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1 I COSTI AMBIENTALI E SOCIALI DELLA MOBILITÀ IN ITALIA QUINTO RAPPORTO OTTOBRE 2005

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I COSTI AMBIENTALI E SOCIALI DELLA MOBILITÀ IN ITALIA

QUINTO RAPPORTO

OTTOBRE 2005

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Il presente Quinto Rapporto costituisce la versione di sintesi del testo integrale della ricerca, al quale si rinvia per approfondimenti.

Il Quinto Rapporto è stato realizzato da un gruppo di lavoro costituito da:

Pier Luigi Lombard Direzione e coordinamento del gruppo di lavoro

Andrea Molocchi Redazione del testo, rassegna della letteratura, metodologie

d’indagine, metodologie di valutazione monetaria

Isabella Buscema Procedure di calcolo ed elaborazioni statistiche

Giuseppe Molinario Elaborazioni sulla congestione extraurbana

Ringraziamenti

Si ringraziano per le elaborazioni appositamente fornite: dott. R. De Lauretis e dott. R. Liburdi

(APAT), ing. G. Di Giangiacomo (Ferrovie dello Stato SpA), dott. C. Carminucci e dott.ssa E.

Pieralice (ISFORT – Indagine Audimob), dott. C. Putignano (ISTAT).

Si ringraziano per le informazioni fornite gli esperti di: ACI, ANCAI, ANCMA, ANIA,

AISCAT, Autostrade SpA, CONFETRA, ENAC, ENEA, Ferrovie dello Stato SpA, ISTAT,

Istituto Superiore di Sanità, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio – Direzione

per la Ricerca Ambientale e lo Sviluppo, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Ufficio

di Statistica, Organizzazione Mondiale della Sanità – Centro Europeo Ambiente e Salute,

Unione Petrolifera.

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FERROVIE DELLO STATO

Piazza della Croce Rossa, 1 – 00191 Roma

Tel……………………….

Sito Internet: …………………..

E-mail: …………………….

Amici della Terra

Via di Torre Argentina, 18 – 00186 Roma

Tel. 06.6868289 – 06.6875308

Fax. 06.68308610

Sito Internet: www.amicidellaterra.it

E-mail: [email protected]

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1. INTRODUZIONE

Questo Rapporto espone in forma sintetica i risultati dell’ultima ricerca sui costi ambientali e sociali della mobilità in Italia, realizzata dagli Amici della Terra con la collaborazione delle Ferrovie dello Stato. In questo Quinto Rapporto l’anno di riferimento è il 2003; le modalità di trasporto considerate, sia passeggeri che merci, sono quelle consuete dei precedenti rapporti: la strada, la rotaia e l’aereo.1

Ricordiamo i precedenti Rapporti realizzati dagli Amici della Terra con la collaborazione delle Ferrovie dello Stato:

- “I costi ambientali e sociali della mobilità in Italia” – FrancoAngeli Editore – Milano, 1998. Anno di riferimento per il calcolo dei costi esterni: 1995

- “I costi ambientali e sociali della mobilità in Italia – Secondo Rapporto di sintesi”, 1999. Anno di riferimento per il calcolo dei costi esterni: 1997

- “Produzione esercizio e smaltimento dei mezzi di trasporto: i costi ambientali e sociali” – Terzo Rapporto - FrancoAngeli Editore – Milano, 2000. Anno di riferimento per il calcolo dei costi esterni: 1997

- “I costi ambientali e sociali della mobilità in Italia – Quarto Rapporto”, 2001. Anno di riferimento per il calcolo dei costi esterni: 1999

La nozione di “costi ambientali e sociali” è una forma divulgativa da noi adottata solo a livello di titolazione per riferirsi ai costi esterni della mobilità, un concetto più preciso -ma anche più complesso- che si riferisce a quella particolare categoria di costi sociali che sono generati dall’esercizio dei mezzi di trasporto, che ricadono sull’intera collettività sotto forma di danni (sanitari, ambientali, al patrimonio immobiliare, alle attività produttive e sociali ) e che non sono sostenuti dai gestori dei mezzi a titolo di prevenzione, mitigazione o indennizzo di quegli stessi danni. Con parole più semplici, si tratta di costi che non sono adeguatamente “scontati” nel processo decisionale riguardante l’attività di trasporto (scelta del mezzo, del percorso, del momento del viaggio, etc.), con la conseguenza che la struttura dei costi del trasporto non trasmette in maniera ottimale le informazioni economiche che influenzano le decisioni, contribuendo in questo modo al mantenimento di distorsioni nei mercati che impediscono un processo di avvicinamento all’ottimo

1 Nel 2001 gli Amici della Terra hanno realizzato anche un’indagine riguardante i costi esterni del

trasporto marittimo (“Navigazione e Ambiente, un confronto con i costi esterni delle altre modalità di

trasporto”, Milano FrancoAngeli) i cui criteri di valutazione sono i medesimi del Secondo Rapporto

Amici della Terra-FS, riferito al 1997.

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sociale (ad esempio impedendo la diffusione di soluzioni tecnologiche e organizzative che minimizzino i costi esterni).

1.1 LA SPINTA PROPULSIVA DELLA POLITICA COMUNITARIA

L’importanza della valutazione dei costi esterni è stata affermata sin dal quinto Programma d’azione ambientale dell’Unione europea (1992), dove essa è stata considerata il presupposto economico per uno sviluppo sostenibile. Nel 1995, la Commissione europea ha pubblicato un apposito libro verde (“Verso una corretta ed efficace determinazione dei prezzi nel settore dei trasporti”) finalizzato all’individuazione di strategie d’intervento per l’internalizzazione dei costi esterni dei trasporti nell’UE. Nel 1998 è stato pubblicato il libro bianco “La corretta tariffazione dell’uso delle infrastrutture di trasporto: un approccio graduale verso un quadro di tariffazione comune delle infrastrutture di trasporto nell’UE”, con cui la Commissione ha proposto una strategia di revisione dei criteri di tassazione e tariffazione dell’uso delle infrastrutture di trasporto basata sui costi reali generati dal trasporto in funzione delle diversità di contesto e del grado/momento di utilizzo dell’infrastruttura (i cosiddetti costi sociali marginali), ad esempio rivedendo la struttura delle accise sui carburanti e tariffando il traffico sulle arterie più congestionate in funzione dell’orario di utilizzo dell’infrastruttura.

Successivamente, il libro bianco della Commissione europea sui trasporti: “La politica europea dei trasporti: il momento delle scelte” (2001) ha ribadito nuovamente la volontà della Commissione di riformare e armonizzare il sistema impositivo e di tariffazione delle infrastrutture di trasporto includendo il criterio della valutazione dei costi esterni, prevedendo fra l’altro l’emanazione di una direttiva quadro sulla tariffazione integrata di tutte le modalità di trasporto. Tuttavia, a distanza di ormai quattro anni dalla sua emanazione, i provvedimenti annunciati dal libro bianco non sono mai stati emanati, con l’eccezione di una Proposta di direttiva, attualmente ancora in fase di discussione, riguardante la modifica della direttiva CE/62/1999 “Eurovignette”, sulla tariffazione dell’uso delle autostrade da parte dei veicoli industriali, che prende come riferimento non solo i tradizionali criteri dei costi di costruzione e manutenzione dell’infrastruttura, ma anche i criteri del danno all’infrastruttura (peso per asse) e della classe ambientale del veicolo.

Si noti che la valutazione dei costi esterni dei trasporti non ha come esclusiva finalità quella di orientare le politiche di tassazione e tariffazione dei trasporti, ma può riguardare anche le politiche di incentivazione di soluzioni innovative di mobilità. Più in generale, essa si propone come strumento di valutazione innovativo, a supporto delle politiche ambientali nell’ambito dei trasporti, così come delle politiche e delle decisioni infrastrutturali.

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1.2 LO SVILUPPO DELLA RICERCA SCIENTIFICA SULLA VALUTAZIONE DELLE

ESTERNALITÀ DEI TRASPORTI

Sotto la stimolo delle politiche comunitarie, nell’ultimo decennio il dibattito scientifico sulle esternalità e sugli strumenti migliori per ridurle si è molto sviluppato. Da una parte la ricerca si è preoccupata di identificare e quantificare in termini fisici gli innumerevoli sentieri d’impatto di natura sociale e ambientale provocati dalle attività caratterizzate da maggiori effetti esterni, dall’altra gli economisti hanno messo a punto diversi metodi per valutare in termini monetari l’entità di questi danni, anche quando essi riguardano beni che non hanno un prezzo di mercato, come la salute, la qualità della vita, o gli ecosistemi naturali. Ovviamente, ulteriore ricerca è ancora necessaria per valutare in maniera sistematica e scientificamente affidabile tutti i sentieri d’impatto associati alle attività di trasporto, ma in questo Quinto Rapporto vogliamo porre in evidenza lo straordinario sviluppo e consolidamento delle metodologie che è avvenuto in questi ultimi anni, contribuendo a far passare la teoria delle esternalità dalla fase pionieristica ad una fase di maturità. Il momento di svolta sul piano scientifico si è verificato con il programma comunitario di ricerca ExternE (1992-1998), comprendente una linea di ricerca riguardante i trasporti denominata per l’appunto ExternE Transport (1995-1998). Il progetto ExternE, ha coinvolto più di 40 istituzioni di ricerca dei Paesi membri e ha utilizzato in modo sistematico la sinergia di competenze di diverse discipline (fisici, ingegneri, economisti, statistici, epidemiologi, ecc..), contribuendo in modo determinante a migliorare le conoscenze sugli impatti ambientali e sanitari, promuovendo ricerche specifiche in settori ancora inesplorati e definendo indirizzi metodologici chiari e coerenti. Il merito essenziale di questo programma consiste nell’aver sviluppato una metodologia, denominata dei “sentieri d’impatto” (impact pathways), che consente la valutazione dei costi esterni delle emissioni inquinanti dei trasporti su strada con un livello di dettaglio riferito al singolo veicolo/tecnologia che utilizza una determinata tratta dell’infrastruttura.2 Seppur limitata alla valutazione di due categorie di esternalità principali (cambiamenti climatici e inquinamento atmosferico), la metodologia sviluppata in ambito ExternE è stata applicata (sia all’interno che al di fuori del programma di ricerca) ad una notevole varietà di tipi di veicoli/tecnologie (passeggeri e merci), con riferimento a numerosi

2 Per metodologia dei sentieri d’impatto s’intende la ricostruzione della catena di effetti che vanno dai

fattori d’impatto originari (responsabilità del costo esterno) agli effetti finali. Nel caso dell’inquinamento

atmosferico, la ricostruzione dei sentieri d’impatto comprende la stima delle emissioni, la simulazione

della diffusione e trasformazione degli inquinanti in atmosfera, la stima degli effetti attesi applicando

funzioni esposizione-risposta e, infine, la valutazione economica degli effetti finali in termini di risposte

dei recettori.

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tipi di infrastrutture (non solo su strada ma anche su rotaia) e in una varietà di contesti (urbani ed extraurbani, escludendo i contesti montani, più difficilmente modellizzabili). Successivamente a ExternE Transport, la Commissione europea ha finanziato un certo numero di grandi e piccoli progetti di ricerca (non tutti esclusivamente finalizzati alla valutazione dei costi esterni), che in vario modo hanno comportato un utilizzo della metodologia su nuovi casi di studio e/o un’estensione della metodologia dei sentieri d’impatto a nuovi ambiti di valutazione. Tra gli studi post-ExternE finanziati dalla Commissione vanno segnalati almeno i seguenti:

- il data base BeTa (2001-2002), che si è proposto di segnalare ai valutatori i migliori valori di danno associati all’inquinamento atmosferico per i vari Stati Membri dell’UE, ottenuti utilizzando la metodologia ExternE;

- i grandi progetti di ricerca comunitaria che, nell’ambito delle loro specifiche finalità, hanno comunque applicato o cercato di estendere la metodologia dei sentieri d’impatto ad altre categorie di costo esterno, come il rumore, gli incidenti e la congestione: fra questi occorre citare UNITE (1999-2003), che mira ad un nuovo modello di contabilità economica dei trasporti, e RECORDIT (2000-2001), che invece ha come finalità principale la valutazione dei costi reali (interni + esterni) dei corridoi intermodali e il loro confronto con corridoi “tuttostrada”;

- i più recenti piccoli progetti di estensione, discussione e disseminazione della metodologia di ExternE (DIEM e NewExt).

Va infine menzionato, seppur non rientrante fra gli studi promossi dalla Commissione europea, lo studio del gruppo di ricerca svizzero-tedesco INFRAS/IWW , giunto nel 2004 al suo terzo appuntamento, riguardante la valutazione dei costi esterni dei trasporti a livello comunitario.

1.3 LE INNOVAZIONI METODOLOGICHE DEL QUINTO RAPPORTO

Le innovazioni apportate dalla letteratura di valutazione dei costi esterni dei trasporti hanno comportato la necessità di effettuare una complessiva revisione e aggiornamento della nostra metodologia d’indagine, con riferimento sia ad alcune procedure di quantificazione fisica dei sentieri d’impatto (ad esempio per gli incidenti e la congestione), sia soprattutto ai criteri di valutazione monetaria dei fattori d’impatto e/o impatti finali. Per quanto riguarda questi ultimi, la revisione ha comportato un ridimensionamento dei risultati finali (in termini di costi esterni totali e specifici) che, pertanto, non possono essere confrontati con i risultati dei nostri precedenti rapporti. Ove possibile, abbiamo comunque riportato nel testo eventuali confronti temporali in termini di indicatori fisici.

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Le principali novità del presente rapporto possono essere così riassunte:

− adozione di un valore della vita umana statistica (VSL, Value of Statistical Life) aggiornato ai più recenti studi europei e consigliato dalla Commissione. Rispetto ai precedenti rapporti ciò ha comportato un abbassamento del VSL a circa un terzo, con effetti di ridimensionamento su esternalità come l’inquinamento atmosferico e gli incidenti, dove la mortalità ha un maggior peso;

− aggiornamento dei valori di danno unitario applicati alle emissioni dei trasporti, sulla base della metodologia di ExternE al 2001 (data base BeTa);

− recepimento delle evidenze riguardanti l’elevato potenziale di riscaldamento globale delle emissioni dell’aviazione, emergenti dal rapporto dell’IPCC “Aviation and Global Atmosphere”, del 1999;

− valutazione dei costi esterni del rumore quantificando non solo i danni da mero disagio, ma anche i danni di tipo sanitario;

− perfezionamento della stima dei sentieri d’impatto degli incidenti stradali (ricostruzione dell’albero delle principali conseguenze successive all’incidente, dal primo accesso al pronto soccorso alle terapie di riabilitazione successive al ricovero), anche allo scopo di tener conto delle conseguenze che sfuggono al rilevamento delle forze di polizia e alle statistiche delle autorità sanitarie;

− miglioramento della stima dei costi esterni della congestione stradale: mentre i nostri precedenti rapporti quantificavano la sola congestione in ambito urbano, il presente rapporto ha considerato anche l’ambito autostradale e delle strade nazionali, regionali e provinciali. Inoltre, sono stati perfezionati i criteri di valutazione monetaria della congestione, includendo non solo i costi del tempo perduto dagli individui ma anche quelli dovuti ai ritardi delle merci. Non è quindi un caso che la stima dei costi esterni della congestione sia quella che, rispetto ai precedenti rapporti, evidenzia un consistente aumento.

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2. VOLUMI DI TRAFFICO E CONSUMI DI ENERGIA

I dati fondamentali su cui si basa questo Rapporto sono i volumi di traffico e i consumi di energia per le tre modalità di trasporto considerate; la loro conoscenza è, infatti, indispensabile per poter effettuare la quantificazione fisica dei principali impatti. Inoltre, la determinazione dei volumi di traffico - passeggeri e merci – è necessaria per calcolare i valori specifici, cioè riferiti al passeggero x chilometro (pkm) o alla tonnellata x chilometro (tkm), del danno fisico e di quello monetario e, quindi, per mettere correttamente a confronto modalità e veicoli.

2.1 TRASPORTO SU STRADA

Sono state prese in considerazione le seguenti categorie di veicoli:

Passeggeri: veicoli ad uso privato (autovetture, motocicli e ciclomotori) e veicoli ad uso collettivo (autobus urbani e pullman, intendendo per pullman gli autobus che fanno servizio pubblico extraurbano e i mezzi privati ad uso collettivo: ad es. i pullman turistici);

Merci : veicoli leggeri (fino a 3,5 tonnellate di massa massima a pieno carico) e veicoli pesanti (oltre 3,5 tonnellate). Mentre la prima categoria è composta, in sostanza, da furgoni e veicoli commerciali cassonati di piccole dimensioni, la seconda categoria comprende autocarri, autoarticolati e autotreni dotati di un numero di assi variabile da due a cinque e massa massima sino a 44 tonnellate.

I dati di base per il trasporto su strada, esposti nella tab. 1 per il trasporto passeggeri e nella tab. 2 per quello merci, sono il risultato di elaborazioni alquanto complesse, effettuate con l’obiettivo di ottenere un quadro al 2003 il più possibile coerente con le fonti più attendibili esistenti, tra le quali le principali sono:

– Bilancio Energetico Nazionale (BEN), elaborato dal Ministero delle Attività Produttive;

– Conto Nazionale delle Infrastrutture e dei Trasporti (CNIT), Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti;

– Inventario CORINAIR - Coordination of Information on the Air, realizzato e aggiornato dall’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT) per conto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio;

– Pubblicazioni varie dell’Automobile Club d’Italia (ACI);

– Pubblicazioni varie di altri enti ed associazioni del settore, quali ANCMA, CONFETRA, Unione Petrolifera.

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Tab. 1 - Italia - Trasporto passeggeri su strada nel 2003. Parco veicoli, percorrenze, consumi e volumi di traffico

(U) urban; (R ) rural; (H) highway

Parco Percorrenza complessiva Consumo Occup. mediaVolum i di

traffico Consumo specifico

totale (U) (U) (R ) (H) totale totale (U ) (R)/(H) totali totale(unità) (ktep) (pass./veic.) (109 pkm) (gep/pkm)

VEICOLI AD USO PRIVATO 43.632.956 419.680 120.611 711,680

Autovetture 34.004.435 377.419 93.548 96,0 44,9 59,2 23.204 1,75 1,30 1,90 660,967 35,1

Totale autovetture benzina 25.529.796 222.089 68.621 96,3 44,8 58,1 14.199 380,796 37,3

Pre-Euro 9.519.429 53.504 21.156 87,6 50,2 54,9 3.522 88,964 39,6

Euro I - 91/441/EEC 5.150.782 45.363 14.104 99,5 43,8 59,7 2.932 77,728 37,7

Euro II - 94/12/EC 6.872.754 73.236 19.705 101,0 43,1 58,8 4.619 127,325 36,3

Euro III - 98/69/EC Stage2000 3.986.830 49.986 13.656 99,5 42,8 58,1 3.125 86,780 36,0

Totale autovetture diesel 7.433.143 134.784 18.763 98,8 44,6 59,6 7.676 244,832 31,4

Conventional 1.437.627 21.976 2.928 114,7 44,2 67,7 1.350 39,997 33,8

Euro I - 91/441/EEC 471.649 8.145 1.107 96,8 44,6 58,3 458 14,811 30,9

Euro II - 94/12/EC 2.531.896 46.069 6.440 96,0 44,7 58,0 2.584 83,666 30,9

Euro III - 98/69/EC Stage2000 2.991.971 58.594 8.287 95,6 44,7 57,8 3.284 106,357 30,9

Totale autovetture GPL 1.041.496 20.545 6.164 84,4 49,5 65,4 1.330 35,338 37,6

Conventional 637.304 12.109 3.633 86,2 49,5 59,4 769 20,827 36,9

Euro I - 91/441/EEC 256.716 5.252 1.576 81,8 49,4 74,0 349 9,034 38,7

Euro II - 94/12/EC 133.921 2.879 864 81,8 49,4 74,0 192 4,952 38,7

Euro III - 98/69/EC Stage2000 13.555 305 91 81,8 49,4 74,0 20 0,525 38,7

M otocicli e ciclomotori 9.628.521 42.261 27.063 32,8 30,7 37,0 1.364 1,20 1,20 1,20 50,713 26,9

Motocicli 4.746.698 25.193 15.116 31,3 28,4 37,0 771 30,232 25,5

4 Tempi convenzionale 2.935.871 15.090 9.054 31,4 28,6 38,3 465 18,108 25,7

4 Tempi 97/24/EC 1.810.827 10.103 6.062 31,2 28,1 35,1 306 12,124 25,2

Ciclomotori 4.881.823 17.067 11.947 34,8 34,8 594 20,481 29,0

Conventional 3.708.576 12.609 8.826 31,5 31,5 397 15,131 26,2

97/24/EC Stage I 933.584 3.548 2.483 47,2 47,2 168 4,257 39,4

97/24/EC Stage II 239.663 911 638 31,5 31,5 29 1,093 26,3

VEICOLI AD USO COLLETTIVO 92.701 4.516 1.090 369 220 208 1.128 110,532 10,2

Autobus urbani 18.358 799 719 368,3 238,8 284 15,21 15,21 15,21 12,143 23,4

Pullman 74.343 3.717 372 369,2 218,9 207,7 844 26,47 26,47 26,47 98,389 8,6

TOTALE VEICOLI PASSEGGERI 43.725.657 424.195 121.702 25.697 822,212

Note: 1tep=107 kcal=41.868 M J; 1 gep = 0,0419 M J

Poteri calorifici: benzina= 1,05 tep/t; gasolio= 1,02 tep/t; gpl= 1,10 tep/t

Il parco autovetture indicato non comprende le auto a metano (304.644) e le auto con "altre alimentazioni" (1.367)

Fonte: elaborazione Amici della Terra da Copert

Consumo chilometrico

(106 veicoli x km) (gep/km)

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Tab. 2 - Italia - Trasporto merci su strada nel 2003. Parco veicoli, percorrenze, consumi e volumi di traffico

(U) urban; (R ) rural; (H) highway

Consumo chilometricoConsumo

totaleVolumi di traffico

Consumo specifico

Parco totale (U) (U) (R ) (H) totale totali totale

(unità) (106 veicoli x km) (gep/km) (ktep) (tonn./veic.) (109 tkm) (gep/tkm)

VEICOLI MERCI 4.002.827 91.054 17.558 12.818 249,078

Veicoli leggeri <3,5t 3.061.242 54.046 13.511 120,8 62,9 89,1 4.466 0,37 19,997 223,3

Benzina 354.374 4.110 1.028 169,7 69,1 69,9 388 1,521 255,2

Diesel 2.706.869 49.936 12.484 116,8 62,4 90,6 4.078 18,476 220,7

Veicoli pesanti >3,5t 941.585 37.008 4.047 305,8 196,2 229,7 8.352 6,19 229,081 36,5

Benzina 7.585 38 8 236,2 157,5 173,2 7 0,235 28,5

Diesel 933.999 36.970 4.039 305,9 196,3 229,7 8.345 228,846 36,5

Note: 1tep=107 kcal=41.868 MJ; 1 gep = 0,0419 MJ

Poteri calorifici: benzina= 1,05 tep/t; gasolio= 1,02 tep/t

Fonte: elaborazione Amici della Terra da Copert

Occup. media

Percorrenza complessiva

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Il quadro così costruito costituisce, in forma molto più disaggregata di quanto appare nelle tabelle, la base di dati necessaria per la stima delle emissioni di gas serra e delle emissioni inquinanti.3

Le due tabelle sostanzialmente legano la consistenza del parco circolante di veicoli4 con i consumi di carburante complessivamente imputabili ai trasporti stradali; tale legame viene stabilito attribuendo a ciascuna categoria di veicoli un valore di percorrenza media annua ed un valore di consumo chilometrico medio il più possibile coerenti con i dati forniti dalle fonti prima citate.

A parità di categoria veicolare, i valori dichiarati per i consumi chilometrici delle autovetture e dei veicoli merci leggeri nel modo di guida urbano (U) e rurale (R) non sempre coincidono con quelli indicati nei precedenti rapporti. Le differenze sono dovute a nuovi criteri nella valutazione delle prestazioni a motore freddo, adottati dall’APAT a partire dal COPERT 2003.

La percorrenza è ripartita tra urbana, rurale e autostradale con riferimento al modo di guida più che al tipo di infrastruttura utilizzata o all’ambito territoriale del tragitto.

Inoltre, attraverso la definizione di opportuni fattori medi di occupazione dei veicoli (espressi in passeggeri/veicolo e differenziati per ciclo di guida per il trasporto passeggeri ed espressi in tonnellate/veicolo per quello merci), le tabelle forniscono una stima dei volumi di traffico realizzati da ciascuna categoria di veicoli. La quantificazione dei volumi di traffico, pur se soggetta a notevoli incertezze, è importante per poter riferire tutti gli impatti e tutti i costi esterni all’unità di servizio reso (il passeggero x chilometro e la tonnellata x chilometro), consentendo così un confronto omogeneo tra le varie categorie di veicoli e modalità di trasporto.

Con riferimento alle categorie di autovetture riportate nella tabella 1, possiamo notare che le autovetture a benzina non catalizzate (quelle immatricolate sino al 1992) ammontano nel 2003 a 9 milioni e mezzo di unità (il 37% del parco a benzina), mentre fra le auto a benzina catalizzate prevalgono le Euro II (6,9 milioni),

3 I valori riportati nelle tabelle sono riassuntivi, risultanti dall’aggregazione di un assai maggior numero di

valori relativi a numerose sottocategorie di veicoli; il parco circolante, infatti, viene inizialmente

disaggregato in funzione di numerose caratteristiche quali: cilindrata, anzianità del veicolo e tipo di

carburante per i veicoli passeggeri; peso complessivo a pieno carico, anzianità del mezzo e tipo di

carburante per i veicoli merci..

4 Nel parco circolante sono stati inclusi tutti i veicoli che al 31 dicembre 2003 risultavano registrati al

Pubblico Registro Automobilistico (PRA). Fanno eccezione i ciclomotori per i quali, non essendo prevista

l’immatricolazione, non esistono statistiche ufficiali; in questo caso sono stati utilizzati e aggiornati i

risultati di un’indagine condotta dalla Piaggio.

