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I n meccanica classica il termine «parti- cella» denota un oggetto fisico dota- to di individualità e descrivibile col modello del punto materiale: gli attri- buiamo, cioè, una posizione (caratteristi- ca geometrica), una massa (caratteristica statica) e un impulso (caratteristica dina- mica). Con l'avvento della meccanica quantistica e il contemporaneo sviluppo dell'indagine sperimentale nel mondo microscopico, il significato del termine «particella» si è progressivamente allon- tanato dall'idea di «corpuscolo» che ori- ginariamente evocava. Principi quali la dualità onda-particel- la (Louis De Broglie) e il principio d'in- determinazione (Werner Heisenberg) non solo asseriscono la necessità di un diverso atteggiamento nel nostro modo di osservare e valutare i fenomeni su sca- la microscopica, ma ci indicano pure le proprietà fondamentali che caratterizza- no la «particella quantistica»: un'entità che ci descriva uno dei possibili modi d'essere dell'energia, unitamente alla sua possibilità di trasporto. Se generalmente oggi il termine parti- cella evoca l'universo dei fenomeni sub- nucleari (e delle cosiddette «particelle elementari»), la fisica dei solidi ha adot- tato e sviluppato in modo suo peculiare il concetto di «particella quantistica», inte- sa quale «eccitazione elementare di un mezzo». La più nota particella di tale tipo è il fotone, l'eccitazione elementare del campo elettromagnetico, responsabi- le non solo della propagazione della ra- diazione luminosa, ma pure di tutte le interazioni tra cariche elettriche e mo- menti magnetici. Il fonone fu la prima eccitazione ele- mentare in un solido a essere trattata formalmente, con i lavori pionieristici di Max Born e Theodor von Karman .del 1912, nei quali vennero gettate le basi di una teoria dinamica e quantistica dei soli- di cristallini (il nome «fonone», o «quan- to di suono», venne coniato per analogia, anche etimologica, con «fotone», o «quanto di luce»). In meccanica classica è noto che, se un sistema di corpi in equili- brio stabile viene in qualche modo distur- bato, il sistema compie vibrazioni attorno a tali posizioni di equilibrio, e il disturbo si propaga delocalizzandosi sull'intero si- stema. Tanto più intense sono le intera- zioni tra i costituenti del sistema, tanto più veloce sarà tale processo di propaga- zione (si pensi, per esempio, a un reticolo di palline unite da molle). Un solido reale, inteso quale sistema di nuclei e di elettroni, obbedisce, nella sua struttura microscopica, alle leggi della meccanica quantistica, ma la sua risposta a disturbi esterni è del tutto analoga: si produce un'eccitazione collettiva deloca- lizzata, le cui proprietà sono interamente determinate dalla struttura geometrica del solido e dalle forze d'interazione che si manifestano al suo interno. Allorché tale eccitazione elementare coinvolge principalmente il moto dei nu- clei, viene detta «fonone»: l'unità fonda- mentale di cui sono costituiti tutti i pro- cessi elastici e acustici, e buona parte di quelli termici e ottici, che si producono all'interno dei solidi. J a definizione più semplice che si può i I dare di «solido» è quella di un insie- me di atomi o molecole, uniti da forze coesive e localizzati attorno a posizioni d'equilibrio. I solidi cristallini si distinguono dagli altri stati della materia per la periodicità con cui si organizzano tali posizioni d'e- quilibrio. Lo spazio all'interno di un cri- stallo può essere immaginato come sud- diviso in tante unità identiche a forma di parallelepipedo: tali unità sono dette «celle unitarie», e l'intera struttura «reti- colo cristallino». All'interno di ogni cella unitaria si trova un ugual numero di ato- mi, ciascuno localizzato attorno a uguali posizioni rispetto alla cella. Se immaginiamo una ripetizione infini- ta di tali unità elementari, così da riem- pirne omogeneamente lo spazio, avremo che le proprietà geometriche e fisiche di ciascuna cella saranno identiche a quelle di una qualunque altra. È tale caratteristi- ca che ci consente di affrontare il proble- ma della descrizione microscopica di tali materiali: la periodicità delle celle unita- rie ci garantisce che pure le proprietà di- namiche (e non solo quelle statiche) si ripresentino all'interno del cristallo con analoghe regolarità. Ovviamente un cristallo reale si disco- sta da tale modello ideale: le sue dimen- sioni sono finite, e sono sempre presenti imperfezioni geometriche e impurità chimiche che ne alterano la periodicità. Ma, se le dimensioni del cristallo sono grandi rispetto a quelle della cella unitaria (e il volume tipico di tali celle è inferiore a 10- 21 centimetri cubi) e se le imperfezioni sono sufficientemente «diluite» in un ambiente prevalentemente regolare, sarà possibile descrivere il solido reale e le sue proprietà facendo uso del modello perfet- to e infinito; la finitezza dei campioni reali e le loro imperfezioni si riveleranno, nella maggior parte dei casi, inessenziali. Le proprietà fisiche dei solidi in genera- le, e dei cristalli in particolare, non sono determinate unicamente dalle loro carat- teristiche geometriche. Un ruolo essen- ziale è svolto dai meccanismi coesivi che regolano la dinamica degli atomi e, quin- di, determinano tutte quelle proprietà ma- croscopiche quali la conduzione termica ed elettrica, il calore specifico, le caratteri- stice ottiche e magnetiche, e così via. In base alla meccanica quantistica, come il legame chimico nelle molecole, così i meccanismi coesivi nei solidi sono interamente dovuti a interazioni di natura elettromagnetica tra nuclei ed elettroni. Due sono le difficoltà che si oppongono alla trattazione diretta di tali interazioni: la prima, dovuta all'elevatissimo numero di nuclei e di elettroni in gioco; l'altra, concettualmente più profonda, dovuta al fatto che nuclei ed elettroni sono oggetti quantistici e non classici. Una descrizione che possa essere messa in corrispondenza con un modello classico costituirebbe, se giustificata, una potente guida per lo stu- dio di tali sistemi. È, dunque, possibile descrivere la di- namica dei nuclei in termini di «oscilla- zioni attorno all'equilibrio» trascurando i dettagli della dinamica elettronica? Max Born e Robert Oppenheimer det- tero, nel 1927, una risposta positiva a tale domanda, con la loro «ipotesi adiabatica» del moto nucleare: l'idea essenziale è che, tanto nelle molecole quanto nei solidi, i nuclei atomici, di massa notevolmente superiore a quella degli elettroni (un solo protone ha una massa 1018 volte quella dell'elettrone), si muovano molto più len- tamente di questi ultimi, cosicché il siste- ma di elettroni può riadattarsi istante per istante a ogni alterazione delle posizioni nucleari, senza esser costretto a compiere transizioni brusche e improvvise. Detto in termini più rigorosi, la dinami- ca dei nuclei coinvolge scale dei tempi più lunghe di quelle coinvolte dalla dinamica elettronica e, se l'ipotesi adiabatica risulta essere un'ipotesi realistica, sarà possibile descrivere la dinamica nucleare come funzione delle coordinate dei soli nuclei. In effetti gli elettroni possono esser classificati grosso modo in due categorie: gli elettroni degli orbitali interni, forte- mente influenzati da un unico nucleo e a questo fortemente legati dall'attrazione coulombiana, sì da costituire con esso un sistema essenzialmente rigido detto «nocciolo atomico» (atomic core); e gli elettroni, più delocalizzati, degli orbitali esterni, che (come una nuvola di cariche mobilissime) influenzeranno con il loro campo medio il moto dei noccioli atomici. L'effetto su questi ultimi sarà rappre- sentabile come un «potenziale efficace» presente tra i vari noccioli atomici e di- pendente solo dalle loro coordinate. Il problema originario si è semplificato, in quanto è stato ridotto il numero di coor- dinate che effettivamente descrivono il sistema (sono state escluse le coordinate degli elettroni), ma è stato introdotto un nuovo tipo di incognita: la forma di que- sto «potenziale efficace» che guida il moto dei noccioli atomici. Evidentemen- te è la natura chimica del cristallo a de- terminarne la configurazione elettronica e, quindi, tale interazione efficace. Su tale base, si possono grosso modo distinguere tre tipi principali di solidi cri- stallini: cristalli atomici o molecolari, in cui tutti gli elettroni sono localizzati at- torno a nuclei o gruppi molecolari; cristal- li covalenti, dove parte degli elettroni sono delocalizzati sull'intero cristallo e distribuiti su bande di valenza; cristalli metallici, dove gli elettroni delocalizzati sono distribuiti su bande di conduzione e, quindi, presentano un'elevata mobilità. Una caratteristica fondamentale di- stingue la classe dei cristalli atomici o molecolari dalle altre due: gli elettroni dei cristalli atomici sono tutti contenuti entro orbitali (atomici o molecolari) saturati, poco influenzati dalla loro interazione col resto del cristallo. Nei solidi covalenti o metallici, invece, i costituenti non presen- tano orbitali saturi, cosicché, quando vengono uniti per formare il cristallo, gli orbitali elettronici esterni sono violente- mente alterati, producendo o legami co- valenti distribuiti sull'intero reticolo (quarzo, tormalina, diamante), oppure un mare di elettroni quasi liberi (il «mare di Fermi») tipico dei conduttori elettrici (rame, ferro, argento). La trattazione dei cristalli costituiti da Un cristallo ideale può essere *mmaginato come suddiviso in tante celle identiche a forma di parallelepipedo, dette «celle unitarie». Ognuna di esse contiene un ugual numero di atomi, ciascuno localizzato attorno a uguali posizioni rispetto alla cella. L'illustrazione mostra la struttura cubica del cristallo di ammoniaca (NH3), dove in ogni cella sono contenute quattro molecole orientate secondo le quattro diagonali del cubo. Un cristallo del genere è detto «molecolare» in quanto le unità NH3 mantengono anche in fase solida la loro individualità: i tre idrogeni (come nel gas) sono uniti da legami covalenti all'atomo di azoto, mentre le interazioni tra molecole diverse, ben più deboli, sono di tipo elettrostatico. Molecole adiacenti sono connesse anche da legami a idrogeno. Questa gerarchia di forze si manifesta nella presenza di due tipi distinti di modi di vibra- zione: «interni» (a elevata frequenza, in cui i legami covalenti sono deformati) ed «esterni» (di frequenze tipicamente più basse, che corrispondono a traslazioni e librazioni rigide delle molecole). Una molecola conN atomi possiede 3N modi indipendenti di moto (gradi di libertà). Una molecola biatomica, come il monossido di carbonio CO, presenta tre traslazioni rigide ortogonali tra loro (a, b, c), due rotazioni ortogonali all'asse molecolare (d, e), e infine un modo di stiramento lungo l'asse (f). Lo stiramento è detto «modo interno» perché, a differenza degli altri, deforma la molecola. I fononi Come i fotoni sono i «quanti di luce», così i fononi sono i «quanti di suono», entità descrittive astratte alle quali si può ricorrere per determinare le proprietà meccaniche, ottiche e termiche dei solidi di Raffaele Guido Della Valle e Pier Francesco Fracassi 50 51

