I COMPORTAMENTI DI ACQUISTO NEL VENETO · più rispetto al 1993, per un tasso di natalità pari a...

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"I comportamenti di acquisto nel Veneto" Hanno partecipato al progetto: Dott. Alberto D’Incà Levis – Dirigente regionale Direzione Commercio Avv. Giorgia Vidotti – Dirigente Servizio Programmazione e Monitoraggio Direzione Commercio Dott.ssa Michela Cossu – Funzionario Servizio Programmazione e Monitoraggio Direzione Commercio Dott.ssa Maria Teresa Coronella – Dirigente regionale Direzione Sistema Statistico Regionale Dott.ssa Daniela Targa – Funzionario Direzione Sistema Statistico Regionale Prof. Corrado Provasi – Responsabile scientifico del progetto Dipartimento di Scienze Statistiche, Università di Padova

Prof. Luigi Fabbris – Collaboratore del progetto Dipartimento di Scienze Statistiche, Università di Padova Hanno collaborato: Capitolo 1 Dott.ssa Nedda Visentini – Funzionario Direzione Sistema Statistico Regionale Dott.ssa Cristina Bragante - Funzionario Direzione Sistema Statistico Regionale Dott.ssa Carla Pesce – Funzionario Direzione Sistema Statistico Regionale Dott.ssa Desirè Molin – Funzionario Direzione Sistema Statistico Regionale Capitolo 2 Dott.ssa Valentina Ercole Dott.ssa Anna Ferraresso Capitolo 3 e 4 Dott. Davide Baraldo Dott.ssa Valentina Ercole © Copyright 2004 by CLEUP scarl “Coop. Libraria Editrice Università di Padova” Via G. Belzoni, 118/3 – Padova (Tel. 049/650261) www.cleup.it Tutti i diritti di traduzione, riproduzione e adattamento, totale o parziale, con qualsiasi mezzo (comprese le copie fotostatiche e i microfilm) sono riservati.

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Presentazione

La Regione ha operato nel settore del commercio con l’intento di offrire ai cittadini strumenti normativi e opportunità che potessero soddisfare le diverse esigenze: da un lato quelle delle famiglie di mantenere o accrescere il loro potere d’acquisto, dall’altro quelle degli operatori, in uno scenario di cambiamenti di grande portata che hanno anche effetti negativi sulla qualità della vita delle nostre città e, ad esempio, sul ruolo stesso che oggi possono assumere i centri storici dove rischia di venire meno quella valenza economica che ne aveva in passato costituito le fondamenta.

In questo contesto abbiamo voluto la creazione dell’Osservatorio per il Commercio, come momento di analisi, di confronto e di proposta per poter capire meglio cosa accade e per operare scelte e decisioni che siano le più consone ad uno sviluppo del settore che eviti effetti negativi sull’economia e sul territorio. Non possiamo poi dimenticare quanto è accaduto negli ultimi anni, con le preoccupazioni per gli effetti del cambiamento della moneta da nazionale a europea e per le conseguenze di un diverso clima mondiale, profondamente turbato da fatti di terrorismo che incidono sulle tradizionali certezze e sulla normalità dei rapporti economici tra paesi diversi.

Attraverso l’Osservatorio sono nate da un lato la ricerca portata avanti dalla Direzione Regionale Sistema Statistico Regionale sulla “struttura” delle famiglie nel Veneto (composizione, localizzazione, spostamenti, reddito ecc.), dall’altro l’indagine sui consumi e sui comportamenti d’acquisto, commissionata all’Università di Padova, per sapere quali siano le motivazioni che spingono i consumatori a compiere determinate scelte quando si recano a fare la spesa.

Quest’ultima ricerca è oggi conclusa e riteniamo sia di utilità e interesse generali presentarne i risultati e farli conoscere a tutti coloro che possono essere interessati alla comprensione di fenomeni importanti, che incidono sulla qualità della vita di ciascuno e sul modo di strutturarsi delle realtà commerciali gradi e piccole.

Siamo convinti che sia soprattutto un contributo che consente di fornire risposte sempre migliori alle richieste dei cittadini consumatori e che permettere alle istituzioni di compiere scelte amministrative, legislative e programmatorie oculate, capaci di soddisfare le diverse problematiche che la moderna strutturazione della distribuzione oggi comporta.

L'Assessore alle Politiche per l'Agricoltura, il Commercio

e l'Artigianato

L'Assessore alle Politiche dell'Occupazione, della Formazione,

dell'Organizzazione e delle Autonomie Locali

Giancarlo Conta Raffaele Grazia

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Indice

1 La dinamica socio-demografica della popolazione veneta 1

2 Metodologia e tecnica della ricerca sui consumi 35

3 I consumi 63

4 Gli stili di acquisto 201

Appendice Questionario sui consumi

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1. LE DINAMICHE SOCIO-DEMOGRAFICHE DEL

VENETO 1.1 La popolazione

La popolazione legale del Veneto, alla data dell'ultimo censimento della popolazione nel 2001, ammonta a 4.527.694 abitanti e alla fine del 2003 la popolazione residente risulta aumentata di oltre 115.000 unità, pari ad una variazione percentuale del +2,5%.

La provincia con il maggior numero di abitanti è Padova con 871.190 residenti, pari al 18,8% della popolazione regionale. Seguono Verona con 849.999 abitanti (18,3%), Treviso con 824.500 abitanti (17,8%), Venezia con 822.591 abitanti (17,7%) e Vicenza con 819.297 (17,6%). Belluno e Rovigo restano le province meno popolate, con un numero di abitanti inferiore a 250.000 unità: province per lungo tempo caratterizzate dallo spopolamento del proprio territorio e che solo negli ultimi due anni presentano un incremento dei residenti, seppur contenuto. Figura 1.1: Densità della popolazione residente (abitanti per Kmq)(D) per comune. Anno 2003

Fonte: Elaborazioni Regione Veneto – Direzione Sistema Statistico Regionale su dati Istat

La densità di popolazione, a livello regionale, supera i 250 abitanti per kmq;

presenta i valori più alti nella fascia centrale della regione, evidenziando una

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I comportamenti di acquisto nel Veneto 2

maggiore concentrazione nei capoluoghi di provincia e nei comuni ad essi limitrofi. Al contrario nelle zone montane e nel rodigino la densità assume valori molto più contenuti: a Belluno si contano circa 58 abitanti per kmq e a Rovigo 136 abitanti per kmq, contro i 407 nel territorio di Padova, la provincia più densamente popolata.

La crescita della popolazione veneta è dovuta ai saldi positivi del movimento naturale, dato dalla differenza tra nati e morti, e del movimento migratorio ottenuto quale differenza tra iscritti e cancellati. Secondo le risultanze anagrafiche, anche nel 2003, per il quarto anno consecutivo, il saldo naturale continua ad essere positivo, ossia durante l’anno il numero di nascite supera i decessi; il fatto che il saldo dal 2000 ad oggi risulti positivo sembra consolidare l’ipotesi di un’inversione di tendenza e di una ripresa della natalità, dopo un trend decennale negativo.

E’ anche vero che l’incremento del saldo naturale del 2003, pari a 124 unità, è il più contenuto degli ultimi quattro anni, ma ciò sembra dipendere soprattutto da un più elevato numero di decessi registratisi durante l’anno, in particolare nel periodo estivo per le eccezionali condizioni climatiche (da giugno a settembre, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, i decessi risultano maggiori dell’8%, con un massimo del 21,1% nel mese di agosto, quando nel resto dell’anno l’incremento assume valori molto più contenuto, attestandosi sull’1,4%).

Grafico 1.1: Saldo naturale, migratorio e totale (*). Veneto – Anni 1993:2003

-10.0000

10.00020.00030.00040.00050.00060.00070.000

1993

1994

1995

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2001

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2003

Saldo naturale Saldo migratorio Saldo totale

(*) Saldo naturale = Nati - Morti Saldo migratorio = Iscritti - Cancellati Saldo totale =(Nati + Iscritti) - (Morti + Cancellati) Fonte: Elaborazioni Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale su dati Istat

Le nascite avvenute nel 2003 ammontano a ben 43.911, il più alto valore da

oltre dieci anni a questa parte, l’1% in più rispetto all'anno precedente ma il 15% in più rispetto al 1993, per un tasso di natalità pari a 9,5 nati per 1.000 abitanti, di poco superiore al valore medio italiano (9,4).

Negli ultimi anni nel Veneto si assiste, dunque, a un recupero della fertilità, sia pur lieve: si passa dal valore di 1,16 figli per donna (di età 15-49 anni) registrato

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1. Le dinamiche socio-demografiche del Veneto 3

nel 1991 al valore minimo rilevato nel 1994 di 1,06 figli, per crescere fino a 1,28 nel 2003. Il dato risulta allineato con quello nazionale (1,29), venendosi a colmare il gap presente negli anni passati (il tasso italiano nel 1991 era di 1,36 figli per donna). Nonostante la ripresa, il livello di fecondità rimane tra i più bassi riscontrati a livello europeo e al di sotto del valore di ricambio generazionale, pari a due figli per donna.

Nello stesso arco di tempo la componente migratoria è fortemente positiva e crescente sotto la persistente spinta dell'immigrazione straniera. Nel 2003, infatti, il saldo migratorio, comprensivo dei movimenti tra il Veneto e le altre regioni italiane e tra il Veneto e l’estero, è di 65.367 unità, quota che rappresenta la quasi totalità dell’incremento complessivo della popolazione. La componente estera, dovuta alle iscrizioni in anagrafe dall’estero, è senza dubbio quella prevalente, grazie anche agli effetti della sanatoria relativa alle leggi 189 e 222 del 2002.

Il contributo del saldo migratorio e quello del saldo naturale nel determinare l’ammontare di popolazione a fine anno sono diversificati per le sette province venete. Nel 2003 Treviso, Vicenza e Padova registrano un aumento della popolazione per effetto di valori positivi sia della componente migratoria che di quella naturale (inoltre l’intensità della prima è superiore a quella della seconda). A Verona, Venezia, Belluno e Rovigo la popolazione varia per il solo effetto del tasso d’incremento migratorio, in grado di compensare il valore negativo della componente naturale. In tal senso è interessante notare che nella provincia di Verona il saldo naturale è tornato negativo dopo alcuni anni di valori positivi.

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Grafico 1.2: Tasso di incremento naturale e migratorio per 1.000 abitanti (*) per provincia. Veneto - Anno 2003 (*) Tasso di incremento naturale = [(Nati - Morti) / Popolazione residente media] * 1000 Tasso di incremento migratorio = [(Iscritti - Cancellati) / Popolazione residente media] * 1000 Fonte: Elaborazioni Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale su dati Istat

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I comportamenti di acquisto nel Veneto 4

1.2 La distribuzione per età

La popolazione del Veneto è una popolazione strutturalmente “vecchia” ed è destinata ad invecchiare. Dal confronto tra la struttura della popolazione del 2002, ultimo anno per cui si hanno dati disponibili, e quella di dieci anni prima, emerge che è diminuito il peso della popolazione in età giovane, ossia con età inferiore ai 15 anni, passando dal 13,9% al 13,6% della popolazione totale, è calata anche la quota di popolazione in età lavorativa (ossia tra i 15 e i 64 anni), da 70,4% a 67,9%, mentre è cresciuto di quasi tre punti percentuali il peso della classe più anziana, ossia di 65 anni e oltre, in particolar modo dei più anziani (75 anni e oltre).

Grafico 1.3: Distribuzione percentuale della popolazione residente per sesso e classi di età. Veneto - Anni 1992, 2002 e 2012

Fonte: Elaborazioni Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale su dati Istat Per il futuro, già nel medio periodo si prevedono notevoli cambiamenti nella

struttura per età della popolazione, con un continuo e progressivo sbilanciamento della compagine demografica verso le età anziane e l’ulteriore invecchiamento della popolazione. Infatti, già nel 2012 si stima che il 21,8% della popolazione veneta avrà un’età superiore ai 64 anni e i “grandi vecchi”, ossia coloro di età

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1. Le dinamiche socio-demografiche del Veneto 5

superiore agli 80 anni e che attualmente rappresentano circa il 5% della popolazione, continueranno a crescere fino a raggiungere valori intorno al 7%.

La popolazione invecchia innanzitutto perché aumenta la sopravvivenza: la speranza di vita alla nascita in Veneto nel 2002 si attesta ormai sui 77 anni per i maschi e oltre gli 83 per le femmine, con un guadagno di vita media negli ultimi venti anni di 7 e di 5 anni rispettivamente per i maschi e per le femmine. Sono tra i più alti guadagni di vita media registrati in Italia, in particolar modo per il sesso maschile: rispetto a venti anni fa sette anni di vita media in più contro un incremento medio nazionale di 5,7 anni. E’ anche vero che l’incremento di vita media conseguito dagli uomini è stato maggiore di quello sperimentato dalle donne, venendosi così a ridurre il differenziale di sopravvivenza tra i due sessi. Ciò è vero per il Veneto, ma anche per tutte le regioni del Nord, ossia per quelle regioni dove le donne hanno ormai raggiunto livelli di sopravvivenza così alti che gli ulteriori incrementi di vita media che possono realizzare si fanno sempre più ridotti, mentre gli uomini hanno ancora un buon margine di guadagno, recuperando, così, parte del loro svantaggio.

Ma vivere più a lungo non vuol dire necessariamente vivere meglio, ossia vivere in “buona salute” per un più lungo periodo. Svantaggiate in questo senso risultano le donne: si stima che, in linea con il dato nazionale, degli 83 anni vissuti da una donna, solo 47 siano vissuti in buona salute, mentre gli uomini possono contare su quasi 50 anni di buona salute rispetto ai 77 anni di sopravvivenza complessiva.

Grafico 1.4: Speranza di vita in buona e in non buona salute alla nascita per sesso. Veneto e Italia - Media 1999:2000

49,4

50,0

46,7

46,6

26,5

25,9

36,3

35,6

0,0 20,0 40,0 60,0 80,0 100,0

Veneto

Italia

Veneto

Italia

In buona salute In non buona salute

Maschi

Femmine

Fonte: Elaborazioni Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale su dati Istat

La maggiore longevità delle donne non si traduce, quindi, in una migliore qualità

della vita. Questo dipende dalla diversa tipologia di malattie che si sviluppano nei due sessi: le donne sono più frequentemente e più precocemente, rispetto agli uomini, affette da patologie croniche e degenerative che nel lungo periodo determinano situazioni invalidanti, mentre gli uomini sviluppano più spesso malattie a maggiore letalità.

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5,76,

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I comportamenti di acquisto nel Veneto 6

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1. Le dinamiche socio-demografiche del Veneto 7

Dall’analisi del trend dei principali indicatori demografici, emerge, un quadro abbastanza problematico, nel quale non è assicurato l’equilibrio tra la parte di popolazione che può dedicarsi ad attività produttive, quanti sono destinati a sostituirli nel futuro e quanti devono essere sostenuti dai primi con meccanismi ridistribuitivi (Graf. 1.6).

Lo squilibrio tra popolazione “anziana” e popolazione in età giovane è sempre più accentuato, come già accennato e come misurato dall’indice di vecchiaia: nel 1992 il rapporto tra popolazione di età superiore ai 64 anni e quella di età inferiore ai 15 anni era già superiore a 100 (113,6), nel 2003 si possono contare circa 137 “anziani” per 100 giovani e si ipotizza che nel Veneto il divario possa continuare a crescere fino ad avere nel 2012 nel territorio 165 “anziani” per 100 giovani. Nell’ultimo decennio il valore dell’indice di vecchiaia è sempre maggiore del dato italiano.

Grafico 1.6: Indice di vecchiaia. Veneto e Italia – Anni 1992:2012 (*)

80,0

90,0

100,0

110,0

120,0

130,0

140,0

150,0

160,0

170,0

92 93 94 95 96 97 98 99 00 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11 12

Veneto Italia

(*) Indice di vecchiaia = (P65 e oltre / P0-14) *100 Dal 2004 in poi l’ indice è calcolato sulla base di previsioni demografiche Fonte: Elaborazioni Regione Veneto – Direzione Sistema Statistico Regionale su dati Istat

Invecchia la popolazione veneta sia in termini demografici che sociali e sempre maggiore è il peso che si trova a sostenere la parte di popolazione “produttiva”, identificata nella popolazione in età attiva, ossia di 15 e 64 anni (come evidenziato dall’indice di dipendenza): nel 2003 per 100 persone in età attiva si stimano 48 persone in età non attiva (“anziani” e giovani), contro un valore di 42 osservato nel 1992. Fin dai prossimi anni, inoltre, la popolazione in età attiva tenderà a diminuire, come in tutte le altre regioni e continuerà a crescere, quindi, il carico demografico ad essa attribuibile.

Invecchia la popolazione e comincia a mancare il ricambio per la popolazione in età lavorativa: nel 20021 si conta che la popolazione “in uscita” dal mercato del lavoro (ossia popolazione di 65 anni e più) superi del 38% la popolazione in età 1 Per l’indice di ricambio non sono disponibili i dati per gli anni successivi al 2002, se non di tipo previsivo.

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15-19 anni e quindi potenzialmente entrante nel mercato del lavoro; viceversa nel 1992 il ricambio era più che assicurato.

Grafico 1.7: Indice di dipendenza. Veneto e Italia – Anni 1992:2012 (*)

35,0

40,0

45,0

50,0

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60,0

92 93 94 95 96 97 98 99 00 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11 12

Veneto Italia

(*) Indice di dipendenza = ((P65 e oltre + P0-14) /P15-64) *100

Dal 2004 in poi l’ indice è calcolato sulla base di previsioni demografiche Fonte: Elaborazioni Regione Veneto – Direzione Sistema Statistico Regionale su dati Istat

Grafico 1.8: Indice di ricambio. Veneto e Italia – Anni 1992:2012 (*)

60,0

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Veneto Italia

(*) Indice di ricambio = (P60-64 /P15-19) *100 Dal 2002 in poi l’ indice è calcolato sulla base di previsioni demografiche Fonte: Elaborazioni Regione Veneto – Direzione Sistema Statistico Regionale su dati Istat

1.3 La famiglia

Negli ultimi decenni la famiglia italiana ha subito profondi cambiamenti: rispetto al passato, diversi sono i tempi e i modi di “fare famiglia”, nonché l'organizzazione della famiglia stessa. Innanzitutto si assiste al rinvio dell'inizio della vita

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1. Le dinamiche socio-demografiche del Veneto 9

matrimoniale e, di conseguenza, all'innalzamento dell'età prolifica. A prescindere dall'età biologica, nella vita degli individui sembra allungarsi la fase dell'adolescenza e si rimanda ad età sempre più adulte l'acquisizione di responsabilità individuali, l'avvio di una propria vita autonoma e la costruzione di una propria famiglia. I ragazzi protraggono sempre di più la loro permanenza nella casa di origine, si sposano sempre più tardi e hanno figli in età sempre più matura.

Molteplici possono esserne i motivi: tra gli altri, l'allungamento del percorso di studio, la difficoltà di approdare ad un'occupazione stabile, la volontà di farsi una famiglia solo dopo essersi affermati professionalmente; non ultimo per importanza, il nuovo ruolo della donna, in particolare l'innalzamento del livello di istruzione femminile e della partecipazione delle donne al mercato del lavoro, che, oltre a incidere sui tempi di formazione della famiglia, inevitabilmente determina significative trasformazioni nei rapporti di coppia e, quindi, nell'organizzazione familiare.

Le unioni matrimoniali, inoltre, risultano sempre più instabili con un aumento del numero di separazioni e divorzi. Ne consegue una presenza maggiore di forme familiari diverse da quella tradizionale, formatesi a seguito di una rottura coniugale: aumentano i nuclei familiari costituiti da un solo genitore non vedovo con i figli affidati, i single divorziati o separati, nonché le famiglie ricostituite in matrimonio o in libera unione, ossia le coppie in cui uno dei partner proviene da un precedente matrimonio. Si tratta di forme di vita familiare che stanno progressivamente perdendo il carattere di novità e che meritano sicuramente una certa attenzione per comprendere come muta l'esperienza delle diverse generazioni.

Più frequente è anche l'esperienza della convivenza more uxorio, vissuta non solo come un periodo di prova dell'unione in vista del matrimonio, e in questo caso evidentemente tende a ritardarne la celebrazione, ma anche come forma alternativa al matrimonio stesso.

Infine, grazie all'allungamento e al miglioramento dei livelli di sopravvivenza, cambiano i modi e i tempi della transizione verso la vecchiaia, permettendo il manifestarsi di fasi inedite nei percorsi di vita individuali e familiari.

1.4 Il matrimonio

Il matrimonio rappresenta ancora, in Italia, la modalità di gran lunga prevalente per la formazione della famiglia e soprattutto di una famiglia con figli. Le nascite al di fuori del matrimonio, pur in notevole crescita, rappresentano ancora oggi una percentuale contenuta del totale delle nascite (nel 2002, circa il 12,3% delle nascite in Italia e il 12,7% in Veneto, un punto percentuale in più rispetto all'anno precedente).

Diminuisce comunque il numero di matrimoni, dei quali in Veneto, il 31% viene celebrato con rito civile (al di sotto del 10% all'inizio degli anni '80) a testimonianza delle profonde trasformazioni, non solo quantitative ma anche qualitative, che riguardano il modo di fare famiglia.

Cresce soprattutto l'età media degli sposi alle prime nozze: solo nell'ultimo decennio, si registra un innalzamento dell'età degli sposi al primo matrimonio di circa due anni; nella nostra regione le donne si sposano ad un'età poco superiore

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I comportamenti di acquisto nel Veneto 10

ai 28 anni (in media a 26,4 anni nel 1992), mentre gli uomini attorno ai 31 (28,9 anni nel 1992). Grafico 1.9: Matrimoni per rito di celebrazione. Veneto - Anni 1980:2001

0

5.000

10.000

15.000

20.000

25.000

30.00019

80

1983

1986

1989

1992

1995

1998

2001

Rito religioso Rito civile

Fonte: Elaborazioni Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale su dati Istat

1.5 La permanenza dei giovani in famiglia

L'intensa posticipazione della nuzialità si traduce in una sempre più lunga

permanenza dei giovani nelle famiglie di origine. E' particolarmente vero per i giovani tra i 25 e i 29 anni, ma anche per coloro tra i 30 e i 34 anni. Infatti nel 2001, alla data dell'ultimo censimento della popolazione, il 57,5% e il 27% dei giovani veneti rispettivamente con età compresa tra 25-29 anni e 30-34 anni vive ancora con i propri genitori. Tali percentuali risultano superiori rispetto a dieci anni prima, di oltre 12 punti percentuali per i primi e di quasi 10 punti per i secondi. Sia i maschi che le femmine rimandano il distacco dalla famiglia, tuttavia le donne tendono a lasciare la casa dei genitori prima rispetto ai coetanei dell'altro sesso: quasi il 67,2% dei maschi tra i 25-29 anni vive con almeno un genitore contro il 47,5% delle donne della stessa età.

Circa l'80% dei giovani di età 25-34 anni ancora presenti nella famiglia di origine vive con entrambi i genitori, il restante 16% con la madre e una minima parte solo con il padre.

Si stima, poi, che in Veneto circa il 68% dei giovani (18-34 anni) che vive con almeno un genitore sia occupato, solo il 5% in cerca di occupazione e il 24% circa sia studente. La condizione occupazionale dei giovani che vivono in famiglia mette in luce l'esistenza di una forte diversità all'interno del Paese: nelle regioni centro-settentrionali, nel Veneto in particolare, si permane nella famiglia di origine anche

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1. Le dinamiche socio-demografiche del Veneto 11

dopo aver trovato un'occupazione, mentre nel Sud si rimane a casa dei genitori finché si è studenti o disoccupati e ci si allontana una volta trovata un'occupazione.

Grafico 1.10: Percentuale di giovani adulti in età tra i 25 e i 34 anni che vive con almeno un genitore. Veneto - Censimento demografico 1991 e 2001

0,010,020,030,040,050,060,070,080,0

25-29 30-34 25-29 30-34 25-29 30-34

Maschi Femmine Totale

%

1991 2001

Fonte: Elaborazioni Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale su dati Istat

La tendenza a rimanere in casa anche dopo i 25 o i 30 anni non è spiegabile,

pertanto, solo con l'aumento della scolarizzazione e l'allungamento del percorso formativo, con la difficoltà di inserirsi nel mondo del lavoro o con il desiderio di avere un lavoro stabile prima di sposarsi. Non di rado, anzi, la permanenza presso i genitori si configura come una vera e propria scelta (a livello nazionale, secondo un’indagine Istat, quasi il 50% dei giovani che vivono con i genitori dichiara, infatti, di star bene così e di poter godere all'interno della famiglia della propria libertà).

1.6 Il rinvio della maternità La posticipazione della nuzialità porta inevitabilmente al rinvio della maternità.

In Italia nel 2000, anno a cui risalgono gli ultimi dati disponibili, l'età media alla nascita del figlio per qualunque ordine di nascita, cioè calcolata in riferimento anche ai figli nati dopo il primo, è pari a 30,4 anni di età, ed è in continuo rialzo fin dagli anni Ottanta (27,5 nel 1980, 28,9 nel 1990 e 29,8 cinque anni dopo). Nel Veneto, così come in molte altre regioni del Centro-Nord, questo valore si attesta ormai attorno ai 31 anni.

Le curve dei tassi di fecondità per età della donna consentono di avere un'idea più precisa su come è cambiato il comportamento delle donne. Vi sono differenze di calendario (in termini di cadenza temporale), ma anche in termini di intensità di fecondità. La classe di età più feconda nel 2000 risulta quella tra i 30 e i 34 anni e non più quella tra 25-29 anni, come invece nel 1980 e nel 1990. Il tasso di fecondità diminuisce per le classi più giovani (nel 1980, ad esempio, si contano 87

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I comportamenti di acquisto nel Veneto 12

nati per 1000 donne tra i 20-24 anni contro 26 nati nel 2000) e aumenta nelle classi di età più avanzate (per 1000 donne di età 35-39 anni: 23 nati nel 1980, 29 nel 1990 e 46,5 nel 2000); si abbassa, infine, il picco di fecondità, passando da un massimo di 102 nati per 1000 donne nella classe di età 25-29 anni nel 1980 a un massimo di 89,4 per la classe 30-34 anni nell'anno 2000.

Grafico 1.11: Tasso di fecondità (*) per classi di età della donna. Veneto - Anni 1980,1990 e 2000

0,0

20,0

40,0

60,0

80,0

100,0

120,0

15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49

2000 1990 1980

(*) Numero di nati nell'anno per 1.000 donne per classi di età Fonte: Elaborazioni Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale su dati Istat 1.7 La composizione delle famiglie

L'analisi dei cambiamenti avvenuti nella famiglia viene proposta mettendo a

confronto le informazioni desunte dai vari censimenti con cadenza decennale, uniche fonti in grado di fornire notizie dettagliate ed esaustive sulla famiglia. Per alcune caratteristiche si considera il periodo 1961-2001, per altre si ragiona in termini di ultimo decennio, comunque su un arco temporale di ampio respiro per meglio comprendere i comportamenti e le trasformazioni in atto, per lo più risultati di un processo lento e graduale.

Le famiglie sono sempre di più, ma di dimensioni progressivamente più ridotte: nel Veneto nel 2001 si contano 1.714.341 famiglie, con un incremento del 14% rispetto a dieci anni prima.

Il numero medio di componenti per famiglia da 4 nel 1961 scende a 2,6 nel 2001, in linea con il valore medio nazionale.

Si incrementa la percentuale di famiglie composte da una sola persona e si riduce, invece, il numero delle famiglie di maggiori dimensioni. Dal 1961 ad oggi il numero di famiglie con 5 o più componenti diminuisce in modo deciso, dal 35% del totale delle famiglie nel 1961 al 7% nel 2001, circa 4 punti percentuali in meno

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1. Le dinamiche socio-demografiche del Veneto 13

rispetto a dieci anni prima. Viceversa, nello stesso arco di tempo, le famiglie con un solo componente crescono dal 7,6% al 23,3% del totale delle famiglie. Più stazionario, invece, il dato relativo alle famiglie che contano da due a quattro componenti, che oggi rappresentano quasi il 70% delle famiglie nel Veneto.

Grafico 1.12: Le famiglie e il numero medio di componenti. Veneto - Anni 1961:2001

0,0

0,6

1,2

1,8

2,4

3,0

3,6

4,2

4,8

N° m

edio

com

pone

nti

0

300.000

600.000

900.000

1.200.000

1.500.000

1.800.000

2.100.000

1961 1971 1981 1991 2001

N° f

amig

lie

N° Famiglie N° Medio Componenti

Fonte: Elaborazioni Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale su dati Istat Grafico 1.13: Distribuzione percentuale delle famiglie per numero di componenti. Veneto - Censimenti demografici 1961:2001

57,363,9

68,5

35,125,9 23,3

10,27,615,1

18,1

69,770,7

16,4

11,2 6,90,0

10,020,030,040,050,060,070,080,090,0

100,0

1961 1971 1981 1991 2001

%

1 componente 2 - 4 componenti 5 o più componenti

Fonte: Elaborazioni Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale su dati Istat

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I comportamenti di acquisto nel Veneto 14

Ne risulta una fotografia della famiglia veneta che va di pari passo con quella

italiana, ma che si connota anche di particolari significati, in particolare se confrontata con le altre regioni del Nord d'Italia. Per esempio la percentuale di famiglie con 2-4 componenti è superiore di oltre due punti a quella nazionale (69,7 contro 67,2) e soprattutto risulta maggiore il peso delle famiglie con tre componenti, che costituiscono il 23,5% del totale delle famiglie, la seconda percentuale osservata a livello regionale.

Tra le province venete si evidenziano alcune differenze. A Padova e a Treviso le famiglie hanno dimensioni mediamente maggiori che nel resto della regione, comunque ridotte rispetto al passato: il numero medio di componenti per famiglia è superiore al valore regionale, anche se di poco (2,7 contro 2,6); le due province si caratterizzano, infatti, per una più significativa presenza di famiglie con 5 componenti e oltre e, viceversa, per un minor numero di famiglie unipersonali. Anche a Rovigo le persone sole sono meno numerose, quasi il 21,7% delle famiglie, il più basso valore a livello provinciale, mentre si ha una più alta concentrazione nella classe da 2 a 4 componenti. In una situazione diametralmente opposta Belluno, dove ben il 30% delle famiglie è costituito da persone che vivono da sole, superiore di quasi 7 punti percentuali al valore regionale, mentre esigua è la percentuale delle famiglie di ampia dimensione. Grafico 1.14: Distribuzione percentuale delle famiglie per numero di componenti, per provincia - Censimento demografico 2001

24,923,3

67,669,7

7,56,9

0%

20%

40%

60%

80%

100%

Verona

Vicenz

a

Bellun

o

Treviso

Venez

ia

Padov

a

Rovigo

Veneto

ITALIA

1 componente 2 - 4 componenti 5 o più componenti

Fonte: Elaborazioni Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale su dati Istat

Il calo della fecondità e la sua diversa scansione temporale continuano a

favorire l'aumento del numero di persone che vivono in coppia senza figli: nel

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1. Le dinamiche socio-demografiche del Veneto 15

Veneto tra il 1991 e il 2001, a fronte di un aumento del numero di coppie del 5,7%, quelle senza figli crescono nello stesso periodo di quasi il 23%.

Tra le coppie con figli, aumentano quelle con un figlio a scapito di quelle con più figli; infine, se la diminuzione del numero di coppie con due figli è ancora contenuta, decisamente importante è la regressione delle famiglie con 3 o più figli che diventano sempre più rare. Le coppie con tre o più figli rappresentano solo il 9,4% delle coppie con figli e sono presenti in misura maggiore, superiore alla media regionale, in province come Vicenza e Verona, e in misura decisamente minore nelle province di Venezia, Belluno e Rovigo.

Tabella 1.1: Numero di coppie per presenza di figli. Veneto, Censimento demografico 2001 e 1991

2001 1991 Var. % 2001/1991

N°. coppie 1.137.176 1.075.877 5,7

senza figli 384.212 312.531 22,9

con figli 752.964 763.346 -1,4

1 figlio 372.574 340.939 9,3

2 figli 309.448 320.908 -3,6

3 o più figli 70.942 101.499 -30,1 Fonte: Elaborazioni Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale su dati Istat 1.8 L’instabilità coniugale e le nuove forme familiari

Separazioni e divorzi suscitano una forte attenzione sociale poiché determinano

cambiamenti nella sfera affettiva-relazionale, ma anche nella situazione residenziale ed economica dei soggetti direttamente e indirettamente coinvolti, con conseguenze spesso problematiche. Nel 2001, anno cui si riferisce l'ultimo dato disponibile, in Veneto si contano 2.543 divorzi e 5.069 separazioni, entrambi leggermente in calo rispetto all'anno precedente. Tuttavia nell'arco di sei anni, dal 1995 al 2001, i divorzi crescono del 14% e le separazioni del 28%, variazioni significative anche se di intensità nettamente inferiori a quelle osservate a livello nazionale, rispettivamente 48% per i divorzi e 45% per le separazioni. Il fenomeno della rottura coniugale, seppur in crescita, è meno diffuso che in altre regioni del Centro-Nord, come ad esempio in Liguria, Friuli Venezia-Giulia, Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Toscana e Lazio: sempre nel 2001 in Veneto si verificano quasi 13 divorzi e oltre 25 separazioni per 100 matrimoni, contro 15 divorzi e 29 separazioni per 100 matrimoni sul territorio nazionale. Il tasso di separazione per 100 matrimoni è, quindi, quasi il doppio di quello di divorzialità e nel periodo considerato si evidenzia un aumento maggiore di quest'ultimo.

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I comportamenti di acquisto nel Veneto 16

Grafico 1.15: Divorzi e separazioni per 100 matrimoni. Veneto - Anni 1994:2001

0,0

5,0

10,0

15,0

20,0

25,0

30,0

1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001

Divorzi per 100 matrimoniSeparazioni per 100 matrimoni

Fonte: Elaborazioni Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale su dati Istat

La coppie che giungono all'atto di separazione lo fanno mediamente dopo circa 13 anni di matrimonio, i mariti ad un'età media di 41 anni e le mogli di 38 anni, e dopo 3 anni oltre il 50% delle separazioni si conclude con il divorzio.

Nel 2001 in Veneto ammontano a 141.760 le persone che sono separate legalmente o divorziate, o che comunque vivono una condizione di separati di fatto (a cui andrebbero aggiunte i coniugati in seconde nozze dopo il divorzio), per lo più donne (54,4%). I divorziati rappresentano l’1,4% della popolazione residente con età superiore ai 15 anni, il doppio rispetto al 1991 (0,68%), i separati legalmente l'1,7%, contro lo 0,96% nel 1991, e i separati di fatto lo 0,5%.

La maggiore parte dei separati e dei divorziati ha un'età compresa tra i 35-44 anni (34,5%) e tra i 45-54 anni (28,5%), il 16% circa ha un'età tra i 55 e i 64 anni, mentre solo il 7,9% ha più di 64 anni. Infine il 13% dei separati e divorziati ha un'età che non supera i 34 anni, naturalmente in prevalenza donne. Tabella 1.2: Composizione percentuale della popolazione con esperienza di separazione o divorzio per sesso e classi di età. Veneto - Censimento demografico 2001 e 1991

Maschi Femmine Totale

Fino a 34 9,5 16,1 13,2

35-44 33,6 35,2 34,5

45-54 30,1 27,2 28,5

55-64 17,8 14,4 15,9

65 e oltre 8,9 7,1 7,9

Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: Elaborazioni Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale su dati Istat

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1. Le dinamiche socio-demografiche del Veneto 17

Gran parte delle persone che ha vissuto una separazione o un divorzio vive da single (in Italia nel 2001/2002 circa il 35%), oppure a capo di un nucleo monogenitore (25% sempre a livello nazionale); una percentuale più bassa si riforma una famiglia, ossia vive in coppia con o senza figli, e c'è chi ritorna a vivere nella famiglia di origine, in particolare se maschio.

Gli uomini in prevalenza vivono da soli, mentre le donne vivono principalmente con i figli ad esse affidati, dato che l'affidamento dei figli nella quasi totalità delle separazioni/divorzi è a favore delle madri.

Nel 2001 nella nostra regione si contano 163.452 nuclei familiari formati da un genitore solo con figli, oltre 17.400 famiglie in più rispetto a dieci anni prima. In quasi il 25% dei casi il genitore è separato legalmente, divorziato o separato di fatto, per un totale di 40.334 famiglie, e nell'85% di questi è la madre a vivere con i figli.

Considerando la totalità dei casi, si tratta di famiglie in genere con un figlio solo (72% dei casi), in particolare qualora il genitore sia giovane, ossia sotto i 35 anni, o viceversa, qualora sia di età avanzata. Ma circa il 38-41% dei genitori con età 35-54 anni si prende cura di 2 figli o anche più. Infine, in circa il 30% dei casi sono coinvolti figli minori.

Grafico 1.16: Famiglie monogenitore per presenza di figli - Censimento demografico 2001

0%

20%

40%

60%

80%

100%

Meno d

i 25

25-34

35-44

45-54

55-64

65-74

75-84

85 e

oltre

Totale

Con un f iglio Con 2 o più f igli

Fonte: Elaborazioni Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale su dati Istat

Nel nostro Paese, il peso delle famiglie ricostituite dopo una separazione o un

divorzio o una vedovanza è ancora contenuto, dato che sono il 5% del totale delle coppie. Nel Veneto al 2001 le coppie in cui almeno uno dei partner proviene da un precedente matrimonio, interrotto per separazione, divorzio, ma anche per morte del coniuge, sono in totale 53.737, il 4,7% del numero totale delle coppie presenti nel territorio. Si tratta principalmente di coppie coniugate (59% dei casi) e con presenza di figli in quasi il 56% dei casi. Sono soprattutto figli nati durante l'unione attuale (nel 64,6% delle famiglie ricostituite), mentre per il 22,5% dei casi provengono dalla precedente unione. Nel 13% delle coppie con figli la famiglia

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I comportamenti di acquisto nel Veneto 18

risulta più articolata, vedendo la presenza di figli di precedenti matrimoni ma anche della nuova unione.

1.9 Gli stranieri residenti al censimento

Alla data del censimento di popolazione del 2001, si contano più di 1.300.000 cittadini stranieri residenti2 in Italia, di cui l’11,5% in Veneto pari, cioè, a 153.074 stranieri. Fra le regioni italiane solo la Lombardia attira un maggior numero di stranieri (23,6%). Rispetto al censimento del 1991 gli stranieri risultano aumentati di oltre 120.000 unità.

L’incidenza degli stranieri sul totale dei residenti, in Veneto, è pari al 33,8 per 1.000 abitanti, superiore al valore medio italiano (23,4) e inferiore solamente alla quota della Lombardia (35,4) e a pari merito con l’Emilia Romagna (34). Le province venete con la maggior quota di stranieri sulla popolazione totale sono Vicenza (46,8 per 1.000 abitanti), Treviso e Verona (43,4 e 42,9), mentre le province di Belluno e Rovigo presentano valori molto più contenuti, rispettivamente il 18,7 e il 15,7 per 1.000 abitanti.

Figura 1.2: Stranieri residenti per 1000 abitanti (S) per comune. Veneto, Censimento 2001

Fonte: Elaborazioni Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale su dati Istat

2 Per stranieri residenti si intendono tutti gli individui che all’ultimo Censimento hanno dichiarato una cittadinanza diversa da quella italiana.

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1. Le dinamiche socio-demografiche del Veneto 19

Nel territorio la presenza straniera non si concentra solo nelle città capoluogo, ma insiste anche sulle periferie dei piccoli centri urbani, seguendo sul territorio la localizzazione delle piccole e medie imprese; spiccano alcuni comuni del vicentino, del trevigiano e del bellunese dove si contano più di 70 stranieri per 1.000 abitanti.

La società veneta è sempre più multietnica e nel territorio sono presenti più di 170 diverse nazionalità (in Italia sono 190, su 195 nazionalità presenti nel mondo), anche se le prime dieci coprono già oltre il 64% del totale stranieri. I principali paesi di provenienza sono: il Marocco (16,6%), l’Albania (11,1%), la Rep. Federale di Jugoslavia (9,2%), la Romania (7,4%) e il Ghana (4,7%). Cina, Macedonia, Croazia, Senegal e Bosnia-Erzegovina presentano valori intorno al 3%.