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seguite dalle Euro I (5,1 milioni) e dalle Euro III (4 milioni circa, immatricolate dal 2001). L’Euro IV, invece, entra in vigore dal 2006. Nel parco delle autovetture diesel (22% circa del parco auto) prevale l’ecodiesel di ultima generazione (Euro III, dal 2001), con 3 milioni di auto, seguito dall’Euro II (2,5 milioni) e dai diesel convenzionali pre euro (1,4 milioni circa). Le autovetture alimentate a GPL, caratterizzate da ottime prestazioni in termini di emissioni, ammontano a poco più di un milione nel 2003.

Con riferimento alla tab. 3, si può notare che tra il 1995 e il 2003 il parco circolante di autovetture è cresciuto del 13% (raggiungendo la cifra record di 59 auto ogni 100 abitanti); a tale crescita sono corrisposti aumenti delle percorrenze complessive e dei consumi, seppur in misura leggermente inferiore (9% e 6% rispettivamente). Uniche note positive sono la leggera riduzione dell’uso medio dell’auto (-3% della percorrenza media per autovettura)5 e dei consumi specifici (da 63,3 gep/vkm nel 1995 a 61,5 gep/vkm nel 2003).

Tab.3 - Autovetture. Evoluzione del parco, delle percorrenze e dei consumi di energia.

1995 1997 1999 2001 2003Variazione 2003/1995

(%)

Consistenza del parco (n.) 30.095.703 30.985.606 31.772.733 32.908.933 34.004.435 12,99

Percorrenza complessiva (106 veic x km) 345.903 348.666 366.944 361.826 377.419 9,11

Consumo totale (ktep) 21.906 22.186 22.962 22.234 23.204 5,93

Percorrenza media per autovettura (km) 11.493 11.253 11.549 10.995 11.099 -3,43

Consumo chilometrico (gep/vkm) 63,3 63,6 62,6 61,4 61,5 -2,92

Fonte: elaborazione Amici della Terra su dati Copert

2.2 TRASPORTO SU ROTAIA

Questa modalità è dominata dalle Ferrovie dello Stato, che nel 2003 hanno realizzato l’80% del volume di traffico passeggeri su rotaia e la quasi totalità di quello merci.

La tab. 4 fornisce i dati essenziali per ciascuna tipologia di operatori.

La colonna “Ferrovie dello Stato” riguarda le attività di trasporto effettuate nel 2003 sulla rete gestita da RFI SpA. I dati relativi al trasporto passeggeri riguardano un unico operatore, Trenitalia SpA, in quanto, se si escludono le attività di Metronapoli (contabilizzate nella colonna “metropolitane”), il contributo dei nuovi operatori, che in seguito alla liberalizzazione hanno ottenuto la licenza di esercizio, è risultato non significativo.

5 Il dato va interpretato con attenzione, in quanto la riduzione delle percorrenze per unità di veicolo

circolante potrebbe essere dovuta alla disponibilità, in molti casi, di più di una vettura pro capite.

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I dati relativi al trasporto merci comprendono invece, oltre alle attività di Trenitalia, anche il contributo dei nuovi operatori.

Ferrovie concesse

Tranvie Metropolitane

Dati generali:Rete esercitata (km) 16.200 3.529 383 126 Quota elettrificata (%) 67,7 35,4 100,0 100,0

Traffico passeggeri:

Passeggeri trasportati (milioni) 497,9 210,1 299,0 651,4

media e lunga perc. 67,6

di cui Eurostar 19,1 trasporto regionale 430,3

Passeggeri x km (milioni) 45.222 5.069 1.029 4.909 media e lunga perc. 24.930

di cui Eurostar 7.431 trasporto regionale 20.291

Percorso medio passeggeri (km) 90,8 24,1 3,4 7,5 media e lunga perc. 368,8

di cui Eurostar 389,2 trasporto regionale 47,2

Treni x km (milioni) 262,6 95 media e lunga perc. 84,5

di cui Eurostar 24,5 trasporto regionale 178,1

Passeggeri per treno (n.) 172,2 53,2 media e lunga perc. 295,0

di cui Eurostar 303,8 trasporto regionale 113,9

Traffico merci:Merci trasportate (milioni di t) 85,5 3,5 Tonnellate x km (milioni) 23.444 95 Percorso medio merci (km) 274,3 27,2 Treni x km (milioni) 60,8 0,2 Tonnellate merci per treno (t) 385,4 424

Tab. 4: Trasporto su rotaia. Dati generali relativi al 2003

Ferrovie dello Stato

Fonte: elaborazione Amici della Terra su dati Ferrovie dello Stato, CNIT 2003

I consumi di energia prevalenti della modalità su rotaia sono quelli delle Ferrovie dello Stato, la cui esatta determinazione riveste quindi particolare importanza.

I consumi per usi di trazione dichiarati da RFI (energia elettrica in alta tensione consumata nel 2003 da Trenitalia e dagli altri operatori dotati di licenza che hanno utilizzato la rete RFI) ammontano a 4.488 GWh. A questi va aggiunto il gasolio consumato da Trenitalia nei locomotori diesel e diesel-elettrici (sia per la vera e propria trazione di treni su linee non elettrificate che per le operazioni di manovra, tipicamente la composizione e scomposizione dei treni): 74.554 t. Non risultano ulteriori consumi di gasolio da parte di altri operatori.

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In termini di potere calorifico dei combustibili utilizzati (il gasolio e quelli consumati per la produzione di energia elettrica),6 il consumo complessivo delle Ferrovie dello Stato risulta pari a 1.108.285 tep.

La tab. 5 fornisce i consumi di energia in termini assoluti e specifici per l’intera modalità su rotaia. Il gasolio utilizzato per trazione dalle Ferrovie dello Stato e dalle Ferrovie concesse è stato convertito in tonnellate equivalenti di petrolio (tep) secondo il fattore 1,02 tep/tonnellata; l’energia elettrica secondo il fattore 230 tep/GWh. La distinzione tra energia elettrica ed energia da gasolio è essenziale per le successive elaborazioni relative alle emissioni di gas serra e all’inquinamento atmosferico.

Tab. 5 - Rotaia. Traffico passeggeri e merci e consumi di energia per trazione nel 2003

TrafficoEnergia totale

Consumo specifico (in termini di

energia finale)

(109 pkm-tkm) (GWh) (tep) (t) (tep) (tep) (gep/pkm-tkm) (MJ/pkm-tkm) (MJ/pkm-tkm)

Traffico passeggeri 56,229 3.329 765.591 99.800 101.796 867.387 15,43 0,646

Ferrovie dello Stato 45,222 2.923 672.402 48.565 49.536 721.938 15,96 0,668 0,250

Ferrovie concesse 5,069 125 28.664 51.235 52.260 80.924 15,96 0,668 0,250

Tranvie 1,029 67 15.435 - - 15.435 15,00 0,628 0,235

Metropolitane 4,909 213 49.090 - - 49.090 10,00 0,419 0,157

Traffico merci 23,539 1.567 360.392 26.981 27.520 387.913 16,48 0,690

Ferrovie dello Stato 23,444 1.565 359.838 25.989 26.509 386.347 16,48 0,690 0,258

Ferrovie concesse 0,095 2 555 991 1.011 1.566 16,48 0,690 0,258

TOTALE 4.896 1.125.983 126.780 129.316 1.255.299

Energia elettrica GasolioConsumo specifico (in termini di combustibili)

Fonte: elaborazione Amici della Terra su dati Ferrovie dello Stato, CNIT

2.3 TRASPORTO AEREO

I dati sul trasporto aereo nel 2003 sono essenzialmente ricavati dalle seguenti fonti:

- Annuario Statistico, ENAC – Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti;

- Statistiche del trasporto aereo, ISTAT;

- Bilancio Energetico Nazionale (BEN), Ministero delle Attività produttive;

- Inventario CORINAIR - Coordination of Information on the Air, APAT.

E’ stato considerato solo il traffico commerciale, cioè il traffico effettuato per trasportare persone o cose dietro corrispettivo, che comprende il trasporto aereo di

6 Osserviamo che, sebbene frequentemente usata, la dizione di consumo energetico “in termini di energia

primaria” non è del tutto appropriata, in quanto il fattore di conversione usato per l’elettricità tiene conto

del rendimento convenzionale del parco termoelettrico ma non dell’energia spesa per la produzione e il

trasporto dei combustibili nelle fasi precedenti il loro uso nelle centrali.

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linea e quello non di linea. A sua volta il trasporto non di linea (effettuato in forza di un contratto di noleggio) comprende i voli charter (numero di posti superiore a 12) e gli aerotaxi (numero di posti inferiore o uguale a 12). In realtà, data la lacunosità dei dati disponibili sugli aerotaxi e il modesto contributo da essi fornito al volume di traffico complessivo, la ricerca si è limitata a considerare i voli di linea e quelli charter (è stata pertanto esclusa dall’ambito della ricerca la cosiddetta aviazione generale, che comprende l’attività degli aeroclub e delle scuole di volo, i servizi aerei di rilevamento, di pubblicità, antincendio e similari).

In coerenza con i criteri adottati in sede internazionale, i volumi di traffico ed i consumi di energia sono stati quantificati prendendo come riferimento i voli nazionali e internazionali partiti nel 2003 dagli aeroporti italiani e i consumi medi di carburante (stime APAT) per le diverse fasi di volo (fase di crociera –intesa come fase del volo al di sopra dei 900 metri di quota, e ciclo LTO – Landing and Take-Off Cycle) e tipo di traffico. I consumi così determinati, pari a 4,1 Mtep sono stati successivamente ripartiti tra trasporto passeggeri e trasporto merci nell’ipotesi che il consumo specifico per tonnellata x chilometro (tkm) sia pari a quattro volte quello per passeggero x chilometro (pkm).7 Sulla base di queste ipotesi è stata costruita la tab. 6, che riporta i dati essenziali impiegati nella presente ricerca per la modalità aerea.

cicli LTO crociera totale

(n.) (106pkm-tkm) (gep/pkm-tkm) (MJ/pkm-tkm) (ktep) (ktep) (ktep)

Passeggeri - 77.194 49,45 2,07 471,5 3.361,0 3.832,6

voli nazionali 13.532 64,47 2,70 207,5 664,9 872,4

voli internazionali 63.662 46,50 1,95 264,0 2.696,2 2.960,2

Merci - 1.509 197,81 8,28 26,7 256,7 283,4

voli nazionali 38 257,87 10,80 2,3 7,4 9,7

voli internazionali 1.471 185,99 7,79 24,4 249,3 273,7

TOTALE 633.322 498,2 3.617,7 4.116,0

Fonte: elaborazione Amici della Terra su dati APAT

Volume di traffico

Consumo assoluto

Tab. 6 - Aereo. Voli di linea e charter partiti dagli aeroporti italiani nel 2003. Volumi di traffico e consumi di carburante

Consumo specificoQuantità di voli

Il trasporto aereo, tra il 1995 e il 2003, ha registrato una forte evoluzione in tutti i Paesi, in misura tale da richiamare l’attenzione di diverse istituzioni internazionali e in particolare dell’Unione europea. Il fenomeno ha destato preoccupazione in quanto si tratta di una modalità con forti impatti ambientali, alcuni dei quali non ben conosciuti (come gli effetti di certe emissioni ad alta quota); si tratta inoltre, come è noto, della modalità caratterizzata dai più elevati consumi specifici di energia. La tab. 7 mostra tale evoluzione in Italia.

7 Ciò equivale ad assumere che quattro passeggeri con il loro bagaglio e la quota di arredi e accessori ad

essi imputabile pesino una tonnellata. Questa assunzione, adottata in diversi studi, trova verifica nei

modelli di aerei che possono essere attrezzati in alternativa per il trasporto passeggeri o per quello merci.

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1995 1997 1999 2001 2003Variazione 2003/1995

(%)

Quantità di voli (n.) 362.167 445.616 549.629 595.516 633.322 75

Passeggeri imbarcati (migliaia) 29.210 36.166 39.957 44.206 50.011 71

Volumi di traffico pass. (106 pkm) 41.576 49.199 54.908 61.686 77.194 86

Merci caricate (kt) 314 341 292 357 389 24

Volume di traffico merci (106 tkm) 1.365 1.383 1.362 1.461 1.509 11

Consumi di carburante (ktep) 2.379 2.675 3.257 3.492 4.116 73

Fonte: ENAC, ISTAT, APAT

Tab. 7 - Aereo. Voli di linea e charter partiti dagli aeroporti italiani. Evoluzione del traffico passeggeri e merci e dei consumi di energia

Osserviamo che, da quando è divenuta operativa la liberalizzazione del settore, la determinazione delle quantità di carburante (carboturbo o “jet kerosene”) consumato nei voli in partenza da tutti gli aeroporti italiani, operati da qualunque vettore, è diventata problematica e non è rilevata da alcuna fonte statistica ufficiale. Il Bilancio Energetico Nazionale dichiara la quantità di carburante fornito complessivamente nell’anno a tutti i vettori nei nostri aeroporti, ma la quantità di carburante effettivamente consumato per effettuare tutti i voli in partenza è superiore del 10-15% in quanto molti vettori si riforniscono parzialmente all’estero. I consumi indicati nella tabella per il 2003 sono il risultato di una accurata valutazione effettuata dall’APAT tenendo conto del mix dei modelli di aerei che operano nei nostri aeroporti e dei loro consumi medi nelle fasi LTO e di crociera.

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3. I COSTI ESTERNI DEI GAS SERRA

Gli impatti dei cambiamenti climatici di responsabilità umana formano l’oggetto di una vasta letteratura internazionale e in particolare delle sistematiche ricerche, ormai più che decennali, condotte dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), l’organismo costituito ad hoc nel 1988 dalle Nazioni Unite.

I risultati delle ricerche dell’IPCC sono riconosciuti come il riferimento internazionale più autorevole, e su di essi è fondato il complesso processo di negoziazione che ha preso avvio nel 1992 con la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC).

Nel suo Third Assessment Report, del 2001, l’IPCC afferma che esistono nuove e più forti evidenze sull’origine antropica del riscaldamento globale osservato negli ultimi 50 anni, che la composizione dell’atmosfera continuerà a modificarsi nel XXI secolo provocando cambiamenti climatici che si protrarranno per molti secoli, e che questi cambiamenti saranno tanto più marcati quanto più alto sarà il valore a cui si riuscirà a stabilizzare la concentrazione dei gas serra in atmosfera. I modelli messi a punto e continuamente perfezionati dall’IPCC mostrano che una stabilizzazione entro il 2100 della concentrazione di CO2 ad un livello non superiore a 550 parti per milione (il doppio del livello preindustriale) conterrebbe l’aumento medio della temperatura terrestre entro i 2 °C; si tratta però di un traguardo ben difficile da realizzare in quanto rende necessaria a partire dal 2025/2030 una “svolta tecnologica” senza precedenti per rispondere alla domanda mondiale di energia, riducendo drasticamente il ricorso ai combustibili fossili.

3.1 LA METODOLOGIA DI VALUTAZIONE MONETARIA DEI GAS SERRA

L’applicazione dell’approccio dei sentieri d’impatto ai gas serra presenta notevoli complessità e incertezze sia nella fase di ricostruzione dei sentieri d’impatto, sia in sede di valutazione economica.

Il progetto comunitario ExternE si è cimentato con la valutazione dei danni dei cambiamenti climatici e dei relativi gas serra nell’ambito del “core-project”, cioè quella parte del progetto dedicata allo sviluppo della base metodologica comune ai vari settori.8 Ciò è avvenuto sviluppando e utilizzando due diversi modelli di calcolo dei danni dei cambiamenti climatici, che hanno cercato di integrare il patrimonio

8 M. Holland et al (eds), ExternE – Externalities of Energy, Vol 7. – Methodology 1998 update, European

Commission DG XII, Bruxelles 1999.

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conoscitivo sviluppato dall’IPCC nell’ambito dei suoi rapporti di valutazione. I modelli utilizzati in ambito ExternE sono:

- il modello FUND dell’IVM (Institute for Environmental Studies, Amsterdam, Olanda);

- il modello Open Framework dell’ECU (Environmental Change Unit, Oxford, Gran Bretagna).

Pur nella diversità specifica delle metodologie dei due modelli, i settori d’impatto che sono stati prima quantificati in termini fisici e poi valutati in termini economici dai due modelli sono simili:

− gli effetti diretti dell’aumento di temperatura sulla salute umana (colpi di freddo e di calore, diffusione di malattie infettive come la malaria, etc.);

− i danni associati alla crescita graduale del livello medio del mare;

− gli effetti delle variazioni climatiche sulle produzioni agricole;

− la variazione di disponibilità di risorsa idrica (solo quantificata, senza valutazione dei danni).

Nell’ambito di tali modelli non sono stati invece valutati i danni agli ecosistemi e alla biodiversità (per le difficoltà di valutazione dei beni propriamente “ambientali”, accentuate da un orizzonte temporale così ampio) e i danni degli eventi meteorologici puntuali ed estremi, come uragani o alluvioni (per la mancanza di serie storiche adeguate e per l’incertezza ancora prevalente sui nessi di causa-effetto per tali eventi). E’ stato inoltre adottato un approccio cautelativo a fronte della diversa capacità di adattamento dei paesi del globo agli effetti dei cambiamenti climatici, escludendo dagli scenari considerati gli effetti sociali di tipo catastrofico (carestie, migrazioni e guerre) associati all’innalzamento del livello dei mari, agli impatti sull’agricoltura e alla riduzione di risorsa idrica.

Nella presentazione dei risultati relativi ai due modelli, che riportiamo nella tab. 8, il rapporto ExternE illustra un range di stima dei costi esterni dei gas serra che è funzione dei tassi di sconto consigliati (definito “illustrative restricted range”); infatti, esso non formula una scelta definitiva relativa al tasso di sconto da prendere come riferimento: si limita ad suggerire i tassi di sconto compresi fra l’1% e il 3%.

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Tab. 8 - Costi esterni marginali delle emissioni di gas serra 1995-2005 valutati fino al 2100 (ECU95/t)

Gas serra Unità di misura

FUND Open Framework

Tasso di sconto

1% 3% 1% 3%

CO2 ECU/t 46 19 44 20

CH4 ECU/t 530 350 400 380

N2O ECU/t 17000 6400 26000 11000

Fonte: ExternE, vol. 8, Global Warming Damages, 1998.

Il rapporto ExternE sottolinea con forza la necessità di segnalare l’elevata incertezza implicita nelle stime fornite, attribuibile sia alle numerose assunzioni relative ai parametri dei modelli utilizzati, sia agli impatti non valutati. L’incertezza è tale da portare gli autori ad affermare, in sede di conclusioni del lavoro svolto, che “un approccio coerente con un’ottica di sviluppo sostenibile richiederebbe la considerazione dettagliata degli effetti a lungo termine, della stabilità degli ecosistemi e degli effetti di scala. Si suggerisce quindi l’utilizzo di un quadro di valutazione che associ alla stima dei danni marginali anche altri approcci. In ogni caso, il calcolo dei danni rimarrà una componente importante di qualsiasi valutazione integrata.”9

Sulla base di questa valutazione complessiva dei risultati del progetto ExternE, gli studi successivi promossi dalla Commissione europea che hanno affrontato il problema della valutazione economica delle emissioni di gas serra (UNITE e Recordit) hanno ritenuto opportuno cambiare approccio, sposando il metodo dei costi della riduzione delle emissioni di CO2. Occorre rilevare, tuttavia, che questo metodo, oltre che non idoneo dal punto di vista dell’analisi costi-benefici (esso infatti valuta il danno della CO2 al medesimo costo necessario per ridurla), presenta elementi di incertezza non meno rilevanti, riguardanti l’entità dell’obiettivo di riduzione da prendere come riferimento, i paesi per i quali calcolare il costo di riduzione e gli strumenti ipotizzati nel processo di riduzione (alcuni dei quali comportano enormi difficoltà di valutazione, come ad esempio il mercato europeo delle emissioni, i cui tetti complessivi non sono ancora noti, essendo il processo di definizione dei tetti nazionali ancora non ultimato).

Per quanto riguarda l’obiettivo di riferimento, l’approccio più rigoroso dovrebbe essere quello di sostenibilità ecologica, in quanto coerente con la prevenzione di

9 Pag. 109 di ExternE, vol. 7, Methodology, 1998.

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cambiamenti climatici eccessivamente rapidi e intensi (o al maggior contenimento possibile di tali cambiamenti, essendo il fenomeno già in atto, secondo l’IPCC). Nel suo Terzo Rapporto di Valutazione, l’IPCC ritiene che la riduzione delle emissioni di gas serra necessaria di stabilizzare le concentrazioni di CO2 in atmosfera ad un livello che consenta di prevenire un’interferenza pericolosa col sistema climatico (finalità della Convenzione quadro sul clima), sia il 50% al 2030 rispetto al 1990. Mancano tuttavia valutazioni attendibili dei costi di riduzione per pervenire a quell’obiettivo, anche perché in virtù del principio di equità riconosciuto dalla Convenzione sul clima non è scontato che tale obiettivo globale si traduca in un medesimo obiettivo per l’Unione europea e i paesi industrializzati. Il progetto comunitario UNITE (2000-2003) ha seguito un approccio di consenso politico invece che esclusivamente scientifico sull’obiettivo di riduzione, preferendo adottare come riferimento l’impegno sottoscritto dall’Unione europea nell’ambito del protocollo di Kyoto (-8% rispetto al novanta nel periodo 2008-2012).10 Il “prezzo ombra” adottato da UNITE per la valutazione della CO2, è pari a 20 euro/tonn. CO2; esso è stato ricavato analizzando i risultati di uno studio condotto da Capros e Mantzos nel 2000 ed è considerato da UNITE una “stima centrale” fra il costo di riduzione previsto con un mercato delle emissioni fra tutti i paesi del globo (5 euro/tonn.) e quello previsto con un mercato delle emissioni limitato all’interno dell’UE (38 euro/tonn.). Quest’ipotesi (valore centrale), è in linea di massima condivisibile, in quanto il mercato delle emissioni comunitario prevede un meccanismo di “apertura” al commercio delle emissioni evitate ottenute mediante progetti in paesi in via di sviluppo (cosiddetto Clean Development Mechanism) e progetti di cooperazione fra paesi industrializzati (Joint Implementation), il cui costo è oggi valutato mediamente in circa 6 $ a tonnellata di CO2 equivalente.

Nel complesso, occorre sottolineare la necessità di ulteriore ricerca per perfezionare le stime derivanti da entrambi gli approcci (della valutazione del danno e dei costi di riduzione). Peraltro, sebbene su un piano prettamente empirico i risultati dei due approcci non siano al momento dissimili (i modelli di valutazione del danno stimano un valore di circa 20 euro/tonn. CO2, al tasso di sconto 3%), occorre ricordare i numerosi e importanti impatti non valutati dalla metodologia del danno. In questo studio preferiamo uniformarci alle assunzioni della ricerca comunitaria adottando il valore di 20 euro/tonn. CO2 equivalente, ricordando che si tratta di un valore del tutto cautelativo.

10 Ricordiamo per inciso che gli impegni del protocollo di Kyoto consistenti in una riduzione quantitativa

delle emissioni riguardano solo i Paesi industrializzati (non tutti, fra l’altro, li hanno ratificati, come ad es.

gli Stati Uniti). Nonostante tali impegni, le emissioni globali al 2010 sono previste in crescita per il

crescente apporto delle emissioni dei paesi in via di sviluppo.

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Un problema particolare sorge nella valutazione economica delle emissioni di CO2

del trasporto aereo. Nel 1999 l’IPCC ha pubblicato il rapporto “Aviation and Global Atmosphere”, 1999), che ha analizzato il contributo delle sostanze emesse ad alta quota dagli aerei nel modificare le proprietà chimiche e fisiche dell’atmosfera e, in particolare, quello dato dai gas di breve durata, precursori di gas ad effetto serra. E’ questo il caso degli NOx, che si comportano come precursori dell’ozono, la cui efficacia come gas serra è massima proprio intorno ai 12.000 metri, cioè alla quota di crociera dei voli internazionali. Il rapporto ha così proposto l’uso di un nuovo indice per misurare il contributo del trasporto aereo al cambiamento climatico, l’RFI (radiative forcing index), definito come il rapporto fra il forzante radiativo totale e quello dovuto alle sole emissioni di CO2. Il forzante radiativo totale indotto dall’aviazione è dato dalla sommatoria di tutti i forzanti primari (emissioni di CO2, polveri) e secondari (risposte indirette dell’atmosfera, come la formazione di metano, ozono, solfati, tracce di condensazione). L’RFI è una misura dell’importanza del cambiamento climatico indotto dall’aviazione rispetto a quello derivante dalle emissioni dirette di CO2. Il rapporto dell’IPCC ha calcolato l’RFI per vari tipi di tecnologie e scenari emissivi dell’aviazione, ottenendo risultati dell’indice che variano fra 2,2 e 3,4, che testimoniano la necessità di prendere in seria considerazione e di indagare ulteriormente gli effetti a carattere secondario, non specificamente associati alle emissioni dirette di CO2. In virtù di questi risultati, nel caso del trasporto aereo riteniamo opportuno applicare un coefficiente moltiplicativo del valore di costo della CO2, pari a 2,5, seguendo in questo l’ipotesi formulata dallo studio INFRAS/IWW (2004).

3.2 LA QUANTIFICAZIONE DELLE EMISSIONI

Di seguito sono brevemente descritte le modalità con cui è stata effettuata la quantificazione delle emissioni di gas serra dovute, in Italia, ai mezzi di trasporto nel 2003 e vengono forniti i principali risultati. Per la CO

2 tale quantificazione è stata

effettuata a partire dai consumi di combustibile in base ai fattori di emissione, espressi in tonnellate per tonnellata equivalente di petrolio (tep) di combustibile, forniti dalla tab. 9.

Le emissioni degli altri gas serra di cui sono responsabili i trasporti, cioè il metano CH4 e il protossido di azoto N2O, non sono invece stechiometricamente legate alle quantità di combustibile consumato ma dipendono dalle modalità di combustione e vanno quindi valutate caso per caso secondo opportune metodologie, tra le quali in questo studio sono state adottate quelle raccomandate dall’Agenzia Europea dell’Ambiente.

