialcune slide, i contenuti di un percorso monograficosull’autore torinese, trattando con originalità alcuninodi tematici e in particolare il rapporto fra letteraturae scienza. Gli incontri hanno mostrato una grandepartecipazione dei ragazzi e un ottimo livello di ap-profondimento, suscitando il vivo apprezzamento deldirettore Levi, che ha auspicato uno sviluppo ulteriore- per i prossimi anni - dei rapporti fra il Centro e lescuole calabresi.

(Nell'immagine il dirigente scolastico Caterina Cala-brese con Fabio Levi e Roberta Mori nella presidenzadel liceo scientifico di LameziaTerme)

Formazione nel solco di Primo

Croce, storica libreria di Corso Vittorio Ema-nuele in pieno centro, ma abbiamo fatto anchemolte promozioni culturali, una ad esempiocon il Teatro Greco al Foro Traiano. Mi piace-rebbe molto continuare a organizzare dei per-corsi turistici guidati alle Botteghe come quelloche abbiamo fatto recentemente e che si inti-tolava Botteghiamo. Ogni bottega sprigiona fa-scino perché vi si racchiude una parte impor-tante della storia della città: è il caso della Ta-verna Flavia, ristorante baricentro della dolcevita romana, ma anche nella Antica stamperiaTrevi vi è un meraviglioso archivio risalente aoltre 200 anni fa”. L’Associazione ha ora creato un gruppo di la-voro che rafforzi la rete delle Botteghe associatemettendone in evidenza la professionalità evalorizzando l’immagine di un artigianato ro-mano d’eccellenza. Anticoli è stato ascoltatocome parte interessata dalla Commissione,composta dai senatori Valentini, Amati, Astorre,Fissore, Granaiola, Puglisi, che sta elaborandouna legge che prevede la valorizzazione e latutela dei negozi storici di Roma. Una bozza ègià stata redatta ed è il DDL 689/2013. Tra iprincipali obiettivi di Anticoli il coinvolgimentodei commercianti che operano nell’area delvecchio Ghetto.

Lucilla Efrati

"Cari amici e iscritti, in occasione dei 150 anni della Comunità ebraica di Napoli stiamo provando araccogliere materiale sulla nostra storia, per poter poi trarre un catalogo e magari una bella mostra.Avremmo bisogno dunque dell’aiuto di tutti. Cerchiamo documenti vari che riguardino la storia della Co-munità, fotografie, atti di nascita particolari, cartoline, lettere interessanti, documenti riguardanti i varinegozi delle vostre famiglie...". È l'appello formulato sulla prima pagina del bollettino comunitario Sullam.Cresce intanto, nella kehillah partenopea, l'attesa per i prossimi festeggiamenti del Centocinquantenario:un appuntamento che sarà celebrato con iniziative ed eventi adatti a un pubblico ampio. Chi fosse interessatoa contribuire per l'eventuale realizzazione della mostra può scrivere (scadenza: ultimi giorni di febbraio)all'indirizzo di posta elettronica [email protected].

NAPOLIEBRAICA

Italia Ebraica la voce delle Comunità

pag. 4 Marzo 2014

di Rachel Silvera

C'era una volta un fotografo appassionato di moto‐cicletta, Stefano, che negli anni '70 capitava per casoin un cimitero di Sabbioneta. Rapito e un poco offesodal fascino decadente del luogo, carica sulla sua dueruote una lapide e va via a tutto gas. Dopo inutilitentativi di dare al proprietario della lapide una sto‐ria, un passato e una degna sepoltura, a Stefano nonresta che custodire il suo cimelio in garage. Gli annipassano e sua figlia, Ghila, gira la grossa pietra, no‐tando l'iscrizione: “Felice Leon Foà”. Il fantasma diFelice non si fa attendere e appare, visibile solo agliocchi delle donne di famiglia. Inizia allora una com‐media agrodolce nella quale il fantasma di Sabbio‐neta diventa parte integrante del ménage di questafamiglia ebraica milanese in piena crisi. Come fartrovare un po' di pace al povero Felice? Ovviamenterestituendo la lapide al suo luogo, ma come ritro‐varlo? Questa la trama del cortometraggio, operaprima di Ghila Valabrega. “Quando penso a Felicenel box ‐ spiega la regista ‐ mi viene in mente il con‐cetto di realismo magico. Felice Foà e il suo fantasmasono il simbolo fluttuante di una serie di valori con‐creti e fondamentali”. Il corto è una narrazione di ordinaria follia, un varcotemporale che mette in dialogo le ceneri di una co‐munità ebraica fiorente e facoltosa, quella di Sab‐bioneta, con le dinamiche famigliari ebraico‐milanesidegli anni zero. Un primo passo verso la rielabora‐zione consapevole del passato glorioso dell'ebraismoitaliano, “Credo sia doveroso raccontare la storiadegli ebrei italiani che precede la Shoah” affermaGhila. Come si è arrivati a questo punto? Da dove

esce fuori il fantasma? “Ero a New York e ho vistoun uomo. Ho pensato subito fosse un artista. Senzacongetturare troppo sono andata direttamente dalui e gli ho chiesto chi fosse. Era l'aiuto regista diEmir Kusturica. Improvvisamente mi sono ritrovataa lavorare sul set. Dopo qualche esperienza ho sentito

crescere la necessità di fare qualcosa di mio. Felicenel box, mi ronzava in testa da sempre. Ed eccociqui”. La strada scelta da Ghila non è però tra le piùsemplici: un settore, quello del cinema, che annunciaa gran voce il continuo rischio di chiudere i battentie un paese che più o meno fa lo stesso, l'Italia. “Ho

Ciak si gira! E la Comunità si trasforma in un set

Quando la fumettistica scritta “Theend” appare trionfale alla fine di unfilm inizia una nuova storia: i titolidi coda. Sfilze di vite corrono comegazzelle, decine e decine di animesi inseguono tra di loro ricordandocisenza troppi fronzoli che esistono emuovono i fili. Elia Schilton prota-gonista di Felice nel box, interpretaStefano, il padre di Ghila, il deus exmachina della nostra storia. Attoreaffermato di teatro, diretto da registi come LucaRonconi e Carlo Cecchi e al cinema da Paolo Sor-

rentino e Ferzan Ozpetek, si è im-pegnato al massimo davanti allamacchina da presa. “Credo chel'atteggiamento paternalistico allevolte non giovi al risultato, perciòho affrontato questa esperienzacon il massimo riguardo. Come hafatto tutto il cast del resto: GhilaValabrega ha scelto con cura pro-fessionisti del cinema a suppor-tarla; dai costumi in poi tutto è

studiato ad arte. Ognuno ha messo a disposizionedel proprio con umiltà”. Continua: “Ho amato

molto il soggetto che tratta un temafondante come la morte con legge-rezza ma non superficialità. Tra-smette soprattutto il rispetto versochi ci ha lasciati”. “L'entusiasmo inquesto lavoro non basta - ricordaSchilton - serve la dedizione. La riu-scita di questo corto ne è l'esempiolampante”. Come si diventa un Felicenel box angel? A spiegarlo è AndreaJarach, Chairman di Where Italia eproduttore associato con Milano loves you delcortometraggio. “Il Direttore della Sede Lombar-

dia del Centro Sperimentale di Ci-nematografia Bartolomeo Corsinimi continuava a ripetere quantofosse interessante il progetto diGhila, così alla fine mi sono decisoa conoscerla. Immediatamente hocreduto in questa occasione cheuniva tantissimi spunti: la neces-sità dell'esistenza di un cinemaebraico-italiano, la riscoperta diSabbioneta, l'uso di nuove strate-

gie di marketing per finanziarsi”. Continua poi:“La componente storica dell'ebraismo italiano

In scena Elia Schilton, protagonista al cinema con Ozpetek e Sorrentino

GHILA, WHO’S WHOGhila Valabrega può essere annoverata in quelpiccolo circolo di twenty-something girls che nonhanno paura di imbarcarsi in rocambolesche av-venture artistiche. Dopo un'adolescenza alla scuo-la ebraica di Milano e il liceo artistico, vola a Pa-rigi seguendo le macchie di colore, tempere e in-trospezione lasciate dai fantasmi della Belle Epo-que. Studia disegno e illustrazione per poi ab-bandonare la vecchia signora Europa alla voltadi New York. Nella grande mela frequenta la Parsons School,ricettacolo di sogni, suggestioni e animazioni,dove viene sedotta dalla pubblicità. Inizia quindila terza fase, quella della mad woman di MadisonAvenue. La voglia di raccontare diventa semprepiù impellente e un nuovo signore in frac esigela giusta attenzione: il cinema. Dopo un casualeincontro in un bar dai contorni hipster, arriva ilgrande schermo. Così Ghila si ritrova, un po' per fato, un bel po'per abilità, a essere Art Director de Il Turno diNotte lo fanno le Stelle, scritto da Erri De Luca,diretto da Edoardo Ponti, Natassja Kinski comeprotagonista. “Perché bisogna aspettare di in-vecchiare per fare qualcosa di proprio?”, graziea questa domanda Ghila decide che i tempi sonomaturi: è arrivato il momento di tornare a casae girare la propria storia. Felice nel box è il primo cortometraggio scrittoe diretto da Ghila Valabrega. C'è da scommettereche non sarà l'ultimo.

