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SUPERARE IL DISTURBO BORDERLINE DI PERSONALITÀ VALERIE PORR Edizione italiana a cura di Elisabetta Pizzi e Francesca Gallini GUIDA PRATICA PER FAMILIARI E CLINICI

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«Ponetevi la domanda: “Preferisco avere ragio-ne o essere efficace?”. Per aiutare il vostro caro con disturbo borderline di personalità dovrete rinunciare ad avere ragione. Concentrarsi su ciò che è giusto è come imporre i vostri usi cultu-rali in un Paese che state visitando. Ciò che è efficace in una cultura potrebbe non esserlo in un’altra. In Giappone entrereste nella casa di un amico con le scarpe ai piedi? Pensate al vostro caro come se fosse qualcuno con tradizioni culturali differenti: imparate a conoscere la sua cultura e a parlare la sua lingua».

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Cambi di umore improvvisi, impulsività, difficoltà a organizzare

i propri pensieri, instabilità nella percezione di sé e nelle relazioni

interpersonali: sono alcuni dei sintomi del disturbo borderline

di personalità (DBP), un disturbo diffuso, anche se ancora

poco conosciuto.

Il libro di Valerie Porr spiega in modo chiaro e accessibile cos’è il DBP e quali sono le terapie che si sono dimostrate efficaci per limitarne e circoscriverne gli effetti, offren-do alle famiglie e ai loro cari una guida e un supporto preziosi per affrontare la quotidianità e andare oltre il pesante stigma associato al disturbo. L’autrice inse-gna tecniche di coping e strategie per affinare abilità relazionali legate all’espressione delle emozioni e alla comprensione della comunicazione non verbale. Queste tecniche, che derivano da due metodi evidence-based, la terapia dialettico-comportamentale e il trattamento basato sulla mentalizzazione, consentono di ottenere risultati tangibili, mostrando che le difficoltà possono essere superate e trasmettendo fiducia alle persone con DBP e ai loro familiari.

VALERIE PORRÈ fondatrice e presidente del-l’organizzazione internaziona-le senza scopo di lucro TARA (Treatment And Research Ad-vancements for Borderline Personality Disorder), nata nel 1995. Ha pubblicato numerosi

articoli sulle persone con disturbo borderline di personalità (DBP), dedicando particolare attenzio-ne alle esperienze dei familiari.

I CURATORI DELL’EDIZIONE ITALIANA

Elisabetta Pizzi, psicologa e psicoterapeuta, è spe-cializzata in Dialectical Behavior Therapy (DBT) ed è terapeuta certificata Sensorimotor. Lavora presso il Terzo Centro di Psicoterapia Cognitiva di Roma.

Francesca Gallini, pediatra e neonatologo, è ricer-catore universitario e docente presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.

€ 39,009 7 8 8 8 5 9 0 2 3 2 4 1

SUPERAREIL DISTURBOBORDERLINE

DI PERSONALITÀ

VALERIE PORR

Edizione italiana a cura di Elisabetta Pizzi e Francesca Gallini

GUIDA PRATICA PER FAMILIARI E CLINICI

Il progetto è stato sostenuto da Altrimenti, Associazione per il diritto alla salute psicologicawww.altrimentipsicologia.it

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«Ponetevi la domanda: “Preferisco avere ragio-ne o essere efficace?”. Per aiutare il vostro caro con disturbo borderline di personalità dovrete rinunciare ad avere ragione. Concentrarsi su ciò che è giusto è come imporre i vostri usi cultu-rali in un Paese che state visitando. Ciò che è efficace in una cultura potrebbe non esserlo in un’altra. In Giappone entrereste nella casa di un amico con le scarpe ai piedi? Pensate al vostro caro come se fosse qualcuno con tradizioni culturali differenti: imparate a conoscere la sua cultura e a parlare la sua lingua».

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Cambi di umore improvvisi, impulsività, difficoltà a organizzare

i propri pensieri, instabilità nella percezione di sé e nelle relazioni

interpersonali: sono alcuni dei sintomi del disturbo borderline

di personalità (DBP), un disturbo diffuso, anche se ancora

poco conosciuto.

Il libro di Valerie Porr spiega in modo chiaro e accessibile cos’è il DBP e quali sono le terapie che si sono dimostrate efficaci per limitarne e circoscriverne gli effetti, offren-do alle famiglie e ai loro cari una guida e un supporto preziosi per affrontare la quotidianità e andare oltre il pesante stigma associato al disturbo. L’autrice inse-gna tecniche di coping e strategie per affinare abilità relazionali legate all’espressione delle emozioni e alla comprensione della comunicazione non verbale. Queste tecniche, che derivano da due metodi evidence-based, la terapia dialettico-comportamentale e il trattamento basato sulla mentalizzazione, consentono di ottenere risultati tangibili, mostrando che le difficoltà possono essere superate e trasmettendo fiducia alle persone con DBP e ai loro familiari.

VALERIE PORRÈ fondatrice e presidente del-l’organizzazione internaziona-le senza scopo di lucro TARA (Treatment And Research Ad-vancements for Borderline Personality Disorder), nata nel 1995. Ha pubblicato numerosi

articoli sulle persone con disturbo borderline di personalità (DBP), dedicando particolare attenzio-ne alle esperienze dei familiari.

I CURATORI DELL’EDIZIONE ITALIANA

Elisabetta Pizzi, psicologa e psicoterapeuta, è spe-cializzata in Dialectical Behavior Therapy (DBT) ed è terapeuta certificata Sensorimotor. Lavora presso il Terzo Centro di Psicoterapia Cognitiva di Roma.

Francesca Gallini, pediatra e neonatologo, è ricer-catore universitario e docente presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.

€ 39,009 7 8 8 8 5 9 0 2 3 2 4 1

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Indice

Prefazione all’edizione italiana (D. Fiore) 7

Prefazione all’edizione americana (L.A. Dimeff ) 9

IntroduzionePerché proprio a me? 13

Capitolo primoAmare una persona con Disturbo Borderline di Personalità (DBP): l’esperienza delle famiglie 23

Capitolo secondoLa scienza del Disturbo Borderline di Personalità 59

Capitolo terzoI principi del cambiamento di comportamento 101

Capitolo quartoComprendere la Terapia Dialettica Comportamentale (DBT) 133

Capitolo quintoComprendere e applicare la validazione 159

Capitolo sestoMindfulness 225

Capitolo settimoLutto e accettazione radicale 251

Capitolo ottavoAbilità insegnate dalla Terapia Dialettica Comportamentale per cambiare il comportamento: relazioni interpersonali, regolazione emotiva e tolleranza della sofferenza 285

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Capitolo nonoMentalizzazione: comprendere i fraintendimenti 331

Capitolo decimoRiunire tutto insieme: integrare le abilità di accettazione e cambiamento 377

Postfazione: per i clinici 395

Postfazione all’edizione italiana 399

Bibliografia 401

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Prefazione all’edizione americana

Se state leggendo questo libro è probabile che anche voi, come Valerie, siate giunti a questo punto e a queste pagine non per vostra scelta. Forse siete disperati e avete già percorso una strada lunga e tortuosa in cerca di risposte o spiegazioni e della possibilità di trovare un aiuto reale per i vostri cari con Disturbo Borderline di Personalità (DBP). Siete alla ricerca di quella comprensione che solo chi è nei vostri stessi panni è in grado di provare, dove non c’è bisogno di parole per far comprendere realmente l’orrore che vivete, le paure per il futuro, la vostra profonda tristezza, il dolore e i desideri del vostro cuore. Se siete giunti fino a qui è perché continuate a sperare di poter finalmente uscire dall’inferno che voi e i vostri cari state patendo.