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Carbone da vapore 3,955

Lignite 4,147

Petrolio greggio 3,035

Olio combustibile denso 3,202

Gasolio 3,066

Jet Kerosene (carboturbo) 2,960

Benzine 2,868

GPL 2,610

Gas naturale 2,320

Fonte: elaborazione ENEA secondo metodologia IPCC

Tab. 9 - Fattori di emissione di CO2 di alcuni combustibili e carburanti (tCO2 /tep)

3.2.1 Emissioni di gas serra. Strada

La tab. 10 fornisce le emissioni di CO2 dovute all’esercizio dei veicoli stradali. Essa è stata ricavata utilizzando i risultati dell’inventario Corinair, riaggregandoli secondo le categorie di veicoli di nostro interesse e distinguendo tra ciclo di guida urbano, rurale e autostradale. Rapportando i valori assoluti delle emissioni con quelli dei volumi di traffico visti in precedenza, sono state inoltre calcolate le emissioni specifiche, riferite cioè all’unità di traffico (passeggero x chilometro e tonnellata x chilometro); si tratta di un indicatore significativo, che esprime la maggiore o minore attitudine di una categoria veicolare a contribuire al contenimento dell’effetto serra e che consente il confronto con le altre modalità di trasporto.11 Può esser utile notare che, tenendo conto del fattore medio di occupazione delle auto pari a 1,75 passeggeri, in base al nostro studio le emissioni chilometriche medie di CO2 delle autovetture circolanti nel 2003 sono state pari a 183 g CO2/km,12 un livello ben più elevato rispetto all’obiettivo fissato dalla Commissione europea nel 1995 (120 gCO2/km per le auto immatricolate nel 2005), successivamente tradottosi in un impegno volontario delle case automobilistiche europee (ACEA) per raggiungere i 140 g CO2 al 2008. Le ragioni di tale discrepanza vanno individuate non solo nell’uso di un ciclo di guida teorico nella fissazione degli obiettivi, ma anche nella

11 Analoghe tabelle, che per brevità non vengono esposte, sono state elaborate per le emissioni di CH4 e di

N2O; da esse si evince che il contributo di questi due gas, misurato in termini di CO2 equivalente e

rapportato alle emissioni di CO2, è differente per le varie categorie di veicoli ma per l’intera modalità

stradale ammonta complessivamente a circa il 3%.

12 Quantificando in termini di CO2 equivalente anche gli altri gas serra, le emissioni medie delle

autovetture circolanti nel 2003 sono risultate pari a 192,5 g/km.

24

forte diffusione che hanno avuto i condizionatori d’aria nelle autovetture, una dotazione ormai permanente (ben più che un optional) che ha comportato un incremento dei consumi dell’ordine di 2,5 litri/100 km nei percorsi urbani e di 1 litro/100 km in quelli extraurbani (sia per le vetture diesel che per quelle a benzina). Si noti che anche altri accessori e/o tecnologie di bordo incidono sui consumi (dispositivo catalitico, asservimenti e automatismi vari, condizionatore, etc.), per cui è prioritario stimolare la ricerca verso soluzioni tecnologiche innovative, capaci di garantire il comfort all’utente con l’esigenza di contenere al massimo i consumi e le emissioni di gas serra.

25

Tab. 10 - Trasporto su strada. Emissioni assolute ed emissioni specifiche di CO2 nel 2003

(U) urban; (R ) rural; (H) highway

Emissioni assolute Emissioni specifiche

totali (U) (R ) (H) totali (U) (R ) (H)

(kt) (g/pkm) (g/tkm)

STRADA 116.171 39.360 40.370 36.440

Trasporto passeggeri 76.787 30.553 26.410 19.825

Uso privato 73.317 29.316 25.601 18.400 103 190 71 93

Autovetture 69.277 26.684 24.332 18.262 105 219 71 93

benzina 42.047 19.567 13.258 9.223 110 219 70 91

diesel 23.610 5.701 9.968 7.942 96 234 72 96

GPL 3.620 1.416 1.107 1.097 102 177 71 94

Motocicli e ciclomotori 4.040 2.632 1.269 138 80 81 76 91

motocicli 2.282 1.402 742 138 75 77 70 91

ciclomotori 1.758 1.230 527 86 86 86

Uso collettivo - Bus e pullman 3.471 1.236 809 1.425 31 60 26 24

Autobus urbani 873 814 59 72 75 48

Pullman 2.598 422 751 1.425 26 43 25 24

Trasporto merci 39.383 8.807 13.960 16.616 158 293 146 134

Veicoli leggeri 13.693 5.002 5.737 2.955 685 1.000 522 739

Veicoli pesanti 25.690 3.806 8.223 13.661 112 152 98 114

Fonte: elaborazione Amici della Terra su dati Copert

26

3.2.2 Emissioni di gas serra. Rotaia

La procedura di calcolo delle emissioni di gas serra imputabili ai veicoli su rotaia ha tenuto conto delle due diverse forme di energia utilizzate per la trazione (elettricità e gasolio). Per quanto riguarda le emissioni di CO2 imputabili alla trazione elettrica, la procedura adottata, assumendo che tutta l’energia utilizzata per la trazione sia stata prelevata dalla rete pubblica, ha valutato accuratamente le emissioni di CO2 associate ad ogni kWh disponibile sulla rete e prelevato dall’utente in alta tensione. Tale valutazione, effettuata sulla base di dati dichiarati dal Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale (GRTN), e su un censimento effettuato dall’APAT, ha portato al risultato di 602,6 gCO2 per kWh prodotto da impianti termoelettrici. Tenuto conto dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili (emissioni nulle), delle importazioni da fonte nucleare e delle perdite di trasmissione in rete, è stato ottenuto il risultato finale di 490,2 g per kWh prelevato dalla rete. A questo valore è stato aggiunto il contributo degli altri due gas serra (CH4 e N2O) emessi dalle centrali termoelettriche, valutabile in circa 10 grammi di CO2 equivalente/kWh.13

Le emissioni imputabili alla trazione diesel sono state calcolate a partire dai consumi di gasolio, utilizzando il relativo fattore di emissione, pari a 3,066 tCO2/tep. Anche in questo caso, è stato aggiunto il contributo di CH4 e N2O che, secondo le indicazioni dell’Agenzia Europea dell’Ambiente, è tutt’altro che indifferente: 0,388 t CO2 eq./tep (il 12% delle emissioni di CO2).

La tab. 11 riporta le emissioni specifiche e assolute di CO2 per l’intera modalità su

rotaia, calcolate secondo le procedure descritte.14 Va evidenziata l’elevata efficienza del trasporto su rotaia in termini di emissioni specifiche di CO2 rispetto al trasporto su strada: esse risultano circa tre volte inferiori rispetto al trasporto su strada sia nel settore passeggeri che in quello merci (34 g/pkm per la rotaia passeggeri contro i 103 g/pkm dei veicoli privati su strada; 36 g/tkm per la rotaia merci contro i 112 g/tkm dei veicoli industriali > 3,5 tonn. di massa).

13 Per l’esattezza, le stime APAT valutano il contributo del CH4 pari a 1,51 g CO2 eq./kWh, e il contributo

dell’N2O pari a 7,13 gCO2 eq./kWh.

14 Per brevità non vengono esposti i risultati relativi agli altri gas serra, del cui contributo si terrà

comunque conto in fase di valutazione monetaria.

27

Tab. 11: Trasporto su rotaia. Emissioni assolute e specifiche di CO2 nel 2003

Emissioni totali di CO2

Emissioni specifiche

(GWh) CO2(kt) (tep) CO2(kt) (kt)(gCO2/pkm) (gCO2/tkm)

Passeggeri

FS 2.923 1.433 49.536 152 1.585 35,0

Ferr. concesse 125 61 52.260 160 221 43,7

Tranvie 67 33 - - 33 32,0

Metropolitane 213 105 - - 105 21,3

Totale 3.329 1.632 101.796 312 1.944 34,6

Merci

FS 1.565 767 26.509 81 848 36,2

Ferr. concesse 2 1 1.011 3 4 45,1

Totale 1.567 768 27.520 84 852 36,2 TOTALE 2.400 396 2.796

Fonte: elaborazione Amici della Terra su dati APAT

GasolioEnergia elettrica

3.2.3 Emissioni di gas serra. Aereo

La tab. 12 fornisce le emissioni di CO2 per il trasporto aereo commerciale, tanto in termini assoluti che specifici, separatamente per passeggeri e merci. Le emissioni assolute di CO2 sono state valutate a partire dai consumi di carburante, utilizzando il fattore di emissione del carboturbo (jet kerosene), pari a 2,960 tCO2/tep.

Il contributo complessivo degli altri gas serra in termini di CO2 equivalente è inferiore all’1% e pertanto non lo abbiamo incluso nella valutazione finale.

Tab. 12 - Trasporto aereo commerciale. Emissioni assolute e specifiche di CO2 nel 2003

Consumo di carboturboEmissioni assolute di

CO2

Emissioni specifiche di CO2

(ktep) (kt) (gCO2/pkm) (gCO2/tkm)

Passeggeri 3.832,6 11.342,4 147

Merci 283,4 838,8 556

TOTALE 4.116,0 12.181,2

Fonte: elaborazione Amici della Terra su dati APAT

Aereo

28

3.2.4 Emissioni di gas serra. Strada, rotaia e aereo a confronto

La tab. 13 mostra l’evoluzione delle emissioni di CO2 imputabili alla mobilità dei veicoli per le tre modalità esaminate, nel periodo 1995-2003.

Tab.13 - Strada, rotaia, aereo. Evoluzione delle emissioni di CO2 (kt)

1995 1997 1999 2001 2003Variazione 2003/1995

(%)

Strada 103.573 105.438 109.574 113.955 116.171 12,2

Rotaia 3.034 3.071 2.953 2.835 2.796 -7,8

Aereo 7.047 7.922 9.640 10.336 12.181 72,9

TOTALE 113.654 116.431 122.167 127.126 131.148 15,3

Fonte: elaborazione Amici della Terra La diminuzione delle emissioni imputabili alla rotaia è da ascriversi in parte alla leggera contrazione dei volumi di traffico e, in parte, alla diminuzione delle emissioni dovute alla trazione elettrica in virtù di un crescente uso del gas nella produzione termoelettrica. Per contro, la strada è responsabile di un forte incremento di emissioni (12,5 milioni di tonnellate, pari al 12,2%) e così pure l’aereo (5 milioni di tonnellate, pari al 72,9%); complessivamente, l’esercizio dei mezzi di trasporto delle tre modalità ha comportato, tra il 1995 e il 2003, un aumento delle emissioni di CO2 pari a oltre 17 milioni di tonnellate (+ 15,3%). Questa tendenza, assai difficile da invertire in tempi brevi, dimostra che il settore dei trasporti è quello che renderà problematico per l’Italia il rispetto dell’obiettivo di Kyoto.

3.3 I COSTI ESTERNI DEI GAS SERRA DEI TRASPORTI

La tab. 14 riporta in forma sintetica i risultati della valutazione monetaria dei costi esterni dei gas serra nel 2003, ottenuti applicando i criteri di valutazione illustrati nel cap. 3.1. La valutazione è stata effettuata prendendo in considerazione i tre gas serra CO2, CH4 e N2O (con l’eccezione della modalità aerea, per la quale è stata considerata solo la CO2, a cui peraltro è stato applicato un coefficiente peggiorativo del danno in base al maggior forzante radiativo complessivo delle emissioni dell’aviazione). La tabella riporta, per riferimento, anche le emissioni di CO2 totali (in quanto principale gas serra) e di CO2 equivalente che hanno costituito la base di calcolo in termini fisici.

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Tab. 14 - Strada, rotaia, aereo. Emissioni e costi esterni dei gas serra (CO2 , CH 4 , N 2 O) nel 2003

Emissioni assolute CO2

Emissioni CO2

equivalenteCosti esterni

Quota dei costi esterni per categoria

(kt) (106 euro) (%)

STRADA 116.171 120.386 2.408 78,3

Trasporto passeggeri 76.787 80.319 1.606 52,2

Uso privato 73.317 76.799 1.536 50,0

Autovetture 69.277 72.567 1.451 47,2

benzina 42.047 44.069 881 28,6

diesel 23.610 24.761 495 16,1

GPL 3.620 3.737 75 2,4

Motocicli 2.282 2.403 48 1,6

Ciclomotori 1.758 1.829 37 1,2

Uso collettivo - Bus e pullman 3.471 3.520 70 2,3

Trasporto merci 39.383 40.067 801 26,0

Veicoli leggeri 13.693 13.994 280 9,1

Veicoli pesanti 25.690 26.073 521 16,9

ROTAIA 2.796 2.889 58 1,9

Trasporto passeggeri 1.944 2.012 40 1,3

Trasporto merci 852 877 18 0,6

AEREO 12.181 * 609 19,8

Trasporto passeggeri 11.342 * 567 18,4

Trasporto merci 839 * 42 1,4

TOTALE GENERALE 131.148 135.456 3.075 100,0

* Le emissioni di CH4 e N2O non sono state quantificate

Fonte: elaborazione Amici della Terra (2005) Un confronto più accurato tra le modalità può essere effettuato osservando la fig. 1 che mostra, per le varie categorie di veicoli, i costi esterni in termini specifici, cioè rapportati ai rispettivi volumi di traffico. Per quanto riguarda il trasporto passeggeri, i mezzi pubblici su rotaia e su gomma si qualificano come i più vantaggiosi; l’aereo è il mezzo che impone alla collettività i maggiori costi, seguito dalle autovetture. Nel trasporto merci, la modalità più conveniente è la rotaia, seguita dai veicoli merci pesanti su strada; la distribuzione delle merci coi veicoli leggeri ed ancor più il trasporto via aerea si confermano invece le modalità di gran lunga più svantaggiose.

30

Fig. 1 - Costi esterni specifici dei gas serra

2,78

0,07

0,32

0,73

0,07

0,18

0,21

0,20

0,23

0,22

0,16

0,06

0,20

0,23

1,40

0,00 0,50 1,00 1,50 2,00 2,50 3,00

AEREO

ROTAIA

STRADA

Veicoli pesanti

Veicoli leggeri

AEREO

ROTAIA

STRADA

Bus e pullman

Ciclomotori

Motocicli

GPL

diesel

benzina

Autovetture

(cent di euro/pkm-tkm)

PASSEGGERI

MERCI

31

4. I COSTI ESTERNI DELL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO

4.1 LA METODOLOGIA DI VALUTAZIONE DEI COSTI ESTERNI

DELL ’ INQUINAMENTO ATMOSFERICO

La valutazione dei costi esterni dell’inquinamento atmosferico dovuto alle varie modalità di trasporto ha utilizzato una metodologia desunta da un’ampia rassegna dei più recenti studi sviluppati nell’ambito della ricerca comunitaria successivi a ExternE Transport, basati sull’approccio dei sentieri d’impatto. Nonostante alcune lacune ed incertezze che perdurano nella valutazione di alcuni tipi di effetti (in particolare quelli sugli ecosistemi e sul patrimonio storico-architettonico delle città italiane), la rassegna della letteratura ha consentito di individuare i costi esterni unitari (per tonnellata di inquinante emesso) più idonei per il nostro paese, calcolati con la metodologia dei sentieri d’impatto e con riferimento ai principali fattori di contesto che influenzano la valutazione (la popolazione su scala locale e quella su scala regionale). In letteratura, la metodologia dei sentieri d’impatto è stata applicata prevalentemente ai trasporti su strada e su rotaia; ulteriori sviluppi della ricerca sono invece necessari nella valutazione dei costi esterni associati alle emissioni ad alta quota del trasporto aereo.

Gli inquinanti considerati, coerentemente con l’inventario delle emissioni Corinair e con gli studi basati sull’approccio dei sentieri d’impatto delle emissioni, sono l’anidride solforosa (SO2), gli ossidi d’azoto (NOX), le polveri con diametro inferiore a 10 micron (PM10), l’ossido di carbonio (CO) e i composti organici volatili (COV).

Per quanto concerne le modalità di selezione dei valori di danno unitario più idonei per i singoli inquinanti, si è ritenuto opportuno far riferimento ad un apposito studio promosso dalla Commissione europea, che ha avuto come principale finalità quella di fornire valori di danno unitario “consigliati” per i diversi contesti europei. Si tratta del data base BeTa (2002), realizzato da Netcen-AEA Technology per conto della DG ENV della Commissione europea.15

Il data base è stato sviluppato con riferimento alle seguenti categorie di fonti di emissione:

- tutte le sorgenti di emissione in ambito rurale nella UE15 (quindi applicabile ai trasporti, agli impianti di combustione per la produzione di

15 Cfr. Netcen-AEA Technology (P. Watkiss e M. Holland) “Estimates of the Marginal External Costs of

Air Pollution in Europe” (2002).

32

elettricità o di calore, impianti industriali, etc.). In questo caso i valori di danno sono stati calcolati su una scala geografica vasta, compresa entro 1000 km dalla fonte (scala regionale).

- sorgenti di emissione al livello del suolo in ambito urbano (trasporti urbani). In questo caso i valori di danno sono stati calcolati su una scala esclusivamente locale.

Il data base BeTa si fonda su apposite simulazioni effettuate negli Stati Membri dell’UE15 e in alcune città europee, applicando una versione aggiornata della metodologia ExternE rispetto a quella pubblicata in vari volumi nel 1998. La novità sostanziale di BeTa è l’assunzione di un valore della Vita Umana Statistica (VSL) pari a 1 milione di euro, così come suggerito dalla DG ENV della Commissione europea nel 2000,16 invece che 3,1 milioni di ECU adottati da ExternE.

Le emissioni inquinanti e le categorie di danno prese in considerazione da BeTa sono:

- PM2,5 e PM10 (particolato con diametro inferiore rispettivamente a 2,5 e 10 micron): effetti diretti sulla salute umana;

- SO2 (anidride solforosa): effetti sanitari diretti della SO2 e quelli indiretti degli aerosol solfati (particolato secondario) generati dall’anidride solforosa; effetti della SO2 e delle piogge acide sui materiali;

- NOx (ossidi di azoto): effetti sanitari degli aerosol nitrati (particolato secondario) generati dagli ossidi di azoto; effetti della formazione indotta di ozono sulla salute e sulle produzioni agricole;

- COV (composti organici volatili): effetti della formazione indotta di ozono sulla salute e sulle produzioni agricole.

Nel caso del CO (monossido di carbonio), BeTa non fornisce valori di danno, considerandoli trascurabili quando si considerino i sentieri d’impatto sopraelencati (così come messo in evidenza anche da ExternE Transport). Per quanto riguarda l’ozono,17 a differenza degli altri inquinanti primari e secondari presi in considerazione da ExternE, i risultati di BeTa si basano su un modello che tiene

16 Il valore consigliato dalla Commissione è il risultato di una rassegna condotta da un apposito Gruppo di

Lavoro costituito dalla DG ENV nel 2000.

17 Ricordiamo che l’ozono è un gas secondario, cioè non è emesso direttamente dai veicoli, ma la sua

formazione è fortemente associata a due gas precursori (NOx e COV) e a vari fattori meteorologici che

rendono estremamente complessa la sua modellizzazione.

33

conto della non linearità degli effetti sanitari dei due gas precursori, in base al quale gli effetti dell’ozono dipendono anche dai valori di concentrazione di background per NOx e COV, e questo in una maniera che può addirittura invertire il senso della relazione: negli Stati Membri in cui i livelli di NOx sono particolarmente elevati, ulteriori emissioni di NOx possono ridurre il livello di ozono invece che aumentarlo (questo è quanto risultato per l’Italia nell’anno in cui è stato applicato il modello di BeTa). In accordo con la Commissione, BeTa ha assunto un valore di danno dell’ozono per unità di NOx pari a zero in tutti quei paesi in cui si verifica tale inversione. Nei casi in cui la correlazione è positiva, è stato invece assunto il valore di danno risultante dall’applicazione del modello.

Per il resto la metodologia di ricostruzione fisica dei sentieri d’impatto è sostanzialmente la stessa di ExternE Transport. Gli effetti sanitari sono distinti in relazione alla durata dell’esposizione della popolazione al fattore di rischio; la valutazione comprende sia gli effetti “acuti” (immediatamente rilevabili dopo poche ore o giorni dall’esposizione), che gli effetti “cronici” associati alle emissioni dirette di particolato e alla formazione di particolato secondario tramite gli aerosol solfati e nitrati (rilevabili dopo mesi o anni di esposizione). Secondo BeTa, il momento temporale atteso di manifestazione dell’effetto associato all’esposizione all’inquinamento ha una rilevanza ai fini della valutazione economica degli effetti sanitari; per cui il VSL di riferimento (1 milione di euro, valido per la mortalità acuta), nel caso della mortalità cronica, che presenta un periodo medio di latenza di 18 anni, giunge a dimezzarsi (490.000 euro).

Va evidenziato che alcuni tipi di sentieri d’impatto non sono stati valutati da BeTa. Si ritiene che alcuni di essi possano avere una notevole rilevanza, come nei casi degli effetti dell’inquinamento atmosferico sugli ecosistemi terrestri e acquatici (effetti dell’acidificazione sulla vegetazione e sui corpi idrici, e gli effetti di eutrofizzazione associati all’azoto sui suoli e sulla qualità delle acque) o degli effetti del particolato e dell’acidificazione sul patrimonio storico-architettonico (particolarmente rilevante nel nostro paese).

4.2 LA QUANTIFICAZIONE DELLE EMISSIONI

4.2.1 Emissioni dei trasporti su strada

La valutazione in termini fisici delle emissioni inquinanti da trasporto su strada è stata elaborata sulla base dell’inventario Corinair. La metodologia Corinair è stata promossa e sviluppata dalla DG-XI della Comunità europea nell’ambito del più vasto programma CORINE (Coordination of Information on the Environment), avviato nel 1985 con l’obiettivo di armonizzare la raccolta e l’organizzazione delle informazioni sullo stato dell’ambiente e delle risorse naturali nella Comunità e di

34

sviluppare un sistema informativo geografico come supporto alla formulazione e all’implementazione della politica comunitaria in materia ambientale. La parte del programma relativa alla raccolta e all’organizzazione delle informazioni sulle emissioni in atmosfera costituisce il programma Corinair.

L’inventario Corinair prende in esame 11 gruppi di attività (macrosettori); uno di questi è appunto il trasporto su strada. La stima delle emissioni del macrosettore trasporto su strada si basa su una metodologia specifica e alquanto sofisticata, detta COPERT (Computer Programme for calculating Emissions from Road Traffic). Per una descrizione dettagliata della metodologia COPERT, che viene continuamente perfezionata e aggiornata dall’Agenzia Europea dell’Ambiente, rimandiamo ai nostri precedenti Rapporti. Il COPERT suddivide i veicoli in un centinaio di categorie (distinte per tecnologia, anzianità, cilindrata) e, sulla base di numerose assunzioni, per ciascuna di esse stima le emissioni annue. Le assunzioni riguardano la percorrenza annua e la sua ripartizione tra percorsi urbani, extraurbani e autostradali, le velocità medie, le condizioni climatiche, la lunghezza media dei percorsi, i carichi; esse vengono annualmente aggiornate dall’APAT in base alle informazioni disponibili e a consultazioni con esperti e operatori del settore.

La metodologia COPERT fornisce, al massimo livello di disaggregazione, la stima delle emissioni dei tre gas serra, dei cinque inquinanti principali e dell’ammoniaca, di sette metalli pesanti; fornisce inoltre la stima dei consumi di carburante, consentendone la quadratura in base ai dati del Bilancio Energetico Nazionale. Per le nostre valutazioni, i dati di uscita del COPERT 2003 sono stati riaggregati al livello di nostro interesse; limitatamente ai cinque inquinanti principali, i risultati sono esposti nella tab. 15, che ha costituito la base per le successive elaborazioni.

35

Tab. 15 - Trasporto su strada. Emissioni inquinanti nel 2003 (tonnellate)

(U) urban

SO2 NOX PM 10 CO COVNM

totali (U) totali (U) totali (U) totali (U) totali (U)

STRADA 13.682 3.662 599.486 164.879 43.433 15.988 2.787.021 1.938.785 453.622 316.443

Trasporto passeggeri 6.743 2.147 314.865 97.703 20.154 9.304 2.625.402 1.864.911 407.739 299.839

Uso privato 6.117 1.924 279.638 83.291 18.634 8.651 2.616.444 1.860.562 403.584 298.098

Autovetture 5.954 1.818 274.374 80.930 16.209 6.631 1.986.224 1.470.068 237.484 177.192

benzina 1.696 789 157.202 54.693 1.615 813 1.784.564 1.391.976 212.328 161.523

diesel 4.258 1.028 85.500 19.162 14.213 5.673 57.969 27.789 11.027 6.658

GPL - - 31.672 7.075 381 145 143.691 50.303 14.129 9.011

Motocicli e ciclomotori 163 106 5.264 2.362 2.424 2.020 630.220 390.493 166.100 120.906

motocicli 92 57 4.785 2.027 612 368 424.102 246.520 39.662 30.723

ciclomotori 71 50 479 334 1.813 1.652 206.118 143.973 126.438 90.183

Uso collettivo 626 223 35.227 14.412 1.520 653 8.958 4.349 4.154 1.741

Autobus urbani 157 147 10.613 9.922 437 415 3.176 3.021 1.034 997

Pullman 468 76 24.614 4.490 1.083 238 5.782 1.328 3.120 744

Trasporto merci 6.939 1.515 284.622 67.176 23.280 6.684 161.618 73.874 45.884 16.604

Veicoli leggeri 2.309 830 69.876 28.031 10.112 3.900 95.568 60.145 13.235 8.624

Veicoli pesanti 4.630 686 214.746 39.145 13.168 2.785 66.050 13.729 32.649 7.979

Fonte: elaborazione Amici della Terra su dati Copert

36

Le emissioni di SO2 sono state valutate in base ai tenori medi di zolfo dei carburanti distribuiti in Italia che, nel 2003, sono risultati inferiori rispetto ai limiti allora vigenti sia nel caso della benzina che del gasolio (cfr. tab. 16).

Tab. 16 - Limite del tenore di zolfo nei carburanti secondo la normativa vigente e tenore medio di zolfo misurato nei carburanti venduti (ppm).

Limite anni 2000-2004

Tenore medio nel 2003

Limite dal 2005

Benzina 150 62,73 50

Gasolio 350 282,93 50

Fonte: APAT (2005)

I modelli impiegati nel COPERT presentano tuttavia alcuni limiti, tra i quali è opportuno segnalare: la sottostima delle emissioni delle auto catalizzate più vecchie (in quanto i modelli non tengono conto della perdita di efficacia del catalizzatore con l’invecchiamento); la mancata stima delle emissioni delle auto a metano (circa 300.000 auto, meno dell’1% del parco nazionale), dovuta alla carenza di informazioni attendibili sui fattori di emissione; la sottostima delle emissioni di PM10, in quanto in una situazione di incertezza scientifica sulle emissioni di questo tipo di inquinante da parte dei motori a benzina e a GPL, il COPERT considera un fattore di emissione nullo. Nel caso del PM10 abbiamo preferito attribuire un fattore di emissione, per quanto basso, suggerito dalla stessa APAT. La tab. 17 tiene conto di questa integrazione.18

18 Sottolineiamo peraltro che i fattori di emissione suggeriti dall’APAT sono estremamente cautelativi e

risultano notevolmente inferiori ai valori assunti nella letteratura internazionale.