Tra i cittadini stranieri residenti si registra nel complesso un sostanziale equilibrio tra i maschi e le femmine, i primi sono il 54% e le femmine il restante 46%; un’analoga distribuzione per sesso si riscontra anche tra i diversi paesi di cittadinanza considerati, eccetto per il Senegal dove si evidenzia una forte prevalenza di stranieri di sesso maschile (80%).

Grafico 1.17: Stranieri residenti per le prime dieci cittadinanze presenti nel Veneto, Censimento 2001

0 5.000 10.000 15.000 20.000 25.000 30.000

Bosnia-Erzegovina

Senegal

Croazia

Ex Rep. Jugoslava di Macedonia

Cina

Ghana

Romania

Rep. Federale di Jugoslavia

Albania

Marocco

Maschi

Femmine

25.406

16.917

14.109

11.346

7.127

5.155

4.922

4.847

4.410

4.285

Fonte: Elaborazioni Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale su dati Istat Gli stranieri si trasferiscono in Veneto principalmente per motivi di lavoro (51%

contro il 46,6% a livello nazionale), ma anche per ricongiungersi ai familiari già presenti (38% contro il 36,5 a livello nazionale). I trasferimenti per motivi di studio

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I comportamenti di acquisto nel Veneto 20

sono molto contenuti (2%), mentre altri motivi di trasferimento (9%) sono legati alla religione, alle richieste d’asilo politico, alle residenze elettive ecc. Continuano a crescere gli stranieri che arrivano nel nostro Paese per motivi familiari, in particolare per ricongiungimento familiare, a testimonianza di un processo di trasformazione del fenomeno dell’immigrazione che, dapprima principalmente individuale, è ora tesa alla ricostituzione del nucleo originario tramite il ricongiungimento coi familiari. E’ un progetto migratorio che, superata la fase di temporaneità e precarietà, si avvia pertanto verso una permanenza più duratura, se non definitiva.

La popolazione straniera è giovane, come si evince dalla piramide per età. Il 45% della popolazione straniera, infatti, si concentra nelle classi di età tra i 25 e i 39 anni, con una maggiore presenza maschile nella fascia tra i 30 e i 34 anni (9,5% contro il 7,3% delle donne) e una prevalenza femminile nella fascia tra i 25 e i 29 anni (7,3% contro il 6,8% degli uomini).

Gli anziani sono un numero molto esiguo e coprono solo il 2% degli stranieri totali, a conferma di una struttura molto giovane della popolazione straniera: per 100 giovani di età inferiore a 14 anni vi sono solamente 11 anziani di età superiore ai 65 anni, contro gli oltre 130 anziani su 100 giovani della popolazione totale veneta.

Grafico 1.18: Distribuzione percentuale (*) della popolazione residente straniera per età. Veneto, Censimento 2001

10,0 5,0 0,0 5,0 10,0

< 55-9

10-1415-19

20-2425-2930-3435-3940-4445-4950-5455-5960-6465-6970-74

75 e oltreMaschiFemmine

Fonte: Elaborazioni Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale su dati Istat

Si contano 35.351 minorenni stranieri che rappresentano il 23% del totale

stranieri presenti nel Veneto e circa il 40% dei minorenni risulta di età inferiore ai cinque anni. Gli stranieri residenti nati nel Veneto sono pari a 17.997 e rappresentano l’11,3% degli stranieri nati in Italia.

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1. Le dinamiche socio-demografiche del Veneto 21

Il 99% (pari a 151.616 individui) del totale dei cittadini stranieri residenti nel Veneto vive in famiglia. Il numero di famiglie con almeno un componente straniero è pari a 70.725 e rappresenta il 4,1% del totale famiglie contro un valor medio nazionale pari al 3,1%. Le coppie miste sono 16.480 e nel 76% dei casi è la donna ad avere la cittadinanza straniera.

Le famiglie costituite da componenti tutti stranieri sono 49.729 e nella maggior parte dei casi (38,9%) si tratta di famiglie unipersonali, di cui il 73,2% abita non in coabitazione mentre il restante 26,8% è in una condizione di coabitazione; le famiglie di due componenti rappresentano il 16,7% delle famiglie straniere, quelle di tre componenti coprono il 16,2%, quelle di quattro il 15% e le famiglie con sei e più componenti il 5,4%.

Grafico 1.19: Famiglie i cui componenti sono tutti stranieri per numero di componenti della famiglia. Veneto, Censimento 2001

0

5.000

10.000

15.000

20.000

25.000

1 2 3 4 5 6 o più

n°. componenti famiglia

Fonte: Elaborazioni Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale su dati Istat

1.10 Il livello d’istruzione

Mediamente nel 2003, in base ai dati desunti dall’indagine sulle forze di lavoro condotta da Istat, il 37,5% della popolazione veneta possiede il titolo di licenza elementare o nessun titolo, il 29% la licenza media e il 20,1% la maturità. Meno dell’1% ha un diploma universitario o una laurea breve. D’altra parte la popolazione attuale comprende generazioni del passato con un basso livello d’istruzione, ma le nuove generazioni stanno colmando il gap culturale rispetto al resto del Paese.

Rispetto al 1995, infatti, diminuisce la popolazione con licenza elementare o senza titolo di studio e quella con licenza media rispettivamente del 6,8% e dell’1,2%. Negli altri casi la popolazione è in aumento, in particolar modo, chi possiede un titolo di maturità (+5%).

Tra i giovani in costante aumento è la percentuale di chi prosegue gli studi a livello universitario: dai dati forniti dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, nel Veneto il rapporto tra il numero di iscritti all’università e la

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I comportamenti di acquisto nel Veneto 22

popolazione residente nella fascia d’età tra i 19 e i 26 anni passa 18,1% nell’anno accademico 1992/91 al 24,1% nell’anno 2002/01. Anche il numero dei laureati nelle facoltà del Veneto, risulta complessivamente in aumento di quasi l’81% nel decennio considerato.

Grafico 1.20: Composizione percentuale della popolazione per titolo di studio. Veneto - Anni 1995 e 2003

0,05,0

10,015,020,025,030,035,040,045,050,0

Dottorato/Laurea

DiplomaUniv.oLaureabreve

Maturità Qualif icasenza

accesso

LicenzaMedia

Licenzaelementare/

Nessuntitolo

%

1995 2003

Fonte: Elaborazioni Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale su dati Istat Grafico 1.21: Rapporto tra iscritti all’Università e popolazione residente nella fascia d'età 19-26 anni (%). A.a. 91/92-01/02

18,05

24,08

21,61

15,00

17,50

20,00

22,50

25,00

91/92 92/93 93/94 94/95 95/96 96/97 97/98 98/99 99/00 00/01 01/02

Fonte: Elaborazioni Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale su dati delle Università del Veneto, MIUR e Istat

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1. Le dinamiche socio-demografiche del Veneto 23

Se tra coloro con il più basso livello di istruzione prevalgono le donne, data anche la loro maggiore presenza in età avanzata, vi è poi un sostanziale equilibrio tra i sessi tra chi possiede un diploma di scuola media inferiore o superiore. Tra i laureati vi è ancora una maggiore presenza, seppur contenuta, dei maschi, mentre più alto è il numero delle donne con diploma universitario o laurea breve.

Grafico 1.22: Composizione percentuale della popolazione per titolo di studio e sesso. Veneto - Anno 2003

0%10%20%30%40%50%60%70%80%90%

100%

Dot

tora

to/

Laur

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Dip

lom

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nza

Med

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Lice

nza

elem

enta

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Nes

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titol

o

Maschi Femmine

Fonte: Elaborazioni Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale su dati Istat 1.11 La situazione economica delle famiglie

Il Veneto rappresenta una delle regioni più “ricche” d’Italia, infatti ha mantenuto

nel 2002 una quota consistente nella produzione del PIL nazionale (9,1%), risultando la terza regione nella graduatoria regionale della produzione di ricchezza nazionale, dopo la Lombardia (20,3%) ed il Lazio (10%). Ma per la sua particolare propensione all’apertura internazionale è stato condizionato negli ultimi due anni dalla congiuntura sfavorevole: l’Istat nel 2002 ha calcolato una riduzione del PIL dello 0,6%. L'economia veneta ha seguito lo stesso andamento dell'economia europea, differendo per la composizione della crescita: la domanda interna ha dimostrato maggior tenuta, l'andamento delle importazioni nette è stato peggiore, ma sostanzialmente il mercato del lavoro ha mantenuto un soddisfacente livello di crescita. E' da dire che nel lungo periodo, l'economia veneta ha evidenziato una tenuta superiore a quella nazionale: negli ultimi sette anni il PIL è aumentato del 13%, inoltre da una stima del PIL procapite 2002 il dato per il Veneto risulta pari a 20.836,8 €, superiore del 14,7% rispetto alla media nazionale (18.167,27€), attestandosi ad un valore del 19% sopra la media europea.

L’andamento del PIL ha influenzato negativamente anche la limitata espansione del reddito disponibile delle famiglie, la cui variazione 2003/02 si è limitata ad un +

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I comportamenti di acquisto nel Veneto 24

0,6% a livello nazionale e un +0,9% a livello regionale. Il reddito disponibile delle famiglie venete è superiore del 6,9% rispetto alla media nazionale e ne rappresenta l’8,4%; calcolato per abitante è pari a 16,9 mila euro nel 2003. Ciò significa che mensilmente la disponibilità del reddito delle famiglie destinato ai consumi finali ed al risparmio pro-capite è stimato circa 1.408 euro.

Considerando l’omogeneità del Veneto nella distribuzione del reddito rispetto alle altre regioni del Nord si può affermare che nel 2002 il 57,7% delle famiglie venete possiede un reddito annuale superiore a 25 mila euro e più di un quarto di esse supera i 40 mila euro.

1.12 La stima del risparmio Da uno studio condotto dalla Banca d’Italia3 risulta che nel decennio 1991-2001

la ricchezza netta delle famiglie venete è più che raddoppiata, aumentando ad un tasso annuale di circa il 7,5%, con punte di crescita nel 1996 (+16,8%), nel 1999 (+8,8%) e una variazione del +4,2% nell’ultimo biennio considerato. La dinamica è stata più esplosiva rispetto alla media nazionale, che peraltro è aumentata di circa il 66%.

Grafico 1.23: Variazione percentuale 2001/1991 della ricchezza complessiva netta, delle attività reali, finanziarie e dei debiti delle famiglie. Veneto e Italia

105,7

66,4

0

50

100

150

200

250

300Veneto Italia

Attività reali Attività finanziarie Debiti Ricchezza netta

Fonte: Elaborazioni Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale su stime Banca d'Italia In Veneto, nel 2001, lo stock di ricchezza è stato pari a 5,7 volte il Prodotto

Interno Lordo veneto, a livello nazionale è circa 5 volte. Il 67,6% della ricchezza è rappresentato da attività reali (66,5% in Italia), ossia abitazioni, terreni e beni durevoli, il 35,5% da attività finanziarie, (36,9% in Italia), mentre le passività ne rappresentano il 3,1% (3,4% in Italia).

3 “La ricchezza delle famiglie nelle regioni italiane” di L. Cannari, G. D’Alessio, A. Venturini.

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1. Le dinamiche socio-demografiche del Veneto 25

Grafico 1.24: Ricchezza netta delle famiglie venete: composizione percentuale 2001 e variazione percentuale 2001/1991

0

10

20

30

40

50

60

70

Attività reali Attività f inanziarie Debiti

Quo

ta %

200

1 de

lla ri

cche

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netta

-40

10

60

110

160

210

260

Var

.% 2

001/

1991

Quota % 2001 Var. % 2001/1991

Fonte: Elaborazioni Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale su stime Banca d'Italia

L’aumento della ricchezza finanziaria (+121,6%) è stato superiore a quello della ricchezza reale (+102,3%). Le attività finanziarie sono state caratterizzate nel decennio 1991-2001 da una diminuzione dell’incidenza dei depositi (quasi dimezzati), da una drastica riduzione del peso dei titoli di stato (-76,4%), dall’enorme crescita delle obbligazioni e fondi comuni d’investimento (+373,2%), delle azioni (+39,2%) e di altre attività (+112,7%), costituite principalmente da fondi pensione, riserve tecniche di assicurazione, attività estere. In particolare la quota di azioni è salita molto fino al 2000, per poi ridursi l’anno dopo. Il peso delle passività finanziarie è più che raddoppiato nel decennio, favorito dai bassi livelli dei tassi d’interesse dei mutui e degli incentivi fiscali alla ristrutturazione di immobili.

La ricchezza netta pro-capite delle famiglie venete nel 2001 viene stimata essere pari a 132 mila euro, circa il 20% superiore al dato nazionale (110 mila euro). Le attività reali pro-capite, 85,5 mila euro sono superiori del 22% alla media italiana, le attività finanziarie, 47 mila euro per abitante sono più alte del 16% al corrispondente nazionale, mentre i debiti, 4 mila euro, sono il 10% in più rispetto al valore relativo all’Italia.

1.13 La povertà nel Veneto

Per la prima volta si dispongono di informazioni sulla povertà e l’esclusione

sociale a livello regionale. Basandosi sulle stime prodotte da Istat è possibile delineare la fotografia della povertà nel Veneto nell’anno 2002.

La misura di povertà relativa si basa sull’uso di una linea di povertà (valore soglia utilizzato per discriminare le famiglie povere da quelle non povere), nota come International Standard of Poverty Line (ISPL), che definisce povera una

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I comportamenti di acquisto nel Veneto 26

famiglia di due componenti con una spesa per consumi inferiore o pari alla spesa media per consumi pro-capite4. In Italia nel 2002 tale spesa pro-capite è stimata pari a 823,45 euro. Per famiglie di ampiezza diversa, le linee di povertà relativa, riportate nella tabella seguente, si ottengono dal valore precedente applicando un’opportuna scala di equivalenza che tiene conto delle economie di scala che è possibile realizzare all’aumentare del numero di componenti.

Tabella 1.3: Scala di equivalenza e linee di povertà relativa per ampiezza della famiglia, anno 2002 (euro per mese)

Ampiezza della famiglia Coefficienti Linea di povertà

1 0,60 494,07 2 (linea standard) 1,00 823,45 3 1,33 1095,19 4 1,63 1342,22 5 1,90 1564,56 6 2,16 1778,65 7 o più 2,40 1976,28

Fonte: Istat

In Veneto si stimano 67.969 famiglie povere, risultando la seconda regione, dopo la Lombardia, con la percentuale più bassa di famiglie povere sul totale regionale delle famiglie (incidenza di povertà): entrambe le regioni assumono valori inferiori al 4%5, più specificamente il 3,9% il Veneto ed il 3,7% la Lombardia contro un valore nazionale pari all’11%.

In particolare, nella nostra Regione si stimano circa 177.000 persone povere, ossia il 3,9% dei residenti, valore minimo osservato a livello regionale. Nel Nord, la ripartizione con minore incidenza di famiglie povere (il 5%), si distinguono il Trentino Alto Adige ed il Friuli Venezia Giulia con valori prossimi al 10% ed il Piemonte e la Valle d’Aosta con una percentuale del 7%. In tutte le regioni del Mezzogiorno l’incidenza di povertà è significativamente più elevata rispetto a quella del Nord e del Centro.

Confrontando la spesa mensile e la linea di povertà si individua il deficit della spesa che indica di quanto, in termini economici, necessita una famiglia per uscire dalla condizione di povertà.

Nel Veneto 67.969 famiglie povere hanno un deficit medio mensile di 189,3 euro contro i 224,5 euro dell’Italia; il 34,2% del totale delle famiglie povere ha un deficit inferiore a 100 euro mensili, quasi il 25% presenta un deficit compreso tra 100 e 200 euro mensili e ben il 41,2% ha un deficit superiore a 200 euro mensili. Quindi, pur avendo una bassa percentuale di famiglie povere, il Veneto risulta una delle regioni del Nord con la più alta presenza di famiglie con deficit superiore a 200 euro mensili. 4 La spesa media per consumi pro-capite è calcolata da Istat tramite l’indagine campionaria sui Consumi delle Famiglie Italiane. 5 Occorre ricordare che si tratta di stime e non di valori certi in quanto desunte dall’osservazione non dell’intera popolazione di interesse ma solo di una parte di essa.

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1. Le dinamiche socio-demografiche del Veneto 27

Figura 1.3: Incidenza di povertà delle famiglie (IF) (*)

(*) Percentuale di famiglie povere sul totale delle famiglie Fonte: Elaborazioni Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale su dati Istat

Grafico 1.25: Distribuzione percentuale delle famiglie povere per classi di deficit della spesa mensile per regione. Anno 2002

Fonte: Elaborazioni Regione Veneto – Direzione Sistema Statistico Regionale su dati Istat

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I comportamenti di acquisto nel Veneto 28

Trovarsi in condizione di povertà non si traduce necessariamente nel sentirsi poveri. La percezione del disagio da parte delle famiglie è un fenomeno soggettivo e non oggettivo. Da un’indagine Istat finalizzata a rilevare il giudizio delle famiglie riguardo la propria situazione economica, emerge che in Italia solo l’8,7% delle famiglie si definisce povera o molto povera contro l’indicatore oggettivo che mostra, come riportato in precedenza, un’incidenza di povertà pari all’11%.

Nel Nord la percezione di povertà è particolarmente elevata in Piemonte: il 10,6% di famiglie si sentono povere; seguono Lombardia, Liguria ed Emilia-Romagna con rispettivamente il 7,9%, 7,7% e 7,2%.

Nel Veneto le famiglie avvertono un livello di disagio superiore a quello misurato oggettivamente: il 5,9% delle famiglie si dichiara povero o molto povero contro il dato oggettivo stimato al 3,9%. Questo è vero nella nostra Regione come del resto in quelle precedentemente menzionate, ovvero il disagio viene avvertito più frequentemente in contesti territoriali dove probabilmente il confronto con gruppi caratterizzati da un alto grado di sviluppo socio- economico diffonde una percezione negativa della propria situazione.

Viceversa nel Mezzogiorno, sebbene complessivamente la percezione del disagio sia più forte rispetto al resto d’Italia (12,1% contro l’8,7%), tutte le regioni, eccetto la Sardegna, mostrano di sentirsi meno povere di quanto lo siano oggettivamente.

Grafico 1.26:- Povertà soggettiva e povertà oggettiva per regione*. Anno 2002

* Povertà soggettiva=Percentuale di famiglie (sul totale famiglie) che si definiscono povere o molto povere Povertà oggettiva=Incidenza di povertà delle famiglie Fonte: Elaborazioni Regione Veneto – Direzione Sistema Statistico Regionale su dati Istat.

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1. Le dinamiche socio-demografiche del Veneto 29

1.14 Il mercato del lavoro

La diffusa debolezza dell’attività economica nel 2003 ha influenzato in quasi tutti i Paesi dell’area euro anche l’occupazione che ha ristagnato sui livelli dell’anno precedente. Tale situazione non si è invece verificata né in Italia, né in Veneto. Del resto la buona performance del mercato del lavoro anche in fasi di decelerazione delle dinamiche di crescita è coerente con quanto osservato dalla seconda metà degli anni ’90 in Europa; le ragioni possono essere diverse: crescita occupazionale in settori a bassa dinamica di produttività, la presenza di una situazione di piena occupazione nella quale si ricorre anche a lavoratori poco qualificati, la moderazione salariale e la convenienza da parte delle imprese a impiegare estensivamente lavoro anziché capitale, la tipologia di specializzazione veneta. Non da ultimo, probabilmente gli effetti delle riforme del mercato del lavoro avviate a metà degli anni ’90 si sono protratti nel tempo, sostenuti da ulteriori interventi, quali l’adeguamento della normativa alle direttive europee sul part-time avviata nel 2001, i benefici fiscali alle imprese per le assunzioni a tempo indeterminato (periodo 2000-2002), l’introduzione della Legge Biagi e la sanatoria sull’immigrazione (2003).

Il tasso di attività, dato dal rapporto tra le persone appartenenti alle forze di lavoro e la popolazione di 15 anni e oltre, che indica il livello di partecipazione al lavoro, dimostra che il Veneto mantiene sempre valori superiori alla media nazionale: raggiunge nel 2003 il 53,2% contro il 49,1% dell’Italia, aumentando di oltre due punti percentuali rispetto al 1993.

Grafico 1.27: Tasso di attività - Veneto e Italia. Anni 1995:2003

45,0

47,0

49,0

51,0

53,0

55,0

1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003

Veneto Italia

Fonte: Elaborazioni Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale su dati Istat L’aumentata partecipazione della popolazione veneta al lavoro è da attribuire

sostanzialmente alla componente femminile, che negli ultimi due anni registra un’espansione del tasso di attività (pari al 53,9%) di circa l’1,7%, più alta dell’incremento dell’1% del tasso di attività maschile, peraltro molto elevato (77,3%).

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I comportamenti di acquisto nel Veneto 30

Il tasso di occupazione, ossia gli occupati rispetto alla popolazione di 15 anni e oltre, arriva a coprire nel 2003 più della metà della popolazione di riferimento raggiungendo il 51,4% contro il 44,8% dell’intera nazione e aumentando di 3,1 punti percentuali rispetto a nove anni prima.

Grafico 1.28: Tasso di occupazione - Veneto e Italia. Anni 1995:2003

40,0

42,0

44,0

46,0

48,0

50,0

52,0

1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003

Veneto Italia

Fonte: Elaborazioni Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale su dati Istat

Nel confronto con le altre regioni italiane il Veneto risulta tra quelle con il tasso di occupazione più alto (nella classe d’età 15-64) e nella graduatoria a livello provinciale Belluno risulta tra le prime dieci province italiane con tasso di occupazione più elevato, mentre Vicenza si trova al settimo posto nella graduatoria maschile.

A livello provinciale il tasso di occupazione aumenta nel 2003 di 3,9 punti percentuali a Rovigo (51,2%), 2,8 a Verona (52,3%), 1,5 a Vicenza (55,1%), 1,1 a Padova (46,9%), è stabile a Venezia (+0,2; con tasso 48,9%) e a Treviso (-0,6; con tasso 53,5%) e in riduzione a Belluno (-4,4; con tasso 53,8%).

Tabella 1.4: Tasso di occupazione per classi d'età. Veneto, province, Italia - 2003

15-24 25-29 30-64 15-64 Totale

Verona 38,7 78,3 67,9 64,5 52,3 Vicenza 40,3 86,0 68,2 66,1 55,1 Belluno 35,5 80,2 70,4 66,6 53,8 Treviso 44,3 81,1 66,3 64,5 53,5 Venezia 32,8 77,2 63,5 60,7 48,9 Padova 39,3 76,9 63,0 61,0 46,9 Rovigo 35,4 76,7 66,8 63,0 51,2 VENETO 38,8 79,8 66,0 63,5 51,4 ITALIA 24,9 62,6 62,2 56,0 44,8

Fonte: Elaborazioni Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale su dati Istat

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1. Le dinamiche socio-demografiche del Veneto 31

L’andamento dei tassi di occupazione differenziati per classe d’età e sesso evidenzia come in realtà l’occupazione delle donne venete dai 25 ai 34 anni sia già ben al di sopra di quella italiana ed europea, evidenziando quindi la concreta possibilità di un generalizzato recupero occupazionale femminile nel lungo periodo. Di rilievo il dato sulla classe dei giovanissimi (15-24), la cui contrazione del tasso di occupazione negli ultimi anni (da 35,8% a 35,5 per le donne e da 44,5% a 41,9% per gli uomini) può essere in parte spiegato dall’innalzamento del livello di scolarità. Sempre più i giovani preferiscono investire in cultura piuttosto che buttarsi subito nel mondo del lavoro.

Come già anticipato, il numero di occupati, nella classe di età più anziana, dai 55 ai 64 anni, ha segnato un incremento del 6,5%. A tale evoluzione hanno contribuito fattori demografici, ossia la presenza nella popolazione occupata dei nati a cavallo degli anni ‘50, particolarmente numerosi, e le modifiche della normativa previdenziale degli anni ‘90, che hanno portato ad un graduale innalzamento dei requisiti di età e di contribuzione per l’accesso alle pensioni di vecchiaia e di anzianità. Un’ulteriore motivazione può essere ricercata nell’allentamento del divieto di cumulo tra pensione e altri redditi, previsto dalla legge finanziaria per il 2003. L’aumento dell’occupazione delle classi d’età più avanzate corrisponde, in base all’indagine sulle forze di lavoro, ad una riduzione delle uscite. Riguardo alle persone anziane, inoltre, rapportando il numero dei pensionati alla popolazione occupata, il Veneto possiede un valore contenuto, 59%, rispetto ad altre regioni settentrionali (Lombardia 60,9%) e alla media nazionale, 66,5%.

La composizione delle forze di lavoro per titolo di studio confermano la crescente importanza del grado d’istruzione nel mercato del lavoro veneto: il tasso di attività più alto è quello di coloro che possiedono un’istruzione universitaria.

Analizzando l’occupazione veneta da un punto di vista settoriale si nota una certa contrazione del settore dei servizi (-1,1%), la stabilità del settore agricolo (0,3% di occupati) e un aumento di occupati nell’industria (+3,6%). Al suo interno, in particolare risulta in forte espansione il settore delle costruzioni, come d’altronde evidenziato dall’andamento delle analoghe voci del conto economico. Tra le attività del terzo settore, il commercio che assorbe una quota notevole di occupati, risulta in recessione, specialmente nella componente maschile.

Tabella 1.5: Occupati 2003 e variazioni percentuali 2003/02 del complesso degli occupati per settore di attività e sesso - Veneto e Italia

Agricoltura Industria Altre attività Totale Agricoltura Industria Altre attività Totale

(migliaia) Variazioni % 2003/02

Veneto Maschi 59 599 554 1.212 1,4 6,2 -5,0 0,5 Femmine 22 229 541 792 -2,6 -2,6 3,2 1,3 Totale 80 828 1.095 2.004 0,3 3,6 -1,1 0,8

Italia Maschi 745 5.358 7.587 13.690 -0,2 1,5 0,2 0,7 Femmine 330 1.661 6.373 8.365 -5,5 0,4 2,3 1,6 Totale 1.075 7.019 13.960 22.054 -1,9 1,3 1,1 1,0

Fonte: Elaborazioni Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale su dati Istat

Page 38: I COMPORTAMENTI DI ACQUISTO NEL VENETO · più rispetto al 1993, per un tasso di natalità pari a 9,5 nati per 1.000 abitanti, di poco superiore al valore medio italiano (9,4). Negli

I comportamenti di acquisto nel Veneto 32

A livello provinciale la distribuzione degli occupati per settore è abbastanza omogenea, si distinguono le province di Rovigo per aver la percentuale più alta di occupati nell’agricoltura (8%), Vicenza per la prevalenza di occupati nel settore industriale (51,3%) e Venezia la predominanza del terzo settore (66,4% degli occupati). Grafico 1.29: Occupati per settore di attività - Veneto e province. Anno 2003

80

9

12

12

11

1

12

24

828

43

138

105

174

44

193

132

1.095

57

194

230

175

53

171

215

0% 20% 40% 60% 80% 100%

VENETO

Rovigo

Padova

Venezia

Treviso

Belluno

Vicenza

Verona

Agricoltura Industria Altra attività

Fonte: Elaborazioni Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale su dati Istat

Il tasso di disoccupazione si mantiene nel 2003 per il Veneto ad un livello di 3,4%, stabile rispetto all’anno precedente per un aumento minimo del tasso di disoccupazione maschile (da 2,2% passa a 2,3%), compensata da una riduzione del tasso femminile (da 5,2% passa a 5,0%). Il Veneto si mostra così in controtendenza rispetto all’Unione Europea dove aumenta di 5,3 punti percentuali (8,0% rispetto al 7,7% del 2002). A livello nazionale si assiste ad una contrazione del tasso di disoccupazione, riduzione dovuta alla diminuzione di persone in cerca di occupazione nel Mezzogiorno e riguarda maggiormente la componente femminile.

Nel confronto con le altre regioni italiane il Veneto risulta tra quelle con il tasso di disoccupazione più contenuto, insieme a Emilia Romagna e Trentino alto Adige. Nella graduatoria a livello provinciale Vicenza e Padova risultano tra le prime dieci province italiane con tasso di disoccupazione più basso e nella stessa graduatoria distinta per genere, Vicenza e Treviso si trovano al nono posto della graduatoria femminile, mentre Vicenza si colloca al settimo posto e Padova al decimo della graduatoria maschile.

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1. Le dinamiche socio-demografiche del Veneto 33

Grafico 1.30: Tasso di disoccupazione - Veneto e Italia. Anni 1995:2003

0,0

2,04,0

6,08,0

10,012,0

14,0

1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003

Veneto Italia

Fonte: Elaborazioni Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale su dati Istat

Sempre a livello provinciale il tasso di disoccupazione nel 2003 cala parecchio a Venezia, Verona e Rovigo, mentre mostra un andamento in crescita soprattutto a Belluno, dato in prevalenza dall’aumento di giovanissimi e donne in cerca di occupazione.

L’andamento dei tassi di disoccupazione differenziati per classe d’età e sesso evidenzia come in realtà i tassi siano in crescita soltanto per i giovanissimi, che rappresentano peraltro una quota esigua delle forze di lavoro, mentre i disoccupati nella classe d’età centrale 30-64 sono in diminuzione.

Tabella 1.6: Tasso di disoccupazione per classi d'età. Veneto, province, Italia - 2003

Tasso di disoccupazione per classi d'età

15-24 15-29 30-64 15-64 Totale

Verona 7,1 5,4 2,6 3,3 3,3Vicenza 8,7 5,0 1,8 2,6 2,6Belluno 14,0 9,1 3,4 4,7 4,7Treviso 7,4 6,3 2,4 3,4 3,4Venezia 10,0 7,4 3,0 4,0 4,0Padova 8,9 6,1 2,1 3,1 3,0Rovigo 12,5 9,3 3,4 4,8 4,7VENETO 8,8 6,3 2,5 3,4 3,4 ITALIA 27,1 19,6 5,6 8,8 8,7

Fonte: Elaborazioni Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale su dati Istat

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2. METODOLOGIA E TECNICA DELLA RICERCA SUI

CONSUMI 2.1 Obiettivi ed aspetti definitori dell’indagine

L’indagine sui consumi mirava a mettere a conoscenza dell’Osservatorio Regionale per il Commercio della Regione Veneto informazioni pertinenti alla struttura del mercato dei generi alimentari e non, ponendo l’accento sull’offerta commerciale, in modo da avere la possibilità di modellare o ridefinire la rete distributiva del Veneto, nonché ricavare le opinioni del consumatore in relazione all’offerta disponibile. Le informazioni sono state ottenute somministrando un questionario ad un campione rappresentativo della popolazione veneta.

La realizzazione dell’indagine è passata attraverso le seguenti fasi:

• definizione degli obiettivi;

• definizione del disegno di indagine, vale a dire la modalità di rilevazione e la strategia di campionamento della popolazione;

• definizione del questionario e parallelo sistema di controllo della qualità: stesura e informatizzazione del questionario per la raccolta dei dati e definizione del sistema di controllo della qualità dei dati;

• esecuzione dell’indagine pilota comprensiva anche del test del questionario;

• riformulazione del questionario in base all’analisi dell’indagine pilota;

• esecuzione delle interviste sul territorio;

• raccolta dei dati e scrematura delle informazioni contenenti errori di risposta;

• elaborazione statistica dei dati ed analisi delle implicazioni economiche dei risultati.

I comportamenti, le abitudini e i modi di vivere esistenti nelle articolazioni

territoriali del Veneto si ripercuotono sui diversi livelli di spesa e di scelta del negozio in cui acquistare i beni. Per gli eventuali raffronti tra i livelli pro-capite dei consumi va considerato che questi, oltre ad essere calcolati sulla base della popolazione residente, possono risentire della variabilità dei prezzi dei beni e servizi praticati in ambito locale. I consumi risentono infatti di numerosi fattori quali la composizione per età della popolazione residente e la dimensione del nucleo familiare, il grado di urbanizzazione della popolazione e di partecipazione della donna al mondo del lavoro, la consistenza delle presenze nelle strutture alberghiere ed extra-alberghiere locali. Non sono da meno nella determinazione dei consumi familiari gli aspetti riguardanti le dotazioni di infrastrutture stradali, autostradali, ferroviarie e reti di trasporti urbani, ospedali, scuole, nonché la quantità e qualità di servizi erogati dalle pubbliche amministrazioni e i fattori ambientali che possono aver consolidato nel tempo abitudini diverse.

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I Comportamenti di Acquisto nel Veneto 36

Con la ricerca sui consumi si intende studiare lo stile di acquisto del consumatore negli ambiti previsti dalla nuova normativa regionale. Questa suddivide i generi di consumo in due settori: quello alimentare, che comprende tutti i tipi di generi alimentari che prevedono un consumo domestico, e quello non alimentare formato dai beni non alimentari generici, come abbigliamento e calzature, accessori per la casa e generi non alimentari durevoli, come mobili ed elettrodomestici.

Poiché la normativa regionale sul commercio tratta anche altri aspetti di carattere tecnico, quali l’utilizzo dei parcheggi scambiatori, la posticipazione della chiusura degli esercizi commerciali, le vendite promozionali, la conoscenza degli spacci e la viabilità, l’indagine condotta sulle famiglie mira anche a cogliere la soddisfazione del consumatore e in generale della famiglia per quanto riguarda tali aspetti. Dunque, il fenomeno studiato deriva da una attenzione prestata verso l’ambito commerciale puro, base di partenza dell’offerta ai consumatori per effettuare i propri acquisti nel territorio, quello della composizione familiare e del comportamento d’acquisto.

La popolazione di riferimento da cui sono state tratte le informazioni necessarie per la conoscenza della problematica è l’insieme delle famiglie venete quale ele-mento di maggior rappresentatività per i consumi dei beni presenti nel territorio. A giustificazione di questa scelta è sufficiente considerare che l’evoluzione demografica comporta variazioni oltre che nei comportamenti socio-economici anche nelle modalità di comportamento di acquisto. In questo caso è preferibile analizzare l’atteggiamento della famiglia rispetto a quello del singolo individuo, poiché è dimostrato che la maggioranza delle spese sostenute dal nucleo familiare è da addebitare in primo luogo ai decisori d’acquisto (i coniugi o spesso addirittura un coniuge soltanto) e non a tutti i componenti familiari, a causa di una notevole presenza di economie di gruppo all’interno del nucleo familiare e delle spese cosiddette familiari. Individuare la struttura familiare presente nel territorio è utile perché permette di intuire in anticipo quali sono i possibili effetti in termini di livello di consumo e qualità dell’acquisto, ottenendo così una relazione di causa-effetto per spiegare il fenomeno.

Le abitudini di consumo di una popolazione sono influenzate da numerosi fattori di tipo socio-economico e ambientale. Esistono variabili che il ricercatore non può esimersi dal rilevare in quanto influenzano inevitabilmente uno stile di vita e sono quindi indispensabili per comprendere lo stile di consumo.

La prima variabile che è stata considerata è la composizione familiare: essa comprende sia la dimensione della famiglia oggetto di rilevazione, sia la sua composizione per età, senza trascurare il livello d’istruzione e la condizione professionale. E’ necessario anche comprendere la realtà territoriale in cui è inserita la famiglia, indagando su aspetti urbanistici quali la distanza dagli esercizi commerciali, le difficoltà di viabilità, parcheggio e mezzi di trasporto, che molto spesso determinano la scelta del punto vendita.

L’aspetto commerciale è stato rilevato attraverso le decisioni (scelta del punto vendita, frequenza d’acquisto,…) e le opinioni (qualità dei prodotti, atteggiamenti nei confronti delle offerte, orari dei punti vendita, “family satisfaction”,…) delle famiglie.

Sono stati ritenuti un importante oggetto di studio per l’indagine anche gli aspetti monetari, in modo da stabilire quanto una famiglia spende e può spendere

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2. Metodologia e tecnica della ricerca sui consumi 37 per gli acquisti. Tuttavia, la spesa per gli acquisti e il reddito percepito dalla famiglia sono variabili a rischio di distorsioni.

La peculiarità dell’indagine è garantita dal fatto che ad oggi non sono disponibili dati disaggregati a livello regionale e provinciale, di cui però si avverte in maggior misura la necessità proprio perché sono le Regioni e i Comuni che devono sorvegliare con più attenzione l’evoluzione commerciale locale e predisporre appositi programmi correttivi. Per questa ragione sono stati anche analizzati, oltre alla tematica della rete distributiva, le vendite promozionali, gli spacci e gli outlet, l’e-commerce e la viabilità. 2.1.1 La popolazione di riferimento

L'unità di rilevazione è la famiglia di fatto, intesa come un insieme di persone coabitanti e legate da vincoli affettivi, di matrimonio, parentela, affinità, adozione e tutela. Sono state considerate appartenenti alla famiglia come membri aggregati tutte le persone che, a qualsiasi titolo, vi convivono abitualmente con essa.

Le famiglie da interpellare sono state individuate dell’elenco ufficiale degli abbonati denominato “Pagine bianche”. Di fatto, quindi, la popolazione di riferimento è costituita dalle famiglie residenti nel Veneto che possiedono un abbonamento telefonico il cui numero non è riservato. La distorsione derivante dall’utilizzo di tale lista rispetto a quella corretta risultante dagli uffici comunali veneti è esigua, visto il numero ridotto di soggetti che non possiedono un apparecchio telefonico o che, per motivi di privacy, hanno preferito non inserire il proprio nominativo nell’elenco. Sono esclusi dalla rilevazione i dati relativi ai membri delle cosiddette convivenze (caserme, ospedali, brefotrofi, istituti religiosi, convitti, ecc.). La numerosità campionaria è stata fissata in 2.600 famiglie. 2.1.2 Il pre-test del questionario

Il pre-test è l’operazione mediante la quale si sottopone a verifica “sul campo” la stesura provvisoria del questionario, somministrandolo ad un campione di individui che sia il più vario possibile per alcune caratteristiche strutturali (distribuzione territoriale, composizione familiare, ecc.). In questa fase, infatti, l’obiettivo è quello di garantire, nei limiti del possibile, che il questionario venga provato in diverse condizioni di difficoltà per valutare la sua tenuta.

Questo paragrafo è dedicato all’analisi degli esiti delle interviste di prova relativi sia al questionario (rifiuti, non contatti, questionari completati, ecc.), sia al contatto telefonico (non risponde, risponde la famiglia, numero non esatto, ecc.). Il campione di partenza è stato di 161 unità di rilevazione e sono state assegnate con il metodo della compenetrazione delle assegnazioni circa 40 famiglie ad ogni intervistatore.

Esito del questionario. Conoscere l’esito dei questionari è un dato fondamentale per rendersi conto della quantità d’informazione raccolta, rispetto alla numerosità di partenza del pre-test. Le unità non pertinenti corrispondono a famiglie non raggiungibili, in quanto il numero telefonico risulta disattivato. Inoltre, c’è da premettere che vi sono 21 famiglie non contattate dagli intervistatori: per più di

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metà sono stati effettuati 13-16 tentativi senza nessun esito, mentre per la restante parte non è stata eseguita l’intervista, in quanto i dati sono stati rilevati prima della conclusione del pre-test. I questionari completati sono 85 e le interviste parziali sono 5. Dalla Tabella 2.1 si delinea una differenza tra gli intervistatori rispetto agli esiti delle interviste effettuate. Certamente questa diversità è influenzata dal comportamento dell’intervistatore: di come esso si pone nel presentare l’indagine alla famiglia, del suo convincimento a parteciparvi e dalla sua condotta durante l’intervista stessa. Tabella 2.1: Distribuzione assoluta e percentuale degli esiti del questionario per intervistatore Esito dell’intervista Intervistatore Non eseguita Completata Parziale Rifiutata Unità non

pertinente Totale

1 5 15 4 13 2 39 23,8 17,6 80,0 34,2 16,7 24,2

2 3 23 0 9 5 40 14,3 27,1 0,0 23,7 41,7 24,8

3 8 21 0 8 2 39 38,1 24,7 0,0 21,1 16,7 24,2

4 5 26 1 8 3 43 23,8 30,6 20,0 21,1 25,0 26,7

Totale 21 85 5 38 12 161 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Esito rifiuto da parte del soggetto. In totale i rifiuti da parte dei soggetti sono stati 38 per tutti gli intervistatori, pari a circa il 25% del campione contattato. Questa percentuale non dovrebbe essere così alta da influire sui risultati finali, attutita anche dal ricevimento della comunicazione scritta, controfirmata dai responsabili di entrambi gli Enti partecipanti a questa indagine.

