Guida del pellegrino

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pellegrinaggio nella via Francigena

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Guida del pellegrino

La Via Francigena nella Tuscia

Pilgrim’s guidebookThe Francigena road in the Tuscia territory

“La Via Francigena nella Tuscia” è un manuale, utile e maneggevole, per i mo-derni viaggiatori che intraprendono lo storico cammino medievale il quale, seguendo l’antica Via Romea o Via Francigena, calca le orme degli antichi pellegrini nella parte di itinerario che attraversa da nord a sud la Provincia di Viterbo.

L’impegno della Provincia è di recuperare l’intero percorso di 100 km prima di Roma, ma anche di dotarlo di tutti quei servizi necessari a rendere più accogliente il territorio.

La guida, in quest’ottica, è un ulteriore strumento pensato per svelare le bellezze naturali, le tradizioni, la storia non meno dei luoghi di culto e della simbologia ricor-rente lungo questo percorso di fede e ricerca personale. L’itinerario viterbese della Via Francigena scende verso Roma toccando suggestivi borghi della Tuscia, con i loro rit-mi di vita e la loro quiete, cullati in atmosfere di altri tempi: Proceno, Acquapendente, Bolsena, San Lorenzo Nuovo, Montefiascone, fino ad arrivare a Viterbo, importante città medievale nonché sede temporale del Papato nella prima metà del Duecento. Da Viterbo la Via Francigena trova due alternative di percorso: la via di valle che incontra le cittadine di Vetralla, Capranica, Sutri e Monterosi e la via di monte che incontra Ronciglione e Nepi. Le varianti si ricongiungono a Campagnano di Roma, per poi proseguire fino alla città eterna.

Il pellegrino che si incammina sulla Via Francigena ha bisogno delle cure e delle attenzioni che si debbono ad un ospite che visita il nostro territorio ma gli si deve anche consentire l’intimità di un’esperienza individuale che nasce dalla volontà di rinnovare un incontro con se stessi e con la fede.

Confidiamo che le bellezze della Tuscia e l’accoglienza ricevuta inducano questo viaggiatore a tornare come turista allo scoperta delle ricchezze storiche, artistiche e culturali che non si trovano direttamente su questo cammino.

Ringraziamo, pertanto, quanti hanno contribuito alla realizzazione della guida con la speranza che sia di aiuto a quelli che si incammineranno nella magica terra di Tuscia.

Questa guida è stata realizzata con il finanziamentodella Regione Lazio per le aree integrate L.R. 40/99Progetto “Promozione Itinerario Via Francigena”

©Progetto grafico e cartografiaGRAPHISPHAERA - Acquapendente

Ricerca e supervisioneMASSIMILIANO VINCI

TestiMASSIMILIANO VINCI, VALERIA ZANNONI, LUIGINA ARTEMI, CESARE GORETTI

TraduzioniCATMOND, HANNA SALO, DANIELA PERUGINI, FILIPPO BELISARIO

Disegni originali BEATRICE DAVIS

Fotografie (dove non diversamente indicato) CESARE GORETTI, LUIGINA ARTEMI

Stampa TIPOGRAFIA AGNESOTTI - Viterbo

Coordinamento SERVIZIO TURISMO PROVINCIA DI VITERBO www.provincia.vt.it/turismo

La Tuscia, intesa come territorio storico, nasce e si sviluppa intorno ad un asse viario principale di antichissima origine, ricalcato in età romana dal tracciato della consolare Cassia, in uso fino ai giorni nostri.

A partire dall’alto Medioevo su questa direttrice comincia a scorrere un traffico nuovo fatto di uomini, idee e merci che si muovono dal nord verso Roma e viceversa per visitare la tomba di San Pietro e Paolo. Alcuni tratti di questa strada assumono allora, in età carolingia e successivamente, il nome di Via Francigena per il flusso di genti provenienti per lo più dall’Europa centro-occidentale.

La Via Francigena nasce dunque come “strada europea” e come tale oggi la stiamo riscoprendo e valorizzando in quanto fattore unificante della Comunità Europea, aspetto più volte ribadito dal Consiglio d’Europa, dal nostro Ministero per i Beni e le Attività Culturali e dalla Regione Lazio.

Con la pubblicazione di questa guida vogliamo dare al viaggiatore moderno, quali che siano le motivazioni e le modalità del suo viaggiare, la possibilità di attraversare consapevolmente il nostro territorio, per approfondire gli aspetti di esso più consoni alla propria sensibilità.

Il pellegrino di oggi potrà trovare in questa guida non solo un orientamento topografico ma anche uno strumento per muoversi agevolmente all’interno della ampia e variegata offerta di strutture e servizi turistici di cui oggi la Tuscia dispone.

Servizio Turismo - www.provincia.vt.it/turismo

Dedichiamo questa guida a chi compie il suo viaggio per scoprire quello che è “fuori” e quello che è “dentro”, a chi non si limita a sfiorare le apparenze ma vuole penetrare le verità più profonde,a chi cerca una strada e trova “la via”.

Introduzione

La Via Francigena più che un itinerario è un’emozione. Elaborando questa guida ci siamo resi conto di come questa strada racconti tante storie, tante quante sono le alternative al suo percorso che si sono andate configurando attraverso i secoli.

Nel 990 Sigerico la percorse per recarsi a Roma dove ricevette dal papa Giovanni XV il palio, simbolo della dignità arcivescovile e nel viaggio di ritorno a Canterbury, annotò nel suo famoso diario le 80 tappe del suo viaggio. Nel tempo le circostanze storiche e naturali hanno portato a delineare percorsi alternativi che oggi proponiamo al viandante. Chiunque, per vocazione o per passione, voglia intraprendere il cammino potrà scegliere la via di Sigerico o uno degli altri tracciati, ognuno dei quali ricco di storia, emozioni e luoghi di devozione e fede.

Noi abbiamo percorso per voi questa strada, nel tratto che attraversa da nord a sud la provincia di Viterbo, rubando istanti di vita ed elaborando disegni, raccogliendo tradizioni e leggende; ci siamo emozionati di fronte alla maestà della natura, abbiamo chinato il capo nella casa di Dio.

Questa guida vuole offrire suggerimenti e indicazioni, vuole accompagnare il pelle-grino, passo passo, nel suo cammino e suscitare nel lettore il desiderio di percorrere e conoscere, dal vero, i luoghi da noi raccontati lungo un tratto bellissimo di quel cam-mino che collega l’Europa a Roma.

Il percorso indicato è quello ufficiale della Regione Lazio e solo in alcuni punti, a seguito di segnalazioni di camminatori e minuziosi sopralluoghi, vengono proposte alcune deviazioni per evitare difficoltà ed ostacoli attualmente ancora non rimossi. Ogni tappa è accompagnata da una carta di riferimento con indicazioni pratiche per la percorrenza.

Negli ultimi anni gli interventi promossi dalla Regione Lazio e dalla Provincia di Viterbo, lungo questo tratto della Via Francigena, sono stati numerosi e non si ferme-ranno qui. è infatti tra i progetti di prossima attuazione anche quello di uniformare la cartellonistica a quella già presente sul territorio nazionale. Si consigliano i cammina-tori di dotarsi anche di un giubbino catarifrangente da utilizzare, per la propria sicurez-za, nei tratti di strada dove il traffico è più intenso.

Questa guida viene accompagnata da un inserto che contiene informazioni pra-tiche sui territori percorsi quali le emergenze culturali, le manifestazioni ricorrenti e i servizi principali.

L’inserto sarà pubblicato anche sul sito www.provincia.vt.it, i dati saranno aggior-nati quotidianamente e il pellegrino potrà scaricarlo prima dell’inizio del suo viaggio.

