I VERMI E IL FORMAGGIO

25
1 I VERMI E IL FORMAGGIO L'ambiente Il titolo volutamente invertito vuole indicare una diversa interpretazione del caso di Domenico Scandella detto Menocchio, processato due volte per eresia e quindi condannato a morte e giustiziato. Il caso L noto, raccontato e commentato dapprima da Carlo Ginzburg 1 , in Il formaggio e i vermi 2 , e quindi da Andrea Del Col nel libro Domenico Scandella detto Menocchio, che raccoglie gli atti dei due processi, arricchiti da una corposa introduzione 3 . Ginzburg fu il primo a studiare gli atti di un procedimento giudiziario durato, con due sentenze, dal 1583 al 1599. Una realt processuale L preziosa: solitamente mette a confronto una struttura pubblica con un dissidente, cioL con una persona che ha infranto, o L sospettata di aver infranto, delle regole di convivenza che la struttura ha fissate. ¨ stata una infrazione casuale, o si inserisce in una mentalit del tutto estranea alla societ governata da quella struttura? Ci troviamo di fronte ad un frammento "giuntoci casualmente" di un mondo che non c’L piø e che non riusciremo mai a ricostruire, o L un segnale di una cultura che L sempre rimasta sottostante a quello che la storia ci ha proposto come caratteristiche significative di un certo periodo? Difficile L seguire il Ginzburg nella distinzione che egli fa tra "mentalit" e "cultura". Se la mentalit L un modo di ragionare, cioL di operare connessioni tra singoli dati immagazzinati nella mente, tuttavia essa rimane un concetto astratto di difficile tangibilit se non si concretizza in atti, comportamenti, manufatti, scritti, discorsi, i quali appunto sono gli elementi che costituiscono la cultura. Quando si dice che la mentalit L ci che hanno in comune "Cesare e l’ultimo soldato delle sue legioni, san Luigi e il contadino che coltiva le sue terre, Cristoforo Colombo e il marinaio delle sue caravelle" 4 , tali elementi comuni rischiano di costituire un insieme quasi vuoto, costituito solo dall’identit temporale. Ben piø consistente invece L l’intersezione tra Cesare, san Luigi e Colombo, distanti cronologicamente, ma che hanno tutti la stessa mentalit della decisione e del comando, mentre legionari, contadini e marinai fruiscono di un diritto all’irresponsabilit conseguente all’obbligo dell’obbedienza; ed L da notare il sistematico possessivo "sue", come L da notare l’esempio che anche Menocchio menzioner: le terre sono di un nobile ecclesiastico, e i contadini ci lavorano sopra. Una parte introduttiva del libro di Ginzburg L dedicata ad una questione insolubile: se o no la conoscenza successiva di fatti, di modo di vivere, di mentalit praticate in tempi precedenti conducano ad una vera conoscenza storica. I fatti come vengono letti oggi hanno certamente, sia sulla societ che sui singoli attori, un impatto ben diverso di quanto non lo avessero quando si sono svolti. Ma o si nega la possibilit della conoscenza storica, aderendo alla teoria che i fatti possono essere capiti solo da chi li vive al momento, e qualsiasi ricostruzioni posteriore L inadeguata, oppure si cerca di avvicinarsi come interpretazione al tempo in cui i 1 Carlo Ginzburg (Torino, 1939), storico, figlio del letterato russo (poi naturalizzato italiano) Leone Ginzburg e della scrittrice Natalia Ginzburg (nata Levi). Allievo della Scuola Normale Superiore di Pisa, ha insegnato all’universit di Bologna. Attualmente ha la cattedra F. D. Murphy di Studi sul Rinascimento Italiano alla University of California at Los Angeles. Autore di numerosi libri e saggi storici, si L dedicato particolarmente a studi sulle tradizioni popolari, la stregoneria e la magia. 2 C. Ginzburg, Il formaggio e i vermi - Il cosmo di un mugnaio del '500, Einaudi, Torino, 1976. ¨ apparsa successivamente anche un’edizione in inglese: The Cheese and the Worms; The Cosmos of a Sixteenth Century Miller, Baltimore, 1980. 3 A. Del Col (a cura di), Domenico Scandella detto Menocchio, Ed. Biblioteca dell’Immagine, Pordenone, 1990. Il Del Col L attualmente professore all’universit di Trieste; all’epoca dell’uscita del libro era ricercatore presso la stessa universit. 4 Ginzburg (Op. cit., p. XXIII) offre la citazione tra virgolette, ma non ne dice la fonte.

Transcript of I VERMI E IL FORMAGGIO

Page 1: I VERMI E IL FORMAGGIO

1

I VERMI E IL FORMAGGIO

L'ambiente

Il titolo volutamente invertito vuole indicare una diversa interpretazione del caso di DomenicoScandella detto Menocchio, processato due volte per eresia e quindi condannato a morte egiustiziato. Il caso è noto, raccontato e commentato dapprima da Carlo Ginzburg1, in Ilformaggio e i vermi2, e quindi da Andrea Del Col nel libro Domenico Scandella dettoMenocchio, che raccoglie gli atti dei due processi, arricchiti da una corposa introduzione3.

Ginzburg fu il primo a studiare gli atti di un procedimento giudiziario durato, con duesentenze, dal 1583 al 1599. Una realtà processuale è preziosa: solitamente mette a confrontouna struttura pubblica con un dissidente, cioè con una persona che ha infranto, o è sospettatadi aver infranto, delle regole di convivenza che la struttura ha fissate. È stata una infrazionecasuale, o si inserisce in una mentalità del tutto estranea alla società governata da quellastruttura? Ci troviamo di fronte ad un frammento "giuntoci casualmente" di un mondo chenon c'è più e che non riusciremo mai a ricostruire, o è un segnale di una cultura che è semprerimasta sottostante a quello che la storia ci ha proposto come caratteristiche significative di uncerto periodo? Difficile è seguire il Ginzburg nella distinzione che egli fa tra "mentalità" e"cultura". Se la mentalità è un modo di ragionare, cioè di operare connessioni tra singoli datiimmagazzinati nella mente, tuttavia essa rimane un concetto astratto di difficile tangibilità senon si concretizza in atti, comportamenti, manufatti, scritti, discorsi, i quali appunto sono glielementi che costituiscono la cultura. Quando si dice che la mentalità è ciò che hanno incomune "Cesare e l'ultimo soldato delle sue legioni, san Luigi e il contadino che coltiva le sueterre, Cristoforo Colombo e il marinaio delle sue caravelle"4, tali elementi comuni rischiano dicostituire un insieme quasi vuoto, costituito solo dall'identità temporale. Ben più consistenteinvece è l'intersezione tra Cesare, san Luigi e Colombo, distanti cronologicamente, ma chehanno tutti la stessa mentalità della decisione e del comando, mentre legionari, contadini emarinai fruiscono di un diritto all'irresponsabilità conseguente all'obbligo dell'obbedienza; edè da notare il sistematico possessivo "sue", come è da notare l'esempio che anche Menocchiomenzionerà: le terre sono di un nobile ecclesiastico, e i contadini ci lavorano sopra.

Una parte introduttiva del libro di Ginzburg è dedicata ad una questione insolubile: se o no laconoscenza successiva di fatti, di modo di vivere, di mentalità praticate in tempi precedenticonducano ad una vera conoscenza storica. I fatti come vengono letti oggi hanno certamente,sia sulla società che sui singoli attori, un impatto ben diverso di quanto non lo avesseroquando si sono svolti. Ma o si nega la possibilità della conoscenza storica, aderendo allateoria che i fatti possono essere capiti solo da chi li vive al momento, e qualsiasi ricostruzioniposteriore è inadeguata, oppure si cerca di avvicinarsi come interpretazione al tempo in cui i

1 Carlo Ginzburg (Torino, 1939), storico, figlio del letterato russo (poi naturalizzato italiano) Leone Ginzburg edella scrittrice Natalia Ginzburg (nata Levi). Allievo della Scuola Normale Superiore di Pisa, ha insegnatoall'università di Bologna. Attualmente ha la cattedra F. D. Murphy di Studi sul Rinascimento Italiano allaUniversity of California at Los Angeles. Autore di numerosi libri e saggi storici, si è dedicato particolarmente astudi sulle tradizioni popolari, la stregoneria e la magia.2 C. Ginzburg, Il formaggio e i vermi - Il cosmo di un mugnaio del '500, Einaudi, Torino, 1976. È apparsasuccessivamente anche un'edizione in inglese: The Cheese and the Worms; The Cosmos of a Sixteenth CenturyMiller, Baltimore, 1980.3 A. Del Col (a cura di), Domenico Scandella detto Menocchio, Ed. Biblioteca dell'Immagine, Pordenone, 1990.Il Del Col è attualmente professore all'università di Trieste; all'epoca dell'uscita del libro era ricercatore presso lastessa università.4 Ginzburg (Op. cit., p. XXIII) offre la citazione tra virgolette, ma non ne dice la fonte.

Page 2: I VERMI E IL FORMAGGIO

2

fatti si sono svolti, e si propongono interpretazioni che altri studiosi, contemporanei osuccessivi, possono confutare: l'essere coscienti della propria incapacità di comprensionecompleta non è un buon motivo per rinunciare ad avvicinarsi.

Ginzburg dedica qualche pagina alla distinzione, che in fondo lascia senza risposta, delladifferenziazione tra la cultura cosiddetta di élite e quella cosiddetta popolare. Il termine"cosiddetta" è d'obbligo, perché qualsiasi espressione che descriva la vita è cultura:semplicemente, a lungo siamo stati abituati che la cultura era quella tramandataci, e chi ce l'hatramandata è sempre stata la classe dominante. Il ritrovare documenti prodotti da classisubalterne (termine gramsciano che è di portata abbastanza ampia, e libera dal paternalistico"classi inferiori") è difficile, sempre più difficile quanto più si risale indietro nel tempo: lacultura tramandataci è principalmente fatta di documenti scritti, e la scrittura è stata a lungomonopolio delle classi dominanti. Inoltre la cultura tramandataci è spesso filtrata: tantissimidocumenti non ci giungono in quanto non ritenuti degni di essere conservati per i posteri, mail filtro è, ancora una volta, in mano ai valori delle classi dominanti. Un esempio attuale dicultura che probabilmente non verrà tramandata ai posteri potrebbe essere quella dei romanzidi evasione, o delle collezioni di Blue Harmony o di Novella 2000, prime pubblicazioni adessere buttate al macero quando serve dello spazio negli scaffali. La perdita di tali documentitramanderebbe ai posteri una società o una cultura differente da quella che stiamo vivendo.Un breve accenno tuttavia lascia una speranza: non solo la cultura delle classi dominantiscende su quelle subalterne, anzi è loro imposta, ma c'è anche qualche filone che sale dalbasso verso l'altro.

Il Ginzburg è più attento a somiglianze che a differenze, forse pensando che le differenze trala cultura della classe dominante e quella delle classi subalterne è così evidente e risaputa chenon mette conto dilungarvisi. Meno presente nella sua opera appare piuttosto laconsiderazione che la cultura è un continuum e che le classi sociali non sono così nettamentedistinte: ci sono contadini che sanno leggere, scrivere e far di conto, ancorché la vita agresteraramente abbia bisogno di documenti scritti. Ci sono quindi contadini che utilizzano i mezzidelle classi colte per interpretare e rivisitare le loro vecchie credenze pagane5, rimaste quasiintatte nonostante una forte evangelizzazione. In alcuni processi la differenza tra le domandeposte e le risposte degli interrogati mostra un substrato di credenze popolari non intaccatodall'evangelizzazione. D'altro canto Ginzburg evidenzia una "secolare ostilità tra contadini emugnai"6, appoggiandosi anche a tradizioni popolari e racconti dove il mugnaio vieneraffigurato come un furbo imbroglione, meritevole dei castighi. Con questo stereotipo l'accusadi eresia ben si accorda: un mugnaio ha solitamente il mulino in affitto fuori del centroabitato, è probabilmente in buoni rapporti col feudatario proprietario del mulino, e quindi perciò stesso è considerato vicino all'eterna controparte dei contadini; il mulino è un luogoappartato dove si possono organizzare congiure o tenere discorsi eretici e una persecuzionecontro i Catari nel 1192 aveva portato alla distruzione dei mulini.

In altra sede Ginzburg cita il rifiuto del clero di accettare le tradizioni popolari, che vengonoritenute una resistenza all'opera di evangelizzazione7. Tuttavia quest'opera non riuscì asradicare usanze contadine legate ai cicli agrari e culti volti alla propiziazione della fertilità; 5 Del termine pagano il Vocabolario della lingua italiana, coordinato da Aldo Duro ed edito dall'Istituto dellaEnciclopedia Italiana, dà tre possibili etimologie: 1) dal lat. paganus, abitante di villaggio, per il fatto che l'anticareligione permase più a lungo nei villaggi prima di essere sostituita dall'evangelizzazione cristiana; 2) il terminepaganus significava già nel tardo latino imperiale "borghese, civile" nel senso di "non militare", mentre ilcristiano si considerava miles, soldato di Cristo; 3) poiché il pagus era un'entità non soltanto sociale, ma anchereligiosa, il termine paganus verrebbe a significare persona legata alle tradizioni e i valori sacri del pagus.6 C. Ginzburg, Op. cit., p. 138.7 C. Ginzburg, Folklore, magia e religione, in Storia d'Italia, I, Einaudi, 1972, p. 608.

