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CORSO DI TECNOLOGIA DELLO

 STRUMENTO

 I LIUTAI NAPOLETANI

 DEL 1800

 ALUNNO  Enrico Damiano Vallone

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CENNI STORICI

I più recenti studi organologici hanno finalmente messo un po’ d’ordine riguardo leantiche origini degli strumenti moderni. Per quanto riguarda la chitarra, si puòaffermare con certezza che lo strumento è di derivazione medio-orientale. Gli studiosievidenziano che nelle antiche lingue locali e nel sanscrito, la parola "Tar" significainvariabilmente "corda" e da qui il "Do-Tar" ed il "Se-Tar" indicano strumenti,rispettivamente a due e a tre corde (esemplari del primo sono ancora usati nelTurkestan). Esiste inoltre un significativo bassorilievo in pietra risalente al XIIIsecolo a. C., denominato "La chitarra ittita", che raffigura appunto un ittita nell'atto disuonare uno strumento le cui caratteristiche morfologiche (eccetto le dimensioni

notevolmente ridotte) sono simili alla chitarra moderna. in questo importante repertoarcheologico è rappresentato infatti uno strumento a corde pizzicate, a forma di otto,con manico tastato e con una cassa armonica dal fondo piatto. Con la penetrazionedei costumi (la cultura musicale islamica fu notevolmente influenzata nel Medioevoda quella persiana) è facile seguire l'introduzione in Europa dello strumento al seguitodegli arabi e ritrovarlo rappresentato immutato a distanza di secoli nelle "Cantigas deSancta Maria" (1270 d. C.). E' valsa la pena puntualizzare le caratteristiche originariedella chitarra per capire quali modificazioni essa abbia poi subito nel corso della sualunga storia. Brevemente, i liutai hanno apportato delle migliorie alla chitarra quasi

esclusivamente lungo due direttrici: 1) l'accrescimento dell'esiguo volume sonoro; 2)l'estensione della gamma dei suoni eseguibili al registro grave con l'aggiunta di corde.Per il primo punto, si è lavorato instancabilmente maggiorando in modo apprezzabilele dimensioni della cassa armonica. Per quanto riguarda il secondo punto,l'evoluzione dello strumento è avvenuta schematicamente attraverso le tappe riportatequi di seguito. La chitarra rinascimentale era armata di quattro "cori" (corde di

 budello appaiate ed accordate all'unisono ed all'ottava). Nella seconda parte del sec.XVI vi si aggiunse il quinto coro al grave. La chitarra così descritta da JuanBermudo, si qualificherà come "chitarra spagnola" e rimarrà in auge fino allo

spegnersi del Settecento. Di fattura raffinata, con notevoli decorazioni propriedell'epoca barocca, la chitarra incontrò persino il favore di principi e di re, tant'è veroche presso la corte di Luigi XIV v'era regolarmente stipendiato un maestro dichitarra. Sul finire del sec. XVIII, lo strumento abbandonò i raddoppi delle corde maacquistò una sesta corda al grave. In Italia le chitarre a sei corde arrivarono intornoallo stesso periodo. L’evoluzione fu diversa, in quanto le dimensioni rimasero ridotte,ma forse la prima chitarra italiana, prodotta nel 1764 da Antonio Vinaccia, presentavaquasi tutte le caratteristiche della chitarra moderna. I liutai napoletani iniziarono adistribuire e far espandere l’uso di questa chitarra grazie all’appoggiodei Fabricatore. Subito dopo, in Spagna si vide il crescere uso dello strumento,soprattutto a Malaga e Siviglia. In Francia, invece, la chitarra a 6 corde arrivò intornoal 1820, con un fiorente utilizzo dello strumento grazie al liutaio  Ren!  François

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 Lacôte molto apprezzato da famosi chitarristi del suo tempo come Fernando

Sor  e Ferdinando Carulli.