MILANO EBRAICA

è forse il perno di questo progetto,è importante non disperderla”.L'elemento che colpisce poi Jarachè la determinazione della regista:“Chiaramente quando si fa un filmla creatività non basta”. Se poi devetrovare un termine che riassumal'esperienza non ha dubbi: “Posi-tività. L'atmosfera di questa avven-tura ci ha portato a incontrare ungran numero di persone positive,Alberto Sarzi Madinini, sabbione-tano doc e promotore della propria città, in pri-mis”. A popolare lo scoppiettante cast di Felicenel box anche Miriam Camerini, attrice e registateatrale, animatrice di cene sabbatiche didattichee chi più ne ha più ne metta. “Interpreto Ghila

che non solo è la figlia del protago-nista, ma anche la narratrice”. Mi-riam si mostra entusiasta di frontea questa prima sfida davanti alla te-lecamera: “Oltre alla bellezza di ave-re la possibilità di rifare una scena,è infatti universalmente riconosciu-to che non sia mai 'buona la prima',mi sono confrontata con le difficoltàdel cinema. Nel momento chiave delfilm, quando inciampo sulla lapidein garage, il mio volto stupito è in

primo piano. Ho dovuto interpretare una gammadi emozioni a pochi centimetri dalla telecamera:una vera impresa. Per non parlare poi delle fintecadute simulate nel tentativo di non uccidermi!”.Tre voci dal titolo di coda.

Italia Ebraica la voce delle Comunità

pag. 5Marzo 2014

di Ada Treves

Tornare a studiare per progettare il futuro del‐l’ebraismo italiano, ragionando di formazione, di‐dattica e obiettivi: questa è l’idea alla base del la‐voro appassionante portato avanti dalla scuolaebraica di Milano e, a livello nazionale, dalla Com‐missione scuola dell’Unione delle Comunità Ebrai‐che Italiane insieme a docenti e dirigenti dellequattro scuole ebraiche italiane. Sia il progettonazionale incentrato specificamente sulle materieebraiche che quello milanese, che invece lavorasu indicazioni ministeriali, sono dedicati alla co‐struzione di un curricolo verticale e hanno portatoil personale docente a discutere, ragionare, lavo‐rare insieme e rimettersiin discussione per proget‐tare i piani formativi equello che si chiamavasemplicemente program‐ma è diventato uno stru‐mento più articolato, conimplicazioni ben più am‐pie.Costruire un curricolo ver‐ticale significa definire gliobiettivi in termini di com‐petenze da far acquisireagli studenti al termine delpercorso così come nei tra‐guardi intermedi, renden‐do coerente e omogenea ladidattica tra i vari ordini scolastici, mentre si ap‐profondiscono gli aspetti maggiormente trasver‐sali dell’insegnamento. E per il corpo docente di‐venta sempre più importante ricomporre il qua‐dro complesso che si presenta in un istituto on‐nicomprensivo come quello milanese in aggrega‐zioni unitarie, che però non facciano perdere laforza conoscitiva dell’approccio disciplinare.Si tratta di un argomento complesso, da affrontarecon l’aiuto di esperti in materia e a Milano infatti,a partire dalla primavera scorsa, è iniziato un ra‐gionamento globale non solo sulla didattica, masulle aree del sapere e sugli assi formativi chesono decisivi per costruire identità e cultura. Inottobre una quindicina di insegnanti di tutti gliordini scolastici hanno partecipato a un percorsodi formazione tenuto da Vanna Monducci, che èa sua volta dirigente in un istituto comprensivoe si occupa di formazione. Specializzata in parti‐colare sui temi della programmazione organiz‐zativa, di quella curricolare e dell’autovalutazionedi istituto, e parte del gruppo nazionale di progettodel PQM, il Piano nazionale Qualità e Merito, ha

condotto gli insegnanti lungo un percorso in cuiogni partecipante si è fatto in realtà portatore diidee, suggerimenti e richieste anche dei propricolleghi. Un lavoro impegnativo, che si è aggiunto al nor‐male orario scolastico, in cui tutti i partecipantisi sono buttati con entusiasmo, al punto da fardire a Vanna Monducci: “Si tratta di un gruppo didocenti egregio, di grandissima competenza epreparazione. Non è frequente poter lavorare sullaprogrammazione di un percorso che porta gli stu‐denti dai 3 ai 15 anni, e si è trattato di un lavorodi grande profondità”. In realtà gli insegnanti diMilano si sono spinti anche oltre e, come ha sot‐tolineato Esterina Dana, preside dell’istituto ed

entusiasta sostenitrice delpercorso fatto, “il lavoro ètalmente interessante, e uti‐le che i docenti hanno vo‐luto lavorare anche oltre lascuola dell’obbligo, per por‐tare il curricolo fino alla finedel ciclo secondario. È an‐che stato importantissimoil lavoro fatto sui momentidi snodo fra un ciclo e l'al‐tro, che sono sempre deli‐cati e in cui bisogna cercaredi raccordarsi al meglio”.La valutazione del percorsocompiuto arriverà solo conil prossimo anno scolastico,

quando gli insegnanti di tutta la scuola potrannomettere in pratica quanto preparato in questimesi, ma anche prima di allora il semplice fattodi aver ragionato in maniera diversa sui program‐mi ha sicuramente portato dei grandi benefici.Claudia Bagnarelli, coordinatrice delle scuole pri‐maria e dell’infanzia, ha poi evidenziato un altroaspetto: “Lavorare insieme, trovarsi a discuteredi cosa insegniamo ogni giorno ragionando peròsugli obiettivi, su cosa vogliamo che resti ai ragazzialla fine di ogni anno, e poi di ogni ciclo è un eser‐cizio utilissimo. Confrontarsi su questo genere diobiettivi permette poi anche di rompere quelleabitudini che tutti noi, in anni di insegnamento,abbiamo magari sviluppato e di rimetterci in di‐scussione con energie nuove”. Energie che sonostate impegnate anche in un secondo percorso diformazione, dedicato alla valutazione dei risultati,a partire dai punteggi ottenuti ai test Invalsi, eche continuerà in ulteriori moduli che arricchi‐ranno sempre di più una scuola che non ha pauradi mettersi in discussione, e che investe semprecon grande slancio sul futuro.

Sabbioneta, una sinagoga da salvare“Salve amici volevo ricordarvi che il mio scopoè quello di poter aiutare Sabbioneta a mante-nere il ricordo della sua, un tempo, vivace Co-munità ebraica. Io mi chiamo Felice Leon Foà,oggi fantasma, un tempo illustre membro diquesta Comunità”. Ghila Valabrega fa parlaredirettamente il protagonista di Felice nel box,per ricordare, attraverso i poco eterei socialnetwork, l’alto scopo che si pone il film. La pel-licola infatti è nata anche allo scopo di sensi-bilizzare il pubblico nei confronti delle vicendedella sinagoga di Sabbioneta, edificata nel

1824, per volontà dei 113 ebrei della cittadina che rivendicavano la propria autonomia dalla Comunitàdella vicina Mantova, cui l’amministrazione austriaca aveva proposto di unirsi. La città lombarda,dichiarata Patrimonio dell’umanità dall’Unesco, ha sempre considerato la sinagoga, con i suoi arrediper lo più originari dell’epoca, un fiore all’occhiello tra i suoi monumenti, simbolo di una pacificaconvivenza religiosa durata secoli, testimoniata dalla mancata istituzione di un ghetto. Il sisma del2012 l’ha danneggiata, dopo che già nel 2009 la scala d’accesso (il tempio si trova al terzo piano delpalazzo) era stata dichiarata inagibile, costringendo la Comunità di Mantova oggi proprietaria acorrere ai ripari.

Curricolo, un progetto per la scuola del futuro

bussato a tante porte con il mio film sempre nellozaino e mai riposto nel cassetto e ho finalizzato unpiano di finanziamento che si sta rivelando efficace”racconta Ghila che, attraverso indiegogo, una dellepiattaforme di crowdfunding di maggior successo,raccoglie fondi per il film. “Ogni volta che si arrivaa un punto di svolta nella finalizzazione del cortometto online un promo invitando a investire sul mioprogetto”. Investimento oltretutto etico, che serviràin parte a raccogliere i soldi necessari per il restaurodella sinagoga di Sabbioneta. E se Felice nel box riu‐scirà in futuro a dare nuova vita alla storia di Sab‐bioneta, sicuramente ha regalato nell'immediato aGhila una nuovo rapporto con la Comunità ebraicadi Milano: “Grazie all'aiuto di Sonia Colombo, abbia‐mo raccolto un cast ricco e diversificato, strettamentelegato alla comunità”. Da Miriam Camerini al prota‐gonista Elia Schilton, alle interpretazioni di YoramOrtona, già consigliere comunitario, e rav ShmuelRodal. Un modo decisamente creativo per immer‐gersi nella quotidianità ebraica milanese e portareun po' di scompiglio. “Per ottenere la fiducia di tuttimi sono dovuta immergere completamente nelle di‐namiche e nelle atmosfere del film. Del resto è lastoria della mia famiglia”. La pellicola ha ricevutoinoltre il patrocinio dell’Unione delle Comunità Ebrai‐che Italiane, della Fondazione Beni culturali ebraici,delle Comunità di Milano e Mantova, dell’Associa‐zione Man Tovà. Il personaggio da non prendere sot‐togamba ovviamente è Felice Leon Foà, il fantasma:“Inizialmente pensavo di realizzarlo in 3D, animarlo,

poi invece ho preferito un effetto diverso. Mi sonoservita di trucchi tradizionali del cinema, mi piaceval'idea di realizzare dei piani sequenza piuttosto naive.Ho voluto fortemente inoltre che la ricostruzionedegli anni '70 fosse fatta con cura certosina: dagliabiti alle macchine. Il segno distintivo della presenzadello spirito del Fantasma è la sabbia. I miei genitoriin questo sono stati davvero dei supporter ideali,hanno permesso che la seminassi in quantità indu‐striale per tutta la nostra casa, adibita a set!” Ma co‐me continua il lungo viaggio di Felice? “Innanzituttostiamo promuovendo il corto attraverso i social net‐work, la nostra pagina ha già più di ottocento fan,una volta ultimato il film organizzeremo una prima,magari in un teatro, per presentarlo. Nella mia menteci sono già tantissimi festival interessanti, dal Sun‐dance a Berlino. In cima alla lista ci sono anche i fe‐stival di cinema ebraico: da New York a Singapore!”spiega entusiasta la regista. E dopo, quali sono i nuovi sogni? “Ho in mente unatrilogia sulla mia famiglia ‐ confida Ghila ‐ vorreirealizzare il mio primo lungometraggio incentran‐dolo sul matrimonio dei miei genitori. Del resto sonouno spunto continuo e costituiscono da sempre lestorie che vorrei raccontare. Pensare che inizialmenteavevo pensato di chiedere a mio papà di interpretarese stesso, ma la timidezza ha vinto. Ricordo ancorai week‐end nei quali i miei genitori salivano in motoe cercavano disperatamente la casa di Felice LeonFoà, il cimitero dove decine di anni prima mio padreaveva preso la sua lapide”.

