I boschi di neoformazione - MUSE · i rilievi montuosi oltre i 1.000 m di quota a scapito del pino...
Transcript of I boschi di neoformazione - MUSE · i rilievi montuosi oltre i 1.000 m di quota a scapito del pino...
CORSO DI AGGIORNAMENTO
ANNO SCOLASTICO 2010/11
I boschi di neoformazione: ruolo ecologico e paesaggistico
In collaborazione con Servizio Foreste e Fauna – PAT e Facoltà di Ingegneria, Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale - UNITN
Corso di Aggiornamento
Ag
gio
rnam
en
to D
ocen
ti
Museo Tridentino di Scienze Naturali – via Calepina 14, 38122 Trento (Italia) – http://www.mtsn.tn.itSERVIZI EDUCATIVI – Settore Aggiornamento Docenti: tel. 0461/270380 – e-mail: [email protected]
I boschi di neoformazione(Trento, 15 ottobre 2010)
dott. Massimo MioriUfficio Pianificazione e selvicolturaServizio Foreste e fauna
La storia di un territorio è fatta confrontando i diversi ambienti nel corso del tempo.
Spesso diamo ad essi un attributo quale progredito, degradato, efficiente, stabile, dinamico, ecc.
La storia del territorio trentino
Ogni modifica di una componente del sistema territorio (aumento della popolazione, incendi, siccità, ecc.) porta degli squilibri e quindi dei cambiamenti.
In Trentino il bosco e il pascolo sono stati gli elementi stabili del sistema con livelli di resilienza (capacità di autoripararsi dopo un danno) tali da permettere lo smorzamento degli squilibri per molti secoli.
Monte Ozol
Resti fossili macroscopici.
Le nostre conoscenze sulla vegetazione del passato sono basate soprattutto su due tipi di documentazione:
Sedimenti pollinici (intrappolati ad esempio negli strati di sedimento nel fondo di un lago)
Nel periodo Sub-Boreale e Sub-Atlantico (dal 3.000 a.C. ad oggi), caratterizzato da periodi più freddi e dall‟aumento dell‟umdità atmosferica, è iniziata l‟espansione del faggio (da est) che ha preso il sopravvento, specialmente nel piano montano inferiore, nel corso dell‟età del Bronzo (2.000-500 a.C.) a scapito dell‟abete bianco. La fase del faggio in Trentino è avvenuta con molto ritardo a causa della difficoltà di questa specie a penetrare nelle valli interne continentali.
Mummia di Oetzi 3.200 a.C. (Similaun) Venere di Willendorf (Austria).
Nel periodo Atlantico (dal 5.500 al 2.500 a.C.), fu il periodo più caldo dall‟ultima glaciazione, avanzò la copertura dell‟abete rossoche giunse a coprire, con una migrazione da est verso ovest, i rilievi montuosi oltre i 1.000 m di quota a scapito del pino silvestre, che continuava a prevalere, con il querceto misto, sulle Prealpi e nelle valli principali.
Il clima caldo e umido della fine del periodo Atlantico ha favorito l‟abete bianco, migrato da sud, che ha invaso aree occupate dall‟abete rosso, dal pino silvestre e dal querceto misto, arrivando ad occupare una fascia altitudinale tra i 600 e 1700 m.
Raffigurazione di una pittura rituale
rinvenuta nel riparo Dalmeri (Grigno). Raffigurazione di un cavallo nelle grotte in
Lescaux (Francia).
Il successivo inaridimento del clima, nel periodo Boreale, ha favorito la diffusione del pino silvestre che, con l‟aumento delle temperature medie, è stato progressivamente sostituito, nel piano submontano e collinare, da querce, tigli, olmi e nocciolo.
La definitiva scomparsa della calotta glaciale nella Valle dell‟Adige può essere fatta risalire al periodo Preboreale (8.000-7.000 a.C.). Il Trentino, come l‟Europa centrale, era quindi praticamente privo di boschi.
Nelle prime fasi di regresso dei ghiacci le Alpi furono caratterizzate dalla colonizzazione ad opera di salici nani, betulla e pino mugo (vegetazione di tundra).
Palafitte del lago di Ledro (età del Bronzo)
La vegetazione del Paleolitico sup.(40-12.000 anni fa), si estendeva dalle coste alle Prealpi, mentre le Alpi erano interessate dalla glaciazione di Wurm. Il limite delle nevi perenni era a circa 1300 m.
La maggior parte del Trentino era coperta di ghiacci circondati da una steppa fredda (Graminacee, Artemisia, Chenopodiacee con rada vegetazione arborea) ad eccezione di alcuni rilievi meridionali (zone di rifugio per la flora montana ed alpina).
Valori stimati della t
media estiva in
rapporto alla t attuale
(0) nell‟Europa
centrale (A)e del
limite superiore dei
boschi nelle Alpi (B).
Durante il Medioevo le foreste europee erano diminuite, la popolazione aumentava e bisognava nutrire più uomini.
L‟agricoltura si sviluppava e prendeva il posto della foresta.
Il legno veniva usato soprattutto per cuocere gli alimenti e riscaldarsi (è l‟unica fonte di energia insieme all‟acqua).
Dalla metà del periodo Subatlantico (circa 1.000 d.C.) le interferenze antropiche si fanno sempre più importanti, rispetto a quelle climatiche, nel decidere le proporzioni delle diverse specie arboree.
La romanizzazione determinò un notevole sviluppo solo nelle valli maggiori, come la Val d‟Adige e la Valsugana, dove furono introdotte molte specie vegetali come la vite, il noce e il castagno.
Nelle valli minori vivevano i Reti in comunità isolate.
Dopo la cessazione dell‟occupazione romana, il Trentino subì la dominazione longobarda, per poi passare nelle mani di Carlo Magno e dei duchi, marchesi o conti del nuovo impero romano-germanico.
