I Macchiaioli - Istituti Paritari N. Copernico · 2020. 3. 10. · I Macchiaioli Il gruppo non...

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I Macchiaioli Il Caffè Michelangiolo si trovava a Firenze in via Larga, oggi via Cavour, fra il Duomo e piazza San Marco, collocato in un luogo strategicamente importante perché a poca distanza dall’Accademia di Belle Arti, regno della pittura ufficiale. Dalla seconda metà dell’Ottocento fino gli anni Venti, questo divenne un luogo di accesissime discussioni non soltanto di ordine artistico. Luogo prediletto di ritrovo per gli artisti, quasi tutti toscani, che animarono vivacemente il panorama artistico italiano e che contribuirono in modo decisivo al rinnovamento dell’estetica pittorica tradizionale.

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  • I Macchiaioli

    Il Caffè Michelangiolo si trovava a Firenze in via Larga, oggi via Cavour, fra il Duomo e piazza San Marco, collocato in un luogo strategicamente importante perché a poca distanza dall’Accademia di Belle Arti, regno della pittura ufficiale. Dalla seconda metà dell’Ottocento fino gli anni Venti, questo divenne un luogo di accesissime discussioni non soltanto di ordine artistico. Luogo prediletto di ritrovo per gli artisti, quasi tutti toscani, che animarono vivacemente il panorama artistico italiano e che contribuirono in modo decisivo al rinnovamento dell’estetica pittorica tradizionale.

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    Il gruppo non imponeva norme associative o vincoli di partecipazione , comprendeva artisti quali Giovanni Fattori, Silvestro Lega, Telemaco Signorini ed altri ancora. Ognuno di loro sviluppò stili personali e linguaggi differenti, ma furono accomunati dall’ insofferenza verso l’arte accademica ed ufficiale . Lo scambio di idee era intenso, il clima fervente, non soltanto dal punto di vista estetico ma anche dal punto di vista politico.Al Caffè vi si recavano anche artisti stranieri, provenienti soprattutto da Parigi, con i quali gli artisti italiani, reduci dalla visita all’Esposizione Universale del 1855, potevano confrontarsi. All’ Esposizione parigina essi ebbero infatti l’opportunità di accostarsi alle opere dei pittori del Realismo francese.Nella travagliata Italia preunitaria Firenze, capitale del Granducato di Toscana, era il luogo più adatto per la nascita di un movimento artistico avanguardistico bisognoso di quella libertà così agognata allora. Giovani artisti accorsi da realtà nazionali che li obbligavano al silenzio e a calmare i propri entusiasmi rivoluzionari e politici portavano nuovi stimoli e tensione di sfida.

    L'esposizione del 1855 è stata la prima mostra a comprendere un padiglione dedicato alle Belle arti; con la partecipazione di circa ventotto paesi, i dipinti in mostra erano circa cinquemila. Tra gli artisti selezionati a presentare le loro opere ci furono: Eugène Delacroix (35 dipinti), Dominique Ingres (40 dipinti), Camille Corot (6 dipinti), Jean-François Millet (un dipinto).

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    Il Caffè si dotava di due ambienti principali: il primo era dedicato ai clienti tradizionali, mentre il secondo era una stanza quadrata, simile ad un salotto borghese, destinato ad accogliere il gruppo degli artisti. In Italia, il fenomeno dei caffè come luogo di ritrovo per artisti e come poli culturali cittadini ebbe moltissimo successo tra Otto-Novecento, e soprattutto nella città di Firenze, andando a ricoprire quello che nel Settecento era stato il ruolo delle Accademie e nel primo Ottocento dei salotti.

  • I MacchiaioliI giovani pittori, passata la guerra, avvertivano, la necessità di confrontare la loro arte con i cambiamenti artistici europei, soprattutto con quanto stava accadendo nella pittura francese.Al Caffè Michelangelo, attorno al critico Diego Martelli, un gruppo di pittori dà vita al movimento dei macchiaioli. Questo movimento si propone di rinnovare la cultura pittorica nazionale (italiana). La poetica macchiaiola è verista opponendosi al Romanticismo, al Neoclassicismo e al Purismo accademico, e sostiene che l’immagine del vero è un contrasto di macchie di colore.L’arte di questi pittori come la definì Adriano Cecioni, teorico e critico del movimento, consisteva "nel rendere le impressioni che ricevevano dal vero col mezzo di macchie di colori di chiari e di scuri". Rifiutavano l’uso di linee decise per contornare i propri soggetti, in modo tale che fossero soltanto il colore e la luce a costruire la realtà e a definire le zone di luce e d’ombra.