La memoria deve poter parlare di realtà e di futuro.Per questo il secondo appuntamento sul tema or‐ganizzato da Dec UCEI, Comunità ebraica e Comunedi Livorno presso il Museo civico Giovanni Fattoriè stato dedicato a "Ebrei tra immagini e leggenda:storia e realtà" con interventi del rav Roberto DellaRocca, direttore del dipartimento Educazione e Cul‐tura UCEI, della professoressa di storia ebraica me‐dievale Alessandra Veronese e del semiologo UgoVolli, moderati dal consigliere UCEI Daniele Beda‐rida. Molto buona l'adesione eal pubblico.Alessandra Veronese ha dato un rapido quadro del‐l'immagine dell'ebreo nella società cristiana a partiredal periodo tardo antico, per arrivare sino all'eracontemporanea. Ha insistito soprattutto sul Me‐dioevo, dato che le radici del pregiudizio antiebraicoaffondano soprattutto in quell'epoca. Le proiezionidi immagini, la lettura di testi significativi, accom‐pagnati dalle ricche spiegazioni della professoressa,hanno mostrato il rapporto inversamente propor‐

zionale tra pregiudizio e presenza ebraica: l'ebreoassume sembianze terribili e temibili laddove nonc'è, perché cacciato e destinato a rimanere nell'im‐maginario. Dove invece egli rimane a essere un pos‐sibile vicino, una persona reale in carne e ossa, sep‐pure per legge inferiore, troviamo rappresentazionipiù positive e documenti che testimoniano anchela condivisione di una vita spesso in comune ai cri‐stiani. Percezione popolare quindi che non seguela politica antiebraica dello stato di riferimento.Proprio partendo da qui, da questa doppia perce‐zione Ugo Volli ha parlato "dell'esistenza di dueIsraele: uno è il paese reale, che ha otto milioni diabitanti di cui il 20% circa arabi, una ricca vita po‐litica democratica, stampa libera, università e ricercascientifica e tecnologica di assoluta eccellenza in‐

ternazionale, un'economia in espansione nonostanteil boom, piena libertà religiosa ecc. Un paese cheha realizzato tutto ciò in meno di settant'anni, cir‐condato da Stati ostili, affrontando guerre, terrori‐smo, un'immigrazione gigantesca, condizioni cli‐matiche difficili”.Un altro paese, ha proseguito il semiologo, “è quelloche appare nei media: uno stato coloniale, che co‐struisce muri e non ponti, opprime i suoi vicini, pra‐tica l'apartheid, compie dei crimini terribili”. Perchéquindi questa differenza fra realtà e comunicazione?“La ragione l'ha spiegata il presidente Napolitanoquando ha detto che l'antisionismo è una forma diantisemitismo. È l'odio per gli ebrei che provocal'odio per Israele, che gli dà l'immagine di uno Statomostruoso, come mostruose erano le immagini degli

ebrei diffuse dagli antisemiti, dal Medioevo a Hitlerfino a oggi. Bisogna rendersi conto di questo e nonstancarsi di denunciare il carattere ideologico e pro‐pagandistico di buona parte dell'informazione suIsraele". A concludere è stato rav Della Rocca, cheha toccato molti argomenti e insistito proprio sulvalore attivo dell'identità ebraica: "Perché e in checosa essere ebrei? Quanti tipi di ebreo esistono? Èpossibile sintetizzare in una sola definizione posi‐zioni così distanti fra loro, che pure con un incre‐dibile paradosso si riconoscono simili e si identifi‐cano in una scelta comune? Possibile che l’ebraicitàsi risolva nel contemplare e nell’inseguire invanouna definizione di se stessa? L’ebreo sfugge a ognidefinizione perché è la sua stessa sostanza a rifiutareogni etichetta o meglio un qualunque schema di

Italia Ebraica la voce delle Comunità

pag. 6 Marzo 2014

Affrontare il tema della Shoah raffigurando le pro‐blematiche che affrontano i giovani di oggi. Questol'obiettivo di Shorashim (radici), spettacolo portatoin scena dalla compagnia teatrale Shibolet formatadai ragazzi del Talmud Torah di Firenze sotto la guidadella regista Johara Breda che è stato rappresentatonell'ambito delle iniziative per il Giorno della Me‐moria tre le rappresentazioni che sono state orga‐nizzate nei comuni di Agliana, Serravalle Pistoiesee Pescia a beneficio di ragazzi loro coetanei. Le variemunicipalità hanno messo a disposizione teatri e ci‐nema per permettere incontri in cui, oltre alla per‐formance arstistica, a essere valorizzate sono statetestimonianze di quanto accaduto in ogni parte d’Ita‐lia e, nello specifico del territorio pistoiese, del dram‐ma degli 86 cittadini ebrei che furono deportati. Lo

spettacolo è stato seguito, con notevole partecipa‐zione, da un totale di 450 ragazzi delle scuole mediee superiori.

Daniele Coen

Shorashim, successo dei giovani

Il percorso sull’armonia della natura continua. Re‐centemente ho infatti organizzato un lavoro, o meglioun gioco da fare con i bambini. Ho preso vari tipi disemi di varie misure e colori (fagioli, piselli, farro,grano etc.) con i quali ho riempito dei sacchetti dicarta che ho posto su dei tavolini. Ho diviso i bimbi,quattro per ogni tavolo, e ho dato loro cinque sac‐chetti con semi diversi. Potevanoguardare e toccare i semi e passan‐dosi i sacchetti potevano sentirequale seme a loro piaceva di piùtoccare. Poi ho chiesto loro di farelo stesso gioco a occhi chiusi.È stato interessante notare cometutti abbiano partecipato entusiastie in silenzio. Poi ho fatto loro sce‐gliere una scatola da un grosso sacchetto, nel qualeavevo messo varie scatole e scatolette di cartone di‐pinte il giorno prima dai bambini. Le forme eranodiverse e loro le hanno potute scegliere solo utiliz‐zando il tatto. A quel punto ho detto loro di riempirele scatolette con i semi e di ascoltare il suono chefacevano, diverso a seconda del seme messo e della

quantità utilizzata. Hanno sperimentato tutte questecose, scoprendo che riempiendo completamente lascatola il suono svaniva, che i semi piccoli come ilriso facevano un rumore leggero, mentre quelli grossicome i fagioli facevano molto rumore. Quindi li hoinvitati a scegliere i semi e di conseguenza il suonoche più gradivano, a riempire la loro scatola e a chiu‐

derla ermeticamente con del nastroadesivo. Il giorno dopo ho predi‐sposto su un tavolo della carta ve‐lina delle perline, dei bottoni e deinastri divisi per colore e ho invitatoi bambini a scegliere il colore cheprediligevano, suggerendogli di ini‐ziare ad attaccare sulla loro scatolala carta con il vinavil e poi in un se‐

condo tempo di incollare perline nastri e/o bottoni.Ognuno ha creato una cosa particolare, bellissimae diversa; ognuno era orgoglioso della propria crea‐zione e non vedeva l’ora di portarsela a casa perfarla vedere ai genitori.

Sabina Sadun

La creatività dei bimbi in movimento

Con l’accattivante titolo di Matite razziste haavuto luogo a Firenze una “giornata di studisull’antisemitismo e razzismo nell’illustrazionedel periodo fascista” promossa dalla FondazioneAmbron Castiglioni e realizzata grazie all’operadalla professoressa Dora Liscia Bemporad, re-sponsabile del comitato scientifico della fon-dazione, della dottoressa Giovanna Lambroni,cui si deve la prima idea, e della entusiasta efattiva collaborazione della Biblioteca Maru-celliana, dell’Archivio di Stato di Firenze e del-l’Indire (Istituto Nazionale di documentazionee ricerca educativa). Il convegno si è svolto in due tempi e in due sedidove sono state allestite due mostre di grandeinteresse: al mattino nei locali dell’Archivio diStato Francesca Klein, che sostituiva la diret-trice, e Pamela Giorgi, responsabile dell’archiviostorico dell’Indire, hanno presentato la mostraA lezione di razzismo, Scuola e libri durante lapersecuzione antisemita (1938-1943). In variebacheche sono esposti quaderni con le coper-tine inneggianti al fascio littorio, i libri di scuolaimposti dal regime fascista nelle classi elemen-tari, i giornalini e i libri di lettura prescelti permeglio indottrinare i piccoli lettori; in una ve-trina si possono vedere i registri delle classispeciali per i bambini ebrei funzionanti nel po-meriggio dall’anno scolastico 1938/39 pressola Scuola Regina Elena, mentre in una bachecaal centro della sala è esposto il manoscritto dellibro I barbari del XX secolo scritto in queglianni da Leo Neppi Modona (da pochi anni pub-blicato), alcuni suoi quaderni e i libri che citadi stare leggendo pazientemente reperiti: quellidi Laura Orvieto, in edizione dell’epoca, ma an-che quelli assai patriottici di Giuseppe Fanciulli.Fanno da sfondo alla mostra pannelli luminosicon brani salienti tratti dai vari articoli che ar-ricchiscono il catalogo preparato dalle bravis-sime Pamela Giorgi e Giovanna Lambroni.Inaugurata la mostra, dopo i saluti di AlbertoBoralevi, presidente della Fondazione, e di Gui-

dobaldo Passigli, consigliere della Comunità esuo ex presidente, è iniziata la prima sessionedel convegno, coordinata da Umberto Bianchi,con gli interventi di tre giovani studiosi: FabioGadducci, che si è particolarmente soffermatosulle direttive date agli artisti per “illustrare larazza”, Guido Gramigni, che ha analizzato inprofondo le illustrazioni delle copertine della

rivista La difesa della Razza e Giovanna Lam-broni, che si è soffermata sulle riviste fiorentineda Il Bargello a Il 420.Nel pomeriggio il pubblico e gli oratori si sonotrasferiti nella sala principale della bibliotecaMarucelliana dove, nelle settecentesche saletteadiacenti, è stata allestita la mostra Da L’ebreoerrante alle leggi razziali: immagini e documentiin Marucelliana grazie al lavoro offerto con slan-