Nel 1027 l‟imperatore concesse al Vescovo di Trento, come feudo imperiale, la città e le valli che ne dipendevano.
Affresco del XVI sec. Villa Margon (Ravina)
L‟interesse per la produzione legnosa divenne rilevante in Trentino a partire dal XIII secolo, quando si hanno le prime notizie storiche dell‟esistenza di segherie (1235 a Calliano, 1254 ad Avio)
Il più intenso sfruttamento dei boschi trentini avvenne a partire dal XV secolo, accrescendosi fino alla fine del Settecento. In quest‟epoca si diffondono le prime sistemazioni permanenti a terrazze con muri a secco.
Il legname da opera e la legna da ardere rifornivano i cantieri navali, le vetrerie e le imprese edili di Venezia. Una delle zone più strategiche era la Val di Fiemme
La battaglia di Lepanto, 7 ottobre 1571
Occorreva molto legno.
Per costruire una galea veneziana era necessario disporre di 300 m3 di legno di quercia, 35 m3 di legno di conifera e di qualche centinaio di astoni di faggio.
Solo per le navi da guerra l‟Arsenale richiedeva ogni anno, sul principio del 1400, più di 20.000 m3 di legno di pregio.
Nel 1558, per limitare i danni ai boschi, vennero emesse le Ordinanze ferdinandee per il Primiero e il Tesino che intendevano limitare i danni ai boschi a causa del pascolo caprino e dell‟ampliamento dei prati.
Alla fine del Settecento si tocca il culmine della riduzione boschiva, il problema non era tanto la riduzione dell‟estensione quanto il degrado strutturale e provvigionale dei boschi più facilmente raggiungibili.
Nel 1579 fu creato un Generale Supremo delle Selve.
Val di Comasine
E‟ caratterizzato da un uso integrato di tutte le risorse in cui il legno è essenzialmente fonte energetica ed il bosco sede di raccolta di combustibile, di pascolo, di prodotti per l‟allevamento del bestiame e di materiali per l‟agricoltura.
C‟è un intenso sfruttamento dell‟energia idrica per il trasporto dei materiali e per l‟attività delle fabbriche (mulini, segherie), esportazione di legname della Val di Fiemme e Sole.
Gli ultimi quattro periodi della storia trentina
Primo periodo (fine „700 – prima metà „800).
BOSCO E PASCOLO
050
100150
200250
300350
400
1830
-48
1852
1880
1892
1900
1914
1935
1960
1977
2006
anno
ett
ari
(x 1
.000)
bosco
alpi e
pascoli
1830 1852 1880 1892 1900 1914 1935 1960 1977 2006
bosco 246 247 305 302 301 301 318 311 306 345
alpi e
pascoli 184 184 152 157 153 153 118 113 155 108
Le superfici produttive e l'uso del suolo (in migliaia di ettari)
Vi è un maggior dinamismo mosso dall‟aumento di popolazione che richiede maggior disponibilità alimentare.
Da qui la necessità di aumentare la produzione agricola e zootecnica che, in un primo tempo, si risolve con un maggior sfruttamento del bosco per il pascolo del bestiame domestico (rarefazione delle foreste, aumento delle popolazioni erbacee ed arbustive più xeriche).
Successivamente l‟impossibilità di riequilibrare il sistema con le risorse energetiche locali determina il ricorso all‟emigrazione della popolazione.
Gli ultimi quattro periodi della storia trentina
Secondo periodo (da metà „800 – alla prima guerra mondiale).
BOSCO E PASCOLO
050
100150
200250
300350
400
1830
-48
1852
1880
1892
1900
1914
1935
1960
1977
2006
anno
ett
ari
(x 1
.000)
bosco
alpi e
pascoliII
Il bosco si inseriva in questo sistema di compensazione tra piano e monte non solo perché il bestiame vi era condotto direttamente al pascolo ma perché da esso si prelevava materiale per l‟alimentazione in stalla e, soprattutto, per la lettiera: foglie di castagno, di faggio, di quercia (farlet), i rametti di pino e di abete (dase), le piante d‟erica (brocon).
E‟ sempre il bosco che permette dopo il 1850 il grande balzo verso i 100.000 capi di bestiame quando, una diminuzione di foraggio per la trasformazione dei prati in campi, con un aumento del carico in bosco; aumento possibile perché i boschi erano sempre più radi e quindi sempre più ricchi d‟erba e di arbusti.
Gli ultimi quattro periodi della storia trentina
Secondo periodo (da metà „800 – alla prima guerra mondiale).
zootecnia
0
20000
40000
60000
80000
100000
120000
1818
1841
1869
1890
1910
1960
2003
anni
nu
mero
bovini
ovini
caprini
equini
(dati raccolti da vari autori: Perini, Baccaria, Segala, Ruatti, Zaninelli, INEA ed ISTAT)
Provvedimenti legislativi ed una attività amministrativa più attenta e mirata recuperano il bosco (primi piani economici), con rimboschimenti e riposo (bandite).
Il bosco viene usato soprattutto per produrre legname da opera da esportare. Il sistema non è più “chiuso” ma deve fare i conti con gli avvenimenti politici ed economici dell‟Europa.
Gli ultimi quattro periodi della storia trentina
Secondo periodo (da metà „800 – alla prima guerra mondiale).
Boscaioli impegnati nell‟esbosco di tronchi, Selva di Cadore, anni „20
Tra il 1890 ed il 1910 i primi flussi turistici aiutano a stabilizzare il numero di abitanti nelle
zone di maggiore altitudine.
Muratori, nel 1911, denuncia una diminuzione del 20-40 % del carico delle malghe per
l'invasione del bosco e le statistiche del 1935 confermano questo avanzamento. L‟emigrazione
umana diventa da temporanea a permanente.