Lo strumento subì un'ulteriore maggiorazione della cassa armonica, nonché un

innalzamento della tastiera rispetto al piano armonico, ad opera del liutaio AntonioTorres, nella seconda metà del sec. XIX. Ma ancor oggi non si è esaurita l'affannosaricerca di un maggior volume sonoro, compensata in parte dall'uso sempre piùfrequente di impianti di amplificazione nelle grandi sale da concerto.

LIUTAI NAPOLETANI

La scuola Napoletana eccelle da oltre 350 anni (prima metà del 1600) nellacostruzione di eccellenti e ricercati strumenti a plettro o a pizzico come liuti,mandole, mandolini, mandoloncelli, chitarre, lire, tiorbe, violini, viole, celli etc. .

 Napoli era inoltre nel ‘700 un grandissimo centro di fabbricazione di corde diminugia così come è stato testimoniato da Paganini e fu sempre a Napoli nel ‘900 chefurono fabbricate le prime corde in acciaio ad opera di Vincenzo Gagliano. Furonoquindi oltre 150 i liutai della scuola Napoletana e mentre molti liutai di altre scuole sison rifatti ai grandi maestri del '700 copiando con estrema precisione e fedeltà i lorostrumenti, i liutai napoletani, nessuno escluso, sono stati sempre capaci di introdurrenei loro modelli uno o più elementi personali ed originali I liutai napoletani, anche se

meno raffinati nell'esecuzione, hanno comunque sempre interpretato, più che copiato.Ed è per questo che vengono spesso trascurati o addirittura ignorati dai così detti"puristi" che valutano la rispondenza ai canoni costruttivi classici ritenuti piùimportanti dello stesso suono prodotto dallo strumento. Per comprendere a pieno la

 produzione liutaria napoletana, è indispensabile inquadrarla nel tessuto socio-economico in cui i liutai hanno operato. Gli autori napoletani sono stati infatti spessoaccusati di aver usato materiali scadenti per la costruzione dei loro strumenti che necondizionavano la precisione del lavoro e la bellezza finale. Questo è in molti casieffettivamente vero e deriva dal fatto che Napoli, come "città del Sud" è sempre stata

una città povera, così come poveri sono stati tutti i liutai di cui parliamo. Diconseguenza, la loro produzione raramente era diretta a qualche strumentista di gridoo ai pochi ricchi. La maggior richiesta era pertanto di strumenti economici. E quandoi liutai non riuscivano a vendere in città gli strumenti prodotti, si recavano al portoove molti di essi avevano un permesso per salire sulle navi in sosta per vendere glistrumenti ai crocieristi stranieri o agli emigranti che poi li rivendevano al loro arrivocon un certo guadagno. Questa è forse la spiegazione più logica della massiccia

 presenza di strumenti napoletani in Europa ed in U.S.A.I liutai napoletani, non avendo la possibilità di acquistare legni e materiali pregiati, si

adattavano ad usare una "tavola per il letto" o il pezzo di acero nostrano per costruireun fondo, l'abete della Sila per il coperchio, la tavoletta per le controfasce venivaspesso ricavata dalla "cassetta del pesce", o tavole appena sufficienti per un violino di

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 piccola misura erano trasformate in piano di "cello" fatto in vari pezzi giuntati (ad es.un cello di G.B. Fabbricatore fu costruito con tavola in 5 pezzi e fondo in 3 pezzigiuntati). Ma, come dice il Marino, che rimane il massimo esperto di liuteria ad arconapoletana, "quale meraviglia usciva dalle loro mani allor quando, con il classico

colpo di genio scolpivano una testina, rintagliavano una "effe", o verniciavano unostrumento".

Gagliano (famiglia) 

I Gagliano sono stati una famiglia di liutai napoletani.È stata una famiglia di liutai particolarmente prolifici, che hanno realizzato moltiviolini, diversi violoncelli ed alcune viole. I loro strumenti erano costruitigeneralmente su modelli Stradivari ed usavano una vernice fra loro simile, a parte

quelli prodotti da Alessandro. La vernice dei Gagliano ha un colore arancio dorato,talvolta macchiata. Gli strumenti dei Gagliano erano ottimi sotto tutti i punti di vista emolto apprezzati dagli esecutori.