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NotaLungo il percorso è presente questa simbologia che integra la segnaletica della Via Francigena laddove questa non è ancora disponibile. Questo segnale è stato apposto dagli stessi camminatori.

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Da Abbadia S. Salvatore ad Acquapendente... From Abbadia S. Salvatore to Acquapendente...

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Da Abbadia S. Salvatore ad Acquapendente... From Abbadia S. Salvatore to Acquapendente... Da Abbadia S. Salvatore ad Acquapendente... From Abbadia S. Salvatore to Acquapendente...

trovo ai piedi dell’imponente Castello. La Rocca di Proceno è una fortezza medievale del XII sec. sorta su questa collina, probabil-mente allo scopo di proteggere il borgo e le vallate sottostanti, luoghi di confine e anche sedi di cruente battaglie. La sua struttura ar-chitettonica si presenta ai nostri occhi ancora nella forma originale.è piacevole passeggiare per le stradine del piccolo borgo: qui si respirano calma, silen-zio e tranquillità, sembra proprio un angolo di medioevo traslato ai giorni nostri.Ora l’obiettivo è quello di arrivare ad Acqua-pendente nel pomeriggio; avrò così la possi-bilità di visitare la cripta del Santo Sepolcro all’interno dell’omonima basilica, un luogo di grande suggestione sulla lunga strada per Roma. Uscendo da Proceno, scendo verso la valle del fiume Paglia finché la strada non comin-cia a risalire verso Acquapendente. Passo di fronte ai resti della chiesa di Sant’Egidio, che gli aquesiani (abitanti di Acquapenden-te) chiamano San Giglio, proseguo ancora qualche centinaio di metri e mi trovo a do-ver attraversare la Cassia per poi prendere la carrareccia disegnata su uno dei traccia-

ti medievali della via percorsa da Sigerico; la strada dapprima in leggera discesa comincia a salire. E il paesaggio si trasforma. L’immagine che mi si staglia di fronte mi ricorda da vicino una delle acqueforti che ritraggono i pellegri-ni lungo la Via Francigena proprio nei pressi di Acquapendente. Dopo l’ultima svolta mi si presenta davanti l’imponente struttura della bancata vulcanica su cui poggia la città, rico-noscibile dal profilo del campanile della chiesa di San Francesco che si staglia sul cielo. An-cora uno sforzo, una lunga salita tra campi e pollai per trovarmi finalmente all’ingresso di Acquapendente da Porta Ripa, una delle poche rimaste in piedi a seguito del sistemicatico ab-battimento che le porte della città hanno subito dopo l’unificazione d’Italia. Da questo ingres-so i pellegrini e i viandanti medievali entrava-no ad Acquapendente. Mi ritrovo a percorrere Via Cesare Battisti, dove un tempo sorgevano i luoghi di conforto per i vandanti: locande ed ospedali. Proseguendo lungo Via Roma giungo nella piazza del Duomo dove si erge la basilica del Santo Sepolcro, che, dietro una facciata barocca, conserva il nucleo medievale della costruzione, da sempre meta obbligatoria per i pellegrini di passaggio.

Acquapendente, il campanile di S. Francesco sullo sfondoAcquapendente, S. Francesco bell tower on the background

Le ultime propaggini delle colli-ne toscane sono ancora davanti a noi con il loro suggestivo sce-nario, mentre la strada, che nel primo tratto si presenta in discesa, sembra invitarmi a prose-guire, conducendomi verso il Lazio. Proseguo il cammino portando con me i bei ricordi di questo territorio, ricco di testimonianze storiche e cultu-rali e di splendidi paesaggi mozzafiato ma anco-ra emozionato e non sazio di luoghi da visitare e di nuove sensazioni da vivere.Da Abbadia San Salvatore, un susseguirsi di cur-ve e di saliscendi caratterizzano il sentiero per Piancastagnaio. Percorrendo il comodo marcia-piede, di recente realizzazione, il tratto risulta una piacevole passeggiata.Sulla sinistra si aprono una serie di scorci pano-ramici sulla valle sottostante, al di sopra della quale si innalza il monte Cetona con la rocca di Radicofani.Supero il borgo di Piancastagnaio e continuo a scendere lungo i fianchi del Monte Amiata, per-correndo un sentiero, a tratti sconnesso. Dopo una serie di curve in salita, scorgo il borgo di Proceno, con la sua rocca, ingresso nella pro-vincia di Viterbo. Entro dalla porta nord e mi

Il borgo di Proceno con la sua RoccaProceno village and its fortress

La cripta dell’abbaziadel SS. Salvatore ad Abbadia The crypt of SS. Salvatoreabbey in Abbadia

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Da Abbadia S. Salvatore ad Acquapendente... From Abbadia S. Salvatore to Acquapendente... Da Abbadia S. Salvatore ad Acquapendente... From Abbadia S. Salvatore to Acquapendente...

Cripta del Santo Sepolcro ad Acquapendente.

Crypt of the Holy Sepulchre in Acquapendente

La CRIPTA del SANTO SEPOLCRO ...entrando resto col-pito dal gioco di colonne ed archi. 24 colonne suddividono la pianta in nove piccole navate, coperte da volte a crociera costolonate, che formano una caratteristica “T”. I capitelli sono particolari e ripropongono forme antropomorfe come teste d’ariete e uccelli o anche motivi vegetali. Le proporzio-ni delle colonne rispetto alla volta suggeriscono l’ipotesi che la costruzione si sia protratta nel tempo, fino alla fine del secolo XI, visto il contrasto esistente tra la complessità dei capitelli in pietra dura e le strutture delle volte a crocie-ra in tufo. Sulla sinistra, al lato della scalinata di accesso, sono vi-sibili resti di affreschi del XIII-XV secolo: una Natività e le figure di Santa Caterina d’Alessandria e S. Michele Arcangelo; al centro della cripta, una doppia scalinata, scavata nella pietra, permette di raggiungere il sacello che riproduce il S. Sepolcro di Gerusalemme con la presenza, nel tabernacolo interno, di pietre incastonate che, secondo la tradizione, sarebbero state bagnate dal sangue di Cristo durante la Passione, come attesta una iscrizione latina posta nel muro davanti all’apertura del sacello.

Conoscevo le infiorate ma non avevo mai sentito parlare dei Pu-gnaloni, splendidi quadri realiz-zati con petali di fiori e foglie per celebrare la Madonna del Fiore. La leggenda narra che nel lonta-no 1166 fu Maria ad aiutare gli aquesiani a liberarsi dalla tirran-nia di Federico I detto il Barba-rossa. Il tema rappresentato nelle opere è infatti quello della libertà che vince contro ogni forma di oppressione. Cercherò di ricorda-re questa data: terza domenica di maggio. Dovrebbe essere molto suggestivo vedere esposti questi pannelli floreali (15 tavole) nei luoghi più caratteristici del centro storico. Ai pugnaloni è legato un concorso e la festa si chiude nella piazza centrale dove si radunano tutti i gruppi che realizzano i sin-golari mosaici, sventolando le loro bandiere nell’euforica attesa della premiazione del “pugnalone più bello”.