Quando le matite disegnavano l'odio

Un'identità tra immagine, consapevolezza e leggenda

FIRENZEEBRAICA

LIVORNOEBRAICA

classificazione, non suo, con cui lo si vuole legare erendere inoffensivo. L’ebraicità non è un concetto,una voce del vocabolario. E’ una realtà umana, unprocesso di esperienza sostenuta da una storia conuna sua fisionomia e, quello che più importa, conuna sua logica. L’uomo ebreo non è spiegabile danulla, se non dalla sua stessa realtà storica. L’ebrai‐cità sono gli ebrei. Non è possibile una teoria del‐l’ebraismo: un’etichetta con tanti colori in una seriedi sfumature ben dosate, che spieghi una parte degliebrei ed escluda gli altri”. “Se vi è una serie di contraddizioni fra di noi, fra lenostre diverse impostazioni ‐ ha proseguito il rav ‐tutto questo parte dalla nostra stessa natura storica.La cultura ebraica come tutte le culture ha numerosecomponenti: lingua, letteratura, canzoni, leggende,leggi, religione, valori, costumi, feste, cibo, arte, mu‐sica, simboli. Queste si sono evolute nel tempo fon‐dando una tradizione ricca, articolata, rigorosa”.Quale è il nesso tra questi fondamenti? Può l’ebrai‐

smo di un individuo con le sue tipiche componentireligioso‐culturali confrontarsi con quelle di altreculture e giocare un ruolo cruciale nella vita del‐l’ebreo? Cosa rende eterno un popolo? “Innanzitutto‐ ha detto il rav ‐ il continuo uso della sua culturain modo specifico. Perfino la conoscenza estesa diuna cultura particolare non è che una parte dellacultura viva; solo l’attiva, sistematica, completa par‐tecipazione impegna la persona nel perpetuarla”.In effetti, ha aggiunto il rav, il problema della so‐pravvivenza ebraica oggi si riferisce non al nomeebreo ma all’aggettivo ebraico. “Alle giovani gene‐razioni soprattutto va proposto un impegno serio,di studio e di ricerca, che permetta loro una crescitaautonoma della propria identità ebraica, preparan‐doli nello stesso tempo al confronto con la societàe la cultura circostante e a fare tesoro del valoredella differenza, valore ebraico per eccellenza”.

Ilana Bahbout

Italia Ebraica la voce delle Comunità

pag. 7Marzo 2014

Il Museo ebraico di Genova ospita fino al 14 marzola mostra Anne Frank, una storia attuale, dedicataalla giovanissima ebrea olandese, divenuta simbolodella Shoah.Inaugurata il 22 gennaio scorso nell’ambito dellemanifestazioni per il Giorno della Memoria, la mostraè meta continua di visite da parte delle scolarescheliguri, tanto che si riesce con difficoltà a soddisfaretutte le richieste. Particolarmente interessati e coin‐volti, soprattutto a livello emotivo, si dimostrano glialunni delle scuole medie ed elementari, toccati, pro‐babilmente dalla giovane età di Anne Frank. I ragazziascoltano con grande attenzione le spiegazioni, pon‐gono domande e mostrano di capire attraverso que‐sta storia la tragedia della Shoah. Molte delle scola‐resche arrivano alla mostra già preparate al temagrazie anche al lavoro svolto dai loro insegnanti du‐rante lezioni dedicate. L’interessamento degli inse‐gnanti è dovuto anche ai seminari organizzati dal‐l’Ufficio Scolastico Regionale della Liguria in colla‐borazione con la Comunità ebraica di Genova e l’Anede tenuti da storici e studiosidella Shoah. Ideata e realizzata dalla Fon‐dazione Anne Frank di Am‐sterdam, la mostra è statatradotta in oltre 20 lingue eha già viaggiato in più di100 Paesi del mondo, dandoil via a riflessioni, dibattiti,corsi di formazione per gliinsegnanti e progetti didat‐tici per gli studenti.La mostra, rivolta a un pub‐blico di ogni età, intende stimolare, attraverso gliorrori della Shoah, una riflessione sul significato diideali quali tolleranza, rispetto reciproco e demo‐crazia, valori fondamentali di una società democra‐tica e pluralista. Il percorso si snoda attraverso 34 pannelli disposticronologicamente. La prima parte copre l’intero arcodi vita di Anne, dal 1929 al 1945, attraverso foto‐grafie in gran parte inedite, lettere, immagini e ci‐

tazioni del celebre Diarioscritto durante il periodo tra‐scorso nel nascondiglio segre‐to. Testimonianze che fanno

emergere le terribili condizioni in cui una famigliaebraica era costretta a vivere durante il periodo na‐zista. Gli ultimi pannelli, dedicati al periodo succes‐sivo alla Seconda Guerra Mondiale, fino ai giorni no‐stri, focalizzano l’attenzione sull’attività dei TribunaliInternazionali e sulla difesa dei diritti umani. L’in‐treccio di due piani narrativi, la storia di Anne e fa‐miglia da un lato e gli eventi che travolgono l’Europadall’altro, evidenzia temi quali il fanatismo politico

e la ricerca di un capro espiatorio, le epurazioni, l’at‐teggiamento nei confronti degli ebrei, la Shoah e lecontinue e attuali violazioni dei diritti umani in moltiPaesi del mondo (…).La mostra, che resterà aperta fino al 14 marzo, è vi‐sitabile per il pubblico tre giorni a settimana: la do‐menica dalle 11 alle 18, martedì e giovedì dalle 10alle 17. Le scolaresche, previo appuntamento, pos‐sono invece accedere anche il lunedì, mercoledì e ilvenerdì solo al mattino. L’ingresso è libero.(Versione integrale sul portale dell'ebraismo italianowww.moked.it)

Miryam Kraus

Anne Frank, i ragazzi e la sfida di fare formazionecio dagli stessi dipendenti che, come ha dettola direttrice Monica Maria Angeli, si sono sentitiparticolarmente coinvolti nel mostrare i libriche, secondo le disposizioni ministeriali alloraemanate, dovevano essere eliminati ma che in-vece sono sempre rimasti in catalogo. La seconda sessione presieduta da Ugo Caffaz,autore di un brillante discorso introduttivo, havisto gli interventi di Dora Liscia Bemporadcon una interessante lezione sul “cattivo” nellefiabe e nelle letture per ragazzi riferito parti-

colarmente alla figura di Mangiafuoco, di Gior-gio Bacci su “la favola vera del Britanno”, unamalevola figura caricaturale che aveva lo scopodi denigrare la Gran Bretagna ma anche attac-care i massoni e gli ebrei, di Gianluca Gabrielliche ha evidenziato le “tavole delle razze” con-tenute nei libri scolastici e di Leonardo Gorisul fumetto.

Lionella Viterbo

GENOVAEBRAICA

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“Egregio signor commissario governativo, in con‐formità alla sua pregiatissima dell'11 novembre, lespediamo lo statuto dell'Associazione delle DonneEbree d'Italia, con sede centrale a Milano. La sezionedi Trieste è stata istituita lo scorso novembre 1930:il numero delle sue socie ascende a 63. L'attività daessa svolta consiste in delle riunioni settimanali, du‐rante le quali si eseguiscono dei lavori, che vengonopoi distribuiti direttamente ai poveri, venduti a scopodi beneficenza o spediti a Tripoli e in Palestina. Ifondi necessari per la gestione della società e per labeneficenza si ricavano dalla metà delle quote di as‐sociazione (l'altra metà viene devoluta a favore delleopere assistenziali in Palestina), da oblazioni e dallavendita dei lavori eseguiti. Le accludiamo la circolarespedita quest'anno alle socie in occasione della ri‐presa delle riunioni. Ben volentieri la terremo rego‐larmente al corrente per quanto riguarda qualsiasimanifestazione particolare da noi indetta. Per intantogradisca i nostri distinti ossequi”. La lettera porta ladata del 19 novembre ed è, ad oggi, una delle piùantiche testimonianze relative all'Adei Wizo Trieste.

Oltre ottanta anni di storia e diimpegno che saranno celebrati,il prossimo 5 marzo, con l'inau‐gurazione di una mostra (Dalpassato al presente verso il fu‐turo) negli spazi sociali di piaz‐za Benco. Diciotto i pannelli, ol‐tre un centinaio di documenti,lettere e fotografie in esposizio‐ne che copriranno, nelle variedecadi di attività, l'intero arcodi vita della sezione.