Membri

Alessandro Gagliano (fl. 1700 ca. - 1735 ca.)

È stato allievo di Nicola Amati e Antonio Stradivari. Tornato a Napoli dopo unsoggiorno a Cremona, è stato il capostipite della scuola di liuteria napoletana, padredi Nicola I e di Gennaro. Pochi esemplari di suoi violini sono sopravvissuti in buonecondizioni, così come alcune viole, contrabbassi e pochi (ma particolarmente buoni)violoncelli.I suoi violini sono differenti sotto tutti i punti di vista rispetto a quelli costruiti daisuoi discendenti, soprattutto per quanto riguarda la vernice, che nei suoi strumenti èad olio, di colore rosso vivo. Ha realizzato violini di almeno tre misure diverse, dellequali una piccola ed una particolarmente grande e dal diapason elevato. Ladimensione delle effe varia notevolmente[1].

Nicola Gagliano I (fl. 1740 ca. - 1780 ca.)

Primogenito di Alessandro Gagliano, ha costruito numerosi violini e violoncelli diottima qualità nel corso della sua lunga carriera, taluni in collaborazione con il figlioGiuseppe, i quali sono stati talvolta oggetto di imitazione oppure confusi construmenti di Stradivari. La sua produzione si concentra tra il 1750 ed il 1770. I suoistrumenti sono notevolmente ispirati agli Stradivari e sono di qualità generalmentemolto alta, anche se alcuni presentano misure eccessive. Nicola e Gennaro hannointrodotto il modello di violoncello che è stato poi ripreso da molti liutai napoletani

successivi. È stato padre di Ferdinando, Giuseppe, Antonio e Giovanni.

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Gennaro [Januarius] Gagliano (fl. 1740 ca. - 1780 ca.)

Secondogenito di Alessandro Gagliano, Gennaro ha costruito diversi strumenti diottima fattura, tanto da essere spesso considerato il miglior liutaio della famiglia[1]. Il

suo stile era molto vicino a quello della scuola cremonese, notevolmente influenzatoda Stradivari ma anche da Amati.Ferdinando Gagliano (fl. 1770 ca. - 1795 ca.)

Primogenito di Nicola Gagliano I, ha realizzato diversi strumenti di ottima qualità,anche se spesso anonimi. Alcuni strumenti con la sua etichetta sono stati identificaticome opera del padre o del fratello. Si presume abbia studiato soprattutto dallo zioGennaro ed i suoi strumenti ricordano molto quelli di quest'ultimo. La sua vernice èdi buona qualità, ma inferiore rispetto a quella del padre o dello zio. Ha collaborato inuna certa misura con i suoi tre fratelli.

Giuseppe [Joseph] Gagliano (fl. 1770 ca. – 1800 ca.)

Fratello di Ferdinando, è stato allievo di suo padre Nicola e ha prodotto strumenti dieccellente qualità, che però è andata scemando con il passare degli anni. Glistrumenti costruiti in collaborazione con il fratello Antonio sono inferiori rispetto allasua produzione precedente.

Antonio Gagliano I (fl. 1780 ca. – 1800 ca.)

Anch'egli figlio di Nicola, stando alle etichette originali i suoi strumenti sono stati

spesso costruiti in collaborazione con il fratello Giuseppe, rispetto al quale la sua produzione è però di qualità inferiore.

Giovanni [Joannes] Gagliano (fl. 1785 ca. – 1815 ca.)

Figlio di Nicola, ha iniziato a lavorare in collaborazione con i fratelli Giuseppe edAntonio, rendendosi poi indipendente verso il 1800. Anche la sua produzione sidistingue nettamente da quella dei fratelli, in particolare per le caratteristiche delleeffe e del cavigliere. È stato padre di Nicola II, Raffaele e Antonio.

Nicola Gagliano II (fl. 1800 ca. – 1825 ca.)