Page 3: I VERMI E IL FORMAGGIO

3

molte di queste usanze non erano compatibili con il Cristianesimo, come un certo culto dipietre e fonti, ma altri costumi venivano visti come feste tra il pagano e il religioso e ottimevalvole di sfogo di un certo timore sociale, da sempre legato alla vita contadina .e al suoaffidarsi al favore del tempo atmosferico. Le stesse feste popolari, nelle quali erano mescolatisimboli religiosi e simboli laici, simboli cristiani e simboli precristiani, ebbero una funzioneequilibratrice e finirono per essere accettate anche dal clero: attraverso il gioco ed ilbuffonesco passava la cultura agreste precristiana, tuttavia inquadrata in un formalismocristiano, con l'immagine del santo all'inizio del corteo o con la processione che finiva inchiesa per un canto di ringraziamento all'Onnipotente.

Il procedimento giudiziario

Il 28 settembre 1583 Domenico Scandella detto Menocchio viene "iscritto nel registro degliindagati", come si direbbe oggi, su iniziativa del "reverendus et excellentissimus dominusIoannes Baptista Maro, iuris utriusque doctor, vicarius Concordiensis": si tratta dunque delmassimo magistrato locale, esperto sia in diritto canonico che in diritto civile. Le indaginipreliminari iniziano a seguito di voce pubblica ("fama publica deferente"): Menocchioavrebbe fatto più volte asserzioni fortemente difformi da quelle predicate dalla Chiesacattolica. Il giorno successivo vengono ascoltati i primi testimoni, che confermano di averascoltato da Menocchio proprio i discorsi che gli vengono imputati. Si tratta però di discorsioccasionali e avvenuti anni prima. Le testimonianze non sono del tutto coincidenti, macomunque fortemente concordi.

L'accusa è di eresia. Eresia (dal.gr. �Αίρεσις = scelta, proposta) è termine con cui la Chiesacattolica ha sempre indicato dottrine o interpretazioni che si contrapponevano alle veritàproposte dalla Chiesa Cattolica stessa8. Il termine greco usato tra gli scrittori ellenistici nonaveva una connotazione negativa (Giuseppe Flavio vi attribuisce un significato di partitopolitico-religioso), ma la acquisì già nel Nuovo Testamento, confermandolo poi nellaletteratura patristica, che si trovò a combattere le deviazioni dei primi gruppi che siprofessavano cristiani. L'eresia è diversa dallo scisma, che invece indica una sempliceseparazione, e S. Agostino la classificherà come schisma inveteratum. Posizioni cheimpugnassero una sola conclusione teologica non potevano classificarsi come eresie, cheavrebbero avuto bisogno di una teoria coerente, bensì "prossime all'eresia". L'eretico èscomunicato ipso facto; Menocchio (e altri come lui) si salverà temporaneamente con l'abiura,e gli verrà concessa la possibilità di emendarsi partecipando attivamente ai sacramenti.

Ci sono poi accuse collaterali, come quella di bestemmiare9. Durante gli interrogatoriMenocchio sdrammatizzerà la cosa dicendo che il suo mestiere è di bestemmiare, al pari di

8 Il Codex Iuris Canonici, al canone 751, dà le seguenti definizioni: "Viene detta eresia l'ostinata negazione,dopo aver ricevuto il Battesimo, di una qualche verità che si deve credere per fede divina o cattolica, o il dubbioostinato su di essa; apostasia, il rifiuto totale della fede cristiana; lo scisma, il rifiuto della sottomissione alSommo Pontefice o della comunione con i membri a lui soggetti". Tali definizioni sono riportate nel Catechismodella Chiesa Cattolica, ed. 1999 (cpv. 2089), che al cpv. 817 classifica le ferite dell'unità del corpo di Cristo.9 Dal lat. tardo blasphemia, che deriva dal gr. βλασφηµία; chiara l'origine di φηµί, dire; meno chiara l'originedella prima radice, forse βλάξ = lento, stupido, forse βλάβη = danno, male, da βλάπτω = rovino, guasto. Il CodexIuris Canonici considera la bestemmia peccato grave; il Catechismo recita: "È blasfemo anche ricorrere al nomedi Dio per mascherare pratiche criminali, ridurre popoli in schiavitù, torturare o mettere a morte" (cpv. 2148). Labestemmia fu reato previsto anche da codici penali, ma la sua gravità andò scemando in seguito all'influenzailluministica. Il C.P. italiano colloca la bestemmia tra le contravvenzioni di polizia e all'art. 724, più volteriformato dal 1995 al 1999, prevede una sanzione amministrativa per la bestemmia pubblica, alla paridell'oltraggio verso i defunti.

Page 4: I VERMI E IL FORMAGGIO

4

altri mestieri, e che il bestemmiare fa male solo a sé stessi, e non agli altri, e quindi non èpeccato.

Come mai così tardi arriva una denuncia? Dagli atti dei due processi e dalle deposizionidell'imputato risulta che Menocchio non era affatto inviso alla comunità circostante, nellaquale aveva anche ricoperto cariche. Fu podestà di Montereale nel 1581 e, dopo la primacondanna, "camararo", cioè amministratore della Pieve; ebbe anche altri incarichi di fiducia ditipo amministrativo o giuridico: la gente si fidava di lui, anche se è dubbio che a quell'epocatali cariche fossero elettive e rispecchiassero una effettiva designazione democratica.Menocchio era stato bandito per due anni (1564-1565) da Montereale per una rissa10 e li passòad Arba e in un non meglio precisato paese della Carnia. Tuttavia non era una persona rissosadi abitudine.

La "secolare ostilità tra contadini e mugnai" sopra menzionata non aveva avuto quindi grandeimportanza nei riguardi di Menocchio: egli parlava e veniva lasciato parlare, coneventualmente qualche bonario rabbuffo ed esortazione ad essere guardingo. La denuncia puòinvece essere interpretata come un semplice episodio nell'ambito di una lotta per il potere:sono mutate le condizioni ai vertici della comunità e Menocchio comincia a dare fastidio;nulla di meglio quindi che metterlo in difficoltà e togliergli sicurezza implicandolo in unprocesso per eresia. Il pievano don Vorai è da quattro anni in contrasto con Menocchio, cheaddirittura va a confessarsi fuori della pieve, e un altro prete appartenente ai signori del luogolo istiga: è la prima delazione. Testimoni non sono difficili a trovarsi: il mugnaio non avevafatto scuola, né aveva desiderato farla, ma non aveva certo nascosto le sue teorie: "tutto quelloche si vede è Dio, e noi siamo dei". Menocchio non è un contadino tipico11; Ginzburg necoglie la singolarità sostenendo che un singolo caso può essere illuminante al pari e più dialtre esemplificazioni sostenute da una numerosità statisticamente significativa. Non si vuolequi sottolineare un contrasto tra la scuola di pensiero che privilegia gli studi quantitativirispetto a quella che ritiene più interessanti i casi singoli; tuttavia la posizione di Ginzburgrisentiva dei tempi. All'epoca della scrittura del suo libro (1976) l'uso delle analisi quantitativenelle materie umanistiche era ancora ai primordi, e aveva sviluppato, da un lato, un troppofacile entusiasmo da parte dei più giovani adepti che maneggiavano la statistica, i calcolatori ele ancora scarsissime basi di dati, e dall'altro una posizione di cauta retroguardia di chi temevail progressivo eclissarsi dei metodi di ricerca tradizionali.

Solo il 2 febbraio 1584, a quattro mesi dalla prima denuncia, viene ordinata ed eseguita unaperquisizione nella casa dello Scandella, con il mandato di asportarne tutti i libri;sorprendentemente già il giorno dopo viene spiccato il mandato di cattura su ordine del paterinquisitor, il francescano fra Felice da Montefalco, "viso toto processu", e il giorno ancorasuccessivo, sabato, l'ufficiale della Curia episcopale riferisce dell'avvenuto arresto etraduzione in carcere dell'imputato.

10 La partecipazione ad una rissa è sempre stata considerata una colpa, indipendentemente dall'attribuzione diragione o torto e dall'individuazione di chi vi ha dato inizio. Anche il codice austriaco del 1803 prevede una penadetentiva per chi vi ha partecipato, fortemente più grave se nella rissa vi è stato un morto o un ferito grave. Lasemplice partecipazione ad una rissa è un reato anche secondo il Codice Penale italiano (art. 588), punita con lamulta fino a € 309. Qualora nella rissa o in conseguenza di questa ci sia un ferimento o una morte c'è lareclusione da tre mesi a cinque anni. Dai documenti processuali non risulta quali effetti ebbe la rissa a cuiMenocchio partecipò; probabilmente furono piuttosto significativi, data la gravità della pena.11 "Agli occhi dei compaesani Menocchio era un uomo almeno in parte diverso dagli altri.": C. Ginzburg, Op.cit., Introduzione, pp. XIX-XX. La frase è di significato vago: chiunque è "almeno in parte" diverso dagli altri, eun limite dell'opera di Ginzburg è lo sforzo di classificare un caso singolo all'interno di un universo giàestremamente frazionato, come era quello delle diverse dottrine, tra eretiche, quasi eretiche, devianti, quasiortodosse e così via.

Page 5: I VERMI E IL FORMAGGIO

5

Il primo interrogatorio avviene il martedì immediatamente successivo.

Gli interrogatori non avvengono tutti alla presenza degli stessi magistrati. Non viene tuttaviamai indicato quale magistrato fa le domande, perché viene sempre detto "interrogatus" equindi segue il tema della domanda in volgare, lingua usata nelle deposizioni e negliinterrogatori, che vengono fedelmente trascritti mescolati al testo latino che descrive gli attiprocessuali. Quasi certamente, data la forte gerarchia anche nelle corti giudiziarie, le domandesono poste dal Maro. Le risposte sono ovviamente in volgare: Menocchio di latino sapevasoltanto (e male) alcune preghiere e frasi liturgiche. In particolare una risposta lascia stupititutti, perché non era contemplata in nessuna teoria precedente: da un caos primordiale di terra,aria, acqua e fuoco si coagula una massa come un formaggio, dal quale nascono i vermi chesono Dio e gli angeli, e ciò per volere della santissima maestà. Sembra che Menocchio ritengache ci sia una maestà precedente a Dio, come fosse il Fato delle tragedie greche, e Dio è unaspecie di primus inter pares tra gli angeli ("fu fatto signor con quatro capitani: Lucivello12,Michael, Gabriel et Rafael").

Perché Menocchio dice quello che pensa?

Menocchio non è uno sprovveduto, e sa bene cosa succede a chi viene riconosciuto colpevoledi eresia. Le condanne al carcere e al rogo erano certamente ben note. Perché egli sembra noncurarsene? Perché dice quello che pensa anche su temi estremamente pericolosi, sui qualiperaltro non vi erano accuse da accettare o da confutare? Probabilmente Menocchio, finquando è in forze, e cioè all'inizio del primo processo, non ha paura di affermare la sua fedenel Vangelo e invece la sua assoluta non credenza in tutta la sovrastruttura costruita dallaChiesa cattolica nei secoli successivi. Pur consigliato di parlare il meno possibile e dirispondere solo alle domande, espone liberamente la sua dottrina. Non vuole essere un martirené un predicatore, ma non rinuncia a dire il suo pensiero. Il processo è relativamente rapido,ma pur sempre dura alcuni mesi, durante i quali Menocchio è in carcere. Probabilmente lacustodia cautelare si limita alla mancanza di libertà e il detenuto viene nutrito normalmente:ben altre saranno le privazioni che dovrà subire dopo la condanna. Però la vita carcerariacomincia a fiaccare il suo fisico.

Per quanto non possa acriticamente estendersi ai domini veneziani la situazione di tolleranzache vigeva a Venezia, tuttavia nella Serenissima convivevano religioni e mentalità assaidiverse. Qualche momento di tensione c'era stato, ma di poco conto. Il cardinale CarloBorromeo sosteneva nel 1579 che Venezia era una città "senza devotione né alcun indirizzospirituale"13, che bisognava ripulirla, ma che i governanti non collaboravano. Venezia con150.000 abitanti era un luogo dove andava e veniva gente di ogni paese, spesso permanendovi

12 Lucivello, o Lucibello, o Lucifero è assimilato a Satana, re dei demoni. Il nome era di Venere, che nelle sueapparizioni mattutine precede di poco il sorgere del sole, e quindi annunzia e porta la luce. L'identificazione diLucifero con Satana si poggia su un passo della Bibbia (Isaia, 14, 12-15) in cui è profetizzato il ritorno delpopolo ebreo dalla cattività babilonese e viene annunciata la morte del re di Babilonia: "12 Come mai sei cadutodal cielo, Lucifero, figlio dell'aurora? Come mai sei stato steso a terra, signore di popoli? 13 Eppure tu pensavi:salirò in cielo, sulle stelle di Dio innalzerò il trono, dimorerò sul monte dell'assemblea, nelle parti più remote delsettentrione. 14 Salirò sulle regioni superiori delle nubi, mi farò uguale all'Altissimo. 15 E invece sei statoprecipitato negli inferi, nelle profondità dell'abisso." Questa assimilazione del re ambizioso che cade sconfittocon la caduta della stella che annuncia il mattino ha portato l'identificazione di Lucifero con il principe deidemoni ribelli sconfitti dall'arcangelo Michele.13 Citazione in G. Cozzi, M. Knapton, G. Scarabello, La Repubblica di Venezia nell'età moderna, UTET, 1999,p. 76.