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n meccanica classica il termine «parti-cella» denota un oggetto fisico dota-to di individualità e descrivibile col

modello del punto materiale: gli attri-buiamo, cioè, una posizione (caratteristi-ca geometrica), una massa (caratteristicastatica) e un impulso (caratteristica dina-mica). Con l'avvento della meccanicaquantistica e il contemporaneo sviluppodell'indagine sperimentale nel mondomicroscopico, il significato del termine«particella» si è progressivamente allon-tanato dall'idea di «corpuscolo» che ori-ginariamente evocava.

Principi quali la dualità onda-particel-la (Louis De Broglie) e il principio d'in-determinazione (Werner Heisenberg)non solo asseriscono la necessità di undiverso atteggiamento nel nostro mododi osservare e valutare i fenomeni su sca-la microscopica, ma ci indicano pure leproprietà fondamentali che caratterizza-no la «particella quantistica»: un'entitàche ci descriva uno dei possibili modid'essere dell'energia, unitamente alla suapossibilità di trasporto.

Se generalmente oggi il termine parti-cella evoca l'universo dei fenomeni sub-nucleari (e delle cosiddette «particelleelementari»), la fisica dei solidi ha adot-tato e sviluppato in modo suo peculiare ilconcetto di «particella quantistica», inte-sa quale «eccitazione elementare di unmezzo». La più nota particella di taletipo è il fotone, l'eccitazione elementaredel campo elettromagnetico, responsabi-le non solo della propagazione della ra-diazione luminosa, ma pure di tutte leinterazioni tra cariche elettriche e mo-menti magnetici.

Il fonone fu la prima eccitazione ele-mentare in un solido a essere trattataformalmente, con i lavori pionieristici diMax Born e Theodor von Karman .del1912, nei quali vennero gettate le basi diuna teoria dinamica e quantistica dei soli-di cristallini (il nome «fonone», o «quan-to di suono», venne coniato per analogia,anche etimologica, con «fotone», o«quanto di luce»). In meccanica classica ènoto che, se un sistema di corpi in equili-brio stabile viene in qualche modo distur-

bato, il sistema compie vibrazioni attornoa tali posizioni di equilibrio, e il disturbo sipropaga delocalizzandosi sull'intero si-stema. Tanto più intense sono le intera-zioni tra i costituenti del sistema, tantopiù veloce sarà tale processo di propaga-zione (si pensi, per esempio, a un reticolodi palline unite da molle).