All’interno di questa numerosità campionaria ricadono soggetti di età avanzata che non hanno nessun interesse a rispondere alle domande del questionario, giustificando il proprio comportamento con il fatto che essendo da soli si limitano a pochi e semplici acquisti di generi alimentari e solamente nei dintorni della propria abitazione; inoltre, il più delle volte gli acquisti vengono svolti dai figli che si occupano di loro, pur non risiedendo più con il genitore, e pertanto non raggiungibili telefonicamente.

Esito dei contatti. Il risultato relativo a questo campione (161 interviste) dimostra che non si riscontrano particolari difficoltà nel raggiungere i soggetti da intervistare, anche se in qualche caso non è stato possibile contattare la famiglia, come emerge dalla Tabella 2.2.

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2. Metodologia e tecnica della ricerca sui consumi 39 Tabella 2.2: Distribuzione assoluta e percentuale dei tipi di contatti effettuati per intervistatore Esito del contatto

Non contattato Risponde il soggetto/

altra persona

Numero non esatto

Nr. % Nr. % Nr. % Intervistatore 1 5 41,7 30 23,0 4 20,0 Intervistatore 2 1 8,3 34 26,1 5 25,0 Intervistatore 3 4 33,3 33 25,4 2 10,0 Intervistatore 4 2 16,7 32 24,6 9 45,0 Risultati del numero di chiamate per contattare il soggetto. Nella maggior parte dei casi basta un tentativo per contattare la persona, anche se talvolta possono arrivare a due o anche a quattro.

La necessità di svolgere più di quattro telefonate è abbastanza rara Dopo 3-4 contatti, la probabilità di trovare in casa qualcuno che risponda al telefono è remota, pertanto non è più necessario effettuare tentativi, in quanto aumenterebbe inutilmente il tempo ed il costo dell’indagine. Dalla Tabella 2.3 si nota che, oltre al primo tentativo, anche il terzo tentativo ha portato ad un buon numero di interviste. Questo è probabilmente dovuto alle diverse fasce orarie in cui sono stati fatti i tentativi, ma anche per quelli avvenuti nei giorni infrasettimanali ed il sabato. Infatti, una buona percentuale di contatti è avvenuta nel fine settimana. Tabella 2.3: Distribuzione assoluta e relativa del numero di contatti per intervistatore

Contatti Assoluto % Contatti Assoluto % 1 63 48,8 5 7 5,4 2 18 13,9 6 1 0,8 3 17 13,2 7 2 1,5 4 13 10,0 >=8 8 6,2

Grafico 2.1: Distribuzione delle chiamate effettuate per esito della chiamata

0,00 0,10 0,20 0,30 0,40 0,50 0,60

% chiamate

non eseguita

parziale

completa

rifiuto

rifiuto (ultima domanda)

esito

del

la c

hiam

ata

infrasettimanale sabato

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Tempi di intervista. Definire i tempi di intervista è un aspetto fondamentale per un’indagine demoscopica. Interpellando gli intervistatori si è potuto constatare che la durata media delle interviste si aggirava intorno ai 20-25 minuti per soggetto. Non è un tempo molto favorevole, non solo perché non consente una celerità nella ricerca, ma anche perché il soggetto intervistato tende a stancarsi. E’ stato, quindi, necessario ridurre il questionario. Risultato del pre-test e principali modifiche al questionario. Attraverso l’esperienza del pre-test è stato possibile ottimizzare la struttura e la formulazione delle domande del questionario fino a raggiungere la versione definitiva che verrà descritta nei paragrafi che seguono.

L’impatto iniziale con la domanda sull’anno di nascita dell’intervistato è risultato troppo brusco: il soggetto si attende di dover parlare di acquisti di beni, non comprendendo la necessità di dover fornire i propri dati personali. Nella versione definitiva del questionario, per rendere più favorevole il contatto con il soggetto, la domanda è stata spostata alla fine della sezione sulle generalità dell’intervistato e della sua famiglia.

Alla domanda sul luogo d’acquisto dei beni ci si è resi conto che mancavano le opzioni “autoconsumo/autoproduzione” e “azienda agricola”, che sono state pertanto aggiunte nell’ultima versione.

Le difficoltà maggiori incontrate dagli intervistatori sono state quelle di ricordare ai rispondenti i punti vendita delle risposte precedenti per poter poi rispondere alle domande di approfondimento. In questo caso è stato necessario articolare diversamente il questionario: si sono predisposte delle batterie di domande (dove acquista.., lo acquista sempre in uno stesso punto vendita.., con quale frequenza.., quanto dista il punto vendita...) per ogni categoria di bene.

E’ stata rivisitata anche la suddivisione delle categorie di beni in generi alimentari, non alimentari generici e non alimentari durevoli per snellire ulteriormente il questionario:

- i generi alimentari sono stati divisi in freschi e a lunga conservazione (non è stata trovata nessuna difficoltà per questi tipi di beni);

- i generi non alimentari generici sono stati divisi in abbigliamento, calzature ed accessori per la casa (es. asciugamani, piatti, pentole, ecc.);

- i generi non alimentari di grande superficie sono stati divisi in mobili, accessori per l’arredamento ed elettrodomestici, apparecchi elettrici/ elettronici.

Un’altra domanda che è risultata problematica è quella relativa al reddito

familiare mensile. All’intervistato è stato chiesto il reddito con riferimento ad un valore approssimativo in una certa classe di valori. Essendo risultata questa una domanda abbastanza delicata alla quale di frequente non è stata data risposta, è stata posta alla fine del questionario.

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2. Metodologia e tecnica della ricerca sui consumi 41 2.2 Il disegno d’indagine

La ricerca sui comportamenti d’acquisto delle famiglie nella Regione Veneto ha previsto l’utilizzo di un questionario informatizzato, da somministrare tramite intervista telefonica, ad un campione di famiglie residenti nel Veneto. 2.2.1 Il questionario Il questionario è stato predisposto per raccogliere informazioni utili alla determinazione del comportamento familiare d’acquisto nel territorio veneto. Si è indagato in particolare nei seguenti ambiti:

la famiglia in generale ed i singoli componenti, con domande sui figli da 0 a 25 anni e i soggetti oltre i 65 anni di età;

la condizione professionale e il livello d’istruzione della persona di riferimento;

i fattori che influenzano le decisioni d’acquisto, domande specifiche relative ai punti vendita frequentati e la loro distanza, la frequenza d’acquisto e il livello di spesa familiare per i settori merceologici previsti dalla legge:

- alimentare, corrispondente sia ai prodotti freschi (pane, latte, verdura, frutta, carne e pesce), che a lunga conservazione, surgelati e congelati (biscotti, olio, pasta, detersivo, ecc.);

- non alimentare generico, che comprende prodotti come l’abbigliamento, le calzature, gli accessori per la casa e i prodotti per il tempo libero (libri, CD, videocassette);

- non alimentare a grande fabbisogno di superficie, comprensivo dei prodotti elettrodomestici, dell’arredamento, degli impianti stereo, hi-fi, telefoni cellulari, personal computer;

- misto, sia di generi alimentari che di generi non-food, considerato all’interno del questionario un surrogato dei settori in precedenza descritti.

i mezzi di trasporto e l’utilizzo dei parcheggi scambiatori;

i comportamenti d’acquisto della famiglia (acquisto di prodotti di scorta, utilizzo di sconti,…);

le opinioni rispetto all’offerta commerciale presente nel territorio, riguardanti, ad esempio, la possibile collocazione dei grandi centri commerciali, gli orari di chiusura, gli spacci o outlet, le offerte e gli sconti, la soddisfazione dell’offerta commerciale, ecc.;

gli acquisti in altre regioni italiane;

la spesa per gli acquisti;

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eventuali spese fisse per l’abitazione o pagamenti rateali;

il reddito familiare e la possibilità di risparmio. Rispetto ad ognuno di questi settori merceologici sono state rilevate le abitudini

d’acquisto, la frequenza della spesa e la distanza percorsa. Vi è inoltre una seconda parte del questionario riservata alle opinioni sugli

acquisti, inteso come la volontà di conoscere il giudizio dell’acquirente rispetto a particolari o nuove forme di vendita che stanno emergendo nella società quotidiana, la disponibilità a percorrere un certo tragitto per un particolare bene, la sua preferen-za per la collocazione di alcune grandi strutture quali i centri commerciali, i grandi magazzini e gli outlet.

Non sono stati rilevati esclusivamente gli aspetti di atteggiamento della famiglia, ma ulteriori aspetti più tecnici relativi alla L.R. 9 agosto 1999, n. 37, cercando di trarre indicazioni sugli acquisti nei centri storici, nelle regioni limitrofe, negli outlet, sull’utilizzo di parcheggi scambiatori, sulle vendite straordinarie e sui saldi di fine stagione.

Nella stesura del questionario si è optato per l’inserimento di domande chiuse; in questo caso l’intervistatore pone la domanda, prospettando al soggetto intervistato un ventaglio di risposte entro le quali compiere la scelta più adeguata alle sue caratteristiche.

Al fine di mantenere una buona qualità dei dati raccolti è stato necessario:

- l’utilizzo di un linguaggio chiaro e semplice nella formulazione della domanda e delle modalità di risposta, consentendo all’intervistato, privo di supporti visivi, una buona comprensione dei quesiti;

- introdurre l’opzione “altro” come modalità aggiuntiva, dando la possibilità di digitare liberamente la modalità di risposta desiderata dall’intervistato.

Il questionario informatizzato è stato strutturato in sezioni diverse, comprensive

sia delle informazioni di carattere generale sulla famiglia e sull’intervistato, che di quelle particolari relative al comportamento familiare. Esso si articola nelle sezioni che seguono (il questionario è riportato in Appendice).

SEZIONE A – Apertura telefonica. La prima sezione del questionario è una sezione d’introduzione all’intervista telefonica; in essa viene registrato l’esito della telefonata (libero, occupato, segreteria telefonica, risposta da parte dell’utente...), avviene l’eventuale presentazione dell’intervistatore e l’illustrazione delle motivazioni della telefonata. Se l’utente risulta interessato all’intervista si può passare alla sezione B. Le domande del questionario sono state poste al componente della famiglia che più si occupa degli acquisti.

SEZIONE B – Generalità dell’intervistato e composizione familiare. La sezione B riporta le domande sulle caratteristiche della famiglia, ovvero domande volte ad inquadrarla in un ambito sociale e per comprenderne la sua struttura. In particolare, sono ricavate le generalità dell’intervistato (sesso, anno di nascita, ruolo ricoperto all’interno della famiglia, titolo di studio e condizione professionale) e dei membri della famiglia (numero, età dei componenti, presenza di invalidi,

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2. Metodologia e tecnica della ricerca sui consumi 43 percezione di redditi e pensioni). Le domande rientranti in questa sezione sono fondamentali per l’analisi sui comportamenti d’acquisto, poiché per loro tramite si può già inquadrare la tipologia familiare, ricavandone a priori le possibili esigenze e scelte di consumo. Ad esempio, lo stile di consumo di un giovane single è probabilmente diverso da quello di un anziano disabile in pensione, come per una famiglia con basse qualifiche professionali può essere difficile effet-tuare spese simili ad una famiglia di liberi professionisti e così via.

SEZIONE C – Mezzi di trasporto e capacità motoria. In questa sezione vengono riportate le domande relative ai mezzi di trasporto e alla capacità motoria della famiglia. Si tratta di un’informazione utile per capire innanzitutto quale sia il mezzo di trasporto posseduto dalla famiglia e come questa si sposti per effettuare gli acquisti, se utilizzando il mezzo pubblico o privato. La Regione Veneto si propone inoltre di individuare le aree in cui è sviluppato l’uso dei mezzi pubblici, allo scopo di trovare una soluzione al problema della congestione del traffico e dell’inquinamento. In quest’ottica, il questionario si occupa della gestione dei parcheggi scambiatori, ossia di quei parcheggi in cui lasciare l’automobile privata per passare all’utilizzo di un mezzo pubblico. In proposito è da notare come sia la stessa Legge Regionale (n. 37/99) ad occuparsi di garantire la creazione di adeguate strutture di parcheggio.

SEZIONI D, E ed F – Decisioni di acquisto della famiglia. Le domande poste nella sezione D, E ed F cercano di rilevare il comportamento delle famiglie negli acquisti rispetto alla rete commerciale presente sul territorio. In particolare, nella sezione D vengono evidenziate le decisioni d’acquisto del nucleo familiare. Viene chiesto alla famiglia chi sia ad occuparsi principalmente degli acquisti di quel genere di prodotti e la tipologia di esercizio presso la quale acquisti alcuni specifici prodotti alimentari (freschi e a lunga conservazione); in secondo luogo, se vi sia l’abitudine di frequentare lo stesso tipo di negozio o addirittura lo stesso punto vendita. Qualora sia frequentato lo stesso punto vendita con regolarità, viene chiesto quanto disti dall’abitazione e se si trovi in centro o in periferia.; in terzo luogo si indaga con quale frequenza vengano acquistati i prodotti alimentari, se necessario anche per singolo prodotto (pane-latte, frutta-verdura, carne e pesce). Le domande poste sono delicate soprattutto per quanto concerne l’aspetto mnemonico, poiché viene chiesto al soggetto di collocare gli acquisti nel tempo. Per questo, invece di proporre all’interno della domanda più opzioni di risposta caratterizzate dalle diverse classi di spesa, viene chiesto al soggetto quanto spenda per l’acquisto, proponendo un tipo di risposta dicotomica costituita da due uniche classi di scelta, sopra e sotto un unico valore di spesa. In base alla risposta si passa ad un altro blocco di due opzioni, proponendo la stessa domanda in più passaggi. E’ dimostrato che, con questa tecnica, il risultato ottenuto è più vicino a quello reale rispetto a quello raggiunto attraverso una semplice domanda aperta diretta.

Le domande della sezione E fanno riferimento agli acquisti di generi non ali-mentari generici, ossia l’abbigliamento, le calzature, gli accessori per la casa (asciugamani, piatti, pentole).

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Le domande della sezione F sono connesse agli acquisti di beni non alimentari durevoli, cioè mobili ed accessori d’arredamento, elettrodomestici ed apparecchi elettrici (personal computer, hi-fi, telefoni cellulari).

Le domande previste dalla sezione D vengono riproposte per i generi non alimentare generico e non alimentare durevole. Infine, dalle sezioni vengono ricavate le spese settimanali medie sia per i generi alimentari che per i generi non alimentari generici con differenti soglie di spesa.

SEZIONE G – Importanza dei fattori nella decisione di acquisto. In questa sezione sono state inserite domande per sondare l’opinione del consumatore sugli aspetti più tecnici della riforma. Oltre ad alcune domande sulla soddisfazione per l’offerta commerciale della propria zona ed eventuali difficoltà di viabilità e mezzi di trasporto, si è cercato di capire quali potrebbero essere gli atteggiamenti del consumatore di fronte alle possibili innovazioni del settore commerciale. Le opinioni ricavate sono relative a:

- prolungamento dell’apertura serale degli esercizi commerciali (quali prodotti acquisterebbe la sera, in quali tipologie di negozio e in quale zona della città);

- collocazione dei grandi centri commerciali, dei supermercati e grandi magazzini (se si preferisca vengano costruiti in periferia, nei comuni extraurbani o in centro);

- lo stile di acquisto: se si preferisca, a parità di categoria di punto vendita, l’esercizio più accessibile anche se più costoso oppure quello più conveniente ma che presenta difficoltà di traffico/viabilità, quanti chilometri si sia disposti a percorrere per l’acquisto di particolari prodotti e se si effettuino gli acquisti strada facendo o si esca appositamente per le spese;

- l’acquisto di prodotti fuori dalla regione Veneto. Si è tentato, infine, di cogliere il comportamento del consumatore nei riguardi di

particolari forme di vendita, come gli spacci o outlet, e delle offerte o sconti sulla merce, per indagare l’attenzione del cliente nei confronti dei prezzi.

SEZIONE H – Reddito mensile. E’ forse la sezione più critica per la rilevazione, in quanto tratta l’argomento reddito che il più delle volte rende l’intervistato poco disponibile a rispondere. Il reddito, tuttavia, rappresenta il principale criterio di classificazione della capacità di spesa di una famiglia. E’ lecito pensare che un aumento del reddito di una famiglia implichi una crescita anche del livello di consumo; tuttavia, la relazione sottostante non appare essere, nella realtà, di tipo lineare, ma concava, dato che un aumento del reddito oltre una certa soglia produce un incremento dei consumi meno che proporzionale. Questo si deve al fatto che una quota consistente della ricchezza viene accumulata sotto forma di risparmio, per essere poi impiegata in periodi successivi.

Per avere un quadro il più possibile completo della situazione economica della famiglia, alle domande sul reddito si sono abbinate domande per rilevare se la famiglia avesse o meno delle spese fisse che ne riducessero di fatto la quota di

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2. Metodologia e tecnica della ricerca sui consumi 45 reddito disponibile per le spese. A tale proposito è stato chiesto se il reddito familiare consentisse di risparmiare e se, nei consumi della famiglia, una quota fosse destinata a pagamenti di affitti, mutui o altre forme di pagamenti rateali.

SEZIONE I – Chiusura telefonica. Si tratta della sezione conclusiva con la quale l’intervistatore ringrazia l’utente per la sua disponibilità, ricordandogli nuovamente che le informazioni fornite saranno utilizzate esclusivamente a fini statistici nel pieno rispetto della Legge n. 675/96 sulla privacy. 2.2.2 Strategia di campionamento

La strategia di campionamento adottata per l’estrazione del campione è quella di un campionamento sistematico. La selezione sistematica è avvenuta secondo i seguenti passi:

1. calcolo del passo di campionamento k che si determina in base al rapporto tra la numerosità totale N, dove N rappresenta la numerosità totale della popolazione veneta presente nell’elenco delle “Pagine Bianche”, e quella del campione da selezionare n, fissato pari 2.600 unità: k = N/n;

2. estrazione di un numero casuale r dal quale partire per la selezione sistematica delle unità, con r compreso tra uno e k;

3. scelta delle unità successive scorrendo la lista con passo N/n, partendo da r. Sono state incluse, quindi, nel campione le 2.600 unità nelle posizioni r; r+k; r+2k; …; r+(n-1)k dell’elenco telefonico delle Pagine Bianche.

L’estrazione dei nominativi è stata eseguita con l’ausilio di un computer dotato

di apposito software. 2.2.3 Gli intervistatori e l’assegnazione delle interviste

Le interviste sono state effettuate presso il centro TECHNE (Telephone and Electronic Computer-Helped New-Survey Environment) del Dipartimento di Scienze Statistiche dell’Università di Padova. Il centro è dotato di una serie di personal computer abbinati ad apparecchi telefonici attraverso i quali, con l’ausilio del sistema CATI (si veda il prossimi paragrafo), gli intervistatori hanno potuto condurre l’indagine. Il CATI si presenta, infatti, agli occhi dell’intervistatore, come un programma a finestre di semplice utilizzo; una finestra contiene i nominativi degli utenti da contattare, in un ordine automatico di priorità assegnato dal sistema.

Una volta selezionato il soggetto da intervistare, la composizione del numero telefonico avviene anch’essa in modo automatico e, una volta effettuato il contatto, le domande da porre all’utente compaiono sullo schermo a piccoli gruppi. L’intervistatore non deve fare altro che cliccare con la freccia del mouse la modalità corrispondente alla risposta fornita dall’intervistato. Alla fine dell’intervista, o comunque ogni qualvolta termini il contatto, l’intervistatore deve registrare l’esito della telefonata ed eventualmente fissare un appuntamento con la famiglia che temporaneamente non può rispondere.

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Il test di validità del questionario è stato condotto da tre intervistatori e un supervisore: ad ogni intervistatore è stata assegnata una quota di 40 interviste con il metodo della compenetrazione delle assegnazioni. Nell’indagine completa, invece, sono state utilizzati quattro intervistatori e un supervisore; la quota d’interviste assegnate è stata di circa 400 interviste per due rilevatori, circa 800 per gli altri due rilevatori e 200 circa per il supervisore.

La buona realizzazione dell’indagine dipende anche dal grado di preparazione dei rilevatori. Un intervistatore preparato permette di ridurre il numero di non risposte e i problemi derivanti dalla somministrazione delle domande. In questo modo si contengono anche gli errori di rilevazione, al pari di quelli di registrazione e codifica delle risposte.

La preparazione dei rilevatori è stata curata dal supervisore, con l’ausilio di un manuale d’uso per gli intervistatori che tratta, in forma sintetica, le caratteristiche tecniche basilari dell’indagine sui comportamenti d’acquisto della famiglia, fornendo le regole essenziali per ottimizzare il rapporto tra intervistatore ed intervistato.

Il manuale d’uso distribuito agli intervistatori riporta indicazioni di varia natura: rileva una sintesi degli argomenti trattati nell’indagine sui comportamenti d’acquisto delle famiglie venete, le caratteristiche tecniche di base del lavoro, i criteri di efficienza cui informarsi per la fluidità della comunicazione, il comportamento da tenere al momento del primo contatto telefonico o agli eventuali contatti successivi, le regole da seguire per svolgere le interviste con la massima professionalità e registrare i dati raccolti.

Da sottolineare che, inoltre, la spiegazione fornita ai macroaggregati di blocchi di domande attinenti ad un unico argomento sono stati costruiti con modalità in prima approssimazione non intuitive. Il rilevatore, dunque, nell’adempiere al proprio ruolo si è impegnato, in primo luogo, a contattare l’unità di rilevazione (la famiglia), introducendo brevemente l’indagine, facendo riferimento alla lettera inviata dalla Regione Veneto ed evocando gli obiettivi esposti nella lettera stessa e successivamente a convincere la persona a partecipare all’intervista, fornendo se ecessario le opportune informazioni sugli scopi, sui promotori e sui realizzatori dell’indagine. La presentazione dell’indagine alla persona designata all’intervista è particolarmente delicata, poiché dal modo di presentarsi e dalla capacità di entrare nell’argomento dipendono sia la volontà di rispondere o meno, sia il clima complessivo del colloquio che si stabilirà con l’intervistato. E’ importante, inoltre, fornire i chiarimenti richiesti dagli intervistati ed individuare la risposta più conforme al pensiero del rispondente, raccogliendo le informazioni in modo neutrale, senza esercitare alcuna pressione di risposta e somministrare le domande attenendosi il più possibile al testo, senza personalizzare con commenti che potrebbero influire sulla risposta del rispondente. Per quanto concerne la registrazione delle risposte, agli intervistatori è stato spiegato il funzionamento del programma per la gestione e la raccolta delle informazioni delle interviste telefoniche; e si è inoltre provveduto ad effettuare interviste simulate per consentire loro di familiarizzare con il sistema computerizzato.

Tutto ciò impone che gli intervistatori debbano acquisire capacità di comunicazione e di persuasione per catturare l’attenzione del rispondente al fine di ridurre i rifiuti all’intervista o le interruzioni.

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Ai rilevatori è stata fornita anche la sequenza delle frasi di cortesia tipiche per convincere il rispondente a partecipare all’indagine in caso di opposizione da parte del rispondente, distinguendo inoltre tra primo contatto o successivo.

Infine, nel memorandum sono riprese alcune terminologie strettamente tecniche della Legge Regionale sul Commercio, riferite alle tipologie di esercizio presenti nel territorio veneto e riportate nella gamma di risposte associata ad una molteplicità di domande presenti nello strumento di misura, sia nella forma definita dalla legge che spiegate nel modo ravvisabile nel linguaggio comune. 2.3 La rilevazione dei dati

Lo strumento di rilevazione utilizzato per l’indagine è un questionario informatizzato somministrato per via telefonica. Questo tipo d’indagine è denominato C.A.T.I. (Computer Assisted Telephone Interviewing). Il CATI è un sistema che, attraverso l’uso del computer, consente una semplice ed efficace gestione delle interviste telefoniche.

Il programma di gestione del sistema non si limita soltanto alla gestione informatizzata del questionario - per una conduzione più snella e veloce dell’indagine - ma svolge un ruolo fondamentale nel limitare alcuni tipi di errori di percorso, di coerenza e di campo di variazione. Inoltre, la gestione automatica, da parte del sistema, dei contatti e degli appuntamenti telefonici, offre la possibilità di tenere sotto controllo il funzionamento delle regole predisposte per limitare le cadute delle unità per rifiuto o mancato contatto. La registrazione su supporto informatico delle informazioni relative ad ogni fase dell’indagine costituisce un prezioso archivio, disponibile contestualmente alla registrazione delle informazioni stesse. A partire da dati relativi ad ogni esito di chiamata sui numeri telefonici, fino a considerare l’acquisizione delle risposte ai quesiti del questionario, è possibile costruire indicatori il grado di controllare l’andamento della rilevazione e la qualità delle interviste, con riferimento ad ogni momento della rilevazione1.

Un sistema CATI consente di predisporre:

un programma per la gestione automatizzata del questionario che tenga conto delle regole previste dal piano di revisione - che nelle indagini realizzate attraverso il tradizionale questionario cartaceo interverrebbero a posteriori - nella fase di revisione e correzione. Ciò fa sì che tutte le regole riguardanti il percorso da seguire, le coerenze tra le risposte e le risposte che fuoriescono dal campo di variazione, intervengano durante la conduzione dell’intervista. Inoltre, quando esistono percorsi differenziati all’interno del questionario, si può procedere a far visualizzare in modo automatico testi diversi per le stesse domande, in funzione delle risposte fornite precedentemente;

1 Perez, M. (2001): Il ruolo del sistema CATI nella dinamica dell’indagine, in L. Fabbris (a cura di), CAPTOR 2000: Qualità della didattica e sistemi computer-assisted. CLEUP, Padova.

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un programma per la gestione automatica dei contatti telefonici e degli appuntamenti in cui siano predisposte le regole utili a mantenere attivi i nominativi del campione base. Tuttavia, uno dei maggiori problemi metodologici delle indagini telefoniche è l’adozione della tecnica di sostituzione delle unità che non collaborano: infatti, se si sostituisce una famiglia, si rischia di introdurre distorsioni nelle stime che possono portare ad un’errata valutazione del livello di fiducia attribuito ad un certo intervallo di confidenza. Nel caso delle indagini telefoniche, tale possibilità è improponibile per l’assenza di informazioni sulla composizione delle famiglia negli archivi telefonici, che costituiscono, in genere, le liste di estrazione del campione;

un archivio di dati per il monitoraggio sulla conduzione dell’indagine. Ogni qualvolta il sistema è chiamato a svolgere una funzione, esso registra le informazioni che risultano preziose per capire come stia procedendo l’indagine e consentano di intervenire tempestivamente qualora si presentino degli ostacoli, o vi sia sentore di problemi che potrebbero danneggiare il buon esito dell’indagine.

Le fasi per l’attuazione del sistema CATI per l’indagine sui consumi sono state:

1. creazione del questionario: sono state inserite delle frasi d’introduzione alle sezioni del questionario o ad alcune specifiche domande, per ottenere maggiore disponibilità da parte del rispondente.

2. progettazione grafica del questionario: la grafica del questionario è stata impostata in modo d’agevolare il ruolo del rilevatore, attraverso riferimenti e suggerimenti che aiutino a capire le diverse fasi del questionario. E’ stata anche fornita al rilevatore la possibilità di consultare le informazioni già acquisite, passando da una schermata all’altra, per seguire in modo più rapido la logica dell’intervista, ed essere eventualmente da supporto all’intervistato ricordando-gli le risposte già fornite.

3. progettazione del piano delle coerenze: sono stati fissati i vincoli di relazione tra le variabili e le coerenze tra le risposte attraverso del filtri che individuino differenti percorsi all’interno del questionario.

4. gestione informatica delle chiamate e degli appuntamenti: i numeri di telefono sono stati automaticamente composti dal sistema, nel quale erano anche introdotte le regole per la gestione dei mancati contatti con le famiglie, in funzione di ciascun esito (occupato, libero, segreteria telefonica,…) e degli appuntamenti, per poter ricontattare la famiglia in caso di momentaneo rifiuto.

5. monitoraggio sistematico della rilevazione: attraverso il sistema è possibile creare degli indicatori statistici per il controllo della qualità delle interviste realizzate, tra i quali: - numero di tentativi di contatto con la famiglia; - distribuzione degli esiti in base alla fascia oraria; - quota di rifiuti per intervistatore; - durata delle interviste;

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- esiti delle interviste per ogni rilevatore; - quota di famiglie da sostituire perché il contatto risulta impossibile. Questi indicatori servono ad individuare i punti critici del questionario e a controllare l’operato degli intervistatori. Si citano ora alcuni indicatori utilizzati per il controllo quotidiano della qualità:

2.3.1 Strumenti di controllo della qualità dei dati

Prima di iniziare l’indagine è stato definito un sistema di controllo della qualità dei dati, ossia un insieme di azioni finalizzate al corretto trattamento dell’errore non campionario. Tale processo consente sia la riduzione di tempi e costi dell’indagine tramite il monitoraggio delle singole fasi di ricerca, sia lo studio delle informazioni ricavate per determinare eventuali inefficienze e dimenticanze nel questionario, garantendo l’implementazione e l’ottimizzazione nelle fasi successive al pre-test. Le azioni seguite per il controllo della qualità sono:

azioni preventive intraprese per rendere meno probabile l’insorgere di complicazioni con l’approccio dell’intervista e facilitare le operazioni di risposta rendendo basse le mancate risposte all’indagine. Per questo motivo è stata inviata ad ogni famiglia del campione estratto una lettera di presentazione dell’Università degli Studi di Padova, patrocinata dalla Direzione Commercio della Regione Veneto. Le unità sono state avvisate in anticipo sullo scopo, sui benefici e sulla riservatezza dell’informazione raccolta. Ad avallare la serietà dell’indagine è intervenuto infine un comunicato stampa presentato dalla Direzione Commercio della Regionale Veneto.

azioni di controllo in corso d’opera per individuare e correggere oppor-tunamente gli errori nel momento in cui questi sorgono durante la fase di produzione. L’uso del programma CAPTOR2, con il modulo “scheduler”, associato ad un’indagine CATI per la registrazione controllata dei dati e l’applicazione di identificazione automatica di errori e conseguente correzione, assicurano una riduzione soddisfacente degli errori, perché esso segue tutti i percorsi definiti dal ricercatore con i filtri appositamente creati e programmati per bloccarsi in caso di informazioni discordanti.

azioni di valutazione per quantificare il livello di errore non campionario contenuto nell’archivio. Si sostanziano attraverso prove di stampa ausiliarie ed indagini di controllo ex-post. Scegliendo l’una o l’altra tecnica si ottiene una misura di errore che valuta la qualità delle risposte attraverso tassi opportuni di risposta o misure dirette di componenti dell’errore totale, come la varianza semplice di risposta. Attraverso tali strumenti è possibile ottenere un miglioramento dei parametri che compongono le dimensioni della qualità.

2 CAPTOR è un software messo a punto presso il Dipartimento di Scienze Statistiche dell’Università di Padova che serve per indagini statistiche computer-aided con tecniche di rilevazione tipo CATI.

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2.3.2 L’errore di stima extracampionario

Gli errori extra-campionari, in un’indagine di questo tipo, possono provenire dal questionario stesso, dal rilevatore e dal rispondente.

La costruzione stessa del questionario consente di eliminare o perlomeno individuare gli errori del rispondente - attraverso il controllo della coerenza delle risposte fornite durante l’intervista - e alcuni errori di distrazione del rilevatore, per il quale risulta impossibile saltare delle domande o sbagliare i percorsi del questionario. Tuttavia l’errore del rilevatore è difficile da tenere sotto controllo, proprio per il fatto che dipende da una pluralità di caratteristiche personali. I rilevatori, consciamente o senza rendersene conto, hanno inserito una componente d’errore propria dipendente dal modo di gestire l’intervista, di presentarsi e di operare.

La distorsione è stata corretta analizzando gli scostamenti delle risposte tra i diversi rilevatori rispetto alla media, nell’ipotesi che ogni unità rilevata sia condizionata in una direzione e misura idealmente costanti. Per stimare la distorsione del rilevatore, si è confrontato il valor medio delle risposte ottenute per intervistatore con la media campionaria globale. Una misura immediata di tale distorsione si ottiene applicando la tecnica della compenetrazione delle assegnazioni degli intervistatori che consiste nel suddividere casualmente il campione di n unità già estratto in k sub-campioni e nell’assegnarli casualmente ad altrettanti rilevatori, ognuno dei quali avrà un carico di lavoro di ni = n/k unità da intervistare.

Ogni sottogruppo creato è un campione rappresentativo della stessa popolazione, per cui è possibile supporre che il valor medio rilevato per una risposta sia lo stesso in ogni sottogruppo e in tutta la popolazione; pertanto l’unica differenza risultante è da attribuire al rilevatore. I sub-campioni formati dalla lista delle unità campionarie sono stati cinque, ed ogni sub-campione è stato poi abbinato casualmente ad un intervistatore. 2.4 Il campione

La numerosità del campione estratto è pari a 2606 unità. Nonostante gli accurati controlli effettuati sulla lista da cui avviene il campionamento, di fatto, però, il campione che si è riusciti a contattare copre circa il 90% di quello effettivamente estratto. Il 10% del campione mancante è composto da unità corrispondenti a numeri di telefono errati o di famiglie che presumibilmente non sono residenti in quella unità abitativa - vale a dire che il telefono risulta libero, ma nonostante i ripetute telefonate non si è riusciti a contattare l’utente - e, infine, unità che non sono di fatto corrispondenti a una famiglia, come associazioni, studi professionali e così via. In conclusione sono state contattate 2328 famiglie: il numero di unità incluse nel campione per ogni provincia è proporzionale al numero di residenti della provincia stessa.

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2. Metodologia e tecnica della ricerca sui consumi 51 Tabella 2.5: Distribuzione percentuale del campione nelle province venete Provincia Belluno Padova Rovigo Treviso Venezia Verona Vicenza Totale

% 5,76 20,36 5,76 18,56 19,97 13,70 15,89 100,00

Nel complesso il 74,4% delle interviste è andato a buo fine. In termini di interviste concluse – si sono considerate concluse anche alcune interviste alle quali mancavano le risposte alle domande dell’ultima sezione – il miglior risultato è stato raggiunto con la provincia di Belluno dove il 76% circa degli utenti ha risposto interamente al questionario. Non può essere considerata da meno la partecipazione delle altre province che registrano una percentuale di risposta al di sopra del 70%. La provincia che ha offerto una minor disponibilità nel collaborare è quella di Verona che comunque ha una percentuale di interviste concluse pari al 72,70%.

Tabella 2.6: Distribuzione assoluta delle interviste per esito e provincia

Provincia Interviste concluse

Interviste in-complete

Rifiuti Totale

Belluno 102 7 25 134 Padova 359 13 102 474 Rovigo 101 3 30 134 Treviso 323 14 95 432 Venezia 343 21 101 465 Verona 236 10 73 319 Vicenza 269 15 86 370 Veneto 1733 83 512 2328

Poche sono, invece, le interviste incomplete (3,6%) e quelle per le quali l’utente aveva dato una iniziale disponibilità, ma che si sono concluse prima della fine del questionario.

Le famiglie che abbandonano l’intervista sono spesso costituite da coppie di anziani o persone sole, le quali sono scarsamente motivate o hanno difficoltà nel comprendere i quesiti, e alle quali pesa sostenere una telefonata che può raggiungere talvolta anche il quarto d’ora-venti minuti.

I rifiuti a collaborare all’indagine costituisce un forte ostacolo per la realizzazione di un’indagine e maggiormente nell’analisi dei dati raccolti. Le famiglie che non hanno voluto partecipare a questa ricerca potrebbero infatti avere caratteristiche particolari e ciò può comportare una distorsione.

La maggior parte dei rifiuti non è di tipo casuale, proviene da coppie o persone sole di una certa età. Gli anziani sono la categoria meno disponibile a collaborare perché, in primo luogo, il più delle volte non hanno letto la lettera di preavviso e vedono la telefonata con profondo sospetto temendo che l’intervistatore abbia secondi fini e si tratti di una truffa; in secondo luogo, non sono interessati all’argomento trattato dall’indagine e ritengono che il proprio intervento non sia rilevante; infine, a causa dell’età sono spesso impossibilitati a stare al telefono a lungo e presentano difficoltà di comprensione delle domande del questionario. In

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questa indagine, quindi, la categoria delle persone anziane è presumibilmente sottostimata.

La quota maggiore di rifiuti è stata rilevata nella provincia di Vicenza, mentre la più bassa in quella di Belluno che vanta anche la percentuale più elevata di interviste incomplete. Tabella 2.7: Distribuzione percentuale del campione nelle aree commerciali

Area % Belluno-Feltre 4,2 Cortina-Pieve di Cadore 2,0 Treviso-Castelfranco 8,9 Conegliano-Oderzo 5,7 Vittorio Veneto 3,9 Padova 14,6 Este-Monselice 3,2 Cittadella-Camposanpiero 2,9 Venezia 14,3 San Donà-Portogruaro 4,1 Chioggia 1,3 Rovigo-Badia-Adria 5,7 Verona 9,3 Boldo-Garda 1,4 Legnago Bonifacio 3,0 Vicenza 6,2 Asiago-Bassano-Thiene 5,2 Arzignano-Valdagno-Schio 4,0 Veneto 100,0

2.4.1 Rappresentatività del campione

Dal confronto della struttura per età del campione con la popolazione veneta è possibile fare una prima verifica sulla rappresentatività del campione intervistato.

Prima di giungere a false conclusioni, si deve ricordare che un confronto valido può essere effettuato solo considerando le classi d’età 34-38 anni in poi; tale condizione è dettata dal fatto che il questionario è indirizzato alla persona che generalmente si occupa degli acquisti, che difficilmente potrà essere un individuo particolarmente giovane. La numerosità delle classi più basse del campione risulta essere esigua proprio per il fatto che nella fascia d’età 18-33 anni molte persone vivono ancora in casa con i genitori che provvedono agli acquisti anche per i figli.

Partendo da questo presupposto si può affermare che le due distribuzioni non presentano significative differenze e che sono piuttosto simili se non per il fatto che il campione, per forza di cose, supera di qualche punto percentuale la popolazione veneta nella maggior parte delle classi d’età centrali.

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Per quanto riguarda le altre province si può notare come nelle classi centrali di concentrino le maggiori differenze rispetto alla situazione generale veneta: per la classe 35-44 la provincia di Belluno e Verona hanno una percentuale più bassa di individui rispetto al Veneto che vanno, però, a recuperare nella classe d’età successiva, in cui superano il livello medio regionale di diversi punti.

Il ragionamento opposto è valido per la provincia di Treviso e in parte per quella di Vicenza che, d’altro canto, presentano una distribuzione molto simile a quella veneta se non per la classe d’età 35-44 per quanto riguarda Treviso e 55-64 per quanto riguarda Vicenza. Le differenze sono contenute per l’ultima classe d’età. In conclusione sembrano non esserci radicali differenze tra le province se non per la situazione bellunese che appare la più irregolare.

Grafico 2.3: Distribuzione percentuale per classi d’età quinquennali del campione intervistato e della popolazione veneta

21 26 31 36 41 46 51 56 61 66 71 76 81 86 91

2

4

6

8

10

12

Cam pione Popolazione

2.5 Le variabili statistiche

In questo paragrafo si studiano le relazioni tra le variabili considerate ed il comportamento del decisore d’acquisto.

L’analisi si basa su una sorta di modello logico che consenta di comprendere con sufficiente chiarezza la situazione della distribuzione commerciale veneta, non soltanto in base ai dati numerici proposti in sede di osservazione delle iscrizioni o delle tipologie di struttura presso il Registro delle Imprese, ma anche a partire dall’ottica dell’acquirente.

Se di armonizzazione del sistema commerciale distributivo veneto si deve parlare, come ricordato dal DL 114/98, allora come primo passo sulla scala delle priorità si deve senz’altro collocare la conoscenza puntuale delle abitudini, delle preferenze e delle eventuali proposte del consumatore.