BOSCO E PASCOLO
050
100150
200250
300350
400
1830
-48
1852
1880
1892
1900
1914
1935
1960
1977
2006
anno
ett
ari
(x 1
.000)
bosco
alpi e
pascoli
Gli elementi di rottura che rimettono in moto il settore forestale sembrano essenzialmente due:
1. il forte aumento dell‟emigrazione, diminuendo la forza lavoro a disposizione per i campi, induce ad una trasformazione dei seminativi in prati e dei prati in pascoli permanenti con un aumento della quantità e qualità del foraggio;
2. i nuovi indirizzi di politica forestale, prevedendo l‟allontanamento del pascolo da vaste aree di bosco per la ricostruzione ed il miglioramento dei soprassuoli (Regio Decreto del ‟23),
Si valorizza la funzione di protezione idrogeologica dei versanti.
Vi è l‟obbligo del “piano economico”
Non bastano più le risorse comunali (prima della guerra in comuni come Tesero il bilancio era coperto per ¾ da proventi dei boschi e del pascolo). Il fervore delle opere dell‟immediato dopoguerra trasforma il montanaro in operaio.
Gli ultimi periodi della storia trentina
Terzo periodo (tra le due guerre mondiali).
L‟energia idraulica viene trasformata in energia elettrica con pesanti conseguenze sulla portata dei fiumi e sulla disponibilità di acqua per le attività primarie.
Gli ultimi quattro periodi della storia trentina
Terzo periodo (tra le due guerre mondiali).
Diga di Malga Bissina
Dal punto di vista produttivo il bosco diviene solo fornitore di legname e non il centro di un sistema economico completo e complesso.
Il bosco perde definitivamente il carattere di elemento centrale di tutto il sistema trentino pur mantenendo la sua funzione indispensabile per la protezione del territorio.
Stava
Esigenza di ricostruire e migliorare il patrimonio boschivo, nel ‟56 nasce la selvicoltura naturalistica.
Il bosco è punto di incontro di più settori produttivi, nasce il concetto di multifunzionalità.
I quattro periodi della storia trentina
Quarto periodo (dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi).
BOSCO E PASCOLO
050
100150
200250
300350
400
1830
-48
1852
1880
1892
1900
1914
1935
1960
1977
2006
anno
ett
ari
(x 1
.000)
bosco
alpi e
pascoli
zootecnia
0
20000
40000
60000
80000
100000
120000
1818
1841
1869
1890
1910
1960
2003
annin
um
ero
bovini
ovini
caprini
equini
Il bosco è vita ed è godibile
TURISMO E RICREAZIONE
MANTENIMENTO DEL PAESAGGIO
MANTENIMENTO QUALITA‟ AMBIENTALE
qualità dell‟aria (assorbimento CO2)
qualità delle acque
biodiversità
rarità faunistiche
rarità floristiche
Nasce la consapevolezza che il bosco svolge una
pluralità di funzioni. Dunque, un approccio
multifunzionale alla pianificazione forestale.
a) oltre il 60% della superficie provinciale è situata oltre i 1000 m di
altitudine;
b) l‟85% della totalità dei comuni si colloca ad un‟altitudine superiore ai 400
metri.
c) più del 50% della popolazione si concentra nei 34 comuni (12% della
superficie totale provinciale) che si trovano nel fondovalle o sotto i 400
metri
DINAMICHE DEMOGRAFICHE IN PROVINCIA DI TRENTO
- Eccessivo inasprimento del fenomeno di inurbamento del capoluogo;
- Accentuazione delle pressioni nelle aree a maggiore concentrazione insediativa;
- Aumento dei problemi di inquinamento nel fondovalle dell‟Adige e nelle aree ad elevata
concentrazione di attività produttive;
- Spopolamento delle aree marginali e abbandono della gestione territoriale;
- Accentuarsi dell‟abbandono della gestione del territorio nelle aree a bassa dinamicità
demografica ed economica.
DINAMICHE DEMOGRAFICHE IN PROVINCIA DI TRENTO
…in Europa
Negli ultimi „20 anni l‟estensione delle aree urbanizzate a livello europeo è aumentata del
20% contro un aumento della popolazione del 6%.
Negli anni „90 si è avuta nell‟UE una perdita di 10 ha al giorno di suolo solamente per la
costruzione di nuove autostrade.
…in Italia
Le regioni che presentano la maggiore percentuale di aree artificiali sono Lombardia,
Veneto, Friuli Venezia Giulia e Campania.
Tra il 1990 ed il 2000 le aree agricole sono diminuite di oltre 140.000 ha, di cui circa 80.000
ha sono stati “artificializzati” (CLC 2000)
Un po’ di dati
Lo spopolamento delle Alpi non è un fenomeno nuovo, essendo un fatto rilevante già dal
XIX secolo. Questo però avviene solo in certe aree, probabilmente le più difficili per
altitudine, esposizione, pendenza; mentre in altre la tendenza può essere opposta, quindi
con un aumento della popolazione.
Dagli anni „60 il paesaggio delle zone collinari e montuose delle Alpi è cambiato verso un
aspetto più naturale, con un aumento della superficie forestale che pare correlato con la
diminuzione demografica, anche se con relazioni complesse.
I campi coltivati ed i pascoli lasciano spazio ai boschi neoformati quando vengono
abbandonati. Questo avviene perché non è più conveniente lavorarli, o quando la zona viene
abbandonata dagli abitanti che si trasferiscono altrove.
SPOPOLAMENTO DELLE MONTAGNE
Andamento demografico 1870-1990 nei
comuni dell‟arco alpino (da Baetzing,
1999): in rosso i comuni con riduzione, in
giallo con stagnazione e in blu con
crescita della popolazione.