Un solido reale, inteso quale sistema dinuclei e di elettroni, obbedisce, nella suastruttura microscopica, alle leggi dellameccanica quantistica, ma la sua rispostaa disturbi esterni è del tutto analoga: siproduce un'eccitazione collettiva deloca-lizzata, le cui proprietà sono interamentedeterminate dalla struttura geometricadel solido e dalle forze d'interazione chesi manifestano al suo interno.

Allorché tale eccitazione elementarecoinvolge principalmente il moto dei nu-clei, viene detta «fonone»: l'unità fonda-mentale di cui sono costituiti tutti i pro-cessi elastici e acustici, e buona parte diquelli termici e ottici, che si produconoall'interno dei solidi.

Ja definizione più semplice che si puòi

I dare di «solido» è quella di un insie-me di atomi o molecole, uniti da forzecoesive e localizzati attorno a posizionid'equilibrio.

I solidi cristallini si distinguono daglialtri stati della materia per la periodicitàcon cui si organizzano tali posizioni d'e-quilibrio. Lo spazio all'interno di un cri-stallo può essere immaginato come sud-diviso in tante unità identiche a forma diparallelepipedo: tali unità sono dette«celle unitarie», e l'intera struttura «reti-colo cristallino». All'interno di ogni cellaunitaria si trova un ugual numero di ato-mi, ciascuno localizzato attorno a ugualiposizioni rispetto alla cella.

Se immaginiamo una ripetizione infini-ta di tali unità elementari, così da riem-pirne omogeneamente lo spazio, avremoche le proprietà geometriche e fisiche diciascuna cella saranno identiche a quelledi una qualunque altra. È tale caratteristi-ca che ci consente di affrontare il proble-ma della descrizione microscopica di talimateriali: la periodicità delle celle unita-

rie ci garantisce che pure le proprietà di-namiche (e non solo quelle statiche) siripresentino all'interno del cristallo conanaloghe regolarità.

Ovviamente un cristallo reale si disco-sta da tale modello ideale: le sue dimen-sioni sono finite, e sono sempre presentiimperfezioni geometriche e impuritàchimiche che ne alterano la periodicità.Ma, se le dimensioni del cristallo sonograndi rispetto a quelle della cella unitaria(e il volume tipico di tali celle è inferiore a10-21 centimetri cubi) e se le imperfezionisono sufficientemente «diluite» in unambiente prevalentemente regolare, saràpossibile descrivere il solido reale e le sueproprietà facendo uso del modello perfet-to e infinito; la finitezza dei campioni realie le loro imperfezioni si riveleranno, nellamaggior parte dei casi, inessenziali.

Le proprietà fisiche dei solidi in genera-le, e dei cristalli in particolare, non sonodeterminate unicamente dalle loro carat-teristiche geometriche. Un ruolo essen-ziale è svolto dai meccanismi coesivi cheregolano la dinamica degli atomi e, quin-di, determinano tutte quelle proprietà ma-croscopiche quali la conduzione termicaed elettrica, il calore specifico, le caratteri-stice ottiche e magnetiche, e così via. In basealla meccanica quantistica, come il legamechimico nelle molecole, così i meccanismicoesivi nei solidi sono interamente dovuti ainterazioni di natura elettromagnetica tranuclei ed elettroni.

Due sono le difficoltà che si oppongonoalla trattazione diretta di tali interazioni:la prima, dovuta all'elevatissimo numerodi nuclei e di elettroni in gioco; l'altra,concettualmente più profonda, dovuta alfatto che nuclei ed elettroni sono oggettiquantistici e non classici. Una descrizioneche possa essere messa in corrispondenzacon un modello classico costituirebbe, segiustificata, una potente guida per lo stu-dio di tali sistemi.

È, dunque, possibile descrivere la di-namica dei nuclei in termini di «oscilla-zioni attorno all'equilibrio» trascurando idettagli della dinamica elettronica?

Max Born e Robert Oppenheimer det-tero, nel 1927, una risposta positiva a tale

domanda, con la loro «ipotesi adiabatica»del moto nucleare: l'idea essenziale è che,tanto nelle molecole quanto nei solidi, inuclei atomici, di massa notevolmentesuperiore a quella degli elettroni (un soloprotone ha una massa 1018 volte quelladell'elettrone), si muovano molto più len-tamente di questi ultimi, cosicché il siste-ma di elettroni può riadattarsi istante peristante a ogni alterazione delle posizioninucleari, senza esser costretto a compieretransizioni brusche e improvvise.

Detto in termini più rigorosi, la dinami-ca dei nuclei coinvolge scale dei tempi piùlunghe di quelle coinvolte dalla dinamicaelettronica e, se l'ipotesi adiabatica risultaessere un'ipotesi realistica, sarà possibiledescrivere la dinamica nucleare comefunzione delle coordinate dei soli nuclei.

In effetti gli elettroni possono esserclassificati grosso modo in due categorie:gli elettroni degli orbitali interni, forte-mente influenzati da un unico nucleo e aquesto fortemente legati dall'attrazionecoulombiana, sì da costituire con essoun sistema essenzialmente rigido detto«nocciolo atomico» (atomic core); e glielettroni, più delocalizzati, degli orbitaliesterni, che (come una nuvola di carichemobilissime) influenzeranno con il lorocampo medio il moto dei noccioli atomici.

L'effetto su questi ultimi sarà rappre-sentabile come un «potenziale efficace»presente tra i vari noccioli atomici e di-pendente solo dalle loro coordinate. Ilproblema originario si è semplificato, inquanto è stato ridotto il numero di coor-dinate che effettivamente descrivono ilsistema (sono state escluse le coordinatedegli elettroni), ma è stato introdotto unnuovo tipo di incognita: la forma di que-sto «potenziale efficace» che guida ilmoto dei noccioli atomici. Evidentemen-te è la natura chimica del cristallo a de-terminarne la configurazione elettronicae, quindi, tale interazione efficace.

Su tale base, si possono grosso mododistinguere tre tipi principali di solidi cri-stallini: cristalli atomici o molecolari, incui tutti gli elettroni sono localizzati at-torno a nuclei o gruppi molecolari; cristal-li covalenti, dove parte degli elettronisono delocalizzati sull'intero cristallo edistribuiti su bande di valenza; cristallimetallici, dove gli elettroni delocalizzatisono distribuiti su bande di conduzione e,quindi, presentano un'elevata mobilità.