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2.5.1 Il numero dei componenti la famiglia

Il reddito pro-capite è dato dal rapporto tra il reddito e il numero dei componenti la famiglia e rappresenta la vera grandezza che permette di valutare la possibilità di spesa di una famiglia, poiché e famiglie più numerose, disponendo di un reddito globale mediamente più elevato, risulterebbero erroneamente più abbienti di quanto non lo siano effettivamente.

Il numero di persone che compongono la famiglia è una delle caratteristiche demografiche che più ha influenza sul comportamento di spesa. Questa, in genere, non cresce linearmente all’aumentare dell’ampiezza familiare, ma risente delle economie di scala che necessariamente si instaurano nell’ambito della famiglia. Infatti, l’incremento marginale della spesa risulta fortemente decrescente al crescere del numero dei componenti; ciò significa, ad esempio, che passando da uno a due componenti la spesa si incrementa mediamente del 33%, mentre da quattro a cinque e più componenti la spesa resta pressoché invariata aumentando dello 0,4%3.

Anche i comportamenti di consumo, e quindi la struttura della spesa, variano con l’ampiezza familiare. In generale, le famiglie numerose devono concentrare più delle altre la spesa sui generi alimentari (circa il 21,3% del totale), mentre per le famiglie monocomponente la quota più consolidata è rappresentata dall’abitazione e dalle utenze domestiche (35,5% del totale). La motivazione è da ricercarsi nel fatto che i consumi alimentari soddisfano i singoli bisogni individuali dei membri familiari, assumendo dunque un carattere di proporzionalità in base al numero di componenti, mentre i consumi in generi non alimentari durevoli o generici hanno una maggior somiglianza a costi fissi, pressoché non variando in base alla composizione familiare. Per quanto riguarda i consumi non alimentari, la crescita del numero di componenti, che generalmente implica un numero più elevato di figli in famiglia, aumenta la spesa per l’istruzione e, di conseguenza, il peso che questa ha sul totale della spesa media mensile familiare.

Una ulteriore nota è che i consumi non alimentari durevoli (arredamento, elettrodomestici, televisore e hi-fi) sono solitamente stabili nel tempo, indipendentemente dalla dimensione del nucleo familiare entro certi limiti, è una quota preponderante del costo totale di cui beneficiano i membri, rendendo quindi bassa la parte di costo variabile dalla composizione familiare. E’ logico, infatti, ritenere che gran parte degli elettrodomestici sia sfruttata tanto dal single quanto da una famiglia allargata, dato che non appare possibile differenziare i beni durevoli in base alla dimensione familiare.

Altre informazioni riguardano il numero di occupati, i bambini, gli anziani, pensionati o meno, e individuare quindi tipologie familiari il cui ruolo nelle decisioni di consumo è di grande rilievo. Sulla base della traiettoria ideale che descrive, a partire dal giovane single fino ad arrivare all’anziano solo, l’evoluzione della famiglia con la formazione della coppia, la nascita, la crescita e quindi il distacco dei figli, la letteratura demografica recente punta a riassumere alcune caratteristiche dei componenti del nucleo in una variabile composita, il ciclo di vita

3 Fonte: Indagine ISTAT sui bilanci familiari, 2000.

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2. Metodologia e tecnica della ricerca sui consumi 55 della famiglia, capace di delineare una successione di stadi caratterizzati da una particolare struttura dei consumi, a parità di altre condizioni.

La definizione di ciclo di vita non è suscettibile, peraltro, di interpretazione univoca, ma dipende in generale dalle condizioni prevalenti della realtà oggetto di analisi. Per un’efficace azione in questo campo è di grande importanza, tuttavia, non solo la conoscenza delle caratteristiche strutturali dei nuclei familiari, ma anche quella delle trasformazioni demografiche che spiegano le variazioni della composizione e i volumi dei consumi. La relazione fra variazioni dei consumi e dinamica demografica è infatti molto stretta: il volume e la composizione qualitativa e quantitativa dei consumi si modificano al variare dell’ammontare e della struttura per età della popolazione, della sua distribuzione territoriale, del numero e della composizione delle famiglie.

La conoscenza del numero di giovani presenti nella famiglia consente di capire che una porzione di reddito sarà impiegata nel lasso generazionale per l’assistenza e la protezione dei bambini, per poi passare al sostenimento delle spese di istruzione obbligatoria ed eventualmente per l’istruzione superiore ed universitaria. Di interesse è anche la conoscenza di particolari situazioni di inabilità, handicap o non autosufficienza di qualche membro familiare che vanno a pesare sul bilancio familiare soprattutto laddove il sostegno dello Stato attraverso gli organi competenti non è adeguato. Si verifica molto spesso che le spese per l’assistenza e la cura di tali soggetti gravano sulla famiglia, rendendo limitata la possibilità di lavoro di alcuni membri ed abbassando così le risorse di cui può disporre in condizioni normali.

2.5.2 Le caratteristiche del decisore d’acquisto

Essendo l’intervista rivolta al decisore d’acquisto, intendendo con esso il soggetto dotato della funzione di scelta degli acquisti da effettuare ed implicitamente anche incaricato dell’acquisto materiale dei prodotti, una domanda in apparenza di routine qual è la richiesta dell’età dell’acquirente, nasconde in sé la possibilità di stabilire il profilo della famiglia. Se infatti il decisore d’acquisto è una persona anziana, magari autosufficiente e con una composizione familiare estremamente ridotta, la probabilità che la stessa rivolga la sua domanda verso gli esercizi commerciali di prossimità vicino alla propria abitazione sarà maggiore rispetto ad una famiglia giovane, in cui il decisore ha maggiori possibilità motorie o dispone di vari mezzi di trasporto. Come è ovvio precisare, nulla vieta che una persona anziana possa farsi accompagnare da un conoscente anche in negozi lontani dal proprio domicilio.

La conoscenza delle caratteristiche del decisore può permettere di delineare il suo possibile comportamento se è opportunamente associato il suo reddito: oltre all’età, il questionario ha richiesto la condizione professionale del decisore e il titolo di studio, ritenendo che la cultura che lo contraddistingue sia un fattore di rilievo. Si ipotizza che una maggiore cultura ed istruzione possa comportare, oltre ad una qualifica professionale più redditizia, anche una propensione nel decisore all’acquisto di prodotti di qualità superiore. A giustificazione di tale intuizione è da considerare che un consumatore con una energica consapevolezza degli attributi di prodotto è maggiormente predisposto a valutare attentamente le alternative

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proposte dalla concorrenza prima di procedere all’acquisto. Se il decisore è attualmente privo di occupazione, la sua scelta sarà mirata al contenimento della spesa per non far gravare la situazione sul bilancio familiare. 2.5.3 I generi alimentari

Nel questionario vengono successivamente poste numerose domande relative ai generi alimentari. Per generi alimentari è necessario innanzitutto precisare che si intendono tutti i prodotti freschi (pane, latte, verdura e frutta, carne e pesce) e i prodotti a lunga conservazione (in scatola, surgelati, conservati, congelati, ecc., come olio, biscotti, pasta, vino).

La prima variabile determinata riguarda la conoscenza del soggetto incaricato degli acquisti di generi alimentari. Non fa differenza se è la donna o l’uomo di casa a mettere in atto l’acquisto, quanto se agli acquisti alimentari provvedono i figli o un aiuto esterno alla famiglia. La nostra analisi si è soffermata su questa risposta, debitamente correlata con la struttura familiare intervistata, ad esempio, una famiglia composta da soli anziani, per capire i motivi che spingono il decisore d’acquisto a demandare a terzi soggetti l’incarico di acquistare materialmente i prodotti di interesse. Si possono configurare due ipotesi: la prima prevede che il decisore non possieda le capacità motorie ed i mezzi di trasporto adeguati per provvedere personalmente alla spesa, sia per le difficoltà di accesso viario, sia per l’eccessiva distanza delle strutture commerciali; la seconda ipotesi è che il soggetto intervistato, pur possedendo le opportune capacità motorie richieste, ritenga più semplice conferire l’incarico ai propri figli, giacché residenti in zone con una più viva presenza di strutture commerciali. Ai fini del questionario la rilevanza delle risposte in merito al fatto che siano la donna, l’uomo o entrambi congiuntamente ad occuparsi degli acquisti ha un interesse di poco conto. Ciò su cui preme porre l’attenzione è che dall’intreccio tra le variabili di tutto il questionario sia possibile tracciare una linea ragionata di demarcazione tra le tipologie familiari ed i loro comportamenti d’acquisto.

L’attenzione poi si focalizza nel conoscere se il consumatore tende ad acquistare tutti i generi alimentari (freschi e a lunga conservazione) presso lo stesso punto vendita o perlomeno nello stesso tipo di punto vendita oppure se predilige un negozio diverso. Oltre a queste considerazioni, sono poste delle domande pertinenti la distanza del punto vendita prescelto dall’abitazione del decisore, nonché la frequenza degli acquisti per ogni tipologia di prodotto fresco e a lunga conservazione.

Lo studio delle correlazioni tra le variabili in gioco mira a collocare il comportamento del consumatore in relazione alle strutture commerciali proposte nel mercato odierno, per tracciare una possibile previsione per il futuro. Se si ipotizza che il cliente preferisca in maggioranza recarsi presso un unico ipermercato per poter scegliere tra un vastissimo assortimento della linea fresco (per praticità, dato che non dovrà più recarsi in una pluralità di punti vendita, ma in un unico esercizio per soddisfare tutta la sua domanda), allora l’analisi della distanza percorsa e della frequenza degli acquisti passano in secondo piano. Difatti, per merito di altre domande successive nel questionario che pongono il decisore nella capacità di stabilire il suo grado di soddisfazione per il livello di

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2. Metodologia e tecnica della ricerca sui consumi 57 sviluppo della struttura commerciale nella zona di residenza, è possibile intuire quelli che saranno gli sviluppi futuri più convenienti per la soddisfazione del cliente, come l’implementazione di strutture (di grandi dimensioni) più prossime ai centri residenziali più abitati. Per contro, se il consumatore preferisce compiere i propri acquisti negli esercizi commerciali di prossimità tradizionali, perché è alla ricerca della qualità percepita di più alto rango.

Almeno in prima approssimazione, senza valutare i dati effettivamente ottenuti dalle interviste, il senso comune suggerisce che, per effetto della frequenza con cui presumibilmente i consumatori si presentano sul mercato per l’acquisto di prodotti alimentari, la maggior parte degli intervistati abbia optato per i negozi che comunque si situano poco lontani dalla loro abitazione.

Per i prodotti alimentari a lunga conservazione la situazione configurabile è ben diversa poiché, a causa della loro non immediata deperibilità, gli utenti avranno la facoltà di effettuare l’acquisto in quantità superiori da detenere eventualmente come scorta, beneficiando degli sconti solitamente offerti dalle grandi strutture distributive.

La convenienza in termini di prezzo può più che compensare il differenziale di costo dovuto ai maggiori costi di trasporto per recarsi verso tali esercizi. Le grosse strutture infatti stabiliscono solitamente margini estremamente ridotti sui prodotti venduti, assicurandosi tuttavia una buona redditività grazie ad una più alta rotazione dei prodotti, ossia tramite l’allargamento periferico del mercato ad una vasta dimensione di utenza.

2.5.4 I generi non alimentare

La categoria “generi non alimentari” si suddivide tipicamente in due grosse sottocategorie: generi non alimentari generici e generi non alimentari durevoli. Con i primi si designano i prodotti di abbigliamento, le calzature, gli accessori per la casa e la persona (asciugamani, piatti, pentole, posate, ecc.), mentre con i secondi si indicano i prodotti non alimentari in grado di offrire una utilità ripetuta nel tempo, ossia con una durata pluriennale di medio-lungo termine, come mobili ed accessori d’arredamento, elettrodomestici, apparecchi elettrici ed elettronici (stereo hi-fi, telefoni cellulari, videoregistratori, videocamere, televisori, autoradio, ecc.). Il genere non alimentare generico. La prima domanda posta in questo ambito mira a comprendere se l’acquisto dei prodotti di questo tipo trova fondamento sulla routine dell’acquisto oppure se la decisione viene discussa in ogni occasione in cui è necessario provvedere all’acquisto dei beni. Il motivo di una simile domanda è quello di produrre una ripartizione diretta tra coloro che standardizzano i propri acquisti del ramo e coloro che prediligono di volta in volta valutare tutte le variabili del marketing mix prima di recarsi presso il punto vendita. Attraverso l’inquadramento primario è infatti possibile dividere i consumatori in due categorie: la prima considera i soggetti che presumibilmente hanno una più scarsa conoscenza del prodotto ed affidano la propria scelta alla qualità e garanzia fornita dal punto vendita, mentre la seconda si compone di quei soggetti più attenti alle varie offerte presenti sul mercato, disposti a sostenere dei costi di ricerca delle alternative valide e di transazione pur di individuare gli esercizi commerciali con

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rapporto qualità/prezzo ottimale per ogni specifico prodotto, non disposti a divenire fidelizzati in relazione ad una transazione positiva verificatasi nell’excursus del cliente, pur di beneficiare della massima libertà in ogni transazione autonoma. L’importanza di stabilire l’identità dell’acquirente materiale dei prodotti del settore è in questo caso scarsa, poiché proprio per il fatto di racchiudere i prodotti più disparati e con caratteristiche sostanzialmente diverse, non esiste una risposta univoca. Basti pensare all’abbigliamento ed alle calzature: è piuttosto difficile credere che sia dato incarico ad un terzo soggetto di occuparsi dell’acquisto senza la presenza di colui che utilizzerà successivamente il capo acquistato, sia perché solitamente è necessario provarne la vestibilità, sia per il giudizio soggettivo che questi può dare.

Le domande successive vengono riproposte per le due branche in cui si suddi-vide il questionario per il genere non alimentare generico: il ramo abbigliamento ed il ramo accessori per la casa. Le variabili sottolineate riprendono in sostanza la stessa struttura delle specificazioni riguardanti il genere alimentare. Viene richiesto in che tipo di esercizio commerciale si acquistano in prevalenza i prodotti di abbigliamento e le calzature, se nello stesso tipo di negozio o addirittura nello stesso negozio, la distanza dalla propria abitazione di questo, nonché la frequenza degli acquisti, considerando una gamma di alternative più consona al settore merceologico (da una volta al mese ad una volta all’anno). Infine, come di consueto, è interpellato l’intervistato sul livello di spesa mensile per i prodotti citati. Formalmente uguale è il questionario relativo agli accessori per la casa, con l’unica precisazione che il livello di spesa per questi prodotti è mediamente più esiguo, per cui la variabile dicotomica “spesa” parte da 100 euro, a differenza della precedente calibrata a 150 euro.

Questa sezione dell’intervista è finalizzata a stabilire se sussiste un nesso nell’acquisto di calzature ed abbigliamento, nella misura in cui i clienti si presentano nello stesso negozio o in negozi attigui nell’ambito della stessa struttura commerciale (centro commerciale), per valutare se il consumatore cerca di ottimizzare il proprio tempo per l’acquisto, oppure, si informa ad altri criteri, quali qualità, prezzo, convenienza, assortimento, garanzia, e preferisce quindi acquistare i prodotti separatamente. Considerazioni del tutto analoghe possono essere fatte in merito al fabbisogno di accessori per la casa. Il genere non alimentare durevole. I generi non alimentari durevoli soddisfano i bisogni secondari e in conseguenza di ciò i beni interessati sono definiti voluttuari. A rigor di logica, infatti, gran parte degli articoli d’arredamento, degli elettrodomestici e degli apparecchi elettronici non è indispensabile per la sopravvivenza dell’individuo, ma contribuisce al benessere della famiglia. A tale proposito ricordiamo che è in atto un aumento del numero di famiglie che possiedono beni durevoli dell’ultima generazione (PC, telefono cellulare, ecc.), mentre ormai si è giunti a saturazione riguardo ad elettrodomestici come lavatrice, frigorifero e televisore.

Una considerazione che completa il quadro delineato è riferita alla variazione negli ultimi cinque anni della spesa media effettiva sostenuta dalle famiglie per l’acquisto di beni durevoli associati ai recenti sviluppi tecnologici ed ai mutati comportamenti sociali e di consumo. In alcuni casi le innovazioni tecnologiche

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2. Metodologia e tecnica della ricerca sui consumi 59 hanno tracciato un target di consumatori più esigenti che ha influito sull’aumento dei prezzi. In altri casi, per contro, i ritrovati della tecnica hanno determinato una riduzione dei prezzi, a beneficio innanzitutto delle classi con una minore dotazione di reddito spendibile.

La prima categoria di beni voluttuari è costituita dagli accessori d’arredamento e dai mobili: anche se una parte di questi acquisti è da considerarsi necessaria per la vita (il letto ed un tavolo), la parte più preponderante della spesa è sostenuta per fini di ornamento e di status symbol (divani, tappeti, lampadari d altro), ricadendo quindi nella sfera del non necessario.

Le domande poste agli interlocutori sono le stesse delle categorie precedenti, anche se la domanda relativa alla spesa annua per mobilia ha come linea di demarcazione dicotomica principale i 3.000 euro. Le medesime considerazioni sono valide altresì per gli elettrodomestici e gli apparecchi elettronici in genere. 2.5.5 I fattori che influenzano le decisioni d’acquisto

La questione è strutturata considerando una serie di fattori multipli che da un lato potrebbero modificare il modo di fare acquisti delle famiglie e dall’altro specificano il livello di soddisfazione raggiunto in relazione ai servizi commerciali offerti nella zona di residenza.

La prima variabile si propone di valutare l’impatto prodotto nel caso in cui i negozi prolungassero l’orario di apertura al pubblico di un’ora. Ciò che si vuole stabilire è verificare se ci sarebbero cambiamenti nel modo di fare acquisti in conseguenza del nuovo orario. Se i rispondenti sono convinti di non modificare nella sostanza il proprio comportamento, allora la situazione attuale si potrebbe ritenere soddisfacente; al contrario, se si avverte l’esigenza di rettifica, ne consegue che la struttura distributiva non è del tutto adeguata alla domanda del mercato. Viene anche chiesto verso quali zone il decisore andrebbe a fare shopping nell’orario prolungato ed in che tipologia di esercizio. Secondo logica gli intervistati dovrebbero ripartirsi tra le tre opzioni di risposta (dintorni della propria abitazione, centro e zone periferiche) se è vero che il consumatore si muove nell’ottica del miglior rapporto qualità/prezzo e della gamma dei servizi offerti.

Una considerazione piuttosto corretta è di pensare al prolungamento dell’orario di apertura pomeridiano come ad una opzione in più per i lavoratori dipendenti, che avranno così la possibilità di raggiungere gli esercizi commerciali più lontani dopo l’orario di lavoro. Questa condizione sarebbe ancora più importante per i lavoratori single che non hanno altrimenti la possibilità di delegare l’acquisto ad altri membri della famiglia e che devono necessariamente far ricorso agli esercizi più prossimi, anche se meno convenienti.

Una seconda variabile è configurata ponendo l’accento sulla questione dell’ubicazione degli esercizi commerciali di grandi dimensioni, fornendo tre opzioni (centro città, cintura urbana e comuni extraurbani). Anche in tale fattispecie la logica consiglierebbe di ottenere la stessa ripartizione uniformemente tra le opzioni, dato che in teoria ciascun decisore opterà per la zona più prossima alla propria abitazione o comunque per la via d’accesso più scorrevole.

Si passa poi all’analisi di due sottovariabili qualitative sul livello di soddisfazione dei servizi commerciali esistenti nella zona di residenza, ad indicare se la struttura

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presente è adeguata alle esigenze dei consumatori. Se l’uniformità di giudizio è di insoddisfazione della rete distributiva diventa necessario valutare più nello specifico quali sono le ragioni dell’insoddisfazione stessa e ridefinire la struttura altrimenti.

Una parte del questionario è poi riservata a coloro che effettuano acquisti fuori regione, sia perché residenti nelle zone di confine interregionali, quindi più comodi, sia per una maggiore convenienza economica.

Nell’indagine si considera inoltre una variabile per certi aspetti sintomatica dell’elasticità della domanda rispetto al prezzo: trattando il tema degli sconti e delle vendite promozionali si cerca di desumere il livello di attenzione dei consumatori con diverse situazioni economiche, sociali e culturali rispetto alle occasioni proposte dall’offerta.

La variabile in questione è collegata al reddito del decisore attraverso un doppio legame: per i beni primari solitamente gli sconti hanno un influsso non evidente, sia che il decisore disponga di un reddito elevato che ridotto; per i beni secondari la situazione è ben differente, dato che i soggetti facoltosi sono comunque disposti a pagare l’intero importo pattuito, mentre i meno abbienti potranno permettersi l’acquisto di beni durevoli ad un prezzo più basso, eventualmente attendendo che il prodotto abbia cessato gli influssi dell’effetto moda.

Proprio come conseguenza diretta della variabile testé analizzata, viene richiesto al consumatore se questi si reca presso gli outlet per acquisti, ossia nei punti vendita in cui vengono esposti prodotti non alimentari di campionario o di marca delle collezioni precedenti a prezzi inferiori. Tenendo presente l’influsso della variabile reddito, a frequentare questi esercizi commerciali dovrebbero essere in primo luogo i soggetti che dispongono di bassi redditi. La ragione è semplice: coloro che dispongono di un reddito elevato difficilmente acquistano prodotti già maturi e non di tendenza. 2.5.6 Il reddito

Il reddito è il primo tra gli indicatori utilizzati nell’analisi dei consumi in quanto rappresenta il principale rivelatore correlato al livello di consumo di una famiglia. E’ ovvio ritenere che un aumento del reddito di una famiglia produca una crescita anche del livello di consumo; tuttavia, la relazione sottostante non appare nella realtà essere di tipo lineare, ma concava, dato che un aumento del reddito oltre una certa soglia produce un incremento dei consumi meno che proporzionale, poiché una quota consistente della ricchezza viene accumulata sotto forma di risparmio. Una prima impressione che la logica suggerisce è che, entro certi limiti, i decisori d’acquisto con redditi elevati preferiscono acquistare dei prodotti di qualità superiore presso negozi specializzati, con un’offerta di servizi più estesa, ignorando, almeno in parte, eventuali sconti proposti dai venditori pur di ricavare il prodotto cui sono interessati, anche con una ricerca affannosa delle specifiche richieste.

Il decisore che al contrario dispone di un reddito più ridotto, con maggior probabilità sarà più attento ai prezzi dei prodotti e sfrutterà eventualmente gli sconti offerti. Poiché il bilancio familiare non permette un consumo eccessivo, il decisore sarà maggiormente orientato ad acquistare i beni primari, limitando invece quei

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2. Metodologia e tecnica della ricerca sui consumi 61 consumi attinenti alla sfera del benessere della persona. Per questa ragione i decisori con possibilità di reddito saranno maggiormente incentivati ad optare per l’acquisto di prodotti di qualità scarsa, ma con un prezzo decisamente accessibile, rinunciando sovente a frequentare i negozi specializzati con le ultime novità di mercato, nonché ad una serie di servizi connessi all’acquisto quali l’assistenza tecnica durante l’acquisto ed il post-acquisto, a totale beneficio del contenimento del prezzo. Sarà molto più probabile per questa classe di consumatori la frequentazione di hard discount o di supermercati con un’offerta di prodotti non di marca o secondari che cercano affermazione nel mercato grazie ai prezzi fortemente contenuti.

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In questo capitolo presentiamo gli stili di consumo delle famiglie venete come sono emersi dall’indagine campionaria sui consumi svolta dal Dipartimento di Scienze Statistiche dell’Università di Padova. Con riferimento agli acquisti di generi alimentari, generi non alimentari durevoli generici e generi non alimentari durevoli mostriamo i risultati delle elaborazioni riferiti ai punti vendita, alle distanze percorse, alle frequenze d’acquisto ed alla spesa media settimanale o mensile. Quindi, discutiamo sui fattori che influenzano le decisioni d’acquisto (prolungamento orario dei negozi, ubicazioni dei punti vendita, soddisfazione del consumatore, ecc.) e sul reddito delle famiglie intervistate. Al fine di tenere conto delle � ���� ��� ������������� ���� �������������� ��� ��������� ���������� ����������� previste dalla Legge Regionale 13 Agosto 2004 n. 15, i risultati dell’indagine sui consumi vengono presentati suddivisi per provincia e in accordo alle seguenti aree commerciali: �Area n. 1 Belluno – Feltre Area n. 2 Cortina - Pieve di Cadore Area n. 3 Treviso – Castelfranco Area n. 4 Conegliano - Oderzo – Montebelluna Area n. 5 Vittorio Veneto Area n. 6 Padova Area n. 7 Este – Monselice Area n. 8 Cittadella – Camposampiero Area n. 9 Venezia Area n. 10 S. Donà – Portogruaro Area n. 11 Chioggia Area n. 12 Rovigo - Badia Polesine - Adria Area n. 13 Verona Area n. 14 Area Baldo – Garda Area n. 15 Legnago - S. Bonifacio Area n. 16 Vicenza Area n. 17 Asiago - Bassano – Tiene Area n. 18 Arzignano – Schio – Valdagno

Le famiglie del campione alle quali viene fatto riferimento nelle elaborazioni dei risultati sono circa il 70% delle 2600 previste, mentre il restante 30% non ha collaborato.

Per meglio inquadrare l’indagine nel contesto della Regione Veneto, si descrivono nei paragrafi 3.2 e 3.3 la rete commerciale veneta documentata dall’Osservatorio Regionale per il Commercio, i dati di Contabilità Nazionale e i risultati sui consumi aggregati a livello regionale dell’indagine ISTAT.

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Dai risultati relativi al monitoraggio degli esercizi di vendita condotto dalla Regione Veneto, risulta che alla data di giugno 2000 sono presenti su tutto il territorio regionale 65.507 esercizi commerciali, distinti in tre tipologie:

• esercizi di vicinato (58.383): hanno superficie di vendita non superiori a 150 mq. in comuni con meno di 10.000 abitanti e a 250 mq. in quelli con più di 10.000 abitanti;

• medie strutture (6.867): hanno superficie compresa tra 150 e 1.500 mq. nei comuni con meno di 10.000 abitanti e fra 250 e 2.500 mq. in quelli con più di 10.000 abitanti;

• grandi strutture di vendita (2.579): hanno superficie superiore alle medie strutture.

Accostando questi dati alla relativa superficie di vendita, che complessivamente

è di 7,8 milioni di mq, nota come gli esercizi di vicinato costituiscano l’89,1% del totale degli esercizi, occupando una superficie pari al 45,8% della superficie totale; le medie strutture sono il 10,5%, per una superficie del 40,2%; infine, le grandi strutture sono lo 0,4%, per una superficie pari a ben il 14%.

Nel Veneto si registra un rapporto pari a 11,1 esercizi per mille abitanti, che assume valori più bassi laddove, a causa delle grosse concentrazioni urbane, sono presenti formule distributive moderne di più ampie dimensioni. ������������������ ��� �����!�"������ �� ������� �������������#� �# ����������!�����$������%%��&'���%%%���������(��� �������� )������� ��!���� *���"�� � ������ +��� ��� +� ���� +���� �� �������,�� �� ���� 2.499 8.722 2.924 7.634 12.094 8.442 7.915 -%���%�.�������� 211.057 853.357 243.292 793.559 815.244 829.501 794.843 /�-/%�0-��������$� 11,840 10,221 12,018 9,620 14,835 10,177 9,958 ��1%2��

Alla fine del 2000 si è registrato un consistente saldo attivo degli esercizi commerciali, mentre, negli anni precedenti, il settore è stato in ristagno o addirittura in regresso.

L’inversione di tendenza del trend negativo era d’altronde già stata registrata negli ultimi mesi del 1999, quando la riforma sul commercio aveva appena iniziato a dispiegare i suoi effetti.

��In questo caso sono individuati i soli esercizi che svolgono attività prevalente od esclusiva di commercio al dettaglio in sede fissa, localizzati nella sede dell’impresa o in unità locali. Non sono state invece prese in considerazione nel computo dal Sistema informativo le attività secondarie di commercio al dettaglio, in quanto non risulta disponibile il relativo dato per singola provincia. A livello del Veneto la densità media, considerando i 13.419 esercizi secondari, si attesta invece a circa 14 esercizi ogni 1.000 abitanti, contro i 15 di media nazionale.

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*gli esercizi considerati svolgono l’attività di commercio al dettaglio in sede fissa ��������������� ���� ����� ������

Degli esercizi non specializzati presenti nel territorio veneto si esaminano quelli che svolgono attività prevalente o esclusiva di commercio al dettaglio in sede fissa, distinti secondo la specializzazione dichiarata. Occorre precisare che la nuova normativa ha eliminato le tabelle merceologiche attraverso le quali si individuava la specializzazione, riducendo l’esercizio dell’attività a due soli settori, alimentare e non alimentare. Pertanto, la specializzazione merceologica viene desunta dal codice attribuito al momento della denuncia di iscrizione al Registro delle Imprese (relativo al tipo di attività prevalente dichiarata). Tale dichiarazione non esclude che, nel corso dell’esercizio dell’attività stessa, possa essere aggiunta o eliminata la commercializzazione di altri prodotti nell’ambito del settore di riferimento. La configurazione mrceologica riprodotta fa riferimento, quindi, al momento iniziale dell’esercizio e non necessariamente al momento dell’indagine.

Dall’esame della distribuzione per specializzazione merceologica, risulta particolarmente elevata la frequenza delle categorie generiche, come i despecializzati a prevalenza alimentare (4.431, pari all’8,8% del totale) o gli specializzati non alimentari (8.790, pari al 17,5%), degli esercizi di abbigliamento e accessori (8.170, pari al 16,3%) , dei mobili (6,5%) e, tra gli alimentari, delle carni (2.156, il 4,3%). Il rapporto esistente, in termini di numero di esercizi, fra i settori alimentare e non alimentare è pari rispettivamente al 18,5% e all’81,5%, escludendo i carburanti e i negozi dei quali non si conosce il settore di appartenenza.��

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67

Sembra, dunque, permanere la tendenza al ridimensionamento dell’alimentare, almeno in termini di numero di esercizi attivi, dovuta principalmente all’affermazione delle grandi superfici alimentari. Infatti, il dato contrasta in misura ragguardevole rispetto alla media italiana, la quale invece si aggira su percentuali rispettivamente prossime al 20,7% e 79,3%. Non appena l’analisi potrà essere spostata sulle dimensioni di superficie, piuttosto che sulle unità di vendita, si potrà conoscere l’esatto rapporto esistente tra settori. Nel corso del 2000 in Veneto si sono registrate 3.640 nuove aperture per un complesso di 355.461 mq di superficie di vendita, con una superficie media pertanto di 97,65 mq ciascuno.

Analizzando i nuovi esercizi secondo la tipologia amministrativa introdotta dal Decreto Legislativo 114/98 si può riscontrare che la quasi totalità degli esercizi appartiene alla categoria del vicinato (con superficie di vendita fino a 250 mq nei comuni con oltre 10.000 abitanti e fino a 150 mq nei comuni al di sotto di tale soglia); solo il 2,25% alle medie strutture (250-2.500 mq di superficie di vendita ovvero 150-1.500 mq) e meno dello 0,1% alle grandi strutture di vendita (oltre i 2.500 mq e 1.500 mq rispettivamente). �������������� ������������������������������ ��������� �������������������������������������������������������������������������� !"��

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vendita Esercizi Mq

vendita Esercizi Mq

vendita

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%���&�� 264 20.506 10 5.756 0 0 274 26.262

����� �� 638 41.793 46 25.270 2 3.160 686 70.223

�������� 915 60.655 12 11.605 0 0 927 72.260

������� 632 92.477 1 300 1 2.734 634 95.511

�������� 250 18.443 2 630 0 0 252 19.073

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�In termini di superficie di vendita l’85,1% compete agli esercizi di vicinato, il

13,3% alle medie strutture e l’1,7% alle grandi. La prevalenza dei negozi del vicinato è connessa con la liberalizzazione che è stata introdotta per tali esercizi, a partire dall’aprile 1999. Le altre tipologie di esercizi, soggette ad autorizzazione comunale, stentano ad emergere e probabilmente hanno un peso ridotto in quanto l’esame delle domande e le relative concessioni di autorizzazione hanno subito nel corso del 2000 dei rallentamenti in seguito ai ritardi negli adempimenti regionali di programmazione commerciale, la cui realizzazione era indispensabile per l’avvio delle nuove procedure. L’analisi della nati-mortalità degli esercizi commerciali è effettuata sulla base dei dati relativi alle iscrizioni e cancellazioni delle imprese di commercio al dettaglio fisso, registrate negli archivi dei registri imprese delle Camere di Commercio provinciali nel corso dell’anno 2000, suddivise in sedi e

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unità locali� e fornite da Infocamere. A differenza delle informazioni sulle aperture precedentemente esaminate, prodotte dall’Osservatorio Regionale sul Commercio, tali dati comprendono anche le sedi di impresa non operative e sono riferiti soltanto all’attività di commercio prevalente.

Poiché dai registri si ricava il numero delle cessazioni degli esercizi, dal saldo iscritti-cancellati si può ottenere una stima della crescita, stasi o regressione dell’apparato distributivo.

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Unità locali Totale

Belluno 101 96 197 131 86 217 -20

Padova 442 403 845 520 299 819 26

Rovigo 131 116 247 139 100 239 8

Treviso 385 341 726 396 250 646 80

Venezia 548 585 1.133 557 440 997 136

Verona 396 260 656 427 201 628 28

Vicenza 338 269 607 401 191 592 15

TOTALE 2.341 2.070 4.411 2.571 1.567 4.138 273 �

Nel 2000 viene confermata l’inversione di tendenza già osservata nel 1999 rispetto all’andamento mostrato dall’apparato distributivo nei decenni precedenti (progressivo assottigliamento del numero delle imprese in relazione alla fuoriuscita di quelle marginali, dell’adattamento ai nuovi modelli di consumo e della riorganizzazione delle forme distributive): nel Veneto si registrano 4.411 iscrizioni e 4.138 cancellazioni che generano un saldo positivo di 273 nuove aperture. In linea con l’andamento del 1999 si incrementano le �����������, mentre decrescono le ����� ��� ������. L’osservazione dell’offerta commerciale risulterebbe di certo molto più significativa se effettuata in termini di superficie di vendita piuttosto che come numero di punti vendita; tuttavia, al momento non è interamente disponibile il dato relativo alla superficie di vendita. L’analisi della natura giuridica (Tabella 3.7) degli esercizi sia in Veneto sia in l’Italia fa registrare una notevole consistenza degli esercizi commerciali a gestione familiare (imprese individuali e società di persone), in cui è molto importante il ruolo assunto dal titolare nella conduzione dell’impresa.

�� Le sedi di impresa sono costituite per circa l’85% da ditte individuali e da società di persone, che presumibilmente esercitano l’attività nella stessa sede e per il 15% circa da società di capitali, che più facilmente esercitano l’attività in una sede diversa. Le unità locali, che possono dipendere da qualsivoglia forma societaria, sono attribuite alla provincia in cui sono collocate, anche se la sede sociale si trova in una diversa provincia.

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N. 554.659 205.401 90.038 7.929 858.027

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A livello nazionale predominano imprese a base familiare (l’88,6%), mentre a

livello regionale, pur confermandone la supremazia numerica, più frequente è la costituzione di società di capitali per la gestione dell’attività commerciale, per effetto dell’ingente necessità di risorse finanziarie atte a creare le moderne catene distributive organizzate di medio-grande dimensione. ����2���� ����������5���&����������� ������"�������� ���#���$������������

Nel corso dei sei anni che vanno dal 1995 al 2000 i ������ )������ ������� del Veneto, espressi in milioni di euro con base 1995, sono passati da 59.670 a 67.824, con un aumento reale di circa il 13,7%. In particolare, l’aumento maggiore si è avuto nel 2000, dove, rispetto al 1999, l’incremento dei consumi si è attestato intorno al 3,8%. L’aumento progressivo delle spese e le modifiche marcate e graduali della composizione dei bilanci familiari a vantaggio soprattutto dei consumi con una elasticità elevata rispetto al reddito (consumi di tipo non alimentare) riflettono il miglioramento verificatosi nelle condizioni di vita della popolazione e le alterazioni nelle abitudini di spesa.

Il PIL veneto negli anni analizzati è passato da 83.952 a 93.782 milioni di euro 1995, con una crescita reale dell’11,8%, maggiore rispetto al corrispettivo dato nazionale di circa due punti percentuali. La spesa per ������)������������)������ è nel 2000 l’80,8% dei consumi finali interni ed il 58,4% del PIL veneto, valore al di sotto del relativo dato nazionale (61,4%). La motivazione di questo dato è fornita dal fatto che, mentre i consumi finali interni regionali rappresentavano circa l’8,5% di quelli nazionali, il PIL veneto nel 2000 costituiva il 9,3% del PIL nazionale. Dunque, il rapporto consumi finali interni su PIL era minore in Veneto non per consumi inferiori, bensì per una produzione nettamente superiore. Tra l’altro, dall’osservazione dell’evoluzione del rapporto tra consumi finali delle famiglie e, rispettivamente, consumi interni e PIL, si nota una divergenza in corrispondenza del 1997 dove, mentre il primo indice riprende a crescere dopo la battuta d’arresto del 1996, il secondo continua a diminuire. Ciò deriva al fatto che in tale anno si è verificato un elevamento del PIL maggiore rispetto a quello dei consumi interni, rispettivamente del 3,65% contro un 2,4%, che ha causato una diminuzione del

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rapporto consumi delle famiglie e PIL. Nello stesso anno in Italia questo fenomeno non è accaduto, in quanto la crescita del PIL era risultata inferiore rispetto a quella dei consumi finali interni, avviando con un anno di anticipo rispetto al Veneto il trend positivo di crescita del rapporto negli anni successivi.

Dal confronto tra la composizione dei consumi finali interni del Veneto e quella dell’Italia si nota come, nel 2000, il peso dei consumi finali delle famiglie nel Veneto sia superiore rispetto a quello nazionale (80,8% contro il 77,8%), e questo accade a detrimento del contributo dato dalla spesa per consumi finali delle Pubbliche Amministrazioni (18,5% in Veneto contro il 21,6% italiano). Il contributo della spesa delle Istituzioni sociali private è invece molto simile alla media italiana (0,7%). Scomponendo la voce della spesa delle famiglie in beni durevoli, non durevoli e servizi, si può osservare che i secondi hanno un peso relativo all’interno della categoria del 40,2% (rispetto ad un 43,7% nazionale), i beni durevoli pari al 14,1%, valore superiore al relativo dato nazionale (12,2%) e infine i servizi un peso pari al 45,7%, leggermente superiore anche in questo caso al dato relativo all’Italia (pari al 44,1%), come si desume dalla Tabella 3.8.

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Sulla base dei dati dell’indagine Istat sui consumi delle famiglie italiane (ISTAT, 2001), la famiglia veneta nel 2001 ha speso 2.698 euro al mese, un ammontare superiore del 7,3% del dato 2000. In termini reali, la spesa media ha registrato, considerato l’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività, tra il 2000 e il 2001 è stato pari a 2,7%, un incremento del 4,5% tra i due anni citati.

Il dato è comunque in diminuzione rispetto all’aumento registrato nell’anno precedente, pari a 6,8%. Tale tendenza si dimostra assai diversa da quella nazionale (sia nel 2000 che nel 2001 la spesa media mensile è stata pari a 2.178 euro), mentre è assolutamente in linea con quella dimostrata dalle regioni del Nord, in cui la spesa media mensile è stata pari a 2.451 euro, superiore di circa 675 euro a quella delle famiglie residenti nel Mezzogiorno.

Esaminando i valori relativi agli ultimi quattro anni, si può osservare come, a partire dall’anno 1999, si sia manifestata una forte inversione di tendenza: fino a quell’anno il trend era stato negativo, con una diminuzione media annua dell’1,2%,

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mentre nel 2000 si riscontra una forte ripresa. Lo stesso andamento è registrato anche dalla spesa espressa in euro del 1995, che ha registrato fino al 1999 significativi decrementi reali (-3,6% nel 1999 rispetto al 1998), per poi subire nel 2000 un forte incremento reale.