Figlio di Giovanni, ha prodotto buoni strumenti, che però sono spesso difficili dadistinguere e da attribuire correttamente.

Raffaele Gagliano (1790-1857)

Figlio di Giovanni, ha costruito diversi violini e violoncelli, spesso dal fondo nonrifinito. Usava la stessa vernice della famiglia, ma la qualità dei suoi strumenti èinferiore rispetto a quella dei suoi predecessori.

Antonio Gagliano II (1794-1860)

Figlio di Giovanni, anche per lui valgono le stesse considerazioni riferite al fratelloRaffaele.

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 FABRICATORE

Gennaro I e II, della famiglia Fabricatore, furono attivi a Napoli nella primametà dell’Ottocento. Difficile ascrivere questo strumento al padre (ca. 1770 - ca.

1844) piuttosto che al figlio (1800-1853). La famiglia Fabricatore, assiemealla famiglia Vinaccia fu una delle due dinastie liutarie napoletane piùimportanti. La loro produzione comprese diverse tipologie di strumenti(anche strumenti ad arco) tra cui spicca la produzione di mandolini. Quelloche oggi indichiamo con il termine mandolino napoletano è la tipologia di

strumento che venne sviluppato alla metà del Settecento a Napoli, dalle duefamiglie (guscio piriforme, quattro ordini doppi di corde, accordati per quinte Sol 2 ,

Re3 , La3 , Mi 4 , ponticello mobile, corde fissate alla controfascia esterna). Elementicomuni delle due famiglie furono il protrarre nel tempo l’attività (dalla metà delSettecento fino agli inizi del Novecento per i Vinaccia e dalla metà del Settecentofino alla seconda metà dell’Ottocento i Fabricatore) ed essere non solo liutai, maottimi commercianti. Alla produzione di strumenti nelle loro botteghe si aggiungevala commercializzazione di quelli fatti costruire all’esterno o addirittura compratioltreconfine, particolare in grado si spiegare le molteplici varietà stilistiche che oggiritroviamo. Fabricatore fu dunque un marchio, di proprietà della famiglia, checommercializzava strumenti apponendo la propria etichetta all’interno. Della famiglia

Fabricatore notevolissima fu la produzione di chitarre, di cui oggi possediamonumerosi esemplari sopravvissuti, ad opera in particolare di Giovan Battista eGennaro I e II. È interessante rilevare come la produzione nel corso degli anni si siaevoluta, senza rimanere fedele ai modelli primigeni di Giovan Battista. Abbiamo cosìla possibilità di osservare quale sia stato il percorso costruttivo e tecnologico nelcorso di circa un secolo. Andando oltre il semplice variare delle forme e delledimensioni, gli strumenti rimasti ci permettono di trarre con una certa sicurezzainformazioni importanti sul processo costruttivo seguito, le committenze avute el’organizzazione commerciale.Importante dato desumibile dall’osservazione degli strumenti è appunto quelloriguardante le diverse tipologie delle committenze, che possono essere divise in duecategorie principali: strumenti destinati ai nobili dilettanti, ovvero strumentiriccamente decorati, e altri destinati a una clientela con minor potere d’acquisto. Èinteressante rilevare come (anche per quanto riguarda altre famiglie napoletane),

 perfino negli strumenti di più modesta fattura, le decorazioni siano sempre presenti.L’esecuzione di queste è spesso non particolarmente attenta, è visibile una certamancanza di precisione e di raffinatezza tipica degli strumenti migliori. È darimarcare la rarità degli strumenti che manchino totalmente di decorazioni. Glistrumenti di scuola napoletana le mantengono in ogni caso, quasi fossero

imprescindibili dall’oggetto-chitarra (al contrario di quanto succedeva in Piemonte eFrancia); come in Spagna nelle zone di Cadice e Siviglia, anche a Napoli sicontinuerà a costruire strumenti “arcaici”, ovvero in forte ritardo tecnologico se

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confrontati con altre realtà europee. In molti strumenti è l’osservazione ravvicinatache ci permette di cogliere i particolari decorativi e la loro esecuzione: questistrumenti erano concepiti per essere armoniosi e gradevoli nel loro insieme, eraimportante l’impatto visivo.