Una caratteristica fondamentale di-stingue la classe dei cristalli atomici omolecolari dalle altre due: gli elettroni deicristalli atomici sono tutti contenuti entroorbitali (atomici o molecolari) saturati,poco influenzati dalla loro interazione colresto del cristallo. Nei solidi covalenti ometallici, invece, i costituenti non presen-tano orbitali saturi, cosicché, quandovengono uniti per formare il cristallo, gliorbitali elettronici esterni sono violente-mente alterati, producendo o legami co-valenti distribuiti sull'intero reticolo(quarzo, tormalina, diamante), oppure unmare di elettroni quasi liberi (il «mare diFermi») tipico dei conduttori elettrici(rame, ferro, argento).

La trattazione dei cristalli costituiti da

Un cristallo ideale può essere *mmaginato come suddiviso in tante celle identiche a forma diparallelepipedo, dette «celle unitarie». Ognuna di esse contiene un ugual numero di atomi,ciascuno localizzato attorno a uguali posizioni rispetto alla cella. L'illustrazione mostra la strutturacubica del cristallo di ammoniaca (NH3), dove in ogni cella sono contenute quattro molecoleorientate secondo le quattro diagonali del cubo. Un cristallo del genere è detto «molecolare» inquanto le unità NH3 mantengono anche in fase solida la loro individualità: i tre idrogeni (come nelgas) sono uniti da legami covalenti all'atomo di azoto, mentre le interazioni tra molecole diverse,ben più deboli, sono di tipo elettrostatico. Molecole adiacenti sono connesse anche da legami aidrogeno. Questa gerarchia di forze si manifesta nella presenza di due tipi distinti di modi di vibra-zione: «interni» (a elevata frequenza, in cui i legami covalenti sono deformati) ed «esterni» (difrequenze tipicamente più basse, che corrispondono a traslazioni e librazioni rigide delle molecole).

Una molecola conN atomi possiede 3N modi indipendenti di moto (gradi di libertà). Una molecolabiatomica, come il monossido di carbonio CO, presenta tre traslazioni rigide ortogonali tra loro (a,b, c), due rotazioni ortogonali all'asse molecolare (d, e), e infine un modo di stiramento lungo l'asse(f). Lo stiramento è detto «modo interno» perché, a differenza degli altri, deforma la molecola.

I fononiCome i fotoni sono i «quanti di luce», così i fononi sono i «quantidi suono», entità descrittive astratte alle quali si può ricorrereper determinare le proprietà meccaniche, ottiche e termiche dei solidi

di Raffaele Guido Della Valle e Pier Francesco Fracassi

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ANTRACENE

La dinamica reticolare di Max Born ebbe una convincente conferma sperimentale nel 1955,quando le prime esperienze di spettroscopia a neutroni, condotte da B. N. Brockhouse a ChalkRiver, in Canada, mostrarono l'esistenza dei fononi e la dipendenza della loro frequenza dalvettore d'onda. Nel grafico sono riportate le frequenze, in funzione del vettore d'onda, dei modinormali del cristallo molecolare di antracene. I valori sperimentali (pallini) sono stati misuraticon spettroscopia a neutroni da I. Natkaniec a Dubna, in Unione Sovietica, mentre le curve teo-riche sono state calcolate dagli autori. Le tre curve inferiori (in colore) corrispondono ai modiacustici (traslazioni rigide delle molecole), mentre le altre corrispondono ai modi ottici. Questiultimi sono complesse combinazioni di librazioni. traslazioni e deformazioni delle molecole.

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Quando la periodicità di un cristallo all'equilibrio (in alto) viene alterata da una deformazione,si producono al suo interno forze di richiamo che instaurano vibrazioni collettive di tipo on-dulatorio degli atomi. In un cristallo monoatomico si osservano due soli tipi di onde: ondelongitudinali di compressione e rarefazione (al centro), nelle quali il movimento oscillatoriodegli atomi è parallelo alla direzione di propagazione dell'onda, e onde trasversali (in basso),tipiche dei solidi, dove invece il moto degli atomi è ortogonale alla direzione di propagazione.

unità saturate è generalmente più sempli-ce: l'energia d'interazione è prevalente-mente di natura elettrostatica e i suoiaspetti non classici possono esser calcolaticon i metodi della meccanica quantistica,cosicché la determinazione di potenziali

efficaci realistici e, entro certi limiti, at-tendibili è facilitata.

Se sono presenti unità ioniche (come ac-cade nei cristalli di cloruro di potassio,KCl,- o di nitrito di sodio, Na+NO-2)l'interazione prevalente è a lungo raggio,

di tipo coulombiano. Nel caso di moleco-le elettricamente neutre, saranno le di-somogeneità nella distribuzione internadelle cariche a determinare forze elettro-statiche a medio raggio (acqua, ammo-niaca, benzene).

Per quanto riguarda, infine, i solidi digas nobile, la stabilità chimica delle unitàatomiche consente unicamente forzedebolissime a corto raggio (dette «di vander Waals») originate dalle fluttuazionidelle nuvole elettroniche e da fenomeni,tipicamente quantistici, di scambio elet-tronico.

Aquesto punto introduciamo un mo-dello teorico che permette di risolve-

re con relativa facilità il problema delmoto dei noccioli atomici. Consideriamouna molecola biatomica: questa può esse-re descritta come composta da due noc-cioli atomici uniti da una forza dipenden-te dalla loro interdistanza e che rappre-senta il legame covalente. Tale molecolapresenta sei gradi di libertà. Può, cioè,traslare rigidamente in tre direzioni orto-gonali (x, y, z), ruotare attorno ai due assiortogonali all'asse molecolare (ossia al-l'asse passante per i due nuclei) e vibrareparallelamente a quest'ultimo.

L'esistenza di una distanza d'equilibriotra i due noccioli atomici significa che, sequesti si avvicinano, si produrrà tra lorouna forza repulsiva (e, viceversa, attratti-va se si allontanano) con il risultato chenella molecola potranno instaurarsi vi-brazioni caratterizzate dalla forza coesivadel legame covalente.

Le leggi secondo cui tale forza varia conla distanza sono, in genere, molto com-plesse; ma, se l'ampiezza delle oscillazio-ni è piccola, tale forza risulta essere sem-plicemente proporzionale alla variazioned dell'interdistanza, ossia F = —kd, dovela costante k (che esprime l'intensità dellegame covalente) dipende dalla naturadei due atomi coinvolti e il segno meno èper esprimere che con d positivo (allon-tamento degli atomi) F è negativa (ossiatendente a riavvicinarli), e viceversa. Unsistema meccanico che si comporti in talemodo è detto «oscillatore armonico», euna molecola biatomica, allorché compiepiccole oscillazioni, è con buona appros-simazione un oscillatore armonico.

Se i due noccioli atomici obbedisseroalle leggi della meccanica classica (comedue palline unite da una molla), il motoperiodico avrebbe frequenza v = esarebbe realizzabile qualunque ampiezza(e, quindi, qualunque energia) d'oscilla-zione. La natura quantistica degli atomi,invece, impone delle limitazioni, e preci-samente sono attuabili solo quegli statiper cui l'energia sia un multiplo intero dihv dove h = 6,62 x 10 -27 erg al secondoè la costante di Planck. Quando la mole-cola è in uno di questi stati stazionari, glielettroni seguono adiabaticamente (cioèsenza compiere transizioni brusche) ilmoto dei nuclei.