Il 2001 evidenzia nel Veneto una ripartizione diversa, rispetto all’anno precedente, del peso dei beni: emerge un aumento in termini reali dei beni non alimentari, contro una diminuzione dei beni alimentari. L’uscita più rilevante per le famiglie è stata quella per l’abitazione: nel Nord risultano più elevate le spese per l’affitto, il condominio e le forme assicurative. Seguono i trasporti, in cui il Nord mostra ancora livelli di spesa elevati rispetto alle altre ripartizioni territoriali italiane. Non sono da meno la spesa per generi alimentari, per i mobili, elettrodomestici e servizi per la casa, per l’abbigliamento e calzature, per il tempo libero, per i combustibili e per la sanità.

Nella categoria dei consumi alimentari, la spesa maggiore per la famiglia veneta ha riguardato la carne (21,7%) il pane (17,8%) e la frutta/ortaggi (17%). Le voci aumentate maggiormente nel 2000 sono relative a sanità, mobili, elettrodomestici e servizi per la casa, abbigliamento e calzature e istruzione. Considerando l’andamento delle variazioni percentuali dal 1997 al 2000, si nota come per alcune voci del comparto dei consumi non alimentari ci sia stata una vera e propria inversione di tendenza. Ad esempio: per “abbigliamento e calzature” si è passati da una variazione del –13,9% del 1999 sul 1998 ad un aumento del 18,4% del 2000 sul 1999; stessa situazione per “mobili ed elettrodomestici”, passati da –7,2% a +25,3% (Istat, 2001). Da ciò si evince come stia cambiando lo stile di vita della famiglia veneta, ma anche quanto incremento si sia verificato nel costo della vita per mantenere il livello stesso.

Nel 2000 la spesa media mensile delle famiglie venete è stata di 2.513,95 euro (a fronte di 2.177,81 euro a livello nazionale), con un incremento sul piano nominale del 9,5% rispetto all’anno precedente, incremento più che doppio rispetto al relativo valore nazionale che si attesta invece intorno al 4,3%. Togliendo poi, sulla base dell’indice veneto dei prezzi al consumo per le spese delle famiglie, la parte dell’aumento puramente monetaria, la crescita reale della spesa è pari al 6,8%.

Dai valori degli ultimi quattro anni, in euro correnti, si può osservare come a partire dall’anno 1999 si sia manifestata una forte inversione di tendenza: fino a quel anno il trend era stato negativo, con una diminuzione media annua dell’1,2%, mentre nel 2000 si riscontra una forte ripresa. Lo stesso andamento è registrato anche dalla spesa espressa in euro del 1995, che ha registrato fino al 1999 significativi decrementi reali (-3,6% nel 1999 rispetto al 1998), per poi subire nel 2000 un forte incremento reale. Provando a disaggregare la spesa media mensile nelle sue due componenti principali, risulta evidente come il forte incremento sia dovuto principalmente all’elevata crescita dei consumi non alimentari (+11,1%), sebbene con variazioni significative tra le diverse voci. In particolare, l’aumento più considerevole si osserva per la voce sanità, pari al 34,3%. Questo dato è particolarmente in contrasto rispetto al contesto nazionale in cui, nello stesso anno, la spesa sanitaria aveva subito un calo del 3,2%.

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2000

2100

2200

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Spesa mensile media a prezzi correnti

Spesa mensile media a prezzi 1995

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1000

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2000

2500

3000

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Come per l’Italia, anche le spese per mobili, elettrodomestici e servizi per la

casa sono in continuo aumento, con un valore prossimo al 25,3%. Crescono inoltre anche le spese per abbigliamento e calzature (18,4%), quelle per l’istruzione (18,4%), quelle per i combustibili e l’energia (17,1%) e quelle per altri beni e servizi (13,9%). Il peso relativo della spesa alimentare sulla spesa totale nel Veneto ha un andamento anomalo: questo non diminuisce progressivamente di anno in anno, ma, fino al 1999, presenta un trend leggermente crescente.

Soltanto nel 2000 l’andamento regionale si conforma a quello nazionale, con una diminuzione dei consumi alimentari su quelli totali (il peso nel 2000 risulta infatti pari al 15,9% contro il 17% registrato nel 1999).

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Va precisato che, nonostante fino al 1999 ci sia stato un andamento leggermente crescente, il peso dei consumi alimentari su quelli totali in Veneto era nei quattro anni considerati significativamente inferiore a quello nazionale, a conferma del fatto che il benessere consente di destinare una quota maggiore di reddito all’acquisto di beni sovente non necessari a discapito di quelli alimentari (Grafico 3.3).

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16,80%

17,00%

17,20%

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375

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395

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405

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1997 1998 1999 2000

Italia

Veneto

Nel 2000 la spesa media delle famiglie per alimenti e bevande è risultata di

398,32 euro, di 5,65 euro inferiore rispetto a quella nazionale. Se consideriamo l’andamento che questa ha registrato nei quattro anni che vanno dal 1997 al 2000 possiamo notare come abbia seguito un trend� crescente anche se con tassi di

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crescita differenti. Questi aumenti sono tuttavia quasi completamente nominali: dal calcolo della spesa alimentare in euro del 1995, attraverso l’indice veneto dei prezzi al consumo dei beni alimentari, si possono osservare variazioni reali molto minori (+0,7% nel 2000). Confrontando i consumi alimentari veneti con quelli nazionali, si può osservare che i primi si sono sempre mantenuti al di sotto dei secondi, anche se il divario si è progressivamente assottigliato nel corso degli ultimi anni, passando da una differenza del 3,9% nel 1997 ad una dell’1,4% nel 2000. Infatti, mentre gli incrementi nominali dei valori regionali registrati nel 1998 e nel 1999 sono stati molto contenuti (rispettivamente dello 0,2% e dello 0,67%), nel 2000 si registra invece una crescita più sostenuta, pari al 2,3% (Grafico 3.5), superiore di un punto percentuale a quella nazionale. ��������� ��/� 3�� ����������� ���� 5��������� ���� ����&����� ��� ��� ����� �������� �����!//+6� �(Valori in euro correnti) �������������������� ��������23�(�"��

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Pane e cereali 67,74 66,63 69,75 71,05 +1,86

Carne 85,46 81,49 83,50 86,47 +3,56

Pesce 23,15 24,50 27,87 27,74 -0,48

Latte, formaggi e uova 57,95 60,06 58,38 57,12 -2,21

Oli e grassi 17,23 15,14 15,85 16,53 +4,33

Patate, frutta e ortaggi 66,91 69,57 68,09 67,78 -0,45

Zucchero, caffè e drogheria 30,68 30,22 28,89 31,80 +10,07

Bevande 37,20 39,57 37,46 40,12 +7,10

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Comunicazioni 43,68 42,74 45,08 49,01 +8,71

Istruzione 35,72 27,76 26,56 31,43 +18,36

Tempo libero, cultura e giochi 127,76 119,82 122,82 136,06 +10,78

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Il benessere consolidato presente nella regione è confermato dall’analisi dei beni posseduti dalle famiglie venete, la quale mette in evidenza rispetto alla media nazionale una percentuale superiore di disponibilità di beni quasi per ogni tipologia di prodotto. Gran parte delle famiglie possiede beni largamente diffusi (lavatrice 98,8%, prima autovettura 92%, primo televisore 97,8%) e più del 50% degli intervistati nel sondaggio del Censis è in possesso della lavastoviglie e della seconda autovettura. Superiore alla media nazionale è anche il possesso dei beni meno comuni e di quelli ad alto contenuto tecnologico; il 26,9% delle famiglie venete (oltre il doppio delle famiglie italiane, pari al 13,4%) dispone del condizionatore d’aria, il 39,1% dei veneti possiede un personal computer e il 18,6% di questi ha sottoscritto l’abbonamento ad Internet, contro un 33,25% ed un 16,6% a livello nazionale. Inferiore alla media nazionale, comunque rilevante, è nel Veneto il possesso del secondo televisore (61,8%), del videoregistratore (73,7%), del telefono cellulare (65,6%) e dell’antenna satellitare (8,4%).

Infine, dalle interviste effettuate dal Censis per Findomestic3, emerge che il consumatore veneto è soddisfatto del proprio livello di benessere ed intenzionato a esaltare il proprio status. Per quanto concerne le sue previsioni d’acquisto per il futuro, le percentuali relative alle famiglie venete sono inferiori alla media nazionale. La spiegazione di questa peculiarità è da ricercarsi nella maggiore disponibilità di beni durevoli da parte delle famiglie venete. Partendo da una elevata disponibilità attuale, gli acquisti futuri troveranno un indirizzo nel miglioramento dell’ambiente.

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Ad occuparsi prevalentemente delle spese di generi alimentari sono, nel 65% circa dei casi, le donne di casa; nel 18% dei casi entrambi i coniugi collaborano agli acquisti, mentre solo nel 9% delle famiglie è l’uomo di casa che vi provvede.

La quota di figli4 che effettua la spesa è molto bassa, poiché raramente viene affidata loro questa incombenza; bassa è anche la percentuale rilevata per gli aiuti esterni alla famiglia5. E’ probabile che, nel futuro, i collaboratori familiari prenderanno sempre più piede, soprattutto nelle famiglie costituite da persone anziane. ����5������,�(�:�� �������&������������������

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Tra le diverse province, nonché tra le diverse aree, si riscontrano in alcuni casi profonde differenze nello stile d’acquisto.

Le situazioni estreme si rilevano nella provincia di Belluno, in modo particolare nell’area di Cortina-Pieve di Cadore, dove è elevata la percentuale di famiglie che

4 Per “figli” si intendono i figli che al momento dell’intervista sono parte integrante della famiglia di riferimento. 5 Per “aiuto esterno alla famiglia” si intendono sia aiutanti domestiche come badanti o persone a servizio, sia i figli che, nonostante non vivano più con i genitori, effettuano la spesa per loro conto.

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acquistano in un unico punto vendita, e nella provincia di Venezia in cui, al contrario, la maggior parte dei consumatori acquista in una molteplicità di negozi.

Dai dati raccolti emerge che il 93.5% delle famiglie acquista i generi alimentari presso un supermercato, un ipermercato o un centro commerciale. E’ stato inoltre possibile rilevare che, tra coloro che adottano questo stile di acquisto, il 22.9% frequenta uno stesso tipo di negozio, mentre il 60.6% frequenta abitualmente proprio lo stesso negozio. Dai dati emerge, dunque, la volontà di dedicare agli acquisti solo il tempo strettamente necessario, senza soffermarsi troppo sulla ricerca di altri prodotti in particolari punti vendita.

Il fatto di disporre di un negozio di fiducia consente, come detto, di risparmiare tempo e di garantirsi una certa qualità sul prodotto che si acquista. E’ difficile pensare, soprattutto per quanto riguarda i negozi tradizionali, che un affezionato cliente possa essere mal servito dal suo commerciante di fiducia; allo stesso tempo il cliente, recandovisi con regolarità, può tenere sotto controllo la freschezza dei prodotti.

Le grandi distribuzioni non godono del vantaggio del rapporto diretto cliente-commerciante, ma divengono anch’esse dei punti vendita abituali. Il cliente che conosce l’organizzazione e la disposizione della merce di un grande negozio non perde tempo nel cercare i prodotti che gli servono. Si può osservare come questo stile di consumo sia diffuso prevalentemente nella provincia di Belluno. Mostrano abitudini diverse la provincia di Venezia, per l’evidente condizionamento posto dalla morfologia del territorio, che nelle zone del centro non consente l’apertura di grandi strutture di vendita, e quella di Vicenza. Per quanto concerne le altre province, circa un quarto della popolazione veneta adotta questo comportamento d’acquisto.

Considerando ancora il comportamento delle famiglie che preferiscono acquistare in un unico punto vendita sia i prodotti freschi che a lunga conservazione, si nota come la maggior frequenza si registri per la spesa effettuata 1-2 volte alla settimana. Fa eccezione il pane, in quanto di solito è acquistato quotidianamente. La frequenza dei prodotti a lunga conservazione è nettamente più bassa, in quanto possono venire consumati entro una scadenza protratta nel tempo. Ancora più bassa è la frequenza con cui viene comprato il pesce fresco: nonostante sia consumato principalmente 1-2 volte a settimana, viene acquistato da un buon numero di consumatori addirittura al massimo una volta al mese.

La scelta di acquistare tutti i prodotti in uno stesso punto vendita è probabilmente dettata dal fatto che esso si colloca, nel 30% dei casi, nell’arco di 500 metri dall’abitazione. Non si può tuttavia trascurare l’elevata percentuale (28,8%) di coloro che percorrono oltre tre chilometri per raggiungere il negozio di fiducia. Questo stile d’acquisto potrebbe trovare una giustificazione nel fatto che chi adotta questo comportamento ricerca prodotti di qualità, non accontentandosi dell’offerta commerciale presente nei dintorni della propria abitazione. Per quanto riguarda la distribuzione delle frequenze per le altre distanze, non sembra esserci una precisa regola di comportamento.

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In particolare è il legame di fiducia connesso all’acquisto che rende preponderante il ruolo dei piccoli esercizi di vicinato. In secondo piano si pongono invece i supermercati di quartiere (24,9%) e la vendita a domicilio (7,6%).

Nell’acquistare pane o latte fresco, il 15,4% degli intervistati si reca quasi sempre nello stesso tipo di negozio e il 68,4% addirittura sempre nello stesso negozio, che nel 46,7% dei casi dista meno di 500 metri dall’abitazione.

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La dislocazione dei punti vendita abituali non è particolarmente discriminante:

infatti il 57,5% dei negozi si trova in centro città, mentre il restante 42,5% in zone periferiche.

La provincia che fa maggiormente uso di negozi tradizionali è quella di Venezia (70,3%), mentre Belluno rivela la più alta percentuale nella frequentazione dei supermercati di quartiere (32,1%). Verona si distingue invece per la discreta rilevanza delle vendite a domicilio (14,1%).

Studiando le frequenze relative alla distanza percorsa per raggiungere il punto vendita di fiducia per l’acquisto del pane, si nota che i punti vendita tradizionali sono collocati prevalentemente nell’arco di 500 metri, o al massimo un chilometro, dall’abitazione. Una situazione analoga si riscontra per coloro che frequentano i supermercati: anche in questo caso vengono scelti quelli più vicini alla abitazione. Per i restanti punti vendita è difficile individuare una regola di comportamento, a causa delle frequenze poco significative.

Dall’analisi della distribuzione per aree è possibile notare come per Belluno-Feltre e Cortina-Pieve di Cadore la distanza percorsa sia più elevata rispetto alle altre aree. E’ che tale situazione sia dovuta alla morfologia del territorio ed a una distribuzione dei punti vendita poco efficiente. �����

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Azienda agricola

Autoproduzione/negozio di proprietà

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Agriturismo

Cooperativa

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FRUTTA E VERDURA: nel caso di frutta e verdura il quadro complessivo appare differente: sono i supermercati di quartiere ad avere la meglio sui negozi specializzati. I primi sono scelti dal 41,7% dei consumatori, i secondi dal 32,1%; più distanziati, i mercati rionali ambulanti (11,8%) e gli ipermercati (4,6%).

I prodotti ortofrutticoli e il pesce fresco sono gli alimenti che vengono maggiormente acquistati presso i mercati rionali o ambulanti. Anche in questo caso, la ragione è da attribuirsi non solo al fatto che il mercato offre una buona garanzia di qualità, ma anche alla componente culturale e di tradizione, che da sempre portano numerosi acquirenti verso questa tipologia di punti vendita.

Nell’acquistare frutta e verdura, il 15,8% usufruisce sempre o quasi sempre dello stesso tipo di negozio; il 52,2% addirittura proprio dello stesso negozio.

Anche per i generi alimentari di frutta e verdura sono valide le precedenti considerazioni in merito alle province di Venezia e Belluno, che sembrano preferire rispettivamente gli esercizi specializzati (39,3%) e i supermercati (49,1%) in percentuale notevolmente superiore alla media regionale. CARNE: per quanto concerne la spesa di carne, il consumatore sembra prediligere punti vendita specializzati o supermercati di quartiere che garantiscono una maggiore qualità del prodotto. I negozi tradizionali si attestano intorno al 45%, i supermercati al 40,5%. Il 5,3% degli intervistati acquista la carne in ipermercati. In proposito, si può osservare come la carne sia, insieme al pesce, l’unico prodotto fresco che viene acquistato, sebbene con una percentuale appena superiore al 5%, presso gli ipermercati; per tutti gli altri generi alimentari freschi, si è detto di come il consumatore preferisca rivolgersi a negozi specializzati. E’ possibile che la scelta dell’ipermercato sia in qualche modo determinata da una necessità economica: i prodotti alimentari come carne e pesce sono infatti particolarmente costosi ed è possibile che il consumatore sia portato ad acquistarli presso una

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Esercizio specializzato/negozio tradizionale

Supermercato di quartiere

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Azienda agricola

Autoproduzione/negozio di proprietà

Vendita a domicilio

E-commerce

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Mercati generali

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Passando all’analisi delle singole province, sono tre i casi particolari che sembra necessario segnalare. Innanzitutto, benché la media regionale veneta tenda verso l’esercizio specializzato/negozio tradizionale, le province di Belluno, Rovigo e Verona presentano una diversa distribuzione. I consumatori di queste province usufruiscono infatti prevalentemente dei supermercati di quartiere, per una questione, probabilmente, di praticità abbinata ad una scarsa tradizione.

Infine, un’altra provincia da prendere in considerazione è quella di Vicenza, per la quale sembra esserci una buona tradizione della carne di qualità: ben il 53,6% dei Vicentini dichiara di acquistare la carne in punti vendita specializzati.

L’acquisto della carne non sembra essere vincolato dalle distanze alle quali sono collocati i punti vendita di fiducia. Le frequenze d’acquisto per le diverse tipologie di negozi sono equamente distribuite all’interno delle quattro classi di distanze percorse. Anche in questo caso la preferenza più elevata la si riscontra per i punti vendita specializzati, situati nelle vicinanze dell’abitazione del consumatore. PESCE: nonostante che il 33,3% degli acquisti avvenga nei supermercati di quartiere e il 26,9% negli esercizi specializzati, una elevata quota di spesa è effettuata presso i mercati rionali o ambulanti (23%). Il 5,4% dei consumatori sceglie invece l’ipermercato, ricercando probabilmente migliori occasioni di prezzo. �

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Esercizio specializzato/negozio tradizionale

Supermercato di quartiere

Ipermercato

Hard discount

Centro commerciale

Mercato rionale ambulante

Azienda agricola

Autoproduzione/negozio di proprietà

Vendita a domicilio

Agriturismo

consorzio agrario

cooperativa

grossista

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Dall’analisi provinciale emergono due importanti peculiarità: la prima riguarda la

provincia di Belluno che, per la propria collocazione geografica, presenta percentuali molto basse di frequenza nei punti vendita specializzati e nei mercati. Anche in questa occasione i bellunesi si affidano principalmente (55,9%) al supermercato di quartiere.

La seconda caratteristica da sottolineare riguarda i veneziani che, in forza della posizione geografica, acquistano prevalentemente il pesce fresco nelle pescherie (41,6%) e nei mercati ittici (24,2%); sono appena il 20% coloro che si rivolgono ai supermercati.

Le province di Verona e Belluno, invece, seguono un andamento totalmente opposto a quello veneziano: in queste zone, infatti, la percentuale di coloro che acquistano il pesce nei supermercati arriva al 46%; la percentuale è molto bassa per quanto riguarda i mercati rionali o ambulanti rispetto alla media regionale.

La distanza percorsa in relazione al punto vendita frequentato abitualmente per l’acquisto del pesce, fornisce un quadro simile a quello riscontrato per la spesa della carne: il consumatore è disposto a percorrere anche lunghe distanze per comprare il pesce fresco, probabilmente per il fatto che non sono molti i negozi specializzati in questo prodotto. PRODOTTI ALIMENTARI A LUNGA CONSERVAZIONE: la distribuzione delle frequenze relativamente ai punti vendita per i prodotti a lunga conservazione si presenta diversa rispetto a quelle precedentemente esaminate per i prodotti alimentari freschi. Infatti, i prodotti a lunga conservazione sono generalmente distribuiti dalle grandi strutture di vendita al dettaglio. Nel 76,7% dei casi, gli

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Ipermercato

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Azienda agricola

Autoproduzione/negozio di proprietà

Vendita a domicilio

Allevamento

Cooperativa

Direttamente dal pescatore

Ingrosso

Mercato del pesce

Non lo compra pesce

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acquisti di questi generi alimentari vengono effettuati presso i supermercati di quartiere, nel 9,9% presso gli ipermercati, mentre soltanto il 6,0% dei consumatori si rivolge ai negozi specializzati tradizionali. Nell’acquistare i prodotti a lunga conservazione, il 22% degli intervistati si reca sempre o quasi sempre nello stesso tipo di negozio, e oltre il 53% addirittura nello stesso negozio.

Nella distribuzione delle singole province come per le aree non si rilevano differenze sostanziali nello stile d’acquisto dei generi alimentari a lunga conservazione. Verona è la provincia in cui maggiore è il distacco degli esercizi tradizionali rispetto ai supermercati (2,0% contro l’81,7%) sebbene gli scostamenti rispetto alla media regionale non siano significativi al punto di ritenere un’eccezione le abitudini degli scaligeri.

PRODOTTI ALIMENTARI A LUNGA CONSERVAZIONE: la distribuzione delle frequenze relativamente ai punti vendita per i prodotti a lunga conservazione si presenta diversa rispetto a quelle precedentemente esaminate per i prodotti alimentari freschi. Infatti, i prodotti a lunga conservazione sono generalmente distribuiti dalle grandi strutture di vendita al dettaglio. Nel 76,7% dei casi, gli acquisti di questi generi alimentari vengono effettuati presso i supermercati di quartiere, nel 9,9% presso gli ipermercati, mentre soltanto il 6,0% dei consumatori si rivolge ai negozi specializzati tradizionali. Nell’acquistare i prodotti a lunga conservazione, il 22% degli intervistati si reca sempre o quasi sempre nello stesso tipo di negozio, e oltre il 53% addirittura nello stesso negozio.

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Supermercato di quartiere

Ipermercato

Hard discount

Centro commerciale

Mercato rionale ambulante

Autoproduzione/negozio di proprietà

Vendita a domicilio

Cooperativa

Ingrosso

Negozio biologico

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Nella distribuzione delle singole province come per le aree non si rilevano differenze sostanziali nello stile d’acquisto dei generi alimentari a lunga conservazione. Verona è la provincia in cui maggiore è il distacco degli esercizi tradizionali rispetto ai supermercati (2,0% contro l’81,7%) sebbene gli scostamenti rispetto alla media regionale non siano significativi al punto di ritenere un’eccezione le abitudini degli scaligeri.

Le famiglie intervistate preferiscono frequentare per i prodotti a lunga conservazione tipologie di negozio a grande superficie, anche se distanti da casa. Le frequenze maggiori, infatti, sono concentrate nei punti vendita come supermercati e ipermercati, collocati oltre i tre chilometri dall’abitazione.

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L’importanza degli esercizi di prossimità è confermato dalle risposte relative alla distanza percorsa per recarsi nel luogo abituale d’acquisto: la grande maggioranza dei consumatori non supera i tre chilometri. Coloro che preferiscono il negozio tradizionale (di vicinato) sono quelli che risultano percorrere la distanza più breve. Viceversa, chi preferisce supermercati o strutture di vendita non specializzate si reca anche abitualmente più lontano. I punti vendita di fiducia sono ripartiti equamente tra le zone centrali e le zone periferiche delle città. Per i prodotti alimentari freschi, la distanza presenta una distribuzione anomala, che non permette considerazioni univoche: è pressoché simmetrica, con picchi più spinti nei due estremi. Questo comportamento può essere motivato dalla ricerca di migliori condizioni d’acquisto che spinge i consumatori a raggiungere esercizi più lontani pur disponendo di negozi di prossimità. Le modalità di comportamento correlate agli acquisti dei generi alimentari a lunga conservazione rivelano che, probabilmente per trarre beneficio dai vantaggi offerti, la distanza che il consumatore percorre è nettamente superiore, con una percentuale di percorrenza oltre ai tre chilometri superiore ai 30 punti. 2�3��� ��#�� 0������������ � ������ �� �� ��������� ���� �������������� ������� � ������4�1����� ����������1��������

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Come è lecito attendersi, il pane o il latte fresco viene acquistato principalmente tutti i giorni (61,6% dei casi) o al minimo 1-2 volte alla settimana. Frutta e verdura sono acquistate nella maggior parte dei casi 1-2 volte a settimana (60,6%) o 3-4 volte a settimana (27,7% dei casi). Per gli altri prodotti, vale a dire carne, pesce e prodotti a lunga conservazione, la frequenza maggiore si riscontra sempre in corrispondenza della classe “1-2 volte a settimana”. La distribuzione tende a spostarsi verso frequenze d’acquisto più sporadiche, fino a raggiungere il 27,4% per gli acquisti di prodotti a lunga conservazione con frequenza quindicennale e quasi il 27% per la spesa mensile di pesce fresco.

Si riportano nelle tabelle seguenti le frequenze d’acquisto dei prodotti alimentari considerati – pane o latte fresco, frutta e verdura, carne, pesce e prodotti a lunga conservazione - per provincia e per area commerciale.

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Al fine di determinare la spesa per i generi alimentari, si è deciso di utilizzare la settimana quale base temporale e di sintetizzare il dato in quattro classi di spesa.

La spesa veneta risulta essere mediamente più elevata rispetto alla media nazionale, che è stimata in 100 euro settimanali circa; si nota, infatti, che la distribuzione appare simmetrica verso i livelli più sostenuti di spesa per tutte le sette province venete.

Occorre comunque considerare che il costo della vita risulta nel Nord-Est d’Italia superiore alla media nazionale, ad indicare che non necessariamente i veneti acquistano più beni rispetto agli abitanti di altre regioni.

Sia a livello regionale che delle singole province la mediana cade nella classe di spesa compresa tra 100 euro e 150 euro.

Per le province di Rovigo, Belluno e Verona le percentuali di spesa sono più spostate verso le categorie più elevate, mentre la provincia in cui le spese per i generi alimentari sono più contenute risulta essere quella di Vicenza.

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La decisione d’acquisto dei generi non alimentari generici (abbigliamento e calzature, accessori per la casa e la persona) sembra propendere in favore delle donne di casa (36,7%), a seguire la scelta congiunta dei coniugi (26,4%) e quella di tutta la famiglia (27,1%), mentre di impronta non marcata sono gli altri ruoli familiari nella decisione (uomo di casa 4,5%; aiuto esterno 1,2%).

Andando a ripartire i generi non alimentari generici in due macroaggregati, abbigliamento e calzature da un lato ed accessori per la casa dall’altro, è possibile illustrare le differenze essenziali riscontrabili e tentare di fornire una spiegazione plausibile. 7��� ����� ������

Le percentuali di scelta del luogo d’acquisto vedono in ogni caso favorito il negozio specializzato, con percentuali prossime al 55,6% per l’abbigliamento e le calzature, di oltre 25 punti percentuali superiore rispetto agli accessori. In pratica, se per l’abbigliamento i riferimenti restano sempre l’esercizio specializzato, il grande magazzino (15,9%) e l’acquisto al mercato rionale (8,6%), per il ramo accessori le esigenze della clientela si fanno maggiormente affievolite, con la frequentazione di ipermercati (17,4%), grandi magazzini (14,4%) e centri commerciali (12,2%), quando addirittura non sono percepite (il 14,1% non li acquista affatto). Sia per il ramo abbigliamento-calzature che per quello accessori vari la scelta con maggiori consensi è quella che prevede la frequentazione di negozi di categorie differenti per gli acquisti (55,3% per il primo e 54,7% per il secondo); distaccate notevolmente l’acquisto in negozi di uno stesso ambito (rispettivamente 31,6% e 23,3%), mentre nell’ultima posizione della graduatoria si va a posizionare l’acquisto congiunto in uno stesso esercizio (13,0% e 22,0%).

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135

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La tesi secondo cui il ruolo preponderante degli acquisti dei generi non alimentari generici è svolto dall’abbigliamento si fonda sulla circostanza che gli acquisti di vestiario hanno mediamente una frequenza doppia rispetto a quella degli accessori. Difatti, mentre per l’abbigliamento e le calzature il 34,8% si reca 3-4 volte l’anno per comperare i prodotti ed un 27,8% vi si reca 1-2 volte, per gli accessori il 38,1% vi si reca un paio di volte al massimo ed un 12,6% dalle 3 alle 4 volte. E’, inoltre, doveroso puntualizzare che il 41% degli intervistati non acquista solitamente nel corso dell’anno gli accessori, molto probabilmente perché già provvisti di una dote adeguata al momento della contrazione del matrimonio, indice di una tradizione antica ancora radicata nel territorio veneto.

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La spesa mensile per generi non alimentari generici risulta nel Veneto inferiore alla media nazionale, con una maggior pressione della fascia più bassa delle classi di spesa (43,7%), seguita da quella immediatamente superiore (25,4%) per quanto riguarda il ramo abbigliamento-calzature. Anche per il ramo degli accessori per la casa e la persona la distribuzione si concentra nella classe più bassa (52,3%), a testimonianza della forte parsimonia della gente veneta per gli acquisti di articoli non strettamente necessari e di durata prolungata nel tempo.

La situazione si può definire analoga per tutte le province venete con una lieve eccezione per la provincia di Rovigo per la quale, almeno per quanto riguarda l’abbigliamento e calzature, i livelli di spesa risultano essere più bassi rispetto alla media. 2��3������#���� �����������������3����������������� ������������������

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Questo capitolo di spesa riguarda quei beni (mobili ed accessori d’arredamento, elettrodomestici, apparecchi elettrici ed elettronici) che nell’ultimo ventennio sono entrati con prepotenza nella vita familiare, proponendosi di aumentare il livello di benessere percepito dai componenti familiari, di semplificare la complessità delle operazioni eseguite dai soggetti, eliminando le attività più ripetitive e faticose, innalzando di fatto la qualità della vita della popolazione. La caratteristica più importante di questa categoria di beni è la loro fecondità ripetuta nel tempo: a differenza dei beni di consumo, questi beni offrono una più ampia possibilità di utilizzo protratta su un lasso temporale di 3-20 anni ed oltre, a seconda delle caratteristiche intrinseche del prodotto.

Il consumatore veneto non è rimasto estraneo al processo di diffusione della tecnologia dell’informazione. Da quanto è desumibile dall’analisi dei consumi di beni e servizi è evidente che la curiosità e l’attenzione riservate alle nuove tecnologie è stata sostenuta di frequente da una rilevante disponibilità di reddito. Vista l’entità della spesa che deve essere sostenuta generalmente per l’acquisto di beni durevoli, le decisioni di spesa per la maggioranza schiacciante dei rispondenti (91,8%) sono adottate previa discussione familiare, contro un esiguo 8,2% che agisce sempre nello stesso modo nella formazione della decisione, secondo schemi ormai consolidati che inficiano l’elasticità di adattamento alle proposte fornite dal mercato. La maggiore necessità di una decisione ragionata per l’entità della spesa che si va a sostenere è confermata anche dal fatto che, rispetto agli acquisti di beni di consumo, subentra una più accesa democratizzazione delle scelte, con un più vasto peso della decisione di entrambi i coniugi (50,2%) e di tutta la famiglia nel suo complesso (13,1%). Ad esercitare una notevole influenza su questi risultati è la necessaria competenza tecnica per poter valutare i prodotti, allargando così il ruolo di decisione anche a figure familiari solitamente meno interessate agli acquisti, in quanto non percettrici di reddito, come i figli giovani. In ogni caso però è necessario il nullaosta della restante parte della famiglia, come evidenziato dal fatto che la deliberazione esclusiva dei figli riscuote soltanto il 13,8% delle risposte. La percentuale di decisione femminile ripiega a beneficio di una più sollecita partecipazione dei figli alla selezione (13,8% rispetto al 9,1% per i generi alimentari), mentre quella maschile esclusiva gravita a livelli di secondo piano (4,2% rispetto al 2,7% degli alimentari). 7��������� �����

Sia per l’arredamento che per gli elettrodomestici la prima preferenza è al negozio specializzato, solitamente di grandi dimensioni per il fabbisogno di superficie richiesto. In base ai dati raccolti ben il 68,9% degli interrogati si reca per approvvigionarsi presso tali esercizi commerciali di materiale d’arredo e il 60,0% per l’acquisizione di prodotti elettrici. �

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Questo dato è un indicatore della volontà dei consumatori di confrontare la

più ampia varietà di prodotti di imprese concorrenti, tipica dei negozi specializzati su di un unico ramo, per poi procedere nella scelta più corrispondente alle effettive esigenze. E’ utile ricordare è che presso questo tipo di negozi è attiva una congrua presenza di operatori che si impegnano a fornire la dovuta assistenza al momento dell’acquisto ed eventualmente del post-acquisto per trovare le soluzioni migliori ai problemi di funzionamento ed installazione. La conferma di questo successo proviene proprio dalle statistiche ottenute: alla seconda posizione per l’arredamento si schierano direttamente i non acquisti, con una percentuale del 23,6%. In posizione defilata si situano i grandi magazzini (11,7%), i mercatini rionali (0,1%), gli ipermercati (all’1,8%) ed infine i negozi presso i centri commerciali (0,4%). Per il ramo elettrodomestici la situazione appare lievemente differente, poiché in seconda posizione sono stati scelti i grandi magazzini (16,3%), a seguire i centri commerciali (9,5%), gli ipermercati (6%) ed infine i negozi interni ai centri commerciali (3,5%). La maggior fiducia all’acquisto deriva dalla presenza di operatori all’interno del negozio, il cui compito è di specificare le modalità di utilizzo del prodotto, nonché dalla possibilità di consegna direttamente a domicilio dei prodotti più ingombranti. E’ in ogni caso presente una forte ricerca dei prodotti desiderati in diversi tipi di negozi, come testimoniato sia per i mobili che per i prodotti tecnologici dalle percentuali rispettivamente pari al 39,4% e 30,6% dei soggetti che effettuano i loro acquisti in negozi di tipo diverso e del 32,5% e 29,2% che si recano in più negozi dello stesso tipo per la spesa di beni durevoli.

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Le frequenze d’acquisto dei generi non alimentari durevoli sono decisamente sporadiche. Si ricorda che il quesito sulla frequenza d’acquisto di questi prodotti fa riferimento esclusivamente all’arco temporale di un anno (l’anno antecedente l’intervista) e non ad una percezione generica di frequenza stimata dal consumatore.

Per mobili ed accessori d’arredamento il 73% degli intervistati dichiara, nell’ultimo anno, di non averne mai acquistati e, per quanto riguarda coloro che comunque ne ha comprati, non si sono recati a fare acquisti più di una o due volte l’anno (23,8%).

Gli elettrodomestici e gli apparecchi elettrici hanno un maggior mercato rispetto ai mobili e accessori d’arredamento; in questo caso infatti solo un 44% dei consumatori non ha effettuato acquisti di questi generi nell’ultimo anno. Anche per questi generi di consumo la maggiore concentrazione si ha per gli acquisti effettuati una o due volte l’anno.

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Per quanto riguarda i beni non alimentari durevoli la spesa media annua si situa ancora al di sotto della media nazionale, con l’adesione alla fascia più bassa delle opzioni del 45,5% per l’arredamento e di ben il 75,3% per gli elettrodomestici.

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Mobili

Elettrodomestici

Per quanto concerne la spesa per mobili e accessori d’arredamento le due

province per le quali si rileva un comportamento fortemente diverso dalla media sono Rovigo e Belluno.

Se la prima si caratterizza per una spesa decisamente al di sopra di quella veneta in generale, la seconda invece risulta essere la più parca per la spesa di questa tipologia di bene durevole.

Al contrario, la spesa per elettrodomestici e apparecchi elettrici è a grandi linee omogenea per tutte le province venete. � ���

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171

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Tra gli aspetti su cui ci si proponeva d’indagare, vi è quello relativo al prolungamento dell’orario di apertura dei negozi.

Il questionario chiedeva se un prolungamento dell’orario di apertura al pubblico di un’ora la sera potesse interessare l’intervistato. Solo il 25,6% si è espresso a favore di una chiusura posticipata, mentre il restante 74,4% ha dimostrato un completo disinteresse nei confronti di questa iniziativa.

Le percentuali rilevate per ciascuna provincia sono in linea con il dato medio regionale.

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Posticiperebbe gli acquisti a quell’ora 290

(64.4%) Opinione favorevole alla chiusura posticipata di un’ora alla sera

450 (25.6%)

Utilizzerebbe quell’ora per acquisti dell’ultimo momento

160 (35.6%)

Indifferenti a tale iniziativa 1305 (74.4%)

Tra coloro che approfitterebbero dell’opportunità di effettuare acquisti la sera, il

64% circa posticiperebbe gli acquisti proprio in quella ora, mentre le altre famiglie utilizzerebbero il tempo in più solo per le compere sbrigative dell’ultimo momento.

Gli abitanti della provincia di Rovigo posticiperebbero gli acquisti alla sera nel 90% dei casi; tale percentuale scende nettamente in tutte le altre province, arrivando al 51,8% di Padova. Alla richiesta di specificare le zone in cui la famiglia è disposta ad effettuare la sera, i rispondenti hanno manifestato una flebile preferenza per le aree nei dintorni della loro abitazione (39,2%), mentre il 30,5% ha scelto le zone centrali ed il 30,3% quelle periferiche. In conclusione possiamo affermare che la localizzazione non appare una variabile così significativa. La tipologia di esercizio in cui si prevedrebbero gli acquisti serali vede come riferimento i centri commerciali e gli ipermercati (40,2%), seguiti di misura dagli esercizi specializzati (31,8%) e dai supermercati (26,8%), a segnalare che il ruolo svolto da questi esercizi negli orari serali può fungere anche da luogo di ritrovo con funzioni di svago post-lavoro. Si è inoltre voluto indagare il tipo di punto vendita prescelto per gli acquisti serali e la sua localizzazione cittadina: è affiorata l’inesistenza di una netta maggioranza favorevole ad una determinata ubicazione centro-periferica, dato che praticamente la distribuzione è pressoché uniforme tra le zone centrali, le periferiche e quelle nei dintorni dell’abitazione dell’acquirente.

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Contrario 77 280 73 241 257 174 203 '�&��

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Contrario 56 21 113 77 51 206 37 37 188

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Contrario 53 16 73 120 16 38 88 69 46

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Acquisti posticipati a quell’ora (%)

67,7 51,8 89,7 63,1 58,0 70,2 72,1 �%,%%�

Acquisti dell’ultimo momento (%)

32,3 48,2 10,3 36,9 42,0 29,8 27,9 ��,���

Totale (Numerosità campionaria = 450)

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Negozi specializzati

Supermercati Centri commerciali

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56 35 42 1 134 In centro

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139 118 177 5 439 ��������������������

Totale ���� � ���� � ��� � ��� � ������ �

Per quanto riguarda la tipologia di esercizio prescelto è invece possibile

svolgere uno studio più accurato, dato che la preferenza principale è andata appannaggio del centro commerciale. Se effettivamente i rispondenti fossero interessati agli acquisti serali di tutti i generi di beni, molto probabilmente stimerebbero migliori i negozi con orario prolungato ubicati nei dintorni della loro abitazione; tuttavia si nota come questa predilezione coinvolga soltanto l’11,6% dei rispondenti, mentre il più nutrito 19,1% si schiera per l’apertura prolungata dei centri commerciali nelle zone periferiche della città. L’interpretazione del fenomeno propone due tesi non mutuamente esclusive: la prima trova la propria motivazione nel fatto che la localizzazione periferica può comportare un parziale contenimento dei prezzi e la riduzione dei problemi di congestione del traffico, la seconda, di stampo prettamente sociologico, considera la rilevanza del centro commerciale come punto di ritrovo, specialmente per i giovani, nel tempo libero. La conferma dell’importanza della duplice tesi proviene anche dalla lettura delle risposte fornite in caso di collocazione di nuovi grandi complessi commerciali, del calibro di grandi magazzini, ipermercati e centri commerciali: oltre i due terzi (70,9%) sono propensi all’eventuale impianto nell’immediata periferia, in prevalenza dove la presenza di una rete viaria di maggiore portata riesce a decongestionare il traffico quotidiano delle arterie stradali, nel contempo senza dover necessariamente percorrere lunghe distanze. ���������

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In centro 16 23 8 28 28 14 17 '�%�

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Supermercati 10 18 5 25 23 19 21 ')'�

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Potendo scegliere l’ubicazione di nuovi grandi centri commerciali, ipermercati e grandi magazzini la maggioranza assoluta degli intervistati (70,88%) è favorevole alla loro costruzione nell’immediata periferia o nella cintura urbana, mentre la restante frazione si divide in parti uguali tra zone del centro città e comuni extraurbani. Questo dato deve essere letto in un’ottica particolare: nei centri città la grande distribuzione organizzata è ormai presente in misura imponente e rende perciò inadeguata la costruzione di nuove grandi strutture, anche per effetto della congestione del traffico cittadino; nelle zone più periferiche, invece, pur essendo migliore la viabilità, non esistono servizi accessori adeguati nell’entourage dei negozi da costruire. Di conseguenza l’immediata periferia abbina entrambi i benefici che le altre due scelte non sanno offrire.