Alla mostra sarà inoltre affiancato un catalogo af‐finché resti traccia nel tempo di quanto realizzato.Un'iniziativa che – nella sua complessità – è fruttodel coordinamento delle due copresidenti di sezione,Liora Misan e Marina Sagues, e che ha potuto contaresul patrocinio del Comune e sul sostegno della Co‐munità ebraica, della fondazione Kathleen ForemanCasali, della fondazione Stock Weinberg per la coe‐sistenza dei popoli e della Provincia di Trieste. Quasitutto il materiale è stato recuperato dall'archivio so‐ciale eccezion fatta per i documenti degli Anni Trenta,antecedenti all'emanazione delle Leggi Razziste, chesono stati ritrovati nell'archivio dell'Adei Wizo de‐positato alla Fondazione CDEC di Milano e nell’ar‐chivio della Comunità ebraica triestina.A stimolare l'idea di dar vita a una mostra la visitaall'allestimento curato dalla sezione di Venezia e laconsultazione del catalogo pubblicato in occasionedell'85esimo anniversario di storia dell'associazionesu scala nazionale. “La storia della nostra sezione,nata nel lontano 1931 – spiegano le copresidenti –è legata alla storia dell'ebraismo triestino, alle cuivicende liete e tristi abbiamo sempre partecipato ealla storia di Trieste, città denominata dagli ebreidell’Europa centrale e orientale 'porta di Sion', luogodi transito per chi fuggiva dalle persecuzioni naziste

Italia Ebraica la voce delle Comunità

pag. 8 Marzo 2014

verso l'allora Palestina sotto mandato britannico”.Oggi, proseguono Misan e Sagues, “continuiamo alavorare per le istituzioni sociali e culturali in Italiacome in Israele, per combattere l'antisemitismo e

l'antisionismo dilagante, per offrire alle nostre sociee alle tante triestine che ci sono vicine informazione'corretta' su storia, cultura e tradizione ebraica, nel‐l’ottica di valorizzare la conoscenza e il ruolo della

nostra Comu‐nità”.Finalità del‐l'evento èquindi quellodi ringraziare

tutte le adeine e le amiche triestine che, negli anni,“hanno collaborato e partecipato alla vita della nostraassociazione”. Grande la soddisfazione anche di EsterSilvana Israel, presidente nazionale Adei Wizo. Il suoauspicio è che questa iniziativa costituisca uno sti‐molo per il proseguimento della ricerca storica inaltre realtà locali. “A quanti hanno collaborato e of‐ferto il loro contributo e sostegno – afferma Israel– il ringraziamento più sincero da tutte noi”.

Inaugurata al Museo ebraico di Bologna, in occasionedel Giorno della Memoria, la mostra Children’s story.I disegni dei bambini dal ghetto di Terezin, in colla‐borazione con il Museo ebraico di Praga e la Comu‐nità ebraica di Bologna. Quaranta disegni che rap‐presentano un significativo saggio della produzionedi questi piccoli autori, per la gran parte bambinidai 10 ai 14 anni. Come ha sottolineato il professorAntonio Faeti nella sua presentazione, ricca di spuntidi riflessione e di riferimenti al contesto storico‐cul‐turale della Shoah, i disegni evidenziano le caratte‐ristiche peculiari di una creatività nata nell’orroredi un campo nazista.È noto che i nazisti volevano fare di Terezín un “ghet‐to modello”, un esempio col quale dimostrare la lorobenevolenza nei confronti di una “razza inferiore”:agli occhi del pubblico internazionale si voleva na‐scondere il vero scopo di Terezín come stazione di

transito verso i campi di sterminio, presentandolocome idilliaca località di villeggiatura. Al fine di crearequesta illusione girarono un film di propaganda, nelquale si vedono giovani che danzano e cantano, men‐tre i bambini bevono latte e limonata. La realtà era invece completamente diversa. Anchese le condizioni di vita entro le mura di Terezín sem‐bravano più sopportabili di quelle dei ghetti nazistie dei campi di sterminio — ciò in gran parte grazieal suo ruolo nella propaganda nazista — i detenutidel ghetto subirono tutti gli stenti della vita dei campidi concentramento: fame, malnutrizione, condizioniigieniche orrende, infezioni e una tragica mancanzadi medicinali. Si viveva affollati in dormitori temporaneamente al‐lestiti nelle ex‐caserme. Gli alloggi venivano creatiovunque, anche nei sottotetti e nelle cantine. Al puntodi massimo affollamento, 60mila prigionieri vivevano

in uno spazio che prima della guerra ospitava 3milae 500 soldati e pressoché lo stesso numero di civili.Tutti erano ammassati assieme: i giovani coi vecchi,i sani coi malati. Da Terezin passarono 140mila pri‐gionieri e di questi a seguito alle disumane condizionidi vita nel campo ne morirono 33mila. Gli altri furonoinviati ai campi di sterminio.

In queste terribili condizioni, gli ebrei prigionieri aTerezìn cercarono disperatamente di creare un mon‐do separato per tutti i bambini qui deportati – se neregistrarono oltre 15mila – di dare una parvenza dinormalità, affinchè potessero continuare il loro per‐corso educativo. Durante l’estate del 1942, in alcunidegli edifici si riuscirono ad allestire dei dormitoriper i bambini, che venivano divisi in singole aule diventi o trenta bambini in base alla loro età e alla lin‐gua, affidati alla supervisione di un istruttore, a cui

Adei, in mostra 80 anni di vitalità e impegno sociale

Terezin, i bambini che disegnarono l’orrore a colori

L'esperimento risale al 1977, ideato dagli stu-denti dell'Università di Stanford e basato sullateoria della deindividuazione, che sostiene comegli individui di un gruppo coeso tendano a per-dere l'identità personale, la consapevolezza, ilsenso di responsabilità. Uno schema che l'asses-sore alla cultura della Comunità ebraica di Ve-rona e consigliere UCEI Roberto Israel ha volutoriproporre, all'insaputa degli studenti di unascuola veronese, per illustrare - alla giovane pla-tea - i meccanismi che portarono all'ascesa delnazismo e al trionfo di ideologie razziste e an-tisemite nelle società europee. Appena entratoin classe, Israel ha infatti avviato un'aggressioneimmotivata, chiedendo ad alcuni studenti con

la maglia rossa di farsi controllori di tutti gli altri,mandando fuori dall'aula (senza spiegazione)chi cercava di obiettare, alzando in modo signi-ficativo il tono della voce e minacciando sanzioniper chi avesse provato ad opporsi. Esperimentoriuscito: lo shock ha avuto l'effetto sperato tantoda suscitare domande e riflessioni in tutti i pre-senti. Rivolto ai ragazzi Israel ha affermato: "Hovoluto creare in pochi minuti una situazione diterrore e isolamento, selezionando una parte divoi che ho designato come superiore, con l'unicocriterio del colore della maglia che indossano.Ho eliminato, mandandoli fuori dalla porta, i po-tenziali sovversivi e perfino una vostra insegnan-te che rappresenta l'autorità che vi dovrebbe tu-

telare. Ho creato uno stato dittatoriale, sceglien-do a caso alcune persone perché diventasseroaguzzini, illudendole di essere migliori di tuttigli altri. Così è nata la selezione che ha mandatonei campi di sterminio ebrei, rom, omosessuali,oppositori politici. Gli aguzzini hanno potutocontare sul silenzio e sulla paura della maggio-ranza".

Una simulazione per capire il Male

TRIESTE EBRAICA

VERONA EBRAICA

BOLOGNA EBRAICA

Alberi, prati e altalene in memoria e in onore di Al‐berto Goldbacher nel piccolo centro di Salboro alleporte di Padova. Goldbacher era nato a Verona nel1883, ma visse a Padova da quando aveva 19 annidove, ingegnere elettrotecnico, fu una figura fonda‐mentale nella società elettrica della città che si oc‐cupava in quegli anni di portare la corrente nellecase. Per il contributo che diede nel rendere possibilela fornitura di energia elettrica al fronte, al terminedella prima guerra mondiale fu insignito di una me‐daglia. Fino al 1938, insegnò all’Università di Padova,dove tra l’altro laureò colui che sarebbe diventatoil suo assistente, Giovanni Someda, che ne prese ilposto quando fu espulso per la promulgazione delleleggi razziste rifiutandosi successivamente di aiutarela famiglia in fuga dalla deportazione. Come vice‐presidente della Comunità ebraica di Padova, Gol‐

dabacher rimase al suo posto fino al 1943, contri‐buendo a fondare la scuola che accolse gli studentiebrei cacciati dagli istituti pubblici. Arrestato, fu de‐portato a Bolzano e poi ad Auschwitz, dove morì il28 ottobre 1944. Oggi Padova ne onora la Memoriagrazie all’impegno del nipote Franco Sacerdoti e delsindaco Ivo Rossi. “Oggi non c’è più la generazionedi mio nonno e dei miei genitori che potevano por‐tare la loro testimonianza. Il loro compito è statoereditato da tutti noi”, le parole di Sacerdoti. A 70anni dalla sua barbara uccisione, ha proseguito il ni‐pote, “sento che mio nonno è stato finalmente riam‐messo tra i professori emeriti dell'università”. Allacerimonia è intervenuto tra gli altri anche il presi‐dente della Comunità ebraica di Padova e Consiglieredell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane DavideRomanin Jacur.