La molecola può passare da uno statostazionario a un altro con un salto quan-tico, scambiando con l'esterno frazionid'energia pari a multipli interi di hv; per

esempio, in un gas ciò può accaderecome conseguenza di un urto con un'al-tra molecola.

Allorché a tale moto vibratorio si asso-cia uno spostamento in controfase di cari-che elettriche di segno opposto (comeaccade, per esempio, nella molecola dimonossido di carbonio, CO, dove, per lamaggior elettronegatività dell'ossigenorispetto al carbonio. esiste un addensa-mento di carica negativa attorno al nucleod'ossigeno e positiva attorno a quello dicarbonio), la vibrazione può interagirecon il campo della radiazione elettroma-gnetica: la molecola può, cioè, irradiareemettendo un fotone di frequenza v edenergia hv. oppure può aumentare il suostato vibrazionale assorbendo un fotonedi ugual frequenza ed energia.

Del tutto analoga è la situazione nelcaso di molecole poliatomiche: per picco-le oscillazioni è valida l'approssimazionearmonica (ossia le forze di richiamo che siproducono a seguito di deformazionisono proporzionali alle deformazionistesse); e, se a tali deformazioni si asso-ciano spostamenti di cariche elettriche, levibrazioni potranno «accoppiarsi» alcampo elettromagnetico della radiazione:la molecola potrà assorbire o emetterefotoni effettuando una transizione tra duediversi stati vibrazionali.

Il maggior numero di nuclei determi-na un maggior numero di «modi di vi-brazione» possibili, caratterizzati da fre-quenze distinte associate a modi distintidi deformazione della molecola: se lamolecola contiene N atomi, sarannopossibili 3N modi di moto.

Caratteristica di tali vibrazioni armoni-che è la loro indipendenza reciproca: lostato di vibrazione a frequenza v', adesempio, non influenza il moto a frequen-za v", e può coesistere con esso.

Alorché tale metodologia è applicataa un sistema cristallino, viene af-

frontato uno dei temi principali della fisi-ca dei solidi: la «dinamica reticolare».

Anticipata dai lavori sulla teoria quan-tistica dei calori specifici di Albert Ein-stein (1907) e di Peter Debye (1912), ladinamica reticolare venne affrontata perla prima volta da Max Born e Theodorvon Kùrmùn nel 1912, ma il suo verocontenuto fisico non fu pienamente com-preso per più di trent'anni, e solo nel 1954la teoria raggiunse la sua prima maturitàcon il trattato di Max Born e Kun HuangDynamical Theory of Crystal Lattices.

Se supponiamo che le forze agenti tra inoccioli atomici di un cristallo siano dinatura armonica, anche in tale struttura sirealizzeranno movimenti oscillatori indi-pendenti l'uno dall'altro.

Se il reticolo di un cristallo macrosco-pico è costituito da N atomi, i modi di-stinti di moto saranno, come per le mole-cole, 3N; unica differenza è che, adesso,N è tipicamente un numero dell'ordine di1023 (ossia del numero di Avogadro): ilcalcolo delle frequenze e dei modi par-rebbe impraticabile, dovendo esser risol-te 10 23 equazioni di moto!

Fortunatamente la struttura periodica

del cristallo permette semplificazioni de-cisive: difatti ciascuna cella, identica a tut-te le altre, presenta gli stessi movimentipossibili (alle medesime frequenze) diuna qualunque altra cella. Ciò farà sì chelo stato dinamico di una cella si propaghi,identico, alle celle vicine: le oscillazionidel cristallo nel suo insieme si potrannodescrivere in termini di onde elastiche.

Sarà sufficiente risolvere le equazioni dimoto per un:unica cella, e il moto dellealtre potrà essere dedotto con sempliciconsiderazioni geometriche.

Per comprendere, almeno qualitativa-mente, i moti oscillatori che hanno luogoin un solido cristallino, immaginiamo checosa accade a una molecola (ad esempio ilmonossido di carbonio, CO) quando en-

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1,5 x 10"

FREQUENZA (HERTZ)

Il numero di modi normali presenti in un cristallo macroscopico è dell'ordine del numerod'Avogadro. Come si distribuiscono in frequenze tali modi normali? La loro distribuzione,detta «densità di stati», non obbedisce a una legge generale, bensì è determinata dalla strutturageometrica e dai potenziali d'interazione caratteristici di ogni particolare cristallo. L'illustra-zione mostra la densità di stati calcolata dagli autori per i modi esterni di librazione e trasla-zione del cristallo di ammoniaca: in ascissa vi sono le frequenze, in ordinata il corrispondentenumero di modi normali. I modi interni, non rappresentati, sono tutti situati a frequenze net-tamente più alte (maggiori di 3,6 x 10 13 hertz). Tale separazione tra le frequenze dei modiesterni e quelle dei modi interni è conseguenza del fatto che i legami covalenti all'interno dellemolecole sono estremamente più rigidi dei legami, di natura prevalentemente elettrostatica,tra molecole diverse. La densità di stati di un cristallo determina tutte le proprietà termodina-miche, come i calori specifici, le energie di sublimazione, le variazioni d'entropia, e così via.

SORGENTE RILEVATORE

Una misura spettroscopica d'assorbimento viene realizzata facendo at-traversare il cristallo da un fascio di fotoni emesso da una sorgente,mentre uno strumento di rilevamento osserva la radiazione uscente. Leproprietà della sorgente sono note, cosicché conosciamo l'intensità Idella radiazione per ogni frequenza l incidente sul cristallo. Il cristallo,interagendo con la radiazione, altera tale distribuzione iniziale d'inten-sità, producendo una distribuzione!' che viene misurata dal rilevatore.Il rapporto tra le due distribuzioni (lo «spettro») contiene, ovviamente,informazioni circa le proprietà del cristallo. Tali informazioni possono

essere decodificate solo disponendo di un modello teorico che descrivail solido e le sue modalità d'interazione con la radiazione. Gli spettrinormalmente osservati presentano bande o picchi di assorbimento dilarghezze finite (in colore); il modello armonico, invece, prevede righeinfinitamente sottili (in nero) in prossimità dei massimi dei picchi spe-rimentali. Solo modelli che tengano conto dell'anarmonicità (e quindidelle interazioni tra fononi) possono spiegare le larghezze finite e laforma delle bande osservate. In tal senso la teoria anarmonica dei solidicristallini è qualitativamente superiore a quella puramente armonica.

tra a far parte di un reticolo. Come si èdetto, la molecola biatomica libera nel gaspresenta sei tipi indipendenti di movi-mento: tre traslazioni, due rotazioni e unavibrazione interna di stiramento.