In qualunque modo siate arrivati e qualsiasi strada abbiate per-corso, ora siete nel posto giusto. Vi potrà consolare il fatto che, per decenni, la vostra guida, Valerie Porr, si è impegnata strenuamente allo scopo di trovare risposte e spiegazioni al DBP e di indicare una via d’uscita ai suoi cari e a persone che non conoscerà mai. Valerie ha impiegato la sua intelligenza brillante e creativa, la sua energia immensa (e apparentemente inesauribile) e la sua ostinata passione, per raccogliere, accorpare, sintetizzare e diffondere tutto lo scibile scientifico sul DBP. Questo libro, una raccolta di tutto ciò che Valerie ha imparato e che oggi insegna a coloro che partecipano agli incontri con le famiglie, è un vero e proprio atto d’amore. Valerie ha letto una grande quantità di pubblicazioni scientifiche, riuscendo spesso a fare collegamenti che gli stessi ricercatori non avevano colto, almeno finché non hanno ascoltato le sue acute osservazioni. Insieme ai membri del suo staff ha partecipato ogni anno a numerose conferenze scientifiche

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in tutto il mondo (American Psychiatric Association, American Psycho-logical Association, Association of Behavioral and Cognitive Therapy, International Society for the Study of Personality Disorders, solo per nominarne alcune), mostrando un grande impegno, ponendo con coraggio domande scomode e ricordando alla comunità scientifica che per lei e per i membri del suo staff i «soggetti» della ricerca sono figli, figlie, mogli e mariti. Potreste vederla seduta nelle prime file, fotocamera alla mano, mentre fotografa le diapositive del relatore di turno per poter immediatamente inserire ciò che ha imparato nella prossima lezione o seminario. Non c’è tempo da perdere. Il DBP uccide e sconvolge la vita di molte persone.

Ho conosciuto Valerie dopo la nascita di TARA, la sua organiz-zazione non profit per il sostegno e supporto ai familiari delle persone con DBP. Aveva fatto richiesta di partecipare a un corso intensivo di 10 giorni sulla terapia dialettico comportamentale (Dialectical Beha-vior Therapy, DBT), un trattamento per il DBP ideato da Marsha M. Linehan dell’Università di Washington, la cui efficacia è stata provata scientificamente. La sua richiesta scatenò un certo numero di importanti e interessanti dibattiti tra gli organizzatori del corso circa il ruolo della famiglia nel «trattamento» delle persone con DBP. La DBT, alla stre-gua di coloro che cerca di curare, è difficile da imparare, anche per gli psicoterapeuti più esperti. La DBT è un trattamento onnicomprensivo che si basa su molteplici teorie e contiene numerosi principi, strategie, procedure e abilità. Il manuale sui fondamenti principali della terapia (Linehan, 1993a) è voluminoso, noioso e tecnico. Come potrebbero i membri di una famiglia, privi di esperienze in ambito psicoterapeu-tico, apprendere la DBT, o addirittura applicarla nel modo corretto? Inoltre, sarebbe giusto dal punto di vista etico? Con il passare degli anni ho capito quanto fossi ingenua e in errore. Ho imparato che in realtà l’approccio più etico ed efficace nei confronti del trattamento è proprio quello che prevede di coinvolgere attivamente i familiari che intendono contribuire alla terapia, quando ciò è possibile. Infatti, poche persone sono disposte ad andare fino in fondo quanto i familiari di un individuo con DBP.

Il contenuto di questo libro affonda le sue radici in quel corso intensivo di DBT. Dopo aver organizzato, tramite TARA, il primo programma di psicoeducazione per famiglie basato sulla DBT, il team di Valerie è ritornato per frequentare la seconda parte del corso inten-

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sivo di DBT. Grazie alla sua instancabile attività e al suo impegno nella ricerca scientifica rigorosa e nelle terapie di comprovata efficacia, ha catturato l’attenzione della comunità scientifica e ha aiutato coloro che hanno in cura individui con DBP a capire il giusto ruolo dei familiari nel trattamento. Come ha avuto modo di dire a me e ad altri profes-sionisti in diverse occasioni, mentre noi terapeuti torniamo a casa la sera e possiamo fermarci a riflettere sui nostri limiti nel rispondere alla crisi di un paziente, i familiari di una persona con DBP non sono mai fuori servizio. Il tempo che dedico a un paziente si limita a un’ora o due alla settimana, mentre le ore rimanenti sono occupate dai familiari, l’amore e la dedizione dei quali riescono a produrre reazioni più efficaci. Come lettori, arrivate sulla scena in un momento molto stimolante, gra-zie ai numerosi progressi fatti negli ultimi vent’anni nella comprensione e nel trattamento del DBP. Oggi, il DBP non è più una condanna a vita come in passato. Chi decide di seguire una terapia scientificamente provata può aspettarsi risultati molto positivi, compresa la completa remissione del disturbo. Per il trattamento del DBP, esistono oggi diverse psicoterapie manualizzate e basate su dati empirici: tra queste ci sono la DBT e la terapia basata sulla mentalizzazione, le due terapie descritte nei capitoli di questo libro. Valerie pone giustamente l’accento sulla DBT, la terapia su cui al momento si concentra la ricerca più rigorosa. Ad oggi, sono stati pubblicati oltre dieci studi controllati e randomizzati [il libro è stato pubblicato nel 2010; attualmente gli studi controllati randomizzati pubblicati relativi all’efficacia della DBT standard sono più di venti, ndc], condotti da diversi ricercatori in tutto il mondo, che dimostrano che la DBT funziona. Dopo aver provato che la DBT è in grado di migliorare sensibilmente la vita di chi ha il DBP, la ricerca si concentra oggi sullo studio di quegli elementi che possono rendere più efficace la DBT e isolare specifiche modalità di trattamento. I due manuali sul trattamento di Marsha Linehan del 1993, il Trattamento cognitivo-comportamentale del disturbo borderline e il Manuale di skills training del disturbo borderline, vengono considerati i libri di psicolo-gia più letti e autorevoli (Cook, Bivanova e Coyne, 2009). Chiunque contesti i progressi scientifici nel trattamento del DBP o l’efficacia della DBT può scaricare da Internet la United Kingdom’s National Institute for Health and Clinical Excellence [NICE] Clinical Guidance, intitolata Borderline Personality Disorder: Treatment and Management. Esistono quattro documenti fondamentali, tra cui una rassegna di tutta

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la letteratura in 559 pagine, una guida di riferimento di 20 pagine e un documento di 15 pagine rivolto alle persone con DBP e ai loro familiari.

C’è di che sperare ed essere ottimisti. Siete arrivati nel posto giusto. Il primo e più importante passo

(forse anche il più arduo) è imparare tutto ciò che si conosce sulle basi neurobiologiche del DBP e sull’efficacia dei trattamenti psicosociali. Fortunatamente, Valerie ha condensato i risultati delle più recenti ricerche nelle pagine di questo libro, fornendo consigli e suggerimenti molto concreti su cosa fare e cosa non fare. Vi insegnerà le abilità DBT e altre tecniche che vi consentiranno di trovare nuove modalità per relazionarvi con i vostri cari e aiutarli. Spiegandovi l’importanza che per la DBT ha il riuscire ad assumere un atteggiamento non giudicante, vi aiuterà a osservare senza giudizio il mondo della persona che amate, aiutandovi a coltivare un sentimento di amore compassionevole per il vostro caro e per voi stessi.

Finché ci saranno persone che soddisfano i criteri diagnostici della personalità borderline, ci sarà sempre molto lavoro per tutti noi. La lettura di questo libro è un formidabile primo passo; nel leggerlo, cercate di individuare una o due abilità DBT che, nell’immediato futuro, potreste trasmettere ai vostri cari. Dopodiché, potreste anche decidere di leggere i manuali di trattamento di Marsha Linehan (1993), guardare su YouTube una conferenza tenuta da lei o da altri terapeuti esperti di DBP, partecipare a un incontro presso TARA e/o assistere a una conferenza scientifica sul DBP seduti nelle prime file insieme a Valerie e ai suoi colleghi.