Cripta del S. Sepolcro

ad Acquapendente

La facciata della chiesa è stata interamente rico-struita dopo i bombardamenti subiti durante la seconda guerra mondiale. All’interno la luce sof-fusa taglia il silenzio. Cerco le scale per scendere a visitare la famosa cripta ma rimango colpito da grandi quadri disposti lungo le navate laterali. Mi avvicino e scopro che sono pannelli interamente ricoperti di petali di fiori, foglie e altri elementi na-turali ormai secchi e appassiti. Mi spiega un aque-siano che si tratta dei Pugnaloni, opere realizzate per celebrare la Madonna del Fiore. Esco dalla chiesa e mi ricordo che, lungo la via che avevo percorso, ero rimasto colpito da una targa: Museo della Città. Torno indietro di un centinaio di metri ed entro nelle stanze dell’ex-palazzo vescovile dove ceramiche rinascimenta-li e paramenti sacri sono esposti in un contesto architettonico molto suggestivo: pareti affrescate, pavimenti finemente lavorati, dipinti appesi alle pareti. E, all’ultimo piano del palazzo, una sezione di recente inaugurazione, illustra lo sviluppo della Via Francigena ad Acquapendente e non solo. La guida, gentilissima, mi invita a visitare le altre sedi del Museo, disclocate lungo l’antico tratto urbano della Via Francigena: la pinacoteca di San Francesco, dove si possono ammirare quadri di scuola senese e la Torre Julia de Jacopo, ex Porta Romana, antica porta di ingresso alla città che porta il nome di una coraggiosa fanciulla che serrando i bat-tenti salvò il borgo dall’esercito nemico. Qui è stata allestita la sezione del mu-seo dedicata alla ceramica arcaica. Si sta facendo tardi, giusto il tempo per visitare la piazza centrale con la statua dedicata a Girolamo Fabrizio (1533?-1619), l’illustre medico aquesiano, esperto anatomista e abile chirurgo, che numerosi contributi ha dato agli studi di embriologia e chirurgia...mi incammino verso l’ostello...

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Da Abbadia S. Salvatore ad Acquapendente... From Abbadia S. Salvatore to Acquapendente...

The splendid sight of the last stretch of the Tuscan hills lies before us, and the road, heading downhill, seems to beckon me on into Lazio. I continue my walk accompanied by the beautiful memories of that land, rich in history and cultural heritage, as well as breathtaking scenery. I am still enthused by them, but they have not satiated my desire for new places to visit and new experiences.

A series of undulating twists and turns are the main feature of the road for Piancastagnaio. Traversing a comfortable, recently-made footpath, this stretch of road offers a pleasant walk, where to the left one can catch glimpses of the valley below, over which towers Mount Cetona and the fortress of Radicofani. After the medieval village of Piancastagnaio, the road begins to descend towards the foot of Mount Amiata. By walking along a road that at times presents a few potholes and after a series of climbing bends, it is possible to see the village of Proceno and its fortress which marks the entry into Viterbo Province. I enter through the northern gate, and find myself at the foot of an imposing monument. Proceno Castle is a medieval fortress dating from the 12th century which was most probably erected on this hill in order to protect the village and the valleys beneath it, which as border areas were the sites of bloody battles. Travellers can still admire the castle’s original architectonic structure. It is pleasant to wander through the alleys of this small village and breathe in the peace and quiet: it really does feel as though some small part of the Middle Ages has been transferred to the modern day.

Now the goal is to reach Acquapendente by the afternoon in order to visit the Crypt of the Holy Sepulchre inside the basilica of the same name, a very evocative place on the long road for Rome.

Leaving Proceno, I descend towards the Paglia River Valley, until the road begins to climb again towards Acquapendente. I pass the remains of St. Egidius Church, which the Acquesiani (the inhabitants of Acquapendente) call San Giglio. After a few hundred metres, I have to cross the Via Cassia and then take a dirt track that is one of the

medieval paths of Sigeric's Way. The path first goes steeply downhill, before climbing again, and the landscape changes.

The image before me is highly reminiscent of one of the etchings that portray pilgrims along the Via Francigena, precisely around Acquapendente: indeed, around the final bend appears the imposing volcanic structure on which the town stands. The town is easily recognizable from the profile of the St. Francis Church bell tower that stands out against the sky. One more effort, a long walk uphill among fields and chicken coops, and I finally reach the entrance to Acquapendente, Porta Ripa, one of the few gates to have survived the systematic removal of ancient gateways that took place following the unification of Italy.

This is the entrance used by Medieval pilgrims and travellers to enter Acquapendente. Along what is today Via Cesare Battisti there used to be places for travellers to rest, inns and a hospital. At the end of Via Roma one reaches the Duomo Square, where one finds the basilica of the Holy Sepulchre. Behind its baroque facade, the medieval structure of the building is still preserved. This is also a required destination for 21st century pilgrims.

The facade of the church was entirely rebuilt after it suffered bomb damage in World War II. Inside, a soft light breaks through the silence. While looking for the steps that lead to the famous crypt, I am amazed by the sight of a number of huge panels along the side naves. I move closer and discover that they are covered entirely in flowers, leaves, and other natural materials, which have now withered. An Acquapendente local explains that these are the Pugnaloni, works made for the Madonna of the Flower. According to legend, in 1166 Mary helped the people of Acquapendente to free themselves from the tyranny of Barbarossa and indeed the theme in these canvasses is the triumph of freedom over all forms of oppression. I will endeavour to remember the date, the third Sunday in May, since I imagine it must be delightful to see these flower mosaic panels (15 in total) on display in the most charming

Da Radicofani ad Acquapendente... From Radicofani to Acquapendente...

DEVIAZIONE DAL SENTIEROCome già indicato nella prefazione, sono pre-viste delle deviazioni al tracciato principale. Una di queste è quella che porta i pellegrini da Radicofani fino ad Acquapendente.

Da Radicofani la strada si dispiega attraver-so crinali e forre, seguendo la morfologia del paesaggio fino all’incrocio con la S.R. Cassia, dopo aver superato la località La Novella. Da questo momento devo stare più attento, la Cassia è una strada veicolare ad alta per-correnza ma quasi totalmente pianeggiante e questo fa ben sperare sulla possibilità di mantenere la tabella di marcia. L’obiettivo è di fare una sosta nei pressi di Centeno. Oggi Centeno è situata ai margini della stra-da romana e pochi vi transitano ma fino all’unità d’Italia questa località era nota per la temuta dogana pontificia. Questo luogo era infatti l’ingresso più a nord dello Stato Pontificio; da qui si entrava nel regno dei papi, e guai ad avere con sé libri blasfemi, come per esempio, il trattato di astronomia di Galileo Galilei che pare sostò proprio in

questo piccolo borgo. Dopo un lungo tratto pianeggiante su strada asfaltata, supero il piccolo ponte sul torrente Elvella e mi trovo sulla destra l’ingresso di Centeno... è emo-zionante il solo pensare a ritroso nel tempo... chissà quali grandi personaggi hanno calpe-stato questo suolo, quanti si saranno dovuti fermare per dimostrare di avere le carte in regola per poter entrare nel regno pontificio!Oltrepassato Centeno mi rituffo sulla Cas-sia, mentre ai lati della strada si susseguono campi coltivati e casolari, una volta case di mezzadri, oggi trasformati per lo più in agri-turismo. Questa è la valle del fiume Paglia, corso d’acqua che nasce dal Monte Amiata e che dopo aver attraversato Toscana, Lazio e Um-bria si getta nel Tevere nei pressi di Orvieto. Lo attraverso sull’antico Ponte Gregoriano, la cui costruzione, come dice chiaramente il nome, risale ai tempi del papa Gregorio VII il cui stemma in pietra, una volta collocato nella campata del ponte, è oggi custodito nel Museo della Città di Acquapendente. Da qui posso riprendere il tratto che proviene da Proceno e continuare per Acquapendente.

Un panorama suggestivo scendendo da RadicofaniA suggestive view from Radicofani

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Da Abbadia S. Salvatore ad Acquapendente... From Abbadia S. Salvatore to Acquapendente... Da Abbadia S. Salvatore ad Acquapendente... From Abbadia S. Salvatore to Acquapendente...