37

Tab. 17 - Autovetture. Evoluzione del parco, delle percorrenze e dei consumi di energia

1995 1997 1999 2001 2003Variazione 2003/1995

(%)

Parco circolante (migliaia) 30.096 30.986 31.773 32.909 34.004 13,0

Quota auto a benzina non catalizzate (%) 71 60 48 37 28

Quota auto a benzina catalizzate (%) 15 25 35 42 47

Quota auto diesel (%) 10 11 13 17 22

Quota auto GPL (%) 4 4 4 4 3

Emissioni di NOx (t) 557.369 497.304 404.836 313.139 274.374 -50,8

Emissioni di CO (t) 4.374.852 3.796.590 3.028.497 2.293.026 1.986.224 -54,6

Emissioni di COVNM (t) 709.511 603.476 454.194 319.504 237.484 -66,5

Emissioni di CO2 (t) 65.113.281 65.925.646 68.406.738 66.115.069 69.277.427 6,4

Emissioni di CH4

(tonn equivalenti di CO2) 695.016 676.872 599.550 505.169 341.687 -50,8

Emissioni di N2O (tonn equivalenti di CO2) 1.500.710 1.801.410 2.338.950 2.553.190 2.947.705 96,4

Fonte: elaborazione Amici della Terra su dati Copert

4.2.2 Emissioni associate al trasporto su rotaia

La valutazione in termini fisici delle emissioni inquinanti da trasporto su rotaia è stata effettuata separatamente per i veicoli a trazione elettrica (emissioni delle centrali termoelettriche, sorgenti fisse in ambiente extraurbano) e per quelli a gasolio (emissioni dei locomotori diesel, sorgenti mobili che possono interessare sia l’ambiente extraurbano che quello urbano). Le emissioni legate alla trazione elettrica sono state quantificate moltiplicando i consumi di elettricità per le emissioni unitarie, cioè associate ad ogni unità di energia (kWh) disponibile sulla rete pubblica e prelevata in alta tensione; queste ultime sono state calcolate dall’APAT sulla base delle emissioni del parco termoelettrico nazionale rapportate a tutta l’energia resa disponibile in alta tensione sulla rete nazionale (al netto delle perdite). Le emissioni dovute ai locomotori diesel sono state stimate in base ai consumi di gasolio, ai loro fattori medi di emissione e al tenore di zolfo nel gasolio monitorato nel 2003, pari a circa 280 ppm. La tab. 18 fornisce, separatamente per il trasporto passeggeri e per quello merci, i valori assoluti delle emissioni di ciascuno dei cinque inquinanti; per le Ferrovie dello Stato l’attribuzione delle emissioni al trasporto passeggeri e a quello merci è diretta conseguenza dell’attribuzione dei consumi di energia (proporzionalità alle tonnellate chilometro lorde di treno completo -TKBTC).

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Tab. 18 - Trasporto su rotaia . Emissioni inquinanti nel 2003 (tonnellate)

(1) imputabili alla trazione elettrica (2) imputabili alla trazione diesel

SO2 NOX PM 10 CO COVNM(1) (2) (1) (2) (1) (2) (1) (2) (1) (2)

Passeggeri 2.167 55 1.403 5.988 76 499 380 1.996 55 998

FS 1.903 27 1.232 2.914 67 243 334 971 49 486

Ferrovie concesse 81 28 53 3.074 3 256 14 1.025 2 512

Tranvie 44 28 2 8 1

Metropolitane 139 90 5 24 4

Totale emissioni passeggeri (1)+(2)

Merci 1.020 15 660 1.619 36 135 179 540 26 270

Totale emissioni merci (1)+(2)

TOTALE EMISSIONI (passeggeri + merci) 3.258 9.670 746 3.094 1.349

Fonte: elaborazione Amici della Terra su dati APAT, Ferrovie dello Stato

2961.035 2.279 171 718

1.0532.222 7.391 575 2.376

39

4.2.3 Emissioni del trasporto aereo

Nel caso del trasporto aereo sono state quantificate separatamente, per ciascun inquinante, le emissioni associate ai cicli LTO e quelle imputabili alla fase di crociera (cfr. tab. 19). La valutazione è stata effettuata prendendo a base i rispettivi consumi di carburante ed adottando i fattori di emissione suggeriti dall’APAT (distinti per gli aerei impiegati nel traffico nazionale e per quelli tipici del traffico internazionale); i fattori di emissione, generalmente maggiori per i cicli LTO che per la fase di crociera (le emissioni di NOx costituiscono un’eccezione), riflettono le diverse condizioni che influiscono sulla combustione nelle varie fasi del volo. Si noti che, nel caso del particolato, l’APAT quantifica solo le emissioni dei cicli LTO e non anche quelle di crociera, per cui la successiva valutazione monetaria tiene conto solo del particolato emesso nella fase di rullaggio/decollo/atterraggio. Il fattore di emissione della SO2, assunto pari a 6 grammi/kg di carburante, corrisponde allo 0,3% del tenore di zolfo, che ancora oggi è consentito per il carboturbo (3.000 ppm contro le attuali 50 ppm previste per il gasolio per autotrazione).

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Tab. 19 - Trasporto aereo commerciale. Emissioni inquinanti nel 2003 (tonnellate)

(1) imputabili ai cicli LTO (2) imputabili alla fase di crociera

SO2 NOX PM10 CO COVNM

(1) (2) (1) (2) (1) (2) (1) (2) (1) (2)

Passeggeri 2.747 19.579 5.625 48.827 339 - 5.615 4.292 1.464 1.719

Totale passeggeri (1)+(2)

Merci 156 1.495 320 3.745 22 - 338 312 95 135

Totale merci (1)+(2)

TOTALE GENERALE

Fonte: elaborazione Amici della Terra su dati APAT, ENAC

4.0651.651

3.183

23165022

22.326 54.452 339 9.907

3.41423.976 58.517 361 10.557

41

4.4 EMISSIONI MEDIE : STRADA, ROTAIA E AEREO A CONFRONTO

I dati contenuti nelle tabelle 15, 18 e 19 rispettivamente per la modalità stradale, su rotaia e aerea consentono interessanti considerazioni sulla compatibilità ambientale dei vari veicoli e modi di trasporto. Essi possono infatti essere rapportati ai rispettivi volumi di traffico per ricavare le emissioni in termini specifici, cioè riferite al pkm o alla tkm. Nella tab. 20 sono esposte le emissioni specifiche dei cinque inquinanti per autovetture, autobus e pullman, treni FS e aerei, ottenute sulla base dei dati relativi alle caratteristiche tecnologiche del parco circolante nel 2003.

SO2 NOX PM 10 CO COVNM

Autovetture 9 415 25 3.005 359

Bus e pullman 6 319 14 81 38

Treni FS 43 92 7 29 12

Aerei 289 705 4 * 128 41

* Escluse le emissioni in fase di crociera

Fonte: elaborazione Amici della Terra (2005)

Tab. 20 - Emissioni specifiche di inquinanti per alcune categorie di veicoli nel 2003 (mg/pkm)

Si tratta di un confronto sommario, in quanto ottenuto rapportando, per ciascuna categoria di veicoli, le emissioni totali annue, ovunque generate, ai volumi di traffico complessivamente realizzati nell’anno in qualunque ambito; dal confronto comunque emerge la migliore prestazione del trasporto ferroviario dei passeggeri rispetto alle autovetture ed anche ai mezzi pubblici su gomma, con l’eccezione dell’SO2, inquinante per il quale la ferrovia risulta penalizzata dalle forti emissioni delle centrali termoelettriche, raramente dotate di impianti di desolforazione anche se bruciano combustibili a tenore di zolfo relativamente elevato. Per contro il dato relativo alle emissioni di particolato degli aerei è sottostimato, in quanto come già detto l’APAT non quantifica le emissioni in fase di crociera. Confronti più significativi potrebbero essere effettuati calcolando le emissioni specifiche con riferimento a determinati ambiti e categorie veicolari.

4.5 LA VALUTAZIONE MONETARIA

Come illustrato nel cap. 4.1, per la valutazione in termini monetari dei danni associati all’inquinamento atmosferico si è fatto riferimento ai valori di danno unitario forniti dal data base BeTa (2002), ricavati applicando la metodologia di ExternE dei sentieri d’impatto in numerosi casi studio europei ed espressi in funzione dei principali parametri influenti (la popolazione su scala locale

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nell’intorno del tragitto e quella su scala regionale). Trattandosi, nel nostro studio, di una valutazione dei costi esterni su scala nazionale, è stata applicata una procedura di applicazione dei valori di danno unitario, preliminarmente differenziati in funzione del contesto di emissione, alle classi di emissioni relative ai diversi contesti. Di fatto, le emissioni nazionali sono state ripartite nelle classi di popolazione del contesto in cui esse avvengono.

La tab. 21 fornisce un riepilogo dei costi esterni dell’inquinamento atmosferico dei trasporti, con il dettaglio relativo alle singole categorie di inquinanti primari. Con riferimento alle ultime due colonne, si noti che il traffico stradale, nonostante la tendenza al miglioramento dovuta all’introduzione di normative più severe su motori e carburanti, è sempre di gran lunga il maggiore responsabile di questa esternalità (7.277 milioni di euro, pari al 91,2% del totale per le tre modalità). In particolare, il parco circolante dei veicoli merci pesanti e i due sottoinsiemi del parco circolante di autovetture, quello delle non catalizzate a benzina (28% del parco autovetture) e quello dei diesel convenzionali (4,2%), sono i maggiori responsabili per i costi esterni dell’inquinamento, contribuendo rispettivamente per il 25,1%, il 16,9% e il 4,2% dei costi esterni delle tre modalità.

Per quanto riguarda l’analisi delle responsabilità dei singoli inquinanti, occorre distinguere fra concentrazioni presenti in atmosfera ed emissioni primarie. Dal punto di vista delle concentrazioni in atmosfera, l’inquinante atmosferico più preoccupante per la salute è il particolato, non tanto per il suo potenziale lesivo diretto, ma soprattutto perché il particolato si forma -per i processi di trasformazione chimica in atmosfera- attraverso precursori come gli ossidi di azoto (NOx) e l’anidride solforosa (SO2), che sono emessi in quantità ben superiori al particolato nell’ambito dei processi di combustione (quindi, non solo nel settore dei trasporti, ma anche in quello della produzione di energia elettrica così come degli altri usi energetici). Secondo le più recenti valutazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità19, che da molti anni segue i problemi sanitari associati all’inquinamento atmosferico, al PM2,5 possono essere attribuiti ogni anno oltre 170.000 anni attesi di vita perduti (cosiddetti YOLL-Year of Life Lost), corrispondenti in media a 12.000 decessi prematuri per cause cardiovascolari e respiratorie (mediamente si hanno infatti 14 anni di vita perduti per decesso). Ovviamente, solo una parte di questi effetti sanitari può essere attribuita ai trasporti, in quanto anche altri settori e fonti di emissione sono chiamati in causa (riscaldamento e altri usi energetici), e in questa analisi delle cause prime occorre tener conto anche delle altre categorie di emissioni inquinanti, suscettibili di trasformarsi in particolato secondario. Secondo le stime effettuate

19 OMS, “Le politiche di mobilità urbana per la promozione della salute e il contenimento delle emissioni

nocive”, VI Seminario di sanità pubblica OMS. Roma, 22 giugno 2005.

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dall’ENEA nell’ambito della Commissione Nazionale Emergenza Inquinamento Atmosferico, istituita nel febbraio del 2005, il contributo del particolato secondario alle concentrazioni medie complessive varia fra il 50 e l’80% in ambito nazionale, e -su una scala più ridotta- anche le celle corrispondenti ai contesti più inquinati (Milano e pianura padana) presentano un contributo degli inquinanti secondari dell’ordine del 50-60%.

Per quanto concerne più specificamente le emissioni dei trasporti, il nostro studio evidenzia che la formazione di particolato secondario e di ozono troposferico dovuta alle emissioni di ossidi di azoto costituisce la minaccia principale in termini di effetti per la salute e di costi esterni per la collettività. Con riferimento alla fig. 2, agli ossidi di azoto sono infatti attribuibili 4.740 milioni di euro di costi esterni sui 7.981 dovuti complessivamente ai principali inquinanti dei trasporti (59%). Le emissioni dirette di particolato, dovute essenzialmente al parco di autovetture diesel e di veicoli merci, incidono invece per il 21%. Da segnalare anche l’elevata incidenza delle emissioni di COVNM, dovute soprattutto alle autovetture non catalizzate e ai ciclomotori, che incidono per il 17% del totale dei costi esterni. Sebbene anche le emissioni di anidride solforosa (SO2) siano suscettibili di trasformarsi in particolato, il loro contributo ai costi esterni dell’inquinamento è limitato al 3% in virtù delle politiche attuate nell’ultimo decennio di progressiva riduzione del tenore di zolfo nei carburanti per autotrazione (tali emissioni appaiono ancora rilevanti nel settore del trasporto aereo).

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Tab 21 - Costi esterni imputabili alle emissioni inquinanti dovute ai trasporti nel 2003 (milioni di euro)

SO2 (%) NOX (%) PM (%) COVNM (%) Totale costi

esterni (%)

STRADA 115 45,7 4.256 89,8 1.636 97,9 1.270 96,4 7.277 91,2 Trasporto passeggeri 61 24,2 2.236 47,2 890 53,3 1.142 86,6 4.329 54,2 Uso privato 55 21,9 1.985 41,9 827 49,5 1.130 85,8 3.997 50,1

Autovetture 53 21,0 1.948 41,1 657 39,3 665 50,5 3.323 41,6 non catalizzate benzina 5 2,0 783 16,5 71 4,2 490 37,2 1.348 16,9 catalizzate benzina 14 5,4 333 7,0 5 0,3 105 8,0 457 5,7 convenzionali diesel 6 2,4 107 2,3 211 12,6 9 0,7 333 4,2 euro diesel 28 11,2 500 10,5 355 21,3 22 1,7 905 11,3 GPL - - 225 4,7 15 0,9 40 3,0 279 3,5

Motocicli 1 0,5 34 0,7 33 2,0 111 8,4 179 2,2 Ciclomotori 1 0,4 3 0,1 137 8,2 354 26,9 495 6,2

Uso collettivo - Bus e pullman 6 2,4 250 5,3 64 3,8 12 0,9 331 4,2 Trasporto merci 54 21,4 2.021 42,6 745 44,6 128 9,8 2.949 36,9 Veicoli leggeri 22 8,8 496 10,5 393 23,5 37 2,8 948 11,9 Veicoli pesanti 32 12,7 1.525 32,2 352 21,1 91 6,9 2.000 25,1 ROTAIA 17 6,7 69 1,4 31 1,9 7 0,5 123 1,5 Trasporto passeggeri 11 4,6 52 1,1 24 1,5 6 0,4 94 1,2 Trasporto merci 5 2,1 16 0,3 7 0,4 1 0,1 29 0,4 AEREO 120 47,7 415 8,8 4 0,3 41 3,1 581 7,3 Trasporto passeggeri 112 44,4 387 8,2 4 0,2 38 2,9 540 6,8 Trasporto merci 8 3,3 29 0,6 0 0,0 3 0,2 40 0,5 TOTALE GENERALE 252 100,0 4.740 100,0 1.671 100,0 1.318 100,0 7.981 100,0 Fonte: elaborazione Amici della Terra (2005)

45

NOX

59%

PM10

21%

SO2

3%COVNM17%

Fig. 2 - Costi esterni dell'inquinamento atmosferico. Contributo dei singoli inquinanti nel 2003

TOTALE COSTI ESTERNI 7.981 milioni di euro

Un altro modo di analizzare i risultati della nostra indagine è la prospettiva delle responsabilità attribuibili alle singole categorie di veicoli. La fig. 3 mostra le nostre stime dei costi esterni specifici dell’inquinamento per le varie modalità e categorie di veicoli. Nell’ambito del trasporto passeggeri, la rotaia (0,17 cent euro/pkm) si dimostra migliore della strada nel suo complesso (0,53 cent euro/pkm); ma all’interno della modalità stradale i vari veicoli sono caratterizzati da prestazioni notevolmente differenti tra loro. Tra le autovetture, la migliore prestazione è quella delle catalizzate a benzina (0,16 cent euro/pkm), la peggiore quella delle auto a benzina non catalizzate (1,52 cent euro/pkm) per le rilevanti emissioni di NOx e COVNM di quest’ultime. Gli autobus e i pullman, il cui carburante prevalente è il gasolio, impongono costi esterni pari a 0,3 cent euro/pkm, cioè doppi rispetto alle auto catalizzate a benzina ma poco meno di tre volte inferiori a quelli delle auto diesel convenzionali (0,83 cent euro/pkm). I ciclomotori, con 2,42 cent euro/pkm, sono i più dannosi di tutti, un risultato negativo dovuto soprattutto alle rilevantissime emissioni specifiche di COVNM, circa venti volte superiori rispetto a quelle delle autovetture (la diffusione dei ciclomotori catalizzati di seconda generazione consente di ridurre le emissioni specifiche di COVNM di circa il 75%, portando tale rapporto a circa cinque volte).

In termini generali, è presumibile che negli anni futuri proseguirà la tendenza al miglioramento del parco circolante, dovuta sia alla graduale sostituzione delle auto a benzina non catalizzate, sia al prevalere delle auto diesel di nuova generazione (le

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cosiddette ecodiesel); anche la graduale scomparsa dei ciclomotori a due tempi potrà avere un ruolo non indifferente.

Nell’ambito del trasporto merci, è assai più evidente il divario tra i costi esterni del trasporto su rotaia (0,15 cent euro/tkm) e quello su strada (1,18 cent euro/tkm; 0,87 cent euro/tkm per la sola categoria dei veicoli di massa massima superiore alle 3,5 tonnellate). Il motivo è sempre da ascriversi alle forti emissioni di particolato (ma anche di NOx) dei motori diesel e allo scarso fattore di occupazione medio dei veicoli leggeri usati per la distribuzione delle merci (nell’ambito di questo studio abbiamo assunto 370 kg di carico medio), dovuto alla nota irrazionalità che caratterizza questa attività. Il valore del costo esterno per tkm imposto dai veicoli leggeri è molto elevato (4,74 cent euro/tkm) e dimostra la necessità di provvedimenti finalizzati all’incremento del fattore di carico, intervenendo sulla filiera distributiva.

2,66

0,12

1,18

4,74

0,70

0,17

0,16

1,52

0,50

2,42

0,79

0,83

0,59

0,30

0,53

0,87

0,44

0,00 0,50 1,00 1,50 2,00 2,50 3,00 3,50 4,00 4,50 5,00

AEREO

STRADA

Veicoli leggeri

AEREO

STRADA

Ciclomotori

GPL

convenzionali diesel

non catalizzate benzina

PASSEGGERI

MERCI

Fig.3 - Costi esterni specifici dell'inquinamento atmosferico

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5. I COSTI ESTERNI DEL RUMORE

Il rumore, in particolare quello generato dai trasporti, è tra le principali cause del peggioramento della qualità della vita nelle nostre città. Una grande parte della popolazione italiana è esposta a livelli di rumorosità considerati inaccettabili dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e notevolmente superiori ai limiti massimi indicati dalla normativa.

I problemi legati alle metodologie di misura e caratterizzazione del rumore, agli effetti nocivi sull’uomo dell’esposizione al rumore, ai provvedimenti per combattere e ridurre l’inquinamento acustico sono estremamente complessi e tuttora materia di ricerca. Essi formano l’oggetto di una vasta letteratura, alla quale si è ispirato il corpo normativo che si è gradualmente sviluppato a partire dagli anni ’70 in ambito comunitario e, più recentemente, in Italia.

Ricordiamo brevemente che l’intensità di un campo sonoro viene misurata attraverso il livello di pressione sonora L

p espresso in decibel (dB):

Lp = 10 log (p / p0)

2

essendo p0 la pressione sonora di riferimento pari a 20 micropascal. Poiché la

sensibilità dell’orecchio umano varia con la frequenza (è massima per i suoni tra 1 kHz e 5 kHz, è minore per le frequenze più elevate e ancora minore per le frequenze più basse), gli strumenti di misura sono in pratica tarati secondo una curva di ponderazione (detta curva o scala A) che riproduce al meglio le caratteristiche di sensibilità dell’orecchio umano medio; i livelli così misurati sono quindi espressi in dB(A).

Poiché i suoni e i rumori sono generalmente variabili nel tempo, è stato introdotto il concetto di “livello equivalente” Leq(A) come livello costante corrispondente alla media energetica degli eventi sonori registrati nel periodo di misura. Il livello equivalente è universalmente adottato nelle normative nazionali e internazionali, nonostante esso non si presti a misurare correttamente il disturbo generato da rumori occasionali o rapidamente variabili nel periodo di misura; in questi casi le normative prevedono la contemporanea misura del livello massimo istantaneo e prevedono opportune correzioni al valore del livello equivalente. Sono spesso impiegati, inoltre, i cosiddetti “livelli statistici” Ln(A), cioè i livelli superati per una certa percentuale del periodo di misura, tipicamente i livelli L90(A), L50(A), L10(A). Nel penalizzare il valore di Leq(A) si può anche tenere conto del numero degli eventi sonori registrati. Le ricerche miranti al perfezionamento delle definizioni e dei metodi di valutazione sono numerose, complesse e tuttora in corso.

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In Italia la legge di riferimento sull’inquinamento acustico è la Legge 26 ottobre 1995, n. 447 (nota anche come “legge quadro sul rumore”), che stabilisce i principi fondamentali in materia di tutela dell’ambiente esterno e di quello abitativo dall’inquinamento acustico. L’operatività della legge quadro è strettamente legata alla completa emanazione ed attuazione di tutta la normativa secondaria. L’amministrazione statale ha emanato numerosi provvedimenti applicativi, fra i quali il decreto che definisce le classi di destinazione d’uso del territorio (aree particolarmente protette, ad uso prevalentemente residenziale, di tipo misto, ad intensa attività umana, prevalentemente industriali, esclusivamente industriali), il decreto sulle metodologie di misura e caratterizzazione del rumore e quello sui requisiti acustici degli edifici. Per quanto riguarda il settore trasporti, sono stati emanati numerosi decreti sul controllo del rumore aeroportuale e un decreto sul contenimento del rumore prodotto dalle infrastrutture ferroviarie e dalle metropolitane di superficie. Solo nel 2004 è stato emanato l’importante decreto che disciplina l’inquinamento acustico provocato dal traffico stradale (Decreto del Presidente della Repubblica 30 Marzo 2004, n. 142, ”Disposizioni per il contenimento e la prevenzione dell'inquinamento acustico derivante dal traffico veicolare”). Tale decreto, fra l’altro, stabilisce l'ampiezza delle fasce di "attenzione acustica" dove applicare i limiti e fissa i decibel permessi in tutte le infrastrutture stradali, sia quelle di nuova costruzione che quelle già esistenti.

Mentre l’amministrazione nazionale era impegnata, ai suoi vari livelli, nell’attuazione della legge quadro, nel 2002 è stata emanata una nuova direttiva comunitaria (2002/49/CE del 25 giugno 2002), che comporta un rilancio della strategia nazionale riguardante l’inquinamento acustico, prevedendo l’utilizzo di nuovi indicatori per misurare l’esposizione al rumore, l’elaborazione di mappe strategiche per individuare le aree dove questi indicatori segnalano situazioni critiche e la predisposizione di piani di azione per gestire tali situazioni. La direttiva avrebbe dovuto essere recepita entro il 18 luglio 2004.

5.1 LA METODOLOGIA DI VALUTAZIONE DEI COSTI ESTERNI DEL RUMORE

Solo di recente la ricerca scientifica ha applicato l’approccio dei sentieri d’impatto alla valutazione dei costi esterni del rumore. In base alla rassegna degli studi da noi effettuata (UNITE 2000-2003; Recordit 2000-2001; DIEM 2004; INFRAS/IWW 2004), possiamo affermare che è maturato un ampio consenso scientifico nel quantificare e sommare fra di loro due tipi di effetti del rumore dei trasporti:

1. danni sanitari: sono generalmente calcolati mediante una procedura di ricostruzione dei sentieri d’impatto sanitario che utilizza funzioni esposizione/risposta desunte dall’evidenza epidemiologica disponibile e valori di danno unitario distinti per tipo di effetto sanitario. Gli effetti sanitari

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comunemente quantificati sono: infarto del miocardio (fatale e non fatale), Angina pectoris (non fatale) e gli episodi di ipertensione con ricovero ospedaliero, tutti associati ad una soglia di rumore abbastanza elevata (media di 70 dB (A) nell’intero arco della giornata);

2. danni non sanitari (mero disagio, o “perdita di amenità”). Pur non manifestandosi sintomatologie patologiche, l’individuo che si sente disturbato nello svolgimento delle proprie attività, ivi incluso il sonno, può esprimere una disponibilità a pagare per evitare la fonte del disturbo. Il livello di soglia della disponibilità a pagare è generalmente posto a partire dal livello medio di 55 dB (A) misurato nell’intero arco della giornata.

Gli studi della nostra rassegna differiscono per le modalità di valutazione dei danni non sanitari del rumore , in quanto taluni applicano il cosiddetto “metodo edonico”, basato sui differenziali dei canoni d’affitto in funzione del livello di rumore, altri invece applicano direttamente il metodo della valutazione contingente della disponibilità a pagare per ridurre la “perdita di amenità” dovuta al rumore dei trasporti. Sul piano teorico riteniamo che quest’ultimo metodo sia più idoneo del primo, in quanto evita di stimare la disponibilità a pagare su un mercato prossimo (quello immobiliare) che potrebbe “catturare” valore in relazione all’altro tipo di effetti stimati del rumore, quelli sanitari: con parole più semplici, il metodo della valutazione contingente della disponibilità a pagare per la riduzione di amenità evita il problema di un possibile doppio conteggio nella valutazione dei costi esterni del rumore.