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Attraverso la domanda: “Tra i diversi punti vendita della stessa categoria quale preferite prevalentemente: quello più accessibile (inteso per traffico e viabilità) anche se un po’ più costoso oppure quello più conveniente indipendentemente dalle difficoltà di traffico e viabilità?” ; si intendeva cogliere lo spirito con cui i veneti affrontano le spese.

La necessità di doversi sbilanciare tra due modalità di risposta, senza altre alternative, ha messo spesso gli intervistati in difficoltà. Per molti di essi la scelta non è stata immediata, come dimostrato dal fatto che non c’è una modalità che prevalga sull’altra in modo definitivo.

Circa il 57% dei veneti preferisce un punto vendita economico, anche se raggiungerlo comporta difficoltà di traffico e viabilità, piuttosto che uno più accessibile ma più costoso. Viste le percentuali, è difficile stabilire in generale quale sia lo stile di consumo maggiormente diffuso: se uno stile più attento al risparmio, che richiede però una maggiore dedizione sia in termini di tempo che mezzi di trasporto , o uno stile volto alla comodità senza troppe attenzioni al prezzo.

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Punto vendita accessibile ma costoso

46,2 45,1 29,7 44,7 40,5 37,4 52,0 � ��

Punto vendita conveniente ma scomodo

53,8 54,9 70,3 55,3 59,5 62,6 48,0 � ��

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Accessibile anche se un po’ più costoso

Conveniente indipendentem ente dalle difficoltà di traffico e viabilità

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Dalla Tabella 3.85 si nota come il dato di Rovigo si discosti da quello medio regionale, evidenziando un comportamento maggiormente volto al risparmio. I vicentini sembrano invece privilegiare i punti vendita accessibili rispetto a quelli che offrono maggiori possibilità di risparmio di denaro.

Nella Tabella 3.86 sono messe in relazione la variabile che esprime il reddito medio mensile per famiglia e la categoria preferita di punto vendita. Appare chiaro come le famiglie appartenenti alle categorie con reddito basso prediligano punti vendita convenienti, indipendentemente dalle difficoltà di traffico e viabilità, mentre per le famiglie con redditi elevati non esista una precisa regola di comportamento. ������������ ����������������������5������ ������������������������

Classe di reddito (euro) Meno di 1500 Tra 1500 e 3000 Tra 3000 e 4500 Oltre 4500 Totale

208 251 131 61 651 Accessibile ma

costoso 13,8% 16,6% 8,7% 4,0% 43,1%

342 327 142 49 860 Conveniente ma scomodo 22,6% 21,6% 9,4% 3,2% 56,9%

550 578 273 110 1511 C

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Totale 36,4% 38,3% 18,1% 7,2% 100,00% ������'����� $ � �&����������� � �&�������������������������

Si è cercato anche di saggiare se il consumatore si rechi a fare acquisti durante il tragitto da o per il lavoro, o altro, oppure se esca di casa appositamente per fare acquisti. I dati ricavati illustrano che a favore della prima soluzione si è schierato il 27,5% degli interpellati, e la situazione non muta se si prendono in considerazione separatamente le singole province del Veneto.

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Alimentare 287 59,8

Non alimentare 30 6,2

Alimentare e non alimentare

163 34.0

Fa spesso acquisti durante il tragitto

480 27.5

Totale 480 100,0

Esce appositamente da casa per andare a fare acquisti

1264 72.5

Totale

1744 100.0

������������������������������������������������!$�������������������� Belluno Padova Rovigo Treviso Venezia Verona Vicenza �������

Fa spesso acquisti durante il tragitto

33,0 28,3 26,7 26,8 27,6 23,5 28,9 !� ��

Esce appositamente da casa per andare a fare acquisti

67,0 71,7 73,3 73,2 72,4 76,5 71,1 �! ��

Nell’analizzare i prodotti che si acquistano nel tragitto casa-lavoro si nota una

propensione per i generi alimentari (59,8%), mentre posizioni di secondo piano sono assunte dal genere misto (34%) e esclusivamente non alimentare (6,3%).

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Alimentare 65,7 58,0 63,0 52,9 55,2 70,2 64,1 �� ��

Non alimentare 5,7 5,0 11,1 6,9 7,3 3,5 6,4 !�Alimentare e non 28,6 37,0 25,9 40,2 37,5 26,3 29,5 � "�

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Il livello di soddisfazione dei consumatori relativamente ai servizi commerciali dei prodotti ����� �������� è piuttosto considerevole, soprattutto se si considera il fatto che il beneficio globale non è inteso solo in termini numerici di esercizi presenti, bensì nel senso più ampio, inglobando anche variabili qualitative, come il rapporto qualità/prezzo e la gamma di prodotti a disposizione.

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Colpisce soltanto il fatto che la valutazione negativa, per quanto riguarda il genere alimentare, proviene da un esiguo 9,1% del campione, mentre per il genere non alimentare il disagio è più manifesto, con una proporzione di soggetti insoddisfatti che si attesta al 23,9%.

La valutazione del livello di soddisfazione espresso dal campione intervistato, in riferimento ai prodotti di tipo alimentare e non, permette di tracciare un quadro effettivo, ancorché soggettivo, delle inadeguatezze presenti nel territorio veneto, in particolare se nel passo successivo dell’analisi l’intera regione viene suddivisa per macroaree, ciascuna con una specifica peculiarità.

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Molta Abbastanza Poca Per nulla Totale

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1 37 69 10 117 Poca

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0 11 5 21 37 Per nulla

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256 1.028 334 68 1.686

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Innanzitutto si coglie il successo della politica commerciale veneta per quanto

concerne il settore alimentare, con un livello di insoddisfazione che non supera complessivamente i dieci punti percentuali rispetto al campione intervistato. Per il settore dei prodotti non alimentari il disagio è espresso con più decisione, dato che quasi il 24% dei rispondenti ha espresso un giudizio negativo sulla struttura commerciale inadeguata.

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Molta 34 101 22 101 84 74 68 ��

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Abbastanza 65 228 73 190 218 149 180 ##"��

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Poca 7 25 4 27 28 13 18 #!!�

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Molta 26 8 46 40 15 70 20 11 66

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Abbastanza 42 23 90 55 45 166 30 32 150

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Poca 5 2 16 3 8 14 5 6 26

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Molta 16 2 22 53 9 12 36 17 15

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Abbastanza 51 17 73 100 11 38 65 66 49

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Poca 0 2 4 7 2 4 7 7 4

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I problemi che assillano l’acquirente nel recarsi negli esercizi commerciali sono la congestione del traffico (per il 48,2% dei rispondenti) e il parcheggio (26,08% delle famiglie del campione) (Tabella 3.95). �������������� �������������������������� ����8�������� ������������� �������������������: �������8�������

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L’uso predominante del mezzo proprio rispetto a quello pubblico è la prima causa di difficoltà viaria manifestata da ben il 48,3% dei rispondenti e nello stesso tempo la soluzione al problema del trasporto, dato che l’83,4% non ha problemi di mobilità grazie all’uso dell’autovettura. La difficoltà di parcheggio è stata risolta in maniera alquanto brillante dalle normative, susseguitesi a partire dal 1971 e in particolare con la normativa del 1998 che ha imposto agli esercizi commerciali l’obbligo di creare degli appositi spazi da adibire a parcheggio. Grazie a questa importante innovazione, la questione non costituisce una preoccupazione per il 73,9% dei rispondenti, presumibilmente in forza della frequentazione degli esercizi nelle zone della cintura urbana o extraurbana, mentre per il rimanente 26,1% il problema continua a sussistere, presumibilmente in ragione della localizzazione dei negozi nelle aree centrali delle città.

L’insussistenza dei problemi di trasporto nella Regione Veneto deriva da una propensione dei cittadini a possedere come mezzo di trasporto principale, sia per il lavoro che per il tempo libero, l’autovettura. Si deve infatti mettere in risalto che la maggioranza degli intervistati (Tabella 3.97) possiede in famiglia almeno un’automobile (89,6%) che viene utilizzata abitualmente per recarsi nei luoghi d’acquisto dall 78,1% dei rispondenti: il quadro che si percepisce è di una forte ricerca della comodità negli spostamenti, talvolta sostenuta dai consumatori per causa dell’ingombro che gli acquisti possono comportare, con relativo disagio sia per l’acquirente, che per gli altri utilizzatori del mezzo pubblico. �

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Soffermando lo studio sull’acquisizione fuori regione dei beni familiari (limitata solo all’8,1% del campione, pari a 137 rispondenti), si nota innanzitutto come la scelta di esercizi extraregionali non dipenda tanto dalla maggiore comodità viaria (vera per il solo 4,4%), ma sia dovuta a fattori extraeconomici, come la maggior qualità percepita (41,4%), la più ampia offerta commerciale (21,4%), la conoscenza del processo produttivo praticato ��� ����� (9,8%), la conoscenza del produttore-venditore diretto (6,6%) o al fatto che per turismo, studio o lavoro (16,3%) ci si sposta presso le regioni scelte. I prodotti più richiesti al mercato extraregionale sono principalmente di carattere agricolo; olio, vino, aceto, formaggio, carne e pesce sono acquistati al di fuori della regione nelle zone D.O.C. in cui la qualità delle materie prime è superiore, arricchendo così il valore aggiunto dei prodotti finali da destinare al mercato.

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Al fine di valutare quanto possa essere forte il richiamo di una buona occasione di acquisto, si è chiesta la distanza massima che l’intervistato sarebbe stato disposto a percorrere per acquistare particolari prodotti alimentari, come vino e olio, in luoghi in cui ci siano buone opportunità di qualità e prezzo. Si è puntato su questo genere di prodotti in quanto nell’immaginario comune sono questi i generi alimentari per i quali una famiglia è maggiormente disposta a compiere sacrifici per assicurasi la genuinità, anche perché, pur se utilizzati ogni giorno, vengono comprati di rado e si usa farne scorta. Dall’indagine emerge che il 45% delle famiglie è disposta a percorrere al massimo 10 chilometri, il 20% a spingersi fino a 30, mentre più del 10% anche oltre 30 chilometri. Solo un 30% circa di intervistati è realmente interessato all’acquisto di generi alimentari particolari, anche a costo di operare lunghi spostamenti. E’ anche vero che più aumenta la strada da percorrere, meno il prezzo risulta effettivamente conveniente, se si confronta l’eventuale risparmio con le maggiori spese di viaggio. E’ probabile che per quel 10% di intervistati più disponibili ad allontanarsi da casa per le spese sia il richiamo della qualità del prodotto, e non il risparmio, ad attirare l’attenzione.

Confrontando tra le risposte allo stesso tipo di domanda, riguardante però particolari generi non alimentari come mobili ed elettrodomestici, sembra che le famiglie siano maggiormente disponibili ad allontanarsi. Certo è che per i prodotti durevoli le occasioni di prezzo e qualità suscitano un maggiore interesse, poiché rientrano nella logica di quegli acquisti che si compiono solo alcune volte nel corso della vita e per i quali di conseguenza ci si pongono meno limiti sia di prezzo che di chilometri. 2��3���� ��!!� �������������� ��������� ������ ��������� ����5�������� ���� ����� ��� �����������������������������������������

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Numerosità campionaria = 1741

I bellunesi sono i più disponibili a percorrere lunghe distanze pur di cogliere le migliori occasioni d’acquisto sia che si tratti di generi alimentari che non alimentari; al contrario, sono i padovani e i vicentini quelli che preferiscono rimanere vicini a casa.

Senza soffermarci troppo in ogni singolo dato ottenuto, ma fornendo una visione d’insieme, si osserva subito dalla Tabella 3.102 come tra le due variabili esista una forte relazione positiva delle frequenze. Ciò sta a segnalare che se un soggetto presenta una forte propensione a percorrere lunghe distanze per procurarsi i beni non alimentari, con grande probabilità incontrerà la stessa predisposizione a ricercare i negozi più lontani e convenienti per i prodotti di tipo alimentare e la stessa situazione sarà corrispondente anche a variabili invertite.

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Nel nostro Paese è tradizionalmente diffusa la cultura del risparmio: nonostante questo, il prezzo non è mai stato un fattore determinante per le scelte del consumatore, ad esclusione di particolari segmenti della popolazione più arretrati dal punto di vista socioculturale e non necessariamente meno abbienti. Oggi, però, le cose sembrano cambiare, il consumatore pare aver acquisito una maggiore sensibilità al prezzo e un orientamento ad un consumo più cauto e selettivo, grazie anche ad un intervallo di prezzi molto più ampio tra cui scegliere.

L’evoluzione del consumatore non deve far pensare che l’attenzione al prezzo abbia comportato un calo di quella legata alla qualità della spesa; lo spendere bene permette anzi di disporre di risorse per ulteriori consumi, o di acquistare prodotti di qualità superiore.

L’accresciuta sensibilità al costo non induce necessariamente a rivedere i propri modelli, ma piuttosto a trovare alternative più convenienti: frequentando punti vendita in cui gli stessi prodotti si trovano più a buon mercato; utilizzando con maggiore attenzione saldi, sconti, offerte speciali; prendendo consapevolezza che spesso le differenze di prezzo tra marche non sono giustificate in termini sostantivi e ripiegando, conseguentemente, sull’alternativa di minor prezzo.

Il consumatore sembra, dunque, orientato a difendere il suo standard di consumi con una complessa strategia di acquisti che consenta, a costi inferiori, di mantenere gli stessi livelli di consumi. Le offerte sono ormai all’ordine del giorno: esse enfatizzano la forte convenienza rispetto ai prezzi tradizionali attraverso prezzi scontati, come il 3x2, l’1+1, riduzioni momentanee, e formati risparmio giganti rispetto ai tradizionali formati standard. La comunicazione al consumatore si contrae a favore di una esplosione delle promozioni (concorsi a premio, raccolte punti, regali immediati e così via) che rappresentano un’altra strada per rendere più vantaggiosi i prezzi.

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Questa trasformazione è stata resa possibile grazie alla modernizzazione della struttura del sistema distributivo, che vede affacciarsi sul mercato un numero sempre maggiore di supermercati, ipermercati, centri commerciali e di nuove tipologie distributive come appunto i discount, dove le grandi marche sono sempre più assenti.

Al fine di analizzare l’atteggiamento delle famiglie di fronte ai prezzi si sono analizzati separatamente il settore alimentare e quello non alimentare. Il primo gruppo presuppone un acquisto di tipo quotidiano: è più semplice pertanto capire se il consumatore presta una particolare attenzione alla variazione dei prezzi. Al contrario, per gli acquisti non alimentari di una certa importanza, si può al massimo cercare di cogliere se il consumatore sia portato a sfruttare particolari sconti oppure, se acquisti al momento del bisogno a prescindere dalle occasioni. Nel fare acquisti ripetitivi, quasi il 75% della famiglie intervistate si è dimostrata scrupolosa nel prestare attenzione alla variazione dei prezzi dei prodotti in commercio e solo il 25% tende a non farci caso.

L’attenzione al prezzo comporta una selezione dei prodotti da acquistare: molte famiglie, a fronte di un considerevole aumento del prezzo di un prodotto, anche se acquistato abitualmente, sono disposte a sostituirlo con uno più economico. �����������"���������� ��������3����������������������������������

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L’atteggiamento attento al risparmio già emerso in precedenza per la provincia di Rovigo, in cui, ricordiamo, più del 70% dei consumatori preferisce un punto vendita conveniente ma scomodo, piuttosto che uno più costoso ma di facile accesso, viene ulteriormente confermato se si considera l’atteggiamento dei rodigini nei confronti delle variazioni dei prezzi. Rovigo sembra infatti essere la provincia che maggiormente presta attenzione agli aumenti dei prezzi dei prodotti (81,19%). Risulta significativa anche l’associazione tra il reddito medio della famiglia e l’attenzione nei confronti delle offerte e delle variazioni dei prezzi.

Le percentuali più elevate di famiglie che prestano attenzione ai prezzi e alle offerte sono rilevate in corrispondenza delle classi di reddito inferiori ai 3000 euro medi mensili. D’altra parte, per la categoria di famiglie che non bada a questi aspetti, le percentuali risultano essere basse per tutte le fasce di reddito, in particolar modo per la classe di reddito più elevata.

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Tra 3000 e 4500 euro

Oltre 4500 euro Totale

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489 517 226 87 1319 Presta attenzione a prezzi e offerte 32,3% 34,2% 14,9% 5,8% 87,2%

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Totale 36,4% 38,2% 18,2% 7,3% 100,0%

Per quanto riguarda acquisti importanti, come abbigliamento, calzature, mobili

ed elettrodomestici non si rileva una sostanziale preponderanza di uno stile di consumo sull’altro: il 45,4% della popolazione attende gli sconti per acquisti di una certa importanza come mobili ed elettrodomestici, mentre il restante 54,6% acquista a prescindere dalle occasioni; non si riscontrano particolari differenze tra le distribuzioni delle singole province venete. ��������� ���"�� �� ����� ����� �4�������� ������ 3� ������ ������������� �� 3������ ������������ ����������$��

Comportamento Belluno Padova Rovigo Treviso Venezia Verona Vicenza ���� ��

Attende gli sconti per fare acquisti di una certa importanza

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Si tratta di scelte che prescindono dalle occasioni

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Numerosità campionaria = 1714

Capire se una famiglia, in occasione di particolari sconti, sia solita procurarsi delle scorte, è un’altra strategia che consente di cogliere l’esistenza o meno un forte richiamo delle offerte. Anche per questa variabile, però, non si rileva un forte sbilanciamento delle risposte: appena il 40% degli intervistati sfrutta gli sconti per fare scorta.

E’ possibile che la scelta di non accumulare scorte non dipenda solo dal fatto che la famiglia non sia interessata a sfruttare le occasioni di sconto, ma piuttosto dalla volontà di usufruire di prodotti sempre freschi – di cui per forza di cose non è possibile fare scorta - e di buona qualità, che raramente vengono messi in offerta. Non si rilevano, per questa variabile, comportamenti particolarmente discordanti tra le singole province. ��

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Comportamento Belluno Padova Rovigo Treviso Venezia Verona Vicenza �������

Gli sconti mi danno occasione di fare scorta

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Numerosità campionaria = 1725 �������#���� �����������

A rispondenti che hanno dichiarato d’essere a conoscenza dell’esistenza di spacci o outlet, punti vendita in cui vengono esposti prodotti non alimentari di campionario o di marca delle collezioni precedenti a prezzi inferiori rispetto a quelli di listino, è stato chiesto con quale frequenza vi si rechino. Solo poco più del 34% delle famiglie sanno dell’esistenza di negozi di questo genere e di queste nemmeno il 20% li frequenta con una certa regolarità.

Fanno eccezione la provincia di Belluno, per la quale quasi il 30% degli intervistati dichiara di usufruire con regolarità di questi punti vendita e la provincia di Padova, nella quale gli spacci non riscuotono particolare successo tanto che appena il 9% dei padovani si rifornisce presso queste strutture.

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Le famiglie che si recano negli spacci con una certa regolarità tendono ad andarci principalmente durante la settimana per non trovare troppa gente e poter essere seguiti meglio dagli addetti alle vendite. Il 67.9% dei frequentatori di outlet (72 famiglie su 106) predilige infatti i giorni feriali piuttosto che il fine settimana. ���������������*���������������������������� ������������ � ������5�6��

Frequenza d’acquisto

Belluno Padova Rovigo Treviso Venezia Verona Vicenza Veneto

Con regolarità 29,2 9,4 15,8 18,1 17,9 22,5 22,6 18,4 Raramente 45,8 58,3 52,6 50,7 41,9 57,3 43,1 49,8 Mai 25,0 32,3 31,6 31,2 40,2 20,2 34,3 31,8

I dati proposti di seguito – relativi alla distribuzione degli acquisti presso gli

spacci durante la settimana per le singole province – sono poco significativi a causa della bassa numerosità dei rispondenti; le percentuali comunque non sembrano differire tra provincia e provincia.

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Periodo Belluno Padova Rovigo Treviso Venezia Verona Vicenza Veneto

Durante la settimana

57,1 66,7 100,0 69,2 65,0 65,0 72,7 67,9

Fine settimana 42,9 33,3 0,0 30,8 35,0 35,0 27,3 32,1

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E’ importante a questo punto occuparci della variabile ����� �� indispensabile per fornire una rappresentazione, sia pure generale, del livello di benessere delle famiglie intervistate. Occorre precisare che delle 1735 interviste che sono state completate sino a questa fase, ben 222 (il 12,8%) sono state interrotte a questo punto.

La distribuzione dei redditi familiari presenta una forma asimmetrica, con un addensamento delle frequenze sui redditi bassi e medio-bassi e una frequenza progressivamente meno elevata per i redditi più sostenuti. Da sottolineare come tre quarti dei redditi percepiti dalle famiglie venete si collochino al di sotto della soglia dei 3000 euro al mese, e nel 36,4% dei casi perfino al di sotto di quella dei 1500 euro mensili. La mediana è pari a 2.036 euro mensili.

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Meno di 1500 euro Tra 1500 e 3000 euro Tra 3000 e 4500 euro Oltre 4500 euro

Nonostante questi risultati, il 65% delle famiglie riesce comunque a

risparmiare una parte del reddito, mentre il restante 35%, una volte coperte le spese del mese, non è in grado di mettere denaro da parte. La capacità di risparmio delle famiglie cambia da provincia a provincia: dai dati raccolti emerge una maggiore quota di risparmiatori per quanto riguarda Belluno e Verona. Il dato non deve sorprendere, in quanto sono le uniche due province ad avere una distribuzione del reddito più spostata verso i livelli più sostenuti. Ben il 27,7% dei bellunesi si colloca infatti nella fascia di reddito compresa tra 3000 e 4500 euro, mentre per Verona la percentuale scende a 23,4%, rimanendo comunque al di sopra dei livelli medi delle altre province. La possibilità di mettere da parte una quota delle entrate familiari sembra quindi dipendere non tanto da uno stile di vita più o meno attento al risparmio, quanto dalla concreta percezione di un reddito che superi le spese. �������� ���� 3��������� ��� ������������ ��� ��������� ������� �/�� � � � ��� ���� � ��������������������� ��������Situazione economica

Belluno Padova Rovigo Treviso Venezia Verona Vicenza Veneto

Risparmiatori 70,2% 60,1% 66,3% 69,4% 59,9% 71,2% 65,2% 65,1% Non risparmiatori 29,8% 39,9% 33,7% 30,6% 40,1% 28,8% 34,8% 34,9%

Numerosità del campione=1737

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Nel Veneto il 19,1% degli intervistati subisce una riduzione del proprio reddito per il pagamento delle rate di un mutuo ipotecario, il 14,0% per il pagamento dei canoni di locazione sugli immobili ed il 15,8% per effetto della rateizzazione degli acquisti di beni di importo rilevante.

Considerando il quadro delle singole province, fatta eccezione per Rovigo, in cui la frequenza delle famiglie in affitto è molto bassa, risultano esserci situazioni pressappoco analoghe tra loro. �������� ����� *�������� �/�� � ����� � � ����� 2����� ���� �22������ ������ �� ������������������������ ������� Spese fisse Belluno Padova Rovigo Treviso Venezia Verona Vicenza Veneto

Paga l’affitto 12,5% 15,8% 8,91% 11,2% 15,8% 16,1% 13,4% 14,0% Paga il mutuo 21,2% 21,3% 17,82% 18,0% 18,4% 15,3% 21,6% 19,1% Pagamenti rateali

16,4% 18,3% 15,84% 14,9% 13,5% 14,8% 17,0% 15,8%

Numerosità del campione=1735

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4. GLI STILI DI ACQUISTO 4.1 Premessa

Questo capitolo è dedicato all’analisi di alcune variabili statistiche dedotte dal questionario che consentono di capire più nello specifico i comportamenti di acquisto delle famiglie venete. Lo studio si concentra su alcuni fattori di decisione almeno in apparenza più ricorrenti in quegli intervistati che per caratteristiche proprie sono classificabili in gruppi omogenei al loro interno ed eterogenei rispetto agli altri rispondenti: in marketing spesso si usa la definizione di segmento di mercato, proprio per indicare l’insieme dei soggetti che almeno potenzialmente possono puntare ad una stessa combinazione di marketing mix.

L’analisi della presenza di correlazioni tra le variabili, descritte nel precedente capitolo, è stata condotta innanzitutto su tabelle di contingenza a doppia entrata. Quindi, abbiamo applicato una tecnica di analisi statistica multivariata per individuare un possibile profilo dei consumatori veneti.

Le variabili sono state identificate sulla base delle sezioni del questionario, prima considerando i decisori di acquisto e il reddito, quindi esaminando in particolare gli stili di acquisto delle principali classi di prodotti: genere alimentare, non alimentare generico e non alimentare durevole, per poi proseguire con l’esame trasversale delle variabili comuni alle diverse sezioni o comunque tra loro correlate.

Il programma statistico di elaborazione dei dati utilizzato per l’analisi delle informazioni raccolte è il SAS System. Il SAS System è costituito da un modulo di base (SAS/BASE) che controlla l’acquisizione e la gestione dei dati, al quale possono essere aggiunti dei moduli supplementari tra loro indipendenti, che forniscono altre particolari procedure d’analisi. Per la realizzazione delle elaborazioni dei dati di questo lavoro, i moduli utilizzati, oltre al modulo base, sono stati quello per l’analisi multivariata (SAS/STAT) e quello per la creazione di rappresentazioni grafiche (SAS/GRAPH). Il sistema possiede un’ottima capacità di gestione dei dati e non presenta limitazioni per quanto riguarda il numero di osservazioni e di variabili che possono essere elaborate. 4.2 I decisori di acquisto

La sezione del questionario dedicata agli intervistati, apparentemente di routine, consente di stimare le effettive relazioni sottostanti da un lato alla figura del decisore d’acquisto e dall’altro all’acquirente materiale dei beni.

Iniziamo questo studio valutando la relazione tra decisore ed acquirente, in base alle classi di età, per prodotti alimentari, i quali, come più volte ricordato, hanno una frequenza d’acquisto nettamente superiore agli altri prodotti commerciali.

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202 I comportamenti di acquisto nel Veneto

Tabella 4.1: Classificazione dei rispondenti e degli acquirenti di prodotti alimentari per classi di età

Classi di età degli intervistati 18-29 30-39 40-49 50-59 60-69 70-79 80-89 90-99 Totale

68 192 291 246 183 103 34 1 1.118 Donna

3,9% 11,1% 16,8% 14,2% 10,6% 5,9% 2,0% 0,1% 64,5% 8 64 80 68 58 33 9 0 320 Coniugi

0,5% 3,7% 4,6% 3,9% 3,3% 1,9% 0,5% 0,0% 18,5% 10 5 12 14 11 3 0 0 55

Tutti 0,6% 0,3% 0,7% 0,8% 0,6% 0,2% 0,0% 0,0% 3,2%

4 22 27 38 35 25 9 0 160 Uomo

0,2% 1,3% 1,6% 2,2% 2,0% 1,4% 0,5% 0,0% 9,2% 3 6 3 8 2 13 8 3 46 Figli

0,2% 0,3% 0,2% 0,5% 0,1% 0,7% 0,5% 0,2% 2,6% 0 2 1 1 4 12 11 3 34 Aiuto

esterno 0,0% 0,1% 0,1% 0,1% 0,2% 0,7% 0,6% 0,2% 2,0% 93 291 414 375 293 189 71 7 1.733

Acq

uire

nte

Gen

eri a

limen

tari

Totale 5,4% 16,8% 23,9% 21,6% 16,9% 10,9% 4,1% 0,4% 100,0%

Secondo quanto esposto in Tabella 4.1, la suddivisione per classi di età mette

in luce come in famiglia il ruolo del decisore abituale sia svolto in prevalenza dalle persone di mezza età. Infatti, si può notare che la percentuale di decisori più elevata (45,5%) è riferita al sottogruppo del campione con età compresa tra i 40 e i 59 anni, seguiti in ugual misura dalle due classi subito adiacenti, ossia quella dei trentenni e quella dei sessantenni, con le preferenze rispettivamente pari al 16,8% e 16,9%. Di poco conto risultano infine le altre classi considerate, dato che vagliate congiuntamente non arrivano che al 20,8%.

Un primo elemento di rilievo è che l’affidamento del compito di provvedere agli acquisti da parte del decisore nei confronti dei figli e degli aiuti esterni alla famiglia, di per sé irrilevante nella globalità del campione, coinvolgendo soltanto il 4,6% dei rispondenti, è di spicco nel momento in cui si analizzano esclusivamente le classi di età più avanzate; in particolare, esaminando le classi di età comprese tra i 70 e i 99 anni, si evince che il 18,7% degli intervistati opta per questo tipo di strategia.

La motivazione di questa soluzione è di duplice interpretazione: da un lato le persone anziane, con capacità motorie limitate, incaricano semplicemente le persone di loro fiducia a recarsi nei punti vendita abituali per le spese; dall’altro, per contro, i decisori che pur dispongono di sufficienti abilità motorie conferiscono l’incarico alle persone che coprono maggiori distanze per gli acquisti, beneficiando così di condizioni contrattuali migliori.

Resta comunque la conferma che la leadership nel provvedere agli acquisti spetta alla donna di casa, la quale abbiamo visto è pure il decisore d’acquisto nel 64,51% dei casi, seguita dalla decisione congiunta dei coniugi (18,5%) ed infine da quella esclusiva maschile (9,2%).

L’analisi della relazione di fondo tra la classe di età dell’intervistato e l’incaricato

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4. Gli stili di acquisto 203

a provvedere fisicamente agli acquisti di beni non alimentari generici non ci permette di cogliere variazioni significative rispetto a quanto detto in precedenza per i beni alimentari (Tabella 4.2).

Tabella 4.2: Classificazione dei rispondenti e degli acquirenti di prodotti non alimentari generici

Classi di età degli intervistati

18-29 30-39 40-49 50-59 60-69 70-79 80-89 90-99 Totale

23 99 165 127 104 72 31 2 623 Donna 1,3% 5,8% 9,7% 7,5% 6,1% 4,2% 1,8% 0,1% 36,6%

5 133 138 69 79 54 9 0 487 Coniugi 0,3% 7,8% 8,1% 4,1% 4,6% 3,2% 0,5% 0,0% 28,6%

64 43 94 151 81 22 7 0 462 Tutti 3,8% 2,5% 5,5% 8,9% 4,8% 1,3% 0,4% 0,0% 27,2%

1 11 15 16 16 11 7 0 77 Uomo 0,1% 0,6% 0,9% 0,9% 0,9% 0,6% 0,4% 0,0% 4,5%

0 2 1 7 3 12 4 1 30 Figli 0,0% 0,1% 0,1% 0,4% 0,2% 0,7% 0,2% 0,1% 1,8%

0 0 1 0 2 9 6 3 21 Aiuto esterno 0,0% 0,0% 0,1% 0,0% 0,1% 0,5% 0,3% 0,2% 1,2%

93 288 414 370 285 180 64 6 1.700 Acq

uire

nte

beni

non

alim

enta

ri ge

neric

i

Totale 5,5% 16,9% 24,3% 21,8% 16,8% 10,6% 3,8% 0,3% 100,0%

Si assiste tuttavia al ridimensionamento del ruolo femminile nell’acquisto di

questo tipo di prodotti a maggior beneficio dell’acquisto da parte dei coniugi (28,6%) e dell’acquisto congiunto da parte di tutti i membri familiari (27,2%). Più marginali sono invece le preferenze verso l’incarico esclusivo all’uomo di casa, ai figli e ad aiuti esterni alla famiglia.

Come per gli acquisti alimentari, anche per i beni non alimentari generici l’incarico affidato ai figli e agli aiuti esterni porta al 14% delle preferenze nelle classi di età più mature del decisore (rispetto al trascurabile 3%, considerando la totalità degli intervistati), a sottolineare che le problematiche di mobilità degli anziani inducono la popolazione più giovane a farsi garanti e vettori della loro spesa.

Nell’ottica di lungo periodo, con l’invecchiamento della popolazione ed il parallelo innalzamento della speranza di vita, questa situazione si presenterà con frequenza crescente, rendendo probabilmente necessaria una valutazione accorta degli effetti del fenomeno. La valutazione della relazione tra l’età dei rispondenti ed il tipo di acquirenti di beni durevoli (Tabella 4.3) rafforza la necessità di una decisione assunta dalla pluralità dei membri familiari (63,1%), in particolare dai coniugi (50%).

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204 I comportamenti di acquisto nel Veneto

Tabella 4.3: Classificazione dei rispondenti e degli acquirenti di prodotti non alimentari durevoli

Classi di età degli intervistati

18-29 30-39 40-49 50-59 60-69 70-79 80-89 90-99 Totale 10 21 46 66 69 54 19 1 286

Donna 0,6% 1,2% 2,7% 3,9% 4,1% 3,2% 1,1% 0,1% 16,9%

43 190 248 176 124 53 9 0 843 Coniugi 2,5% 11,3% 14,7% 10,4% 7,3% 3,1% 0,5% 0,0% 50,0%

20 20 48 71 45 13 5 0 222 Tutti

1,2% 1,2% 2,8% 4,2% 2,7% 0,8% 0,3% 0,0% 13,2% 17 49 58 47 29 26 8 0 234

Uomo 1,0% 2,9% 3,4% 2,8% 1,7% 1,5% 0,5% 0,0% 13,9%

2 7 9 8 11 19 12 1 69 Figli 0,1% 0,4% 0,5% 0,5% 0,6% 1,1% 0,7% 0,1% 4,1%

0 1 1 1 6 10 10 4 33 Aiuto esterno 0,0% 0,1% 0,1% 0,1% 0,4% 0,6% 0,6% 0,2% 2,0%

92 288 410 369 284 175 63 6 1.687

Acq

uire

nte

Ben

i dur

evol

i

Totale 5,4% 17,1% 24,3% 21,9% 16,8% 10,4% 3,7% 0,4% 100,0%

In secondo luogo l’utilizzo ripetuto dei beni, unito al loro valore intrinseco, attira

ovviamente l’attenzione di tutti i membri familiari. Il fatto che nell’acquisto siano impegnati più soggetti è un segnale forte della

maggiore cautela richiesta, nell’intento di evitare gli acquisti impulsivi privi di una corretta valutazione a monte delle opportunità offerte dal mercato. Sempre in questa ottica può interpretarsi la percentuale prossima al 23% di intervistati anziani che preferisce delegare l’acquisto ai figli o ad aiuti esterni: il timore di non possedere le conoscenze tecniche adeguate per sostenere un acquisto spinge tale categoria a richiedere l’ausilio di conoscenti più informati sui prodotti che andranno a acquistare, soprattutto per il ramo degli elettrodomestici, in cui è necessario il confronto delle schede funzionali dei prodotti, oltre al puro confronto dei prezzi.

4.3 Il reddito Le variabili che più condizionano il livello dei consumi, nonché la tipologia dei

beni acquistati, in termini di volume, prezzo unitario e qualità, sono costituite dal reddito e dal patrimonio. La prima delle grandezze è sicuramente la più significativa, in quanto in genere viene impiegata per i consumi correnti, mentre il patrimonio, di più difficile smobilizzo, è a disposizione per la copertura delle spese future, certe o aleatorie che siano.

La prima informazione che si è inteso ottenere dalla variabile reddito è una stima approssimativa della relazione che dovrebbe intercorrere tra la capacità di risparmio ed il livello di reddito mensile, ricordando che il tipo di classificazione del reddito familiare previsto dal questionario ne permette di conoscere la ripartizione

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4. Gli stili di acquisto 205

soltanto per scaglioni. La Tabella 4.4 espone brevemente i risultati raccolti dalle interviste: come prevedibile, la relazione tra le capacità di risparmio familiare e la classe di reddito di appartenenza è molto salda; la progressione crescente in termini di reddito va ad alimentare ad ogni passo di cambio di classe la proporzione di famiglie in grado di generare un surplus rispetto alle spese sostenute. Tabella 4.4: Scaglioni di reddito delle famiglie intervistate e capacità di risparmio

Livello di reddito mensile familiare

Meno di 1500 euro

1500-3000 euro

3000-4500 euro

Oltre 4500 euro

Non sa/ non

risponde Totale

230 378 202 97 0 907 Sì

13,7% 22,5% 12,0% 5,8% 0,0% 54,0% 240 187 53 10 0 490 No

14,3% 11,1% 3,1% 0,6% 0,0% 29,2% 0 0 0 0 283 283 Non

sa 0,0% 0,0% 0,0% 0,0% 16,8% 16,8% 470 565 255 107 283 1.680

Cap

acità

di r

ispa

rmio

Totale 28,0% 33,6% 15,2% 6,4% 16,8% 100,0%

Se si considera la proporzione di famiglie che risparmiano per ogni singola

categoria di reddito, si evidenzia la crescita esponenziale del valore percentuale. Infatti, le percentuali seguono tale percorso: da un 48,9% per la prima classe di appartenenza (0-1.500 euro) al 66,9% per lo scaglione 1.500-3.000 euro, seguito dalla categoria 3.000-4.500 euro con una percentuale di risparmiatori del 79,2% ed infine, nella classe di reddito mensile superiore ai 4.500 euro si colloca la proporzione maggiore di famiglie che risparmiano che è pari al 90,6%.

Da un punto di vista individuale la quota destinata al consumo rispetto al reddito presenta in genere un andamento decrescente al suo aumentare. Ciò si ricava dal fatto che solitamente i consumatori, quando ottengono un aumento di ricchezza, la utilizzano in parte per accrescere il consumo, in parte per il risparmio. Se questo è vero, se ne deduce che la domanda di beni di consumo cresce in misura inferiore rispetto all’aumento del reddito. Un’altra conseguenza è che distribuendo le famiglie in classi di reddito, il consumo, pur crescendo in valore assoluto al crescere del reddito totale, è relativamente decrescente al crescere della classe di reddito. Nelle fasce inferiori di reddito il consumo assorbe sostanzialmente tutti gli introiti; addirittura una parte degli acquisti può essere finanziata contraendo dei debiti. Con il diffondersi delle vendite rateali, anche gli acquisti di beni di consumo vengono parzialmente finanziati attraverso il credito bancario, agevolando il consumatore ad acquistare beni anche al di sopra del proprio reddito.

Lo studio della relazione tra il livello di reddito mensile percepito dalle famiglie intervistate ed il corrispondente livello di spesa per tutte le classi di beni oggetto di analisi fornisce in prima approssimazione alcune informazioni in merito al livello medio dei consumi in relazione alle disponibilità finanziarie degli intervistati. Si nota

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206 I comportamenti di acquisto nel Veneto

innanzitutto che, a prescindere dai livelli di spesa per i diversi prodotti, la maggioranza degli intervistati ha un reddito familiare compreso nella fascia 1.500-3.000 euro (33,5%, ovvero 40,4% se si escludono i non rispondenti a questa domanda), seguita dalla classe di reddito minore, con la frequenza relativa pari al 33,8%, mentre le frequenze vanno scemando per le due classi di reddito superiori, attestandosi rispettivamente al 18,2% e 7,6%.