I had never heard about the PugnalonI before... wonderful

pictures made of flowers and leaves using a special technique, almost like a mosaic... I must remember the date, the third Sunday in May... it must be amazing to walk through the town and be able to admire those huge flower panels (2.6 by 3.6 metres) that depict the victory of freedom against all forms of oppression...

the cryPt of the holy SePulchre... as soon as I enter I am amazed at the structure of columns

and arches. The space is divided into nine small naves by 24 columns. The naves are covered by groin vaults, which form a "T" shape. The capitals are very unique and reproduce shapes such as goats heads, birds, and floral patterns. The proportions of the columns in comparison with the vault suggest that the crypt was built over time up until the end of the 11th century, given the stark contrast between the sophisticated complexity of the capitals and the groin vaults fashioned from the volcanic rock tuff.

On the side of the staircase leading to the crypt there are the remains of frescoes dating from the 13th to the 15th centuries: a Nativity scene and the figures of Saint Catherine of Alexandria and Saint Michael Archangel. At the centre of the crypt is a double staircase dug into the ground that leads to the sacellum which replicates the Holy Sepulchre in Jerusalem. Inside is a tabernacle which contains stones that, according to tradition, were soaked with the blood of Christ during the Passion, as stated in a Latin inscription on the wall facing the entrance to the sacellum.

DEVIATION FROM THE PATH

As mentioned in the introduction, one can deviate from the main route. One such detour takes pilgrims from Radicofani to Acquapendente.

From Radicofani, the road passes along hilltops and through canyons, following the topography of the land, until it crosses the Via Cassia after passing the hamlet of La Novella. From here onwards I have to be especially careful because the Cassia carries heavy traffic. However, it is almost entirely flat, and this bodes well for me managing to respect my schedule. My goal is to stop near Centeno. Nowadays, not many people pass through Centeno, which is just off the Roman road, but until the unification of Italy this place was notorious due to the formidable papal customs. In fact, this was the northernmost entry point for the Papal States. From here people entered the kingdom of the popes, and woe betide anyone who might be carrying blasphemous books, for example the treaty on astronomy written by Galileo, who apparently stayed in this small village.

After a long, flat, tarmac stretch, I cross a small bridge over the Elvella Torrent and the entrance to Centeno is on my right. I am excited at thoughts of the past... who knows how many great people have trodden this soil and what events this land has seen.

After Centeno, I return to the Cassia, along the sides of which lie cultivated fields and farmhouses, one after the other: these were once the homes of peasants, but have now been turned into farmhouse resorts (Agriturismi).

This is the valley of the Paglia River which originates on Mount Amiata and which, after crossing Tuscany, Lazio and Umbria, joins the Tiber near Orvieto. I cross the river at the ancient Gregorian Bridge, which, as the name suggests, was built in the days of Pope Gregory VII. His coat of arms etched in stone, which was once atop the bridge, is now on display at Acquapendente’s City Museum.

From here I can rejoin the stretch of road from Proceno and continue towards Acquapendente.

corners of the historic centre. There is a competition connected to the Pugnaloni and the festival ends in the main square with all the groups that have made the mosaics waving flags and excitedly awaiting the announcement of the prize for the "most beautiful Pugnalone".

On leaving the church, I remember that I had noticed a plaque along the street my way there: City Museum (Museo della Città). So, I retrace my steps about 100 metres and enter the rooms of the former bishop's palace, where renaissance pottery and holy vestments are on display in a very charming architectural setting.

There are frescoes, fine floor mosaics, and paintings hanging on the walls. A very kind guide suggests that I visit the other parts of

the museum, which are scattered along the ancient urban stretch of the Via Francigena: the St. Francis art gallery, where a number of recently restored paintings of the Siena school can be admired, and the Julia de Jacopo Tower, the ancient city gate named after a brave young girl who, by closing the gate, saved the town from a hostile army, where one can find the section of the museum dedicated to ancient pottery.

It is late now and I only have time to visit the central square where there is a statue dedicated to Girolamo Fabrizio (1533?-1619), an illustrious doctor from Acquapendente, expert anatomist and skilful surgeon who made great contributions to the science of embryology and surgery. Once more, I head towards a hostel...

I boschi del Monte AmiataForests of Mount Amiata

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I MISTERI DI SANTA CRISTINA,

PATRONA DELLA CITTà

Ogni anno il 23 e il 24 di luglio ven-

gono rievocati i martiri subiti dal-

la giovane santa bolsenese, al tempo

dell’ultima persecuzione di Dioclezia-

no. Le gesta della martire rivivono

attraverso i cosiddetti MISTERI: “la

ruota, la caldaia, la fornace, il lago,

l’inferno, le verghe, i serpenti, il taglio

della lingua, le frecce, la sepoltura e la

gloria: questi sono i supplizi inflitti

a Cristina, dai quali però miracolo-

samente esce indenne. La sera del 23

Luglio e il mattino del 24, nelle piazze

del centro storico, vengono allestiti dei

palchi sui quali sono rappresentati gli

episodi, in forma muta ed immobile,

del martirio della santa. Entusiasmo

e calore animano i bolsenesi che, orgo-

gliosi, fanno rivivere questa tradizio-

ne tanto antica.

Arrivo a San Lorenzo Nuovo. Da qui mi si presentano due possibilità: una via che scen-de verso Bolsena passando accanto ai ruderi di San Lorenzo Vecchio e ai resti della chiesa di San Giovanni in Valdilago oppure un sentie-ro, con continui saliscendi, che mi porta sulla cresta della caldera del lago da cui si scorgono splendidi panorami. Scelgo la strada del “pae-se vecchio”, imboccando il tracciato della Via Cassia Antica che scende verso la valle del lago. Superato il LXXV miglio, sfioro il picco-lissimo borgo di San Lorenzo alle Grotte che, rimasto quasi deserto a causa delle continue frane e dell’aria malsana, fu abbandonato nella seconda metà del XVIII secolo. Con l’aiuto di Clemente XIV e di Pio VI il paese venne rico-struito più in alto, dove l’aria era salubre, nei luoghi che ancora oggi occupa. Il progetto fu affidato all’architetto Francesco Navone che, per il nuovo impianto urbanistico, sembra si sia ispirato al quartiere di Amalienborg a Copena-ghen. Giunto presso le sponde lacustri, scorgo in lontananza i ruderi della chiesa rinascimenta-le di San Giovanni in Valdilago, un tempo al

La chiesa ottagonale di S. Govanni in ValdilagoThe octagonal church of S. Giovanni in Valdiliago

Questa è la prima tappa in-teramente laziale...lascio alle spalle le crete senesi e mi di-rigo verso il lago... Parto da Ac-quapendente di buon’ora. Il mio obiettivo è raggiungere Bolsena nel primo pomeriggio, meglio se ce la faccio per l’ora di pranzo.Il tratto che mi aspetta inizia in salita e un sus-seguirsi di lievi saliscendi mi porterà fino all’al-topiano di Campomorino. Da qui una leggera salita fino a San Lorenzo Nuovo. Solo campa-gna e casali, di cui alcuni abbandonati, men-tre altri, già ristrutturati, ospitano dei graziosi agriturismo. Lungo il sentiero incontro le indi-cazioni per Grotte di Castro, un caratteristico centro di origine etrusca situato su un’altura da cui si scorge uno splendido panorama sul lago di Bolsena. Sarebbe interessante poterla visita-re, soprattutto per i reperti conservati nel Museo civico archeologico e per la necropoli etrusca di Pianezze, ricca di tombe del VII e VI secolo a. C. Ma non posso deviare dal mio cammino, sono in leggero ritardo sulla tabella di marcia. Rimando ad altra occasione la visita della cittadina. Mi li-miterò ad attraversarne le campagne.

Pellegrini lungo la strada per San lorenzo Nuovo...