Nel gas le velocità sono in genere cosìelevate, e la densità così bassa, che duemolecole possono influenzare reciproca-mente i loro moti solo nell'eventualità diurti. In un reticolo cristallino (e, in gene-re, in ogni fase condensata) le ridotte ve-locità e la contiguità di più molecole ren-dono le mutue interazioni (nel nostrocaso di tipo prevalentemente elettrostati-co) capaci di influenzare continuamente imoti molecolari; gli originali moti di tra-slazione saranno limitati a oscillazioni ri-gide dell'intera molecola, producendo(nel loro propagarsi) tre onde di compres-sione e rarefazione (una longitudinale,come nei fluidi, e due trasversali tipichedei solidi); le rotazioni degenereranno inmoti di «beccheggio» (librazioni) dellemolecole attorno a orientazioni di equili-brio; lo stiramento, infine, conserverà piùdegli altri modi le proprie caratteristiche,con la condizione, però, di non poter piùinteressare un'unica molecola, ma dicomunicarsi all'intero sistema. Quelli cheerano sei gradi di libertà nella molecola

libera di CO sono divenuti sei tipi distintidi onde elastiche nel rispettivo cristallo.

L'ipotesi armonica, che garantisce l'in-dipendenza di oscillazioni distinte, cipermette di trattare tali onde come noninteragenti e, quindi, di esaminarle indi-vidualmente.

La presenza di un'onda elastica denotal'esistenza di deformazioni del reticoloperiodiche nel tempo e nello spazio. Cia-scuna onda è caratterizzata da una fre-quenza v e da un vettore d'onda k, cioè unvettore avente per direzione quella dipropagazione e per modulo il reciprocodella lunghezza d'onda. Ciascuna di que-ste onde elastiche indipendenti, ossia cia-scuno di questi movimenti collettivi inte-ressanti l'intero cristallo, è detto «modonormale» di vibrazione.

A causa della disomogeneità e aniso-tropia di ogni reticolo cristallino, la fre-quenza di tali modi normali dipenderànon solo dal tipo di deformazione perio-dica considerata, ma anche dalla sua lun-ghezza d'onda e dalla direzione di propa-gazione, ossia dal vettore d'onda k. Ilnumero possibile di modi dipende dallastruttura della cella unitaria e in generale,se m è il numero di atomi per cella, visaranno 3m modi normali distinti per ogni

vettore d'onda (per esempio, l'ammonia-ca, NH3 , che cristallizza in un reticolocubico con quattro molecole per cella,presenta 48 modi distinti), ma comuni atutte le strutture sono i tre modi di com-pressione e rarefazione detti «acustici» ecaratterizzati da traslazioni rigide in fasedi tutti gli atomi appartenenti alla mede-sima cella unitaria.

I modi acustici a grande lunghezzad'onda sono sempre a bassa frequenza edeterminano le proprietà acustiche equelle elastiche quasi-statiche (come lacomprimibilità) del materiale. Gli altrimodi (librazioni, vibrazioni interne mole-colari e traslazioni in controfase) sonodetti «ottici».

Il significato di tale denominazioneappare chiaro se si considera che per talimodi, a differenza dei modi acustici, èpossibile l'instaurarsi di vibrazioni in con-trofase di cariche elettriche di segno op-posto, con la conseguente capacità d'inte-razione con il campo elettromagneticodella radiazione.

Finora abbiamo trascurato la natura

quantistica del cristallo. In realtà perogni modo normale non sono permessetutte le energie, come accadrebbe in unsistema classico, bensì per ogni frequenzav si potranno realizzare solo le oscillazioniper cui l'energia è un multiplo intero dihv. Abbiamo anche visto come, per cia-scun modo, la frequenza cambi al variaredel vettore d'onda k (ossia al variare dellalunghezza d'onda e della direzione dipropagazione).

Lo stato dinamico complessivo del cri-stallo sarà determinato completamenteallorché, per ogni modo di frequenza v,sarà specificato (con un numero intero n)il livello a cui esso è eccitato. Tale numeron è detto «numero d'occupazione», e ilrispettivo modo avrà un'energia pari a nvolte hv.

Ciascuna di queste unità hv d'eccita-zione vibrazionale del reticolo cristallinoè detta «fonone» e quindi lo stato dina-mico di un cristallo si esprime fornendoil numero d'occupazione (ossia, il nume-ro di fononi presenti) per ciascun mododel reticolo.

Come si vede, all'origine del concettodi fonone vi è essenzialmente un'astra-zione matematica, giustificata unicamen-te dalla natura delle soluzioni trovate alproblema della dinamica reticolare.

L'entità che è stata chiamata «fonone»(e lo stesso si potrebbe ripetere per altreeccitazioni elementari, quali sono i fotoniper il campo elettromagnetico, o gli ecci-toni, i plasmoni, i magnoni nei solidi) è inprimo luogo un «elemento descrittivo»suggerito dal modello astratto con cui sirappresenta un mezzo fisico reale e concui si cerca di descrivere le proprietà os-servabili di quest'ultimo. A ogni fononesono associate quelle capacità di traspor-to d'energia e di impulso, che si richiedo-no a una «particella quantistica»; possia-mo, cioè, descrivere ciascun fonone comeuna «particella» dotata di energia hv eimpulso hk.

L'uso di tali particelle come entità

dotate, in qualche modo, di una realtàoggettiva viene reso legittimo dal fattoche, nel comportamento collettivo di talieccitazioni elementari, si ritrovano queifenomeni che si osservano sperimental-mente nei solidi.

Abiamo visto come sia possibile, per ilcampo elettromagnetico, agire sulle

componenti atomiche di un cristallo ecci-tandovi i modi ottici di vibrazione, ossiaquei movimenti che presentano vibrazio-ni nella distribuzione di cariche elettrichedi segno opposto.

Se si vuole descrivere tutto ciò con ilformalismo delle eccitazioni elementari,si possono trattare i vari fenomeni fisicicome sovrapposizioni di processi piùsemplici, la cui rappresentazione è intui-tivamente più immediata. Difatti, il cam-po elettromagnetico della radiazione puòessere descritto in termini di fotoni, chealtro non sono se non le «particelle quan-tistiche» associate alle eccitazioni ele-mentari dei modi normali del campo: incompleta analogia con un fonone, un fo-tone di frequenza v e vettore d'onda ktrasporta un'energia hv e un impulso hk.

Ne consegue che le complesse intera-zioni tra radiazione e cristallo possonoessere riformulate in termini di interazio-ni tra fotoni e fononi, ossia possono essereanalizzate in processi elementari nei qualialcune «particelle» sono create e altre di-strutte, conservando l'energia e l'impulsocomplessivi. L'assorbimento di radiazio-ne, nella sua descrizione microscopica.risulta un processo in cui un fotone vienedistrutto e viene creata nel cristallo unasua eccitazione elementare.