    Uomo a cavallo, Vito d’Ancona Chiostro, Giuseppe Abbati

  • I MacchiaioliIl termine macchiaioli venne però usato solo qualche anno dopo, per la prima volta sulla gazzetta del popolo nel 1862 ed in modo dispregiativo, poiché i pittori furono accusati di ridurre il quadro a un semplice abbozzo, ad un insieme di macchie e per evidenziare il netto rifiuto del disegno accademico a favore della macchia e dell’effetto dei toni di colore.I pittori infatti, non usavano il chiaroscuro, ma dipingevano per accostamenti cromatici. Il loro lavoro aveva anche in comune la ricerca di soggetti scelti all'aperto, nella natura e nella campagna, dove veniva evidenziato il rapporto tra colore e luce.

    Bimbi al sole, Cristiano Banti (1860) Sulle colline a Settignano, Telemaco Signorini (1885)

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    Dal punto di vista dei soggetti assistiamo all’abbandono di tematiche tradizionali, storiche e classiche per abbracciare i protagonisti della vita quotidiana. Nelle tele degli artisti macchiaioli ricorrono molto spesso i paesaggi rurali della campagna toscana, abitati da contadini intenti a lavorare i campi oppure nei momenti di riposo.

    Giovanni Fattori, Buoi al carro, (1870) Telemaco Signorini, Pascolo a Pietramala, (1835-1901)

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    Il sistema di rappresentazione del paesaggio dei macchiaioli riuscì a superare il tradizionale vedutismo settecentesco. Infatti, mentre l’immaginario collettivo della pittura di paesaggio ottocentesca fu influenzata dalla profonda ammirazione che i tanti turisti e stranieri del Grand Tour espressero non soltanto nelle bellezze artistiche, ma anche in quelle naturalistiche della città di Firenze, gli artisti macchiaioli ebbero il coraggio di di volgere il loro sguardo verso le modeste e dimenticate periferie, verso i viottoli e le casette, verso i campi assolati.

    Silvestro Lega: L'ombra della casa (1872) Telemaco Signorini, Una via di Ravenna, (1876)

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    Oltre ai paesaggi, sono frequenti i ritratti. Sebbene la tecnica della pittura a macchia sembri la meno adatta a questo genere, che fu da sempre basato su un gioco di dettagliata descrizione, i pittori toscani vi ricorsero spesso. I “ritratti macchiaioli” partirono dalla ricerca del vero, perdendo i caratteri di solennità che da sempre caratterizzavano la ritrattistica passata. I personaggi ritratti sono di diversa estrazione sociale, dalla bellezza scomposta delle contadine e delle popolane, alle signore borghesi, fino alle personalità altolocate. La novità maggiore consiste nello staccare le figure da sfondi neutri e convenzionali, calandole in una cornice ambientale, all’interno della quale è possibile riconoscere gli aspetti della quotidianità.

    Silvestro Lega. Ritratto di contadina (1890)

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    Silvestro Lega. Ritratto di Giulia Bandini (1887)Giovanni Fattori, Ritratto della figliastra (1889)

  • I Macchiaioli

    Un’ulteriore tematica si sviluppò soprattutto nelle fasi iniziali del movimento. Molti artisti che aderirono alla corrente artistica dei Macchiaioli si trovarono coinvolti nel conflitto bellico, il quale segnerà un momento fondamentale per il loro percorso ideologico, culturale ed artistico. Sono numerose le scene che ritraggono i campi di battaglia dell’Italia risorgimentale, le quali vengono sviluppate in maniera originale da ciascun artista soprattutto dal punto di vista dei soggetti e della composizione, in quanto, trovandoci negli anni della nascita della corrente le caratteristiche tecniche e stilistiche non erano ancora del tutto codificate.