Pilgrims along the way to San Lorenzo Nuovo...

Grotte di Castro, sullo sfondo il lago

Grotte di Castro, the lake on the

background

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La collegiata di Santa Cristina a Bolsena.

The collegiate church of S. Cristina in Bolsena

L’altare del Miracolo Eucaristicoa Bolsena

Le infiorate a Bolsena: preparazione

“Infiorata” festival in Bolsena: preparation

(foto

M. D

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te)

centro di un piccolo borgo.Mi dirigo alla volta di Bol-sena: purtroppo il tratto che costeggia il lago è inacces-sibile, quindi, facendo molta attenzione al traffico, torno di nuovo a malincuore sulla strada regionale Cassia. Arri-vo a Bolsena percorrendo un breve tratto della via Orvietana e scorgo la Rocca Monaldeschi della Cervara che domina l’an-tico borgo medievale affacciato sul lago. Cerco immediatamente l’ostello dove passerò la notte, poi mi rifugio in una caratteristi-ca trattoria per gustare il corego-ne, delizioso pesce che vive nelle acque limpide di questo lago. Mi concedo un riposino sotto l’ombra verde dei pini nati lungo la riva. Una variegata fauna alata allieta piacevolmente il mio riposo. Una mezz’oretta ed eccomi pronto per la visita alla basilica di Santa Cristina.La collegiata dedicata a Santa Cristi-na, patrona della città, è senz’altro la chiesa più rappresentativa. La storia racconta che qui avvenne il Miracolo

LA COLLEGIATA di SANTA CRI-

STINA di Bolsena è conosciuta per

il Miracolo del Corpus Domini, lega-

to al prodigio eucaristico avvenuto

nel 1263, quando un prete boemo,

mentre celebrava la messa presso la

tomba di Santa Cristina, vide sgor-

gare il sangue di Cristo dall’Ostia

Consacrata. A seguito del miracolo,

Urbano IV istituì la festa del Corpus

Domini e la chiesa di Santa Cristi-

na divenne oggetto di pellegrinag-

gio. Ecco perché mi trovo qui.

Accedo alla Cappella Nuova del Mira-

colo, di impianto barocco: nell’altare

maggiore sono venerate le Sacre Pie-

tre macchiate dal sangue prodigioso

sgorgato dall’ostia nel 1263. Sugli

altari minori si ammirano due tele

settecentesche raffiguranti l’una San

Giovanni Evangelista con la Trinità

e l’altra la Madonna del Carmine con

le anime del Purgatorio, San Giorgio

(compatrono di Bolsena) e Santa Cri-

stina. Dalla luminosa Cappella Nuo-

va del Miracolo mi dirigo nella sugge-

stiva penombra della Grotta di Santa

Cristina, dove si trova la cappella con

al centro l’altare del Miracolo, cir-

condato da una balaustra del ‘500 e

sormontato da un ciborio sorretto da

quattro colonne corinzie; il paliotto è

costituito da una pietra basaltica con

le orme dei piedi di Santa Cristina

che, secondo la tradizione, sorresse il

corpo della martire quando fu gettato

nel lago. A sinistra dell’altare si apre

un’arcata da cui si accede al sepol-

cro della Santa, sul quale poggia un

monumento funebre; da qui, si può

scendere alle catacombe cristiane.

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DEVIAZIONE DAL SENTIERODa San Lorenzo Nuovo, posso scegliere di raggiungere Bol-sena, percorrendo un sentiero, con continui saliscendi, che mi porta sulla cresta di un costone da cui si scorgono splendidi pa-norami del lago. Il primo tratto di strada coincide, per circa un chilometro, con la S.R Cassia e bisogna fare molta attenzione alle numerose auto che transi-tano. Ma dopo poco si imbocca a sinistra una sterrata ed è un altro mondo! Tra boschi e cam-pi coltivati si prosegue verso Bolsena, camminando sul cri-nale, mentre l’azzurro del cielo e del lago mi riempiono gli oc-chi e le stradine bianche segna-no i confini tra i campi, in una alternanza di colori.

Eucaristico. Nel 1263 un sacerdote boemo, di nome Pietro da Praga, passando per Bol-sena si fermò a celebrare la Messa sull’al-tare di Santa Cristina.Il sacerdote era afflitto da dubbi teologici: la trasformazione, durante il rito dell’Euca-restia, dell’ostia e del vino nel corpo e nel sangue di Cristo. Ma mentre si accingeva alla consacrazione dell’ostia, il sacerdote rimase sbalordito davanti al prodigio che stava avvenendo: dall’ostia sgorgava san-gue. L’avvenimento fu subito comunicato al Papa, che all’epoca si trovava ad Orvie-to. Questi ordinò che il corporale bagnato dal sangue dell’ostia, fossero trasferiti ad Orvieto. Durante il trasporto delle “reli-quie” gli abitanti dei paesi in cui passa-va la “processione” pensarono di rendere omaggio al Corpus Domini gettando pe-tali di fiori sulle strade. Nel 1264 Urbano IV istituì la festa del Corpus Domini. Dal 1264 gli abitanti di Bolsena hanno mante-nuto viva la tradizione dell’Infiorata.La visita alla basilica mi impegna per circa un’ora. Uscito, salgo verso la Roc-ca Monaldeschi della Cervara, sede del Museo territoriale del lago di Bolsena. Riprendo fiato ed entro nel castello attra-verso un ponte levatoio: il “contenitore”

Il lago di Bolsena dall’altoLake Bolsena from above

già di per sé è degno di essere visitato. Il museo si articola in varie sezioni che rac-contano di questi luoghi e della loro storia, partendo dalla formazione del territorio alle varie fasi dello sviluppo umano, dal-la protostoria ai periodi etrusco e romano, dal Medioevo al Rinascimento, e affronta anche il tema delle tradizioni popolari e del dialetto locale. Un’intera sezione è dedica-ta alla descrizione del lago di Bolsena, che scopro essere il più grande lago di origine vulcanica d’Europa. La mia passione per l’archeologia mi spinge ad approfondire la visita agli scavi della città etrusco-romana di Volsinii, che si trovano a breve distan-za dal museo. Leggo che fu fondata dopo la distruzione di Velzna, l’attuale Orvieto, ad opera dei Romani i quali, dopo averla rasa al suolo, ne deportarono i superstiti sui monti Volsini (così si chiamano questi colli intorno al lago). Mi concedo una visita veloce ma tale da permettermi di vedere i resti di un va-sto impianto termale e la Casa delle Pitture, le cui stanze sono ancora oggi pregevolmen-te affrescate. Si è fatto tardi, devo tornare verso l’ostel-lo ma, prima di scendere, mi lascio un po’ scaldare dal sole che a quest’ora colora di rosso le acque del lago.

Il crocefisso ligneo nella chiesa di S. LorenzoWooden crucifix in the church of S. Lorenzo

Lago di Bolsena: pescatori al lavoroLake Bolsena: fishermen at work

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Cervara Fortress, which houses the Lake Bolsena Museum (Museo Territoriale del Lago di Bolsena). I catch my breath for a moment, and then enter the castle via a drawbridge: the building deserves a visit in its own right. The museum is divided into various sections dedicated to the history of this area, from the geological phases when the area was formed, to the various phases of human development, from early history to Etruscan and Roman times, and from the Middle Ages to the Renaissance. It also delves into folk traditions and the local dialect.

An entire section is dedicated to Lake Bolsena, and I discover that it is Europe's largest volcanic lake. My passion for archaeology encourages me to visit the remains of the Etruscan-Roman town of Volsinii, which are close to the museum. Here I learn that the town was founded after the Romans destroyed Velzna, modern-day Orvieto. After destroying that city, the Romans deported the survivors to the Volsini Mountains (as the hills around the lake are called).