Tre sono le condizioni da soddisfareaffinché tale processo abbia luogo: con-servazione dell'energia; conservazionedell'impulso; possibilità d'accoppiamen-

I diagrammi di Feynman sono un potente ausilio per la fisica teorica delle particelle elementari edello stato solido. Benché la loro struttura grafica evochi l'idea di traiettorie e collisioni, ciascundiagramma è, in realtà, la rappresentazione di un'espressione matematica ben definita, esprimente laprobabilità che a un determinato stato iniziale (rappresentato dalle linee che «entrano» nel dia-gramma) consegua un particolare altro stato finale (rappresentato dalle linee che «escono» daldiagramma): ciascuna linea è associata a un'eccitazione elementare del sistema, e ciascun vertice(punto d'incontro di più linee) rappresenta le loro interazioni possibili. Regole ben precise permet-tono, poi, di dedurre da ogni configurazione un'appropriata espressione algebrica. La propaga-zione «libera» di un fonone (cioè in assenza di interazioni con altri fononi) è rappresentata daldiagramma a, cui corrisponde la descrizione (espressa in termini di correlazioni di probabilità) dicome il fonone a si propaghi dall'istante t all'istante t'. Se si introduce l'interazione tra fotoni, allaprobabilità della propagazione libera va aggiunta quella dovuta all'eventualità di processi di tipo b(diffusione elastica del fonone a dovuta al fononef3) e di tipo c (dove la propagazione a è «interrotta»dal prodursi di una coppia «virtuale» ,3 e y) e quindi da processi via via più improbabili descritti dadiagrammi sempre più complessi. Processi del tipo h alterano la frequenza del fonone a, mentreprocessi del tipo c rendono finita la sua vita media. L'efficacia di tali processi è determinata daipotenziali d'interazione all'interno del cristallo e dalla sua temperatura; calcoli numerici completi ditali effetti si sono resi possibili solo recentemente e richiedono l'uso di calcolatori molto veloci.

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I diagrammi di Feynman possono essere impiegati pure per descrive-re le interazioni tra fotoni (linee ondulate) e fononi (linee diritte).Allorché un fotone a è risonante con un fonone 13 (ovvero ha lamedesima frequenza e il medesimo vettore d'onda), potranno pro-dursi processi d'assorbimento (a) o processi inversi di emissione (b).Un fotone non risonante può essere ugualmente assorbito dal cristal-lo tramite processi multifononici: il diagramma c rappresenta il pro-cesso in cui il fotone a crea direttamente due fononi 3 e y di energiae impulso complessivi uguali a quelli del fotone distrutto. La proba-bilità che un tale evento si verifichi è spesso esigua; molto più effica-ce è il processo indiretto (d) in cui il fotone crea un fonone virtuale/3 a energia diversa dalla propria: simili violazioni della conservazio-ne dell'energia sono consentite nei sistemi quantistici, ma solo per

tempi estremamente brevi; il fonone virtuale decade immediatamentein due fononi y e ò con energia e impulso complessivi uguali a quellidel fotone iniziale. Ciascuna di tali transizioni, presa singolarmente,non ha elevata probabilità, ma, poiché il numero di transizioni possibi-li con uguale stato finale è elevatissimo, il processo complessivo èmolto efficace. Il diagramma e, infine, rappresenta la diffusione anela-stica (scattering Raman) della radiazione, in cui la frequenza del foto-ne incidente a è diversa da quella del fotone riemesso a'. L'energiamancante è dovuta alla contemporanea eccitazione di un fonone òtramite due fononi virtuali /3 e y. Tale fenomeno è sfruttato nellacosiddetta «spettroscopia Raman» per la misura sperimentale dellefrequenze dei fononi (in alternativa a misure di spettri d'assorbimen-to), utilizzando sorgenti di radiazione laser per il fotone incidente a.

PROBLEMIDEL

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di recupero vociale.

to. La prima condizione impone che lafrequenza dell'eccitazione elementareprodotta sia la stessa del fotone distrutto;le frequenze tipiche dei fononi vanno da1010 a 10 14 hertz, quindi l'interazioned'assorbimento è limitata ai fotoni dell'in-frarosso e dell'infrarosso lontano. Poichéla velocità di propagazione dei fotoni èquella della luce (3 x 10" centimetri alsecondo), le loro lunghezze d'onda sa-ranno molto superiori alle dimensioni del-le celle unitarie, ovvero i vettori d'ondasaranno molto piccoli. L'impulso traspor-tato,da un'eccitazione di vettore d'onda kè hk e, quindi, per la conservazione del-l'impulso, solo quei pochi fononi con pic-colo vettore d'onda potranno interagirecon i fotoni.

Come avviene l'interazione nei casipermessi? Diamone prima una descrizio-ne ondulatoria. Come abbiamo visto, imodi ottici del cristallo sono vibrazionicaratterizzate da campi elettrici e magne-tici oscillanti prodotti dalle cariche stessedel reticolo. Allorché giunge un'ondaelettromagnetica, questa perturberà il

moto delle cariche e sarà da esse pertur-bata a sua volta, cosicché nel cristallo sipropagherà un disturbo la cui energia èparte in forma elastica (come un fonone)e parte in forma elettromagnetica (comeun fotone). Se la frequenza originaria del-la radiazione è lontana da ogni possibilefrequenza reticolare, la componente«fononica» è assente (il cristallo è traspa-rente). Viceversa, se la frequenza è esat-tamente uguale a una frequenza ottica delreticolo (risonanza), la componente «fo-tonica» sarà nulla (il cristallo assorberadiazione).

Nei casi intermedi avremo dei modi«ibridi» elastici ed elettromagnetici altempo stesso. Poiché pure ora valgono leregole di quantizzazione, tali modi ibridipossono trasportare solo quantità discre-te di energia del valore di hv, se v è la lorofrequenza. Tali modi accoppiati non riso-nanti fonone-fotone sono detti « polarito-ni» ; tanto più è grande la loro componen-te fotonica, tanto più la loro propagazioneè di tipo ottico; se prevale la natura fono-nica, la loro propagazione è di tipo elasti-

co e, al limite della perfetta risonanza,tutta l'energia elettromagnetica del foto-ne è convertita in energia elastica del reti-colo: si ha un processo di assorbimento.

Esprimendo tutto ciò in termini di«particelle quantistiche», diciamo che ifotoni (ovvero il campo elettromagneticodi radiazione esterno al cristallo) possonodecadere in eccitazioni elementari del so-lido: a seconda delle frequenze in giuoco,queste saranno fononi (eccitazioni pura-mente elastiche), polaritoni (eccitazioniibride elastico-elettromagnetiche che rea-lizzano il campo di radiazione all'internodel cristallo), ovvero, per frequenze nelvisibile e oltre, eccitazioni elettronichecollettive come gli eccitoni e i plasmoni.