Superficie
totale
620.668 ha
84 % del territorio è
pianificato (522.427 ha)
55,7 % indice di
boscosità
(345.710 ha)
76 % è di proprietà
pubblica
24 % è di proprietà
privata
CORPO FORESTALE
DELLO STATO
INVENTARIO NAZIONALE
DELLE FORESTE E DEI
SERBATOI DI CARBONIO
Dati di I fase
Regione Superficie Bosco Indice di
totale (ettari) boscosità
Piemonte 2.542.164 911.659 35,9
Valle d'Aosta 325.121 104.707 32,2
Lombardia 2.387.854 641.841 26,9
Trentino 622.040 400.326 64,4
Alto Adige 738.448 343.622 46,5
Veneto 1.840.119 428.028 23,3
Friuli Venezia Giulia 783.851 340.822 43,5
Liguria 538.135 390.925 72,6
Emilia Romagna 2.214.443 616.340 27,8
Toscana 2.298.448 1.175.776 51,2
Umbria 844.254 381.225 45,2
Marche 971.663 310.420 31,9
Lazio 1.720.211 621.140 36,1
Abruzzo 1.081.070 450.429 41,7
Molise 443.029 144.509 32,6
Campania 1.361.288 486.131 35,7
Puglia 1.933.125 190.012 9,8
Basilicata 998.964 362.123 36,2
Calabria 1.506.497 630.041 41,8
Sicilia 2.571.166 365.224 14,2
Sardegna 2.410.956 1.232.780 51,1
Italia 30.132.845 10.528.080 34,9http://www.sian.it/inventarioforestale/jsp/home.jsp
Art. 2
Definizioni
1. Ai fini di questa legge i termini bosco, foresta e selva sono equiparati, e valgono le seguenti
definizioni:
a) bosco: indipendentemente dall'origine, dal tipo di utilizzazione e dalla designazione catastale, ogni
superficie coperta da vegetazione forestale arborea e arbustiva, a prescindere dallo stadio di sviluppo e
dal grado di evoluzione della vegetazione, nonché le superfici già considerate o classificate bosco e
temporaneamente prive della vegetazione forestale arborea e arbustiva preesistente per cause naturali o
antropiche, i cui parametri dimensionali minimi sono definiti con regolamento;
…Art. 2
Definizioni dei parametri dimensionali del bosco e del pascolo
1. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 2, comma 4, della legge provinciale, ai fini della
definizione di bosco stabilita dall'articolo 2, comma 1, lettera a), della medesima legge, i parametri
dimensionali, con misurazione effettuata dalla base esterna dei fusti, sono i seguenti:
a) estensione superiore a 2000 metri quadrati;
b) larghezza massima superiore a 20 metri;
c) copertura superiore al 20 per cento.
Definizione di bosco
(L.P. 23 maggio 2007, n.11 e D.P.P. 26 agosto 2008, n. 35-142/Leg)
Dip. Risorse Forestali e Montanewww.dip-foreste.provincia.tn.it/
sorveglianza, tutela e valorizzazione del
territorio, gestione tecnica dei patrimoni
silvo-pastorali di proprietà pubblica,
controllo patologie forestali e
spegnimento degli incendi boschivi,
tutela e gestione della fauna selvatica ed
ittica, monitoraggio ambientale,
informazione e divulgazione
• Opere per la correzione dei torrenti
• Sistemazione di frane e versanti
• Recuperi ambientali
• Compete la materia di biotopi, aree
protette, riserve naturali, SIC, ZPS
• Recuperi ambientali
Serv. Bacini Montani
www.sistemazionemontana.provincia.tn.it/• Pianificazione
• Vincolo
• Lavori e filiera foresta-legno
• Fauna
• Distretti forestaleServ. Conservazione della
Natura e Valorizzazione
Ambientale
www.areeprotette.provincia.tn.it/
Serv. Foreste e faunawww.foreste.provincia.tn.it/
UNA GRANDE VARIETA’ DI AMBIENTI
Il Trentino è un paese essenzialmente montuoso…fra gli estremi della massima altitudine e della minima depressione del
suo territorio vi è un dislivello di quasi 4000 m… in uno spazio assai ristretto tanta gradazione di climi…
Cesare Battisti, 1898
Dal leccio al cembro
Gruppo del Brenta, Cima Tosa 3173 m
Riva del Garda, 70 m
Nel 1962 Vittorio Marchesoni pubblicò una guida escursionistica botanica
LA PIANIFICAZIONE FORESTALE
SISTEMA INFORMATIVO
FORESTALE
1° livello
2° livello
3° livello
LE LINEE GUIDA
PIANI DI GESTIONE
FORESTALE AZIENDALE
PIANI FORESTALI E
MONTANI
PIANI DI INTERVENTO DI
SISTEMAZIONE IDRAULICO
FORESTALE
PIANI DI GESTIONE DEI SIC E
DEI BIOTOPI
25%7%
7%3%
2%2%
2% 36%
16%
COMUNI
ASUC
COMPROPRIETA'
FRAZIONI
FORESTE DEMANIALI
MCF
REGOLE, VICINIE,
ECC.
CONSORTELE
PRIVATI
• Assestato (496 piani)
• Inventariato (419 piani)
Dai 305.370 ettari rilevati dalla Carta forestale del Trentino del 1977, nel 2008 siamo
infatti arrivati a 345.666 ettari.
Il piano d‟Assestamento ci dice QUANDO, COME e DOVE devo utilizzare il bosco.
PIANO DI ASSESTAMENTO DEI BENI SILVO-PASTORALI
In assenza di uno strumento di pianificazione il capitale bosco verrebbe brevemente dilapidato da utilizzazioni troppo intense.
Per avere un elevato reddito oggi si perderebbe la capacità del bosco di produrre reddito in futuro.
L’Assestamento forestale nasce all'inizio del 1800 in ambito forestale tedesco.
All'epoca infatti per i grandi boschi feudali o privati tedeschi, l'unica funzione reale era quella produttiva.
Occorreva garantire che ogni anno il bosco producesse un reddito, massimo e costante.
Per fare ciò occorreva preservare il capitale bosco.