    Giovanni Fattori, Campo italiano alla battaglia di Magenta 1862Silvestro Lega, Prigionieri di guerra 1861

  • Giovanni Fattori

    Considerato il maggior esponente dei Macchiaioli, Giovanni Fattori (1825-1908), livornese di nascita, iniziò la sua formazione a Firenze presso i pittori Bandini e Giuseppe Bezzuoli. I suoi primi quadri hanno soggetti storici nella più pura tradizione romantica. Entrato in contatto con il gruppo del Caffè Michelangelo, semplificò sempre più la sua pittura per giungere a quell’effetto di macchia che caratterizza il gruppo. Partecipò anch’egli alle battaglie unitarie e tra il 1859 e il 1862 realizzò il suo primo quadro di soggetto risorgimentale: «Il campo italiano dopo la battaglia di Magenta».Da questo momento in poi, Fattori realizzò numerosi quadri di soggetto militare. In essi sono raffigurate battaglie o, a volte, solo dei soldati che segnano con la loro presenza i paesaggi italiani. Oltre ai soggetti militari, tipica della produzione di Fattori sono anche i paesaggi. La maremma toscana, di cui lui era originario, divenne uno dei soggetti preferiti, raffigurata in quadri dal taglio orizzontale molto accentuato.

  • Giovanni Fattori

    Nel 1859 Bettino Ricasoli, capo del governo italiano, indisse un concorso per rappresentare le battaglie fondamentali del Risorgimento: Curtatone, Palestro, San Martino e Magenta. Fattori decise di concorrere con un quadro sulla battaglia di Magenta e presentò alla Commissione giudicatrice due bozzetti. La commissione premiò Fattori con il primo premio e scelse il bozzetto dell’opera che poi Fattori realizzò.

  • Giovanni Fattori

    In questo quadro non è il momento della battaglia a fungere da protagonista, bensì il momento più umano quando i feriti vengono riportati nelle retrovie per essere assistiti dalle crocerossine. Per questo motivo il quadro ha una portata culturale notevole: non è l’idealistica esaltazione dei valori eroici ad essere rappresentati bensì la cruda realtà di una battaglia fatta soprattutto di morti e feriti. Da notare che il quadro non ha ancora lo stile della "macchia", ma si articola secondo un linguaggio ancora accademico fatto di disegno e chiaroscuro.

    Il campo italiano alla battaglia di Magenta, 1862

  • Giovanni Fattori

  • Giovanni Fattori

    La rotonda di Palmieri (1866) è forse il più piccolo capolavoro dell’Ottocento italiano: il quarantunenne Giovanni Fattori, capoguida dei macchiaioli, lo dipinse con i colori a olio su una tavoletta orizzontale lunga pochi centimetri, e in quei pochi centimetri riuscì a condensare l’ariosa luminosità dei Bagni Palmieri sul lungomare di Livorno (la costa tanto amata dal gruppo dei macchiaioli), e ben sette figure femminili all’ombra del tipico tendone da mare. Le donne si trovano sul pontile di uno stabilimento balneare sedute sotto un grande dehor coperto da un tendone. Alcune di esse conversano, altre osservano il paesaggio.

  • Giovanni Fattori

    La sua pennellata, tipicamente macchiaiola, è fatta di larghe, piatte stesure di colori puri, non mischiati fra loro. Le figure umane, poi, non possiedono particolari del volto e del corpo.Non si creda però che l’opera sia stata dipinta direttamente dal vero. La lunga

    elaborazione del quadro è testimoniata da numerosi studi e schizzi per studiare i rapporti fra le varie figure, e fra le figure e il paesaggio mirabilmente sintetizzato da una striscia piatta di mare blu e il profilo della costa livornese.

  • Giovanni Fattori

    La tonalità che sembra diffondersi su tutto il piccolo dipinto La Rotonda dei bagni Palmieri di Giovanni Fattori è ocra. Infatti, due fasce di questo colore caratterizzano il suolo e, in alto, il tendone. Al centro, nel gruppo di signore, predominano colori scuri. Spicca, per saturazione, il rosso del mantello di una di loro, sulla destra. Sullo sfondo spicca il blu del mare e il marrone intenso dei promontori.