Per quanto riguarda il livello di spesa familiare per i prodotti alimentari (Tabella 4.5), si nota che la maggior frequenza si ha nei 100-150 euro settimanali. Tabella 4.5: Livello di spesa per i generi alimentari in base al reddito familiare

Reddito mensile familiare ( in euro)

0 - 1.500 1.500 - 3.000

3.000 - 4.500

Oltre 4.500

Non risponde Non sa Totale

67 20 5 3 9 3 107 0 - 50

4,0% 1,2% 0,3% 0,2% 0,5% 0,2% 6,3% 174 161 63 19 59 27 503 50 -

100 10,3% 9,5% 3,7% 1,1% 3,5% 1,6% 29,8% 161 219 99 35 51 61 626 100 -

150 9,5% 13,0% 5,9% 2,1% 3,0% 3,6% 37,1% 71 165 88 50 41 36 451 Oltre

150 4,2% 9,8% 5,2% 3,0% 2,4% 2,1% 26,7% 473 565 255 107 160 127 1.687 Sp

esa

setti

man

ale

per A

limen

ti ( i

n eu

ro)

Totale 28,0% 33,5% 15,1% 6,3% 9,5% 7,5% 100,0%

La seconda, e più importante, considerazione riguarda il fatto che sembra

sussistere una forte correlazione positiva tra il livello di reddito percepito ed il livello medio di spesa della famiglia; infatti, dalla scomposizioni delle frequenze per ogni categoria di reddito, si deduce che per le famiglie meno abbienti gli acquisti alimentari si attestano ad un livello mediamente più basso rispetto a quello dei nuclei familiari più facoltosi.

Infine, esaminiamo la relazione fra il numero dei componenti familiari ed il livello raggiunto di spesa: essendo il consumo di generi alimentari la conseguenza di un bisogno del singolo individuo, si comprende che sussiste una elevata dipendenza nel livello dei consumi dall’ampiezza del nucleo familiare. Le famiglie più numerose, pertanto, sono comunque costrette a sopportare spese alimentari più consistenti, mentre dalla suddivisione dei consumi pro-capite sulla base del reddito familiare i valori più bassi di spesa alimentare si concentrano attorno alle famiglie con minori disponibilità economiche. Sempre in merito alle famiglie più numerose, possiamo confermare che esse destinano una quota più elevata della loro spesa complessiva ai generi alimentari, dato che per le altre tipologie di consumo non alimentare (arredamento ed elettrodomestici e beni non alimentari generici, eccettuato l’abbigliamento) non sussiste una relazione di proporzionalità tra il livello di spesa e la composizione familiare, beneficiando delle economie di gruppo.

Considerando il comportamento seguito dagli intervistati per quanto si riferisce

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4. Gli stili di acquisto 207

al livello di spesa mensile per l’abbigliamento e le calzature, affiora un quadro piuttosto definito: le famiglie la cui classe di reddito manifesta una minore possibilità economica (ossia quelle il cui reddito familiare è inferiore ai 3.000 euro mensili), assumono un volume di spesa nello stesso arco temporale al di sotto dei 150 euro, con una percentuale superiore ai 76 punti; ponendo l’accento esclusivamente sulla fascia più bassa di consumo (inferiore ai 100 euro mensili) la percentuale è comunque notevole, posizionandosi su una proporzione del 51,8%. In effetti in questo frangente cominciano ad emergere i primi segnali di una relazione più stringente tra il livello del reddito familiare e quello dei consumi, non più spiegabile con la diversa numerosità dei componenti familiari, bensì con differenti marketing mix e status sociali a cui aspirano i protagonisti veneti dell’indagine.

A questo proposito va evidenziato che le notevoli differenze nell’ammontare complessivo della spesa sono dovute essenzialmente alla componente della spesa non alimentare che tende ad essere più alta sulle fasce economiche più elevate, a scapito del peso esercitato dalla consistenza del nucleo familiare. Ciò è da imputare al fatto che una famiglia con una maggiore disponibilità di ricchezza ha la possibilità di destinare una quota maggiore del suo bilancio alle spese cosiddette “non indispensabili”, come quelle per la comunicazione, il tempo libero e la cultura. Tabella 4.6: Livello di spesa per l’abbigliamento e le calzature in base al reddito familiare

Reddito mensile familiare ( in euro)

0 - 1.500 1.500 - 3.000

3.000 - 4.500

Oltre 4.500

Non risponde Non sa Totale

272 226 56 19 70 47 690 0 – 100 17,3% 14,3% 3,5% 1,2% 4,4% 3,0% 43,8%

77 157 71 22 35 41 403 100 – 150 4,9% 10,0% 4,5% 1,4% 2,2% 2,6% 25,6%

34 115 70 21 26 22 288 150 – 200 2,2% 7,3% 4,4% 1,3% 1,6% 1,4% 18,3%

25 55 56 43 0 16 195 Oltre 200 1,6% 3,5% 3,5% 2,7% 0,0% 1,0% 12,4%

408 553 253 105 131 126 1.576

Spes

a m

ensi

le p

er A

bbig

liam

ento

e

calz

atur

e (i

n eu

ro)

Totale 25,9% 35,1% 16,0% 6,7% 8,3% 8,0% 100,0%

La forte relazione traspare anche dall’analisi del livello di spesa dei rispondenti

con un reddito superiore ai 4.500 euro: in questa categoria le percentuali sembrano mutare in maniera uguale ed opposta rispetto a quella delle classi meno agiate, dal momento che il massimo delle frequenze (40,9%) è concentrato sull’ammontare di spesa superiore ai 200 euro mensili, mentre a seguire sono le due fasce centrali, ciascuna con il 20% delle preferenze; infine, il volume minimo di spesa (0-100 euro), non supera il 18% delle preferenze.

Il ramo degli accessori richiede una precisazione sull livello della spesa mensile sostenuta: la rilevanza piuttosto limitata di questo tipo di prodotti nella vita

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208 I comportamenti di acquisto nel Veneto

quotidiana familiare giunge dalla proporzione dell’89% di soggetti che mensilmente non spende oltre 100 euro, con una proporzione di adesione al di sotto dei 50 euro che coinvolge il 51,7% del campione. Un elemento di notevole importanza è poi la distribuzione percentuale delle classi di spesa in riferimento ad ogni singola caratterizzazione del reddito. Se si presta attenzione alla struttura di ripartizione si coglie con una certa immediatezza che, a prescindere dal livello di disponibilità finanziarie delle famiglie, le preferenze seguono lo stesso schema decrementale al passaggio da uno scaglione di spesa al successivo. In conclusione, possiamo affermare con ragionevole precisione che la qualità dei beni non alimentari generici di tipo accessorio non è così rilevante per i consumatori veneti, non più di tanto interessati a sostenere dei costi eccessivi per i prodotti di punta del ramo. Tabella 4.7: Livello di spesa per accessori in base al reddito familiare

Reddito mensile familiare ( in euro)

0 - 1.500 1.500 - 3.000

3.000 - 4.500

Oltre 4.500

Non risponde Non sa Totale

129 196 90 28 43 46 532 0 - 50 12,5% 19,1% 8,7% 2,7% 4,2% 4,5% 51,7%

63 157 71 39 27 26 383 50 - 100 6,1% 15,3% 6,9% 3,8% 2,6% 2,5% 37,3%

6 21 23 15 5 7 77 100 - 150 0,6% 2,0% 2,2% 1,5% 0,5% 0,7% 7,5%

7 8 10 5 3 3 36 Oltre 150 0,7% 0,8% 1,0% 0,5% 0,3% 0,3% 3,5%

205 382 194 87 78 82 1.028

Spes

a m

ensi

le p

er A

cces

sori

(in

euro

)

Totale 19,9% 37,2% 18,9% 8,5% 7,6% 8,0% 100,0%

In riferimento alla spesa annua sostenuta per i beni di arredamento è

necessario precisare che il campione di riferimento che ha risposto alla domanda sulla spesa annua è di molto inferiore rispetto alla stessa problematica per le altre tipologie di spesa: la ragione deve essere ricercata nel fatto che ben il 72,9% degli intervistati non effettua l’acquisto di questo genere di prodotti (per maggior precisione è opportuno specificare che i non acquirenti ammontano a 1.241 unità, su 1.703 che sono giunte fino al completamento dell’intero questionario).

Se si dovesse di conseguenza ridefinire la tabella vagliando anche le risposte di coloro che non acquistano affatto gli articoli d’arredamento otterremmo una distribuzione marcatamente diversa, dal momento che oltre un migliaio di intervistati dovrebbe essere posizionato nel primo raggruppamento di spesa (0-1.500 euro annui), con una proporzione sul totale delle interviste ultimate che si aggira sull’86,1%. Analizzando il solo comportamento dei consumatori acquirenti dell’arredamento, tenuto conto delle dovute precisazioni in merito alla rappresentatività più ridotta di questo campione, possiamo dire che non sussistono differenze marcate nei livelli di spesa tra le diverse classi di reddito.

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4. Gli stili di acquisto 209

Tabella 4.8: Livello di spesa per arredamento in base al reddito familiare

Reddito mensile familiare ( in euro)

0 - 1.500 1.500 - 3.000

3.000 - 4.500

Oltre 4.500

Non risponde Non sa Totale

43 92 43 18 18 11 225 0 – 1.500 8,6% 18,4% 8,6% 3,6% 3,6% 2,2% 44,9%

15 58 26 11 6 7 123 1.500 – 3.000 3,0% 11,6% 5,2% 2,2% 1,2% 1,4% 24,6%

4 24 20 10 5 7 70 3.000 – 4.500 0,8% 4,8% 4,0% 2,0% 1,0% 1,4% 14,0%

9 25 20 16 6 7 83 Oltre 4.500 1,8% 5,0% 4,0% 3,2% 1,2% 1,4% 16,6%

71 199 109 55 35 32 501 Totale 14,2% 39,7% 21,7% 11,0% 7,0% 6,4% 100,0%

Ovviamente sussistono delle diverse sfumature nelle distribuzioni, dovute al

fatto che la minor propensione all’acquisto appartiene ai titolari familiari dei redditi più bassi: la fascia economica al di sotto dei 1.500 euro mensili vanta un livello di spesa annua per arredamento non superiore ai 1.500 euro in percentuale pari al 60,6% delle preferenze, contro i valori rispettivamente del 46,2%, 39,4% e 32,7% degli altri tre scaglioni di reddito successivi.

Senza soffermarci troppo su una valutazione statistica del fenomeno, è comunque importante chiarire che sembra esistere una tendenza al decremento delle preferenze al passaggio da ogni intervallo di spesa al successivo, per tutti gli scaglioni di reddito inferiori ai 4.500 euro mensili. Per la gamma economica più abbiente, al contrario, la distribuzione assume il massimo delle preferenze nella classe di spesa più modesta (circa il 32,7% delle scelte per questa fascia di reddito), seguita di qualche lunghezza dalla spesa superiore ai 4.500 euro annui (29,1%), mentre ultime sono le due classi centrali di spesa, ciascuna rispettivamente con una percentuale prossima ai 20 punti percentuali.

La spiegazione di questo comportamento inatteso, a nostro parere, è più il frutto di una casualità nell’estrazione del campione, che non di un vero e proprio modello specifico sottostante all’azione delle famiglie più abbienti. Rimane infine da segnalare che ad aver coadiuvato l’espansione dell’ammontare degli acquisti per le categorie meno benestanti può aver assunto rilievo la possibilità ormai affermata di scegliere anche il pagamento rateale dei prodotti.

Nell’ultima parte di questo paragrafo è proposta la valutazione della dotazione di elettrodomestici acquistata mediamente dal rispondente nell’ultimo anno. L’analisi del ramo degli elettrodomestici risulta essere più affidabile, in quanto il campione è significativo, essendo in concreto raddoppiato rispetto alla sezione appena considerata, per un ammontare di 977 unità, contro le 501 precedenti. La relazione tra il livello di spesa ed il reddito annui sembra molto meno pronunciata rispetto a quanto detto per il ramo del vestiario: se si osservano le percentuali di ripartizione per ogni livello di reddito del plateau di spesa, si nota che le proporzioni rimangono pressoché invariate. In questo caso non sembra essere fondata l’ipotesi

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210 I comportamenti di acquisto nel Veneto

di un elemento che discrimina nel livello dei consumi dettato dalle disponibilità finanziarie familiari, dal momento che all’aumentare dello scaglione di spesa la proporzione di adesioni va scemando gradualmente con regressioni sostanzialmente simili. Tabella 4.9: Livello di spesa per gli elettrodomestici in base al reddito mensile familiare

Reddito mensile familiare ( in euro)

0 - 1.500 1.500 - 3.000

3.000 - 4.500

Oltre 4.500

Non risponde Non sa Totale

156 282 134 55 58 59 744 0 – 1.500 16,0% 28,9% 13,7% 5,6% 5,9% 6,0% 76,2%

28 58 36 17 5 11 155 1.500 – 3.000 2,9% 5,9% 3,7% 1,7% 0,5% 1,1% 15,9%

7 20 13 7 3 3 53 3.000 – 4.500 0,7% 2,0% 1,3% 0,7% 0,3% 0,3% 5,4%

4 7 3 7 2 2 25 Oltre 4.500 0,4% 0,7% 0,3% 0,7% 0,2% 0,2% 2,5%

195 367 186 86 68 75 977 Spes

a an

nua

per E

lettr

odom

estic

i

(in

eur

o)

Totale 20,0% 37,6% 19,0% 8,8% 6,9% 7,7% 100,0%

Da ultimo si segnalano anche i limiti che le analisi appena svolte hanno

incontrato: sia per l’arredamento che per gli elettrodomestici l’utilizzo dei prodotti è proiettato in un arco temporale di medio-lungo periodo. La conseguenza è che questi beni tipicamente non sono ricercati con assiduità dal consumatore, ma, al contrario, seguono un processo di aggiornamento soltanto parziale o di rinnovamento complessivo ad intervalli temporali estesi.

Il problema emerge, pertanto, se si considera che non necessariamente il consumatore ha provveduto ad ammodernare le proprie dotazioni di questi articoli nel corso dell’anno trascorso; all'opposto l’ipotesi di completo rinnovo è alquanto remota, soprattutto per i beni d’arredamento, dal momento che il loro utilizzo medio può tranquillamente spingersi su un arco temporale di dieci-quindici anni. A voler essere più accurati nell’analisi critica l’informazione più accorta potrebbe essere stata quella di precisare il livello di spesa medio familiare, dato dalla suddivisione della spesa sostenuta dalla costituzione del nucleo familiare per l’arredamento e gli elettrodomestici per il numero di anni di vita utile attesa di questi, come in una sorta di ammortamento riferito, nel nostro caso, alle famiglie.

In secondo luogo, se consideriamo la spesa sostenuta come incremento della dotazione familiare già esistente, è chiaro che nelle famiglie più agiate la consistenza della gamma di articoli durevoli è più sostenuta rispetto alle altre, per cui la previsione d’acquisto sarà inferiore alla media. La spiegazione a questo dato non è rappresentata da una minore propensione futura all’acquisto di beni durevoli, bensì va ricercata nella già oltremodo satura disponibilità di beni durevoli da parte delle famiglie venete benestanti.

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4. Gli stili di acquisto 211

4.4 Generi alimentari

Il primo obiettivo dell’analisi congiunta relativa ai generi alimentari è quello di circoscrivere le caratteristiche salienti dei consumatori che preferiscono acquistare beni specifici in una pluralità di punti di vendita; in secondo luogo prenderemo in esame il comportamento di coloro che, al contrario, preferiscono acquistare i beni di tipo alimentare in un unico punto vendita. Quindi, definiremo le differenze che emergono nelle abitudini di acquisto tra le due categorie di consumatori.

4.4.1 Acquisti presso esercizi diversi

Procediamo, dunque, con la valutazione che il consumatore fornisce rispetto al suo modo di operare nell’acquisto di beni alimentari, soffermandoci prima di tutto sulle frequenze che sono un importante elemento chiarificatore delle decisioni adottate dal consumatore. Per semplificare il processo di confronto nelle scelte attuate è proposta un’analisi di previsione dell’accostamento delle frequenze tra i generi alimentari che, almeno in linea teorica, presentano una possibile relazione di andamento, succedute poi dalla valutazione effettiva dei luoghi in cui i consumatori sono soliti provvedere ai loro acquisti.

Dall’osservazione delle frequenze di acquisto di pane e latte in rapporto a quelle di frutta e verdura risulta evidente che mentre le prime si concentrano sostanzialmente in un lasso temporale molto ristretto, praticamente quotidiano, per la seconda categoria di alimenti la regolarità di acquisto è catalizzata attorno al paio di uscite settimanali. Come era facile attendersi, l’estrema deperibilità di latticini e pane, unita alla forte impronta culturale della tradizione veneta di uso sistematico di questi prodotti nell’alimentazione quotidiana, comporta l’abitudine consolidata del consumatore di rivolgersi al mercato con estrema frequenza.

Per frutta e verdura la frequenza è più ridotta semplicemente per effetto di una più duratura qualità dei prodotti, favorita anche dall’utilizzo di celle frigorifere che ne mantengono pressoché inalterate le caratteristiche organolettiche di prodotti freschi.

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212 I comportamenti di acquisto nel Veneto

Tabella 4.10: Frequenze d’acquisto di pane-latte e frutta-verdura

Frequenze Frutta e verdura Tutti i

giorni 3-4 a

settimana 1-2 a

settimana Ogni 15 gg Più di rado Totale

66 277 514 16 15 888 Tutti i giorni 4,9% 20,5% 38,1% 1,2% 1,1% 65,8%

12 64 132 2 5 215 3-4 a settimana 0,9% 4,7% 9,8% 0,1% 0,4% 15,9%

9 34 154 3 4 204 1-2 a settimana 0,7% 2,5% 11,4% 0,2% 0,3% 15,1%

2 0 8 2 0 12 Ogni 15 gg 0,1% 0,0% 0,6% 0,1% 0,0% 0,9%

1 8 18 2 2 31 Più di rado 0,1% 0,6% 1,3% 0,1% 0,1% 2,3%

90 383 826 25 26 1.350

Freq

uenz

e Pa

ne e

latte

Totale 6,7% 28,4% 61,2% 1,8% 1,9% 100,0%

Ponendo in relazione le frequenze di acquisto della carne e del pesce (Tabella

4.11), si evince la presenza di una struttura piuttosto consolidata di acquisto: la maggioranza degli intervistati preferisce l’acquisto settimanale di entrambi i prodotti, a seguire quello quindicinale e saltuario. Dal quadro si comprende, comunque, che la frequenza degli acquisti di carne sia mediamente più elevata rispetto a quella di pesce, sintomo che il consumatore veneto ha una più spiccata preferenza alimentare per la prima rispetto ai prodotti ittici: a sottolineare questo dato si nota che l’acquisto di pesce avviene ad intervalli temporali lunghi, come sostiene ben il 25,8% degli intervistati. Data la breve capacità conservativa del pesce fresco, con tempi di consumazione piuttosto ridotti che non rendono convenienti grossi acquisti con stoccaggio parziale dei prodotti, si deduce come la bassa frequenza degli approvvigionamenti si accompagna ad un parallelo modico consumo familiare dei prodotti freschi del mare.

Sempre in tema di generi alimentari acquistati in negozi differenti, trasferiamo la nostra attenzione agli alimenti a lunga conservazione. Per poter tracciare il comportamento d’acquisto di questo tipo di beni, appare adeguato operare un confronto mirato rispetto agli acquisti più frequenti, ossia quelli di pane e latte, data la loro rapida deperibilità. Come si intuisce dalla Tabella 4.12, le frequenze d’acquisto dei prodotti a lunga conservazione aumentano rispetto a quelle dei prodotti avariabili in un arco temporale breve, anche se il distacco non risulta così marcato. Se, infatti, si considera che la maggioranza degli intervistati (52,3%) che frequentano negozi distinti vi accede per l’acquisto di prodotti alimentari a lunga conservazione con frequenza settimanale, il dato non sembra discostarsi più di tanto rispetto alle frequenze di acquisto di beni deperibili, come carne o pesce.

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4. Gli stili di acquisto 213

Tabella 4.11: Frequenze d’acquisto di carne e pesce

Frequenze Pesce

3-4 a settimana

1-2 a settimana Ogni 15 gg Più di rado Totale

0 9 1 2 12 Tutti i giorni 0,0% 0,7% 0,1% 0,1% 0,9%

4 48 10 15 77 3-4 a settimana 0,3% 3,6% 0,7% 1,1% 5,7%

22 448 161 160 791 1-2 a settimana 1,6% 33,5% 12,0% 11,9% 59,1%

5 110 56 78 249 Ogni 15 gg 0,4% 8,2% 4,2% 5,8% 18,6%

6 84 29 91 210 Più di rado 0,4% 6,3% 2,2% 6,8% 15,7%

37 699 257 346 1.339

Freq

uenz

e C

arne

Totale 2,8% 52,2% 19,2% 25,8% 100,0%

Tabella 4.12: Frequenze d’acquisto di pane-latte e prodotti alimentari a lunga conservazione

Frequenze Prodotti a lunga conservazione

Tutti i giorni

3-4 a settimana

1-2 a settimana

Ogni 15 gg

1 volta al mese

Più di rado Totale

19 44 477 214 109 18 881 Tutti i giorni 1,4% 3,3% 35,6% 16,0% 8,1% 1,3% 65,8%

3 16 114 54 22 3 212 3-4 a settimana 0,2% 1,2% 8,5% 4,0% 1,6% 0,2% 15,8%

0 4 94 75 25 6 204 1-2 a settimana 0,0% 0,3% 7,0% 5,6% 1,9% 0,4% 15,2%

0 0 3 7 2 0 12 Ogni 15 gg 0,0% 0,0% 0,2% 0,5% 0,1% 0,0% 0,9%

0 1 12 5 9 3 30 Più di rado 0,0% 0,1% 0,9% 0,4% 0,7% 0,2% 2,2%

22 65 700 355 167 30 1.339

Freq

uenz

e Pa

ne e

latte

Totale 1,6% 4,8% 52,3% 26,5% 12,5% 2,2% 100,0%

Il secondo elemento su cui porre l’accento è il fatto che la distribuzione delle

frequenze è comunque maggiormente orientata verso l’acquisto più sporadico, dato che complessivamente gli acquisti ultrasettimanali riguardano il 41,2%, mentre più acquisti infrasettimanali coinvolgono soltanto il 6,5% dei rispondenti. Se volessimo avanzare qualche ipotesi a spiegazione di questo comportamento,

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214 I comportamenti di acquisto nel Veneto

potremmo supporre la volontà del consumatore di ricercare condizioni economiche di prezzo più favorevoli dei prodotti attraverso il costante monitoraggio del proprio mercato di riferimento, unita ad un’ampia presenza della rete distributiva nei pressi dell’abitazione del cliente, tale da rendere in ogni caso sostenibili i costi di trasporto per la ricerca dei prodotti.

Per concludere, la rappresentazione del modello di comportamento degli acquirenti riferito ai prodotti alimentari a lunga conservazione ha evidenziato due aspetti di rilievo: da un lato sembra che il consumatore preferisca comunque l’acquisto settimanale, nonostante la data di scadenza si protragga ben oltre l’intervallo temporale tra un acquisto ed il successivo, come ad indicare che non voglia immobilizzare il proprio reddito per lunghi periodi in scorte di prodotti; dall’altro si concretizza lo spostamento del baricentro nella tipologia di esercizio dal negozio specializzato tradizionale al supermercato di quartiere nel passaggio dai beni alimentari freschi a quelli durevoli. 4.4.2 Acquisti presso lo stesso esercizio commerciale

La restante parte del paragrafo è dedicata all’analisi del comportamento di quella minoranza di intervistati (22%) che ha espresso la preferenza per l’acquisto congiunto di tutti i prodotti di tipo alimentare, sia deperibili che a lunga conservazione. In merito si può anzitutto precisare che per questa categoria di soggetti l’indagine è stata compiuta in modo molto più specifica, data la maggiore rapidità nella trattazione dei dati dettata dalla semplificazione e concentrazione delle domande che riguardano tutte le tipologie di prodotti alimentari.

Occupiamoci innanzitutto della distanza che separa l’abitazione dal negozio in cui i consumatori acquistano tutti i prodotti alimentari, nonché dell’eventuale legame con l’ubicazione degli esercizi commerciali, alla luce dei dati contenuti nella Tabella 4.13. Esaminando la tabella è immediato rilevare che le maggiori percentuali di frequenza relative al binomio distanza/localizzazione si orientano in due gruppi piuttosto isolati: da un lato la minima classe di distanza verso le zone più centrali della città (20,9%), dall’altro le aree periferiche con una percorrenza di oltre tre chilometri (22%).

Un secondo elemento che deve essere evidenziato è l’andamento di frequenza tra le zone centrali e quelle periferiche in base alla distanza di percorrenza: mentre il numero di soggetti che si reca presso le zone centrali decresce all’innalzamento della distanza, per le zone periferiche l’andamento è opposto, con l’incremento della numerosità all’aumentare della distanza.

Una motivazione di tipo socio-economico a questo comportamento particolare può essere fornita solo se si considera che in genere le attività commerciali nelle zone centrali della città sono di piccole dimensioni, anche alla luce dei problemi di difficoltà viaria e di parcheggio, mentre nelle zone periferiche la disponibilità degli spazi è superiore e ad un costo più basso, facilitando la costruzione di esercizi più ampi. Il consumatore, che presumibilmente acquista tutti i generi alimentari in un unico negozio per risparmiare tempo e costi di transazione (trasporto), sarà propenso a rivolgersi agli esercizi più modesti, con una gamma di offerta minore, solo se la distanza da percorrere è più esigua, mentre se preferisce una gamma

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4. Gli stili di acquisto 215

più ampia di prodotti percorrerà distanze maggiori verso la periferia al fine di optare per gli esercizi di medie dimensioni.

Tabella 4.13: Distanza e localizzazione centro-periferica degli esercizi commerciali

Localizzazione Centro Periferia Totale

38 17 55 0-500 m

20,9% 9,3% 30,2% 13 20 33 500 m-1km

7,1% 11,0% 18,1% 12 30 42 1-3 km

6,6% 16,5% 23,1% 12 40 52

Oltre 3 km 6,6% 22,0% 28,6%

75 107 182

Dis

tanz

a

Totale 41,2% 58,8% 100,0%

Tabella 4.14: Acquisti congiunti per esercizio e distanza dall’abitazione

Distanza percorsa 0-500m 500m-1km 1-3 km Oltre 3 km Totale

8 2 3 2 15 Negozio tradizionale 3,5% 0,9% 1,3% 0,9% 6,5%

56 30 44 40 170 Supermercato24,2% 13,0% 19,0% 17,3% 73,6%

2 4 5 19 30 Ipermercato 0,9% 1,7% 2,2% 8,2% 13,0%

0 1 0 0 1 Hard discount

0,0% 0,4% 0,0% 0,0% 0,4% 3 1 2 7 13 Centro

commerciale 1,3% 0,4% 0,9% 3,0% 5,6% 0 1 0 0 1 Mercato

rionale 0,0% 0,4% 0,0% 0,0% 0,4% 0 0 1 0 1 Vendita a

domicilio 0,0% 0,0% 0,4% 0,0% 0,4% 69 39 55 68 231

Luog

hi d

’acq

uist

o

Totale 29,9% 16,9% 23,8% 29,4% 100,0%

L’analisi comparata dei tipi di negozio con la distanza percorsa (Tabella 4.14)

porta a constatare, purtroppo con un inevitabile margine di errore, la veridicità della tesi proposta, poiché i piccoli negozi tradizionali ed i supermercati di quartiere sono

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216 I comportamenti di acquisto nel Veneto

scelti con una frequenza più elevata se presenti in prossimità dell’abitazione dei consumatori, mentre le strutture di maggiori dimensioni, come gli ipermercati ed i centri commerciali, sono scelti anche se è necessario coprire distanze maggiori, pur di trarre beneficio da un più vasto assortimento di prodotti. A prescindere da questa osservazione, è indubbio il ruolo di traino dei supermercati nella soddisfazione delle esigenze dei clienti che optano per l’acquisto congiunto. Infatti, la percentuale di intervistati che ha scelto abitualmente per i propri acquisti il supermercato (73,6%) non dà adito ad alcun dubbio sulla capacità di questa forma di esercizi di soddisfare la molteplicità di esigenze avvertite dal pubblico, archetipo di un modello innovativo di compiere acquisti senza dover provvedere a recarsi in più esercizi distinti per la spesa quotidiana e, nello stesso tempo, beneficiando del vantaggio in termini di prezzo contenuto grazie ai considerevoli volumi di vendita che queste strutture sono in grado di offrire.

Il dato è ulteriormente indicativo del fenomeno sottostante se si considerano oltre ai supermercati anche gli ipermercati, che, ricordiamo, differiscono indicativamente solo per le dimensioni della superficie di vendita, ma non per la strategia di vendita perseguita, in modo da ottenere il grado di copertura di questo bacino di utenza circa all’86,6%. Sembra, inoltre, trovare conferma l’inadeguatezza del negozio tradizionale (6,5%) nell’assicurare la giusta composizione merceologica affinché gli utenti vi si rechino per gli acquisti di tutti i tipi di beni alimentari.

Ci preoccupiamo ora di stabilire il livello di fedeltà rispetto al negozio manifestato da quei consumatori che hanno dichiarato di effettuare gli acquisti generalmente nello stesso tipo di esercizio. Per dare la possibilità all’intervistato di ricredersi sulle affermazioni precedenti, riguardanti il fatto che questo si reca abitualmente presso un’unica tipologia di negozio, è stata utilizzata la tecnica dell’introduzione di un’opzione di risposta non concordante con le domande filtro precedenti, con lo scopo di verificare l’attendibilità delle risposte fornite e nello stesso tempo di correggere eventuali distorsioni che può provocare l’intervista telefonica.

Se si considera la distribuzione delle scelte con l’adesione ad un unico negozio, oppure ad un’altra tipologia ovvero a diversi tipi, subito si pone in risalto come il 16,1% degli intervistati, che dichiarano di frequentare un’unica struttura commerciale, abbia implicitamente ritrattato la propria dichiarazione, probabilmente perché ignorava nella fase precedente la specificità di tutte le classi di consumo alimentare soggette ad analisi.

In ogni caso la frequenza più ricorrente delle preferenze si concentra nell’acquisto congiunto in un unico supermercato di quartiere (44,5% nella forma originale, 53,1% se si eliminano le interviste con ritrattazione della dichiarazione). Assodata la netta maggioranza espressa in favore del supermercato di quartiere, è importante anche fornire un’interpretazione più generale del fenomeno, valutando il peso specifico esercitato dalla preferenza per un unico esercizio per gli alimentari: il 60,4% originario (72%) se corretto, predilige optare per questa scelta di raccolta dell’intero fabbisogno alimentare, tale da confermare, perlomeno in via indiretta, la necessità di contenere i costi di transazione e soprattutto il tempo che richiede la frequenza di più negozi.

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4. Gli stili di acquisto 217

Tabella 4.15: Livello di fedeltà al negozio per i beni alimentari

Livello di fedeltà al negozio

Stesso tipo di negozio Stesso negozio Tipo diverso di

negozio Totale

1 15 2 18 Negozio tradizionale 0,3% 3,9% 0,5% 4,7%

75 171 40 286 Supermercato di quartiere 19,5% 44,5% 10,4% 74,5%

12 30 12 54 Ipermercato

3,1% 7,8% 3,1% 14,1% 0 1 2 3

Hard discount0,0% 0,3% 0,5% 0,8%

2 13 5 20 Centro commerciale 0,5% 3,4% 1,3% 5,2%

0 1 0 1 Mercato rionale 0,0% 0,3% 0,0% 0,3%

0 1 0 1 Vendita a domicilio 0,0% 0,3% 0,0% 0,3%

0 0 1 1 Assistenza sociale 0,0% 0,0% 0,3% 0,3%

90 232 62 384

Luog

hi d

’acq

uist

o de

i pro

dotti

alim

enta

ri

Totale 23,4% 60,4% 16,1% 100,0%

Il confronto tra le preferenze di pane-latte e frutta-verdura in termini di

frequenze d’acquisto (Tabella 4.16) presenta una componente di assoluta originalità; infatti, è palese cogliere una struttura di frequenze differente rispetto a quella già menzionata. Se continuano a dominare nelle scelte l’acquisto settimanale (57%) ed infrasettimanale (38,5%) per quanto concerne il fabbisogno di frutta e verdura, per latte e pane freschi la concentrazione dell’acquisto giornaliero passa in buona parte verso l’acquisto settimanale (47,5% del primo contro un 29,2% del secondo, rispetto al 65,8% e 15,1% rispettivamente per coloro che realizzano l’acquisto disgiunto dei prodotti).

Un’altra considerazione degna di nota è che il fatto di recarsi quotidianamente in un punto vendita per l’acquisto di pane e latte può inficiare la scelta delle frequenze d’acquisto degli altri prodotti della terra, in una sorta di subordinazione di queste, nella misura in cui il consumatore, sapendo di doversi recare nel negozio con una certa continuità, preferisce optare per acquisti di più modesta entità in termini quantitativi più frequenti anche per i prodotti con scadenza protratta.

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218 I comportamenti di acquisto nel Veneto

Tabella 4.16: Frequenze d’acquisto di latte-pane e frutta-verdura

Frequenza acquisti Frutta e verdura

Tutti i giorni

3-4 a settimana

1-2 a settimana Ogni 15 gg Più di rado Totale

35 56 83 3 2 179 Tutti i giorni 9,3% 14,8% 22,0% 0,8% 0,5% 47,5%

3 25 31 0 1 60 3-4 a settimana 0,8% 6,6% 8,2% 0,0% 0,3% 15,9%

4 13 85 3 5 110 1-2 a settimana 1,1% 3,4% 22,5% 0,8% 1,3% 29,2%

1 2 6 2 0 11 Ogni 15 gg 0,3% 0,5% 1,6% 0,5% 0,0% 2,9%

1 5 10 0 1 17 Più di rado 0,3% 1,3% 2,6% 0,0% 0,3% 4,5%

44 101 215 8 9 377

Freq

uenz

a ac

quis

ti La

tte e

pan

e

Totale 11,7% 26,8% 57,0% 2,1% 2,4% 100,0%

Tabella 4.17: Frequenze d’acquisto di carne e pesce

Frequenza acquisti Pesce

Tutti i giorni

3-4 a settimana

1-2 a settimana Ogni 15 gg Più di rado Totale

0 3 6 2 3 14 Tutti i giorni 0,0% 0,8% 1,6% 0,5% 0,8% 3,7%

0 2 12 3 8 25 3-4 a settimana 0,0% 0,5% 3,2% 0,8% 2,1% 6,7%

1 5 135 38 60 239 1-2 a settimana 0,3% 1,3% 36,1% 10,2% 16,0% 63,9%

1 1 15 21 23 61 Ogni 15 gg 0,3% 0,3% 4,0% 5,6% 6,1% 16,3%

0 0 15 3 17 35 Più di rado 0,0% 0,0% 4,0% 0,8% 4,5% 9,4%

2 11 183 67 111 374

Freq

uenz

a ac

quis

ti C

arne

Totale 0,5% 2,9% 48,9% 17,9% 29,7% 100,0%

L’analisi delle caratteristiche di comportamento degli acquisti di prodotti

alimentari a lunga conservazione conferma sostanzialmente la tendenza già consolidata di scegliere come soluzione di privilegiare la provvista settimanale, accentuando in ogni caso il ricorso sporadico al mercato, comprovato dalla circostanza che gli acquisti bisettimanale e mensile raccolgono il 37,9% dei consensi.

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4. Gli stili di acquisto 219

Tabella 4.18: Frequenze d’acquisto di pane-latte e prodotti a lunga conservazione

Frequenza acquisti Prodotti a lunga conservazione

Tutti i giorni

3-4 a settimana

1-2 a settimana Ogni 15 gg Più di rado Totale

5 7 93 58 15 178 Tutti i giorni 1,3% 1,9% 24,8% 15,5% 4,0% 47,5%

0 7 29 20 4 60 3-4 a settimana 0,0% 1,9% 7,7% 5,3% 1,1% 16,0%

0 1 76 24 9 110 1-2 a settimana 0,0% 0,3% 20,3% 6,4% 2,4% 29,3%

0 0 3 4 3 10 Ogni 15 gg 0,0% 0,0% 0,8% 1,1% 0,8% 2,7%

0 0 12 4 1 17 Più di rado 0,0% 0,0% 3,2% 1,1% 0,3% 4,5%

5 15 213 110 32 375

Freq

uenz

a ac

quis

ti P

ane

e la

tte

Totale 1,3% 4,0% 56,8% 29,3% 8,5% 100,0%

In conclusione, lo studio del comportamento d’acquisto per i generi alimentari

non ha riservato particolari elementi di novità e si è limitato a confermare le intuizioni che apparivano fondate su semplici percezioni. Nel breve spaccato della realtà osservata è emerso che per i beni di consumo quotidiano (pane e latte) la ricerca della massima qualità e fragranza spinge a far visita giornaliera ai negozi (nella maggioranza dei casi sono esercizi tradizionali), mentre per carne e pesce, pur se acquistati negli esercizi di prossimità, l’afflusso tende a ridursi verso l’acquisto settimanale o addirittura quindicinale; per i prodotti a lunga conservazione, il leader è il supermercato di quartiere, con una frequenza molto simile a quella appena descritta. La situazione si presenta parzialmente difforme per i beni ad acquisto congiunto, dato che per questi il riferimento dominante è relativo al supermercato di quartiere. Anche le frequenze tendono a differire, per effetto della dilatazione dell’arco temporale fra un acquisto ed il successivo, sempre prossimo alla settimana. 4.5 Generi non alimentari generici

Questo paragrafo si propone di evidenziare le caratteristiche comportamentali salienti degli famiglie venete nei due rami che contraddistinguono le tipologie di beni in esame: l’abbigliamento congiunto alle calzature e gli accessori per la casa e la persona. Dato che in questo caso le variabili considerabili presentano una numerosità campionaria ridotta, non si reputa necessario scomporre l’analisi nei due sottogruppi, bensì appare più ragionevole uno studio globale del settore.

Osserviamo innanzitutto il modo in cui i soggetti si fanno carico di decidere se e dove acquistare i beni generici non alimentari. La Tabella 4.19 illustra come ad assumere le decisioni intervengano in maniera superficiale i figli e gli uomini di

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220 I comportamenti di acquisto nel Veneto

casa in totale autonomia, nonché eventuali aiuti esterni, dato che nel complesso non ricoprono che il 2,9% del campione. Tabella 4.19: Modalità di decisione d’acquisto e ripartizione familiare

Acquirente Beni generici

Donna Coniugi Tutti Uomo Figli Aiuto esterno Totale

194 318 225 3 11 1 752 Discussa

12,9% 21,1% 15,0% 0,2% 0,7% 0,1% 50,0% 307 176 240 13 14 2 752 Come al

solito 20,4% 11,7% 16,0% 0,9% 0,9% 0,1% 50,0% 501 494 465 16 25 3 1.504 A

dozi

one

deci

sion

e

Totale 33,3% 32,8% 30,9% 1,1% 1,7% 0,2% 100,0%

Non esiste invece una maggioranza chiara nel modo in cui la decisione si

forma, a causa dell’equa ripartizione tra le risposte in favore di una discussione familiare e le altre. Poiché il valore intrinseco dei beni discussi in genere è modesto, la discussione preventiva può essere tralasciata; inoltre, giacché gli acquisti riguardano spesso il ramo degli accessori per la casa e la persona, il pubblico femminile si intuisce che è maggiormente predisposto ad assumere la decisione (33,3%). Se, tuttavia, si esamina con maggiore attenzione la tabella, la decisione assunta dai coniugi unita a quella di tutti i componenti familiari è in maggioranza (63,8%): ciò può essere interpretato se si considera che nella sezione sono compresi l’abbigliamento e le calzature, ossia beni che presentano un forte impulso soggettivo dettato dal gusto personale dell’utilizzatore finale.