Quindi, un'ottica di conservazione del bosco esistente e del reddito attuale.
Nel 1805, Hartig introduce il concetto originario di assestamento come organizzazione
della selvicoltura nel tempo e nello spazio, in funzione di una produzione annua
costante di legname.
Il modello iniziale, dominante nel secolo scorso nell'Europa continentale, è quello
di: un bosco coetaneo, monospecifico (specie economicamente più conveniente),
con un turno T che assicura il massimo reddito,
suddiviso in T particelle di età scalare da 1 a T e di uguale superficie,
tagliate a raso all‟età T e
rinnovate artificialmente.
Questo modello garantisce il reddito massimo e costante in modo semplice da
gestire.
Acquista sempre maggior spessore non solo ciò che il bosco può offrire (funzione
preminente), ma come il bosco deve essere:
nasce un modello di bosco più naturale,
cioè più misto (che presenti tutte le specie in armonia con la stazione)
più articolato nello spazio (cioè su più piani verticali e su gruppi orizzontali)
in grado di rinnovarsi naturalmente
In definiva , un bosco più biodiverso e quindi più stabile alle avversità biologiche e meteoriche,
più funzionale ecologicamente e comunque produttivo
L’assestamento moderno e la selvicoltura naturalistica
Per mantenere alta la funzionalità dell'ecosistema e la sua naturalità, anche la selvicoltura
deve abbandonare le forme di intervento troppo violente ed artificiali.
La selvicoltura deve assecondare le dinamiche naturali
per spingere dolcemente il bosco verso la combinazione di funzioni voluta
con interventi che il bosco è in grado di assorbire naturalmente
con il taglio si cercherà quindi di prelevare certe piante e certi gruppi di piante,
in quantità tollerabili dal bosco la cui eliminazione inneschi delle dinamiche
positive (rinnovazione naturale)
è il concetto di sostenibilità
- aumento della biomassa delle fustaie (da 26
milioni di m3 agli attuali 49 milioni);
- aumento del numero delle piante con grosso
diametro e monumentali
- graduale movimentazione ed articolazione della
struttura delle fustaie;
I RISULTATI DI QUESTO NUOVO CONCETTO DI
SELVICOLTURA, IN QUARANT’ANNI DI APPLICAZIONE
- graduale avanzata delle latifoglie in particolare del
faggio che da sporadico, nella fustaia, supera ora
il 4,4 % della massa delle fustaie;
- aumento del bosco coltivato ad altofusto (+ 17 %);
- diffusa presenza di rinnovazione naturale.
I nuovi boschi
Ma quanto è l‟aumento effettivo del bosco?
Per avere una solida base scientifica su cui costruire le strategie gestionali, il Servizio
Foreste e fauna ha promosso e coordinato uno studio, il progetto “Neoboschi”.
Attraverso le ricerche effettuate dal 2002 al 2005, il progetto ha portato ad una conoscenza
approfondita dei diversi tipi di bosco di neoformazione, della loro localizzazione e della
superficie conquistata da ciascuno di essi sul territorio trentino negli ultimi trent‟anni.
Si definiscono “boschi di neoformazione” i boschi che si sono sviluppati negli ultimi decenni su
superfici prive di vegetazione.
La foresta si è espansa in media
di 700 ha/anno, circa 100
ha/anno sono destinati a
trasformazioni di coltura.
Le “successioni ecologiche”
I mutamenti nel tempo della composizione specifica del bosco prendono il nome di successioni.
Quando i cambiamenti tendono ad un preciso stadio finale di sviluppo si parla di climax.
La successione è il risultato dei meccanismi di colonizzazione, insediamento ed estinzione delle
diverse specie vegetali ed ha inizio quando una superficie viene privata della vegetazione a
causa di un disturbo come incendi, tagli, alluvioni.
I primi stadi sono definiti pionieri e presentano specie che sono più adatte alla rapida
colonizzazione, il processo per arrivare al climax può impiegare anche centinaia d‟anni.
Ziano di Fiemme
Successioni primarie
Successioni
secondarie
Si sviluppano su suoli che sono stati quasi
completamente privati delle sostanze organiche e
dei processi ecologici a causa di fenomeni estremi
come incendi, grandi piene dei fiumi, attività
estrattive, vulcanismo, devastazioni.
partono invece da uno stadio semi-naturale o
colturale, come può essere un coltivo abbandonato.
La maggior parte dei boschi di neoformazione è
attribuibile a successioni secondarie
Come si trasforma la vegetazione
Nel caso di deviazione verso uno stadio diverso dal climax, come nelle foreste di
sostituzione, si parla di paraclimax.
Dro
Le specie coinvolte
Nel corso della successione la composizione in specie legnose cambia in base alle loro
diverse strategie adattative, riproduttive e rigenerative.
Le specie intervengono in momenti diversi e vengono perciò suddivise in specie pioniere,
postpioniere e driadi.
Ad ogni stazione la sua successione
A seconda dei parametri ambientali della zona (tipo di suolo, altitudine, esposizione, tipo di
coltura preesistente) ogni particolare area da origine ad una tipica successione.
La velocità di successione è influenzata dalla distanza dal bosco primario e fortemente
dall‟altitudine.
Ad ogni stazione la sua successione
Tra le successioni più comuni, la più breve è quella che conduce dalle comunità pioniere di
Salix cinerea all‟alneta di ontano nero (Alnus glutinosa), la più lunga è invece quella che
dai prati da fieno (Arrhenatherum elatius) conduce al querco-carpineto.
Le caratteristiche ecologiche dei boschi secondari
I boschi di neoformazione presentano delle caratteristiche che permettono di distinguerli dai
boschi più antichi:
Suolo
La rimozione della copertura arborea provoca un riduzione della protezione contro l‟erosione
(acqua, vento, gelo), si ha quindi un suolo più secco e meno fertile (interruzione della
pedogenesi)
Assetti idrogeologici
La presenza della copertura
arborea ha una notevole
azione sul controllo dei
deflussi idrici.