Italia Ebraica la voce delle Comunità

pag. 9Marzo 2014

spesso ci si rivolgeva col nome ebraico madrich.Nonostante le imposizioni severe, le attività eranopiuttosto varie: c’erano spettacoli, serate letterarie,lezioni. Diverse riviste venivano pubblicate dai bam‐bini a Terezin, tra le quali la più celebre era Vedem,creata dai ragazzi del Heim I nel settore L417. L’insegnante di disegno nel ghetto era Friedl Dicker‐Brandeis, un’artista viennese e istruttrice d’arte cheassieme al marito era stata deportata a Terezin neldicembre 1942. Al suo arrivo nel ghetto si dedicòall’organizzazione del corso di disegno, il quale prestoassunse un ruolo di spicco all’interno del programmacomplessivo di insegnamento.Dai disegni in mostra al Museo ebraico di Bolognaappare evidente il metodo che la Dicker‐Brandeisutilizzava, piuttosto avanzato per i tempi e che at‐tingeva alle tecniche sperimentali che aveva appresoa Vienna e come studentessa al Bauhaus di Weimar,dove studiò coi più rinomati artisti Europei d’avan‐guardia. I suoi esercizi appositamente predisposti

insegnavano ai bambini a lavorare col colore e laluce e mostravano loro come sviluppare il sensodella forma e della composizione. A volte si limitavaad aprire la finestra e dire: “Dipingete quello che ve‐dete”: la finestra spalancata era la promessa di unmondo senza mura, dove tutti i sogni diventavanorealtà. I bambini firmavano i loro disegni e vi anno‐tavano il numero della loro aula, il gruppo al qualeappartenevano e a volte anche il numero della le‐zione. Sulla base di ciò che i disegni le rivelavano,Friedl Dicker‐Brandeis cercava di aiutare i bambinia superare non solo le difficoltà tecniche di espres‐sione artistica, ma anche, il che è molto più impor‐

tante, le ansie provocate dai traumi giornalieri edalla paura costante di un futuro incerto. Nell’ottobre 1944 Dicker‐Brandeis fu selezionataper una delle spedizioni di “liquidazione” verso Au‐schwitz. Il viaggio significò la morte per lei, cosìcome per la maggior parte dei bambini trasportatiin quel periodo. Dietro di sé lasciò soltanto due va‐ligie piene di più di quattromila disegni eseguiti daibambini: li aveva nascosti in una delle aule, e nonappena la guerra terminò, nel maggio del 1945, que‐sti disegni furono portati al Museo ebraico di Praga,in cui oggi fanno parte delle collezioni.Nella mostra Children’s Story. I disegni dei bambini

dal ghetto di Terezin al Museo ebraico di Bologna –che rimarrà aperta fino al 2 marzo ‐ sono suddivisiin due gruppi fondamentali. Da una parte quelli atematica infantile, in cui i bambini tornavano allaloro infanzia perduta: disegnavano giocattoli, piattipieni di cose da mangiare, la casa, prati pieni di fiorie farfalle in volo, motivi di fiaba, giochi. Il secondogruppo è formato da disegni con motivi del ghettodi Terezìn e raffigurano la cruda realtà in cui i bam‐bini erano costretti a vivere: qui incontriamo i disegnidelle caserme di Terezin, dei blocchi e delle strade,dei baraccamenti con i letti a tre piani, i guardiani.Ma i bambini disegnavano anche i malati, l’ospedale,il trasporto, il funerale o un’esecuzione.La stragrande maggioranza dei bambini di Terezinmorì – se ne salvarono solo 150 ‐ ma si è conservatoil loro lascito figurativo che a noi parla delle soffe‐renze presenti e delle speranze perdute.

Vincenza Maugeri

Fra le varie attività che i comuni marchigiani (Ma-cerata, Pesaro, Senigallia, Ancona, Ascoli Piceno e Fer-mo) hanno organizzato in occasione del Giorno dellaMemoria, ne spicca una particolarmente toccante epartecipata tenutasi ad Ancona al teatro Sperimen-tale.Già nella mattinata, una Loggia dei Mercanti gremi-tissima aveva ascoltato le parole di Guido Barbieri edi rav Giuseppe Laras sulle "banalità del male" de-scritte in vari testi commentati dai due oratori, conspeciale riguardo a quello di Aaron Appelfeld, che sa-rebbe poi stato ripreso nell'evento pomeridiano, non-

ché sulla minimizzazione e negazionismo che spessooccupano le cronache attuali.Un pranzo in Comunità ha visto raccolto il Consiglioassieme al sindaco di Ancona e rav Laras serviti a ta-vola dal presidente Bruno Coen.Nel pomeriggio un altrettanto gremito Teatro Speri-mentale ha visto la performance in prima esecuzioneassoluta del Concerto per la Memoria Il Vento dopol'Ultimo Treno, che comprendeva la lettura di alcunibrani del libro Badenheim 1939 di Aaron Appelfelda cura dell'attore Carlo Cecchi, su sfondo musicale diMauro Cardi eseguito dal quintetto Freon Ensamble;

tale esecuzione è stata ripetuta a Firenze e mandatain onda da Rai Radio 3 in diretta.Badenheim 1939 narra l'evolversi surreale di una

vacanza di un gruppo di ebrei nella cittadina austria-ca, che da villeggiatura si trasforma pian piano inuna gabbia sempre più stretta e squallida ma checrea l'illusione fra i presenti, tutti ebrei polacchi, dipoter tornare in Polonia da dove erano stati allonta-nati. Lentamente quella vacanza diventa invece lapreparazione del loro ultimo viaggio verso i campi disterminio. La lettura e le note toccanti della musica,inframmezzate da canzoni yiddisch, hanno tenuto perpiù di un'ora tutto il pubblico in un silenzio irreale,concluso da applausi convinti, ma anche da visi smar-riti e ancora increduli, anche durante la silenziosauscita dal teatro.

Marco Ascoli MarchettiConsigliere UCEI

Badenheim, la vacanza impossibile

Un giardino per Alberto Goldbacher, vittima dell’odio

PADOVA EBRAICA

ANCONAEBRAICA

Italia Ebraica la voce delle Comunità

pag. 10 Marzo 2014

Stesso giorno, stessa ora: due le occasioni di incontroe di collaborazione fra la Comunità ebraica e la ChiesaValdese. Mentre a Torino si svolgeva di fronte a unfolto pubblico la tavola rotonda Mano nella crisi?,organizzata con la collaborazione della Consulta To‐rinese per la Laicità delle Istituzioni in occasionedella concessione dei diritti civili a ebrei e valdesinel 1848, a Torre Pellice si stava inaugurando la mo‐stra La natura e l’ebraismo: visioni e commenti chepresenta fino a fine aprile un contrappunto fra fo‐tografia e notazioni bibliche.In città Sergio Velluto, presidente del Concistorodella chiesa valdese di Torino, che ha moderato l’in‐contro, ha aperto i lavori sottolineando come la col‐laborazione con la Comunità ebraica abbia un valoresimbolico particolare durante la settimana della li‐bertà, che è importante non sia non solo un momen‐to di ringraziamento bensì una occasione concretadi migliorarsi, e una possibilità di cercare modalitàdi intervento comuni.Mano nella crisi?, questo il titolo dell’incontro, sipuò leggere anche “ma non è la crisi?”, un gioco diparole che puntava a stimolare i partecipanti a unariflessione sulla vera natura del periodo di difficoltàche tanti stanno attraversando, che troppo facil‐mente viene spesso attribuita esclusivamente a unacrisi globale. David Sorani, vicepresidente della Co‐munità ebraica, ha fornito ai presenti un inquadra‐mento storico e una analisi degli avvenimenti chehanno portato alla concessione dei diritti prima aivaldesi, il 17 febbraio 1848, e poi agli ebrei il 29marzo dello stesso anno. Un anno molto particolarein cui sono stati sanciti i diritti delle minoranze, unadelle prerogative più significative del cammino diuno Stato liberale e civile. In quest’ottica la conces‐

sione della libertà religiosa non è un’appendice dellelibertà civili ma ne diviene la matrice: c’è la coscienzareligiosa, e vengono quella politica, l’economia, illavoro e il pensiero. E non a caso lo Statuto Albertinovenne adottato dal regno sardo‐piemontese il 4marzo dello stesso anno, a portare nell’arco di pochesettimane uno straordinario avanzamento dei diritticivili. La raggiunta parità è stata anche momentodi grandissima apertura, segno della possibilità con‐creta di partecipare pienamente alla vita nazionalein un momento cruciale. E sia la comunità valdeseche quella ebraica in effetti hanno portato un no‐tevole contributo attivo. Rino Sciaraffa, dirigente

della onlus Compassion che si occupa di adozionia distanza, ha ricordato come la diminuzione delwelfare, la riduzione delle opportunità di lavoro, ele nuove povertà non siano solo dei segnali preoc‐cupanti ma le riprova che è necessario ragionarediversamente. Il libro da poco pubblicato dalla onlus,58 voci contro la povertà, raccoglie cinquantottomeditazioni sul tema della povertà, scritte da al‐trettanti leader delle chiese evangeliche italiane.Ogni pagina è un invito a riflettere e agire per com‐battere le cause della povertà, in luoghi lontani maanche nelle periferie delle città in cui viviamo. Uninvito anche a non guardare la povertà solo in ter‐

mini economici: è un tema molto più complesso ebisogna identificare come povero anche un bambinoche non può accedere all’istruzione, una famigliache non può accedere ai servizi sanitari, alle curemediche di base; povertà è il lavoro minorile. E pro‐muovere la capacità individuale di poter sceglierela propria vita senza il condizionamento di elementiesterni è anche la lotta quotidiana di Francesco Sciot‐to, il pastore valdese che a Palermo è impegnato inuno dei quartieri più difficili della città. I diritti nonpossono bastare, se – come hanno sottolineato unodopo l’altro tutti i relatori – restano ancora troppi iproblemi irrisolti nel cammino verso una democrazia