I only pay a quick visit, but long enough to see the (not very well preserved) remains of a huge spa, the area where the forum used to be, and the Paintings House (Casa delle Pitture), the rooms of which still contain impressive frescoes.

It is late now and I must return to the hostel, but before descending I spend some time enjoying the evening sun, which at this time of day turns the waters of the lake red.

the mySterIeS of SaInt chrIStIna, the city’s patron saint. Every year on 23-

24 July, the town commemorates the tortures suffered by the young Bolsena saint at the time of the last persecutions by Emperor Diocletian. The martyr’s actions are relived through the so-called MYSTERIES “…real living relic of sacred plays. . . “ THE CATHERINE WHEEL, THE GRILLING BY FIRE, THE FURNACE, THE LAKE, THE INFERNO, THE WHIPS, THE SNAKES, THE CHOPPED-OFF TONGUE, THE

ARROWS, THE BURIAL AND THE GLORY. These were the tortures suffered by Christina, which she miraculously survived. On the eve of 23 July and the morning of the 24th, podiums are erected in the squares of the historic centre. On these podiums, tableaux of the saint’s martyrdom are enacted with warm enthusiasm by the people of Bolsena, who continue to keep this ancient tradition alive.

the collegIate church dedIcated to SaInt chrIStIna

in Bolsena is famous for the Corpus Domini Eucharistic miracle which took place in 1263 when a Bohemian priest saw Christ’s blood seeping out of the holy bread as he was saying Mass at Saint Christina’s tomb. Following the miracle, Urban IV established the Corpus Domini festival, and Saint Christina’s church became a destination for pilgrimage, and this is why I am here. Going through a Romanic white marble entrance decorated with bas-reliefs I reach the Chapel of the Miracle, which presents a Baroque structure. On the main altar, the Holy Stones – which, according to tradition, are stained with the blood of the Eucharistic Miracle – are venerated. On the minor altars one can admire two 18th century paintings, one depicting St. John the Evangelist with the Trinity, while the other depicts the Madonna of Mount Carmel with the souls from Purgatory, as well as St. George and St. Christina (the latter are Bolsena’s co-patron saint and patron saint respectively). On the right is a chapel at the centre of which stands the altar of the miracle which is surrounded by a 16th century parapet and is surmounted by a ciborium supported by four Corinthian columns. The front of the altar is a basalt stone bearing the footprints left by Saint Christina. According to tradition, the martyr was tied to this stone and thrown into the lake, but the stone miraculously kept her afloat. To the left of the altar there is an archway which leads to the saint’s sepulchre – which is covered by a burial monument– and to the Christian catacombs.

This is the first section entirely within Lazio… I am leaving behind the brown hills of the Siena area (Crete Senesi) and am now walking towards the lake. I leave Acquapendente early in the morning, because I want to reach Bolsena by early afternoon, even better if I can make it by lunchtime.

The road I need to take begins to climb, then after walking along an undulating section I reach the plateau of Campomorino. From here, a gentle hike takes me to San Lorenzo Nuovo. This area is open countryside, and I can see many farmhouses. Some have been abandoned, while others have been restored and turned into pleasant "agriturismi."

I arrive in San Lorenzo Nuovo. I have two options here: either a road that descends towards Bolsena passing by the ruins of San Lorenzo Vecchio and the remains of San Giovanni in Valdilago, or I can take a road, full of ups and downs, that will take me to the edge of a hilltop from where I can admire amazing views of the lake.

I choose to reach Bolsena by way of the “old town” road, taking the stretch of the Ancient Via Cassia that goes down to the lake. After Milestone LXXV, I pass by the tiny hamlet of San Lorenzo alle Grotte, which is deserted after having being abandoned in the latter half of the 18th century because of unhealthy air and constant landslides.

With the help of Popes Clement XIV and Pius VI, the village was rebuilt further up, where the air was healthier, on the spot where it still stands today. This plan was entrusted to the architect Francesco Navone, who apparently took his inspiration from the Amalienborg area of Copenhagen in planning the new town.

Upon nearing the lakeshore I see in the distance the remains of the San Giovanni in Valdilago church, which was once at the centre of a small village, but today is just a ruin.

I continue walking towards Bolsena, but sadly the lakeshore is inaccessible by foot, so, with extreme caution due to the heavy

traffic, I reluctantly return to the Via Cassia.

I arrive in Bolsena after walking along a brief stretch of the Via Orvietana. In Bolsena I notice the Monaldeschi della Cervara Fortress, which towers over this small ancient town on the lake. I immediately look for the hostel where I can spend the night, and then seek shelter in a typical "trattoria" (small family-run restaurant) to eat some of the tasty white fish that lives in this clear waters of the lake.

I then treat myself to a nap in the shade of pine trees along the lake shore, where a variety of plant life can be found.

After half an hour, I am ready to visit the Basilica of Saint Christina. The collegiate church dedicated to Saint Christina, the town's patron saint, is without doubt the town's main church. According to tradition, a Eucharistic Miracle took place here.

In 1263, a Bohemian priest known as Peter of Prague was passing through Bolsena and stopped to say Mass at Saint Christina's altar. The priest was tormented by theological doubts relating to the transformation of the bread and wine into the body and blood of Christ during the Eucharist. As he was blessing the bread, the priest was stunned by a miracle that happened before his eyes: blood came seeping out of the bread. The Pope, who was living in Orvieto at the time, was immediately told what had happened and he ordered that the vestments worn by the priest, which were soaked with blood from the bread, be transferred to Orvieto without delay.

As the "relics" were being transported, the inhabitants of the towns through which the "procession" travelled decided to pay tribute to the Corpus Domini by throwing flower petals onto the streets. In 1264, Pope Urban IV instituted the Corpus Domini festival, and from that year onwards the inhabitants of Bolsena have preserved the tradition of the "Infiorata" festival, which consists in making large flower carpets on the ground.

It takes me about an hour to visit the basilica. Afterwards, I climb to the Monaldeschi della

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Bolsena: il borgo medievale con la Rocca Monaldeschi della Cervara a sinistraBolsena: the medieval quarter with the Fortress Monaldeschi della Cervara on the left

DETOUR

From San Lorenzo Nuovo I can choose to reach Bolsena by a road full of ups and downs, even though the first part of this road, around 1 Km, is on the Via Cassia, where one must be extremely careful and watch out for the heavy traffic that uses

this road. Eventually, I turn left onto a dirt track and a different world opens up before me! Walking among woods and cultivated fields, I head towards Bolsena, as my eyes feast on the blue of the sky and of the lake. White dirt tracks mark the borders between fields, adding to a vast array of colours.

Lago di Bolsena: l’isola BisentinaLake Bolsena: Bisentina island

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Da Bolsena a Montefiascone... Da Bolsena a Montefiascone...From Bolsena to Montefiascone... From Bolsena to Montefiascone...