La metodologia da noi adottata è stata desunta dal contributo fornito da P. Bickel dello IER di Stoccarda (l’istituto che ha coordinato il progetto ExternE Transport 1995-1998) nell’ambito del progetto comunitario DIEM (2004). Per quanto riguarda gli effetti non sanitari, Bickel adotta valori di disponibilità a pagare per evitare le “perdite di amenità” dovute al rumore ottenuti col metodo della valutazione contingente. La funzione adottata da Bickel è crescente in maniera lineare rispetto al livello di esposizione, e precisamente pari a 18 euro per ogni dB (A) sopra i 55 dB (A) per persona esposta all’anno.

L’applicazione della metodologia dei sentieri d’impatto alla valutazione del rumore dei trasporti richiede la disponibilità di dati riguardanti la popolazione esposta alle classi di rumore medio giornaliero (LDEN), imputabili alle tre modalità (strada, rotaia e aereo). Questi dati, determinanti per la bontà dei risultati, sono tuttavia carenti e poco aggiornati per quanto riguarda le stime a livello nazionale. La prima ricerca su grande scala sull’esposizione al rumore della popolazione dei principali Paesi europei è stata realizzata nel 1993 dall’OCSE che, insieme all’OMS, ha studiato gli effetti nocivi del rumore ed ha organizzato una raccolta sistematica di dati. Tale ricerca, che riguardava anche l’Italia, è diventata un riferimento obbligato per tutti

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gli studi successivi. INFRAS/IWW, nei suoi tre rapporti sulle esternalità dei trasporti nei Paesi europei (1995, 2000, 2004), ha adottato, integrandole, le tabelle della popolazione esposta al rumore elaborate dall’OCSE; esse sono state fatte proprie anche dal Consiglio Europeo dei Ministri dei Trasporti (CEMT), che ha più volte affrontato il tema dei costi ambientali e sociali imputabili ai trasporti e quello della loro internalizzazione. Per quanto ci riguarda, in mancanza di dati affidabili sui livelli di esposizione della popolazione nazionale al rumore dei trasporti, in questo Rapporto continuiamo a prendere come riferimento i dati dell’OCSE, modificandoli per quanto riguarda la modalità stradale in base ai dati forniti dal Ministero dell’Ambiente, per quanto riguarda la rotaia utilizzando i dati di popolazione esposta (nelle fasce di controllo previste dalla normativa) forniti dalle Ferrovie dello Stato e, per quanto riguarda la modalità aerea usando i dati dell’Associazione Nazionale Comuni Aeroportuali Italiani (ANCAI). Il risultato di queste elaborazioni è riportato nella tab. 22.

L DEN dB(A) 55-60 60-65 65-70 70-75 >75 Totale

Strada 18,49 12,14 7,03 2,11 0,60 40,37

Rotaia 0,82 0,59 0,30 0,09 0,02 1,83

Aereo 1,42 1,02 0,42 0,20 0,12 3,18

Tab.22 - Popolazione italiana esposta al rumore dovuto ai trasporti nel 2003 (milioni di persone)

Fonte: elaborazione Amici della Terra su dati OCSE, Ministero dell’Ambiente, Ferrovie dello Stato, ANCAI

51

5.2 I COSTI ESTERNI DEL RUMORE

La tab. 23 fornisce i costi esterni del rumore da noi stimati per le varie modalità di trasporto utilizzando la metodologia appena illustrata.

Costo esterno totale per classeTotale costo

esterno

L DEN dB(A) 55-60 60-65 65-70 70-75 >75

STRADA 832 1.639 1.582 855 316 5.224

danno sanitario 190 79 269

danno non sanitario 832 1.639 1.582 665 238 4.955

ROTAIA 37 79 69 38 12 235

danno sanitario 8 3 12

danno non sanitario 37 79 69 30 9 223

AEREO 64 138 95 81 63 440

danno sanitario 18 16 34

danno non sanitario 64 138 95 63 48 407

TOTALE GENERALE 933 1.856 1.745 974 392 5.899

Fonte: elaborazione Amici della Terra (2005)

Tab. 23 - Costi esterni per classi di popolazione esposta al rumore dei trasporti e costi esterni totali 2003 (milioni di euro)

I costi esterni del rumore complessivamente dovuti alle tre modalità ammontano a circa 5.900 milioni di euro. Circa l’89% sono dovuti al trasporto su strada, il 7% a quello aereo e il 4% al trasporto su rotaia. Dal punto di vista del tipo di danno, è possibile notare che la componente relativa ad effetti sanitari è modesta (15% del totale), mentre prevale la componente di valore associata alla perdita di amenità. Ciò è dovuto al fatto che, in base ai dati disponibili -come già detto, poco affidabili- la popolazione esposta a livelli molto elevati di rumore (> 70 dB (A)), suscettibili di provocare danni sanitari, è relativamente contenuta. Si noti poi che, nonostante siano stati adottati valori di disponibilità a pagare proporzionalmente crescenti a partire dalla soglia dei 55 db(A), il danno complessivo si riduce a partire dalla classe dei 65-70 dB(A), in virtù di una riduzione più che proporzionale della popolazione esposta.

Dopo aver calcolato il costo esterno del rumore per ciascuna modalità, la nostra procedura ha individuato le specifiche responsabilità delle varie categorie di veicoli ai livelli di esposizione al rumore (cfr. tab. 24). La ripartizione è stata effettuata in base alle percorrenze complessive annue di ciascuna categoria di veicoli, ponderate secondo opportuni fattori che riflettono l’attitudine di ciascun tipo di veicolo a produrre rumore nelle condizioni medie di marcia. Per la rotaia, sono state considerate solo due categorie, treni passeggeri e treni merci; per l’aereo si fa riferimento ai volumi di traffico.

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(106 euro) (%)

STRADA 5.224 88,6

Trasporto passeggeri 2.599 44,1

Uso privato 2.414 40,9

Autovetture 1.547 26,2

Motocicli 516 8,8

Ciclomotori 350 5,9

Uso collettivo - Bus e pullman 185 3,1

Trasporto merci 2.625 44,5

Veicoli leggeri 1.108 18,8

Veicoli pesanti 1.517 25,7

ROTAIA 235 4,0

Trasporto passeggeri 140 2,4

Trasporto merci 95 1,6

AEREO 440 7,5

Trasporto passeggeri 408 6,9

Trasporto merci 32 0,5

TOTALE GENERALE 5.899 100,0

Fonte: elaborazione Amici della Terra (2005)

Tab. 24 - Strada, rotaia, aereo. Costi esterni del rumore 2003 (milioni di euro)

Costo esterno

Nell’ambito del trasporto su strada, si ha un contributo quasi identico del traffico passeggeri e di quello merci. Fra le varie categorie di veicoli, un notevole contributo è dato dai mezzi a due ruote, con circa il 15% sui costi esterni del rumore per le tre modalità.

La fig. 4, infine, riporta i costi esterni specifici del rumore, ottenuti rapportando i valori della tab. 24 ai volumi di traffico realizzati da ciascuna categoria di veicoli.

2,12

0,40

1,05

0,66

0,53

0,28

0,32

0,17

0,23

5,54

1,71

0 1 2 3 4 5 6

AEREO

ROTAIA

STRADA

Veicoli pesanti

Veicoli leggeri

AEREO

ROTAIA

STRADA

Bus e pullman

Motocicli/ciclomotori

Autovetture

(cent di euro/pkm-tkm)

PASSEGGERI

MERCI

Fig. 4 - Costi esterni specifici del rumore

53

In termini di rumore la prestazione del trasporto passeggeri su strada è compromessa dall’elevata rumorosità delle due ruote (1,71 cent euro/pkm). Infatti, sia i bus che le autovetture presentano costi esterni specifici inferiori alla rotaia (rispettivamente 0,17 cent euro/pkm e 0,23 cent contro i 0,27 cent euro/pkm della rotaia), ma la cattiva prestazione delle due ruote determina un costo esterno medio del trasporto su strada superiore a quello della rotaia. Spicca invece la forte rumorosità del trasporto aereo (0,53 cent euro/pkm). I veicoli merci su strada provocano nel loro complesso costi esterni specifici superiori a quelli della rotaia, ma non a quelli dell’aereo, la modalità più rumorosa in termini monetari. Si noti che la cattiva prestazione dei veicoli leggeri per la distribuzione delle merci va letta in relazione non solo alle emissioni sonore di questa categoria di veicoli, ma soprattutto alla loro scarsa capacità di carico (rispetto ai mezzi pesanti) e al loro utilizzo prevalente in ambito urbano, dove si concentra la popolazione esposta.

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6. I COSTI ESTERNI DEGLI INCIDENTI

6.1 LA METODOLOGIA DI VALUTAZIONE DEI COSTI ESTERNI DEGLI INCIDENTI

Sebbene in passato la valutazione dei costi esterni degli incidenti fosse considerata fra le più consensuali, l’affinamento dell’analisi teorica e delle metodologie di valutazione ha portato all’evidenziazione di carenze dei sistemi di rilevamento statistico sui sentieri d’impatto sanitario degli incidenti e di alcuni punti ancora controversi, il cui superamento necessita di ulteriore ricerca.

Ovviamente, l’importanza di una corretta analisi degli effetti dell’incidentalità è maggiore nel caso dei trasporti stradali, per cui quanto diremo nel seguito è prevalentemente riferito alla gravità del problema sociale degli incidentalità stradale.

Per quanto concerne le carenze dei sistemi di rilevamento statistico, occorrerebbe un grosso sforzo per migliorare il monitoraggio statistico delle conseguenze dell’incidentalità stradale lungo l’intero arco di dispiegamento temporale di tali effetti. Numerose sono le pubblicazioni riguardanti l’incidentalità stradale, ma mancano rilevazioni sistematiche che consentano di valutarne i costi sociali, cioè che consentano un monitoraggio dei sentieri d’impatto sanitario, dalle cause prime (responsabilità dei conducenti delle varie categorie di veicoli) agli effetti intermedi e finali in termini di accessi al pronto soccorso, ricoveri ospedalieri, trattamenti di riabilitazione, invalidità permanenti (per grado ed età del soggetto). Anche sui decessi imputabili agli incidenti vi è una perdurante incertezza, in conseguenza della diversità di criteri di rilevamento adottati dalle autorità competenti (fonti di polizia e fonti sanitarie).

Per quanto concerne gli aspetti metodologici controversi nella valutazione dei costi esterni, il principale riguarda l’adesione o meno alla teoria del club degli utenti, e le implicazioni di tale approccio nella valutazione dei rischi individuali dell’incidentalità: lo studio comunitario UNITE (2000), la cui finalità è la stima dei costi sociali totali degli incidenti, considera i costi dei rischi individuali come costi interamente interni al cosiddetto “club degli utenti” (in questa prospettiva i costi esterni sono dati dalla somma dei soli costi di trattamento ospedaliero, dei costi di pronto intervento e di quelli giudiziari). Lo studio INFRAS/IWW (2004), invece, così come i precedenti nostri studi, non sconta il valore del rischio privato individuale, che va quindi a sommarsi agli altri costi indotti sulla collettività (trattamento ospedaliero, etc.). INFRAS/IWW ritiene che un’adeguata percezione dei rischi che porti a scelte modali e di guida perfettamente razionali è “molto difficile se non impossibile”, per cui considera l’intero valore del rischio come costo esterno. Per quanto ci riguarda, condividiamo quest’ultima prospettiva, di razionalità

55

limitata del gestore del mezzo di trasporto, e rigettiamo l’approccio del club degli utenti, i cui limiti a nostro parere possono essere così sintetizzati:

- non considera come costi esterni i danni ai pedoni;

- l’utente non è perfettamente razionale; gli incidenti accadono perché nelle specifiche circostanze la percezione del rischio è distorta o viene addirittura meno (guida in stato di ubriachezza, distrazioni a bordo, condizioni avverse del manto stradale, etc.);

- la percezione del rischio nella guida di mezzi relativamente meno vulnerabili rispetto ad altri veicoli (ad es. mezzi pesanti rispetto alle auto e alle due ruote) spesso non tiene conto dei rischi indotti su altre categorie di veicoli. Di conseguenza, quando l’approccio di club è usato per il calcolo dei costi esterni totali dell’incidentalità, esso non consente di evidenziare le responsabilità differenziate delle categorie di veicoli per il rischio da incidenti.

Ai fini della presente indagine, per il calcolo dei costi esterni degli incidenti abbiamo contabilizzato le componenti di costo riportate nella tab. 25. Si noti che i premi assicurativi relativi alla responsabilità civile per i danni alla persona, già sostenuti dagli utenti, vanno sottratti dalla sommatoria delle prime tre componenti. In teoria andrebbero sottratti anche i premi assicurativi relativi ai danni materiali, ma abbiamo evitato questo passaggio semplicemente non quantificando -fra le componenti di costo da sommare- i costi relativi ai danni materiali, ipotizzando che il sistema assicurativo copra la totalità di questi danni.

Tab. 25 - Componenti dei costi esterni degli incidenti

Componente di costo Decessi Feriti Incidenti

1. Valore del rischio Perdita di utilità individuale

Perdita di utilità individuale

-

2. Costi di trattamento medico

(*) Costi di trattamento medico necessari per

il pieno recupero dall’incidente

-

3. Costi amministrativi e giudiziari

- Costi di pronto intervento e giudiziari

Costi assicurativi sostenuti da utenti (da sottrarre)

- Premi assicurativi relativi al solo

rischio sanitario

(*) I costi di trattamento medico relativi ai casi di decesso non immediato non sono stati quantificati per

mancanza di dati

56

La procedura di stima dei costi esterni degli incidenti, seppur diversa a seconda delle componenti di costo della tab. 25, può essere così riassunta in termini generali:

- ricostruzione dei principali sentieri d’impatto degli incidenti stradali per le due componenti di costo che richiedono tale ricostruzione (costi del rischio individuale e costi di trattamento medico);20

- valutazione monetaria per tutte e quattro le componenti di costo riportate nella tab. 25 e sottrazione dei costi già internalizzati (costi assicurativi), per ottenere i costi esterni degli incidenti per categoria di veicoli e classe di strada;

- attribuzione della responsabilità dei costi esterni dell’incidentalità alle categorie di veicoli (costi esterni riferiti alle singole categorie veicolari).

Per quanto riguarda l’incidentalità della modalità ferroviaria ed aerea, la metodologia di valutazione qui delineata è stata applicata ad effetti stimati con procedure statistiche specifiche, che saranno illustrate nel seguito.

6.2 I COSTI ESTERNI DEGLI INCIDENTI SU STRADA

6.2.1 Ricostruzione degli effetti sanitari degli incidenti stradali

La tab. 26 fornisce i decessi e feriti per incidenti stradali riportati dall’ISTAT in base alle fonti di polizia dal 1991 al 2003. Essa costituisce il punto di partenza della nostra metodologia, che richiede di distinguere fra decessi, feriti leggeri (medicati al pronto soccorso), feriti ricoverati in ospedale che recuperano le proprie capacità psico-fisiche (invalidi temporanei) e invalidità permanenti. Nel 2003, anno di introduzione della patente a punti, si può notare una marcata riduzione nel numero di decessi e una riduzione più contenuta nel numero di incidenti e di feriti.

20 Nel caso dei costi del rischio individuale, occorre ricostruire il quadro dei decessi, invalidi permanenti,

ricoveri, e accessi al pronto soccorso, con relativo periodo medio di inabilità. Nel caso dei costi del

trattamento rileva invece non tanto il periodo di inabilità, quanto il periodo di trattamento presso le

strutture ospedaliere: in aggiunta ai costi medi delle medicazioni al pronto soccorso e dei ricoveri

ospedalieri, occorre tener conto dei costi delle successive terapie di riabilitazione.

57

Tab. 26 - Trasporto su strada: incidenti e persone infortunate secondo le conseguenze

Anno

Incidenti Morti Feriti Incidenti Feriti Incidenti Morti Feriti1991 6.633 7.498 5.944 164.069 234.744 170.702 7.498 240.688 1992 6.578 7.434 5.771 164.236 235.323 170.814 7.434 241.094 1993 5.893 6.645 5.171 147.500 210.929 153.393 6.645 216.100 1994 5.924 6.578 4.857 164.755 234.327 170.679 6.578 239.184 1995 5.819 6.512 5.200 176.942 254.371 182.761 6.512 259.571 1996 5.590 6.193 4.879 184.478 267.236 190.068 6.193 272.115 1997 5.605 6.226 4.837 184.426 266.125 190.031 6.226 270.962 1998 5.304 6.342 4.642 199.311 289.200 204.615 6.342 293.842 1999 5.967 6.633 5.203 213.065 311.495 219.032 6.633 316.698 2000 6.055 6.649 5.146 222.979 316.650 229.034 6.649 321.796 2001 6.074 6.691 5.276 229.335 329.753 235.409 6.691 335.029 2002 6.099 6.739 5.131 233.255 336.529 239.354 6.739 341.660 2003 5.410 6.015 4.786 219.731 314.175 225.141 6.015 318.961

Fonte: ISTAT - Statistiche degli incidenti stradali

Totale incidentiIncidenti con solo

feritiIncidenti mortali

Come noto, i verbali di polizia non costituiscono una fonte completamente affidabile. I verbali di polizia rilevano i decessi entro un mese dall’incidente (6.015 decessi nel 2003); ed è quindi più opportuno far riferimento ai decessi riportati dalle fonti sanitarie. Purtroppo, la statistica sanitaria è in ritardo (l’ultimo dato disponibile riguarda il 2001), per cui è necessario stimare il dato atteso per il 2003 applicando il fattore correttivo che risulta dalla tab. 27, pari a 1,127 (6.779 decessi attesi nel 2003).

Anno Statistica polizia Statistica sanitaria Rapporto(N1) (N2) (N2/N1)

1991 7.498 9.609 1,2821992 7.434 9.645 1,2971993 6.645 8.434 1,2691994 6.578 8.379 1,2741995 6.512 8.054 1,2371996 6.193 7.566 1,2221997 6.226 7.811 1,2551998 6.342 8.092 1,2761999 6.633 7.829 1,1802000 6.649 7.369 1,1082001 6.691 7.310 1,0932002 6.739 nd nd2003 6.015 nd nd

Rapporto medio 1999-2001 1,127

Fonte: elaborazione Amici della Terra su dati ISTAT

Tab 27 - Confronto tra il numero di morti per incidenti stradali risultante dalle due fonti disponibili

58

Per quanto riguarda i feriti, è ben noto che il dato proveniente dai verbali delle autorità di polizia (circa 319.000 feriti nel 2003) è sottostimato a causa degli incidenti “minori”, che spesso non richiedono l’intervento delle forze di polizia.21 Tuttavia, anche le fonti sanitarie presentano inaccuratezze che costringono ad effettuare stime presuntive a partire dai dati disponibili.

Negli ultimi anni sono stati intensificati gli sforzi per migliorare la base di dati nazionale riguardante l’incidentalità stradale. In particolare, il progetto DATIS (DATi Incidenti Stradali), finanziato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, e il progetto EPIV (Epidemiologia e Prevenzione degli incidenti), finanziato dall’Istituto Superiore di Sanità, i cui risultati sono esposti nel volume “Aspetti sanitari della sicurezza stradale” (a cura di F. Taggi), hanno posto le basi per un progressivo miglioramento delle informazioni, che auspichiamo possano portare ad un rilevazione statistica sempre più accurata sui vari aspetti dell’incidentalità stradale. Il volume citato analizza i problemi di affidabilità delle due principali fonti di rilevamento degli effetti sanitari dell’incidentalità: i verbali di pronto soccorso e le schede di dimissione ospedaliera (SDO).

Per quanto concerne i verbali di accesso al pronto soccorso, essi presentano forti disomogeneità di impostazione fra Regioni.22 Il progetto DATIS effettua un’estrapolazione per l’Italia a partire dai casi studio regionali ritenuti più affidabili (Lazio e Toscana), che tuttavia risulta molto elevata (1,6-2 milioni di accessi annui, inclusi i successivi ricoveri): essendo in palese contrasto con qualsiasi confronto internazionale, riteniamo che questa stima meriti ulteriori approfondimenti e conferme.

Anche le schede di dimissione ospedaliera (SDO) presentano problemi di affidabilità. Sebbene esse costituiscano una fonte statistica meglio strutturata rispetto ai verbali di pronto soccorso, permane un grosso problema di compilazione non accurata delle schede per ciò che riguarda le cause degli eventi traumatici: il 9,5% delle SDO “per traumatismo” riporta come causa un “incidente stradale” (108.306 ricoveri), ma ben il 56% riguarda cause non accertate (“codice errato o mancante”). Ciò ha reso necessario, nell’ambito del progetto DATIS, correggere la sottostima del

21 Questa sottostima dei feriti potrebbe riflettersi sulle serie storiche ISTAT riguardanti il numero di

incidenti (per definizione gli eventi con almeno un ferito).

22 Gli autori dell’indagine rilevano una forte disomogeneità regionale sugli accessi al pronto soccorso

dovuti ad incidente stradale: “non esiste ancora una fonte statistica organica di rilevamento in quanto pur

essendo gran parte dei Pronto Soccorso attualmente informatizzata, nei software utilizzati per la raccolta

delle informazioni non è in generale ancora presente la causa esterna: in altre parole, si sa qual è il

trauma, ma non si conosce la causa che lo ha generato” (p.85).

59

fenomeno implicita nei dati rilevati mediante le SDO, portando ad una stima di 145.000 casi di ricovero per incidente stradale nel 2000.

Un aspetto fondamentale della ricostruzione dei sentieri d’impatto sanitario dell’incidentalità riguarda la quota dei ricoverati che, pur dopo gli opportuni trattamenti di riabilitazione, purtroppo non riesce a recuperare pienamente la propria abilità ex ante: le cosiddette invalidità permanenti. Il progetto DATIS riporta una stima delle invalidità permanenti conseguenti a incidente stradale di 20-25.000 casi l’anno (circa il 15% dei ricoveri ospedalieri).

Per quanto riguarda la nostra indagine, abbiamo adottato la stima del progetto DATIS riguardante i ricoveri ospedalieri per incidente stradale (142.535 ricoveri ospedalieri per il 2003, nostro anno di riferimento), e gli invalidi permanenti (21.380 casi nel 2003), mentre per i feriti leggeri abbiamo preferito ispirarci ad una stima, più cautelativa rispetto a DATIS, di 326.337 accessi al pronto soccorso (non successivamente ricoverati).23

La tab.28 riepiloga gli effetti dell’incidentalità stradale assunti nel nostro studio.

Tab. 28 - Effetti totali dell’incidentalità stradale, 2003

Effetti dell’incidentalità N.

Decessi 6.779

Feriti totali, di cui 468.873

- Feriti leggeri (solo pronto soccorso senza ricovero) 326.337

- Feriti gravi che recuperano la capacità ex ante (invalidi gravi temporanei)

121.155

- Feriti gravi che non recuperano la capacità ex ante invalidi gravi permanenti)

21.380

Fonte: Elaborazione Amici della Terra da ISTAT, DATIS

6.2.2 Criteri di valutazione monetaria degli effetti dell’incidentalità stradale

Come abbiamo detto, sono quattro le componenti di costo degli incidenti da considerare (cfr. tab. 25); ciascuna di esse presenta specifiche problematiche di valutazione economica, su cui ci soffermiamo qui di seguito.

23 In sostanza, abbiamo dapprima calcolato il totale dei feriti applicando il fattore correttivo 1,47, desunto

dall’indagine congiunta ISTAT-ACI del 1998, e già applicato nei nostri precedenti studi, ottenendo un

totale di 468.873 feriti nel 2003, per poi ottenere quelli leggeri sottraendo ai primi i feriti gravi (142.535

ricoveri ospedalieri).

60

Valori di disponibilità a pagare per evitare il rischio (valori di rischio)

Nella valutazione delle categorie di rischio dell’incidentalità da noi considerate (decessi, feriti leggeri, ricoverati e invalidi permanenti), abbiamo utilizzato i valori di disponibilità a pagare per evitare i rischi indicati nella tab. 29. Mentre il VSL è quello suggerito dalla Commissione europea e da noi impiegato anche nella valutazione dei costi esterni dell’inquinamento (data base BeTa), gli altri valori unitari sono stati ottenuti incrociando in maniera il più possibile equilibrata le informazioni disponibili sul periodo medio di inabilità col criterio di valutazione semplificata –adottato da UNITE e INFRAS/IWW- della percentuale rapportata al VSL di riferimento.

Tab. 29 - Valori per i rischi individuali da incidenti

Periodo medio di inabilità

euro

Decesso (VSL) - 1.000.000 Invalido permanente 35 anni (grado medio

di invalidità 20%) 200.000

(20% VSL) Invalido grave temporaneo 25 gg. 10.000

(1% VSL) Ferito leggero (medicato al pronto soccorso e non ricoverato)

10 gg. 3.000 (0,3% VSL)

Fonte: elaborazione Amici della Terra su dati ACI-Istat (1998) e INFRAS/IWW (2004)

Costi di trattamento medico

Per quanto concerne i costi di trattamento medico, la tab. 30 riporta i valori unitari forniti dall’indagine ISTAT-ACI (1998), rivalutati al 2003 in base all’andamento dell’indice dei prezzi al consumo.

Tab. 30 - Costi unitari per i trattamenti medici

Categorie di trattamento Euro97 Euro03

Accessi al pronto soccorso (feriti leggeri) - Costo medio per accesso al pronto soccorso (medicazione, accertamenti radiografici, etc.):

111 127

Ricoveri (invalidità temporanea e permanente) - Costo medio giornaliero della degenza in ospedale pubblico (6,5 giorni in media di degenza per invalido temporaneo e 45 giorni per invalido permanente)

341 390

Trattamenti di riabilitazione (invalidità temporane a) - Costo medio delle terapie di riabilitazione

740 845

Trattamenti di riabilitazione (invalidità permanent e) - Costo medio delle terapie di riabilitazione

6.658 7.605

Fonte: Elaborazione Amici della Terra in base a dati ISTAT-ACI (1998) e DATIS (2003)

61

Costi unitari amministrativi

Per quanto riguarda i costi amministrativi, l’ultima l’indagine sistematica dell’ISTAT “L’incidentalità stradale in Italia” riporta dati riferiti al 2002, che sono stati da noi aggiornati al 2003:

− Costi totali di pronto intervento della Polizia stradale, Polizia municipale, Carabinieri, Vigili del fuoco: 1.999 milioni euro; rivalutati a 2.044 milioni di euro al 2003 in base alla variazione dell’indice dei prezzi al consumo (2,3%).