Possano le pagine di questo libro sostenervi durante la prossima tappa del vostro viaggio.

Dott.ssa Linda A. Dimeff Seattle, WA

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Introduzione

Perché proprio a me?

Questo libro è dedicato a un TARA molto speciale,che mi ha aiutato a comprendere la sofferenza e la compassione

e mi ha spinto a trovare un modo di aiutare gli altrisulla via che porta fuori dalla sofferenza.

Nel 1990, a una persona a me molto cara venne diagnosticato il Disturbo Borderline di Personalità (DBP). Nonostante la mia laurea in psicologia, non avevo mai sentito parlare di DBP. La mia prima reazione fu quella di fare ricerche al riguardo, sperando di trovare informazioni utili per comprendere lo tsunami che si era abbattuto sulla nostra fami-glia, sconvolgendoci la vita. Speravo che la comprensione della diagnosi mi avrebbe permesso di individuare un modo per aiutare chi amavo. Nel 1994, non avevo ancora trovato risposte soddisfacenti. Avevo un disperato bisogno di aiuto. La mia ricerca mi spinse infine a Kingston, una cittadina situata circa 100 miglia a nord di New York, dove vivo, per partecipare a una conferenza della dottoressa Marsha Linehan sulla te-rapia dialettico comportamentale (Dialectical Behavior Therapy, DBT), un trattamento per il DBP descritto in un suo libro di recente pubblica-zione. Mi accorsi che l’approccio della DBT nei confronti del DBP era diverso da tutto ciò che avevo imparato fino ad allora. Le sue descrizioni e spiegazioni dei comportamenti sconcertanti causati dal DBP erano in linea con le mie esperienze sul mio familiare e offrivano una metodologia che mi infondeva nuove speranze. Lasciai Kingston decisa a portare la dottoressa Linehan a New York e a mettere il trattamento a disposizione delle persone con DBP. Cominciai con l’organizzare una conferenza di presentazione, ai terapeuti di New York, della dottoressa Linehan e

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della DBT. L’incontro, finanziato dal New York City Department of Mental Health e dal New York State Office of Mental Health, ebbe luogo nel dicembre 1994 presso l’Academy of Medicine di New York. Nel febbraio 1995, come risultato di questa prima conferenza di New York sul DBP, nacque la Treatment and Research Advancements Na-tional Association for Personality Disorders (TARA NAFD, o TARA). Eravamo la prima associazione nazionale che si occupava esclusi-vamente di DBP e per i successivi 15 anni abbiamo gestito l’unico centro di ascolto telefonico e assistenza per il DBP di tutto il Paese. Le telefonate che abbiamo ricevuto nel corso degli anni mi hanno consentito di conoscere molto da vicino le esperienze delle persone con DBP all’interno del sistema nazionale di salute mentale. Ho imparato a conoscere cosa li può aiutare, cosa li ferisce e cosa percepi-scono come bisogno. Ho parlato con innumerevoli familiari che erano alla ricerca di un modo per aiutare, o semplicemente comprendere, i comportamenti stravaganti e spesso violenti dei loro cari. Ho parlato con molti medici che avevano fornito ai loro pazienti informazioni errate sull’eziologia o la prognosi del DBP e che non conoscevano o non applicavano trattamenti basati su evidenze scientifiche. Si trattava spesso di professionisti che non avevano riportato risultati soddisfacenti nel trattamento di persone con DBP e di conseguenza si sentivano frustrati e scoraggiati, al pari dei familiari dei loro pazienti. Parlando con studenti universitari e neolaureati, ho scoperto che il loro corso di studi prevedeva solo un minimo accenno ai disturbi della per-sonalità e, in genere, non forniva dati sufficienti sui trattamenti per il DBP basati su evidenze scientifiche. Ho appurato che molti responsabili per le politiche di salute mentale che ho avuto modo di incontrare, a livello sia locale che nazionale, mettono in dubbio l’autenticità della diagnosi di DBP, nonostante le ricerche che essi stessi hanno finanziato dimostrino chiaramente che il DBP è un disturbo ben definito che, se non trattato, comporta costi enormi per la sanità pubblica. I ricercatori e i clinici nell’ambito del DBP che ho conosciuto in occasione delle conferenze a cui ho assistito nel corso degli anni sono diventati miei amici e mentori, fonte di ispirazione per le mie idee e interpreti delle mie osservazioni. In cambio, ho dato loro l’opportunità di conoscere le esperienze delle famiglie nel crescere un bambino a cui, in seguito, sarebbe stato diagnosticato il DBP. Il nostro centro di ascolto telefonico è una fonte di esperienze di prima mano con il DBP.

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L’esperienza dei familiari

Le esperienze dei familiari con le persone con DBP non sono state oggetto di ricerca approfondita e spesso vengono considerate solo in relazione alla patologia. In genere, i membri della famiglia sono ritenuti responsabili del disturbo e, di conseguenza, non è stato ideato un me-todo efficace in grado di aiutarli. Mi sono resa conto che i componenti della famiglia sono praticamente invisibili. C’era un estremo bisogno di una voce che esprimesse la frustrazione e la disperazione che essi prova-no nella ricerca di un modo per gestire e aiutare il familiare con DBP. Era necessario un aiuto che tenesse conto del loro senso d’impotenza nell’alleviare il dolore della persona amata, dell’angoscia per la sofferenza del loro caro e per la propria sofferenza e dell’incapacità di mantenere un senso di sicurezza per tutti i membri della famiglia. Mi sono resa conto che i familiari non sapevano quali fossero i comportamenti più efficaci o come mitigare le quotidiane occasioni di stress dei loro cari. Mariti, mogli, partner, fratelli, sorelle, padri, madri e figli di individui con DBP sono in genere persone molto intelligenti, con una forte mo-tivazione a rendersi utili. Hanno bisogno di conoscere i risultati delle ricerche più avanzate e all’avanguardia nel vivace campo del DBP e le modalità necessarie per tradurre queste informazioni in abilità pratiche. Hanno bisogno di abilità pratiche e concrete che spieghino loro come migliorare e ricostruire il loro rapporto. Hanno bisogno di una guida che rispetti e rispecchi la loro lunga esperienza con il DBP. Il dolore e la frustrazione che ascoltavo ogni giorno mi hanno spinto a sviluppare un metodo per familiari che fosse concreto, pratico e comprensibile, fondato sulla DBT e sulla terapia incentrata sulla mentalizzazione, entrambe basate su prove scientifiche.

La psicoeducazione

I programmi di psicoeducazione familiare sono interventi psi-cosociali basati su ricerche scientifiche, finalizzati a fornire alle fami-glie i dati più recenti in ambito biologico e farmacologico, nonché informazioni dettagliate su un particolare disturbo e sulle abilità di fronteggiamento (nel contesto familiare). Si tratta di programmi che considerano il coinvolgimento familiare un valore aggiunto del trat-