Una mano nella crisi. Ebrei e valdesi a confronto

Un documentario per parlare al cuore e alla sensibilità degli studentiLe attività per la Giornata della Memoria 2014 a Ca‐sale Monferrato hanno previsto anche la presenta‐zione del docufilm Io sono… per la regia di AlessandroAzzarito e Massimo Biglia, sceneggiatura di ElisabettaMassera e dello stesso Biglia, in collaborazione conComunità ebraica di Casale Monferrato, FondazioneArte, Storia e Cultura Ebraica a Casale Monferratoe nel Piemonte Orientale ONLUS, Comune di CasaleMonferrato, Istituto Superiore Balbo, FondazioniCasse di Risparmio di Alessandria e Torino.Questo documentario è in qualche modo il seguitode L’ora del tempo sognato del 2012, racconto in‐centrato sulle figure di Gioconda Carmi, direttricedell’Orfanotrofio Israelitico Enrichetta Sacerdote diTorino, e di Giuseppina Gusmano, Giusta tra le Na‐zioni, che salvarono nel settembre 1943 a Casale ibambini ospiti dell’orfanotrofio.Il tema del soccorso dato ai perseguitati continuaa===== essere fondamentale, attraverso la riscopertadi storie già altrove raccontate, ma che unificate dal‐l’avere come protagonisti ebrei casalesi di nascita odi origine ci permettono di cogliere e di rappresen‐tare la complessità della storia del genocidio e di ri‐scoprire le trame e i fili delle azioni e delle memorie.Le parole di Massimo Foa, di Massimo Ottolenghi,di Sandra Angela portano la testimonianza concretadel male e del bene; la loro partecipazione dà vita

alle vicende, comunicando senza retorica la realtàvissuta e mai dimenticata.Accanto al tema dell’aiuto, il docufilm racconta lavolontà di non coniugare al passato le vicende, ma

sceglie, attraverso una breve drammatizzazione delmomento dell’arresto e della deportazione, il tempopresente. L’io sono del titolo è l’incipit di quanto rac‐contano di sé 13 deportati casalesi. Le loro parole

sono affidate a studenti dell’Istituto Superiore Balbo,parole che sono state pronunciate lungo il binariodi Birkenau nel marzo 2013. Maddalena Greppi, in‐terprete di Gioconda Carmi ne L’ora del tempo so-gnato, ha preparato gli studenti nel non facile per‐corso di immedesimazione in realtà tanto lontanedalla loro, e di questo la ringraziamo molto.Coloro che hanno lavorato alla realizzazione del do‐cumentario hanno voluto compiere un viaggio inPolonia, nel marzo 2013, per conoscere i luoghi dellaghettizzazione e dello sterminio istituiti dopo l’oc‐cupazione nazista.Al binario di Birkenau, alle rovine delle strutturedelle camere a gas e dei forni crematori, il gruppoè giunto dopo avere percorso il sito del ghetto diPodgorze, con i suoi luoghi di atroci sofferenze, comead esempio il cortile della fabbrica Optima, e i suoiluoghi di salvezza o di tregua dall’orrore, come lafarmacia del dottor Pankiewitz e la fabbrica di Schin‐dler; e infine il campo di Plazow e il cimitero ebraicodistrutto dai nazisti. I luoghi testimoni delle tappeprecedenti lo sterminio sono stati percorsi ancheattraverso lo sguardo di Moshe Bejski, l’adolescenterinchiuso nel ghetto, internato a Plazow e salvatoda Oskar Schindler. Moshe non ha mai dimenticatoil male, ma della sua esperienza ha salvato soprat‐tutto il bene ricevuto. Infatti sopravvissuto nella fab‐

TORINO EBRAICA

CASALE EBRAICA

compiuta, e quando il disagio sociale è così forte.L’onorevole Giorgio Airaudo, forte anche della suaesperienza sindacale, ha saputo portare in manieraviva e impietosa all’attenzione dei presenti la di‐mensione del problema, mostrando come sia insen‐sato aspettare, discutere, tergiversare: non è piùtempo di pensare alla povertà come qualcosa che“succede agli altri”, è necessario impegnarsi in primapersona e sforzarsi a cambiare approccio. Elide Tisi,vicesindaco di Torino che ricopre anche il ruolo diassessore ai Servizi sociali, ha portato numerosiesempi in cui la collaborazione fra le parti sociali ela disponibilità di istituzioni e cittadini ha permesso

di ovviare a situazioni oggettive di enorme disagio.Senza questa collaborazione non sarebbe però pos‐sibile far fronte alle difficoltà, che stanno aumentandoe che possono solo peggiorare se si lascia spazio anegazione, paura, rimozione. Nonostante si tratti diuna situazione italiana e globale oggettivamente dif‐ficile – ha continuato – bisogna però ricordare comelegalità e solidarietà siano concetti che vanno tenutiinsieme, nel concreto, nel quotidiano. A rispecchiarequanto ricordato in apertura di incontro da DavidSorani, quando ha spiegato ai presenti come in ebrai‐co la parola tzedakah non significhi beneficenzabensì giustizia. a.t.

Italia Ebraica la voce delle Comunità

pag. 11Marzo 2014

brica del nazista pentito, ha speso la vita, anche inqualità di avvocato, a volere e a far funzionare il Tri‐bunale del Bene, che a Yad Vashem raccoglie le me‐morie dei Giusti tra le Nazioni. Con questo tribunaleMoshe voleva contribuire a creare una sorta di En‐ciclopedia del Bene da affidare ai giovani; perché èil bene che salva il mondo, perché anche del bene sideve fare memoria.Dopo il percorso attraverso Cracovia, quando lungoil binario di Birkenau è arrivato il momento di faredegli studenti gli interpreti di una testimonianza,pur immersi nella gelida pioggia della primaverapolacca, ancora più grande è stata la consapevo‐lezza della necessità di ricongiungere i fili esilidella memoria, resi più tenaci dalla conoscenza edallo studio.In quel freddo pomeriggio tutti erano consapevoli

che si stava facendo quello che doveva essere fatto,non per obbedire alla ritualità della commemora‐zione, ma per essere più sicuri del nostro futuro.Altri due testimoni indiretti hanno parlato lungo ilbinario di Birkenau per ricordarci che moltissimicasalesi giunsero ad Auschwitz con il convoglio 8,partito da Fossoli il 22 febbraio 1944 e giunto a de‐stinazione il 26 febbraio.Bruno Carmi, pronipote di Isaia, uno di quei de‐portati, ha chiarito il contesto di quel particolareconvoglio, ha enunciato i numeri precisi di coloroche partirono e di quanti sopravvissero. I numerinella loro aridità aritmetica sottolineano, amplifi‐cano, ci riportano quella realtà nel modo più direttoe incontestabile: 489 persone identificate, 489 Iosono..., sappiamo che sono vissute e come sonoscomparse. Mariangela Meneghini ha ricordato Lu‐ciana Nissim che ha viaggiato su quello stesso con‐voglio con Primo Levi.Il progetto è stato complesso da realizzare e impor‐tante per chi lo ha vissuto e realizzato: ha permessoincontri e aperto percorsi di approfondimento per‐sonale e collettivo. Ci auguriamo che possa aiutaresoprattutto i più giovani a vivere il loro futuro in di‐gnità, giustizia e libertà, fortemente consapevoli delpassato che dovrebbe finalmente appartenere a tutti.Chi scrive spera di aver modestamente risposto aquanto letto in un campo tanti anni fa: “Io sarò mortose nessuno racconterà la mia storia”

Elisabetta Massera

Test psicometrico, corsi nel vivo

Con oltre duecento iscritti, il progetto della traduzione del test psicometrico in italiano – esame chepermette l'accesso alle varie università israeliane – è stato un successo. Per il primo anno, infatti, il2014 vede accanto all'ebraico, l'inglese, l'arabo, il russo, il francese e lo spagnolo, anche l'italiano. Unascelta frutto degli sforzi dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane a cui giovani dall'Italia (chepotranno sostenerlo a Roma e Milano il 10 aprile) e Israelehanno entusiasticamente aderito. Al via a Milano i corsi dipreparazione al test. L'incontro inaugurale, primo di unaserie di quattro appuntamenti finalizzati ad arricchire lapreparazione dei partecipanti in vista del test, è stato in‐trodotto da un intervento dell'assessore alle scuole UCEIRaffaele Turiel. Docente di giornata è stato invece GiacomoSassun. Oltre cinquanta gli studenti ritrovatisi nella scuolaebraica milanese, mentre sono stati alcune decine i parte‐cipanti collegati online da tutta Italia e Israele. Notevolel'interesse suscitato dall'iniziativa: nelle ultime settimane infatti lo staff dell'Unione si è trovato agestire oltre 900 richieste di informazioni, ha raccolto e coordinato più di 280 iscrizioni, organizzatoi pagamenti in quattro sedi (Roma, Milano, Gerusalemme e Tel Aviv), oltre all'impegno legato alla tra‐duzione in lingua italiana del test psicometrico di luglio 2013. Tra le tante iniziative, il team di lavoroUCEI ha inoltre organizzato numerose lezioni di preparazione su Roma, Milano e Gerusalemme.

Iniziato con l’esibizione del chitarrista Fran-cesco Mariotti per ViaFoa in Concerto, il ca-lendario di iniziative sul territorio vercel-lese per il Giorno della Memoria ha toccatotappe molto intense e significative. Tra levarie attività eventi si sono svolti a Biella,Trino e Vercelli. Nella prefettura di Vercelli,alla presenza delle massime autorità citta-dine, prolusione e lettura di una testimo-nianza inedita del 1945 su alcuni arrestieffettuati alla frontiera tra Italia e Svizzerae sulla successiva deportazione dei fermatida parte del presidente della Comunitàebraica locale Rossella Bottini Treves (cheha competenza anche su Novara, Verbano,Cusio e Ossola). Successivamente, in sina-goga e alla presenza di autorità militari ecivili, sono state deposte alcune pietre coni nomi dei deportati da parte del prefettoSalvatore Malfi e da alcuni tra i molti stu-denti presenti. È poi seguita una visita alTempio e una relazione del presidente. “Homolto apprezzato – afferma Bottini Treves– la preparazione degli studenti del nostroterritorio che, con molta bravura, hannosuonato, cantato e recitato poesie. Davveroun’iniziativa ben riuscita”.