− Costi amministrativi del sistema giudiziario per il contenzioso riguardante gli incidenti stradali: 101 milioni euro, rivalutati a 103 milioni di euro03.

Componenti di costo interno da sottrarre al totale dei danni

Per ottenere i costi esterni degli incidenti occorre sottrarre la componente di costo assicurativo -già internalizzata nei costi sostenuti dagli utenti- dal totale dei costi derivante dalla sommatoria delle precedenti componenti esaminate (valore del rischio, costi di trattamento medico, spese amministrative). Considerato che i costi per i danni materiali a terzi, in genere interamente assorbiti attraverso i premi dell’assicurazione per responsabilità civile (RCA), non sono stati sinora conteggiati fra i costi esterni, essi vanno scorporati dal totale dei premi assicurativi RCA per individuare la parte relativa ai soli rischi alla persona, da sottrarre dal totale dei costi sinora contabilizzato.24 L’ANIA (Associazione Nazionale delle Imprese di Assicurazione) riporta per l’ultimo anno disponibile (2003) premi RCA per 17.646 milioni di euro, ma non pubblica la suddivisione fra rischi materiali e rischi alla persona. In base ad una nostra stima, circa il 60% dei premi RCA auto sono attribuibili al rischio alla persona (10.600 milioni di euro circa). Un’ulteriore componente da sottrarre in quanto sostenuta dagli utenti è la tassa sui premi (10,5%) diretta al Servizio Sanitario Nazionale, con un gettito stimato di 1.853 nel 2003.

6.2.3 Attribuzione della responsabilità degli effetti per categoria di veicoli

Gli incidenti stradali possono essere attribuiti a varie cause (avversità meteorologiche, condizioni dell’infrastruttura, segnaletica insufficiente, stato tecnico del veicolo, etc.); in ogni caso il conducente ha una corresponsabilità primaria in relazione alla sua capacità decisionale. Per questa ragione i costi esterni

24 La procedura alternativa (di somma dei danni materiali a terzi e di successiva sottrazione del totale dei

premi RC Auto) porterebbe a identico risultato.

62

dell’incidentalità stradale sono da noi ripartiti tra le varie categorie veicolari in base alla responsabilità dei conducenti, desunta dalle statistiche disponibili.

E’ stata quindi elaborata la tab. 31, desunta dai dati forniti dall’ISTAT. Essa tiene conto della responsabilità presunta dei conducenti (al momento dell’intervento delle forze di polizia) non solo nel provocare l’incidente, ma anche nel provocare le sue conseguenze primarie (feriti e decessi). In apparenza, la distinzione è sottile, ma in realtà è necessaria, in quanto si possono avere forti differenze a seconda del parametro con cui la pericolosità è valutata.

Per una data categoria di veicoli, si hanno responsabilità diverse nel provocare incidenti, morti e feriti; di ciò si è tenuto conto nell’effettuare la ripartizione dei costi (vedi paragrafo successivo). Negli studi precedenti era stato assunto, per ogni categoria veicolare, un unico criterio di ripartizione delle responsabilità. Rispetto agli anni passati si evidenzia un marcato aumento della responsabilità dei veicoli a due ruote e dei veicoli merci.

Categorie di veicoli Incidenti Morti Feriti

Autovetture 71,34 63,88 63,33 Motocicli e ciclomotori 20,27 25,07 28,07

motocicli 10,98 13,58 15,21

ciclomotori 9,29 11,49 12,86

Autobus e pullman 0,96 0,78 1,04

autobus urbani 0,73 0,59 0,79

pullman 0,23 0,19 0,25

Veicoli merci 7,43 10,27 7,56

leggeri 0,87 1,20 0,89

pesanti 6,56 9,07 6,68

100,00 100,00 100,00

Fonte: elaborazione Amici della Terra da ISTAT

Tab. 31 - Conducenti responsabili di incidenti, morti e feriti; ripartizione percentuale per categoria di veicolo. Anno 2003

6.2.4 Valutazione monetaria

La tab. 32 riporta il totale dei costi esterni degli incidenti su strada, illustrando il dettaglio delle singole voci di costo (valore del rischio, costi dei trattamenti medici, spese amministrative, costi interni assicurativi). Possiamo notare che il totale dei costi sociali degli incidenti stradali (totale danni) ammonta a 16.382 milioni di euro. I premi assicurativi relativi ai rischi alla persona coprono circa il 76% dei costi sociali, per cui i costi esterni dell’incidentalità stradale sono limitati a 3.941 milioni di euro.

63

Tab. 32 - Costi esterni dell'incidentalità stradale nel 2003 (milioni di euro)Disponibilità a

pagare per evitare il rischio

Costi dei trattamenti

sanitari

Costi amministrativi

Totale danniCosti interni assicurativi

Costi esterni

Trasporto passeggeri 12.061 914 1.987 14.962 11.363 3.599

Uso privato 11.940 904 1.967 14.811 11.248 3.563

Autovetture 8.426 626 1.532 10.583 8.037 2.546

Motocicli/ciclomotori 3.515 278 435 4.228 3.211 1.017

motocicli 1.904 150 236 2.290 1.739 551

ciclomotori 1.611 127 199 1.937 1.471 466

Uso collettivo 120 10 21 151 115 36

Autobus urbani 91 8 16 115 87 28

Pullman 29 2 5 36 27 9

Trasporto merci 1.185 75 160 1.420 1.078 341

Veicoli leggeri 139 9 19 166 126 40

Veicoli pesanti 1.046 66 141 1.253 952 301

TOTALE STRADA 13.246 989 2.147 16.382 12.441 3.941

Fonte: elaborazione Amici della Terra (2005)

64

6.2. I COSTI ESTERNI DEGLI INCIDENTI SU ROTAIA

Essendo trascurabile l’incidentalità connessa a tranvie e metropolitane, l’indagine è stata limitata alle Ferrovie dello Stato e alle Ferrovie concesse. Per questi operatori sono stati presi in considerazione i soli incidenti “tipici”: deragliamenti, collisioni tra treni, incidenti di manovre e ai passaggi a livello. Per consentire un raffronto con l’incidentalità delle altre modalità di trasporto, non sono stati considerati gli incidenti “atipici” che sono quelli non direttamente imputabili al servizio: attentati, suicidi, incidenti dovuti ad incauto comportamento dei viaggiatori o al danneggiamento della sede ferroviaria per cause naturali. Gli incidenti ai passaggi a livello sono stati tutti attribuiti alle ferrovie, anche se la loro responsabilità è ascrivibile a terzi coinvolti.

Sempre nell’intento di consentire un raffronto corretto con la modalità stradale, (in cui l’incidentalità, legata a un grande numero di eventi, ha un andamento molto regolare negli anni e, in certa misura, prevedibile), per l’incidentalità ferroviaria (determinata da pochi eventi e quindi caratterizzata da notevoli fluttuazioni da un anno all’altro) non sono stati considerati gli eventi effettivamente accaduti nel 2003, bensì i valori attesi per lo stesso anno in base al numero medio di morti e feriti per miliardo di unità di traffico registrati nel periodo 1990-2003.

Va evidenziato che, sebbene questa procedura penalizzi leggermente la rotaia (il numero atteso di morti e di feriti risulta superiore a quello effettivamente registrato nel 2003), i risultati in termini di costi esterni, assoluti e specifici, dimostrano per la rotaia un’ottima prestazione.

La tab. 33 mostra l’andamento dell’incidentalità ferroviaria nel periodo 1990-2003. La penultima riga della Tabella fornisce il numero di morti e di feriti per miliardo di unità di traffico (UT); si tratta di un indicatore significativo, utilizzato usualmente per giudicare la sicurezza di una modalità di trasporto o di un particolare operatore. Risulta evidente, tenendo conto dei volumi di traffico realizzati annualmente, che le Ferrovie dello Stato hanno raggiunto standard di sicurezza molto più elevati delle Ferrovie concesse. L’ultima riga, infine, fornisce, separatamente per le Ferrovie dello Stato e per quelle concesse, il numero atteso di morti e feriti ottenuto moltiplicando l’indicatore per i volumi di traffico del 2003; si tratta del dato necessario per le successive valutazioni monetarie:

- numero atteso di morti: 14,1 + 15,2 = 29,3

- numero atteso di feriti: 80,7 + 81,9 = 162,6

65

Tab. 33 - Incidentalità nelle Ferrovie dello Stato e nelle Ferrovie concesse

Anni

Incidenti tipici Morti Feriti Incidenti tipici Morti Feriti

1990 658 15 240 667 11 931991 754 17 254 1.143 16 81

1992* 221 25 237 833 15 1551993 202 14 36 254 12 291994 143 4 28 390 7 581995 160 20 105 567 7 721996 174 15 37 302 6 531997 146 19 49 317 15 71998 106 10 48 194 4 121999 100 7 33 126 2 122000 96 21 12 198 5 302001 91 8 18 273 3 72002 88 20 29 244 12 162003 65 7 21 211 7 10

0,205 1,176 2,948 15,867

14,1 80,7 15,2 81,9

Fonte: elaborazione Amici della Terra su dati CNT e CNIT

Ferrovie dello Stato Ferrovie concesse

Nota: dal 1992 è intervenuto un cambiamento di serie dovuto all'adeguamento alle statistiche UIC

N. di morti/feriti per miliardo di UT (media 1990-2003)

N. di morti/feriti atteso per l'anno 2003

In relazione alle conseguenze dell’incidentalità su rotaia, utilizzando metodologie di valutazione analoghe a quelle prima illustrate per la strada, abbiamo stimato costi esterni complessivi per 34,6 milioni di euro, di cui 31,5 riferibili al trasporto passeggeri e 3,1 a quello merci (utilizzando il criterio di ripartizione delle percorrenze).

6.3. I COSTI ESTERNI DEGLI INCIDENTI AEREI

L’incidentalità aerea a livello di singola nazione è caratterizzata da una fluttuazione maggiore di quella ferroviaria (eventi ancor più rari, ma di maggiore gravità). A maggior ragione, anche per il trasporto aereo è stato necessario seguire un approccio di tipo statistico. Un numero di eventi statisticamente significativo per l’aviazione si ha ricorrendo alle serie storiche degli incidenti nell’insieme dei Paesi aderenti all’ICAO. Le serie storiche relative all’Italia sono infatti caratterizzate da pochi

66

eventi gravi (fra cui l’incidente di Linate del 2001),25 intervallati da molti anni senza incidenti. Il ricorso alle statistiche ICAO, che comunque comprendono anche gli incidenti italiani, è anche giustificato dal fatto che gli standard di sicurezza sono sempre più allineati a livello internazionale, come pure la composizione delle flotte, le procedure di manutenzione e quelle di assistenza al volo.

Nel valutare le conseguenze dell’incidentalità aerea, sono stati esclusi gli aerotaxi (essenzialmente elicotteri), perché pur dando un contributo minimo al volume di traffico complessivo e rappresentando un settore atipico dell’aviazione commerciale, sono caratterizzati da forte incidentalità e, quindi, avrebbero alterato significativamente, ma in modo ingiustificato, le conclusioni.

Nel periodo 1990-2003, il valore medio dell’indice di mortalità (numero di morti per miliardo di pkm) ricavato dalle statistiche ICAO è risultato pari a 0,38; moltiplicando tale valore per il volume di traffico partito dagli aeroporti italiani nel 2003 (77,19 miliardi di pkm) si ottiene il valore atteso di 29 decessi (cfr. tab. 34).

Decessi per miliardo di pkm (media globale 1990-2003)

0,38

Volume di traffico in Italia nel 2003 (miliardi di pkm)

77,19

Valore atteso 2003 dei decessi in base alla media mondiale 1990-2003

29

Valore atteso 2003 dei decessi in base alla media italiana 1990-2003

64

Fonte: elaborazione Amici della Terra (2005)

Tab. 34 - Calcolo della mortalità attesa per il trasporto aereo passeggeri in Italia nel 2003

Il totale dei costi esterni del trasporto aereo in Italia è stato pertanto quantificato in 29 milioni di euro. Dato che il contributo all’incidentalità del trasporto aereo delle merci è trascurabile, i costi esterni sono stati interamente imputati al trasporto passeggeri.

25 Cogliamo l’occasione per ricordare la prematura scomparsa in tale occasione di Michele Fontana,

ricercatore sui temi dei costi esterni, che fu collaboratore in un precedente studio degli Amici della Terra.

67

6.4 I COSTI ESTERNI DEGLI INCIDENTI DELLE TRE MODALITÀ A CONFRONTO

La Tab. 35 riporta il totale, per le tre modalità di trasporto, dei danni dell’incidentalità (16.445 milioni di euro) nel 2003 e dei relativi costi esterni (4.005 milioni di euro). Considerata la relativa esiguità dei danni per i trasporti su rotaia e aerei, abbiamo tenuto conto della componente assicurativa solo nel caso dei trasporti su strada (12.441 milioni di euro).

Tab. 35 - Costi esterni dell'incidentalità nel 2003

Morti FeritiTotale danni

Costi interni

Costi esterni

(unità) (unità)(milioni di

euro)(milioni di

euro)(milioni di

euro)(%)

STRADA 6.779 468.873 16.382 12.441 3.941 98,4

Trasporto passeggeri 6.083 433.417 14.962 11.363 3.599 89,9

Uso privato 6.030 428.540 14.811 11.248 3.563 89,0

Autovetture 4.331 296.915 10.583 8.037 2.546 63,6

Motocicli/ciclomotori 1.700 131.625 4.228 3.211 1.017 25,4

motocicli 921 71.306 2.290 1.739 551 13,8

ciclomotori 779 60.319 1.937 1.471 466 11,6

Uso collettivo 53 4.876 151 115 36 0,9

Autobus urbani 40 3.712 115 87 28 0,7

Pullman 13 1.164 36 27 9 0,2

Trasporto merci 696 35.456 1.420 1.078 341 8,5

Veicoli leggeri 82 4.157 166 126 40 1,0

Veicoli pesanti 615 31.299 1.253 952 301 7,5

ROTAIA 29 163 35 nq 35 0,9

Trasporto passeggeri 27 147 31 nq 31 0,8

Trasporto merci 3 15 3 nq 3 0,1

AEREO 29 - 29 nq 29 0,7

Trasporto passeggeri 29 - 29 nq 29 0,7

Trasporto merci - - - nq - -

TOTALE 7.504 469.035 16.445 4.005 100,0

Fonte: elaborazione Amici della Terra (2005)

La fig. 5 illustra i costi esterni degli incidenti in termini specifici. Nel loro complesso, i veicoli passeggeri su strada generano un costo esterno per pkm circa 8-10 volte superiore a quello dei treni e degli aerei. La responsabilità dei costi esterni è ben diversa tra le varie categorie di veicoli: i mezzi pubblici sono i meno pericolosi (0,03 cent euro/pkm, un valore 13 inferiore a quello delle autovetture), mentre i più pericolosi sono i veicoli a due ruote e in particolare i ciclomotori (che arrivano a 2,3

68

cent euro). Nel trasporto merci, i veicoli pesanti su strada risultano 13 volte più pericolosi della rotaia, che si conferma come la modalità più sicura. Spiccano inoltre gli elevati costi esterni medi dell’incidentalità per la distribuzione delle merci (veicoli leggeri).

Fig. 5 - Costi esterni specifici degli incidenti

0,14

0,13

0,20

0,04

0,06

0,44

0,03

2,28

1,82

0,39

0,01

0,00 0,50 1,00 1,50 2,00 2,50

AEREO

ROTAIA

STRADA

Veicoli pesanti

Veicoli leggeri

AEREO

ROTAIA

STRADA

Bus e Pullman

Ciclomotori

Motocicli

Autovetture

(cent di euro/pkm-tkm)

PASSEGGERI

MERCI

69

7. I COSTI ESTERNI DELLA CONGESTIONE

La congestione è dovuta a vari fattori: sproporzione fra traffico e capacità dell’infrastruttura, interruzioni del flusso dovute a scioperi, a un insufficiente numero di caselli aperti, a incidenti, etc. Dal punto di vista quantitativo, il più importante è il primo dei fattori citati: la congestione che si genera quando il traffico non è adeguatamente assorbito dalla capacità dell’infrastruttura; quando cioè il tempo di viaggio supera il valore che avrebbe se i flussi e le condizioni di traffico fossero “normali” (ovvero in linea con quanto previsto in fase di progettazione dell’infrastruttura). La congestione è un problema che riguarda essenzialmente la modalità stradale; ma anche la modalità ferroviaria e quella aerea ne soffrono in qualche misura. I danni della congestione sono generalmente imputabili -assumendo una capacità infrastrutturale data- alle scelte dei soggetti che determinano il traffico veicolare (inerenti il momento d’uso dell’infrastruttura, il tipo e le caratteristiche del mezzo in termini di occupazione dell’infrastruttura). Mentre nel caso dei trasporti su strada tali soggetti sono i gestori dei veicoli, nel caso della rotaia e dell’aereo, modalità organizzate da un sistema di pianificazione e controllo degli spostamenti, i soggetti responsabili della congestione sono i pianificatori dell’uso delle infrastrutture (nei casi di cattiva pianificazione degli slots) e i gestori dei servizi di trasporto (nei casi di cattiva gestione).

7.1 METODOLOGIA DI VALUTAZIONE DEI COSTI ESTERNI DELLA CONGESTIONE

I costi generati dalla congestione consistono di varie componenti:

− i costi associati al tempo perduto dagli individui e dalle merci (costi causati anche agli individui non utenti, così come ai settori di produzione a valle del trasporto);

− i maggiori costi operativi dei veicoli (benzina, lubrificanti, ammortamenti);

− i maggiori costi dell’inquinamento;

− i maggiori rischi di incidente;

− i costi del maggiore stress

Tutti gli studi esaminati nell’ambito della rassegna propedeutica a questo rapporto riconoscono l’esistenza di costi esterni della congestione, originati dal fatto che il gestore del veicolo tiene conto solo della sua funzione di costo del trasporto (costo privato) e non considera i costi che impone a terzi (generati con le sue decisioni, ad esempio in funzione della densità di traffico esistente nel momento di entrata nell’infrastruttura e del contributo dato dal suo veicolo al congestionamento della

70

stessa). Tuttavia, a causa della complessità delle catene di causa-effetto di molte delle componenti di costo sopra elencate non è semplice quantificare la quota parte prettamente esterna, cioè la differenza fra i costi della congestione che ricadono su tutti gli individui della collettività al netto di quelli sostenuti dagli utenti. Così come la maggior parte degli studi di letteratura riguardanti la valutazione dei costi esterni dei trasporti, anche il presente lavoro si è concentrato sulla valutazione dei costi associati al tempo perduto. Un’importante novità di questo Quinto Rapporto è il miglioramento della stima dei costi del tempo perduto includendo non solo i costi del tempo perduto dagli individui ma anche quelli dovuti ai ritardi delle merci: essi si ripercuotono sull’intera collettività provocando danni rispettivamente su tutti gli individui che sono in relazione sociale con i passeggeri trasportati e su tutti i settori economici a valle del trasporto.26

I valori di danno unitario del tempo perduto adottati dal nostro studio sono quelli suggeriti dallo studio UNITE Conventions del 2001, opportunamente rielaborati per tener conto dei fattori di occupazione dei veicoli in Italia. UNITE ha selezionato tali valori in seguito ad una vasta rassegna di studi europei sui costi del tempo perduto per le varie categorie di veicoli e modalità di trasporto.27

7.2 I COSTI ESTERNI DELLA CONGESTIONE STRADALE

Altra importante novità di questo Quinto Rapporto è l’estensione della stima della congestione stradale all’ambito extraurbano (nei precedenti rapporti la stima era limitata al solo ambito urbano). Pertanto, i costi esterni della congestione stradale sono stati quantificati in tre ambiti distinti: ambito autostradale, ambito delle strade extraurbane (d’interesse nazionale, regionali e provinciali, comunali extraurbane) e ambito urbano. La disponibilità di dati di base sull’intensità d’uso delle infrastrutture stradali in questi ambiti è molto variabile, con dati più sistematici e dettagliati per le autostrade, mentre per gli altri ambiti mancano rilevazioni statistiche accurate. Ovviamente, ciò ha influenzato l’accuratezza della nostra analisi: particolarmente dettagliata nel caso delle autostrade, basata su una stima nel caso delle strade

26 Se si ipotizza che il tempo perduto dagli individui che sono in relazione sociale con ciascun passeggero

trasportato sia almeno pari a quello perduto da quest’ultimo, vi è una perfetta coincidenza fra costo

esterno della congestione e il valore del tempo perduto qui calcolato.

27 I valori consigliati dalle UNITE Conventions sono di riferimento per l’intera Unione Europea. Essi

tengono conto di una disponibilità a pagare per il tempo di viaggio che riflette il reddito pro capite

nell’UE. Considerato che nel 2003 il reddito pro capite italiano a parità di potere d’acquisto era

sostanzialmente in linea con la media comunitaria, tali valori sono stati trasferiti senza correzioni al

contesto italiano.

71

extraurbane (estrapolazione dei risultati di congestionamento ottenuti per le autostrade), basata sui risultati dell’indagine demoscopica “Audimob-ISFORT” nel caso delle strade urbane.

7.2.1 Congestione stradale – Ambito extraurbano (autostrade e altre strade extraurbane)

L’analisi della congestione stradale richiede una notevole quantità di dati, possibilmente riferiti ai singoli archi della rete. Questo tipo di informazione è disponibile solo per le autostrade a pedaggio, ma non per le autostrade ANAS (non a pedaggio), né per la rete delle strade statali e provinciali. La nostra analisi si è basata quindi su un campione di tratti autostradali, i cui risultati -in termini di classi di congestione- sono stati poi estrapolati alla generalità delle autostrade e delle strade extraurbane.

Autostrade

Il nostro campione ha compreso 30 tratti autostradali (23 gestiti da società del gruppo Autostrade, 7 da altre società concessionarie), per complessivi 58.936 milioni di vkm, pari al 43,5% delle percorrenze autostradali del nostro rapporto (dati Copert).28 L’indicatore su cui si è basata l’analisi è il VTMG (Veicoli Teorici Medi Giornalieri) calcolato su base annua, cioè il numero di veicoli che teoricamente ogni giorno (dell’anno) percorrono ogni chilometro del tratto autostradale in entrambi i sensi di marcia. Esso è dato dal rapporto fra i chilometri percorsi mediamente in un giorno da tutti i veicoli sul tratto in esame e la lunghezza del tratto stesso, ed è quindi una misura del grado di utilizzo della tratta.29 Tale indicatore non fornisce tuttavia un’informazione idonea sull’intensità del flusso in relazione alle caratteristiche di capacità dell’infrastruttura. Una misura più idonea richiede di rapportare i VTMG al numero di corsie del tratto considerato per entrambi i sensi di marcia. Inoltre, va notato che le varie categorie di veicoli contribuiscono in maniera diversificata alla generazione di congestione, in funzione sostanzialmente dello spazio di infrastruttura occupato dal veicolo in moto, per cui è opportuno considerare un indicatore di utilizzo della capacità dell’infrastruttura riportando i diversi contributi del mix veicolare al contributo di una categoria di riferimento. A questo proposito abbiamo adottato i fattori di equivalenza rispetto alle autovetture

28 Il campione non comprende autostrade notoriamente congestionate come, ad esempio, la Salerno-

Reggio Calabria e il Grande Raccordo di Roma.

29 Sebbene si tratti di un indicatore che non mette in evidenza i picchi di utilizzo giornaliero del tratto

nell’arco dell’anno, esso consente una prima stima della congestione senza richiedere una decuplicazione

dei dati di base (ad es. usando i VTMG su base mensile).

72

(PCE - Per Car Equivalent) suggeriti dallo studio INFRAS/IWW (2004) per le autostrade:

- autovetture: 1 PCE - autobus e pullman: 2,5 PCE - veicoli merci leggeri: 1,5 PCE - veicoli merci pesanti: 3,5 PCE Tab. 36 - VTMG, PCE e PCE/corsia per un campione di autostrade, anno 2003

Tratti autostradali km N. corsie VTMG PCE Totali PCE per

corsiaB Tangenziale di Napoli 20,2 6,0 138.532 156.469 26.078 A4 Milano - Brescia 93,5 6,0 101.110 140.923 23.488 A14 Bologna - Ancona 236 4,1 61.878 87.211 21.373 B Brescia -Padova 146,1 6,0 85.784 123.831 20.638 A8/A9 Milano - Laghi 77,7 5,0 77.565 96.700 19.315 A1 Bologna - Firenze 91,1 4,0 51.305 75.855 18.964 A1 Milano - Bologna 192,1 6,0 78.716 112.336 18.723 B Padova - Mestre 23,3 6,0 80.243 111.463 18.577 A1 Firenze - Roma 273 4,0 49.374 69.821 17.455 A12 Genova - Sestri 48,7 4,0 51.898 64.860 16.214 A11 Firenze - Mare 81,7 4,0 50.671 64.619 16.155 B Napoli - Salerno 51,6 6,0 81.012 94.295 15.716 A14 Ancona -Pescara 133,8 4,0 41.252 58.713 14.678 A10 Genova - Savona 45,5 4,7 54.421 69.107 14.641 A1 Roma - Napoli 202 6,0 64.081 85.473 14.246 A13 Bologna - Padova 127,3 4,0 39.770 56.543 14.135 B Brennero - Modena 224 4,0 37.147 53.486 13.372 A14 Pescara - Lanciano 49,7 4,0 34.724 48.723 12.181 A7 Serravalle - Genova 50 4,0 33.660 43.775 10.944 B Torino - Milano 127 6,0 46.855 65.614 10.936 B Milano - Serravalle 86,3 6,0 45.165 58.200 9.700 A1 Fiano - S.Cesareo 45,3 6,0 35.330 51.223 8.537 A30 Caserta -Salerno 55,3 6,0 34.315 47.258 7.876 A26 Voltri - Alessandria 83,7 6,0 34.527 46.179 7.696 A16 Napoli - Canosa 172,3 4,0 21.959 28.865 7.217 A23 Udine - Tarvisio 101,2 4,1 18.278 27.847 6.758 A14 Lanciano - Canosa 189,6 4,0 19.175 26.858 6.715 A14 Canosa - Taranto 143 4,0 15.814 20.898 5.225 A27 Venezia - Belluno 82,2 5,0 20.405 25.893 5.179 A26 Alessandria - Gravellona 169,2 5,2 17.064 22.405 4.309

B = Tratti autostradali gestiti da concessionarie non appartenenti al gruppo AutostradeFonte: elaborazione Amici della Terra su dati Autostrade S.p.A. (2004) e AISCAT (2003) La tab. 36 riporta, per i trenta tratti autostradali del nostro campione, i Veicoli Teorici Medi Giornalieri (VTMG) nel 2003, il numero di autovetture equivalenti (PCE) ai VTMG e il numero di PCE per corsia. Essi sono stati ordinati in maniera

73

decrescente rispetto a quest’ultimo indicatore: su base giornaliera, il tratto più congestionato risulta la tangenziale di Napoli, seguita dalla Milano-Brescia, dalla Bologna-Ancona e dalla Brescia-Padova, tutte con oltre 20.000 PCE per corsia.