Page 6: I VERMI E IL FORMAGGIO

6

a lungo: c'erano cittadini del Dominio, italiani provenienti da ogni parte della penisola,forestieri d'oltralpe e d'oltremare. I tedeschi, con il loro fondaco a Rialto, erano numerosi, etra questi certo non pochi erano luterani; c'erano greci ortodossi, che avevano anche la lorochiesa e il loro arcivescovo; c'erano turchi sparsi, la cui riunione in un quartiere era sostenutada alcuni ma paventata da altri, che temevano la costruzione di moschee. Gli ebrei eranonumerosi, e sarebbero di molto aumentati proprio in quegli anni, per l'accoglimento degliebrei levantini e ponentini, con inevitabili tensioni tra gli ashkenaziti e i sefarditi. A Veneziasi erano impiantati inglesi e olandesi, tra i quali molti calvinisti, cosa che veniva vista conpreoccupazione dalle autorità ecclesiastiche e dalla Spagna.

La Venezia della fine del '500 era comunque in rotta di collisione con la Chiesa romana.Nicolò Contarini lamentava una ripresa delle pretese del papato di affermare la propriaautorità anche in territori altrui, eliminando privilegi delle chiese locali, o pretendendo poi,nel 1600, che il patriarca di Venezia dovesse essere sottoposto ad un esame a Roma sulla suaidoneità alla carica. Leonardo Donà, che poi fu doge, diceva che non era buona cosa averetanti cardinali veneti, e che grave sarebbe stato il danno se uno di loro fosse diventato papa:"non vorrei veder un papa veneziano per assai, saria rovina della Repubblica"14.

Tuttavia, nel complesso, le tre grandi religioni monoteiste si guardavano con sospetto ma sirispettavano: tutte e tre avevano istituzionalizzato la repressione al proprio interno e quinditutte e tre concorrevano al fine comune non dichiarato di avere sotto controllo le masse.Anche il luteranesimo, cinquant'anni dopo l'esposizione delle tesi di Lutero sul portone dellachiesa di Ognissanti a Wittenberg, era diventato conservatore ed era più strumento di dominioda parte di questo o quel principe piuttosto che propugnatore della libertà del singolo fedele.Menocchio non viene processato perché vicino al luteranesimo: quello sarebbe stato unsemplice pretesto; viene processato perché non aderisce ai dogmi in generale e mette indubbio il monopolio dell'interpretazione delle Scritture da parte di una qualsiasi strutturaecclesiastica, sia essa quella cattolica sia essa un'altra. Menocchio è uno spirito libero, e ciò fapaura; dice il suo pensiero, e per quello lo si vuole ridurre al silenzio.

Il processo ha una breve pausa e si trasferisce da Concordia a Portogruaro, perché possaessere presente anche un magistrato secolare accanto ai giudici ecclesiastici. L'intromissionereciproca dei poteri ecclesiastici nei processi civili e viceversa non era mai stata gradita. Manella Repubblica vigeva l'abitudine che il collegio giudicante del Santo Uffizio fosseaffiancato anche da un magistrato secolare15; e a Portogruaro il processo ricominciò.

Ai tempi che stiamo considerando nella Repubblica di Venezia la giustizia venivaamministrata secondo il diritto consuetudinario. I giudici decidevano colpevolezza e penasecondo il loro libero convincimento. Invece nella Stato della Chiesa nel Medio Evo fu messodi nuovo in uso il Corpus iuris dei tempi di Giustiniano (VI sec.), che a sua volta raccoglievascritti e sentenze anche di tre secoli addietro. Ma il potere dei giudici di attribuire penesecondo il loro insindacabile giudizio restò a lungo nei territori di Venezia, che conobberocodici soltanto durante la dominazione austriaca, poi sotto quella francese (Code Napoléon) equindi nuovamente sotto quella austriaca dal 1815. Dal 1866 il Veneto divenne parte del 14 G. Cozzi, M. Knapton, G. Scarabello, Op. cit., p. 79.15 Pio IV aveva dichiarato di fare quanto poteva per Venezia a patto che questa tenesse lontana l'eresia eappoggiasse l'Inquisizione, fondata nel 1542. Il Consiglio dei Dieci aveva pienamente interiorizzato questoconcetto: la politica religiosa veniva gestita dalla Repubblica. I Tribunali dell'Inquisizione svolserotranquillamente il loro compito, anche se per salvaguardare la propria immagine la Repubblica aveva deciso diaffiancare un suo magistrato a quelli ecclesiastici. Fu creata appositamente una magistratura, i Tre Savi all'eresiaper Venezia, mentre nei domini doveva essere presente il rettore della città. Il Consiglio dei Dieci aveva ancheincoraggiato i cittadini a citare casi di potenziali eretici.

Page 7: I VERMI E IL FORMAGGIO

7

Regno d'Italia, ma l'estensione del codice sabaudo, improntato maggiormente alla filosofia delcodice francese, trovò numerose difficoltà di applicazione. Il procedimento giudiziario controMenocchio avvenne quindi in base ad una prassi consuetudinaria ben radicata.

Colpe e pene

Il concetto di "giusto" e "ingiusto" dipende dalle condizioni di partenza. Se si ritiene che laVerità sia una, e che tale Verità sia il cemento che tiene unita una società che si riconosce incerti valori di fondo, allora la struttura giuridica presiede alla conservazione della società e neespunge o ne emargina chi sembra attentare a questa conservazione. Così si spiega il bandoper la partecipazione ad una rissa: chi è foriero di discordie viene temporaneamenteallontanato. All'epoca della rissa e del conseguente bando Menocchio è comunque giàpienamente maturo (era nato nel 1532): non si può considerare la partecipazione ad una rissacome un impulso di gioventù. C'è da chiedersi se il bando sia una pena particolarmente grave:il bandito viene sradicato dal suo ambiente dove ha conoscenze e mezzi di sostentamento. Inrealtà Menocchio è autosufficiente; i mestieri che egli è capace di fare sono vari e quindispendibili quasi ovunque: fa il maestro elementare, il muratore, il mugnaio, il falegname. Imezzi di sostentamento gli vengono da un lavoro giorno per giorno, la pena è piuttostol'allontanamento dalla famiglia. Bandito ad Arba, affitta subito un mulino; la sua famiglia èpovera, ma non misera, e i prodotti del suo lavoro riescono a mantenere una famiglianumerosa con sette figli in vita degli undici che gli erano nati.

Menocchio ha detto cose contrarie alla predicazione della Chiesa e alle credenzegeneralmente accettate (o che tali si credevano, o si volevano credere, o si volevano farcredere). La perturbazione della religione è un delitto previsto anche in codici emanati intempi molto posteriori a quelli del processo in questione. Il codice austriaco del 1803,applicato nel Lombardo-Veneto dal 1815, ritiene esplicitamente reo del delitto diperturbazione della religione "chi si sforza di diffondere l'incredulità, o di spargere unadottrina contraria alla religione cristiana, o di fondare una setta". La pena, a seconda se cisiano stati proseliti oppure no, è del carcere duro da uno a cinque anni, oppure da sei mesi aun anno16. Anche il Codice Penale italiano prevedeva una pena per "vilipendio della religionedello Stato"17 e prevede tuttora il reato di "offese alla religione dello Stato" tramite vilipendiodi persone o di cose18. Menocchio sarebbe stato dichiarato colpevole anche secondo tutte leleggi successive fino a quelle odierne.

L'entità della pena appare grandemente diversa. Tuttavia, se si considera la connessione tra lareligione e uno stato come quello veneziano, intimamente laico ma bisognoso di una strutturagiuridica repressiva, le tesi di Menocchio potevano essere assimilate a quelle previste dal § 57del Codice Penale Austriaco:

Chi studia maliziosamente con discorsi, con iscritti, o con pittoresche rappresentazionid'inspirare ai suoi concittadini sentimenti tali da cui possa nascere avversione alla forma

16 Codice Penale Universale Austriaco, §§ 107-109.17 Il "vilipendio della religione dello Stato" è previsto dall'art. 402, con pena di reclusione fino a un anno.Tuttavia con sentenza del 20 novembre 2000, n. 508 la Corte Cost. ha dichiarato l'illegittimità costituzionale ditale articolo.18 L'art. 403 ritiene offesa alla religione dello Stato il vilipendio di chi la professa con pena fino a due anni, e dauno a tre anni se si tratta di un ministro del culto cattolico; l'art. 404 punisce con la reclusione da uno a tre anni ilvilipendio delle cose oggetto di culto o destinate al culto. L'entità della pena di quest'ultimo articolo è statadichiarata incostituzionale, in quanto non uguale a quella diminuita in cui incorre chi offende altri culti ammessinello Stato (art. 405).

Page 8: I VERMI E IL FORMAGGIO

8

di Governo, all'amministrazione dello Stato, od al sistema del paese, commette il delittodi perturbazione della pubblica tranquillità.

Tale delitto è punito col carcere duro da uno fino a cinque anni19, e il carcere duro austriacoera forse migliore di quello veneziano dal punto di vista alimentare, ma non dal punto di vistadei ferri ai piedi o dell'obbligo di lavoro. Se consideriamo che Menocchio dopo poco più didue anni potrà essere messo agli arresti domiciliari per buona condotta, la pena che gli verràinflitta è potenzialmente durissima, ma in pratica si rivelerà non peggiore di quella che glisarebbe toccata duecento anni dopo, in un clima giuridico certo più garantista e più umano,già ampiamente informato allo spirito del Beccaria.

I processi per eresia preludono ai processi per stregoneria e per magia. Si tratta semplicementedi una lotta di mantenimento del potere da parte di una casta che vede nelle tesi eretiche lamessa in dubbio della verità rivelata di cui i componenti della casta dominante si ritengono gliunici depositari. In questo senso va interpretata la relativa indulgenza che si ha nella primafase del processo a Menocchio: esso deve servire solo di monito e tende a soffocare sulnascere la libertà di opinione in fatto di fede e dogmi. Al rogo sono destinati più gli ereticiche non le stesse streghe, ancorché in Italia questa pratica abbia meno incidenza che nel restod'Europa. C'è sotto anche il timore che il sacerdote con cui Menocchio discute risulti incapacedi confutarne le tesi, costruite con il buon senso sulla base stessa delle Scritture; il vedere unsacerdote soccombente in materia religiosa sarebbe un intollerabile affronto per la gerarchiaecclesiastica, che fonda il suo potere sul monopolio dell'interpretazione delle Scritture equindi sull'esclusiva per decidere chi potrà godere della vita eterna oppure verrà condannatoall'inferno.

Facciamo qui un solo accenno a processi per stregoneria o magia, che possono presentare unaanalogia con il processo a Menocchio. Un secolo dopo degli eventi di cui ci stiamooccupando, nel 1692 a Salem, nel Massachusetts, vengono denunciati numerosi casi distregoneria, e ci sono incriminazioni, arresti, impiccagioni di 29 persone. I processi sonorapidissimi e le esecuzioni immediate. Si consuma qui una lotta per il potere da parte dellavecchia gerarchia contadina di Salem Village, che si vede emarginata dalla nuova borghesiacommerciale in ascesa a Salem Town. Gli eventi sono raccontati con ricchezza di particolari econ acutezza di interpretazione, in un libro di Boyer e Nissenbaum20. Carlo Ginzburg firmal'introduzione all'edizione italiana, apparsa dodici anni dopo l'originale inglese, e sottolinea,pur non condividendola in toto, l'interpretazione originale della "caccia alle streghe" avvenutanel New England: non si tratta di un vento strano di infatuazione generale, bensì di unosviluppo "normale" di tensioni economiche. La stregoneria come fenomeno culturalespecifico è assente; il rigore puritano del predicatore Cotton Mather, in altre interpretazioniindicato come responsabile dei processi e dell'assurdità delle sentenze, è un paravento: la suapredicazione basata su principi tradizionali stava perdendo presa su una classeeconomicamente emergente21. Uno spirito acuto potrebbe notare che certe manifestazioni 19 Codice Penale Austriaco, § 60.20 P. Boyer, S. Nissenbaum, La città indemoniata. Salem e le origini sociali di una caccia alle streghe, Einaudi,Torino, 1986.21 La stregoneria è sopravvissuta a lungo, quasi nascosta, anche nell'ordinamento giuridico italiano. L'art. 603 delCodice Penale è intitolato "Plagio" e così recita: "Chiunque sottopone una persona al proprio potere, in modo daridurla in totale stato di soggezione è punito con la reclusione da cinque a quindici anni." Un caso che divennefamoso fu quello di tal Braibanti, che fu accusato di aver plagiato un giovane, Filippo Sanfratello, e nel 1969 fuemessa una sentenza di colpevolezza. A seguito di quella sentenza e delle polemiche da essa suscitate, fuinvestita della questione la Corte Costituzionale, che con sentenza 8 giugno 1981, n. 96, dichiarò l'illegittimitàcostituzionale dell'art. 603. Come avviene in questi casi, l'articolo non è stato abolito e figura quindi nel testo delC. P., ma non è applicabile. Il nuovo Codice Penale, attualmente in fase di elaborazione a cura del magistratoveneziano Carlo Nordio, evidentemente non contemplerà il reato di plagio.

Page 9: I VERMI E IL FORMAGGIO

9

soprannaturali, come la capacità di sollevare facilmente grandi pesi o la capacità di leggerenel pensiero sono state considerate a volte come segni demoniaci22, mentre il più delle voltevengono classificate come miracoli e interpretati come segni della predilezione celeste.