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tamento, piuttosto che vedere la famiglia come causa della malattia. I familiari imparano strategie di risoluzione di problemi e tecniche di gestione scientificamente provate, in grado di aiutarli a ridurre le fonti di stress e il carico di tensioni nel loro ambiente naturale. L’o-biettivo è quello di evitare le ricadute, stabilizzare i sintomi, rinforzare l’efficacia delle strategie di risoluzione dei problemi e migliorare la funzionalità. L’oggetto principale della psicoeducazione può essere il benessere del paziente o quello della famiglia, in quest’ultimo caso i miglioramenti della persona con DBP passano in secondo piano. Tali programmi si svolgono generalmente in gruppo, allo scopo di ridurre lo stigma e fornire sostegno alle famiglie. I partecipanti condi-vidono le proprie esperienze e si comprendono l’un l’altro con un grado di empatia che difficilmente potrebbero trovare nella loro consueta rete di rapporti sociali. Si incoraggiano a vicenda a provare nuove mo-dalità per fronteggiare i problemi, rinforzati dai risultati positivi delle esercitazioni pratiche durante gli incontri di gruppo e dalle esperienze di partecipanti e insegnanti. Il gruppo è un luogo sicuro, che offre agli angosciati familiari una nuova cerchia sociale di sopravvissuti e di persone che continuano a lottare contro il DBP. Le ricerche hanno dimostrato l’efficacia dei programmi psicoeducativi per gli individui con schizofrenia e i loro familiari. Nei casi in cui i familiari conoscono la schizofrenia e apprendono le tecniche più appropriate ed efficaci di padroneggiamento delle situazioni e ricevono supporto emotivo da parte di un loro pari, il dottor William McFarlane ha riscontrato un netto miglioramento degli esiti del trattamento, una riduzione delle ricadute, una maggiore aderenza terapeutica e un minor tasso di riospedalizzazione. Uno studio del dottor David Miklowitz sui fa-miliari di persone con disturbo bipolare è giunto a conclusioni simili, mostrando un miglioramento dei risultati e dell’aderenza terapeutica e una migliore predisposizione dei pazienti nei casi in cui i loro familiari partecipavano al programma psicoeducativo. Infine, una ricerca della dottoressa Jill Hooley su persone con DBP estesa alle loro famiglie ha evidenziato che un maggiore coinvolgimento dei familiari influisce positivamente sugli individui con DBP. Questi studi basati su dati scientifici mi hanno mostrato le potenzialità benefiche dei programmi psicoeducativi per le persone con DBP e per il loro nucleo familiare. La psicoeducazione per il DBP fornisce ai familiari informazioni sui fattori neurobiologici sottostanti ai comportamenti dettati dal distur-

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bo e sui trattamenti più efficaci; inoltre essa spiega loro la ragione per cui le terapie precedenti non erano efficaci e come rafforzare e modellare sulle proprie esigenze la terapia dialettico comportamentale e la terapia basata sulla mentalizzazione (Mentalization Based Therapy, MBT). Suggerisce una via d’uscita alle famiglie impantanate nella loro battaglia quotidiana contro il DBP e mostra loro come riequilibrare la propria vita. Insegna come utilizzare la DBT e la MBT per aiutare la persona amata a mantenere la rotta nella vita. Quando una persona con DBP non riceve alcun trattamento, la sua unica àncora di salvezza è la famiglia. Chiaramente, i membri di questi nuclei familiari, sorretti da un’incredibile motivazione, trascorrono con i loro cari molto più tempo di chiunque altro. Qualsiasi interazione può rappresentare un’occasione per ridurre gli scoppi d’ira o per insegnare un’abilità di padroneggiamento. Si tratta dell’approccio filosofico che sta alla base anche dei trattamenti per i bambini con autismo, e funziona.

Strumenti a disposizione dei familiari

Attualmente, la disponibilità di un accurato materiale in-formativo per i familiari di una persona con DBP è piuttosto limitata, così come scarseggiano i programmi psicoeducativi e di supporto per le famiglie di chi ha il DBP. Gran parte delle persone con DBP non è in terapia e, quando lo è, in genere il trattamento non prevede il coinvolgimento familiare. Talvolta alcuni program-mi lo prevedono, solitamente quando la terapia è già in corso. In questi casi, le famiglie e i pazienti partecipano insieme a riunioni di gruppo con l’assistenza di un clinico. In genere, i programmi sviluppati a livello professionale tendono a adottare un atteggia-mento paternalistico nei confronti dei familiari, sottovalutando la loro capacità di incidere efficacemente per cambiare le cose. Sono convinta che i componenti delle famiglie siano competenti, motivati e in grado di insegnare e rinforzare i comportamenti efficaci riscontrati con la DBT e la MBT. Inoltre, possono imparare e rin-forzare le abilità DBT, nonché fungere da «insegnanti a domicilio», quando è necessario. A chi possono chiedere aiuto i familiari di una persona con DBP, quando il loro caro crede che non ci sia nulla di sbagliato in lui, non segue una terapia, si rifiuta di vedere un terapeuta,

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manca agli appuntamenti o ha perso la speranza di poter mai trovare qualcuno che possa aiutarlo? Quasi tutte le persone con DBP hanno visto fin troppi terapeuti, sono state escluse o respinte da trattamenti e programmi per troppe volte o non hanno «risposto alla terapia» per un numero eccessivo di volte. Perché mai dovrebbero pensare di riprovarci? Chi potrebbe farne loro una colpa?

Cos’è la terapia dialettico comportamentale (DBT)?

La prima volta che ho sentito parlare di Marsha Linehan mi sono resa conto che, se avessi conosciuto prima la metodologia della DBT, avrei potuto risparmiare alla persona a me cara alcune esperienze dolorose causate dalla mia ignoranza e da consigli sbagliati. La terapia dialettico comportamentale è un metodo di trattamento basato sui principi della terapia comportamentale e sui concetti della filosofia buddista di accettazione e compassione. Attualmente, la DBT si poggia su una solida base di studi clinici controllati e randomizzati che ne dimostrano l’efficacia nel migliorare i risultati del trattamento delle persone con DBP; essa può quindi considerarsi un trattamento per il DBP basato su prove scientifiche. La DBT fu ideata da Marsha Linehan presso l’Università di Washington a Seattle.

Skills training della DBT per familiari

Quando ho trasformato in un manuale il corso per familiari di TARA sulle abilità DBT, sono state le mie esperienze dirette con le famiglie a farmi capire quali abilità in particolare fossero necessarie per rispondere alle loro esigenze. L’obiettivo dei corsi sulle abilità DBT organizzati da TARA [in Italia attualmente non ci sono ancora corsi per familiari organizzati in base al modello TARA; tuttavia, alcuni centri clinici specializzati in disturbi della personalità sono in contatto con terapeuti esperti o associazioni per familiari che si occupano specificamente di familiari di persone con DBP, ndc] è quello di ridurre il carico di stress sulle famiglie, favorire la comu-nicazione, ristabilire la fiducia, diminuire le fonti di tensione e gli atteggiamenti che perpetuano i comportamenti provocati dal DBP e

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migliorare le relazioni turbolente. Lo scopo principale è motivare le persone con DBP a cominciare un trattamento efficace basato su dati scientifici, come la DBT, e a vivere una vita degna di essere vissuta. La mancanza di comprensione e il senso di frustrazione di fronte all’inca-pacità di essere di aiuto si esprimono spesso sotto forma di rabbia. Non è difficile capire quanto l’esposizione ripetuta dei familiari a compor-tamenti apparentemente irrazionali possa spingerli a instaurare schemi relazionali negativi. Nel tentativo di controllare o sopprimere le loro emozioni dolorose, i nostri cari affrontano situazioni fuori controllo e diventano emotivamente disregolati: possiamo dire che i membri della famiglia vivono in una situazione di perenne disturbo post-traumatico da stress. Si sentono esausti e sconfitti, dopo aver trascorso anni a cercare una spiegazione logica a comportamenti illogici. Una volta imparate le abilità DBT, le famiglie avranno a disposizione gli strumenti necessari per ridurre la quantità e l’intensità degli episodi di violenza domestica e per alleviare il proprio senso di angoscia e la sofferenza della persona amata. Avendo a disposizione i mezzi più appropriati per fronteggiare la situazione, i familiari diventano più efficaci nella loro azione e riscon-trano un effettivo cambiamento positivo nelle loro relazioni. Quando le famiglie comprendono e sanno cosa fare, la loro rabbia può trasformarsi in accettazione o compassione. E, soprattutto, possono tornare a sperare. Il programma di TARA è principalmente incentrato sui risultati ot-tenuti dal paziente e, come suggerisce John Gunderson, «consente alla famiglia di personalizzare il proprio ambiente, rendendolo meno stressante per la persona con DBP». Il benessere familiare è il nostro obiettivo secondario, sebbene il nostro scopo sia trovare una sintesi tra i due. Quando il vostro caro sta bene, anche voi vi sentite bene. Nel caso in cui la persona con DBP non segua alcun trattamento, l’utilizzo delle abilità e dei comportamenti della DBT e della MBT potrebbe apportare, nell’ambiente familiare, cambiamenti tali da infondere fiducia nel vostro caro, portandolo a credere di poter mi-gliorare. Ciò potrebbe motivarlo a seguire un trattamento basato su evidenze scientifiche, che poi è il fine ultimo del seminario di TARA. I familiari possono rinforzare le abilità DBT, diventare assistenti sul campo e apportare importanti contributi al trattamento. Come ha affermato Marsha Linehan nel 2004 in occasione dell’incontro an-nuale dell’Associazione Americana di Terapia Comportamentale, «le famiglie sono risorse non utilizzate per rinforzare le abilità DBT». I