  • Giovanni FattoriIn vedetta (1868-70) è di una semplicità unica. Tre soldati a cavallo, in uno spazio vuoto, riempito solo da un muro bianco visto in prospettiva trasversale. Il primo soldato, su un cavallo bianco, è in primo piano ma decentrato sulla destra. Si staglia contro il muro bianco e su di esso proietta un’ombra scura. Gli altri due soldati sono alla estremità più lontana del muro e cavalcano un cavallo bianco e uno nero. La pianura, anch’essa bianca perché assolata, si conclude in una linea di orizzonte basso che apre ad un cielo di un azzurro polarizzato: unica nota di colore in un quadro che sembra realizzato in bianco e nero.

  • Giovanni Fattori

    La magia di questo quadro sta in una sensazione di tempo rallentato che sembra già preannunciare la dimensione onirica della pittura metafisica. I soldati sono fermi, in vedetta, in uno spazio talmente vuoto che non si riesce ad immaginarvi alcun nemico, né presente né futuro. Sono potenzialmente fermi in un’attesa eterna, come i soldati della fortezza sita nel «Deserto dei Tartari» di Dino Buzzati.

  • Giovanni Fattori

    La tecnica è ovviamente tipica dei macchiaioli, qui portata alle estreme conseguenze in quanto le macchie sono alla estremità cromatica: il bianco ed il nero, con pochi e rarefatti toni intermedi. Questa semplificazione cromatica accentua la luminosità della scena dandole un carattere di verità molto netto ed evidente.

  • Giovanni Fattori

    Dopo un momento difficile per Fattori dovuto alla morte della sua prima moglie per tubercolosi, nel 1867 Diego Martelli, ideologo del gruppo dei Macchiaioli, legato con una profonda amicizia a Fattori dai tempi del Caffè Michelangelo, lo invita nella sua tenuta a Castiglioncello, nella Maremma, dove ospitava altri artisti.Qui Fattori ritrova la propria quiete, e inizia per lui un periodo fiorente.La Maremma lo influenza profondamente per i suoi paesaggi selvaggi, nei quali Fattori percepisce la forza indomabile della natura.

  • Giovanni Fattori

    Il dipinto Bovi al carro, realizzato intorno al 1867, risale agli anni di Castiglioncello, dove Fattori soggiornava dall'amico Diego Martelli.Il tema del quadro è caro a Fattori: il paesaggio della Maremma e la vita nei campi.La tela, rettangolare, sviluppata maggiormente in larghezza, enfatizza la profondità prospettica, effetto rimarcato anche dalla strada che attraversa diagonalmente il dipinto.

  • Giovanni Fattori

    Il paesaggio e le figure, l'uno occupante la parte sinistra, le altre la parte destra della tela, si controbilanciano creando un perfetto equilibrio compositivo.Il carro trainato da due buoi bianchi e il contadino sono un tutt'uno con la natura maremmana, sono parte della natura.

  • Giovanni Fattori

    L'orizzonte, che occupa la metà superiore della tela, è realizzato con campiture di colore sovrapposte in fasce.L'alternanza di chiari e di scuri forma la struttura del quadro.

  • Giovanni Fattori

  • Giovanni Fattori

    Secondo Fattori la natura è una vivente energia, e uomini e animali sono manifestazioni erompenti di questa energia.Si parla di verismo sociale, evidenziando l'attenzione particolare che Fattori riserva ai butteri della Maremma.

    Insieme ad una profonda riconsiderazione dell'uomo, Fattori recupera l'interesse per il ritratto. A questo periodo risalgono i suoi ritratti migliori, nei quali ama raffigurare la seconda moglie, sposata nel 1891, e la figliastra, verso le quali provava un attaccamento profondo.