Il grado di utilizzo della capacità delle autostrade varia notevolmente nell’arco della giornata, con momenti di massima congestione nelle prime ore della mattinata (8-10), seguiti da un traffico sostenuto nella giornata, da un secondo momento di picco in serata (17-20), e da un rilassamento del traffico nelle ore notturne. Per tener conto di questo importante fenomeno abbiamo calcolato la distribuzione oraria media sulla rete (dei veicoli equivalenti per corsia) utilizzando un’elaborazione media dei dati forniti dal Gruppo Autostrade riguardanti l’andamento orario del movimento di stazione nelle principali barriere della rete (cfr. fig. 6), con la quale è stato possibile ripartire il flusso giornaliero di veicoli equivalenti nei flussi di ciascuna delle 24 ore della giornata.

Fig. 6 - Distribuzione oraria dei veicoli giornalieri alle principali barriere della Rete Autostrade per l'Italia

0%

1%

2%

3%

4%

5%

6%

7%

8%

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24

ore della giornata

quot

e %

del

traf

fico

gior

nalie

ro

4,17% = utilizzo ottimale dell'infrastruttura

Fonte: elaborazione Amici della Terra su dati Autostrade per l'Italia 2005

Una volta stabilita l’intensità di utilizzo della capacità dell’infrastruttura per fascia oraria è possibile stimare l’eventuale rallentamento medio dei veicoli in ciascuna fascia e, conseguentemente, la perdita di tempo degli stessi. Questo calcolo può essere effettuato in maniera semplificata ricorrendo al concetto di Level Of Service (LOS), che esprime la qualità del servizio fornito da un’infrastruttura in funzione della sua intensità d’uso. Si tratta, in sostanza, della velocità media massima associata a classi di crescente congestionamento: superata l’intensità d’uso ottimale dell’autostrada (per definizione la soglia fra LOS B e LOS C), la velocità media di flusso inizia a ridursi, dapprima gradualmente, poi drasticamente (cfr. fig. 7).30

30 Il livello di servizio (LOS) di progetto di un’infrastruttura stradale è regolamentato in Italia dal DM 5

novembre 2001, “Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle strade”, che stabilisce

74

Fig. 7 - Relazione fra PCE/h e velocità (autostrade )

0

20

40

60

80

100

120

140

800 1000 1200 1400 1600 1800

PCE/h per corsia

Vel

ocità

(K

m/h

)

Los B Los C Los D Los E Los F

Los B

Los C

Los D

Los E

Los F

Per ciascuna delle 30 autostrade esaminate abbiamo così potuto calcolare le percorrenze orarie, giornaliere e annuali ricadenti nelle quattro classi di crescente congestione (LOS C, D, E e F) e le relative perdite medie di tempo per km, prendendo come riferimento il tempo di viaggio nella situazione ottimale (LOS B).

Nel complesso del nostro campione di autostrade, 19.678 milioni di vkm, pari al 33% del totale, risultano esser stati realizzati in condizioni di traffico “congestionate” (percorrenze che ricadono nelle classi LOS C, D E F). Va notato che molte autostrade (16 su 30) non presentano volumi di traffico realizzati in condizioni di congestione: anche nelle ore di punta i loro livelli di intensità di traffico si collocano al di sotto della capacità di traffico ottimale (soglia fra LOS B e LOS C). Sono quindi un gruppo di poche autostrade a determinare la maggior parte

l’intensità d’uso ottimale (in termini di n. di veicoli per corsia all’ora) per le varie tipologie di strade.

Rinviando ai testi specializzati per una trattazione esauriente dell’argomento, ricordiamo che i livelli di

servizio, usualmente contrassegnati con le lettere da A e F (dal livello migliore a quello peggiore),

descrivono in sostanza la qualità della circolazione su un’infrastruttura stradale. Nel livello A (condizioni

di flusso libero) i veicoli sono isolati e non interferiscono fra di loro; nel livello B le condizioni di flusso

sono tali per cui i conducenti hanno la possibilità di scegliere la velocità e la corsia di marcia; nel livello

C i conducenti iniziano ad essere condizionati nella scelta della velocità, nel cambiamento di corsia e nei

sorpassi. I livelli D, E ed F corrispondono a condizioni di crescente congestione, fino alla saturazione

della capacità della strada, flusso instabile o forzato, velocità sempre più basse o anche nulle.

75

della congestione autostradale. Più precisamente, l’autostrada più congestionata del nostro campione è risultata la tangenziale di Napoli con l’85% delle percorrenze che supera il livello ottimale, seguita dalla Milano-Brescia e dalla Bologna-Ancona con l’81%, dalla Brescia – Padova col 70%, dalla Milano-Laghi col 65%, dalla Milano-Bologna e Bologna-Firenze col 54%.

La fig. 8 riporta, per ciascuna delle autostrade del nostro campione, il livello di LOS nell’ora di punta (8-9 mattino). Premesso che tale indicatore effettua una media dei picchi di traffico in tale ora nel corso dell’anno, dalla figura emerge comunque il fatto che le prime tre autostrade, citate in precedenza, a quell’ora sono talmente congestionate che il nostro modello prevede la formazione di code sistematiche distribuite su tutta la lunghezza del tratto (LOS “F”, in rosso nella figura).

Fig. 8 – Livello di Servizio (LOS) nell’ora di punta (8-9 mattino), campione di autostrade, 2003 (LOS A = assenza di congestione; LOS F = congestione massima)

Fonte: elaborazione Amici della Terra su dati Autostrade per l’Italia

Per quanto riguarda la valutazione economica del tempo perduto dagli individui e dalle merci su ogni tratto autostradale, effettuata a partire dal tempo perduto per ciascuna classe di congestione, la tab. 37 e la fig. 9 riportano i risultati della nostra stima. L’autostrada che genera i maggiori costi esterni è la Milano-Brescia, seguita dalla Bologna-Ancona, dalla Brescia-Padova e dalla tangenziale di Napoli (si tenga conto che il risultato per ciascuna autostrada è direttamente proporzionale alla rispettiva lunghezza dei tratti autostradali).

76

Tab. 37 - Costi della congestione del campione di autostrade (euro)

Tratta autostradale Euro

A4 Milano - Brescia 1.167.878.701

A14 Bologna - Ancona 566.975.097

Brescia - Padova 423.680.939

Tangenziale di Napoli 365.160.843

A1 Milano - Bologna 68.489.992

A8/A9 Milano - Laghi 45.809.703

A1 Firenze - Roma 36.813.968

A1 Bologna - Firenze 25.509.860

Padova - Mestre 7.623.686

A11 Firenze - Mare 4.415.634

A12 Genova - Sestri 4.287.590

Napoli - Salerno 2.745.102

A14 Ancona -Pescara 2.328.688

A10 Genova - Savona 920.629

Altre autostrade campione -

Totale campione 2.722.640.431

di cui dovuti a:

autovetture 1.540.294.499

autobus e pullman 46.185.388

veicoli merci leggeri 824.409.175

veicoli merci pesanti 311.751.369 Fonte: elaborazione Amici della Terra su dati Autostrade per l'Italia 2005 Fig. 9 – Costi esterni per congestione, campione di 30 autostrade, 2003

Fonte: elaborazione Amici della Terra su dati Autostrade per l’Italia

77

Per stimare i costi esterni della congestione sull’intera rete delle autostrade a partire dal nostro campione, abbiamo applicato un criterio di proporzionalità relativo alle singole categorie di veicoli, assumendo la medesima distribuzione delle percorrenze per classi di congestione. Il risultato così ottenuto risulta pari a 6.214 milioni di euro.

Altre strade extraurbane

Nel caso delle strade extraurbane che non sono autostrade (strade rurali), la procedura di estrapolazione è stata più complessa. L’insieme delle strade rurali è stato ripartito in tre sottoinsiemi:

− R1: strade d’interesse nazionale (estensione rete 17.250 km);

− R2: strade regionali e provinciali (149.106 km);

− R3: strade comunali extraurbane (312.149 km).

Nel primo caso abbiamo assunto una nuova curva dei livelli di servizio (LOS), specifica per le strade d’interesse nazionale, caratterizzata da velocità medie massime comprese fra 17 km/h (LOS F, di massima congestione) e 80 km/h (LOS A), da cui abbiamo desunto i ritardi medi per km per classe di congestione. In assenza di dati specifici, ad essi è stata applicata la medesima distribuzione delle percorrenze veicolari per classe di congestione, valida per le autostrade.

Anche per le strade regionali e provinciali abbiamo assunto una specifica curva dei livelli di servizio, caratterizzata da velocità medie massime comprese fra 15 e 50 km/h. Tuttavia in questo caso abbiamo preferito applicare un’ipotesi cautelativa nel trasferire la distribuzione delle percorrenze per classi di congestione ottenuta sul campione di autostrade: tale distribuzione è stata applicata solo al 50% delle percorrenze delle strade regionali e provinciali, ipotizzando che le restanti percorrenze delle strade regionali e provinciali ricadano in classi senza congestione.

Nel terzo caso (strade comunali extraurbane), sempre a titolo cautelativo, abbiamo ipotizzato assenza di congestione per tutte le percorrenze.

La tab. 38 riassume le distribuzioni delle percorrenze per classe di congestione individuate per le diverse categorie di strade, che sono alla base dei risultati della nostra estrapolazione dei costi della congestione per l’ambito extraurbano. :

78

Tab. 38 - Ripartizione delle percorrenze veicolari dell’ambito extraurbano per classi di congestione (classi A e B congestione nulla)

Ambito A B C D E F LOS > B Totale vkm totali

A 38% 28% 17% 8% 4% 4% 33% 100% 58.936.618.876

H 38% 28% 17% 8% 4% 4% 33% 100% 135.468.168.947

R 52% 34% 7% 3% 2% 2% 14% 100% 225.244.144.546(di cui:)

R1 38% 28% 17% 8% 4% 4% 33% 100% 41.692.691.155

R2 59% 24% 8% 4% 2% 2% 17% 100% 108.117.189.382

R3 50% 50% 0% 0% 0% 0% 0% 100% 75.434.264.008Legenda: A = campione di 30 autostradeH = AutostradeR = Strade extraurbane non autostradeR1 = Strade d'interesse nazionaleR2 = Strade regionali e provincialiR3 = Strade comunali extraurbane Fonte: elaborazione Amici della Terra su dati Autostrade per l’Italia

Utilizzando la procedura descritta, il totale dei costi esterni della congestione per la categoria delle “altre strade extraurbane” è risultato pari a 4.961 milioni di euro, di cui 2.048 milioni di euro per R1 e 2.913 per R2.

Il dettaglio dei risultati di costo esterno della congestione per le varie categorie di veicoli è riportato nella successiva tab. 41.

7.2.2 Congestione stradale- Ambito urbano

La stima dei costi della congestione stradale in ambito urbano si è basata sui risultati per l’anno 2003 dell’indagine “Rapporto sulla mobilità- Audimob”, curata annualmente dall’ISFORT (Istituto Superiore di Formazione e Ricerca per i Trasporti). Si tratta di un’indagine demoscopica molto ben strutturata, che utilizza un campione complessivo di oltre 15.000 individui, distribuiti su tutte le regioni italiane e intervistati in giornate feriali nel corso dell’anno. Il campione è rappresentativo di un universo di riferimento costituito dalla popolazione italiana in età compresa fra i 14 e gli 80 anni. Siccome oggetto dell’indagine è la mobilità percepita dalle persone, essa si basa sul concetto di “spostamento”, che include anche gli spostamenti a piedi e può avere anche una destinazione in altra città. Pertanto, per poter rispondere alle esigenze della nostra indagine, riferita ai veicoli su strada e alle percorrenze in ambito urbano, l’ISFORT ci ha cortesemente fornito un’apposita elaborazione, riferita alla velocità media, alla lunghezza media e al

79

numero medio giornaliero di spostamenti con mezzi di trasporto motorizzati dentro i confini comunali e comunque non superiori ai 10 km. Incrociando tale elaborazione con la corrispondente popolazione mobile, abbiamo effettuato una stima complessiva del tempo di viaggio con mezzi motorizzati in ambito urbano. Le ore annuali complessive di viaggio sono state valutate assumendo la struttura di mobilità emergente dal campione ISFORT, valida per i giorni feriali, distribuendola su 261 giorni l’anno, giungendo ad un risultato di circa 2.900 milioni di ore di viaggio. Per individuare il tempo perso per congestione è stata assunta una velocità di riferimento in assenza di congestione per l’ambito urbano, pari a 30 km/h, in analogia con lo studio INFRAS/IWW (2004) (cfr. tab. 39). Con questa assunzione, il tempo complessivamente perso per congestione risulta pari a circa 770 milioni di ore.

Tab. 39 - Stima del tempo perduto per congestione stradale nelle città italiane .

Popolazione con almeno 1 spostamento con mezzi

motorizzati in ambito urbano

Spostamenti giornalieri pro

capite

Lunghezza media

spostamento

Velocità media spostamenti

Ore annuali di viaggio

% perdita di tempo

Tempo totale perso per

congestione

n. n. km km/h h % h

città > 250.000 abitanti 5.006.202 1,73 5,6 19,6 645.136.027 34,7% 223.647.156

città > 50.000 e <250.000 abitanti 5.782.967 1,70 5,0 22,5 569.576.321 25,0% 142.394.080

città < 50.000 abitanti 20.555.374 1,50 4,8 22,8 1.692.340.981 24,0% 406.161.835

Totale 31.344.544 2.907.053.328 772.203.072 Fonte: elaborazione Amici della Terra su dati ISFORT (2005) Successivamente, il totale del tempo perduto dalle persone per mobilità urbana è stato ripartito fra gli occupanti delle varie categorie di veicoli coinvolti (col criterio dei pkm, ipotizzando una occupazione media pari a 1,3 passeggeri per le autovetture, pari a 19,05 per i mezzi collettivi e pari a 1 passeggero-autista per ogni veicolo merci). Ciò ha consentito di stimare un costo complessivo del tempo perduto in congestione urbana di 8.261 milioni di euro (tab. 40). Infine, è stata stimata la responsabilità delle varie categorie di veicoli utilizzando i rispettivi fattori di contribuzione alla congestione urbana (fattori di equivalenza PCE).31

31 In ambito urbano sono stati adottati gli stessi fattori di equivalenza PCE validi per l’ambito

extraurbano, salvo che per i veicoli merci pesanti, per i quali PCE = 2,5, come suggerito da

INFRAS/IWW (2004).

80

Tab. 40: Costi esterni della congestione urbana per le varie categorie di veicoli

Ore perse da passeggeri e autisti per

congestione % dei PCE

km

Costi esterni congestione

urbana

Autovetture 587.373.242 73,9 6.101.371.454

Autobus e pullman 100.026.805 2,2 177.729.478

Veicoli merci leggeri 65.256.502 16,0 1.321.818.153

Veicoli merci pesanti 19.546.522 8,0 659.881.833

Totale 772.203.072 100,0 8.260.800.918 Fonte: elaborazione Amici della Terra (2005)

7.3 CONGESTIONE. ROTAIA

La valutazione del tempo perso (per ritardi imputabili a cause di servizio) dagli utenti delle ferrovie è stata effettuata a partire dal dato di puntualità media dei treni viaggiatori a destinazione finale, riportato nel Conto Nazionale delle Infrastrutture e dei Trasporti (96% dei treni sono arrivati con ritardo inferiore ai 15 minuti), distribuito nelle due classi “ritardo in arrivo inferiore ai 5 minuti” (84%) e “ritardo compreso fra 5 e 15 minuti” (12%). Adottando opportune assunzioni circa i ritardi sull’intero percorso e combinando questi dati con quelli relativi al numero medio di passeggeri per treno e al percorso medio di un passeggero, si è giunti a una stima del tempo totale annuo perso dagli utenti delle Ferrovie delle Stato, pari a 8,3 milioni di ore. Con criteri analoghi, è stato valutato il tempo perduto dagli utenti delle Ferrovie concesse: 3,5 milioni di ore. Applicando il valore del tempo perduto dai passeggeri su rotaia indicato nel cap. 7.1, il costo complessivo dei ritardi del trasporto su rotaia è risultato pari a 97 milioni di euro.

7.4 CONGESTIONE. AEREO

Per quanto riguarda il trasporto aereo, la mancanza di dati è aggravata dal fatto che le cause dei ritardi possono essere imputabili a tre diverse categorie di soggetti: enti preposti al controllo del traffico (a livello nazionale ed europeo), compagnie aeree, società di servizi aeroportuali. Un ritardo iniziale, a qualunque soggetto imputabile, si ripercuote in modo complesso sulle attività degli altri soggetti e può provocarne altri di entità anche molto superiore in un processo a catena difficilmente controllabile, in cui le responsabilità si intrecciano e si sovrappongono. Fino al 1997, l’ENAV (Ente Nazionale di Assistenza al Volo) rendeva pubblico l’indice di puntualità dei voli in partenza dagli aeroporti italiani, rilevato analizzando i ritardi esclusivamente causati dal sistema di controllo del traffico; ma successivamente non

81

ha più reso noto questo dato, anche se è presumibile che esso venga tuttora monitorato e aggiornato. Le nostre valutazioni si sono basate su un dato riportato dal Sole 24 ore riferito ai ritardi dei voli in partenza dall’aeroporto di Fiumicino nel primo trimestre del 2003 (28% con un ritardo in partenza superiore ai 15 minuti), estrapolato all’intero anno e a tutti gli aeroporti italiani. Si tratta pertanto di una valutazione puramente simbolica, riportata solo al fine di stimolare le autorità competenti a rilevare correttamente questo tipo di dati. Formulando opportune assunzioni circa la distribuzione del ritardo citato per classi di entità crescente, il tempo recuperabile durante il volo e l’occupazione media degli aerei, abbiamo stimato un complesso di 3,8 milioni di ore perdute per congestione aerea nel 2003, pari a 74 milioni di euro in termini di costo.

7.5 I COSTI ESTERNI DELLA CONGESTIONE PER LE TRE MODALITÀ

La tab. 41 riporta il totale dei costi esterni della congestione per strada, rotaia e aereo: 19.606 milioni di euro. Nel caso del trasporto su strada, essa riepiloga i risultati per i tre ambiti d’indagine che hanno caratterizzato la nostra stima della congestione (urbano, rurale, autostradale), con la ripartizione secondo le responsabilità delle varie categorie di veicoli in termini di congestionamento delle infrastrutture. Possiamo quindi notare che la congestione urbana è quella più elevata, con 8.261 milioni di euro, seguita da quella autostradale (6.214 milioni) e rurale (4.961 milioni). L’incidenza del trasporto merci sul totale della congestione è notevole soprattutto in ambito autostradale (43,6% del totale), mentre nel complesso delle strade italiane è del 32,7%, e questo nonostante che le percorrenze dei veicoli merci incidano sul totale delle percorrenze per il 21%.

82

Tab. 41 - Strada, rotaia, aereo. Costi esterni della congestione nel 2003

(U) urban; (R ) rural; (H) highway

Costo esterno

(milioni di euro) (cent di euro/pkm-tkm)

totali (U) (R ) (H) totali (U) (R ) (H)

STRADA 19.435 8.261 4.961 6.214

Trasporto passeggeri 13.087 6.279 3.301 3.506 1,59 3,59 0,84 1,37

Uso privato 12.679 6.101 3.251 3.327 1,78 3,96 0,90 1,69

Autovetture 12.679 6.101 3.251 3.327 1,92 5,02 0,95 1,70

Motocicli/ciclomotori - - - - - - - -

Uso collettivo - Bus e pullman 408 178 50 180 0,37 0,86 0,16 0,30

Trasporto merci 6.348 1.982 1.659 2.707 2,55 6,60 1,74 2,19

Veicoli leggeri 2.647 1.322 802 523 13,24 26,44 7,29 13,08

Veicoli pesanti 3.701 660 858 2.184 1,62 2,63 1,02 1,82

ROTAIA 97

Trasporto passeggeri 97 0,17

Trasporto merci

AEREO 74

Trasporto passeggeri 74 0,10

Trasporto merci

TOTALE 19.606 8.261 4.961 6.214

Fonte: elaborazione Amici della Terra (2005) Risulta evidente il grande divario tra treno e aereo da un lato (modalità con pianificazione dell’uso della rete) e la modalità stradale dall’altro (modalità con utilizzo libero della rete): un fatto quest’ultimo che, in assenza di una regolazione in funzione del grado di utilizzo della rete (ad esempio con divieti di accesso o con strumenti di differenziazione tariffaria), comporta elevatissimi costi per la collettività.

Il confronto tra le modalità è più significativo se effettuato in termini di costi specifici (fig. 10). Nell’ambito del trasporto passeggeri, spicca l’elevato costo esterno della strada (1,59 cent euro/pkm) rispetto a quello di rotaia (0,17 cent) e aereo (0,10 cent). Nell’ambito del trasporto su strada, il costo esterno maggiore è quello delle autovetture, con 1,92 cent euro/pkm; mentre gli autobus hanno un costo esterno notevolmente inferiore (0, 37 cent/pkm) in virtù dell’ottimizzazione dell’uso dello spazio in relazione ai passeggeri trasportati. Non abbiamo invece quantificato i costi esterni della congestione delle due ruote, avendo assunto una loro responsabilità in termini di congestionamento dell’infrastruttura trascurabile rispetto alle altre categorie di veicoli.

Nell’ambito del trasporto merci, non è possibile effettuare confronti significativi, in quanto non abbiamo calcolato la relativa congestione su rotaia e aereo. I costi esterni specifici della congestione dei veicoli leggeri sono superiori rispetto a quelli dei veicoli pesanti per ovvie ragioni di capacità di carico, e non possono essere

83

confrontati fra di loro a causa della diversità del servizio reso: confronti più idonei dovrebbero essere effettuati fra tipi di veicoli leggeri, in relazione allo spazio di infrastruttura da essi occupato.

Fig. 10: I Costi esterni specifici della congestione

2,55

13,24

0,10

0,17

1,59

1,92

1,62

0,00 2,00 4,00 6,00 8,00 10,00 12,00 14,00

AEREO

ROTAIA

STRADA

Veicoli pesanti

Veicoli leggeri

AEREO

ROTAIA

STRADA

Bus e pullman

Motocicli/ciclomotori

Autovetture

(cent di euro/pkm-tkm)

MERCI

PASSEGGERI

0,37

84

8. I COSTI ESTERNI DELLA MOBILITA’

In questo capitolo conclusivo forniamo il quadro d’insieme dei costi esterni della mobilità in Italia nel 2003, ottenuto dalla somma dei risultati relativi alle cinque categorie di esternalità esaminate.

8.1 AMBITI DI VALIDITÀ DELLA NOSTRA STIMA

E’ importante sottolineare che il quadro di seguito esposto rappresenta una stima per difetto per tre ordini di motivi:

1. a causa della mancanza di dati o di conoscenze sufficientemente fondate sugli impatti, alcune delle cinque categorie di esternalità non sono state analizzate in modo completo;

2. oltre alle cinque esternalità analizzate, all’esercizio dei veicoli sono direttamente associate altre esternalità che lo studio non ha considerato;

3. seguendo uno schema ormai tradizionale, questo Rapporto ha valutato gli effetti della mobilità considerando solo il più importante tra i prodotti necessari all’esercizio dei veicoli (l’energia, ovvero i carburanti e l’energia elettrica per trazione), trascurando gli impatti legati all’uso di molti altri prodotti ausiliari.

Per quanto riguarda il primo punto, si ricorda ad esempio che non sono state stimate le emissioni di metalli pesanti da traffico stradale, né si è tenuto debito conto della perdita di efficacia della marmitta catalitica dopo un certo chilometraggio; le stime dei danni dell’inquinamento atmosferico sono state limitate agli effetti sulla salute, sull’agricoltura e sui materiali degli edifici “ordinari”, trascurando ad esempio gli effetti delle deposizioni acide sulle foreste ed altri ecosistemi vulnerabili, o i danni ai monumenti e al patrimonio storico-architettonico, presumibilmente molto elevati in un Paese come l’Italia. Tuttavia, rispetto ai precedenti rapporti, è stata migliorata la metodologia di stima, ad esempio tenendo conto del maggior contributo delle emissioni di CO2 del trasporto aereo ad alta quota, degli effetti sanitari del rumore (in aggiunta a quelli di mero “disagio”); nel caso della congestione, la valutazione –che nei precedenti rapporti era limitata all’ambito urbano- è stata estesa all’intero ambito extraurbano (autostrade e strade extraurbane) prendendo in considerazione sia i costi del tempo perduto dagli individui, sia i danni legati alla ritardata consegna delle merci.

Vi sono poi alcune categorie di esternalità associate ai mezzi di trasporto, diverse dalle cinque tradizionalmente analizzate, per le quali la letteratura offre spunti e

85

informazioni interessanti ma ancora insufficienti ad effettuare una valutazione monetaria adeguata.

- Danni associati all’occupazione di spazio dei veicoli. L’occupazione di spazio da parte dei veicoli fermi rappresenta un grave problema sociale, soprattutto in ambito urbano. In Italia, il problema è particolarmente sentito, dato l’elevatissimo rapporto autovetture/popolazione (oltre 58 auto ogni 100 abitanti nel 2003) e la struttura dei contesti urbani. Considerato che non solo i veicoli ma anche le infrastrutture utilizzano quella risorsa scarsa che è il territorio, il problema dell’occupazione di spazio andrebbe più propriamente affrontato nell’ambito di uno studio sulle esternalità delle infrastrutture dei trasporti.