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sondaggi condotti prima e dopo il seminario di TARA mostrano che i familiari possono imparare a essere genitori e compagni efficaci. Questo libro spiega dettagliatamente la DBT, abilità per abilità, e vi guiderà nell’applicazione di tali abilità all’interno del vostro nucleo familiare. Inoltre, ho adattato le tecniche basate sulla mia applicazione della MBT, ideata da Peter Fonagy e Anthony Bateman. La mentalizzazione è un trattamento interattivo basato sul controllo meticoloso delle interazioni, momento per momento. Mentre la DBT si focalizza su come un indivi-duo può imparare a regolare le emozioni e a mutare i comportamenti, la MBT si concentra su cosa una persona pensa e come percepisce la situazione durante un’interazione, momento per momento, al fine di chiarire le intenzioni di ognuno all’interno della relazione e mantenere il contatto tra le persone. Queste abilità di mentalizzazione forniranno gli strumenti per evitare fenomeni di disregolazione e fronteggiare le crisi in corso. Coloro che hanno frequentato i programmi di mentaliz-zazione di TARA le hanno trovate molto utili. Sia la DBT che la MBT si fondano sull’accettazione e la compassione per le persone con DBP. Ogniqualvolta comincia un nuovo seminario per familiari sul DBP, il linguaggio del corpo, le espressioni facciali e gli atteggiamenti dei partecipanti mi commuovono sempre. La tensione è palpabile. So che stanno chiedendosi: «Perché sono qui? Questi incontri potranno aiutare il mio caro? O me? Cosa ne sanno questi sconosciuti della mia sofferenza o di quanto sia diventata infelice la mia vita?». Ma con il proseguire della prima lezione si trasformano: cominciano a rilassarsi, ad acquisire fiducia e speranza. Ogni partecipante si presenta brevemente e descrive la sua situazione, mentre gli altri si trovano ad ascoltare le loro stesse esperienze, frustrazioni, timori, angosce e rabbia. Quando i partecipanti parlano delle loro professioni, noto le espressioni sbalordite sui loro volti. «Questo avvocato non può risolvere questo problema. Questo amministratore delegato è stressato quanto lo sono io. Questo medico con tutta la sua laurea non consce la risposta. Allora non sono il solo che combatte per affrontare il DBP!». Il disturbo borderline di personalità è una malattia che dà a tutti le stesse opportunità. È il grande livellatore, il comune denominatore di un gruppo disparato di persone che comincia-no i nostri seminari da sconosciuti e ne escono con legami saldi, da nuovi amici. Benché la partecipazione al corso non abbia risolto tutti i loro problemi, ora non sono più soli e isolati. Hanno una strada da seguire, una comunità che li accetta e, cosa più importante, una nuova speranza.

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A tutti i lettori di questo libro: anch’io ho un familiare con DBP. Sono stata nei vostri panni, ho sopportato tutto quello che state sopportando voi e sono riuscita a riconciliarmi con la persona che amo, recuperando un rapporto apparentemente senza speranza. Se sono stata in grado di farlo io, allora potete riuscirci anche voi! Se sarete disposti a compiere tutto il duro lavoro necessario per cambiare voi stessi, questo libro potrà servirvi da guida per ricucire il rapporto con qualcuno con DBP. Dovrete conoscere la DBT e la MBT e imparare ad applicare nuove strategie di padroneggiamento nell’ambiente in cui vivete e ad avere la compassione e l’umiltà di provare nuove modalità per aiutare il vostro caro. Questo libro potrà essere la vostra àncora di salvezza in un mare di sofferenza, tutto quello che dovete fare è afferrarla e stringerla forte. La mia più sincera speranza è che possa aiutare voi e coloro che amate.

Ringraziamenti

Un ringraziamento speciale va a Regina Piscitelli, Glen Feinberg, Sondra Boone, Sarah Piscitelli e Leena Newcomb per il loro incorag-giamento, supporto, generosità, pazienza, lealtà e fiducia in me.

Grazie a Marsha Linehan, Anthony Bateman e Peter Fonagy per avermi insegnato come essere di aiuto.

Grazie a Linda Dimeff, per la sua guida e i suoi saggi consigli.Grazie a Larry Siever, Martin Bohus, Antonia New, Barbara

Stanley, Harold Koenigsberg, Emil Cocarro e Christian Schmahl per aver onorato la mia comprensione biologica del DBP con la loro sag-gezza; grazie a Roger Peele per il suo incrollabile sostegno professionale; grazie a Shari Manning per tutto il suo prezioso aiuto.

Ma soprattutto, vorrei ringraziare i diplomati di TARA, i membri dell’Associazione TARA, le persone con DBP, le persone che hanno chiamato il centro di TARA e tutti i clinici che hanno condiviso le loro esperienze con me.

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Capitolo quartoComprendere la Terapia Dialettica Comportamentale (DBT)

La Terapia Dialettico Comportamentale (Dialectical Behavior Therapy, DBT) è un trattamento cognitivo comportamentale rivolto alle persone con disturbo borderline di personalità, sviluppato da Marsha Linehan nel 1993 presso l’Università di Washington, a Seattle. Studiando i casi di alcune donne con tendenze croniche al suicidio o all’autolesionismo e che soddisfacevano i criteri diagnostici del DBP, la dottoressa Linehan riscontrò come queste ritenessero che la loro capacità di cambiare era sopravvalutata e, invece, era sottovalutato il loro grado di sofferenza. Capì che i loro comportamenti erano mezzi escogitati per gestire il costante dolore emotivo, oppure il risultato della loro inca-pacità di controllare le emozioni disregolate; formulò alcune strategie per aiutare queste donne a tollerare la loro sofferenza e, al contempo, impegnarsi per costruirsi una «vita degna di essere vissuta». Sviluppò quindi un programma di skills training suddiviso in quattro moduli, ciascuno dei quali mira a insegnare abilità specifiche di mindfulness, di efficacia interpersonale, di tolleranza della sofferenza e di regolazione emotiva. Tali abilità insegnano a equilibrare le emozioni, i pensieri e i comportamenti manifesti allo scopo di migliorare la propria vita, senza ricorrere a comportamenti autodistruttivi. I concetti di compassione e accettazione, principi specifici basati sulla dialettica e sul buddhismo zen sono determinanti per la riuscita della terapia. Questo capitolo è dedicato alla filosofia generale della DBT e spiega come metterla in pratica, mentre i capitoli 6 e 8 descrivono in dettaglio i moduli di abilità DBT, in modo che i familiari possano sviluppare metodi nuovi e aggiornati per aiutare il loro caro in modo più efficace, modellando le abilità e incoraggiandolo a integrarle nella propria vita.