Flora
Generalmente nelle prime fasi
dell‟abbandono la ricchezza
in specie vegetali tende a
ridursi.
Padergnone
PAT – Servizio Foreste e Fauna
definizione dei criteri per l‟individuazione dei boschi di neoformazione (soglie
di superficie, copertura, ecc.);
localizzazione e quantificazione delle superfici delle neoformazioni
produzione di statistiche sulla distribuzione e sui principali caratteri dei boschi
di neoformazione;
individuazione e descrizione delle tipologie forestali caratteristiche
delineandone le rispettive fasi evolutive;
produzione di alcune proposte gestionali in relazione alle fasi evolutive ed alle
funzioni preminenti.
CRA - MPF Università di Padova ITC - IRST
Fasi del progetto
La metodologia del progetto neoboschi
L‟obiettivo del progetto è quello di conoscere i diversi tipi di
bosco di neoformazione, la loro localizzazione e le
superfici conquistate.
Il principale metodo utilizzato è stato quello di confrontare le
foto aeree scattate a circa 30 anni di distanza (Volo aereo
1973 e 1999).
La definizione di bosco di neoformazione
Una copertura vegetale per essere definita bosco di neoformaizone deve rispettare i seguenti
criteri:
a) superficie minima 1000 m2, larghezza 10 m;
b) copertura minima del 20%;
c) altezza minima di 2 m;
d) intervallo di tempo per identificare il cambiamento di uso del suolo di almeno 30 anni.
Il piano di campionamento
Suddivisione dell‟area di studio in
472 quadrati di lato 4.000 m (16 km2)
(unità campionarie primarie)
In ogni unità primaria delle 100 selezionate sono stati individuati
casualmente 100 punti campione (unità secondarie)
Scelta casuale di 100 unità
primarie e attribuzione di
un peso a ciascun
quadrato in funzione
dell‟estensione dei
margini tra bosco e altri
usi
(variabile ausiliaria)
Unità primarie selez. 1 volta
Unità primarie selez. 2 volte
La lunghezza totale dei
margini tra bosco e altri usi
è stata misurata per ciascun
quadrato per attribuire
maggiore probabilità di
estrazione ai quadrati con
elevata frequenza di
margini
Il piano di campionamento
Il piano di campionamento
In ognuno dei 10.000 punti (50 x
100), osservando le ortofoto, è stata
individuata la classe d‟uso del suolo
(foresta/non foresta) alle due date
1973 e 1999
In 334 di questi 10.000 punti sono stati
rilevati boschi che si sono insediati dopo il
1973, nei punti in cui si sono individuati
boschi di neoformazione di almeno 1000 m2
i ricercatori hanno svolto rilievi al suolo
Si sono così ottenuti i tipi forestali e le
caratteristiche dei boschi di neoformazione
Vallarsa, 1973 Vallarsa, 1999(in giallo le unità di campionamento ricadute in boschi di neoformazione)
Dati GIS e foto-iterpretazione
.
ID_148078
quota: 1326 m
esposizione: Sud-Est
estensione della neoformazione: più di 1 ettaro
modalità di avanzamento del bosco: frontale
larghezza della neoformazione:61-80 m
copertura delle chiome: 81-100%
distanza dal margine del bosco preesistente: 41-60 m
.
DATI DA RILIEVI AL SUOLO
Su tutte le aree visitate (291):
pendenza
esposizione locale
giacitura
presenza di fenomeni di dissesto
accidentalità
uso del suolo area circostante
uso del suolo preesistente
utilizzazioni e gestione
tracce dell‟uso preesistente (muretti a secco, vecchi esemplari
di alberi da frutto, ecc.)
stadio evolutivo
origine neoformazione (naturale o artificiale)
struttura verticale e orizzontale
condizioni fitosanitarie
presenza e stato della rinnovazione
numero di alberi e area basimetrica per specie
altezza media del soprassuolo
Superficie occupata dalle neoformazioni tra il 1973 e il 1999
18.218 ha pari a
2,9 % del territorio provinciale
4,5 % dei boschi in Trentino
Tasso di incremento
rispetto alla superficie del 1973,
aumento del 4,68 %
tasso annuale del 0,11 %
Biomassa
Volume legnoso in media 162 m3/ha
Biomassa arborea epigea in media 99 t/ha
corrispondenti a circa 900,000 tonnellate di carbonio e 3,300,000 tonnellate di CO2
Belluno: 0,095 %; Comunità Montana del Grappa: 0,54 %;
Svizzera: 0,14 % (1985-1997); Abruzzo: 0,23 %
CONFRONTO CON ALTRE REALTA’ (dal 1990 ad oggi)
I risultati dello studio: estensione e consistenza
I risultati dello studio
Per quanto riguarda i boschi di neoformazione in Trentino è possibile dare un quadro
generale solo raggruppandoli in grandi categorie vegetazionali:
boschi di latifoglie (46%), conifere (44%) o specie esotiche (4%), arbusteti di latifoglie
(5%) o conifere (1%).
Le specie arboree più diffuse nella rinnovazione naturale
QUOTA
La colonizzazione delle aree abbandonate da
parte del bosco ha riguardato
prevalentemente le zone agricole marginali e
i pascoli al limite superiore della
vegetazione
I versanti maggiormente
caratterizzati da
neoformazioni sono quelli
con esposizioni calde.
A nord le superfici sono
state abbandonate prima
degli anni ‟70 od erano già
bosco.