  • Giovanni Fattori

    Ritratto della figliastra (1889)

  • Giovanni Fattori

    Ritratto della seconda moglie 1889 Ritratto della terza moglie 1905Ritratto della prima moglie 1864

  • Silvestro Lega

    Silvestro Lega (1826-1895) nacque a Modigliana, in Toscana, da una famiglia di ricca estrazione, ma ormai in decadenza economica. Nonostante i suoi costanti problemi di carattere economico Lega restò sempre un aristocratico, rivoluzionario ma calibrato e spesso in solitudine.Dopo un primo indirizzamento allo studio presso il seminario dei padri scolopi, molto giovane si recò a Firenze dove si iscrisse all’Accademia di Belle Arti. Esordì con soggetti sacri di un formalismo rigoroso e partecipò al Concorso Ricasoli, nel 1859, dove ottenne un premio di consolazione per un dipinto di soggetto risorgimentale (La battaglia di Varese). Proprio lavorando ai soggetti risorgimentali sviluppò ricerche sul colore e la resa atmosferica che lo portarono più tardi ad aderire al gruppo dei Macchiaioli.

  • Silvestro Lega

    La battaglia di Varese (Ritorno di bersaglieri italiani da una ricognizione) 1861

  • Silvestro Lega

    Fu un uomo di grandi ideali, molto spesso scelti da lui più con il cuore che con la ragione. Ateo, anti-papista e antifrancese, ammiratore di Mazzini. Dal punto di vista artistico si affiancò molto presto ai principi del realismo macchiaiolo, ai quali però si convertì più tardi ma senza mancare di grande entusiasmo.Gli anni più belli e sereni per l’artista furono quelli di poco successivi al suo ingresso nel gruppo dei Macchiaioli, detti della Piagentina, zona alla periferia di Firenze dove visse tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo, e dove fu anche coinvolto da un amore silenzioso nei confronti di Virginia, figlia dell’amico Batelli, la cui morte, unita al mancato successo come pittore, lo gettarono nel più profondo sconforto. Inoltre, una malattia agli occhi rischiò di pregiudicarne l’attività artistica, che pure egli continuò tenacemente.

    Con la sua adesione al gruppo dei Macchiaioli cambiarono i suoi soggetti, che si fecero più semplici, episodi di vita quotidiana, a cui però seppe sempre infondere un tono di solennità.

  • Silvestro Lega

    Il canto dello stornello (1867) è un'opera ambientata in una stanza di casa Batelli, in un pomeriggio d'estate. I personaggi rappresentati sono Virginia Batelli, insegnante di musica, che sta suonando al pianoforte e le sorelle Maria e Isolina che sono rappresentate dietro di lei. In primo piano emergono le figure delle donne, viste di profilo, il pianoforte, la tenda legata e la finestra, che lascia entrare la luce nella stanza.

    Le figure sono caratterizzate da vesti molto morbide e decorate, ricche di dettagli: la volumetria che assumono, grazie alla luce proveniente dall'esterno, mette in evidenza le tonalità uniformi del colore che vengono utilizzate. C'è contrasto tra chiaro e scuro poiché non tutta la stanza è illuminata dalla limpida luce che entra dalla finestra.

  • Silvestro Lega

    Lega pone la scena in controluce di fronte ad una finestra aperta. Da quella finestra entra non solo luce ma anche il respiro profondo di un’atmosfera pulita che sa di campi coltivati e colline lontani, sensazione che mai prima un quadro aveva trasmesso con tanta intensità.

  • Silvestro Lega

    Nella tela Curiosità del 1870 è ancora più chiaro l’interesse di Lega per il controluce. Una ragazza è colta nel momento in cui, curiosa, spia dalle stecche di una persiana chiusa

  • Silvestro Lega

    Un dopo pranzo, noto anche come Il pergolato (1868), presenta una scena ambientata in campagna, in cui si vedono quattro figure femminili che stanno sedute sotto un pergolato; ne è presente una quinta, più in primo piano rispetto alle altre, che porta una caffettiera su un vassoio. E' un tipico esempio di vita quotidiana a cui Lega si dedica in questo periodo.Nello sfondo si estende una rigogliosa natura nel momento più fiorente dell'anno, l'estate.

  • Silvestro Lega

    Il dipinto è stato eseguito all'aria aperta e la tecnica utilizzata qui da Lega è quella dei Macchiaioli; il colore, grazie alla ricchezza delle sue tonalità, rende la vegetazione concreta e le forme definite e naturalistiche. C'è grande contrasto tra luce ed ombra, soprattutto nel pavimento, dove Lega suggerisce il senso di profondità con le ombre in prospettiva. Le forme sono costruite direttamente dal colore in assenza di linea di contorno.