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Dialettica

Per dialettica si intende un metodo di discussione, persuasione o dialogo che stabilisce gli elementi di verità di due posizioni oppo-ste, invece che disapprovare una tesi o approvarne un’altra. Pensare in modo dialettico significa riconoscere che, in una determinata si-tuazione, entrambi i punti di vista sono validi e che gli opposti possono coesistere e integrarsi. Tutto ciò comporta la ridefinizione di molti termini, quali «ragione» o «torto», «male» o «bene», «onesto», «giusto», «dire la verità», «mentire» o «manipolare». Pensare in modo dialettico significa accettare l’esistenza di verità assolute, come la legge di gravità, ma anche l’esistenza di verità relative. Pensare in modo dialettico significa evitare di avere punti di vista polarizzati e tentare, invece, di considerare entrambi gli aspetti di una situazione, o la verità relativa di ciascuna tesi, e cercare di trovare una sintesi o un punto di incontro. Per i familiari delle persone con DBP, pensare in modo dialettico significa imparare a considerare situazioni e rela-zioni dal punto di vista della persona con DBP, senza giudicare, criticare o biasimare. Significa anche rinunciare a cercare di tenere le situazioni sotto controllo e a esigere correttezza o soluzioni «giuste» o «morali». La «dialettica» nella DBT nasce dai principi e dalle stra-tegie utilizzate per bilanciare l’«accettazione» con il «cambiamento»; per riuscire a farlo è necessario un lavoro costante, sforzi continui e un impegno sempre rinnovato.

Lo scopo dell’approccio dialettico nella DBT consiste nel trovare un equilibrio tra la difficoltà di un particolare problema e il modo di

pensare a come risolverlo. Pensare in maniera dia-lettica aiuta la persona con DBP a superare la sua propensione a pensare in modo estremo, rigido, del tipo «aut-aut», «bianco o nero», che così spesso connota questo disturbo. La dialettica si concentra sulla ricerca di una sintesi tra posizioni divergenti, tale da far accettare la possibilità che gli opposti possano esistere simultaneamente, senza contestare una delle due posizioni. Questo tipo di approccio, che nel Buddhismo Zen è chiamato «via di mezzo», può condurre a un atteggiamento più equilibrato e integrato nei confronti della vita.

Pensare in maniera dialettica aiuta la persona con DBP a superare la sua

propensione a pensare in modo estremo,

rigido, del tipo «aut-aut» «bianco o nero»,

che così spesso connota questo

disturbo.

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La terapia comportamentale

La terapia comportamentale prende in esame le situazioni nel momento presente, invece che concentrarsi sul passato in cerca di conclusioni perspicaci, e cerca di risolvere i problemi tramite l’in-segnamento di nuovi modi di reagire alle situazioni. I cambiamenti avvengono quando si stabiliscono precisi obiettivi comportamentali e si determinano gli elementi che interferiscono con il loro raggiungimento, ad esempio ciò che rinforza i vecchi comportamenti disfunzionali e/o, invece, ciò che penalizza i nuovi. La DBT individua i comportamenti da cambiare e sostituisce i metodi disadattivi di gestione delle situazioni, insegnando nuove modalità di reazione. Adottando comportamenti nuovi ed efficaci, la persona in trattamento progredisce per raggiungere tali obiettivi. La DBT aiuta la persona a ottenere ciò che desidera o ciò di cui ha bisogno e a sviluppare, al contempo, un maggiore controllo sulla sua vita. Intraprendere la terapia comportamentale significa im-pegnarsi a cambiare la propria vita attraverso l’apprendimento di nuovi comportamenti e a volerli mettere in pratica.

Adottare un atteggiamento dialettico

Di primo acchito, potrebbe risultare difficile pensare in modo dialettico e adottare un atteggiamento basato sulla DBT nell’ambito delle relazioni personali o del comportamento, perché è contrario alla logica con cui siamo abituati a pensare, agire e vivere la nostra vita. Quando si cominciano a imparare e ad attuare le tecniche DBT, si potrebbe avere la sensazione di tenere un atteggiamento un po’ lassista o di avallare i comportamenti anarchici o irresponsabili di qualcuno che è già incline a adottare condotte pericolose, impulsive o di fuga. Questo aspetto può spaventare, soprattutto se la persona amata è molto giovane ed estremamente impulsiva. Adottare un approccio dialettico significa imparare a distinguere tra conseguenze e puni-zioni, a sopportare il fatto di non avere «ragione» quando si ritiene di averla, a non «vincere», benché la vostra soluzione al problema sia più adeguata e più logica, e a tollerare il disagio causato dal cambia-mento, dalle contraddizioni e dalle incongruenze. Significa smettere di giudicare, criticare e biasimare e allentare gli sforzi per tenere gli altri sotto controllo.

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La compassione è un elemento essenziale. Sebbene per praticare la DBT sia necessario imparare le tecniche appropriate e aderire a un modello di trattamento che ha dimostrato la sua efficacia in molti studi controllati e randomizzati, la sua riuscita, sia per il terapeuta sia per i familiari, dipende in larga misura dal grado di compassione nei confronti della persona con DBP. La compassione per la sua costante sofferenza emotiva è un elemento chiave della filosofia DBT. Alcuni familiari e terapeuti imparano le idee e le abilità DBT, ma i loro tentativi di aiuto non hanno successo perché non hanno sviluppato quell’atteggiamento compassionevole che rende la DBT così straordinaria, sia come tratta-mento terapeutico sia come stile di vita.

L’importanza di sviluppare la compassione allo scopo di applicare con successo le abilità DBT è alla base dei principi fondamentali della DBT descritti più avanti. Accettare questi principi significa cominciare a adottare un modo di vivere non giudicante e basato sull’accettazione, con il risultato di migliorare la propria capacità di superare i momenti di sofferenza, di gestire vite complicate e migliorare i rapporti inter-personali.

La DBT è di supporto. Aiuta a identificare i propri punti di forza e a far leva su essi per riuscire a sviluppare un senso di padronanza e di competenza e per sentirsi meglio con se stessi e con la propria vita.

La DBT è collaborativa. Richiede una costante attenzione alle interazioni interpersonali, che in una persona con DBP possono sca-tenare reazioni di stress. La DBT incoraggia le persone ad affrontare i propri problemi relazionali nei confronti del terapeuta non appena si presentano, e lo stesso vale per il terapeuta. In genere, i familiari cercano di evitare di parlare di argomenti difficili che potrebbero sfociare in uno scontro con il loro caro, perché temono che qualsiasi tipo di confronto possa scatenare attacchi d’ira, tentativi di suicidio, gravi episodi di fuga o atti impulsivi. I familiari devono essere consapevoli del potere che hanno le interazioni di scatenare reazioni impulsive; devono vigilare affinché ciò non accada, e imparare nuove modalità di interazione con il loro caro, così da migliorare la funzionalità del loro rapporto. Ed è qui che possono entrare in gioco i familiari, con l’applicazione dei metodi della DBT: parlando in modo compassionevole di problemi legati alle relazioni non appena questi si presentano si può evitare che si trasformino in enormi blocchi relazionali. Quando non si affron-tano i conflitti relazionali al loro esordio, è come avere un elefante in

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salotto e fare finta che sia solo un gatto. Per riuscire a ricostruire un rapporto e a sviluppare un senso di fiducia è essenziale instaurare un dialogo sincero, soprattutto quando i punti di vista differiscono. Tali conversazioni, benché più stressanti e cariche di possibili fattori esplosivi rispetto a una discussione sulla pace nel mondo o sul riscaldamento globale, costituiscono delle opportunità per insegnare abilità relazionali più efficaci e per metterle in pratica.

La DBT richiede al paziente impegno e partecipazione in modo attivo. Il paziente deve impegnarsi a partecipare alle sedute di terapia e a svolgere il lavoro che gli è stato richiesto, come i compiti da fare a casa, a simulare nuove modalità di interazione personale e a mettere in pratica le abilità che gli sono state insegnate durante le lezioni svolte nel suo ambiente.

DBT e improvvisazione

La DBT è un trattamento basato su principi flessibili e onnicom-prensivi, animato da una filosofia coerente e utilizzato per sviluppare maggiore flessibilità nelle persone integerrime. Le persone con DBP sono molto rigide e hanno bisogno di imparare a decidere, a pensare e, più in generale, a vivere in modo più flessibile. Riconoscere l’in-trinseca inflessibilità di una persona con DBP consente ai familiari di allentare il controllo e di essere più disponibili al compromesso in una data situazione che potrebbe, potenzialmente, sfociare in un conflitto.