0%
5%
10%
15%
20%
25%
30%
pianura nord nord-
est
est sud-est sud sud-
ovest
ovest nord-
ovest
ESPOSIZIONE
PENDENZA, ACCIDENTALITÀ E VIABILITÀ
0%
5%
10%
15%
20%
25%
30%
35%
pianeggiante pendenza
scarsa
pendenza
media
pendenza
discreta
pendenza
elevata
pendenza
molto forte
Le neoformazioni sono localizzate
prevalentemente su versanti a
pendenza moderata, poco o per nulla
accidentati e vicini alla viabilità;
inoltre queste formazioni sembrano
meno soggette a fenomeni di dissesto
rispetto alle altre formazioni forestali
0%
20%
40%
60%
80%
100%
non presente localmente presente parzialmente presente prevalente
Accidentalità
Pendenza
0%
20%
40%
60%
80%
100%
prati falciati e
pascoli
orti e piccoli
frutteti
acque (fiumi) radure cereali, colture
orticole estensive
0%
20%
40%
60%
80%
100%
bosco, radure prati falciati e
pascoli
orti e piccoli
frutteti
cereali, colture
orticole estensive
frutticoltura
intensiva
La colonizzazione da
parte del bosco ha
riguardato soprattutto i
prati falciati e i pascoli
abbandonati
Uso del suolo
preesistente
USO DEL SUOLO
Contesto colturale
(uso del suolo aree
circostanti)
I boschi secondari sono
localizzati in aree forestali o
caratterizzate da forme di
agricoltura marginale
Origine delle neoformazioni
Le
neoformazioni
sono quasi
sempre di
origine naturale
ORIGINE E SVILUPPO DELLE NEOFORMAZIONI
Copertura e stadio di sviluppo
La maggior parte dei nuovi boschi
ha copertura superiore all‟80%, si
tratta di formazioni molto dense.
Sono presenti sia boschi molto
giovani che mediamente
sviluppati, segno che la
colonizzazione è avvenuta in
modo continuo nel periodo di
osservazione
0%
20%
40%
60%
80%
100%
naturale mista artificiale
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
prima
colonizzazione
sviluppo
intermedio
soprassuolo
affermato
0%
20%
40%
60%
80%
100%
21-50 % 51-80% 81- 100%
Boschi di neoformazione e prospettive di gestione
In generale i boschi di neoformazione sarebbero comodamente sfruttabili perché sono su
terreni non molto accidentati, vicini alle strade (il 75 % sono a meno di 200 m di
distanza dalle strade).
Solo il 30 % dei boschi di neoformazione risulta utilizzato di recente, forse a causa anche
dei diametri sottili.
La vegetazione potenziale del Trentino
Il riconoscimento della vegetazione potenziale può aiutare a ipotizzare le possibili
evoluzioni, a medio-lungo termine, dei boschi di neoformazione.
I paesaggi culturali (interazione tra ecosistemi naturali e uomo)
Gli ambienti di confine (ecotoni) tra le foreste e gli
agrosistemi sono uno degli elementi più
importanti che caratterizzano il paesaggio, la loro
perdita riduce la frammentazione e aumenta
l‟omogeneità con la lenta scomparsa dei paesaggi
culturali.
Il loro mantenimento a fini estetici, ambientali,
economici e sociali risulta molto spesso poco
conveniente per gli agricoltori.
Deggiano – Comune di Commezzadura
Lomaso
I paesaggi culturali (interazione tra ecosistemi naturali e uomo)
Un aspetto molto importante per il
paesaggio culturale è la forma dei margini
tra bosco e “non bosco”. Questi infatti
assumono ruoli ecologici diversi a seconda
della loro conformazione
• rettilinea
• ondulata
Queste diverse forme hanno effetti diversi
sulla distribuzione degli organismi vegetali
e animali:
• alcuni animali tendono ad
attraversare più volentieri i margini
di forma ondulata rispetto a quelli
rettilinei.
• i margini ondulati hanno anche in
genere un aspetto meno artificiale.
La protezione della natura
PERDITA DI BIODIVERSITA’
SCOMPARSA DI PRATI
• ambiente di prato magro
• ambienti incolti
ABBANDONO PRATICHE AGRICOLE
TRADIZIONALI
• galliformi
• falconiformi
• rapaci notturni
• anfibi
• rettili
La ricolonizzazione del bosco è uno dei
principali fattori di minaccia cui le
specie floristiche della lista rossa del
Trentino sono soggette.
Padergnone
La Rete Natura 2000
Una delle più importanti direttive Europee per la protezione della biodiversità (cioè la varietà
degli organismi viventi e degli ecosistemi) è la Direttiva "Habitat" (Dir. 92/43/CEE).
Lo scopo della Direttiva è
"salvaguardare la biodiversità
mediante la conservazione degli
habitat naturali, nonché della flora e
della fauna selvatiche nel territorio
europeo degli Stati membri al quale
si applica il trattato". Uno dei
principali pilastri su cui si fonda la
Direttiva è la Rete Natura 2000, una
rete ecologica costituita da tre tipi di
siti protetti: SIC, ZSCe ZPS.
Gli habitat di interesse comunitario
La Direttiva “Habitat” include nell'Allegato I, un elenco di habitat
di interesse comunitario.
Gli habitat meritevoli di conservazione sono soprattutto quelli naturali, ma includono
anche habitat semi-naturali la cui salvaguardia dipende dal mantenimento della gestione
tradizionale dei paesaggi agricoli,
e quindi anche dalla gestione dei boschi di neoformazione che tendono a invaderli
quando vengono abbandonati.
Questi habitat sono raggruppati in categorie:
1) Habitat costieri e alofitici
2) Dune costiere e interne
3) Habitat d'acqua dolce
4) Lande e arbusteti temperati
5) Arbusteti di sclerofille
6) Formazioni prative naturali
e semi-naturali
7) Torbiere
8) Habitat rocciosi e grotte
9) Boschi
Neoboschi e protezione idrogeologica
Nonostante la loro distribuzione non sia omogenea su tutto il territorio provinciale,
i boschi di neoformazione possono contribuire allo svolgimento della funzione protettiva.