  • Silvestro LegaLa visita(1868) è un piccolo quadro che nella sua piccola dimensione riesce a sfruttare al meglio la sintetica stesura della "macchia". Immagine di semplice ed efficace comunicatività, rappresenta uno di quei momenti di socialità piccolo borghese comune a tanti piccoli centri dell’Italia post-unitaria. Anche qui Lega riesce a cogliere momenti di semplicità quotidiana che rimandano ad una dimensione malinconica della memoria.

  • Silvestro LegaIn primo piano vediamo due giovani donne che si baciano mentre una terza è pronta all'abbraccio (Virgina Batelli) e una quarta in lontananza (probabilmente la madre delle due ragazze in visita) sembra avanzare verso il terzetto. Come sfondo c'è una villa di campagna, alberi spogli e cielo nebbioso, un contesto autunnale che quasi vuole essere un contrasto con la porta verde socchiusa a indicare il tepore familiare all’interno.

  • Silvestro Lega

    Gli ultimi anni della sua vita furono per lui i più terribili, sentimentalmente solo e con costanti problemi economici, visse in miseria e purtroppo conobbe il successo di pubblico e il riconcimento della critica soltanto postumi.Morirà solo, nell’ospedale di San Giovanni in Dio nel 1895, in seguito ad una gravissima malattia allo stomaco.

  • Telemaco Signorini

    Telemaco Signorini (1835-1901) fu uno dei protagonisti di spicco della corrente macchiaiola, forse il più colto e certamente uno dei più polemici, oltre ad essere un artista di grande qualità fu anche un ottimo scrittore.All’interno delle sue opere ritroviamo la sua inquietudine, la continua voglia di conoscere e rinnovarsi, caratteristica della sua personalità.

    Nel suo operato si possono distinguere due fasi principali, la prima delle quali lo vede tra i sostenitori più accesi della “macchia”. Nella seconda è invece possibile cogliere un addolcimento dei colori, forse frutto dei suoi contatti con gli artisti di Parigi e Londra.

    Figlio di un famoso vedutista della Firenze granducale, Giovanni Signorini, in gioventù frequentò l’Accademia, ma solo la scuola libera del nudo.

    Nutrì fin dall’inizio sentimenti patriottici e partecipò ad alcune campagne garibaldine.

  • Telemaco Signorini

    Oltre che un attento osservatore del mondo dell’arte e della natura riconosciuto in Italia e in Europa, fu anche un fine intellettuale sensibile alle tematiche sociali. Accanto ai temi paesistici, infatti, fu tra i primi a trattare argomenti sociali sgraditi alla critica realizzando opere come Bagno penale a Portoferraio e Sala delle agitate al S. Bonifazio di Firenze incentrate sul dramma della reclusione umana.

  • Telemaco Signorini

    Bagno penale a Portoferraio 1888-94

    Le autorità del neonato Regno d’Italia visitano la colonia penale di Portoferraio. Gli uomini, in catene, hanno un’espressione compassata e abbattuta, mentre i due funzionari, scortati dagli agenti di polizia, avanzano nel corridoio. Signorini ha disposto i detenuti in due file parallele, alcuni di loro guardano curiosi e, forse, preoccupati, verso i funzionari che passano in rassegna le due file.

    L’ambiente è umido, rovinato e spoglio e le pareti sono prive di intonaco. Al fondo del lungo corridoio si apre una finestra con sbarre verticali tra le quali filtra una luce bianca che illumina debolmente l’interno. Il pavimento è lastricato di mattonelle rettangolari disposte a formare un disegno regolare.

  • Telemaco Signorini

    La sala delle agitate 1865

    L’artista riflette sul tema della follia, emerge la problematica sociale dei manicomi e dei sofferenti di disturbi mentali. L’ambiente è spoglio con sbarre alle porte e alle finestre. La luce proviene da una finestra fuori campo che illumina le pareti.La solitudine è ben evidenziata, una internata alza i pugni, le altre sono chiuse nei loro mantelli per difesa e protezione.