L'eresia catara, a cui Del Sol fa risalire alcune delle credenze di Menocchio, è in realtà tuttauna famiglia di credenze, in ampia evoluzione tra il Duecento e il Cinquecento, il cui unicodenominatore comune è un'accezione piuttosto generica del manicheismo. Il Bene e il Malesono due principi, associati allo Spirito e alla Materia: il mondo è il campo di lotta tra Diocreatore dello Spirito e del mondo spirituale, e dall'altra parte Satana, creatore della materia.Secondo alcune sette catare (ad es. gli albigesi), Satana è un principio coeterno e opposto aDio, il che viene a configurare un dualismo vero e proprio, mentre secondo altre sarebbe unangelo ribelle e pertanto inferiore a Dio, e quindi ci sarebbe un dualismo mitigato. Questaseconda concezione, la più diffusa in Italia, è quella a cui si riferisce la credenza diMenocchio, che vede 4 arcangeli, Gabriele, Raffaele, S. Michele e Lucifero, l'ultimo dei qualisi ribella. Da questo dualismo deriva la condanna del Vecchio Testamento, dove Dio ècreatore anche della materia, il docetismo23 del Cristo, la negazione del Purgatorio e unesasperato ascetismo (condanna del matrimonio e della procreazione, vegetarianesimo, divietodella proprietà privata, dell'esercizio della giustizia e della guerra, ricerca della morte perfame [endura]). Chi riesce ad adeguarsi a questo tipo di rigore sono i perfetti, che dopo unanno ricevono l'imposizione delle mani (consolamentum) che coinvolge la remissione deipeccati e la redenzione dalla materia; invece i credenti non aderiscono a questo estremoascetismo e rimangono nel mondo, pur impegnandosi a ricevere il consolamentum in punto dimorte. I catari erano organizzati in una vera e propria gerarchia ecclesiastica.

Un libero pensatore

Tuttavia secondo Del Col24:

"Il Menocchio non è un cataro. Legge la Bibbia nella traduzione italiana medievale, leggelibri medievali, con l'eccezione di due, che sono contemporanei. La sua cultura è più vastadi quanto indagato dai giudici. egli infatti si dice filosofo, astrologo e profeta. [�] Le sueconcezioni non hanno comunque nessun rapporto, mi pare, con quelle dei fraticelli, deibeghini e dei begardi, del movimento del Libero Spirito."

Vengono qui menzionati gruppi religiosi fautori di un rinnovamento della Chiesa, costituitisinel Medio Evo, principalmente in Europa Nord-Occidentale, e sopravvissuti per alcuni secoli;assimilati, talvolta a ragione, più spesso a torto, a gruppi ereticali. In particolare il gruppo deifraticelli si è mosso su una linea alternativa a quella della chiesa, riunendosi e quasichiudendosi in monasteri dell'Italia centrale. Il movimento del Libero Spirito è stato definitocome "un'élite di superuomini amorali"25: si tratta di un movimento organizzato più o menoclandestinamente in un ambito mistico, con esperienze spirituali raffinate e soprattuttoemotive più che dottrinali. È difficile definire la loro dottrina, che si espleta in un 22 P. Boyer, S. Nissenbaum, Op. cit., p. 13.23 Dottrina di coloro che negavano la realtà carnale ed umana del corpo del Cristo, escludendo così la pienezzadella sua passione e morte corporale. Il corpo di Cristo esiste soltanto come apparenza (φάντασµα). Secondo idoceti la salvezza è dunque tutta spirituale e intellettualistica, e la persona del Cristo è fuori della realtà umana edella storia: si oppone quindi alla dottrina della filiazione carnale di Gesù da Giuseppe e Maria, fortementedifesa invece dalle correnti giudeo-cristiane. Il termine doceti proviene da ∆οκηταί, a sua volta proveniente daδοκέω = appaio, sembro.24 Op. cit., Introduzione, p. LXVII.25 N. Cohn, I fanatici dell'Apocalisse, trad. it. 1965, pp. 179 e sgg.; la citazione è in G. Miccoli, La storiareligiosa, in Storia d'Italia, II, Einaudi, 1974, p. 935.

Page 10: I VERMI E IL FORMAGGIO

10

annichilimento estatico verso un itinerario ideale di perfezione. Fautori di un rinnovamentodella Chiesa, come gli altri movimenti, vennero perseguitati come eretici.

Menocchio si stacca dal dualismo tipico dei catari, e si costruisce piuttosto un panteismoantropomorfo: bisogna amare il prossimo più che Dio, l'anima è mortale e finisce col corpo esi riunisce ai quattro elementi fondamentali: fuoco, terra, aria e acqua; resta immortale lospirito, che vola a Dio. La sua costruzione religiosa non è un coacervo di idee singolarmenteelaborate, ma una teoria del tutto coerente: la salvezza la si acquisisce con le opere, su questaterra; Dio vede e provvede, nella sua infinita saggezza. C'è un avvicinarsi alla teoria dellapredestinazione, ma Menocchio si tiene quasi equidistante tra le varie dottrine, dalluteranesimo all'anabattismo26, pur assorbendo da tutte numerosi elementi. Ma negliinterrogatori, che tentano di ridurlo a confessare un'eresia già classificata, egli tiene testa aisuoi inquisitori: nei punti in cui si sente forte e coerente, ma cosciente che le sue tesi noncollimano con quelle della chiesa cattolica, egli dice che queste sono le sue idee, ma che glieleha messe in testa il diavolo.

Menocchio sfugge alle classificazioni: non è un cataro, non è del tutto un anabattista, non è unluterano: è un cristiano generico. Crede in Cristo e nella sua missione salvifica universale,crede nel peccato che consiste nel far male agli altri, rifiuta tutti gli altri lacci e lacciuolidogmatici, crede in un ecumenismo a cui la chiesa cattolica metterà ancora quasi quattrosecoli ad arrivare.

Come si forma le sue idee? A quanto dice lui stesso, leggendo più che parlando con altri. Cosaleggeva? Dagli atti del processo risultano undici libri, in larga parte dati e ricevuti a prestito.L'alto costo dei libri, ma soprattutto l'abitudine a non dipendere dalla parola scritta, fa sì cheun libro si legga e poi si dia via. Tale era l'abitudine anche con i libri manoscritti, che pureavevano una circolazione molto più ridotta, dato anche il minore tasso di alfabetismo: i lettorierano quasi amici degli autori, e comunque dello stessa cerchia e dello stesso ceto sociale. Leidee non circolavano al di fuori di gruppi ristretti. Tuttavia con l'espansione della stampa nonvi fu più la possibilità di controllare la diffusione delle idee da parte delle strutture cheavevano in mano il potere, come la chiesa e i principi, e queste strutture dovettero correre airipari, istituendo una primitiva specie di censura27. La prima data che può rifarsi alla censura èil 1487, anno in cui Innocenzo VIII affida al Maestro del Sacro Palazzo e ai vescovi ilcompito di vigilare sulla diffusione dei libri contrari alla morale28. Un episodio specifico siebbe l'anno successivo, quando la Sorbona censurò l'Apologia di Pico della Mirandola. Gli

26 Gli anabattisti (da αναβαπτίζω = immergo di nuovo) sostenevano che il battesimo in età neonatale non eravalido, in quanto il battezzando non era capace di intendere, e quindi era valida come battesimo soltanto unanuova immersione nell'acqua purificatrice. Fortemente pervasi di spiritualità e di rigorismo morale, furono fortifautori di una riforma della Chiesa, ma il loro rapporto con Lutero si infranse quasi subito. Il loro millenarismo sitrovò in sintonia con i contadini tedeschi in rivolta (1525), e furono aspramente combattuti sia dai cattolici chedagli altri luterani. Perseguitati nell'Europa Centrale, condannati dall'impero di Carlo V (1529) si spostarono inTransilvania e in Ucraina, e nel 18° secolo negli Stati Uniti (South Dakota), dove ancora permangono alcunecomunità.27 Il problema di impedire alla gente comune di acquisire informazioni tramite canali propri è sempre statoall'attenzione di tutti i governanti. La censura sulla stampa fu un primo problema, di soluzione assai difficile; lacensura sulle trasmissioni radio fu impossibile. Tuttavia si hanno notizie di processi in Italia durante la SecondaGuerra Mondiale per chi aveva ascoltato le trasmissioni antifasciste di Umberto Calosso da Radio Londra, comepure nei confronti di residenti in paesi dell'Europa dell'Est ai tempi della guerra fredda, per aver ascoltato RadioEuropa Libera, che trasmetteva notiziari filo-occidentali da Monaco di Baviera. Il controllo dei telefoni perintercettare le conversazioni fu molto pesante in Italia negli anni del terrorismo. Il problema attuale di porre sottocontrollo l'uso di Internet o dei telefoni cellulari appare di soluzione difficilissima.28 Per una agile storia della censura libraria, vd. M. Infelise, I libri proibiti da Gutenberg all'Enciclopédie,Laterza, 1999. Da quest'opera sono prese tutte le notizie riguardanti questo tema.

Page 11: I VERMI E IL FORMAGGIO

11

intralci alla pubblicazione di libri furono successivamente vari e di varia natura, qualil'imposizione della licenza di stampa (a Venezia nel 1527), o il controllo sulle opere religiosein Francia. La prima lista di libri proibiti, dei quali cioè era vietata la vendita e la circolazionein un certo territorio, fu l'Indice a stampa pubblicato dalla Sorbona nel 1544; il primo indiceitaliano fu stampato a Venezia nel 1549, ma non fu promulgato per l'opposizione dei librai edel Senato. Si trattava di 150 divieti, dei quali cinquanta colpivano l'intera produzione di unautore. Nel 1559 il pontefice Paolo IV pubblicò il primo indice romano, con un migliaio diproibizioni, tra le quali tutte le opere che escono da 61 tipografie, quasi tutte svizzere etedesche; sono anche proibite ben 45 Bibbie e Nuovi Testamenti. Seguirono numerosi altriindici, ad esempio quello tridentino del 1564, sia promulgati dal Papa che da singoli regnanti.Temutissimi erano i libri in volgare, perché potevano essere letti anche dal popolo. La Bibbiain volgare fu vietata definitivamente nel 1567, e tornerà tra i libri ammessi soltanto conl'Indice promulgato da Benedetto XIV nel 1758. Questa lunga proibizione è forse laresponsabile del distacco dell'italiano medio dal Vecchio Testamento, che invece è molto piùconosciuto in altri paesi. Tuttavia per quanto venissero continuamente aumentati e aggiornatiqueste liste di libri proibiti, o di autori proibiti in toto qualsiasi cosa scrivessero, le notizie suprocessi per detenzione o lettura di libri proibiti sono assolutamente minime, per cui taliproibizioni non ebbero probabilmente un effetto penale concreto, ma ebbero un notevolissimoeffetto di deterrenza, che ad esempio dirottò editori e librai su altre categorie di libri, comequelli devozionali. La censura riprenderà con un certo vigore alla metà del '700, dove ilrischio non era più la diffusione di questa o quella eresia, bensì delle idee illuministichegenerali29. Attività singolare, ma di impatto notevole, fu la pubblicazione di edizione purgate:il libro non veniva vietato, ma ne veniva vietata la sua edizione integrale o originale, mentreveniva affidato a letterati di provata fede il rifacimento dell'opera, in modo da eliminare ipassi ritenuti poco edificanti. Cominciarono a circolare così edizioni espurgate di libri giàfamosi, come Il Cortegiano del Castiglione, o il Morgante del Pulci, o i Dialoghi piacevolidel Franco, ristampati nell'edizione purgata fino a tempi recenti.30 Più sottile, e per certi versipiù comica, fu ad esempio la "rassettatura" del Decamerone, cioè la sua riscrittura conl'espunzione di tutte le situazioni in cui si parlasse male di preti, vescovi o altri religiosi. Ilrisultato fu che certe novelle furono totalmente riscritte cambiando geografia e cronologia,addirittura riambientate "in luoghi e tempi estranei alla cristianità"31.

La proibizione di un libro faceva calare le vendite e tarpava un'attività commerciale che era ingrande espansione, per cui stampatori e librai avevano ideato tutta una serie di contraffazioniper non incappare nella censura, e a questi trucchi non erano estranee le autorità stesse, chegradivano lo svilupparsi di un'arte che portava ricchezza. Ma per proibire un libro c'erabisogno di sapere che esisteva, e quindi era necessario un elenco. In una crescita tumultuosadell'editoria, anche la mera elencazione delle opere pubblicate era un lavoro imponente esempre in ritardo rispetto ai tempi. In questo contesto la Bibliotheca universalis di ConradGesner (1545) fu un grandioso repertorio di libri greci, latini ed ebraici.

La prima denuncia, anonima, contro Menocchio riporta: "à una Bibia volgar e ne li suoiparlamenti allega di continuo la Bibia." Conoscere la Bibbia senza passare attraverso 29 M. Infelise, Op. cit., p. 75.30 Chi scrive ricorda che negli anni Cinquanta del secolo appena trascorso circolavano come testi delle scuoleitaliane edizioni purgate dei poemi omerici. In particolare erano espunti versi o gruppi di versi che potevano,secondo il commentatore, turbare le menti degli alunni. Tali espunzioni erano operate senza alcun avvertimento,per cui la corrispondenza tra versi con altre edizioni era compromessa. A puro titolo di esempio, nell'Odisseatradotta da Pindemonte con il commento di Castellino e Peloso, testo di larga diffusione, al canto di Nausicaa,nel distico "così spiccava tra le ancelle questa // da giogo marital vergine intatta" il secondo verso era statoespunto.31 M. Infelise, Op. cit., p. 47.

Page 12: I VERMI E IL FORMAGGIO

12

l'interpretazione della struttura ecclesiastica è dunque oggetto di denuncia, e desta sospetto.Menocchio ha le sue idee personali su temi che la Chiesa riteneva di grande importanza. Lamaternità di Maria, dogma fondamentale che coinvolge la Madonna nell'opera di redenzione("corredentrice del genere umano" e "mediatrice" di tutte le grazie), venne sancita nel IConcilio di Efeso del 431, convocato da Teodosio II. Qui fu affermato che Maria era la Madredi Dio (θεοτόκος) e non semplicemente madre della natura umana di Gesù, cioè del Cristo(χριστοτόκος), come invece sostenevano i nestoriani32. Sulla maternità Menocchio ha ideemolto terrene, e le esprime con molta franchezza: nessun uomo è nato da donna vergine, equindi Cristo non può essere nato da una vergine.