- Danni agli edifici e alla salute causati dalle vibrazioni dei mezzi di trasporto. Anche in questo caso si tratta di un problema prevalentemente urbano. Diversi studi mettono in evidenza che le vibrazioni, imputabili soprattutto al passaggio di veicoli pesanti su strade non concepite per questo scopo, hanno effetti negativi sugli edifici, che possono andare da semplici fessurazioni a veri e propri guasti strutturali. Gli effetti sulla salute umana sono stati oggetto di poche indagini sistematiche.

- Inquinamento elettromagnetico. Si tratta di un problema che potrebbe riguardare la modalità su rotaia, ma la debolezza degli indizi su possibili effetti sanitari, sia a breve che a lungo termine, dei campi elettromagnetici a bassa frequenza spinge a considerare eccessiva la precauzione dimostrata in materia dal legislatore italiano e comunque non giustifica una quantificazione dei danni.

Quanto alla terza ragione di sottostima, è da notare che le analisi relative ai gas serra e all’inquinamento atmosferico sono strettamente associate al consumo di carburanti (nel caso dei veicoli stradali, dei locomotori diesel e degli aerei) e di elettricità (nel caso di tutti i veicoli su rotaia a trazione elettrica). L’uso di questi prodotti comporta, come si è visto, ingenti impatti sull’ambiente e sulla salute, ed è certamente per questo motivo che su queste esternalità si sono concentrate le ricerche da alcuni decenni. Ma l’esercizio dei veicoli delle tre modalità comporta, in un anno, l’immissione sul mercato e l’uso di molti altri prodotti ausiliari, i cui impatti sono stati finora indagati con minore attenzione e raramente quantificati. Oli e grassi lubrificanti, pneumatici, batterie, fluidi frigorigeni per climatizzazione vengono consumati e/o dispersi nell’ambiente in quantità notevoli, essenzialmente dai veicoli su strada; la verniciatura per manutenzione dei veicoli, lo spargimento di sale antigelo sulle strade e l’impiego di diserbanti lungo i binari sono altri esempi di attività che certamente non sono esenti da effetti negativi sull’ambiente. E’ da rilevare che ogni anno il parco circolante dei veicoli stradali richiede, in Italia, un

86

quantitativo di pneumatici di ricambio pari a circa 300.000 tonnellate, di cui oltre 60.000 finiscono sotto forma di polvere nell’ambiente (mediamente uno pneumatico per autovettura perde per usura durante la sua vita 1,5 kg del suo peso); si tratta di un notevole quantitativo (superiore alle emissioni di PM10 allo scarico dei motori) che, unitamente alla polvere derivante dall’abrasione del manto stradale, in parte si disperde in atmosfera e in parte finisce nelle acque e nei suoli in seguito al dilavamento della superficie stradale per pioggia. Il cocktail di inquinanti presente nelle acque di dilavamento del manto stradale, sia in ambito urbano che extraurbano, è stato oggetto di numerosi studi negli Stati Uniti e in alcuni Paesi europei e può danneggiare seriamente la qualità dei suoli circostanti e dei corpi idrici ricettori.

Infine, occorre ricordare che il presente studio è impostato per analizzare i costi esterni della mobilità e non comprende i costi esterni associati alla costruzione e all’esistenza delle infrastrutture di trasporto, di cui si richiamano qui di seguito i principali sentieri d’impatto ambientale:

- effetti paesaggistici (ivi inclusi quelli indotti sul turismo e sul commercio);

- effetti naturalistici (ecosistemi, flora, fauna, etc.);

- effetti di separazione (ostacoli alla mobilità locale).

Come vediamo, si tratta di sentieri d’impatto di notevole rilevanza non solo sotto il profilo ambientale ma anche sotto quello economico: in base al criterio della disponibilità a pagare degli individui adottato nel presente lavoro, è ragionevole ipotizzare che all’elevato valore paesaggistico e naturalistico attribuibile a buona parte del territorio del nostro paese corrisponda un’elevata disponibilità a pagare (non solo degli italiani, ma anche dei visitatori potenziali) per la sua tutela. A questo proposito auspichiamo che nel prossimo futuro sia stimolata la ricerca per una valutazione completa dei costi esterni lungo l’intero ciclo di vita dell’infrastruttura (costruzione, esercizio, smantellamento), in maniera tale da corredare l’analisi costi-benefici che generalmente accompagna la valutazione di fattibilità di una nuova infrastruttura delle necessarie valutazioni di costo esterno.

8.2 I COSTI ESTERNI TOTALI

Tutto ciò premesso, vengono di seguito brevemente commentati i risultati complessivi di questo Quinto Rapporto. La tab. 42, ottenuta combinando le tabelle parziali dei capitoli precedenti, fornisce i costi esterni delle cinque categorie di esternalità esaminate e i costi totali. Il valore complessivo è di 40.566 milioni di euro, dei quali 38.285 milioni (il 94,4%) sono imputabili alla modalità stradale. Spicca la bassa incidenza del trasporto su rotaia, con l’1,3%, mentre il trasporto aereo contribuisce in misura maggiore, per il 4,3%.

87

Soffermandoci sui trasporti su strada (cfr. anche fig. 11), i costi esterni più elevati sono quelli dovuti alla congestione (19.435 milioni di euro, pari al 51% dei costi esterni totali), seguiti dall’inquinamento atmosferico (19%) e dal rumore (14%). Gli incidenti stradali, che complessivamente comportano danni (costi sanitari e di pronto intervento) per 16.382 milioni di euro e che quindi costituiscono un problema sociale di primaria importanza, in termini di costi esterni incidono per 3.941 milioni di euro (10% dei costi esterni stradali), in quanto gli utenti sostengono già buona parte dei danni attraverso i premi assicurativi e la tassa a favore del sistema sanitario nazionale. Per quanto concerne il trasporto su rotaia, ferma restando l’esiguità dei costi esterni per questa modalità, il problema maggiore è dato dal rumore (43% dei costi esterni), seguito dall’inquinamento atmosferico (22%) e dalla congestione (18%). Nel caso del trasporto aereo diventa prioritario il problema delle emissioni di gas serra ad alta quota (35%) in relazione al loro maggior potenziale di riscaldamento globale rispetto alle emissioni a terra, seguito dall’inquinamento atmosferico (34%) e dal rumore (25% dei costi esterni).

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Tab. 42 - Costi esterni imputabili, nel complesso, alla mobilità nel 2003 (milioni di euro)

Gas serraInquinamento atmosferico

Rumore Incidenti Congestione TOTALE (%)

STRADA 2.408 7.277 5.224 3.941 19.435 38.285 94,4

Trasporto passeggeri 1.606 4.329 2.599 3.599 13.087 25.220 62,2

Uso privato 1.536 3.997 2.414 3.563 12.679 24.189 59,6

Autovetture 1.451 3.323 1.547 2.546 12.679 21.546 53,1

Motocicli 48 179 516 551 - 1.295 3,2

Ciclomotori 37 495 350 466 - 1.348 3,3

Uso collettivo - Bus e pullman 70 331 185 36 408 1.031 2,5

Trasporto merci 801 2.949 2.625 341 6.348 13.065 32,2

Veicoli leggeri 280 948 1.108 40 2.647 5.023 12,4

Veicoli pesanti 521 2.000 1.517 301 3.701 8.042 19,8

ROTAIA 58 123 235 35 97 547 1,3

Trasporto passeggeri 40 94 140 31 97 402 1,0

Trasporto merci 18 29 95 3 - 145 0,4

AEREO 609 581 440 29 74 1.734 4,3

Trasporto passeggeri 567 540 408 29 74 1.620 4,0

Trasporto merci 42 40 32 - - 114 0,3

TOTALE GENERALE 3.075 7.981 5.899 4.005 19.606 40.566 100,0 Fonte: elaborazione Amici della Terra (2005)

89

Fig. 11: I costi esterni dei trasporti per modalità e categoria di esternalità

STRADA:38.285 milioni di euro

Inquinamento atmosferico

19%

Gas serra6%

Congestione51%

Incidenti10%

Rumore14%

ROTAIA:547 milioni di euro

Gas serra11%

Rumore43%

Incidenti6%

Congestione 18%

Inquinamento atmosferico

22%

AEREO:1.734 milioni di euro

Incidenti2%

Rumore25%

Gas serra36%

Inquinamento atmosferico

33%

Congestione 4%

La fig. 12 riporta, limitatamente ai trasporti stradali, la ripartizione dei costi esterni per categorie di veicoli. I due terzi del costo complessivo sono imputabili al trasporto passeggeri (autovetture 56%, due ruote 7%, autobus e pullman 3%), mentre il trasporto delle merci incide per il restante 34%.

Fig. 12: I costi esterni dei trasporti su strada per categoria di veicoli

Motocicli3,4%

Ciclomotori3,5%

Bus e Pullman2,7%

Autovetture56,3%

Ttrasporto merci34,1%

Per una miglior comprensione dei risultati, può esser utile confrontare la nuova stima dei costi esterni, ottenuta con l’aggiornamento della metodologia e dei valori monetari, con i valori di indicatori macroeconomici essenziali quali il PIL e il PIL pro capite (cfr. tab. 43).

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Tab. 43: Indicatori macroeconomici e di costo esterno a confronto

Indicatore Unità di misura

PIL 2003 (M euro03) 1.300.929

popolazione residente 2003 n. 57.888.245

PIL pro capite 2003 euro03 22.473

VSL euro03 1.000.000

VSL/PIL pro capite n. 44,5

Costi esterni trasporti 2003 (M euro03) 40.566

Costi esterni trasporti /PIL % 3,12%Costi esterni trasporti pro capite euro03 701

Costi esterni congestione (M euro03) 19.606

Costi esterni congestione /PIL % 1,51%

Costi esterni congestione pro capite euro03 339

Fonte: elaborazione Amici della Terra (2005) Possiamo notare innanzitutto che il Valore della Vita Statistica (VSL) di 1 milione di euro, adottato nel presente studio in quanto valore emergente dai più recenti studi comunitari ed anche consigliato dalla Commissione europea come valore di riferimento comunitario, corrisponde a 44,5 volte il PIL pro capite italiano nel 2003. Esso appare assai più allineato rispetto alle effettive possibilità produttive individuali di quanto non fosse il vecchio valore di ExternE, pari a 3,1 milioni di euro (oltre 130 volte l’attuale PIL pro capite nazionale). Utilizzando questo valore unitario, su cui sono sostanzialmente parametrati anche gli altri costi unitari impiegati nella valutazione (con l’eccezione dei valori del tempo perduto impiegati nella congestione, direttamente allineati al PIL pro capite), i costi esterni dei trasporti nel 2003 sono risultati pari al 3,12% del PIL. In media, nel 2003 ogni cittadino italiano ha subito costi esterni dei trasporti (cioè danni non coperti dagli utenti) per 700 euro, una cifra che sale a 916 euro se consideriamo il totale dei danni subiti dai cittadini (ivi inclusi quelli da incidenti coperti dall’assicurazione RC auto).

Se soffermiamo l’attenzione sui costi della congestione, consistenti in costi subiti dai cittadini e dal sistema produttivo (per i ritardi in arrivo dei passeggeri e delle merci

91

trasportate), essi ammontano a 19.606 milioni di euro, pari all’1,51% del PIL. Di fatto, ciò significa che ogni anno il sistema Italia perde capacità produttiva pari a quella che dovrebbe essere il suo tasso di crescita del PIL a causa delle inefficienze associate alla congestione dei trasporti. Stati dotati di un sistema di infrastrutture di trasporto più efficiente, capace di evitare i livelli più elevati di congestionamento, che sono invece tipici delle città e di molte strade italiane, godono di un vantaggio competitivo: un’evidenza che contribuisce a spiegare il gap di crescita dell’Italia in ambito comunitario.

8.3 I COSTI ESTERNI SPECIFICI

Possiamo a questo punto esaminare i risultati del quinto rapporto in termini specifici. La tab. 44 e la figura 13 illustrano i costi esterni medi in ambito nazionale delle varie categorie veicolari (costi esterni totali rapportati ai volumi di traffico passeggeri o merci).

Per quanto riguarda il trasporto passeggeri, la modalità che presenta i minori costi esterni è la rotaia (0,72 cent euro/pkm), che distanzia sia l’aereo (2,10 cent)32 che la strada (3,07 cent). Tra i veicoli stradali, i migliori sono gli autobus e i pullman (0,93 cent), con un costo specifico leggermente superiore a quello medio della rotaia; le autovetture hanno un costo specifico di 3,26 cent/pkm, oltre il triplo dei mezzi pubblici e più che quadruplo rispetto alla rotaia. La prestazione peggiore è quella delle due ruote, in particolare dei ciclomotori (6,58 cent), a causa soprattutto degli incidenti, del rumore e dell’inquinamento. Nel loro complesso, i veicoli stradali ad uso privato (autovetture, motocicli e ciclomotori) presentano un costo specifico di 3,40 cent, oltre il triplo dei mezzi pubblici. Ciò conferma la necessità di razionalizzare l’uso dei mezzi privati e di promuovere efficienti reti di trasporto collettivo.

32 A proposito del trasporto aereo passeggeri, va sottolineato che l’ulteriore distinzione tra voli nazionali

e voli internazionali porterebbe ad attribuire ai primi costi esterni ancora maggiori di quanto appaia dal

dato aggregato; infatti, più il volo è breve, maggiore è l’incidenza chilometrica delle forti esternalità che

si concentrano nella fasi di decollo e atterraggio (cicli LTO).

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Gas serraInquinamento atmosferico

Rumore Incidenti Congestione Totale

STRADA

Trasporto passeggeri 0,20 0,53 0,32 0,44 1,59 3,07

Uso privato 0,22 0,56 0,34 0,50 1,78 3,40

Autovetture 0,22 0,50 0,23 0,39 1,92 3,26

Motocicli 0,16 0,59 1,71 1,82 - 4,28

Ciclomotori 0,18 2,42 1,71 2,28 - 6,58

Uso collettivo - Bus e pullman 0,06 0,30 0,17 0,03 0,37 0,93

Trasporto merci 0,32 1,18 1,05 0,14 2,55 5,25

Veicoli leggeri 1,40 4,74 5,54 0,20 13,24 25,12

Veicoli pesanti 0,23 0,87 0,66 0,13 1,62 3,51

ROTAIA

Trasporto passeggeri 0,07 0,17 0,28 0,06 0,17 0,72

Trasporto merci 0,07 0,12 0,40 0,01 - 0,62

AEREO

Trasporto passeggeri 0,73 0,70 0,53 0,04 0,10 2,10

Trasporto merci 2,78 2,66 2,12 - - 7,56

Fonte: elaborazione Amici della Terra (2005)

Tab. 44 - Costi esterni specifici imputabili, nel complesso, alla mobilità nel 2003 (cent di euro/pkm-tkm)

93

Fig. 13: Costi esterni specifici della mobilità nel 2003

0,00 1,00 2,00 3,00 4,00 5,00 6,00 7,00 8,00

AEREO

ROTAIA

STRADA

AEREO

ROTAIA

STRADA

Bus e pullman

Ciclomotori

Motocicli

Autovetture

(cent di euro/pkm-tkm)

Gas serra

InquinamentoatmosfericoRumore

Incidenti

Congestione

3,26

4,28

6,58

0,93

3,07

0,72

2,10

5,25

0,62

7,56

PASSEGGERI

MERCI

94

Nell’ambito del trasporto merci, è ancora la rotaia che presenta la prestazione migliore, con appena 0,62 cent/tkm rispetto ai 5,25 cent della strada nel suo complesso e ai 3,51 cent dei soli veicoli pesanti (categoria che –lo ricordiamo- comprende tutti i veicoli industriali di massa massima superiore a 3,5 tonnellate, quindi anche autocarri di piccole dimensioni). Il valore del costo esterno medio del trasporto merci mediante quest’ultimo tipo di veicoli, per l’appunto detti “leggeri”, sebbene molto elevato in rapporto all’unità di servizio realizzato (25,12 cent euro/tkm), non può essere confrontato con altre categorie di trasporto nell’ambito del nostro studio. L’unico confronto sensato per questa categoria è in rapporto al km realizzato dal veicolo (vkm): otteniamo pertanto che il costo esterno medio dei veicoli leggeri è di 9,29 cent/vkm (per i veicoli leggeri abbiamo infatti ipotizzato un carico medio di 370 kg), che sale a 21,73 cent/vkm nel caso dei veicoli pesanti (carico medio 6.190 kg).

Anche il confronto del costo esterno del trasporto aereo delle merci rispetto alla rotaia (rispettivamente 7,56 cent contro 0,62 cent/tkm) è poco significativo, per ovvie differenze dei prodotti trasportati (prodotti finiti leggeri nel primo caso rispetto a materie prime pesanti nel secondo). Se si considera la categoria dei veicoli pesanti su strada (quella che al suo interno comprende maggiormente il trasporto merci su lunghe distanze), il confronto con l’aereo è favorevole alla prima, con 3,51 cent/tkm, ma in misura più attenuata rispetto al confronto tra rotaia e aereo.

Nel complesso, queste cifre dimostrano la convenienza sociale – in termini di costi esterni evitati- di proseguire nelle politiche di sostegno al rafforzamento infrastrutturale del trasporto merci su rotaia, anche al fine di avvicinare l’Italia alla situazione più equilibrata di alcuni Paesi esteri, come Svezia, Svizzera, Francia e Germania.

In conclusione, la continuità degli studi sulla valutazione dei costi esterni della mobilità in Italia, condotti dagli Amici della Terra in collaborazione con le Ferrovie dello Stato, consente di effettuare un primo bilancio su un arco di tempo di quasi un decennio (dal 1995 al 2003). Il lettore che ci ha seguito in questi anni non pensi che al ridimensionamento dei costi esterni di questo rapporto corrisponda un miglioramento effettivo: esso è dovuto solamente alle innovazioni metodologiche apportate. Se avessimo mantenuto inalterati i vecchi criteri di valutazione monetaria, avremmo ottenuto un costo esterno complessivo leggermente superiore a 100 miliardi di euro (superiore ai risultati del Quarto Rapporto, relativo all’anno 1999). Nel periodo 1995-2003, a fronte di un lieve miglioramento dell’inquinamento atmosferico e dell’incidentalità, si registra un incremento delle emissioni di gas serra e una sostanziale stazionarietà per rumore e congestione (ferma restando la problematicità di quantificazione di queste ultime due esternalità). Il vero problema

95

resta quello dell’aumento generalizzato delle percorrenze, sia dei veicoli passeggeri che di quelli merci stradali; anche il traffico aereo ha conosciuto una crescita senza precedenti: tutto ciò tende a vanificare l’efficacia dei provvedimenti di tutela e prevenzione, che pure hanno avuto in questi anni una certa intensificazione (miglioramenti delle tecnologie motoristiche e della qualità dei carburanti, barriere anti-rumore, dotazioni di sicurezza a bordo, patente a punti, ampliamento delle carreggiate, etc.).

L’indicazione che ne consegue è la necessità di politiche che incidano sull’intero sistema dei trasporti e non solo sulle tecnologie . Posta al servizio delle politiche, la valutazione dei costi esterni può servire utilmente sia nell’individuare le priorità su cui è necessario intervenire, sia nel selezionare le misure d’intervento più idonee, confrontandone i costi e i benefici attesi.

Il trasporto collettivo, sia nelle sue forme di massa (metropolitane), che nelle sue forme più flessibili e innovative (taxi collettivo nei centri urbani, minibus a chiamata per le aree periferiche, minibus notturni, etc.) può certamente rispondere in modo adeguato alla domanda di mobilità dei cittadini in ambito urbano; il treno deve tornare ad essere il mezzo preferito per spostarsi sulle medie e lunghe distanze, possibilmente affiancato da formule incentivanti per chi ha esigenze di grande flessibilità negli spostamenti (coincidenze sui tragitti locali, sconti sul taxi o sul noleggio auto per chi effettua parte del viaggio in treno, etc.).

Per il trasporto merci, il Rapporto mette in evidenza il permanere di un forte squilibrio modale, con grosse ripercussioni in termini di maggiori costi esterni del trasporto. Dovrebbero pertanto essere promosse nuove soluzioni di logistica intermodale, capaci di valorizzare il vantaggio ambientale e sociale del trasporto su rotaia (linee di autostrade del mare orientate al trasporto container invece che di veicoli e semirimorchi, potenziamento dei terminal ferroviari in ambito portuale, soluzioni di velocizzazione delle operazioni di carico-scarico, diffusione dei micro-terminal ferroviari, servizi più flessibili, etc.).

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ELENCO DELLE UNITÀ DI MISURA E DEI SIMBOLI CHIMICI USATI NEL TESTO

°C Gradi centigradi

cent euro Centesimi di euro

CFC Clorofluorocarburi

CH4 Metano

CO Ossido di carbonio

CO2 Anidride carbonica

COV Composti organici volatili

COVNM Composti organici volatili non metanici (diversi dal metano)

dB Decibel

dB(A) Decibel (misurati secondo la scala A)

G Giga (=109 = miliardo)

g Grammo

g/kWh Grammi/chilowattora

gep Grammi equivalenti petrolio

gep/pkm Grammi equivalenti di petrolio/passeggero x chilometro

gep/tkm Grammi equivalenti di petrolio/tonnellata x chilometro

GPL Gas di Petrolio Liquefatto

GWh Gigawattora (un milione di chilowattora)

H2O Acqua (o vapor d’acqua)

HC Idrocarburi incombusti

HCFC Idroclorofluorocarburi

HFC Idrofluorocarburi

Hz Hertz (1 Hertz = 1 periodo/secondo)

IPA Idrocarburi policiclici aromatici

97

J Joule

kcal Chilocaloria (1 kcal = 1.000 calorie)

kg Chilogrammo

kgep Chilogrammo equivalente di petrolio

kHz Chilohertz (= 1.000 hertz)

km Chilometro

km2 Chilometro quadrato

kt Migliaia di tonnellate

ktep Migliaia di tonnellate equivalenti di petrolio

kWh Chilowattora

Leq dB(A) Livello sonoro equivalente espresso in dB(A)

Leq(A) Livello sonoro equivalente (misurato secondo la scala A)

Ln(A) Livello sonoro statistico (misurato secondo la scala A)

Log Logaritmo in base 10

LOS Level of Service (livello di servizio di un’infrastruttura stradale)

L p Livello di pressione sonora

micron Micrometro (= un milionesimo di metro)

micro Pascal Un milionesimo di Pascal

M Mega (106 = milione)

MJ Megajoule (= 106 joule)

Mt Milioni di tonnellate

Mtep Milioni di tonnellate equivalenti di petrolio

nm nanometro (un miliardesimo di metro, ovvero un milionesimo di

millimetro)

N2O Protossido di azoto

NH3 Ammoniaca

NO Ossido di azoto

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NO2 Biossido di azoto

NOX Ossidi di azoto (miscela di NO + NO2)

O2 Ossigeno

O3 Ozono

Pb Piombo

PCE Per Car Equivalent

PFC Perfluorocarburi

pkm Passeggero x chilometro

PM Particulate Matter (polveri)

PM10

Polveri di dimensioni inferiori a 10 micron

PM2.5

Polveri di dimensioni inferiori a 2,5 micron

po Pressione sonora di riferimento (pari a 20 micropascal)

ppm Parti per milione

ppmv Parti per milione in volume

SF6 Esafluoruro di zolfo

SO2 Anidride solforosa

t Tonnellata

tep Tonnellata equivalente di petrolio

tkm Tonnellata x chilometro

TKBR Tonnellate chilometro lorde rimorchiate

TKBTC Tonnellate chilometro lorde di treno completo

TWh Terawattora (un miliardo di chilowattora)

UT Unità di Traffico (pkm + tkm)

vkm Veicolo x chilometro

VTMG Veicoli Teorici Medi Giornalieri

µµµµm Micron = Micrometro (un millesimo di millimetro)

µµµµg/m3 Microgrammi/metro cubo

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INDICE:

1. INTRODUZIONE............................................................................................. 4

1.1 La spinta propulsiva della politica comunitaria.............................................5

1.2 Lo sviluppo della ricerca scientifica sulla valutazione delle esternalità dei trasporti ................................................................................................................6

1.3 Le innovazioni metodologiche del quinto rapporto.......................................7

2. VOLUMI DI TRAFFICO E CONSUMI DI ENERGIA......... ...................... 9

2.1 Trasporto su strada.........................................................................................9

2.2 Trasporto su rotaia .......................................................................................13

2.3 Trasporto aereo ............................................................................................15

3. I COSTI ESTERNI DEI GAS SERRA......................................................... 18

3.1 La metodologia di valutazione monetaria dei gas serra...............................18

3.2 La quantificazione delle emissioni ..............................................................22

3.3 I costi esterni dei gas serra dei trasporti.......................................................28

4. I COSTI ESTERNI DELL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO ... ........ 31

4.1 La metodologia di valutazione dei costi esterni dell’inquinamento atmosferico.........................................................................................................31

4.2 La quantificazione delle emissioni ..............................................................33

4.4 Emissioni medie: strada, rotaia e aereo a confronto ....................................41

4.5 La valutazione monetaria.............................................................................41

5. I COSTI ESTERNI DEL RUMORE ............................................................ 47

5.1 La metodologia di valutazione dei costi esterni del rumore ........................48

5.2 I costi esterni del rumore .............................................................................51

100

6. I COSTI ESTERNI DEGLI INCIDENTI ................. ................................... 54

6.1 La metodologia di valutazione dei costi esterni degli incidenti...................54

6.2 I costi esterni degli incidenti su strada.........................................................56

6.2. I costi esterni degli incidenti su rotaia ........................................................64

6.3. I costi esterni degli incidenti aerei ..............................................................65

6.4 I costi esterni degli incidenti delle tre modalità a confronto........................67

7. I COSTI ESTERNI DELLA CONGESTIONE ........................................... 69

7.1 Metodologia di valutazione dei costi esterni della congestione ..................69

7.2 I costi esterni della congestione stradale.....................................................70

7.3 Congestione. Rotaia .....................................................................................80

7.4 Congestione. Aereo......................................................................................80

7.5 I costi esterni della congestione per le tre modalità.....................................81

8. I COSTI ESTERNI DELLA MOBILITA’................. .................................. 84

8.1 Ambiti di validità della nostra stima............................................................84

8.2 I costi esterni totali.......................................................................................86

8.3 I costi esterni specifici .................................................................................91

ELENCO DELLE UNITÀ DI MISURA E DEI SIMBOLI CHIMICI USATI NEL TESTO........................................................................................................ 96