Metodo vs principi

Mettere in pratica la DBT è un po’ come giocare a tennis: è uno sport con regole severe, che ha persino un codice di abbigliamento formale, ma in cui il giocatore deve saper improvvisare e reagire con la massima flessibilità, in quel preciso momento, per mandare la palla oltre la rete. Come accade nel tennis, è possibile utilizzare in modo strategico molte delle varie tecniche DBT, sempre che siano in linea con la sua filosofia generale. Praticare la DBT può anche essere paragonato a imparare a suonare. Ci sono molti principi per imparare nella musica: c’è una struttura di base, un numero specifico di note in un’ottava, un determinato numero di ottave, accordi maggiori e minori, una chiave

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di basso e una di violino, e c’è un metodo ben preciso per imparare a suonare ciascun strumento. Una volta appresi questi principi e imparato a padroneggiare il metodo, è possibile improvvisare come si vuole. Nel creare la loro musica, i jazzisti adottano una metodologia simile, così come i tennisti o i terapeuti DBT. In ciascun caso, l’improvvisazione e la flessibilità sono essenziali. Una volta appresi la filosofia e i metodi DBT e praticato le abilità DBT fino a conoscerle a fondo, anche voi sarete in grado di improvvisare.

Le abilità sono una componente fondamentale della DBT e vengono insegnate durante i corsi settimanali alle persone in trat-tamento, che le studiano svolgendo compiti a casa e ne discutono poi nei gruppi di DBT. Per poter migliorare la propria vita bisogna rimanere vivi, seguire la terapia, partecipare ai gruppi e fare i compiti a casa. Il terapeuta individuale sicuramente parlerà delle difficoltà che la persona potrebbe incontrare nell’adottare una certa abilità, ma non si concentrerà sulla sua infanzia o sulle esperienze del passato. Il terapeuta individuale aiuta la persona ad apprendere, ad applicare e a padroneggiare le abilità DBT ed è considerato un allenatore, invece che un «risolutore di problemi» o un riparatore. I familiari devono imparare a fare la stessa cosa.

Molti familiari vorrebbero un elenco di «cose da fare», un copione da seguire, la ricetta magica di un metodo da applicare in ogni situazione per essere così in grado di gestire e aiutare il pro-prio caro. Purtroppo, un simile elenco di soluzioni ai problemi non esiste. Con il vostro caro con DBP potrebbe far sorgere un numero praticamente infinito e variegato di situazioni difficili e sarebbe im-possibile per chiunque creare un elenco di tutte queste situazioni e delle loro potenziali soluzioni. Come afferma la dottoressa Linehan, se si utilizzano i metodi DBT, esistono 98 modi per reagire a ogni specifica situazione ed è la persona, un familiare o un clinico, che applica la metodologia DBT a scegliere le tecniche o le strategie più appropriate alla situazione. Tutto ciò richiede una buona dose di improvvisazione e di flessibilità, una profonda conoscenza delle tecniche della DBT e l’accettazione della sua filosofia. Utilizzate i metodi con cui avete maggiore dimestichezza, quelli che meglio si adattano alla vostra personalità, e cambiate strategia se quella che utilizzate non vi sembra efficace. Siate flessibili, ma restate fedeli ai principi della DBT.

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Ipotesi della DBT

Abbracciare la filosofia che sta alla base della DBT, che è un trattamento basato su prove scien-tifiche, renderà più facile accettare il proprio caro con DBP e consentirà ai familiari di intraprendere un cammino di compassione. Le teorie della DBT, che ci accingiamo a descrivere, racchiudono i principi filosofici alla base del trattamento e sono diverse a seconda che si riferiscano alla persona con disturbo o a chi applica il trattamento. Il primo e più importante passo per riuscire a ricucire le relazioni familiari è accettare il fatto che la persona sta facendo del suo meglio, proprio adesso, in questo preciso momento.

Le persone con DBP stanno facendo del loro meglio. Per applicare la DBT e trarre beneficio dalla sua saggezza, sia il terapeuta sia la persona con il disturbo borderline devono accettare il fatto che «la persona con DBP sta facendo del suo meglio in quel momento». È probabile che pensiate che vi stia manipolando o che potrebbe fare meglio se solo ci provasse di più e si impegnasse, oppure potreste credere che il vostro caro è estremamente ostinato. Se vi fermaste a pensare: «Perché qualcuno dovrebbe mettersi continuamente nei guai? Perché qualcuno vorrebbe dipendere economicamente da altri, vivere di sussidi e di assistenza, perdere continuamente lavoro e amicizie o trascorrere così tanto tempo in un pronto soccorso?», vi rendereste conto che il vostro caro in questo preciso momento sta facendo del suo meglio. In qualità di familiari, è essenziale che anche voi accettiate questo presupposto della DBT, in quanto rappresenta il primo e più importante passo verso la ricostruzione dei rapporti familiari. Questo vi aiuterà a ridurre gli atteggiamenti giudicanti e a incoraggiare un senso di accettazione nei confronti della persona con DBP, prendendola come è, qui e ora.

Le persone con DBP vogliono migliorare. Una persona con DBP vuole migliorare la sua vita? Naturalmente sì! Perché non la cambia? Perché non si impegna per raggiungere i suoi obiettivi personali? Il problema è che non sa come fare, non possiede le abilità per fare ciò che gli altri danno per scontato o ritengono così facile.

Le persone con DBP devono imparare nuovi comportamenti atti-nenti in ogni contesto. La DBT si fonda sul principio che una persona

Il primo e più importante passo per riuscire a ricucire le relazioni familiari è accettare il fatto che la persona sta facendo del suo meglio, proprio adesso, in questo preciso momento.

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con DBP è in grado di imparare nuovi comportamenti e di sostituirli ai vecchi che si sono rivelati inefficaci a risolvere i suoi problemi o a migliorare la sua qualità di vita. Può imparare a essere efficace in ogni situazione che lo richieda.

Le famiglie sono spesso confuse dagli atteggiamenti del loro caro, perché lo vedono comportarsi in modo appropriato in situazioni in cui sono coinvolte persone a cui lui non è legato, mentre non sembra adottare lo stesso comportamento con chi gli è più vicino affettivamente. Oppure, potrebbe imporsi e rifiutarsi di fare ciò che gli chiedete, ma sembra incapace, invece, di dire di no a un amico o a un collega che fa una richiesta simile alla vostra. Questa competenza apparente, come abbiamo detto nel capitolo 1, dimostra che il vostro caro ha la capacità di adottare il comportamento appropriato in determinati contesti, ma sembra incapace di farlo in altre situazioni.

La DBT non prevede che le persone con DBP possano fallire. La psichiatria è l’unica branca della medicina che incolpa il paziente quan-do la «medicina» non funziona. Le persone con DBP vengono spesso definite «resistenti al trattamento» e il loro mancato miglioramento viene considerato un fallimento, piuttosto che la conseguenza di un trattamento inadeguato o inefficace. Secondo la terapia dialettico com-portamentale, se la DBT non è di giovamento, non è il paziente ad aver fallito; vengono piuttosto presi in considerazione i terapeuti e il modo in cui il trattamento è stato applicato, o gli elementi del trattamento stesso. Basandosi sull’assunto che le persone stanno facendo del loro meglio, come potrebbero mai fallire con la DBT?