La verginità di Maria, dogma al centro della mariologia, è affermata nei Vangeli33, ancorchénei Vangeli si parli anche di fratelli e sorelle di Gesù, nonché del padre di Gesù. Ma i termini"fratello" e "sorella" designavano anche parentele più vaste, e in Matteo (1, 25) si legge cheGiuseppe non "conobbe" (si intende: carnalmente) Maria finché non partorì il figlio. Da ciò sipotrebbe presumere che dopo la nascita di Gesù fossero instaurati normali rapporti coniugali.Se la verginità di Maria prima del parto è dogma di fede perché insegnato dai Vangeli, la"verginità perpetua" (�Αειπαρθένος, semper virgo) cioè prima, durante e dopo il parto, èinvece una verità che non ha riscontro nei Vangeli canonici, bensì è insegnata da unatradizione costante del magistero della Chiesa. In realtà si trova nel Libro sulla Natività diMaria (testo così chiamato da J. A. Fabricius nel suo Codex Apocryphus del 1719), che è unrifacimento tardo-medioevale in lingua latina del Vangelo apocrifo detto Pseudo-Matteo,scritto da uno scrittore ignoto, che vi accluse una lettera che ne indicava (falsamente) comeautore S. Gerolamo. Nello Pseudo-Matteo si legge che Giuseppe aveva già figli, e che Mariafu aspramente svergognata in pubblico per la sua gravidanza evidente iniziata quandoGiuseppe era lontano; da cui certi insulti alla Madonna che verranno attribuiti a Menocchioavevano già avuto precedenti esplicitamente descritti in testi di mezzo millennio anteriori. LoPseudo-Matteo racconta del parto della Vergine, avvenuto in una grotta; Giuseppe era andatoin cerca di una levatrice e quando ritornò con due levatrici, Zelomi e Salomè, il parto era giàavvenuto; Zelomi chiese a Maria il permesso di toccarla, e quindi

"esclamò a gran voce:- O Signore, o grande Signore, misericordia! Non si è mai sentito dire né potutoimmaginare che le mammelle siano piene di latte e sia nato un maschio lasciando verginesua madre! Nessuna perdita di sangue si è avuta sul neonato, nessun dolore nellapuerpera. Vergine ha concepito, vergine ha partorito, vergine è rimasta."34

Questa era la formula con cui il Concilio Lateranense del 649 aveva affermato la perpetuaverginità di Maria: ante partum, in partu, post partum.

Il Libro sulla Natività di Maria racconta invece la profezia dell'angelo che all'annunciazionedice:

Non pensare, Maria, che tu debba concepire in maniera umana: infatti tu da vergineconcepirai senza unione col maschio, da vergine partorirai e da vergine allatterai.35

32 Nestorio, patriarca di Costantinopoli, si trovò in dissidio con il patriarca di Alessandria, il che sfociò in unadisputa dottrinaria. Il Concilio Vaticano II, nella Costituzione Lumen gentium, ha in più passi confermato lapartecipazione di Maria alla redenzione come madre di Dio e la sua funzione di "Madre dei viventi".33 In particolare: Mt, 1, 18 e segg.; Lc, 1, 26-35.34 I Vangeli apocrifi, a cura di M. Craveri, Einaudi, 1990, p. 81.35 I Vangeli apocrifi, a cura di M. Craveri, Einaudi, 1990, p. 223.

Page 13: I VERMI E IL FORMAGGIO

13

Nonostante sia evidente in entrambi i passi che il contesto riguarda la nascita di Gesù, laverginità è poi stata estesa all'intera vita di Maria. Con il Concilio Lateranense venne quindicondannata la teoria che limitava la verginità al solo atto del concepimento ad opera delloSpirito Santo. Quest'ultima teoria è invece stata recuperata nell'ultimo secolo ed ècomunemente condivisa dagli esegeti non cattolici.

Il culto attuale di Maria presso i cattolici considera ben 17 feste dedicate alla Madonna, dallaPurificazione (2 febbraio) all'Immacolata Concezione (8 dicembre). La festa dell'ImmacolataConcezione di Maria nacque nella chiesa celtica d'Irlanda nel sec. IX e si diffuse quindi inEuropa nel tardo Medioevo; fu istituita come festa di precetto per tutta la Chiesa da ClementeXI nel 1708. La Concezione Immacolata di Maria fu istituita come dogma di fede da Pio IXnel 1854, mentre l'ultimo dogma mariano, quello dell'Assunzione in cielo col corpo, fuproclamato da Pio XII nell'Anno Santo 1950. Assai spesso le feste sono celebrate pertradizione, senza che generalmente si sappia quale avvenimento viene ricordato36.

Altri due casi

Menocchio non è il primo, e non sarà l'ultimo, ad avere e professare pubblicamente una suainterpretazione personale della religione. Tanto per citare un esempio dello stesso periodo edella stessa zona, di tale Giovanni della Guartanuta, friulano anche lui e abitante a Pianod'Arta, a una decina di chilometri da Tolmezzo, si hanno i seguenti elementi37.

Nel 1569 il vicario del Patriarca di Aquileia trova Giovanni, che egli definisce come "il piùheretico marzo, � pernitiosissimo, perché non contento della sua corruttione cerca corumpergli altri". Questo Giovanni andava alla Messa e al Vangelo usciva tirandosi dietro il pubblico;quindi, postosi sul muro del cimitero, raccontava il Vangelo a modo suo; la sua predicazionefaceva presa, in quanto era basata su testi della Sacra Scrittura. Di Giovanni abbiamo ancheuna confessione, che espone alcuni concetti di base, semplici e ingenui, che egli dichiara diaver elaborato nella lunga frequentazione di "terra todesca". Tanto fanno le preghiere dei pretiquanto quelle del singolo fedele; tanto vale la preghiera fatta in casa quanto quella in chiesa;le processioni non servono a niente, è molto meglio concimare i campi piuttosto che girarviintorno tenendo una croce; il Purgatorio non esiste, e chi è pentito dei suoi peccati si salva peropera di Cristo; alle indulgenze dei papi non bisogna credere; non c'è intercessione dei santi,perché solo Cristo intercede per noi presso il Padre; non si devono dare benedizioni perchéCristo ha già benedetto tutto; il Papa è da rispettare se vive come S. Pietro di cui è ilsuccessore, ma se non vive come è vissuto S. Pietro, la sua autorità non vale niente. E inoltrenon serve astenersi dalla carne, perché Cristo ha detto che è peccato non quello che entra nellabocca ma quello che ne esce; e che nessuno può comandare di più di quello che ha comandatoDio, e non si è obbligati ad obbedire al papa e alla Chiesa; e che Cristo è nell'ostia soltanto almomento in cui ci si comunica, e non alla consacrazione. Inoltre la chiesa è una spelonca diladroni, e si comprano le preghiere con i denari.

Simili concetti erano di forte impronta luterana, e Giovanni fu denunciato e processato.Dichiarò di non aver fatto proseliti, si disse pentito e disposto all'abiura; ma il giorno in cui 36 Un'inchiesta fatta in dicembre 2004 in una classe dell'università di Padova ha dato il seguente risultato:nessuno degli studenti sapeva cosa fosse la Purificazione; pochi sapevano che la festa dell'Assunta (la Sensa)celebra l'assunzione di Maria in cielo con il corpo; tutti conoscevano la festa dell'Immacolata Concezione matutti, nessuno escluso, credevano che si trattasse del concepimento di Gesù come uomo libero dal peccatooriginale, e non della Madonna. Il risultato è curioso, trattandosi di un campione di giovani colti, in una regionedi lunga tradizione cattolica.37 G. Miccoli, La storia religiosa, in Storia d'Italia, II, Einaudi, 1974, pp. 992-995.

Page 14: I VERMI E IL FORMAGGIO

14

doveva abiurare scappò, dicendo alla moglie che non voleva far la penitenza. Di lui non siseppe più nulla; evidentemente non fu ripreso.

Rispetto a Giovanni della Guartanuta, di Domenico Scandella sappiamo molto di più, sia perla lunghezza e la meticolosità dei suoi interrogatori, sia per i numerosi studi e commenti che ilsuo caso ha stimolato. Egli ha, o vuol mostrare di avere, una religione sua personale, e insisteche nessun altro la condivide; quando ne ha parlato con qualcuno, questi lo ha redarguito. Lasua religione, che egli espone già nel primo interrogatorio del 7 febbraio, è una religioneanimista: Dio è "aere terra et tutte le bellezze di questo mondo"38. Ginzburg vede nei concettiesposti da Menocchio un residuo di una religione contadina precristiana, legata ai ritmi dellanatura, e insofferente di dogmi e cerimonie39. Egli cita immagini di Dio e del Paradiso trattedalla campagna, come le descrivevano dei contadini inglesi: Dio ha l'aspetto di un buonvecchio, Cristo di un buon giovinotto, mentre il Paradiso è un grande prato verde.

Il primo pensiero di ogni società, e quindi del pari di ogni religione, è l'autodifesa ai finidell'autoconservazione. Ogni religione ha bisogno di distinguersi dalle altre, perché solo inquesta distinzione essa trova il motivo di esistere. Pertanto una teoria che rendesse tutte lereligioni semplicemente aspetti diversi di una serie di norme morali basilari comuni a tutti èuna teoria che giustifica le altre religioni e quindi non può essere condivisa da chi pratica unareligione. Il sentirsi cristiani solo perché si ha avuto l'avventura di nascere in un paesecristiano rende la scelta della religione un accidente storico e non più una graziasoprannaturale. Il giustificare le altre religioni è solitamente una posizione di minoranza: lamaggioranza non si sente attaccata, e quindi non sente il bisogno di un egualitarismo religiosoche potrebbe esserle solo di danno. Solo negli ultimi trent'anni la Chiesa cattolica si èavvicinata a quell'ecumenismo che Menocchio affermava come sua elaborazione dopo averletto libri di viaggi.40

Ginzburg cita un interessante poema, il Settennario, scritto da un autore che si cela sotto lopseudonimo di Scolio. In esso il tema centrale è proprio l'unità fondamentale delle normeetiche, che egli considera i comandamenti, che ogni popolo poi trascrive a modo suo creandouna religione propria. Tutti i personaggi che hanno predicato o si sono proclamati "Dio" interra erano tutti "capitani" mandati dall'unico Dio: Cristo, Maometto, Abramo, Mosè, Elia,Davide, Salomone. Secondo Scolio i sacramenti sono due soli: il Battesimo e l'Eucaristia, Dio 38 Nella Dottrina cristiana, testo a domanda e risposta usato in Italia verso la metà del Novecento, si ha ladomanda: "Dove è Dio?" seguita dalla risposta "Dio è in cielo, in terra e in ogni luogo: egli è l'immenso." Dal1932 fu in uso nelle scuole italiane il Catechismus catholicus redatto dal card. Gasparri, segretario dello Statodella Città del Vaticano, che in tale qualità aveva firmato la Conciliazione, e a tale opera si rifaceva la Dottrinacristiana. L'interpretazione animista era quindi ancora vigente. La rinuncia a questa interpretazione si ha alla finedegli anni Cinquanta; forse non ultima causa fu il lancio dei satelliti artificiali, che aprirono il cieloall'esplorazione dell'uomo. Il cielo, anche nella capacità evocativa del termine, perdeva così il suo alone dimisteriosa irraggiungibilità e veniva ricondotto ad una dimensione umana. Ciò ebbe un effetto anche nellaterminologia cattolica. Al Concilio Vaticano II "il papa Giovanni XXIII aveva assegnato come compitoprincipale di meglio custodire e presentare il prezioso deposito della dottrina cristiana" (secondo le parole diGiovanni Paolo II nella Cost. Apost. "Fidei depositum"). In questa attività si inquadra l'iniziativa di GiovanniPaolo II di redigere un nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica, lavoro che fu affidato ad una commissionepresieduta dal card. Ratzinger. Il risultato fu una redazione ufficiale del catechismo cattolico apparsa nel 1992 edestinata a tutti i fedeli; una successiva redazione latina del 1997, apparsa in traduzione italiana nel 1999, è la piùaggiornata alla data odierna. In essa non permane l'interpretazione animista della presenza di Dio. Infatti nelcommento letterale al "Padre nostro", la locuzione "che sei nei cieli" è spiegata così (cpv. 2794): "Questaespressione biblica non significa un luogo ("lo spazio"), bensì un modo di essere; non la lontananza di Dio, ma lasua maestà".39 C. Ginzburg, Op. cit., p. 130.40 Tuttavia il Catechismo della Chiesa Cattolica ritiene che l'unità dei cristiani sia soltanto nella chiesa cattolicastessa, pur ritenendo fratelli nel Signore coloro che sono nati in comunità sorte da scissioni (cpv. 818).

Page 15: I VERMI E IL FORMAGGIO

15

è androgino, i libri sacri sono quattro: il Vecchio Testamento, il Nuovo Testamento, il Coranoe il suo Settennario.

Nel paragone che Ginzburg fa tra Scolio e Menocchio sono evidenziate varie analogie, comeanche alcune differenze. Il mondo sognato da Scolio (che Ginzburg umoristicamente dichiarasimile al paese di Cuccagna) è un mondo dove l'autorità non è condannabile di per sé, purchéessa si comporti correttamente; c'è un certo "radicalismo contadino", che rimane però chiusoin sé stesso. Menocchio invece ha viaggiato, è stato a Venezia più volte, si è impadronito dellacultura delle classi dominanti e la contesta non da una posizione di ignoranza e di rifiuto, mada una posizione di rielaborazione personale di dati interiorizzati; egli conosce la dottrinacattolica e, per questo, la rifiuta coscientemente.