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Da Bolsena a Montefiascone... Da Bolsena a Montefiascone...From Bolsena to Montefiascone... From Bolsena to Montefiascone...

i campi e gli uliveti. Alla fine dello sterrato incontro una strada asfaltata che mi porta ad incrociare la Cassia. L’attraverso per andare a visitare l’antico ponte, forse me-dievale, che si trova a breve distanza. Poco dopo mi immetto di nuovo sulla strada, prima di svoltare a sinistra per una strada tranquilla, ancora tra i campi. Di qui in sali-ta fino a Montefiascone. Passo di fronte alla basilica di San Flaviano una delle più belle costruzioni romaniche della Tuscia Viterbe-se e non posso non entrare. Lascio scor-rere lo sguardo sugli affreschi, sulla pietra antica finemente scolpita... è un luogo che ispira devozione. Finalmente una pausa. Forse, dopo tanta fatica potrò gustarmi un salutare bicchiere di Est! Est!! Est!!!, vino bianco, dal gusto secco, sapido, pieno e con un aroma di frutta morbido e piacevole. Il nome, piut-tosto originale, ha origine da un celebre evento storico di cui parlerò più avanti.Rifocillato e trovato posto all’ostello, se-guendo con lo sguardo la grande cupola, la terza d’Italia per dimensioni, giungo alla cattedrale di Santa Margherita (fine XV

secolo). Al suo interno la cripta accoglie le spoglie di Santa Margherita di Antiochia, martirizzata al tempo di Diocleziano. La chiesa, a pianta ottagonale con sette cap-pelle, custodisce tra l’altro una statua mar-morea della Santa (attribuita alla scuola di Arnolfo di Cambio), un pregevole crocifisso ligneo, una terracotta di scuola robbiana con Madonna e Bambino e una pala seicentesca. Montefiascone è stata città di papi e la cu-riosità mi spinge a salire fino alla Rocca dei Papi (fine XII secolo), che, durante la crisi di Avignone, costituì il centro degli affari politici dell’intero Patrimonio di S. Pietro. Papa Urbano V la scelse come residenza estiva. Verso la fine del XV secolo, Cesa-re Borgia la fece trasformare in una rocca inespugnabile, seguendo un progetto di An-tonio da Sangallo il Vecchio poi realizzato da Antonio da Sangallo il Giovane. Verso il 1500 iniziò però il declino di questa struttu-ra così fortificata, oramai pressoché inutile in un territorio quasi completamente assog-gettato al potere papale. Oggi è sede del Museo dell’architettura di Antonio da Sangallo il Giovane.

Montefiascone: panorama dalla Rocca dei Papi, con le isole Martana e BisentinaMontefiascone: a view from the Fortress with Martana and Bisentina islands

Uliveti e campi stanno a guardia di quel che resta del basolato ro-mano. Un senso di rispetto per tanta storia mi prende mentre, calcando l’antica strada, mi in-cammino verso Montefiascone. Parto come sempre di buon’ora. La prima tappa è il parco di Turona da dove è possibi-le raggiungere il vicino sito archeologico della Civita d’Arlena. Qui sono visibili ancora i resti di un tempietto etrusco presso una meraviglia della natura: un’enorme frattura vulcanica che ha diviso il colle e che, nell’immaginario degli Etruschi del luogo, venne interpretata come una porta aperta verso il mondo infero, dove si riteneva vivessero le divinità più venerate del territorio volsiniese. All’interno del parco si tro-va un mulino ad acqua risalente al 1305 e dei ritrovamenti di orgine villanoviana fanno pre-supporre che il luogo fosse abitato sin dall’età del ferro. Continuo con un saliscendi lungo il cri-nale, un muretto di confine accompagna per un po’ quell’antico basolato che a tratti riaffiora tra

Campo di girasoli nei pressi del lago di Bolsena

Sunflowers close to lake Bolsena

L’antico basolato della Via Cassia nei pressi di Montefia-sconeAncient pavement of the via Cassia close to Montefiascone

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Da Bolsena a Montefiascone... Da Bolsena a Montefiascone...From Bolsena to Montefiascone... From Bolsena to Montefiascone...

Il CORTEO STORICO, con numerosi personaggi tra i quali dame, arcieri,

maestri d’ascia e alabardieri, si svolge nel mese di agosto, nell’ambito della

Fiera del Vino. Si tratta della rievocazione leggendaria del viaggio di Gio-

vanni Defuk. la leggenda narra che nel 1111 tra gli scudieri, i nobili , i

pellegrini e i prelati, diretti a Roma per l’incoronazione di Enrico V, c’era

anche un abate, Giovanni Defuk, amante della buona tavola e del buon bere,

accompagnato dal suo fedele servitore Martino. Quest’ultimo aveva il compi-

to di indicare, lungo il tragitto, i luoghi in cui era disponibile del buon vino.

Dove lo trovava, doveva scrivere sulla porta “Est!” , cioè “c’è” in latino, e doveva

ripetere l’esclamazione dove il vino fosse stato ottimo. Arrivato a Montefia-

scone, Martino rimase particolarmente colpito dall’assaggio del vino locale

tanto che si convinse a sottolineare l’affermazione con la triplice esclama-

zione “Est! Est!! Est!!!”. La cosa non potè sfuggire al suo signore, il quale,

al ritorno da Roma, decise di stabilirsi a Montefiascone dove morì, si narra,

per il troppo bere. Il suo corpo fu tumulato nella chiesa di San Flaviano e sul-

la sua tomba si legge: “Per il troppo Est qui morì il mio signore”, scritto dal

servitore Martino.

Alcuni affreschi nella basilica di S. Flaviano a Montefiascone

Some frescoes in the basilica of S. Flaviano in MontefiasconeBasilica di San Flaviano

a Montefiascone

Montefiascone: capitelli romanici nella basilica di S. FlavianoMontefiascone: Romanesque capitals in the basilica of S. Flaviano

BASILICA DI SAN FLAVIANORobusta e austera mi appare la Basilica con le sue tre arca-te sopra le quali è una loggia sulla cui balaustra campeg-gia il sigillo del Cardinal Al-dovrandi che, nel XVIII secolo, la completò. Da qui i pontefici impartivano al popolo le bene-dizioni. In origine, quando fu iniziata nel IX secolo, la chie-sa era dedicata alla Madon-na, successivamente prese il nome dalle reliquie del marti-re Flaviano, in essa custodite. All’interno si trova una serie di affreschi realizzati tra il XIV il XVI secolo... l’adorazio-ne dei Magi; Cristo in trono tra San Pietro e San Paolo; Santa Margherita d’Alessan-dria con un drago...Entro nella Cappella degli Innocenti dove affreschi cin-quecenteschi narrano “La strage degli Innocenti” in un paesaggio che ricorda quel-lo del lago di Bolsena, con uno scorcio della cittadina di Montefiascone e la chiesa di San Flaviano. Salgo per una delle due scalinate che condu-cono al piano superiore. Pog-giata alla parete dell’ingresso è quella che, dalla letteratura locale, viene indicata come la cattedra di Urbano IV. In una nicchia una piccola lapide ri-corda la consacrazione della chiesa, da parte di papa Urba-no IV, nel 1262.

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Da Bolsena a Montefiascone... Da Bolsena a Montefiascone...From Bolsena to Montefiascone... From Bolsena to Montefiascone...

Marguerite (15th century), finding it by heading for its dome, the third largest in Italy. The crypt inside contains the remains of Saint Marguerite of Antakya, who became a martyr in the days of Diocletian. The church, which has an octagonal plan and includes seven chapels, also contains a marble statue of the saint (which is attributed to pupils of Arnolfo di Cambio), a remarkable wooden crucifix, a ceramic depicting the Madonna with child, and a 17th century altarpiece.

Montefiascone used to be a papal city, so my curiosity compels me to climb up to the Papal Fortress (Rocca dei Papi, dating from the end of the 12th century), which during the Avignon crisis became the centre for the political affairs of the entire papal state, and Pope Urban V also chose it as his summer residence. Towards the end of the 15th century it was turned into an impregnable fortress at the behest of Cesare Borgia. The project was prepared by Antonio da Sangallo the Elder, and implemented by Antonio da Sangallo the Younger. During the 16th century, this heavily fortified building began to fall into decline since it was redundant in an area almost entirely dominated by the popes.

BaSIlIca of SaInt flaVIan The Basilica looks robust and austere with

its arcade over which is a loggia, on the balustrade of which the seal of Cardinal Aldovrandi, who completed it in the 18th century, figures prominently. From this loggia the pontiffs used to bless the people. Originally, when the building of the church began in the 9th century, it was dedicated to the Madonna, but it was later named after the relics of the martyr Flavian, which are kept here.