Le persone con DBP potrebbero non aver causato tutti i loro problemi, ma devono comunque risolverli. La DBT incoraggia le persone a vivere il momento presente, a risolvere i problemi nel momento presente e a non permettere alle situazione dolorose del passato di determinare il corso del presente. Hanno bisogno di accettare in modo radicale la loro realtà presente per quella che è (si veda il capitolo 7 per maggiori informazioni sull’accettazione radicale) e vengono incoraggiate a evitare di addossare la responsabilità dei loro problemi presenti a eventi del passato o agli altri, perché questo non risolverebbe il loro problema attuale. La DBT riconosce il fatto che le persone potrebbero aver vissuto esperienze terribili nella loro vita, ma la realtà è quella che è e il passato non si può cambiare, e anche in caso ci fosse una reale responsabilità altrui, il problema attuale non si risolverebbe. In questo

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momento, le persone con DBP devono concentrarsi su come risolvere i loro problemi di vita attuali.

Le persone con DBP devono impegnarsi per migliorare, per essere motivate a cambiare. La DBT riconosce che le persone con DBP stanno facendo del loro meglio e che desiderano migliorare, ma anche che, nel momento successivo, potrebbero impegnarsi e lavorare di più di quanto stiano facendo nel momento presente. Una persona con DBP ha bisogno di essere motivata a cambiare il proprio comportamento ed è disposta a compiere tutto il lavoro necessario per produrre i cambiamenti nella sua vita, ad esempio imparare le abilità DBT e metterle in pratica. Può risultare difficile motivare qualcuno con DBP a intraprendere la DBT, considerando il numero di volte che, probabilmente, quella persona ha chiesto aiuto e le volte che quell’aiuto non ha funzionato, oltre alle esperienze umilianti che potrebbe aver vissuto in passato con la terapia. Non c’è da stupirsi se non si lancia con entusiasmo nella DBT.

I familiari spesso chiedono i nomi dei terapeuti per il loro caro, anche nel caso in cui questo sia adulto. Purtroppo, un familiare che presenta un elenco del genere a una persona adulta con DBP, spesso non è di alcun aiuto. Quando è la persona con DBP, di sua spontanea volontà, a trovare un clinico o a fissare un appuntamento, allora l’ini-ziativa di entrare in terapia è una sua decisione, una sua scelta. Se siete voi a fornire i nomi dei terapeuti, l’idea del trattamento è vostra, i tera-peuti sono i vostri e quella persona considererà l’intero processo come un ulteriore tentativo da parte vostra di «aggiustarla» o di controllarla. Una persona può trovarsi nella stessa stanza con il più qualificato dei terapeuti DBT, ma ciò non garantisce che voglia impegnarsi a seguire questo metodo terapeutico o sia disposta a compiere il lavoro necessario per cambiare.

La vita delle persone con DBP, così com’è adesso, è insopportabile. La DBT riconosce la sofferenza della persona e il fatto che il dolore che sta vivendo è, in questo momento, insopportabile.

Teorie della DBT che riguardano i terapeuti

La cosa più amorevole che un terapeuta possa fare è aiutare la persona con DBP a cambiare, così da farla avvicinare il più possibile ai suoi obiettivi finali. Tutto ciò richiede un confronto e un accordo sui traguardi che la persona vorrebbe raggiungere nella terapia e nel-

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la vita e non su ciò che gli altri vorrebbero che facesse o diventasse. Tali obiettivi vengono poi frazionati in piccoli passi. Il terapeuta può accompagnare la persona lungo tutto il percorso, aiutarla a adottare nuovi comportamenti, guidarla attraverso il suo inferno emotivo, ma non può rimuovere o eliminare le esperienze dolorose dalla sua vita oppure compiere al suo posto lo sforzo di imparare e mettere in pratica le abilità DBT.

Affinché la pratica della DBT abbia effetto è necessario svilup-pare un atteggiamento compassionevole di accettazione, che incorpori i principi della DBT. La chiarezza nella comunicazione da parte del terapeuta è essenziale per dissipare le ambiguità e i fraintendimenti che spesso offuscano le percezioni delle persone con DBP, andando a complicare le relazioni interpersonali. Una comunicazione precisa costituisce la struttura portante.

La relazione con il terapeuta DBT è un rapporto tra pari. La DBT incoraggia il terapeuta ad aprirsi completamente con il paziente. Per chi soffre di DBP, questo serve a mantenere in equilibrio il rapporto e a dimostrare che anche gli altri hanno problemi relazionali e, inol-tre, incoraggia la persona con DBP a esprimere le proprie sensazioni riguardo il rapporto con il terapeuta, in modo che possa imparare ad affrontare a risolvere i problemi e, al contempo, praticare e rinforzare le abilità DBT. I principi del comportamento (si veda il capitolo 3) sono universali e riguardano tanto il terapeuta quanto il paziente; i terapeuti possono ricevere rinforzi dai propri pazienti se fanno qualcosa di positivo o se commettono un errore.

I terapeuti DBT possono fallire. Potrebbero esserci incompatibilità caratteriali tra il paziente e il terapeuta, così come potrebbero esserce-ne tra un genitore e un figlio. Un genitore dalla forte personalità ed estroverso potrebbe non essere la cosa migliore per un bambino timido e introverso. Un terapeuta schietto e irriverente potrebbe non essere la scelta migliore per qualcuno che non sopporta il benché minimo accenno di ciò che potrebbe somigliare a sarcasmo. Alcuni si trovano meglio con un terapeuta uomo, altri con una donna, e alcuni terapeuti potrebbero non essere in grado di applicare la DBT.

La DBT può fallire anche quando non è il terapeuta a sbagliare. A volte una persona potrebbe semplicemente non essere pronta a intraprendere la DBT, oppure potrebbe essere troppo giovane e non essersi ancora resa conto di avere un problema, o potrebbe non essere

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disposta a compiere tutto il lavoro necessario per cambiare il proprio comportamento. La DBT potrebbe non funzionare perché, forse, non è il trattamento giusto per quella particolare persona. Non è una panacea, tuttavia, attualmente, la DBT è il trattamento con il maggior numero di studi clinici controllati randomizzati che ne dimostrano l’efficacia nel trattare le persone con DBP.

Secondo quanto riferiscono le famiglie, anche quando la persona sembra opporre resistenza alla DBT, oppure è costretta ad abbandona-re il trattamento a causa di comportamenti che interferiscono con la terapia, ad esempio arrivare costantemente in ritardo alle sedute o saltare gli incontri, riesce comunque a trarre qualche bene-ficio che si può manifestare anche in un secondo momento. I familiari possono anche modellare e rinforzare le abilità DBT, in attesa che arrivi il momento giusto per provarci di nuovo.

I terapeuti che trattano le persone con DBP necessitano di sostegno. La DBT è unica nel suo genere, in quanto si tratta di una terapia in cui il lavoro si svolge in équipe, invece che con un singolo terapeuta. L’équipe è un gruppo di consul-tazione e fornisce sostegno ai terapeuti, consente loro di riconoscere difficoltà e successi e rappre-senta un’occasione per discutere dei problemi che si presentano e di ascoltare proposte alternative a situazioni difficili da parte degli altri membri del gruppo. È stato dimostrato che questo diminuisce le probabilità per il terapeuta di andare incontro al burnout e di migliorare la capacità del gruppo di praticare la DBT.

Teorie della DBT che riguardano i familiari

I membri della famiglia trascorrono più tempo con la persona con DBP di chiunque altro. Hanno le loro necessità e spesso sono bersaglio di comportamenti violenti, oltre a vivere costantemente nel timore delle conseguenze dei comportamenti impulsivi del loro caro. Alle circostanze uniche in cui vengono a trovarsi i familiari di una persona con DBP

Secondo quanto riferiscono le famiglie, anche quando la persona sembra opporre resistenza alla DBT, oppure è costretta ad abbandonare il trattamento a causa di comportamenti che interferiscono con la terapia, ad esempio arrivare costantemente in ritardo alle sedute o saltare gli incontri, riesce comunque a trarre qualche beneficio che si può manifestare anche in un secondo momento. I familiari possono anche modellare e rinforzare le abilità DBT, in attesa che arrivi il momento giusto per provarci di nuovo.