Arinizio degli anni cinquanta si svilup-parono, a opera principalmente di

Richard P. Feynman e Freeman J. Dyson,i metodi della meccanica quantistica deicampi, che permisero la prima trattazioneteorica quantitativa delle particelle ele-mentari. Negli stessi anni, per meritoprincipalmente di A. A. Abrikosov, L. P.

Gorkov e della scuola russa, tali metodivennero estesi alla meccanica statistica.rendendo possibile lo studio delle intera-zioni tra le eccitazioni elementari neisolidi. Ciò produsse, tra l'altro, una nuo-va esplosione d'interesse nei confrontidella dinamica reticolare, e vennero ef-fettuati, da Alexei Maradudin, E. R. Cow-ley e collaboratori, i primi calcoli chetenessero conto della cosiddetta «intera-zione anarmonica» tra fononi.

L'indipendenza dei modi normali di uncristallo si traduce nell'assenza di intera-zioni tra i vari fononi: allorché un fononeviene creato eccitando un modo norma-le, questo si manterrebbe indefinitamen-te qualunque sia lo stato dinamico delresto del cristallo. Tale indipendenzaderiva unicamente da una semplificazio-ne formale che fu fatta all'inizio dellatrattazione: l'ipotesi armonica. L'ipotesi,cioè, che per piccole oscillazioni le forzedi richiamo siano proporzionali alle de-formazioni del reticolo.

Benché tale ipotesi sia sufficientemen-te accurata da fornire stime ragionevolidelle frequenze dei vari modi normali, lasua validità non è però assoluta; i termini«anarmonici» dell'interazione tra atomi emolecole (ossia tutte quelle componentidegli sforzi che non sono linearmenteproporzionali alle deformazioni) produ-cono correzioni alla dinamica armonica,che si traducono in interazioni tra fononi.Si avranno, così, eventi in cui un fonone èdistrutto e se ne creano due con energia eimpulso complessivi uguali a quelli delfonone originario, processi inversi (in cui,cioè, due fononi sono distrutti e uno crea-to) e, poi, processi via via più improbabiliche coinvolgono un numero sempre mag-giore di fononi.

La presenza di tali interazioni perturbal'evoluzione di ogni eccitazione elemen-tare, che è così influenzata dal continuoscambio di impulso e di energia tra i varimodi normali. Due sono gli effetti imme-diati: l'alterazione della frequenza di ognifonone, e l'introduzione di una possibilitàdi decadimento che ne rende finita la vitamedia. E così, mentre il modello armoni-co prevedeva assorbimento della radia-zione unicamente a frequenze esattamen-te definite (con conseguenti spettri a righeinfinitamente strette), le vite medie finitesi rivelano, sia sperimentalmente che teo-ricamente, con righe d'assorbimento dilarghezza finita.

Solo negli ultimi anni una conoscenzapiù approfondita delle forze interatomi-che e intermolecolari, unita alla disponi-bilità di calcolatori molto veloci, ha resopossibile il calcolo teorico di tali effettianche in cristalli complessi quali sonoquelli molecolari.

L'indagine teorica su tali materiali sista rapidamente sviluppando, attraversouna vasta collaborazione su scala interna-zionale, che vede impegnati, tra gli altri,Maradudin, a Irvine, California; MichaelKlein, al National Research Council di Ot-tawa; Stuart Pawley, a Edimburgo; StuartWalmsley, all'University College di Lon-dra; Salvatore Califano, a Firenze; TadeuszLuty, a Cracovia; e i loro collaboratori.

Q in qui non ci siamo chiesti quanti fono-ni popolino «normalmente» un cri-

stallo. In effetti esiste una precisa relazio-ne tra il numero medio di fononi presentiin un solido in equilibrio termico e la suatemperatura T. Tale relazione è stabilita.come per i fotoni, dalle regole della stati-stica di Bose-Einstein, la quale asserisceche il numero medio n di fononi di fre-quenza è dato dalla relazione di Planckn = (exp(hv/k T) — 1)- 1 , dove k è la co-stante di Boltzmann pari a 1,38 x 104'erg/kelvin.

Tale popolazione termica media deifononi è detta «distribuzione di equili-brio». È evidente, quindi, il ruolo deter-minante che ha la temperatura del cri-stallo per tutti quei processi che coinvol-gono interazioni con i fononi; in partico-lare, temperature più elevate, ovveropopolazioni medie più grandi, aumenta-no la probabilità di decadimento delleeccitazioni elementari, riducendone lavita media.

Allorché un disturbo esterno (peresempio, un fascio di fotoni) altera lie-vemente tale distribuzione d'equilibrio,creando o distruggendo alcuni fononi, ilsistema tenderà a ritornare allo statod'equilibrio termico attraverso i processid'interazione fonone-fonone. Lo scam-bio d'energia tra il sistema e l'agenteesterno verrà determinato da tale evolu-zione verso l'equilibrio, che sarà tantopiù efficiente e veloce, quanto più inten-se sono le interazioni tra i fononi e quan-to più consistente è la popolazione d'e-quilibrio preesistente.

L'osservazione sperimentale di unfonone (o, più in generale, di una qual-siasi eccitazione elementare in un solido)consiste, quindi, nell'alterazione dellapopolazione d'equilibrio e nella conse-guente risposta del sistema.

L'adozione di un modello corpuscola-re per la descrizione di tali processi è sta-ta originata dall'evidenza sperimentaleche un'eccitazione a frequenza v possaavvenire solo scambiando con l'esternoenergia in multipli di h v.

La legittimità con cui può essere a-dottata una descrizione corpuscolare nonè però garantita a priori: il cristallo, comequalunque altro stato della materia, pre-senta solo delle «modalità d'interazione»con l'esterno, oggettive in quanto osser-vabili e riproducibili. Riteniamo che tali«modalità d'interazione» siano descrivi-bili in termini di eccitazioni elementari.

Se, con il comportamento di tali ecci-tazioni elementari, riusciremo a descri-vere fenomeni effettivamente osservabi-li, allora (e solo allora) sarà legittimo at-tribuire una realtà oggettiva al «fonone»,o a oggetti dall'esistenza spesso più effi-mera quali sono le tante «particelle» chesi producono negli acceleratori.

E comprensibile come tale modo diprocedere possa indurre dubbi e diffi-denze nei «non addetti ai lavori». Ma ciòfa parte di quel processo in cui, all'am-pliarsi del campo dell'esperienza, l'ideache abbiamo del mondo, e il significatostesso delle parole che usiamo per de-scriverlo, mutano e, talora, si evolvono.

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