Il fenomeno di colonizzazione ha interessato in particolare le aree rurali di media quota comprese fra
600 e 1.200 metri, dove l‟agricoltura ha un carattere marginale, estendendosi anche alle quote più
elevate fra 1.600 e 1.800 m, interessate dall'abbandono dei pascoli, situati in condizioni ecologiche e
climatiche mediamente favorevoli ad un rapido insediamento di nuove formazioni arbustive o
boschive.
L‟espansione del bosco si verifica
anche in condizioni sfavorevoli alle
attività produttive, generalmente
coincidenti con aree mediamente
pendenti che possono essere soggette a
fenomeni di instabilità.
Circa la metà della superficie stimata si
colloca su pendii a pendenza superiore al
50% (26,6°), valore generalmente adottato
come soglia per l'individuazione dei boschi
di protezione diretta dalle valanghe e dalla
caduta massi.
La presenza di tali formazioni su pendenze
elevate ne evidenzia nuovamente le
potenzialità protettive.
Neoboschi e assorbimento di carbonio
I boschi di neoformazione possono potenzialmente contribuire allo sforzo di compensazione delle
emissioni di gas serra, anche al di là della possibile contabilizzazione dei nuovi boschi
nell'ambito dei protocolli di Kyoto, che prevedono l‟intervento diretto antropico sul cambiamento
d‟uso del suolo. Nella provincia di Trento gran parte delle neoformazioni derivano da
meccanismi e dinamiche naturali, ma ciò non toglie che esse oggettivamente rivestano un ruolo
nel contenimento dell‟effetto delle emissioni, in particolare attraverso il progressivo accumulo di
biomassa, trattandosi prevalentemente di boschi giovani che quindi crescono più velocemente di
un bosco adulto.
L‟Inventario Forestale del Carbonio della Provincia
di Trento pubblicato nel 2007 dal Centro di
Ecologia Alpina ha evidenziato come nei nostri
boschi siano accumulati circa 71,9 Milioni di
tonnellate di Carbonio, con una densità media di
207,1 tonnellate di Carbonio per ettaro di
superficie. Ogni anno il bosco accumula 0,54
Milioni di tonnellate di Carbonio, pari allo 0,75%
dello stock di carbonio ecosistemico.
(dati del CEA, periodo di riferimento 1995-2000)
http://www.sian.it/inventarioforestale/jsp/home.jsp
cambiamento climatico, surriscaldamento del pianeta, CO2
Lavarone
Neoboschi e assorbimento di carbonio
Trasformazioni di coltura
Seppure in termini grossolani, l‟espansione del bosco su nuove superfici può in parte compensare la
perdita di superficie che avviene in altre aree attraverso i dissodamenti del bosco verso terreni agricoli o
per l‟urbanizzazione e che, secondo i dati statistici relativi alle trasformazioni di coltura ha interessato
mediamente 85 ettari l'anno negli ultimi 10 anni (figura sotto).
I dissodamenti di aree boscate, oltre ai più diretti problemi di natura idrogeologica o di protezione dei
terreni oppure, nel caso interessino formazioni di elevato valore naturalistico, di natura ambientale,
possono ridurre la superficie utile per l'assimilazione del carbonio atmosferico rimettendo in circolo il
carbonio fissato.
Neoboschi e assorbimento di carbonio
Incendi boschivi
Altro aspetto da tenere presente, nel bilancio complessivo,
sono le superfici che ogni anno vengono percorse da
incendi boschivi, che negli ultimi 10 anni sono state
mediamente di 97 ettari all‟anno con una superficie media
di circa 2 ha.
Non sempre l‟incendio distrugge completamente il bosco
che comunque riconquista naturalmente la spazio perduto
in un tempo più o meno lungo.
Il risultato iniziale è tuttavia un ritorno nell‟atmosfera del
carbonio immagazzinato nelle piante bruciate.
Ciò che comunque si può affermare con
certezza è che i circa 650 ettari di boschi che
mediamente si formano ogni anno sono in
grado di compensare largamente le perdite di
carbonio legate sia alle trasformazioni di
coltura che agli incendi boschivi che
mediamente si verificano nella provincia di
Trento.
Monte Ozolo - 23 aprile 2007
Neoboschi e miglioramenti ambientali
Biodiversità, paesaggio, zootecnia sono
le diverse funzioni da tutelare
nell'areale di contatto tra bosco e
pascoli di alta quota. Tale tutela può
avvenire sia attraverso finanziamenti
previsti dal Piano di Sviluppo Rurale,
misura 227-A, agli enti o ai privati
proprietari dei terreni, sia attraverso
interventi in economia eseguiti
direttamente dal Servizio Foreste e
fauna.
Talvolta si riescono anche ad attivare delle
sinergie tra enti proprietari, associazioni
locali e Servizi Forestali che rendono più
condivisi gli interventi, accrescono la loro
valenza multifunzionale, danno maggiori
garanzie per una loro efficacia prolungata
nel tempo.
Conclusioni
le tessere boscate formatesi per l‟espansione naturale del bosco sono di solito di
limitata estensione e larghezza ma si presentano chiuse e con copertura elevata
la maggior parte dei nuovi boschi hanno un‟origine naturale e si sviluppano
nei pressi delle foreste preesistenti
la colonizzazione delle aree abbandonate determina una “perdita” di varietà
paesaggistica ma allo stesso tempo un aumento della diversità in specie
arboree, grazie alla maggiore presenza di latifoglie in ambienti dominati da
conifere
si tratta di formazioni attualmente non gestite o utilizzate solo in modo saltuario
(solo il 30 % è stato utilizzato di recente a causa anche dei diametri medi
piuttosto scarsi), pur essendo facilmente accessibili (circa il 75 % sono a meno
di 200 m di distanza dalle strade) e su terreni non molto accidentati
occupano una quota limitata ma significativa (4,5%) della superficie forestale
provinciale