La Chiesa contro i poveri

Nell'interrogatorio del 28 aprile Menocchio parla della lingua, che egli esplicitamente dichiaracome uno strumento di dominio contro i poveri. È da notare che l'argomento non vieneproposto esplicitamente in una domanda sotto la locuzione "Interrogatus respondit", bensìcompare in maniera quasi naturale quando Menocchio viene invitato a dire quello che ha inmente:

Dictum fuit quod dicat omnia quae tunc in mente habebat et dicere intendebat, respondit:"Io ho questa opinione che il parlar latin sia un tradimento de' poveri, perché nelle litte lipover'homini non sano quello si dice et sono strussiati, et se vogliono dir quatro parole,bisogna haver un avvocato."

Anche Ginzburg menziona le frasi soprascritte come indicative di una forte protesta. Mancaperò il commento che qui Menocchio non parla solo per sé stesso, ma ancora più per gli altriilletterati che sono coinvolti in processi. All'uscita de Il formaggio e i vermi (1976) eranopassati nove anni da Lettere a una professoressa (1967): Don Milani, diceva ai suoi ragazzidella scuola di Barbiana, per sottolineare l'importanza di conoscere bene l'italiano: "L'operaiosa cento parole, il padrone ne sa mille; per questo è il padrone."41 La lingua come"instrumentum regni" ha sempre avuto un ruolo potentissimo; Menocchio lo accenna quasi disfuggita, e nel verbale non vi sono note a margine a cura di fra Felice. Evidentemente ilcommento di Menocchio non viene considerato degno di essere preso in considerazione nellaricapitolazione a cui le note a margine sarebbero servite in seguito.

Menocchio lamenta poi la propria povertà contrapponendola alla ricchezza della Chiesa. Ilvescovo o il cardinale non si distingueva più dal feudatario o dal castellano: erano tuttiproprietari, mentre il contadino coltivava la terra in affitto o a livello42.

Et mi par che in questa nostra lege il papa, cardinali, vescovi sono tanto grandi et ricchiche tutto è de Chiesa et preti et strussiano li poveri, quali se hanno doi campi a fitto sonode la chiesa, del tal vescovo, del tal cardinale.

41 Don Lorenzo Milani (1923 - 1967) organizzò una scuola postelementare a tempo pieno rivolta alla classipopolari e in Esperienze pastorali (1958) denunciò la natura classista dell'istruzione scolastica italiana; il libro fufatto ritirare dal Santo Uffizio. Il libro successivo, Lettere a una professoressa, fu redatto sotto la sua guida daglialunni stessi.42 Il livello era un contratto, di origine medievale ma rimasto fino al sec. XVII, per lo sfruttamento agricolo di unpodere dove il contadino si impegnava anche ad effettuare delle migliorie. Il nome deriva da libellus, "insieme difogli" su cui si registrava il contratto, e poi "atto scritto, documento". Era più favorevole per il contadino che nonl'affitto.

Page 16: I VERMI E IL FORMAGGIO

16

Menocchio esprime delle rivendicazioni pauperistiche, non dissimili da quelle che avevaespresso, sessant'anni prima, la rivolta dei contadini in Germania. Rivendicazioni simili siconiugano spesso con gruppi ereticali: se l'ortodossia nella religione produce una societàingiusta, mentre certamente la società predicata dal Cristo è giusta ed equa, qualcosa vacambiato nella struttura ecclesiastica. La constatazione che la chiesa e gli ecclesiastici sonoricchi è già un prologo alla tentata distruzione di quelle supposte verità sulla cui accettazioneindiscussa si basa il loro potere. In questo contesto non è sorprendente che il movimentocataro, proveniente dalla Francia, trovasse terreno fertile tra i contadini dell'ItaliaSettentrionale.

Peraltro, la situazione descritta con una frase così semplice da Menocchio era tragicamentevera. Negli Annali di Francesco Contarini (1595) si legge che nel bresciano metà dei benisono degli ecclesiastici; Paolo Sarpi dice che il clero, la "centesima parte" della popolazione,aveva più della metà dei beni nel Bergamasco, più di un terzo nel padovano e più di un quartonel resto del Dominio43.

E dato che ha iniziato a parlare, Menocchio continua a dire liberamente il suo pensiero:

Mi par anche che questi signori venetiani tengono ladri in quella città, che se uno vacomprar qualcosa et si dimanda: "Che vustu di quella robba?" dicono un ducato, etnondimeno val solamente tre marcelli44, et vorria che facessero le sue parti.

Sul valore delle monete, per avere un'idea di quanto fosse l'aumento praticato daicommercianti sull'effettivo valore delle merci, riportiamo una citazione da Luciano Pezzolo45:

"Zecchini, lire, grossi, gazzette, soldi, bezzi, quattrini, reali, ongari, scudi, bagattini,mocenighi, marcelli, mezzi scudi, mezzi ducati, lirazze, denari, talleri; valuta corrente,buona valuta, valuta di banco. Anche a Venezia, come nelle altre principali piazzed'Europa, diverse e innumerevoli specie monetarie affollavano i canali della circolazione.Era un turbinio di monete, reali e fittizie, veneziane e straniere, che procuravanosconcerto, non solo tra coloro che non erano affatto addentro alla materia, ma anche traquelli che erano considerati degli esperti. Tuttavia a ognuno era ben chiara la differenzafra i pregiati conii d'oro e d'argento e quelli mediocri, di rame o di vili misture a scarsovalore intrinseco."

Il titolo del ducato aureo (zecchino) fu costante dall'epoca del suo primo conio fino alla cadutadella Repubblica, con 3,49 grammi d'oro; il suo valore di cambio rispetto ad altre monetemutò numerose volte, sia sotto le spinte del mercato, che apprezzava molto l'oro, sia per lenecessità della Repubblica di favorire i prestiti allo Stato. L'oro era riservato ai pagamenti trastati e alle grosse transazioni commerciali; eccezionalmente venivano pagati in oro i soldati,spesa diventata primaria in varie circostanze della storia veneziana. Nel commercioquotidiano si usava come pura moneta di conto il ducato corrente, suddiviso in 124 soldi, alquale non corrispondeva una moneta metallica materiale; a questa unità monetaria ideale sirifacevano le altre monete. La lira (di piccoli) era divisa in 20 soldi, o 240 denari, per cui a

43 G. Cozzi, M. Knapton, G. Scarabello, Op. cit., p. 75.44 Il marcello (o marcella) era una moneta del valore di mezza lira veneziana; il nome proviene dal doge NiccolòMarcello, che la fece coniare durante il suo breve dogato durato circa un anno e mezzo (1473-74).45 L. Pezzolo, Il fisco dei veneziani, Cierre edizioni, 2003, p. 130.

Page 17: I VERMI E IL FORMAGGIO

17

fronte di un prezzo richiesto di un ducato46, cioè di 124 soldi, Menocchio attribuisce allamerce un valore di una lira e mezza, cioè di 30 soldi: l'aumento sarebbe di oltre il 300%.

La cosmogonia

Tra le ipotesi più fisse, stabili e da nessuna religione monoteistica messe in discussione c'èquella che Dio sia eterno, prima di tutti i tempi. L'ebraico YHWH (Yahvé) significa "Io sonoColui che è"47. La cosmogonia che Menocchio si è creata è invece piuttosto singolare, ed eglistesso si contraddice nei vari interrogatori. Dapprima Dio nasce dal caos, appunto come unodei vermi dal formaggio che si è coagulato dal caos per volontà di una non meglio identificatamaestà; nell'interrogatorio del 12 maggio invece Dio viene sostituito alla maestà ed è coeternocol caos; poi Dio non è più Dio, ma il suo intelletto. Il caos si muove, ma da sé. È difficileseguire i ragionamenti del nostro mugnaio, perché anche lui viene messo alle strette da uninquisitore tutt'altro che sprovveduto: si rifiuta però comunque di attribuire alla divinità lacreazione del mondo. Il mondo animato si crea da sé, a partire dall'inanimato; teoria oggiscientifica, che asserisce appunto l'esistenza sulla terra del cosiddetto "brodo primordiale"(dall'inglese primordial soup) di particelle organiche indistinte formatesi per effetto di fattorinaturali, come le scariche elettriche o le radiazioni ultraviolette; tali particelle poi sidifferenzieranno per dare origine agli esseri viventi. Ma già allora tra i dotti la dottrinaevoluzionistica stava prendendo il sopravvento sulla dottrina creazionistica sostenuta dellaChiesa48.

Da dove Menocchio aveva tratto queste idee? Non c'è specifica menzione che tra le sue lettureci fosse la Divina Commedia, tuttavia potrebbero riconoscersi le seguenti terzine delPurgatorio, Canto X, vv. 121-129:

O superbi cristian, miseri lassi,che de la vista de la mente infermi,fidanza avete nei ritrosi passi,

non v'accorgete voi che noi siam verminati a formar l'angelica farfallache vola alla giustizia sanza schermi?

Di che l'animo vostro in alto galla,poi siete quasi entomata in difetto,sì come verme in cui formazion falla?

Si tratta di un'esclamazione di dolore e di meraviglia, come altre volte Dante usa prima didescrivere uno spettacolo. L'"angelica farfalla" è l'anima che vola a Dio. Il Vellutello,

46 All'epoca di Menocchio la valutazione era di 1,613 ducati correnti per uno zecchino; vd. L. Pezzolo, Op. cit.,p. 132.47 La Dottrina cristiana già citata in uso nelle scuole elementari degli anni Cinquanta recitava: "Dio è semprestato, è e sempre sarà: Egli è l'eterno". La creazione del mondo, a partire dalla quale è iniziato il tempo, venivaquindi considerata "successiva" a Dio, per quello che può significare tale termine in assenza di tempo. Quandonegli anni Cinquanta ci furono le prime conferme sperimentali dell'ipotesi della nascita dell'universo dal bigbang, previsto teoricamente dalla teoria della relatività, Pio XII ebbe a dire che il big bang era la confermasperimentale del "Fiat lux". La teoria del big bang ebbe poi successive conferme con la scoperta della radiazionedi fondo (1965) e con la missione del satellite COBE (1992).48 Nella circolare ministeriale dell'aprile 2004 che fissa i programmi nelle scuole medie superiori italiane èscomparsa l'esplicita menzione dell'evoluzionismo come teoria esplicativa della storia degli esseri viventi; alcuniesperti di programmi scolastici hanno voluto vedere in questo una riproposta della teoria creazionistica.

Page 18: I VERMI E IL FORMAGGIO

18

commentatore della Commedia, chiosa i versi dicendo che l'anima è "angelica, cioè divina,così essendo stata creata da Dio per riempire le sedie, che perderon gli angeli neri, che furoncacciati dal cielo"; guarda caso, anche Menocchio dice che gli uomini furono creati "perempir quelle sedie delli angeli scacciati"49. Certamente il nostro mugnaio aveva letto e avevainteriorizzato quell'idea originale che gli uomini hanno sostituito angeli caduti..

Il Ginzburg tuttavia propone con forza un'altra teoria. Il mugnaio-contadino non avevabisogno di leggere Dante o i suoi commentatori per avere chiara davanti a sé l'immagine deivermi che nascono dal formaggio imputridito: tale scena gli era certamente ben nota. Maanche altri miti di altre popolazioni (ad es. indiani e calmucchi) riecheggiano il formarsi dellastirpe umana da un coagularsi di qualche liquido o da una materia fluida primordiale, inparticolare vengono citati proprio vermi che nascono dal formaggio. Menocchio avevacognizione di queste antiche leggende, maturatesi in luoghi così lontani, e le aveva ritenuteplausibili? Come gli erano giunte notizie? Il Ginzburg vede un sottofondo di migrazioni che siportavano dietro culti a sfondo sciamanico, come quello dei benandanti che erano statipresenti in Friuli. È difficile sostenere una teoria basata su somiglianze generiche chepotrebbero anche essere coincidenze; d'altra parte non ci sono dati per confutarlaefficacemente. Il mondo contadino, fortemente simile in molte parti del globo, può aver creatoin maniera naturale ed indipendente miti che la nostra cultura occidentale riconosce comesimili. Tuttavia essi potrebbero essere non riconosciuti come tali da altre culture, attente acerte differenze che noi non notiamo: ad esempio per certi popoli i vermi sono cibo, e ilconcetto di "imputridito" non è sempre interpretato negativamente come lo fa la civiltàoccidentale. Civiltà di popoli stanziali dediti alla pastorizia possono ben aver avuto tuttidimestichezza con la fermentazione del latte, indipendentemente gli uni dagli altri, così comeindipendentemente si sono creati in vari luoghi della terra miti sul diluvio universale o sucomparsa e scomparsa di isole o continenti a seguito di sconvolgimenti tellurici o di unimpatto con altri corpi celesti. Non è quindi indispensabile ipotizzare un trasferimento dicultura dagli Altai in Friuli per spiegare il fatto che Menocchio costruisca la teoria dei verminati dalla fermentazione del formaggio. La tesi, un po' insistita, del Ginzburg, è che unacultura millenaria comune faccia da sottofondo non conosciuto al mondo contadino, ed affiorisoltanto in qualche caso sporadico, come quello in esame. Tesi affascinante, ma, a miomodestissimo giudizio, ancora un'ipotesi.