LA CHITARRA IN ITALIA NELLA PRIMA METÀ DELL'OTTOCENTOGENNARO FABRICATORE, Napoli 1809 (Appartenuta a Mauro Giuliani)GENNARO FABRICATORE, Napoli 1816 (Appartenuta a M. Cristina di Borbone

 Napoli)

GENNARO FABRICATORE, Napoli 1826 (Appartenuta a Niccolò Paganini)GENNARO FABRICATORE, Napoli 1830LUIGI FILANO, Napoli 1819LUIGI FILANO, Napoli 1831

Gennaro Fabricatore, Napoli 1830

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I Vinaccia

I membri pù importanti della famiglia Vinaccia sono Gennaro ( attivoTra il 1755 e il 1784 ) e i suoi figli Antonio, Vincenzo ( attivo tra il 1767e il 1802 ) e Giovanni ( attivo Tra il 1767 e il 1777). Da GaetanoVinaccia (attivo tra il 1779 e il 1821), figlio di Antonio, discendePasquale( 1806-85), che costruì i primi mandolini montati con corde diacciaio e meccaniche.

Chitarra Pasquale Vinaccia – 1828 

Pasquale Vinaccia è forse il liutaio di strumenti a pizzico più rilevante del XIX sec erappresenta il rinnovarsi della più importante famiglia di liutai di Napoli. Questachitarra , costruita nello stile napoletano, è simile come modello e metodo dicostruzione alle Fabricatore: i due laboratori erano infatti in contatto e in buonirapporti. La personalità del grande Maestro traspare nei particolari come i ricchidisegni floreali dei baffi ai lati del ponte, le ricche filettature e i nuovi piroli semi-meccanici. Lo strumento è stato costruito nella prima parte della sua carriera ed èmolto raro. La tavola armonica è in abete, il fondo e le fasce sono in acero marezzato,il manico e la paletta sono lastronati di ebano, il ponte e la tastiera sono di ebano. Lostrumento è da restaurare.

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Chitarra Pasquale Vinaccia – 1883 

L’intensa attività del maestro Pasquale Vinaccia nel XIX sec. si

nota nello sviluppo costruttivo di tutti gli strumenti a pizzico prodotti nel suo laboratorio. Nuove realizzazioni progettuali sisono rese necessarie a seguito di nuove esigenze espressive chela chitarra in questo periodo andava conquistandosi. Questa èuna chitarra dell’ultimo periodo di produzione di PasqualeVinaccia. Paragonandola con la precedente possiamo vedereche la forma meno allungata risulta però allargata nei lobisuperiore e inferiore, con una accentuata sfiancatura: questo

rende la struttura significativamente più rigida. Gli spessoridella tavola e del fondo sono maggiori, l’incastro del manicoalla cassa è rinforzato con un tallone decisamente robusto. Latastiera in ebano,incollata sopra il manico, prosegue sopra latavola armonica fino alla buca. La paletta ha una forma inedita

e l’alloggiamento laterale delle meccaniche per l’accordatura. Il ponticello di ebano prevede il fissaggio delle corde all’interno di piccoli fori che attraversano anche lospessore della tavola armonica nei quali la corda viene inserita e fissata tramite un

 piccolo pirolo di ebano. In questo modo le corde trazionano direttamente la tavolaarmonica.E’ una chitarra che tiene conto di tutte le innovazioni costruttive acquisite alivello europeo.Pasquale Vinaccia è famoso anche perché fu probabilmente il primo a introdurrecorde di metallo dolce per gli strumenti a pizzico, questo modello di chitarra

 prevedeva corde metalliche. La tavola armonica è in abete, il fondo e le fasce sono inacero marezzato, manico e paletta sono lastronati di ebano. La rosetta è inmadreperla, la meccanica e i tasti in alpaca.