  • Telemaco SignoriniL’Alzaia è ambientato in Toscana, sulle rive dell’Arno, nei pressi del parco delle Cascine, alle porte di Firenze. A descrivere il soggetto è lo stesso Signorini, in una lettera inviata nel 1892 al presidente dell’Accademia di Belle Arti di Firenze “nel 1864 feci un quadro dei miei più grandi con molte figure quasi al vero che tiravano una barca contro la corrente dell’Arno, L’Alzaia. Più tardi nel 1873, esposto alla Esposizione internazionale di Vienna, mi fruttò la medaglia”. Protagonisti del dipinto sono cinque personaggi dalla pelle abbronzata, vestiti di abiti logori, piegati dalla fatica: sono cinque alzaioli, ovvero addetti all’alzaia. Questo termine designava la fune necessaria per l’alaggio, l’uso di trascinare a spalla, dalla riva, le imbarcazioni che risalivano le acque di un fiume. Era un lavoro estremamente faticoso, al limite del disumano, dal momento che gli uomini chiamati a praticarlo quasi perdevano la loro dignità, diventando come animali da soma, stremati dagli sforzi compiuti.

  • Telemaco Signorini

    Nei tre dipinti con tema in comune La piazza di Settignano nelle varie ore del giorno, Signorini rappresenta il suo paese natale, un piccolo borgo tra le colline toscane. E’ chiara la sua adesione alla corrente macchiaiola, le macchie suggeriscono spazi e campiture ma senza definirli completamente.

    Piazzetta a Settignano, 1881

  • Telemaco Signorini

    Piazzetta a Settignano in un giorno di pioggia, 1881

  • Telemaco Signorini

    Nel dipinto Sul colle a Settignano del 1885, Signorini usa il tema del paesaggio come pretesto per rappresentare un frammento di vita quotidiana. Lo sfondo naturalistico, con le colline e un paesino di campagna, fa da cornice al ritratto di Fanny. La ragazzina seduta sul muretto, è infatti la figlia adottiva del pittore, rappresentata in molti suoi quadri. La ragazza ci viene mostrata mentre lavora all'uncinetto tutta concentrata sui movimenti delle sue mani.

  • Telemaco Signorini

    Vestita interamente di bianco, contrasta con la carnagione, i capelli più scuri, e con gli altri colori intorno. La scena è serena, trasmette un senso di calma e staticità, anche i colori chiari contribuiscono ad aumentare questa sensazione. Le pennellate si differenziano, le macchie costruiscono ogni elemento dello sfondo, la collina, il paesino, gli arbusti dietro la ragazza e il muretto di pietra. Nonostante l'assenza di definizione dei singoli dettagli, si colgono con chiarezza i caratteri degli elementi dipinti: Il senso della prospettiva e di lontanza del paesaggio, il fitto groviglio dei viticci in secondo piano, la ruvidezza del muretto sbrecciato. Si avverte anche la presenza fisica di Fanny, dipinta con pennellate più piccole, fitte e precise, perchèsi trova più vicina allo spettatore e quindi è più definita.

  • Telemaco Signorini

    La toilette del mattino (1898) è ambientato in una casa di tolleranza, raffigura un gruppo di ragazze con alcuni frequentatori del locale poco dopo il risveglio. Signorini non aveva mai dipinto una tela così grande; è significativo che l'abbia fatto per un soggetto decisamente 'innominabile' per quegli anni. L'artista, certo dello scandalo che avrebbe provocato, non osò mai inviare il quadro a un'esposizione e lo tenne nascosto nel suo studio. Eppure proprio questa divenne, poco dopo la sua morte, una delle sue opere più celebri.

  • Telemaco Signorini

    Dei personaggi, che scandiscono in tre gruppi separati la griglia prospettica del pavimento, Signorini coglie il carattere, esaltandone la disinvoltura e la gestualità confidenziale con il fascino dei colori e gli effetti della luce. Il punto di vista molto basso rende l’osservatore partecipe alla scena, quasi sembra si essere sdraiati o semisdraiati , in una sensazione di grande intimità.