L'abiura e la sentenza

Menocchio abiura le sue tesi, ma pone con le sue mani le basi per un secondo processo cherischia di avere (ed avrà effettivamente) un esito assai più infausto. L'abiura50 è lunghissimarispetto a quelle usuali: il solo pronunciarla speditamente occupa un'ora di tempo. Infattinell'abiura Menocchio dichiara di credere una lunga serie di fatti (ad esempio che Maria fossevergine) e simmetricamente dichiara di ritenere falsa la stessa serie al negativo (ad esempioche Maria non fosse vergine); alla fine chiede di essere ritenuto senz'altro "relapso" (cioè"recidivo") quando venisse a scostarsi da quanto giurato. È quanto gli capiterà vari anni dopo,quando verrà denunziato per gli stessi motivi: aver detto cose contrarie alla religionecostituita.

49 Entrambe le citazioni sono in C. Ginzburg, Op. cit., p. 67; la comprensione rimane tuttavia non facile, perchévengono citati solo i primi due versi della terzina centrale; la citazione anche degli altri dà più facileinterpretabilità all'intero contesto.50 A. Del Col, Op. cit., pp. 92-115.

Page 19: I VERMI E IL FORMAGGIO

19

Il dispositivo della sentenza è durissimo: la sentenza è in latino, lingua che l'imputato nonpadroneggia, tanto che le domande durante gli interrogatori erano formulate in volgare. Infattile uniche citazioni latine che Menocchio ha saputo fare sono da preghiere, e anche noncorrette. Inoltre vengono ripetute tutte le accuse direttamente contro l'imputato con unaterminologia estremamente dura51:

"Divina praecepta quae in sacris Litteris traduntur negasti [�] ex tuo capite infrascriptashereses et errores traxisti [�] praeterea hoc nefandissimum excogitasti, quod elementaomnia percutientia se invicem in illo caos spumam quamdam emiserunt et ex illa orti suntvermes, ex vermibus homines ex quibus supremus est Deus, inde mundum non esse aDeo factum Deumque tantummodo praevidisse et statuisse quae fienda erant et mundumpostmodum ab angelis fabricatum fuisse [�]. De iustificatione nonne impiissime dicebashominem nullum iustificari ex passione et morte Christi, ac gratiam iustificationis nostraetantum a Deo et non per merita Christi homines habere? [�] Deturpasti omniasacramenta ecclesiae. [�] De sacramento confirmationis non solum negabas illum nonesse necessarium52, sed non esse sacramentum, non institutum a Christo, quod mera sitinventio humana et, ut vulgo dicitur, una mercantia religiosorum [�]. Nefandissimustuus animus tam impie, tam inhumane ita subversus quod ea, quae nec demones dicerentnon auderent, ipse de Deo excogitavit [�]. Non contentus fuit malignus et perversusanimus tuus de his omnibus quae hucusque dictae sunt, sed errexit cornua et velutigigantes contra sanctissimam, ineffabilem Trinitatem pugnare coepisti [�].

La sentenza è lunghissima. Ginzburg la valuta come quattro o cinque volte più lungadell'usuale53. Un esperimento di lettura ad alta voce effettuato da chi scrive ha dato 52 minutidi durata: Menocchio ascolta quindi quasi un'ora di invettive di cui mal comprende ilsignificato. La sentenza termina elencando prima le pene accessorie, come quella di andarevestito con un saio su cui è ricamata una croce, e in fondo quella fondamentale, cioè il carcerea vita, reso più duro con giorni di digiuno: carcere da cui può uscire soltanto per recarsi inchiesa per le penitenze accessorie imposte ed essere esposto alla pubblica riprovazione. Lacondanna al carcere è indicata con una locuzione agghiacciante: Item te sententialitercondemnamus ut inter duos parietes immureris ut ibi semper et toto tempore vitae tuaemaneas ac pane doloris et aqua angustiae crucieris; forse per puro scrupolo di precisione, maforse anche per una decisione intervenuta in seguito, le parole et toto tempore vitae tuaemaneas ac sono aggiunte in interlinea. Le aggiunte in interlinea, molto opportunamentesegnalate nella trascrizione di Del Col, fanno spesso pensare non ad una correzione di meranecessità linguistica o ortografica, bensì ad un ripensamento dello scrivano o dei giudicistessi. Del resto, in gran parte i verbali sono copia di minute scritte durante i colloqui; altrevolte invece la loro stesura appare effettuata seduta stante durante l'interrogatorio stesso. Loconfermano le cancellature e le aggiunte in interlinea. Non appare finora uno studio che dicase le correzioni o le aggiunte fatte in interlinea possano essere state vergate eventualmenteanche dopo che Menocchio ha firmato i verbali degli interrogatori54. I verbali originali o leloro trascrizioni in bella copia venivano fatti firmare all'interrogato, come ad esempio: 51 Ginzburg, nel commentare la lunghezza e la durezza della sentenza, cita a sua volta una serie di frasi diverseda quelle qui riportate, ma del pari significative; in realtà qualsiasi frase della sentenza può essere scelta perrappresentare il livore e la violenza verbale del giudice che la pronuncia.52 Negabas … non esse: troviamo qui, e anche successivamente, una costruzione con due negazioni che non sielidono, come sarebbe nel latino classico, ma si rafforzano.53 C. Ginzburg, Op. cit., p. 107.54 Un'ipotesi di verifica potrebbe consistere nello studio dell'inchiostro o della penna. Una firma seduta stante èprobabilmente apposta con la stessa penna del verbalizzante (difficilmente l'imputato aveva a disposizione unapenna propria durante l'interrogatorio), mentre una aggiunta successiva potrebbe essere scritta con penna diversae con inchiostro proveniente da un contenitore diverso. Inoltre una aggiunta fatta nel corso della verbalizzazionedovrebbe indicare una stanchezza della mano congrua alle parole immediatamente precedenti o seguenti, mentreuna aggiunta apposta in un tempo successivo potrebbe indicare una diversa situazione della mano.

Page 20: I VERMI E IL FORMAGGIO

20

Relectum confirmavit et se subscripsit.Et io Domenego confermo come di sopra.55

Del Col ritiene che le firme sotto i verbali potessero anche essere messe in un secondomomento, dato che Menocchio si trovava in carcere ed era quindi sempre disponibile. Ècomunque assai poco probabile che le aggiunte in interlinea siano state fatte su richiestadell'imputato: la situazione del carcerato era di tale sottomissione che ben difficilmente eglipoteva pretendere la rettifica di un verbale.

La sentenza ha un vocabolo agghiacciante: immureris. Il condannato è come "murato vivo" inuna cella da cui non può uscire, salvo che per le penitenze pubbliche imposte. E talvolta,come dichiarerà il direttore del carcere, Menocchio non sarà neppure fatto uscire per esibirepubblicamente la sua condanna, a causa della mancanza di personale per l'accompagnamento.

È comunque il carcere a vita, ma non il carcere a vita irremissibile; Domenico Scandella dopoun anno e otto mesi di carcere, periodo in cui è stato anche ammalato gravemente, è moltomal ridotto. Il figlio Zanuto (Zunut) fa scrivere da un avvocato una supplica perché il padrevenga rimesso in libertà, con una pena sostitutiva. Il tribunale tratta la richiesta conattenzione, interroga ancora il condannato sulla sincerità del suo pentimento e sulla suasituazione carceraria, ne accerta la buona condotta e infine gli conferma la pena perpetua, magli assegna come carcere l'abitato di Montereale, dietro fideiussione di 200 ducati che unamico gli garantisce56. Menocchio riprende così il suo posto di relativo prestigio e di fiduciaall'interno della sua comunità. Dovrà essere prudente, perché una seconda condanna perrecidiva significherebbe il rogo. Il mugnaio si trattiene per alcuni anni, poi riprende a esporre isuoi pensieri eretici in vari colloqui, e nuovamente arrivano denunce. Infatti la repressione deldissenso ha portato a colpire, o a minacciare di colpire, anche chi è al corrente di pensierieretici altrui e non denuncia il fatto, sicché qualcuno ha paura e non si sa trattenere:Menocchio viene denunciato di nuovo nel 1599; il collegio giudicante, con inquisitore fraGerolamo Asteo, interroga con cura denuncianti e testimoni: qualcuno conferma i discorsieretici di Menocchio, qualcuno lo ritiene buon cristiano. E segue l'arresto.

Il mugnaio è ormai vecchio e tale si sente; è più vicino ai settanta che ai sessanta; gli è mortala moglie, gli è morto un figlio. Menocchio è povero e chiede di fruire del gratuito patrocinio,che a Venezia era stato istituito fin dal 144357. Gli viene assegnato un buon avvocato, il dottorPisenti, che (e ci tiene a sottolinearlo nell'assumere la difesa) difende l'uomo, non l'eresia.

Il processo è solo di verifica dell'attendibilità delle denunce; non è più Menocchio ilprotagonista, non è più lui che deve spiegare, parlare; confessa che non sempre haottemperato alle ingiunzioni, come quella di portare "l'habitello" degli eretici, cosa che lopoteva ostacolare nella ricerca del lavoro; di altri obblighi minori non rispettati, come diportare conferma scritta di permessi ricevuti, dichiara di non aver avuto neppure conoscenza.Gli vengono fatte alcune delle domande di quindici anni prima, se egli creda che i Vangelisiano stati scritti dai preti, ed egli conferma che crede così, ma che i preti siano stati lostrumento dello Spirito Santo. Alcune accuse le sminuisce: perché voleva distogliere qualcunodal farsi frate? Perché si trattava di ricchi, che non avevano bisogno di ricevere elemosine.

55 A. Del Col, Op cit., p. 67.56 Duecento ducati sono una somma abbastanza cospicua; le doti di ciascuna delle due figlie di Menocchio, chesi sposeranno più di dieci anni dopo, sono di 41 e 48 ducati rispettivamente; sono considerate doti povere, manon misere. L'intero avere che passerà da Menocchio ai figli dopo la sua morte nel 1599 è di 108 ducati.57 G. Ambrosini, Diritto e società, in Storia d'Italia, I, Einaudi, 1972, p. 365.

Page 21: I VERMI E IL FORMAGGIO

21

Alcune accuse le contesta con forza, ad esempio di aver detto che la Madonna è una puttana("Io non l'ho mai detto, et chi l'ha detto è un sassino"), mentre conferma di aver detto che laMadonna era maritata a san Giuseppe. Conferma, citando la favola dei tre anelli,evidentemente letta nel Decamerone, che secondo lui cristiani, ebrei e turchi sono tutti figli diDio che Dio ama in ugual misura, e ciascuno ritiene di avere la fede giusta; egli è natocristiano e tale vuole rimanere, ma se fosse nato turco tale vorrebbe rimanere, perché tradire lapropria fede e aderire alla fede del nemico è male. Non sapeva che il libro dove ha letto questecose era proibito? Chi glielo aveva dato? "Io non mi posso ricordare". Menocchio scrive dipropria mano una supplica, ma subentra una specie di rassegnazione, quasi di apatia.

La difesa del Pisenti è ben costruita tecnicamente, l'affidabilità dei testimoni è messa indubbio, le prove sono estremamente tenui, l'imputato è presentato come persona semplice eingenua, che dice, sì, cose strampalate, ma è un povero di spirito. Vengono citati precedenti efonti canoniche:

"tenendo semper ante oculos misericordiam ut supra fuit ostensum, et verba Dei: "Noliteiudicare, quia non iudicabimini" et "Iuditium sine misericordia erit illis, qui nolunt faceremisericordiam delinquentibus."58

Viene quindi chiesta l'assoluzione. Menocchio capisce solo vagamente la lunga perorazione inlatino del suo avvocato, ma si fida e la firma. Non desidera esporre argomentazioniaggiuntive:

"Io non voglio far altre diffesse, se non quelle che finhora ho fatto, né intendo a dir altro,se non che domando misericordia et se ho fatto qualche peccato, son sempre ricorso alSignore."

Ma tutto è inutile, era già inutile a priori: il destino è segnato. Due giorni dopo arriva unaterza denuncia sui discorsi eretici di Menocchio. Egli viene nuovamente interrogato, dice chela favola dei tre anelli l'ha letta sul libro delle Cento novelle del Boccatio, che gli fu prestatodal quondam Nicolò de Melchiori.

Alla ricerca degli altri possibili eretici

Problema altrettanto grave quanto l'approfondimento delle teorie eretiche di Menocchio era lapossibilità che egli le avesse diffuse. Gli inquisitori più volte e sotto forme diverse chiedonoall'imputato con chi abbia fatto i suoi ragionamenti; Menocchio quasi sempre tace, dice di nonricordare, poi fa qualche nome, quasi a caso, e sempre riferendosi a discorsi molto vecchi.Vuole coprire degli indottrinati perché essi possano continuare a diffondere le sue teorie? Sidirebbe di no; Menocchio non ha avuto proseliti diretti, o quanto meno non sono stati studiatiprocessi di persone che abbiano dichiarato di essere stati convinti all'eresia da lui. Alla finedel secondo processo egli viene sottoposto al supplizio della corda, non per estorcere da luiulteriori verità, bensì soltanto i nomi di qualche altro con cui egli abbia "ragionato". Eranoinfatti questi i due casi per i quali si applicava tale supplizio. Non era il supplizio più crudele,in altri processi si legge che la tortura era inflitta con tenaglie ardenti; inoltre un medicoaccertava preventivamente se l'imputato era idoneo a sopportare tale supplizio, e avevaautorità di farlo cessare quando vedesse che l'imputato non era più in grado di resistere.