Memoria, l’impegno dei giovani

EDUCAZIONE

Rappresentato ad Asti il recital Non c’è nulla di cui avere paura,recital che ha visto in scena i Mishkalè, una moderna “kapelye”,una di quelle piccole orchestre itineranti che giravano da unoshtetl all’altro dell’est Europa. La formazione, composta da seimusicisti ‐ Sergio Appendino al clarinetto, Andrea Verza contromba e flicorno, Enrico Allavena al trombone, Massimo Marinoalla fisarmonica, Maurizio Mallen alla tuba e Luciano Molinarialla batteria ‐ era per l’occasione accompagnata da Maria TeresaMilano, che non solo è una nota ebraista e formatrice in progettididattici e artistici sulla storia e sulla cultura ebraica, ma so‐prattutto in questo caso è autrice dei testi, e possente voce so‐lista. Lo spettacolo ‐ creato con la consulenza di Sarah Kaminski, docente all’Università di Torino ‐ è statopresentato ad Asti in prima assoluta ed è liberamente tratto da Badenheim 1939, romanzo dello scrittoreisraeliano Aharon Appelfeld, che racconta la vita ancora serena della località di villeggiatura austriaca mentresi prepara l’annuale festival musicale. Mentre la vita prosegue in tutta la sua paradossale normalità la situazioneper la popolazione ebraica diventa più pesante, e in una atmosfera surreale personaggi del recital accompagnanoil pubblico fino alla conclusione della storia, quando un treno merci si prepara a caricare i pochi ebrei dellacittadina, che ancora si dicono l’un l’altro che, appunto, “non c’è nulla di cui avere paura”.

Applausi ad Asti per i Mishkalè

VERCELLI EBRAICA

vede l’introduzione all’interno della legge Reale‐Mancino tra i comportamenti sanzionati anchequelli di omofobia e transfobia (proposta moltocriticata dalla stessa comunità gay, dopo l’introdu‐zione di un subemendamento che pone come limitealla possibilità di sanzionare quei comportamentiil diritto di opinione, prima mai inserito, in quelloche sembra essere un tentativo volto a svuotare disenso quella legge stessa, più che a garantire un ef‐fettivo esercizio della libertà di opinione, che nonsarebbe stata comunque violata). A discutere diqueste due diverse proposte sono venuti MarcelloFlores, storico; Salvatore Natoli, filosofo; MassimoClara, avvocato costituzionalista; e Flavio Romani,presidente di Arcigay.

Talia Bidussaresponsabile cultura UGEI

Il Giorno della Memoria pone ogni anno numerosiinterrogativi: il primo riguarda la sua stessa esi‐stenza, ovvero quanto sia necessario, e quanto siaefficace; ma ancor di più pone interrogativi riguar‐danti ciò che ci circonda, la società, il mondo dellacultura e quello della politica. Diventa quindi unimportantissimo momento di rielaborazione delpassato, di analisi della Storia, ma anche un’occa‐sione in cui, grazie a quella rielaborazione e analisiimprescindibili, possiamo comprendere meglio ilpresente, cogliere le dinamiche più profonde, intuirequali siano i grandi processi sociali in atto. È questal’ottica con cui l’UGEI ha organizzato un dibattitoa pochi giorni di distanza dal 27 gennaio. Partendodalla coscienza di quanto accaduto in passato, cisiamo approcciati alla complessità di quanto accadeoggi, periodo in cui intolleranza e discriminazioniverso più gruppi umani, o categorie sociali, non so‐no certo un lontano ricordo: è sufficiente guardaregli articoli di cronaca per rendersene conto, e, inpoche settimane di mandato come Consiglio, anchenoi abbiamo potuto renderci conto della vastità delfenomeno, basti pensare alla conferenza che si sa‐rebbe dovuta tenere all’Università Cattolica di Mi‐lano (per approfondimenti trovate il comunicatoda noi rilasciato in quell’occasione sul sitowww.ugei.it). Ci siamo quindi chiesti quale sia ilmezzo migliore per opportunità ed efficacia percontrastare ogni forma intolleranza: un processoculturale? Oppure uno strumento giuridico? Qualisono i limiti di entrambi? Un unico tipo di mezzopuò essere applicato ad ogni tipo di discriminazio‐ne? Proprio in questi ultimi mesi, se non settimane,sono in discussione in Parlamento alcune propostedi legge che mirano a regolare la materia: una ov‐viamente è la proposta di introduzione del reatodi negazionismo (già proposta in passato e perio‐dicamente ridiscussa) e una invece è una propostadi legge portata avanti da Ivan Scalfarotto, che pre‐

HATIKWAUnione Giovani Ebrei d’Italia

UN GIORNALE APERTO AL LIBERO CONFRONTO

DELLE IDEE

direttore Gabriele Fiorentino

HaTikwa – periodico di attualità e cultura dell’Unione Giovani Ebrei d’Italia | [email protected] – www.ugei.it | supplemento a Pagine Ebraiche - n. 3 - 2014 reg. Tribunale di Roma 218/2009 ISSN 2037-1543 (responsabile a termine di legge: Guido Vitale)

Torna l'appuntamento con il tra-dizionale weekend di Purim Ugei.Filo conduttore dell'edizione2014, in programma dal 21 al 23marzo a Bologna, è il tema "Backto the future" che animerà la gran-de festa in maschera del sabatosera. Oltre a momenti di svago edivertimento, il weekend bologne-se permetterà ai partecipanti diconfrontarsi su alcune tematichedi stringente attualità nel dibat-tito sia giovanile che comunitario.Si parlerà ad esempio di discrimi-

nazione e intolleranze nei socialnetwork e sul web e, ancora, di

dialogo e comunicazione nel mon-do ebraico. In programma anche

kaballat shabbat, cena di shabbat(venerdì sera), tefillot, pranzo, untour di Bologna la domenica mat-tina. Ricordiamo agli ugeini che iposti sono limitati e che le iscri-zioni chiuderanno il 14 marzo!Per chi si iscrive entro il 21 feb-braio è previsto uno sconto. In mi-sura minore, è prevista un'agevo-lazione anche per chi si iscriveràentro il 7 marzo.

Opporsi alla discriminazione

Festeggiamo Purim a Bologna

Sempre devi avere in mente Itaca-raggiungerla sia il pensiero costante.Soprattutto, non affrettare il viaggio;fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchiometta piede sull’isola, tu, ricco,dei tesori accumulati per strada senza aspettarti ric-chezze da Itaca.Itaca ti ha dato il bel viaggio,senza di lei mai ti saresti messosulla strada: che cos’altro ti aspetti?(Kostantinos Kavafis)Partire, prendere un aereo, un treno, preparare i ba‐gagli, raccogliere la vita che ti stai temporaneamentelasciando alle spalle e chiuderla in una valigia. 23kg niente di più, a meno che non si voglia pagare unsovrapprezzo. Spesso nella vita siamo bloccati in un

check‐in immaginario ricreato nella nostra mente,alla ricerca del coraggio di farla quell’esperienza.Abbiamo paura di intraprendere quel viaggio, madopo il primo passo sappiamo già che non saremonoi a farlo. Sono i viaggi che ci danno forma, ci cam‐biano irreversibilmente.Così succede che ti ritrovi in Erasmus, programmadi mobilità tra atenei europei. A Montpellier, piccolabomboniera del sud della Francia la cui essenza di‐namica si racchiude tutta nella sua piazza principale,Place de la Comédie. Cittadina universitaria, colorata,multietnica, animata costantemente dal chiasso distudenti festaioli. Succede che ottieni tutto ciò chestavi cercando e anche qualcosina di più.Succede anche che lungo la strada che tutte le mat‐tine percorri in bici per andare da casa all’università

Quell’identità che resiste ci sia un palazzo che ha una mezuzah sullo stipite eun magen david intagliato nella porta. Succede cheper quanto le tue intenzioni non fossero proprioquelle di frequentarla quella piccola comunità di3mila persone circa, che sapevi esistere, un venerdìdi novembre in cui la nostalgia di uno shabbat conla famiglia è più forte delle altre, decidi di varcarlaquella porta. Accade poi che una signora che ti hascrutato curiosamente per tutta la funzione, ti rin‐corra per le scale per invitarti a cena con lei e la suafamiglia. E tra quelle mura sconosciute, con personela cui lingua parli appena, nonostante tutto riesci asentirti a casa: saranno le candele che si stanno con‐sumando, il papà che fa il kiddush o il bimbo che ta‐glia a pezzettini la challà. Capita ancora che una serain cui stai uscendo dalla biblioteca, vedi su Place dela Comedie una strana folla che distribuisce sufganiotintorno a una chanukkiah che sta per essere accesadal sindaco della città, e pèr un secondo ti senti aRoma, a Piazza Barberini. Quella stessa sera vienitrascinata a una festa al bowling per giovani, e latrascorri cantando Ma'oz Tzur tra uno strike e unospare (degli altri ovviamente).E quando infine ti ritrovi ad organizzare cene diShabbat con altri cinque o sei studenti fuorisede,hai la consapevolezza che no forse, dopo anni diBene Akiva, Ugei, Ugn, non cercavi una vita ebraica,ma lei ha sicuramente trovato te. E se ne sei anchefelice, se senti quel brividino lungo la schiena, e gliocchi ti diventano lucidi mentre ripensi a questi mo‐menti. Allora sei certo che i viaggi possono cambiaretante cose, ma non possono smuovere la tua identità,non possono rimuovere le tue radici quando questesono ben impiantate nella terra.

Sara Astrologo

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