La prima variabile da considerare concerne le frequenze comparate di acquisto di abbigliamento e calzature con quelle degli accessori in genere. Dal confronto tra frequenze (Tabella 4.20) si coglie la sporadicità degli acquisti di accessori; infatti, il 41,1% degli intervistati non provvede ad acquistarli nel corso dell’anno per due ragioni: la prima motivazione è che li ha già acquistati in tempi passati e sono ancora utili, la seconda è che nella stragrande maggioranza dei casi questi oggetti provengono da doti o regali matrimoniali. Anche nell’ipotesi di derivazione dei beni da un acquisto familiare, la frequenza è bassa, dato che il 38% fa fronte all’impegno con un massimo di un paio di acquisti annui, suffragando così lo scarso interesse dimostrato dagli intervistati per questa classe di acquisti.

Per il ramo dell’abbigliamento e delle calzature la situazione si presenta migliore, sopratutto perché è soltanto il 6,5% degli interpellati che non si occupa di questo tipo di acquisti, comunemente in ragione della produzione propria e di omaggi ricevuti da parenti ed amici. Le risposte in questo caso tendono a concentrarsi attorno all’acquisto quadrimestrale (34,9%), seguito di misura da quello semestrale ed annuo (27,6%) ed infine da quello mensile (16%).

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4. Gli stili di acquisto 221

Tabella 4.20: Frequenze d’acquisto dell’abbigliamento e degli accessori

Frequenze Accessori

1-2 volte l’anno

3-4 volte l’anno

5-8 volte l’anno

1 volta al mese

Più volte al mese Mai Totale

156 28 4 7 2 276 473 1-2 volte l’anno 9,1% 1,6% 0,2% 0,4% 0,1% 16,1% 27,6%

277 77 18 19 0 207 598 3-4 volte l’anno 16,2% 4,5% 1,0% 1,1% 0,0% 12,1% 34,9%

80 42 16 5 1 62 206 5-8 volte l’anno 4,7% 2,4% 0,9% 0,3% 0,1% 3,6% 12,0%

107 61 26 28 1 51 274 1 volta al mese 6,2% 3,6% 1,5% 1,6% 0,1% 3,0% 16,0%

21 10 2 7 3 6 49 Più volte al mese 1,2% 0,6% 0,1% 0,4% 0,2% 0,3% 2,9%

9 1 0 0 0 101 111 Mai 0,5% 0,1% 0,0% 0,0% 0,0% 5,9% 6,5% 650 219 66 66 7 703 1.711

Freq

uenz

e A

bbig

liam

ento

e c

alza

ture

Totale 38,0% 12,8% 3,9% 3,9% 0,4% 41,1% 100,0%

Tabella 4.21: Livello di fedeltà al negozio per l’abbigliamento e le calzature

Livello di fedeltà al negozio

Stesso tipo di negozio Stesso negozio Tipo diverso di

negozio Totale

379 133 440 952 Negozio tradizionale 22,1% 7,8% 25,7% 55,6%

43 11 84 138 Esercizio c/o c.commerciale 2,5% 0,6% 4,9% 8,1%

52 38 180 270 Grande magazzino 3,0% 2,2% 10,5% 15,8%

4 3 32 39 Ipermercato

0,2% 0,2% 1,9% 2,3% 27 18 94 139 Centro

commerc. 1,6% 1,0% 5,5% 8,1% 33 17 95 145

Mercato rionale1,9% 1,0% 5,5% 8,5%

1 0 0 1 Autoproduzione

0,1% 0,0% 0,0% 0,1% 3 3 23 29 Spaccio / non

compra 0,2% 0,2% 1,3% 1,7% 542 223 948 1.713

Luog

hi d

’acq

uist

o A

bbig

liam

ento

e c

alza

ture

Totale 31,6% 13,0% 55,3% 100,0%

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222 I comportamenti di acquisto nel Veneto

La valutazione del livello di fedeltà al negozio ci porta ad affermare che il consumatore ha scarsa propensione a recarsi presso un unico negozio (13%), non assumendo dunque grande rilievo la fiducia verso la struttura abituale di frequentazione. Il dato, però, non deve essere frainteso, perché la classica struttura commerciale del settore prevede che abbigliamento e calzature siano venduti in negozi diversi.

La violazione della fedeltà al negozio deriva più che altro dal fatto che ad optare per tipologie differenti di struttura sia ben il 55,3%, rispetto al 31,6% fedele ad un’unica tipologia di esercizio. In ogni caso, la preferenza per il negozio tradizionale (55,6%) è tale da non temere la concorrenza degli altri tipi di esercizio, quali il grande magazzino (15,8%), il centro commerciale ed il mercato rionale (16,2% e 8,5% rispettivamente). Indipendentemente dalle considerazioni finora effettuate, la fedeltà verso un unico negozio per tutti gli acquisti di capi d’abbigliamento e calzature è dominata dal negozio specializzato, che raccoglie il 59,6% dei clienti fidelizzati (7,8% degli intervistati sul 13% di quelli che si dichiarano fidelizzati), ad indicare che presumibilmente le più piccole dimensioni dei negozi permettono di seguire con più efficacia le specifiche esigenze della clientela. Tabella 4.22: Localizzazione dei negozi di abbigliamento e calzature

Localizzazione negozio Abbigliamento Centro Periferia Totale

9 7 16 0-500 m

5,1% 3,9% 9,0% 14 8 22 500 m – 1km

7,9% 4,5% 12,4% 22 15 37 1-3 km

12,4% 8,5% 20,9% 40 62 102

Oltre 3 km 22,6% 35,0% 57,6%

85 92 177

Dis

tanz

a ne

gozi

o

Totale 48,0% 52,0% 100,0%

Anche se la ripartizione tra centro e periferia della città non presenta grossi

scostamenti, si manifesta comunque la maggior propensione degli intervistati a coprire distanze più importanti per gli acquisti (l’opzione di percorrenza superiore ai tre chilometri ha infatti raggiunto da sola il 57,6% delle preferenze tra coloro che si recano presso lo stesso negozio per ogni tipo di acquisto): il 60,8% degli interpellati che hanno dato questa risposta si sposta verso le zone periferiche, per contro il restante 39,2% verso le zone centrali.

La fedeltà al negozio per quanto attiene agli accessori è anch’essa bassa, tuttavia già più solida rispetto a quella per l’abbigliamento (abbiamo a confronto infatti il 22% contro il 13% visto in precedenza). Giacché la preferenza per tipi di esercizio diverso si mantiene pressoché costante valutando i due diversi rami, a perdere preferenze è di fatto la scelta di più negozi dello stesso tipo. La ripartizione

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4. Gli stili di acquisto 223

per tipologia di attività commerciale esalta la leadership del negozio tradizionale, in grado di superare il 30% del campione, mentre per la restante parte degli intervistati la ripartizione è prossima al 15%, tra i grandi magazzini, gli ipermercati, i centri commerciali e le scelte di non acquistare la categoria di prodotti.

La localizzazione delle attività commerciali prevede una proporzione superiore verso le zone periferiche della città di appartenenza degli interpellati che si recano presso un unico esercizio (57,7%), mentre in virtù della distanza mediamente coperta è possibile notare la concentrazione di frequenze per la lunghezza superiore ai tre chilometri, sintomo che per la ricerca di condizioni di offerta più favorevoli costoro sono disposti a sopportare dei costi di trasporto. Tabella 4.23: Livello di fedeltà al negozio per gli accessori

Livello di fedeltà al negozio

Stesso tipo di negozio Stesso negozio Tipo diverso di

negozio Totale

161 166 196 523 Negozio tradizionale 9,5% 9,8% 11,6% 31,0%

19 8 20 47 Negozio c/o c. commerc. 1,1% 0,5% 1,2% 2,8%

71 64 127 262 Grande magazzino 4,2% 3,8% 7,5% 15,5%

39 64 167 270 Ipermercato

2,3% 3,8% 9,9% 16,0% 0 2 1 3 Hard

discount 0,0% 0,1% 0,1% 0,2%

67 41 105 213 C. commerciale 4,0% 2,4% 6,2% 12,6%

31 21 67 119 Mercato rionale 1,8% 1,2% 4,0% 7,0%

5 6 240 251 Non acquista 0,3% 0,4% 14,2% 14,9%

393 372 923 1.688

Luog

o d’

acqu

isto

deg

li A

cces

sori

Totale 23,3% 22,0% 54,7% 100,0%

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224 I comportamenti di acquisto nel Veneto

Tabella 4.24: Localizzazione dei negozi di accessori

Localizzazione negozio Accessori Centro Periferia Totale

34 16 50 0-500 m

10,7% 5,0% 15,7% 25 13 38 500 m-1km

7,8% 4,1% 11,9% 22 37 59 1-3 km

6,90% 11,6% 18,5% 54 118 172

Oltre 3 km 16,9% 37,0% 53,9%

135 184 319

Dis

tanz

a ne

gozi

o

Totale 42,3% 57,7% 100,0%

4.6 Generi non alimentari durevoli

L’entità della spesa, congiunta alla frequenza d’acquisto piuttosto ridotta nel tempo, porta in primo luogo ad osservare come risulti importante la preventiva discussione familiare prima dell’adozione della decisione d’acquisto; sembra dunque affiorare l’immagine di un pubblico particolarmente accorto alle dinamiche d’acquisto dei beni durevoli e non disposto a lasciare al caso la spesa per prodotti che necessariamente seguiranno la vita familiare nel lungo periodo. Se da un lato quindi traspare una maggiore solennità della decisione per quanto attiene a questi prodotti rispetto a quelle per i generi alimentari e generici, è innegabile anche la conseguente maggiore collegialità della decisione, dato che la deliberazione congiunta dei coniugi raggiunge il 57,1% delle preferenze e quella di tutti i membri familiari in sintonia il 14,8%. Tabella 4.25: Modalità di decisione d’acquisto e ripartizione familiare

Acquirente Beni durevoli

Donna Coniugi Tutti Uomo Figli Aiuto esterno Totale

143 821 205 152 46 5 1.372 Discussa

9,6% 54,9% 13,7% 10,2% 3,1% 0,3% 91,8% 40 32 17 25 9 0 123 Come al

solito 2,7% 2,1% 1,1% 1,7% 0,6% 0,0% 8,2% 183 853 222 177 55 5 1.495 A

dozi

one

deci

sion

e

Totale 12,2% 57,1% 14,8% 11,8% 3,7% 0,3% 100,0%

Rispetto agli acquisti di beni non alimentari generici si assiste ad un

ridimensionamento della potestà femminile di circa due terzi nella decisione,

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4. Gli stili di acquisto 225

passando dal 33,3% delle preferenze al 12,2%, nonché al dimezzamento dell’importanza del parere di tutti i membri familiari (passando dal 30,9% al 14,8%). Per contro la decisione singola dell’uomo di casa è molto più sentita, dato che nel passaggio dai beni generici a quelli durevoli la percentuale di scelta si incrementa di oltre dieci punti percentuali (dall’1,1% all’11,8%). In ogni caso rimangono marginali i ruoli esercitati dai figli (3,7%) e dagli aiuti esterni alla famiglia (0,3%), optati da quelle famiglie tendenzialmente composte da anziani non in grado di provvedere agli acquisti. Nella Tabella 4.26 sono schematizzate le frequenze con cui i consumatori si recano presso le attività commerciali per l’acquisto rispettivamente dei prodotti d’arredamento e degli elettrodomestici. E' immediato notare che la concentrazione di risposte è situata nella cella che specifica la mancata spesa, sia per l’arredamento che per gli elettrodomestici (37,8%). Tabella 4.26: Frequenza d’acquisto degli arredamenti e degli elettrodomestici

Frequenze Elettrodomestici

1-2 volte l’anno

3-4 volte l’anno

5-8 volte l’anno

1 volta al mese

Più volte al mese Mai Totale

220 55 14 8 0 107 404 1-2 volte l’anno 12.92 3,2% 0,8% 0,5% 0,0% 6,3% 23,7%

20 10 2 1 0 3 36 3-4 volte l’anno 1,2% 0,6% 0,1% 0,1% 0,0% 0,2% 2,1%

2 5 1 1 0 0 9 5-8 volte l’anno 0,1% 0,3% 0,1% 0,1% 0,0% 0,0% 0,5%

7 2 1 1 0 0 11 1 volta al mese 0,4% 0,1% 0,1% 0,1% 0,0% 0,0% 0,6%

0 1 0 0 1 0 2 Più volte al mese 0,0% 0,1% 0,0% 0,0% 0,1% 0,0% 0,1%

510 74 12 2 0 643 1.241 Mai 29,9% 4,3% 0,7% 0,1% 0,0% 37,8% 72,9%

759 147 30 13 1 753 1.703

Freq

uenz

e A

rred

amen

to

Totale 44,6% 8,6% 1,8% 0,8% 0,1% 44,2% 100,0%

Il dato può essere inteso nell’ottica che il consumatore, una volta rinnovato

l’arredamento di casa (solitamente al momento del matrimonio) tende a conservarlo per lunghi periodi temporali, sia perché la funzionalità in genere è mantenuta dai prodotti, sia per il costo elevato.

La conferma si ha se si considera il totale di risposte in favore del non acquisto dei prodotti d’arredamento (72,9%), segnale evidente che la spesa ha un carattere estremamente saltuario: la mancanza di componenti di rilievo di tipo meccanico o elettronico per l’arredamento, solitamente più deteriorabili e delicati, comporta che concretamente l’acquisto infrannuale è dovuto alla necessità di acquistare nuovi prodotti, magari più moderni e dal design innovativo, rispetto ad una vera e propria assenza di funzionalità degli articoli d’arredamento ormai senescenti.

Il discorso è diverso, almeno in parte, per i prodotti elettronici: la percentuale di non acquisti si abbassa al 44,2%, contro il 72,9% dell’arredamento, a particolare

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226 I comportamenti di acquisto nel Veneto

beneficio dell’opzione d’acquisto semestrale (44,6%). Il motivo di un collegamento di questo tipo è dovuto al fatto che la durata dei prodotti elettronici è inferiore a causa della forte natura tecnologica dei componenti. In secondo luogo si deve ricordare come la tecnologia è stata negli ultimi anni in primo piano per soddisfare le richieste dei consumatori, creando nuove e mutevoli aspettative e comportando un maggiore interesse per la novità che propone il mercato.

Per gli apparecchi elettronici appare la maggiore importanza dell’obsolescenza tecnologica rispetto alla mera senescenza fisica, assegnando così un valore percepito superiore ai prodotti più moderni ed accattivanti. E’ questa con una certa probabilità la spiegazione del fatto che il 44,6% degli intervistati si fa carico dell’impegno per un paio di volte l’anno di rivolgersi al mercato dell’Hi-Tech.

Il confronto tra le tipologie di esercizio e la valutazione della fedeltà rispetto al negozio di arredamento permette di sottolineare in prima istanza la leadership del negozio tradizionale, con la preferenza proveniente dal 67,5% degli intervistati. Il dato è ancora più significativo se si osserva che ben il 15,9% dei rispondenti non acquista affatto questi beni, verosimilmente in ragione della loro disponibilità già consolidata, non richiedendo l’allargamento del loro parco-beni: se infatti si toglie questa proporzione di interviste, la scelta del negozio specializzato (il mobilificio) è praticata dall’80,3% dei rispondenti, rivelando dunque la scarsa incidenza delle altre tipologie di struttura. In effetti a raggiungere la doppia cifra in termini percentuali è soltanto il grande magazzino (10,6% ovvero 12,6% se ridefinito), dato che la sua connotazione strutturale è in grado di accogliere i prodotti a grande fabbisogno superficie, oltre ad un discreto assortimento specializzato.

L’analisi della fedeltà alla struttura commerciale è svolta mettendo in primo piano la sostanziale abitudine all’acquisto in un unico punto vendita (28,1%) o in esercizio dello stesso range (32,5%), in contrasto con il 39,4% che abitualmente accede a negozi di tipologie differenti. La fedeltà allo stesso negozio è molto più rilevante rispetto a quella per i beni non alimentari generici: la chiave di lettura più corretta è probabilmente che i beni durevoli sono destinati a soddisfare le esigenze del cliente per periodi temporali prolungati, favorendo di conseguenza gli esercizi che hanno intrattenuto in passato alcune relazioni commerciali positive col pubblico.

Nell’ambito della scelta in favore del mobilificio tradizionale, la preferenza per più esercizi dello stesso tipo (40,6%) si analizza con due valutazioni: da un lato questa scelta può essere dettata dalla ricerca della massima soddisfazione, dall’altro la preferenza del consumatore per la buona fattura del prodotto, ma ad un prezzo più contenuto. La localizzazione dei negozi di arredamento non presenta che un’interpretazione univoca, dato il predominio di esercizi ubicati nelle zone periferiche della città (73,4% delle preferenze), ad una distanza mediamente superiore ai tre chilometri (55,6%).

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4. Gli stili di acquisto 227

Tabella 4.27: Livello di fedeltà al negozio per l’arredamento

Livello di fedeltà al negozio

Stesso tipo di negozio Stesso negozio Tipo diverso di

negozio Totale

458 362 312 1.132 Negozio tradizionale 27,3% 21,6% 18,6% 67,5%

3 1 2 6 Esercizio c/o centro comm. 0,2% 0,1% 0,1% 0,4%

44 57 76 177 Grande magazzino 2,6% 3,4% 4,5% 10,6%

5 8 18 31 Ipermercato

0,3% 0,5% 1,1% 1,8%

17 20 24 61 Centro commerciale 1,0% 1,2% 1,4% 3,6%

0 1 0 1 Mercato rionale

0,0% 0,1% 0,0% 0,1%

0 0 1 1 Autoproduzione

0,0% 0,0% 0,1% 0,1%

18 22 227 267 Non acquista / non ricorda 1,1% 1,3% 13,5% 15,9%

545 471 660 1.676

Luog

hi d

’acq

uist

o A

rred

amen

to

Totale 32,5% 28,1% 39,4% 100,0%

Tabella 4.27: Localizzazione dei negozi di arredamento

Localizzazione negozio Arredamento Centro Periferia Totale

11 11 22 0-500 m

2,7% 2,7% 5,3% 14 10 24 500 m – 1 km

3,4% 2,4% 5,8% 16 53 69 1-3 km

3,9% 12,8% 16,7% 69 230 299

Oltre 3 km 16,7% 55,6% 72,2%

110 304 414

Dis

tanz

a ne

gozi

o

Totale 26,6% 73,4% 100,0%

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228 I comportamenti di acquisto nel Veneto

Occupiamoci adesso della fedeltà al negozio manifestata dagli intervistati in relazione ai luoghi d’acquisto degli elettrodomestici (Tabella 4.28). La prima osservazione è che la leadership spetta ancora una volta al negozio specializzato, con un ammontare di preferenze pari al 60,5%, seguito con un forte distacco dal grande magazzino (15,7%) e dal centro commerciale (9,6%), ad avallare l’ipotesi che il consumatore preferisce un discreto margine di scelta in termini di vastità della gamma offerta, prima di procedere all’acquisto. Tabella 4.28: Livello di fedeltà al negozio per gli elettrodomestici

Livello di fedeltà al negozio

Stesso tipo di negozio Stesso negozio Tipo diverso di

negozio Totale

347 460 217 1.024 Negozio tradizionale 20,5% 27,2% 12,8% 60,5%

18 16 21 55 Negozio c/o c.commerciale 1,1% 1,0% 1,2% 3,2%

60 120 86 266 Grande magazzino 3,5% 7,1% 5,1% 15,7%

15 31 58 104 Ipermercato

0,9% 1,8% 3,4% 6,1% 50 50 62 162 Centro

commerciale 3,0% 3,0% 3,7% 9,6% 4 5 72 81 Non compra /

non ricorda 0,2% 0,3% 4,3% 4,8% 494 682 516 1.692

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Totale 29,2% 40,3% 30,5% 100,0%

La fedeltà al negozio è molto forte, come testimonia il dato secondo cui il 40,3%

dei rispondenti opta per lo stesso negozio ad ogni acquisto di elettrodomestici. Inoltre, se andiamo a valutare nello specifico il comportamento dei clienti dei negozi specializzati tradizionali, notiamo che una maggioranza ulteriormente nutrita (44,9%) si rivolge ad un unico tipo di negozio tradizionale, magari proprio in ragione dell’assistenza peculiare pre e post-vendita che è in grado di fornire, a prescindere dai livelli di prezzo richiesti.

L’interesse verso l’esercizio specializzato è rafforzato anche da un altro input: se a livello complessivo la frequentazione dello stesso tipo di negozio e quella delle rivendite diverse tendono ad essere uguali (29,2% della prima contro il 30,5% della seconda), la stessa cosa non può certo dirsi del solo negozio specializzato, dato che la prima scelta supera la seconda di oltre 7,5 punti percentuali rispetto all’intero campione (il 61,5% contro il 38,5% se ripartiti unicamente tra le due classi).

La localizzazione dei negozi di elettrodomestici (Tabella 4.29) conferma che per l’arredamento la tendenza di base è quella di recarsi per gli acquisti nelle zone esterne della città, oltre il raggio di delimitazione dei tre chilometri (43,5%).

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4. Gli stili di acquisto 229

Tabella 4.29: Localizzazione dei negozi di elettrodomestici

Localizzazione negozio Elettrodomestici Centro Periferia Totale

34 20 54 0-500 m

5,7% 3,4% 9,1%

33 25 58 500 m – 1km 5,5% 4,2% 9,7%

49 87 136 1-3 km 8,2% 14,6% 22,8%

89 259 348 Oltre 3 km

14,9% 43,5% 58,4% 205 391 596

Dis

tanz

a ne

gozi

o

Totale 34,4% 65,6% 100,0%

La ricerca di prodotti con prezzi maggiormente competitivi può essere spiegata

dal fatto che oltre il 58% degli intervistati che frequentano un unico punto vendita per tutti gli apparecchi elettronici generalmente percorre distanze superiori, al fine di raggiungere più grandi strutture di vendita.

In sintesi, si evidenzia una tendenza di fondo consolidata a preferire i negozi specializzati, principalmente siti nelle zone periferiche cittadine, in grado di offrire una più ampia gamma di prodotti, favoriti in parte dalle dimensioni che questi assumono, nonché eventualmente da prezzi più modici. Lo studio delle frequenze d’acquisto ha permesso di mettere in rilievo la consistente reticenza degli intervistati a rinnovare le loro dotazioni di articoli d’arredamento, mentre per gli elettrodomestici la situazione si presenta più rosea, con una incidenza degli acquisti annui di quasi la metà dei rispondenti.

4.7 Il profilo dei consumatori 4.7.1 Metodologia di analisi

La metodologia di analisi che è stata utilizzata per individuare un possibile profilo dei consumatori veneti è il metodo delle corrispondenze multiple, il quale consente di identificare la struttura della dipendenza interna ad un insieme di dati multivariati tramite una rappresentazione grafica dei caratteri in uno spazio a dimensionalità minima.

Le associazioni tra le variabili osservate sono spiegate da un numero ridotto di fattori latenti, scelti in base alla loro capacità di contribuire all’interpretazione della variabilità osservata. Poiché non è consigliabile considerare l’intera base informativa come tavola di dati da esaminare, il primo passo da compiere è la scelta delle variabili che vanno a costituire la struttura multidimensionale da analizzare.

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230 I comportamenti di acquisto nel Veneto

Le variabili considerate nell’analisi delle corrispondenze sono state divise in due gruppi: le variabili attive, che sono utilizzate per la determinazione della soluzione fattoriale, e le variabili illustrative, dette anche passive o supplementari, che invece non partecipano alla determinazione degli assi, ma vengono proiettate sulla struttura individuata dalle variabili attive, di cui valgono a chiarire alcuni aspetti o ad evidenziare legami di interdipendenza. 4.7.2 Scelta delle variabili

La selezione delle variabili è avvenuta in base alla ricerca delle variabili di tipo

comportamentale più significative contenute nel questionario. Le variabili che si intende far partecipare alla determinazione degli assi - ovvero le variabili attive - sono quelle che meglio identificano le caratteristiche peculiari di ogni stile d’acquisto. Attraverso di esse è possibile individuare i princìpi secondo i quali una famiglia compie le proprie spese. Si è scelto, pertanto, d’inserire nell’analisi delle corrispondenze le seguenti variabili attive:

• spesa settimanale sostenuta dalle famiglie per gli acquisti di generi alimentari;

• acquisto dei generi alimentari in uno stesso punto vendita o presso differenti punti vendita;

• opinione sulla chiusura posticipata degli esercizi commerciali alla sera;

• disponibilità a percorrere lunghe distanze per acquistare particolari prodotti alimentari;

• disponibilità a percorrere lunghe distanze per acquistare particolari prodotti non alimentari;

• modalità con cui si effettuano gli acquisti (durante il tragitto per andare al lavoro o altro);

• attenzione prestata alla variazione dei prezzi;

• comportamento d’acquisto per spese importanti (attesa degli sconti o acquisti indipendenti dalle offerte);

• attitudine ad accumulare scorte;

• frequentazione di outlet o spacci;

• preferenza di un punto vendita accessibile ma costoso o di un punto vendita economico ma scomodo da raggiungere.

Le variabili supplementari fungono da supporto per l’interpretazione della soluzione fattoriale ottenuta attraverso le variabili attive. Le variabili illustrative vengono quindi introdotte in un secondo momento, e vanno proiettate sul sistema di assi ortogonali individuati dall’analisi. Poiché l’oggetto di studio riguarda il comportamento d’acquisto delle famiglie, i fattori che ne spiegano l’andamento rappresentano un fenomeno sociale. Partendo da questo presupposto, risulta

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4. Gli stili di acquisto 231

necessario introdurre nell’analisi alcune variabili supplementari che individuino la composizione sociale della famiglia. Vengono, quindi, introdotte le seguenti variabili descrittive:

- composizione numerica della famiglia;

- presenza in famiglia di bambini di età compresa tra 0 e 5 anni;

- presenza in famiglia di ragazzini di età compresa tra 6 e 15 anni;

- presenza in famiglia di ragazzi di età compresa tra 16 e 25 anni;

- presenza in famiglia di persone con più di 65 anni;

- classe d’età dell’intervistato;

- titolo di studio dell’intervistato;

- condizione professionale dell’intervistato;

- reddito familiare mensile;

- capacità di risparmio della famiglia;

- spese fisse per affitto/mutuo/spese rateali. 4.7.3 Determinazione del numero di fattori

Le risposte ottenute riguardo le variabili attive selezionate sono state sottoposte all’analisi multipla delle corrispondenze. La determinazione del numero di fattori avviene attraverso lo studio della frazione di variabilità spiegata. La percentuale d’inerzia spiegata indica la variabilità tra le entità analizzate spiegata da una soluzione fattoriale.

Dall’elaborazione dei dati emerge l’esistenza di un fattore principale che spiega il 32,3% dell’inerzia globale; il secondo fattore in ordine di importanza spiega, invece, solo il 7,3% d’inerzia e risulta pertanto essere di entità molto più debole rispetto al primo fattore individuato.

I restanti fattori spiegano una variabilità piuttosto limitata e non vengono considerati significativi. Da una prima analisi è possibile dunque sostenere che esistono al più due fattori principali che spiegano l’associazione tra le variabili.

4.7.4 Interpretazione degli assi

Una volta individuato il possibile numero di fattori che concorrono alla soluzione, è necessario interpretare l’esito dell’analisi delle corrispondenze, attraverso lo studio del grafico che ne risulta.

La collocazione sul grafico delle modalità di risposta delle variabili consente di denominare gli assi in base al fenomeno che rappresentano.

Dato che il centro del sistema di assi è il punto di bilanciamento della nuvola di punti, sono i punti più lontani dall’origine quelli più correlati con il fattore e, quindi, da considerare per denominarlo. Si riportano nei Grafici 4.1 e 4.2 la rappresentazione delle modalità attive e supplementari definite dai primi due assi della soluzione ottenuta con l'analisi delle corrispondenze.

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I comportamenti di acquisto nel Veneto 232

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4. Gli stili di acquisto 233

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I comportamenti di acquisto nel Veneto 234

4.7.5 Analisi dei risultati

L’analisi grafica dell’elaborazione dei dati fornisce una chiara immagine di come, di fatto, esista un solo fattore determinante nella spiegazione delle relazioni tra le variabili. Infatti, emerge l’esistenza di uno stile di consumo articolato in due gruppi: il primo corrispondente alla nuvola di punti posta nel terzo quadrante della rappresentazione, il secondo associato alla nuvola di punti del quarto quadrante.

Il primo stile di consumo si caratterizza per una scarsa propensione agli acquisti: non sembra esserci alcun interesse nel dedicarsi con attenzione alla spesa. Le famiglie appartenenti a questo gruppo non prestano attenzione alla variazione dei prezzi nei punti vendita che frequentano e non attendono gli sconti quando si tratti di effettuare acquisti di una certa importanza. Essi, inoltre, non colgono nemmeno le occasioni speciali offerte nei negozi per alcuni prodotti, al fine di procurarsene una scorta, e non risultano essere interessati alla possibilità di effettuare gli acquisti alla sera, sfruttando l’eventuale posticipazione della chiusura serale dei punti vendita. Si può notare come questa categoria di consumatori non riesca a conciliare la propria attività lavorativa, o, comunque, le incombenze giornaliere, con la spesa, trovandosi a dover uscire di casa appositamente per gli acquisti, senza sfruttare il tragitto per il lavoro o altro, limitandosi a frequentare un solo punto vendita per l’acquisto di tutti i generi alimentari. A questi aspetti risultano fortemente correlate anche una scarsa disponibilità a percorrere vari chilometri per acquistare prodotti, sia alimentari che non alimentari, in particolari punti vendita, nonché la preferenza per punti vendita facili da raggiungere. A parità di categoria di negozio, infatti, questi consumatori sono propensi ad effettuare gli acquisti in negozi accessibili dal punto di vista del traffico e della viabilità, ma costosi, piuttosto che recarsi in punti vendita più scomodi da raggiungere, ma più convenienti. Queste scelte sono sintomo di una mancata ricerca della qualità dei prodotti che intendono acquistare e di disinteresse nell’ottimizzare le strategie di spesa.

Di abitudini completamente diverse sono le famiglie che possiedono lo stile di consumo identificato dalla seconda nuvola di punti. In questo caso si riscontra una conduzione degli acquisti più attenta: si presta una maggiore attenzione alle variazioni dei prezzi, sfruttando le occasioni che ne derivano. Gli acquisti di importanti beni durevoli vengono effettuati principalmente durante i periodi di sconto, e si fanno scorte dei prodotti venduti a prezzo ribassato. Queste famiglie sono anche particolarmente interessate alla possibilità di posticipare gli acquisti alla sera, sia per colmare dimenticanze dell’ultimo minuto, sia per spostare il momento della spesa dopo l’ora di cena.Il consumatore appartenente a questa categoria, quando si tratti di acquistare prodotti di qualità o di cogliere particolari offerte, è disposto a percorrere più di dieci chilometri - e talvolta anche più di trenta, per raggiungere i punti vendita che gli diano queste garanzie, sia per quanto riguarda i generi alimentari che non alimentari. Va da sé che sono proprio queste stesse famiglie che prediligono i punti vendita convenienti, anche se difficili da raggiungere per problemi di traffico e di viabilità.

Può risultare strano che siano proprio questi consumatori, così attenti alle spese, ad utilizzare il tragitto per andare a casa, al lavoro o altro per effettuare gli acquisti: uno stile di consumo così meticoloso porterebbe far pensare ad un

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4. Gli stili di acquisto 235

consumatore che dedica diverso tempo agli acquisti, non certo un breve ritaglio di tempo tra un’attività e l’altra! In realtà, probabilmente, questo ricercato stile d’acquisto è il frutto una pianificazione così buona delle spese che l’acquirente, pur disponendo di poco tempo, riesce comunque ad acquistare prodotti di qualità in specifici punti venduta, con le dovute attenzioni a prezzi e offerte.

È immediato riconoscere, inoltre, come il primo tipo di consumatore spenda per i generi alimentari meno di quanto riesca a fare il consumatore più attento agli acquisti. Questo aspetto, un po’ contrastante con quanto detto finora, potrebbe portare fuori strada nell’interpretazione dell’analisi. Tuttavia, avvalendosi della proiezione sul sistema di assi ortogonali delle variabili supplementari, è possibile fornire un quadro più completo sulla situazione socioeconomica delle famiglie che adottano i due differenti stili di consumo individuati. Per quanto riguarda l’aspetto economico è facile individuare come il livello di spesa più contenuto sia fortemente associato alla classe di reddito medio mensile più bassa e, viceversa come il livello di spesa più sostenuto sia correlato con la classe di reddito più elevata.

Analizzando le caratteristiche sociali delle famiglie, emerge che il primo gruppo di consumatori sono persone anziane, il più delle volte sole e con un basso titolo di studio; nel secondo caso, invece, si tratta di famiglie giovani, con bambini e ragazzi a carico, in cui il livello d’istruzione e la posizione lavorativa sono più importanti.

In definitiva, si può affermare che uno stile di consumo è quello adottato dalle famiglie anziane e poco abbienti: sebbene siano consapevoli della necessità di risparmiare dettata dal basso reddito, non sono ancora entrate nell’ottica di sfruttamento delle offerte, frutto di una più moderna visione degli acquisti, rimanendo legati ad una visione tradizionale e statica, dettata dall’abitudine. Anzi, sono proprio queste categorie di persone a guardare con sospetto le offerte e a disinteressarsi delle nuove organizzazioni commerciali.

È importante anche sottolineare che, se da un lato questi consumatori non si fanno coinvolgere dalle opportunità offerte, dall’altro sono le offerte stesse, il più delle volte, a non essere adatte alla loro condizione sociale. Ad esempio, un anziano o una famiglia composta da una o due persone, non possono certo acquistare grandi quantità di prodotto, o percorrere lunghi tragitti per raggiungere punti vendita economici ma fuori mano, solo per usufruire di un particolare sconto

All’opposto si trovano le famiglie più giovani e dinamiche, dotate di una maggiore mobilità e più informate rispetto alle occasioni offerte dal mercato. Si tratta di consumatori che guardano al risparmio, non tanto per una questione di necessità, quanto per una scelta di stile volta ad un consumo più attento e mirato. E' presso questo secondo gruppo che le nuove proposte commerciali trovano terreno fertile e, considerando che si tratta delle nuove generazioni di consumatori, ciò fa ben sperare per la riorganizzazione del settore commerciale che si sta progettando.

In conclusione, il fattore che esprime il legame tra le variabili non può essere visto esclusivamente come un fattore economico per il solo fatto che individua bene la correlazione tra la spesa sostenuta dalle famiglie per gli acquisti e il reddito medio mensile percepito dalla famiglia stessa. Come illustrato, le componenti sono molteplici, dunque il fattore individuato esprime anche le diverse abitudini d’acquisto, ovvero il diverso modo di interpretare la spesa da parte del consumatore.

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Appendice Questionario sui consumi _END_

Lista risposte

Note - Testo introduttivo per una sezione di domande. - Non prevede l'inserimento di risposte.

_FIRST_

Lista risposte

Note - Testo introduttivo per una sezione di domande. - Non prevede l'inserimento di risposte.

A1A Chiamata

Lista risposte A1

1 = Chiamata senza risposta: telefono che suona libero 2 = Chiamata senza risposta: telefono occupato 3 = Chiamata senza risposta: numero telefonico errato 4 = Chiamata con risposta: segreteria telefonica (primo tentativo di contatto) 5 = Chiamata con risposta: segreteria telefonica (secondo, terzo,..tentativo) 6 = Chiamata con risposta: utente al telefono 7 = Chiamata da parte dell'utente

Note

A1B Buongiorno/buonasera, parla l'Università di Padova. Messaggio

per la famiglia (NOME FAMIGLIA). Stiamo svolgendo la ricerca sui consumi familiari per la quale le abbiamo inviato una lettera di presentazione. Saremmo lieti di porre alcune domande alla persona della famiglia che generalmente si occupa degli acquisti. Oggi è lunedì/martedì....(data). La richiamerò (fissare appuntamento). A presto. Buongiorno/buonasera.

Lista risposte

Note - Testo introduttivo per una sezione di domande. - Non prevede l'inserimento di risposte.

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I comportamenti di acquisto nel Veneto 238

A1C Buongiorno/buonasera, parla l'Università di Padova. Messaggio

per la famiglia (NOME FAMIGLIA). Abbiamo richiamato per la ricerca sui consumi familiari per la quale le abbiamo inviato una lettera di presentazione. Saremmo lieti di porre alcune domande alla persona della famiglia che generalmente si occupa degli acquisti. Oggi è lunedì/martedì....(data). La richiamerò (fissare appuntamento). A presto. Buongiorno/buonasera.

Lista risposte

Note - Testo introduttivo per una sezione di domande. - Non prevede l'inserimento di risposte.

A1D Buongiorno/buonasera, sono (NOME INTERVISTATORE) e

lavoro per l'Università di Padova, parlo con la famiglia (NOME FAMIGLIA)?

Lista risposte si/no

1 = Si 2 = No

Note

A2A L'Università degli studi di Padova in collaborazione con la

Regione del Veneto sta svolgendo un'indagine sui consumi delle famiglie. Avete certamente ricevuto la nostra lettera di presentazione in cui le si chiede di collaborare rispondendo ad alcune semplici domande. Può rispondere lei o un altro membro della famiglia maggiorenne che si occupa degli acquisti nella vostra famiglia?

Lista risposte A5

1 = Sì 2 = No, ora non posso 3 = No, non mi interessa 4 = Mi spieghi meglio 5 = Non ho ricevuto la lettera

Note

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Appendice - Questionario sui consumi 239

A2B Buongiorno/buonasera, sono (NOME INTERVISTATORE) e

lavoro per l'Università di Padova che in collaborazione con la Regione del Veneto sta svolgendo un'indagine sui consumi delle famiglie. Avete certamente ricevuto la nostra lettera di presentazione in cui le si chiede di collaborare rispondendo ad alcune semplici domande. Può rispondere ora al questionario?

Lista risposte A5

1 = Sì 2 = No, ora non posso 3 = No, non mi interessa 4 = Mi spieghi meglio 5 = Non ho ricevuto la lettera

Note

A2C L'Università di Padova sta svolgendo un'indagine sui consumi

delle famiglie, nei prossimi giorni dovrebbe ricevere la nostra lettera di presentazione in cui si chiede la sua collaborazione per rispondere ad alcune semplici domande. Vuole che proseguiamo?

Lista risposte A3B

1 = Sì 2 = No, ora non posso 3 = No, non mi interessa 4 = Mi spieghi meglio

Note

A2D Si tratta di un'indagine molto importante per capire quali sono i

comportamenti e i modi con cui le famiglie si muovono per fare acquisti. Le informazioni che riceveremo saranno necessarie all'amministrazione pubblica per rendersi conto di come i diversi punti vendita sono distribuiti nel territorio. Le assicuriamo che le informazioni che Lei ci fornirà saranno utilizzate esclusivamente ad uso statistico nel pieno rispetto della legge n.675/96 sulla privacy. Possiamo iniziare?

Lista risposte A8

1 = Sì, va bene cominciamo 2 = No, non mi interessa 3 = No, ora non posso

Note

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I comportamenti di acquisto nel Veneto 240

A2E Guandi signore/a l'intervista dura circa 10-15 minuti non di più...

Lista risposte A8

1 = Sì, va bene cominciamo 2 = No, non mi interessa 3 = No, ora non posso

Note

A3A Signore/a, gentilmente, quando pensa che potrei richiamare?

(FISSARE APPUNTAMENTO). Buogiorno/buonasera.

Lista risposte

Note - Testo introduttivo per una sezione di domande. - Non prevede l'inserimento di risposte.

A4A Signor/a (COGNOME) La ringraziamo comunque della sua

collaborazione. Buongiorno/buonasera. AVVISARE IL SUPERVISORE

Lista risposte

Note - Testo introduttivo per una sezione di domande. - Non prevede l'inserimento di risposte.

B PRIMA DI PROCEDERE LA INFORMIAMO CHE LE

INFORMAZIONI CHE LEI CI FORNIRA' SARANNO UTILIZZATE ESCLUSIVAMENTE A FINE STATISTICO NEL RISPETTO DELLA LEGGE SULLA PRIVACY.

Lista risposte

Note - Testo introduttivo per una sezione di domande. - Non prevede l'inserimento di risposte.

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Appendice - Questionario sui consumi 241

Stampato mese di ottobre 2004 presso la CLEUP scarl “Coop. Libraria Editrice Università di Padova”

Via G. Belzoni, 118/3 – Padova (Tel. 049/650261) www.cleup.it