58 Citazioni rispettivamente dal Vangelo di Luca, 6, 37 e dalla lettera di Giacomo, 2, 13.

Page 22: I VERMI E IL FORMAGGIO

22

Il supplizio della corda era tra i più comuni inflitti nella pratica giudiziaria italiana tra il 13° eil 18° secolo. Al condannato venivano legate le mani dietro la schiena e la corda veniva fattapassare per una carrucola appesa al soffitto; quindi egli veniva tirato su tramite questa corda,il che provocava dolorosissima tensione nelle articolazioni delle braccia, fino ad una possibileslogatura. Un "tratto di corda" consisteva nel sollevamento del torturato e nella suasospensione a mezz'aria; di qui la locuzione tenere uno sulla corda, con lo stesso significatodi "sulle spine", cioè in grande tensione dolorosa. Alcuni tratti di corda furono a lungo unapunizione per semplice contravvenzione alle norme di pubblica sicurezza59.

Menocchio viene giudicato idoneo "ad torquendum", e la pena dura mezz'ora, il tempo usuale.Dopo il secondo tratto di corda egli confessa di aver raccontato la storia dei tre anelli a ZuanFrancesco Montareaale, e che il libro con la storia gli era stato dato da Leonardo dellaMinussa da Montareale.

La seconda sentenza

Anche la seconda sentenza ripete la già nota violenza verbale, con la lunga elencazione dellecolpe e in più l'accusa di non aver ottemperato a tutte le disposizioni imposte della primasentenza. Nonostante che da questa siano passati quindici anni e i giudici siano diversi lo stileè assolutamente identico. Ma la condanna, stricto sensu, non c'è:

te, Dominicum Scandellam, […] sententialiter iudicamus esse veraciter relapsumin haereticam pravitatem, licet poenitentem, et ut veraciter relapsum de foronostro ecclesiastico te proiicimus et relinquimus brachio secolari. Rogamustamen, idque efficaciter, praedictam curiam secularem quod circa te citrasanguinis effusionem et mortis periculum sententiam suam moderetur.

Difficilmente si può immaginare un'ipocrisia peggiore. La sentenza del tribunale ecclesiasticonon è una sentenza di pena, ma di colpevolezza; la pena sarà decisa dal braccio secolare a cuil'imputato viene affidato, e che emetterà una sua sentenza. Il tribunale ecclesiastico chiede cheil braccio secolare moderi la propria sentenza citra periculum mortis, ma ovviamente sabenissimo che lo stato di eretico recidivo comporta il rogo. Un manuale di pratica criminalerecita: "La pena dell'heretico [�] è quella del fuoco per legge divina, canonica, civile etconsuetudinaria, di modo che il corpo suo così vivo arda, finisca et si riduca in cenere"60.

Così finisce il procedimento giudiziario a carico di Domenico Scandella detto Menocchio;domenica 8 agosto 1599 viene promulgata dal notaio la sentenza nella chiesa principale diPortogruaro, e il condannato viene consegnato alla struttura civile di Portogruaro. Il podestàPietro Zuane fa eseguire la sentenza in uno dei giorni successivi; la data precisa non è nota, eneppure il luogo: le condanne capitali nella Repubblica erano eseguite senza pubblicità. Unasettimana dopo il figlio Stefano è menzionato in un atto notarile come figlio del quondamDomenico Scandella.

59 Nei codici che prevedono "esacerbazioni" della pena, come il codice austriaco del 1803 che ha avuto validitànel Veneto dal 1815 al 1866, il supplizio della corda non figura tra le possibili esacerbazioni; il C.P. italiano nonprevede nessun tipo di intervento sul corpo come pena accessoria. Attualmente atleti specificamente preparatiriescono a sostenere senza danno tensioni notevoli alle articolazioni; le "chiavi articolari" sia alle braccia che allegambe, che provocano la stessa tensione dei tratti di corda, sono mosse consentite nel wrestling e in altri sport dilotta.60 La citazione, riportata in A. Del Col, Op. cit. a p. C dell'Introduzione, proviene da L. Priori, Prattica criminalesecondo il ritto delle leggi della Serenissima Repubblica di Venetia, Giovanni Pietro Pinelli, 1644 p. 131.

Page 23: I VERMI E IL FORMAGGIO

23

E adesso?

Ritornando alla prefazione de Il formaggio e i vermi possiamo dire, con Ginzburg, cheMenocchio è "un nostro antenato" e "si inserisce in una sottile, contorta, ma ben netta linea disviluppo che arriva fino a noi"? Possiamo rispondere di sì nella misura in cui ci sentiamoanticlericali, libertari, coraggiosi delle nostre idee; per quello che di raziocinante ci impediscedi credere alla verginità di Maria come donna o ci fa discernere il divino dall'umano nelleinnumerevoli pratiche davanti a cui ci troviamo quotidianamente; per quello che ci rendecredibili gli insegnamenti del Cristo distinti, e spesso anche distanti, dalle manifestazioniesteriori della Chiesa cattolica. Riconosciamo in Menocchio uno spirito autonomo,raziocinante, estremamente moderno, lettore attento e filosofo, quale egli stesso si definiva.Menocchio elabora nella sua mente elementi e dati che egli ha visto scritti, ma nulla scrive asua volta, probabilmente per coscienza della propria incapacità a scrivere e a competere su unterreno che non è il suo, ma forse anche per una certa sfiducia in quello strumentocomunicativo: ci si esprime meglio se si parla, le parole scritte hanno poi bisogno di milleinterpretazioni. I giudici ritengono eretici i ragionamenti del mugnaio perché essi nonragionano con la propria testa, ma si rifanno a teorie scritte, siano esse sancite da un decretoconciliare, o da un testo di un Padre della Chiesa, o da una bolla papale. Il "nero su bianco"intimorisce il sottoposto che legge, ma a sua volta inchioda anche l'estensore. Menocchio èlibero di dire come la pensa (e paga cara questa sua libertà), i suoi inquisitori fra Felice diMontefalco e fra Gerolamo Asteo, no.

Menocchio si colloca quasi nel baricentro, anche temporale, tra Cardano e Galileo, l'unoprocessato per magia, l'altro per la sua aderenza alla razionalità quando la verità scientifica erain contrasto con la rivelazione divina (o supposta tale). Se siamo fieri di sentirci pronipoti diMenocchio, ci troviamo tuttavia ancora in un mondo che trasmette un'autorità che nonconsente repliche; per limitarsi ad un solo accenno, nella Chiesa cattolica la mariologia èancora un elemento portante, anzi negli ultimi tempi ha acquisito una considerazione sempremaggiore, con l'affidamento del mondo alla Madonna e l'annuncio della rivelazione deisegreti di Fatima da parte dell'attuale Pontefice. La Costituzione Apostolica Fidei depositum,proclamata da Giovanni Paolo II l'11 ottobre 1992 e introduttiva al Catechismo della ChiesaCattolica termina così:

"prego la Santissima Vergine Maria, Madre del Verbo Incarnato e Madre della Chiesa, disostenere con la sua potente intercessione l'impegno catechistico dell'intera Chiesa adogni livello, in questo tempo in cui essa è chiamata ad un nuovo sforzo dievangelizzazione."

L'edizione successiva (e finora ultima) del Catechismo è introdotta dalla lettera apostolicaLaetamur magnopere del 15 agosto 1997, che così si conclude:

"A Maria Madre di Cristo, che oggi celebriamo assunta in cielo in corpo e anima, affidoquesti auspici, perché si realizzino per il bene di tutta l'umanità."

Casi analoghi a quello di Menocchio potevano svolgersi in altri tempi? La storia ne presentain grandissima quantità, da Socrate ai primi martiri cristiani, da Antigone agli incarcerati perdelitti di opinione che ancora oggi si contano a migliaia in paesi che per altri versi sono diciviltà, almeno tecnologica, molto avanzata. Pertanto, pur con grande rispetto e la doverosadeferenza, è difficile condividere totalmente il seguente asserto del Ginzburg61: 61 C. Ginzburg, Op. cit., p. XXIV.

Page 24: I VERMI E IL FORMAGGIO

24

Due grandi eventi storici resero possibile un caso come quello di Menocchio: l'invenzionedella stampa e la Riforma. La stampa gli diede la possibilità di mettere a confronto i libricon la tradizione orale in cui era cresciuto, e le parole per sciogliere il groppo di idee e difantasie che avvertiva dentro di sé. La Riforma gli diede l'audacia di comunicare ciò chesentiva al prete del villaggio, ai compaesani, agli inquisitori.

L'invenzione della stampa è di un buon secolo precedente all'età di ragione di Menocchio, chequindi è alla quarta generazione successiva a quella di Gutenberg. Sarebbe come dire che gliattuali ventenni sono ancora sotto l'influsso della prima guerra mondiale, oppure che il mondodei trasporti transoceanici è figlio della "galassia fratelli Wright". Già negli anni '90 delQuattrocento il 40 o il 50 % dei libri di una biblioteca privata era a stampa, e nel 1512 alcunebiblioteche di Ferrara avevano solo libri a stampa62. L'impatto della stampa sulla generazionedi Menocchio non era più così significativo come due generazioni prima. La tesi del Ginzburgappare viziata da una specie di "effetto obbiettivo": se si riprende un primo piano il campolungo diventa schiacciato e si perde la profondità; l'atleta che è in testa alla gara, ripreso difaccia, sembra incalzato dagli inseguitori, mentre li ha a distanza. Del pari Menocchio appare,nella tesi del Ginzburg, come se Gutenberg gli fosse temporalmente vicino. E non vale illuogo comune che l'evoluzione tecnologica di quattro secoli fa era meno rapida di quellaattuale; essa appare tale a noi, ma, commisurata ai tempi, anche l'evoluzione durante ilCinquecento aveva la stessa rapidità di quella odierna.

Le motivazioni portate dal Ginzburg non sono le uniche possibili, e se ne potrebbero trovaredi molto diverse e del pari valide: ad esempio l'incontro-scontro tra il mondo cristiano e ilmondo islamico, con punti di rottura nella caduta di Costantinopoli e nella momentanearivincita di Lepanto, punti di rottura che paradossalmente rinvigoriscono gli scambicommerciali e la circolazione delle idee. Mentre Don Giovanni d'Austria e le galeazze diSebastiano Venier distruggono e catturano le navi turche di Mehmet Alì Pascià, i dipintirappresentano una Venezia piena di turbanti. Venezia è "tal che chi lei vede stima // vederraccolto in breve spazio il mondo", come si legge ai piedi di un'illustrazione che larappresenta come una dea trionfante. Menocchio è stato a Venezia, e se l'entroterra delDominio è certamente assai meno brillante, pur sempre fruisce di una capitale dove simuovono genti e idee le più diverse.

Che ci sia voluta la rivoluzione luterana per stimolare Menocchio a dire il suo pensiero appareargomentazione ancora più debole. Gli spiriti liberi e coraggiosi sono sempre esistiti e hannosempre parlato incuranti di processi, condanne, pene, e le eresie portate avanti da minoranzehanno sempre messo in crisi, o tentato di mettere in crisi, le autorità costituite. Menocchio sirifà a Lutero assai meno che non a Nestorio o agli albigesi.

Assai più valida appare invece l'amara constatazione, forse non abbastanza sottolineata, che larepressione dei dissidenti, di "quelli che avevano male interpretato le novità", fu subitooperata anche all'interno dei movimenti staccatisi dalla Chiesa di Roma. La Riforma sostituìall'autorità centrale del Papa tutta una serie di autorità periferiche, non per questo menorigorose o meno crudeli: il rogo di Serveto o le impiccagioni di Salem nacquero in ambientenon cattolico. Menocchio sarebbe stato perseguitato anche dai luterani.

Forse sarebbe troppo audace rovesciare completamente le tesi del Ginzburg. Un processocome quello di Menocchio è stato reso possibile non già dall'apertura alla circolazione delleidee, bensì dalla chiusura voluta dall'Inquisizione e dalla Controriforma. Non sarebbe venuto 62 B. Richardson, Stampatori, autori e lettori nell'Italia del Rinascimento, Sylvestre Bonnard, 2004, p. 180.

Page 25: I VERMI E IL FORMAGGIO

25

a galla un microcosmo intellettuale quale quello di Menocchio e di coloro con cui egli parlavase le minacce di collusione non avessero stimolato le delazioni. Il mugnaio racconta le sueteorie non già perché la Riforma luterana gli ha dato il coraggio di parlare liberamente, mapiuttosto perché la repressione antiluterana lo ha costretto a difendersi in tribunale. La libertàinteriore e la saggezza pratica del contadino sono sempre state un sottofondo costante,tetragono a evangelizzazioni imposte e resistente a qualsiasi repressione. In un periodo dilibertà questi elementi non erano affiorati perché non ce n'era bisogno; in un periodo direpressione emergono evidenti.

Amara è la constatazione che una forma di inquisizione è ancora largamente attiva nel nostrosecolo: nome e strumenti sono cambiati, ma neppure di tanto. Non c'è più l'Inquisizione con lamaiuscola, ma abbiamo conosciuto i tribunali speciali per la sicurezza dello stato e lecommissioni mediche per giustificare l'internamento dei dissidenti in cliniche psichiatriche.Non vengono più bruciati libri, ma settanta anni fa abbiamo visto ancora dei falò; GiordanoBruno sembra lontano, ma abbiamo la condanna di Rushdie. Non si mette all'indice un'operainnovativa di astronomia, ma si blocca la ricerca sulle cellule staminali; ai roghi pubblici si èsostituita la tecnica più sommessa dei desaparecidos. Non c'è più la pretesa del monopoliodella verità religiosa, ma è fortissima l'opinione di alcuni di possedere la migliore strutturadella società, con la conseguente pretesa di imporla a tutto il mondo.

No, l'umanità non è molto cambiata dai tempi di Domenico Scandella detto Menocchio.