Within are a series of frescoes dating from the 14th to the 16th century. . . the adoration of the Magi; an enthroned Christ between Saints Peter and Paul; Saint Marguerite with a dragon...

I enter the Chapel of the Innocents (Cappella degli Innocenti), where 16th century frescoes depict the Massacre of the Innocents against a backdrop that is reminiscent of Lake Bolsena, and which offer a glimpse of the small town of Montefiascone and of Saint Flavian's church. I climb up one of the two flights of stairs leading to a higher storey. Against the wall by the entrance is, according to local folklore, Urban IV's desk. Inside a niche, a small memorial tablet commemorates the consecration of the church by Pope Urban IV in 1262.

The hIStorIcal ProceSSIon, involving several characters – noble

women, archers, halberdiers – takes place in August during the Wine Festival. This is a re-enactment of the legendary journey and wine-related death of Giovanni Defuk. According to legend, in 1111 among the knights, nobles, pilgrims and clerics travelling to Rome for the coronation of Henry V, was an abbot called Giovanni Defuk, who loved good food and wine. He travelled with his loyal servant Martino, who had the task of highlighting the places along the route where good wine could be found. Wherever he did so he was to write "Est!," Latin for "there is", on the door. In cases where the wine was especially good, he was to repeat this exclamation. When Martino arrived in Montefiascone, he was particularly struck by the local wine, so much so that he highlighted this with a triple exclamation: "Est!Est!!Est!!!" This matter could not be ignored by his master who, upon his return from Rome, decided to settle in Montefiascone, where, it is said, he died after drinking too much. His body was buried in the church of Saint Flavian and his gravestone reads: "My lord died here for too much Est," an epitaph that was written by his servant Martino.

Fields and olive groves seem almost to stand guard over what remains of the Roman road. I feel humbled by such a wealth of history as, walking along the ancient road, I set off for Montefiascone.

As usual, I leave early. The first stop is at the Turona Park and the Civita d'Arlena archaeological site. Here the remains of a small Etruscan temple are still evident next to a natural portent: a huge volcanic rift that has divided the hill in two and which the Etruscans of this area believed to be the gateway to the underworld - where it was thought the most venerated gods of the Volsinii area lived. Inside the park there is a watermill dating from 1305 and a number of Villanovan archaeological remains suggest that this area has been inhabited since the Iron Age. I continue along the hilltop, following its undulating contours, and for a time a small border wall runs along the ancient road, which occasionally resurfaces amid the fields and olive groves.

At the end of this dirt track a tarmac road appears and I turn right and am finally going downhill. I cross the Via Cassia, in an area near an ancient bridge that probably dates from the Middle Ages, then I must return to the Cassia state road before I can finally turn left on to a peaceful road through the fields. From here onwards I must climb towards Montefiascone. I pass in front of the Basilica of Saint Flavian, one of Tuscia's most beautiful Romanic buildings, and I just have to go inside. I gaze upon the frescoes and finely carved ancient stones... this place inspires devotion.

Finally I can take a break and perhaps after such toil I can finally enjoy a healthy glass of Est!Est!!Est!!!, a tasty dry white wine, which has a soft, rounded, fruity taste. This rather bizarre name is the outcome of a famous event that I will discuss later.

Feeling revived, and having found a place at the hostel, I reach the Cathedral of Saint

Panorama del lago di Bolsena dalla Civita d’ArlenaA View of lake Bolsena from Civita d’Arlena

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giunto nei pressi delle sorgenti termali del Bagnaccio. Che fortuna per i viterbesi avere a disposizione queste vasche naturali di ac-qua caldissima e benefica, ad ingresso libero, curate e protette amorevolmente da cittadini volonterosi. Tolgo le scarpe e i miei piedi rin-graziano per questa meraviglia della natura! Sono moltissime le sorgenti di questo tipo presenti nella zona. Qui vi facevano tappa le legioni romane che effettuavano la “quaran-tena” per purificarsi prima di entrare in Roma. Riprendo il cammino e a mezzogiorno arrivo a Viterbo. Mi dirigo verso l’ostello dove pas-serò la notte. Dopo la timbratura della Cre-denziale mi tuffo alla scoperta delle meravi-glie medievali di Viterbium.Per dovere di cronaca, devo ricordare che in origine il percorso dei pellegrini non transita-va per la città ma seguiva la direttrice della antica Cassia Consolare, situata a circa 1 miglio ad ovest; questa condizione privile-giava altri centri che i viterbesi, per ragio-ni economiche e di potere, fra il 1137 ed il 1187 rasero al suolo (San Flaviano, Ferento e San Valentino), obbligando i viandanti a fermarsi nella città, condizioni che le porta-rono fama e ricchezza.

Inizio la mia visita da Piazza del Plebiscito, il cui nucleo nacque verso la metà del ‘200 per ospitare la nuova sede del Comune. Dominata dalla Torre dell’Orologio, è chiu-sa sui tre lati da palazzi maestosi che appar-tennero nei secoli passati a Priori, Podestà e Capitani del Popolo. Tra questi il palazzo dei Priori, edificato tra il XIII e il XVII secolo, è sede del Comune. Entro nel cortile e scopro che un bel colonnato sorregge un bellissimo piano nobile affrescato con scene che rac-contano le origini mitologiche viterbesi. Dal giardino volgo un primo sguardo al Palazzo Papale verso il quale mi dirigo percorrendo via San Lorenzo e attraversando Piazza della Morte, che prende il nome da una comunità religiosa detta “dell’orazione e della morte”, che lì aveva sede. Al centro della piazza vi è una delle più antiche fontane a fuso tipiche di Viterbo, con delle teste di leone e una gros-sa pigna che decora la parte alta del fuso. Quella in questione fu costruita nel 1206 ma venne distrutta poco dopo, a causa di una ribellione, per essere poi ricostruita verso la metà del 1200. Attraverso il Ponte del Duomo, giungo al luogo più antico di Viterbo, il longobardo Ca-strum Viterbii, e mi si apre davanti piazza San Lorenzo con la cattedrale dedicata all’omoni-mo martire, il campanile trecentesco a fasce bianche e brune e il celebre Palazzo dei Papi, la cui loggia ad archi gotici è divenuta il sim-bolo della città.Il duomo fu costruito nel XII secolo in stile romanico mentre la facciata risale al ‘500. L’interno ha conservato le sue forme origi-narie, seppur ingentilite da alcune aggiunte successive. Tra la cattedrale e la sua torre campanaria, si colloca il Museo del Colle del Duomo, diviso in tre sezioni principali: il giar-dino archeologico con vari manufatti ritrovati durante lo svolgimento dei lavori di allesti-mento del Museo stesso; la galleria d’arte che raccoglie opere significative dei maggiori pittori viterbesi tra le quali spicca una impor-tante Madonna con bambino (Madonna della Carbonara) di un autore ignoto del XIII seco-lo; infine, una sezione dedicata ai paramenti sacri in cui si conservano oggetti appartenuti a papi, cardinali e vescovi, preziosi reliquiari, calici e patene. Durante la visita scopro inol-tre che il museo è anche punto informazioni e

Viterbo è famosa per le sue fontane Viterbo is famous for its fountains...

Testimone dell’antica strada, riaffiora di nuovo il basolato romano della Cassia e ancora sono vinto da una grande emo-zione... mi sento veramente un “romipete” d’altri tempi...Disceso dalla collina di Montefiascone, seguendo il filo della vecchia Cassia, affronto la pianura che mi divide dalla città di Viterbo camminando tra i campi coltivati, stando attendo ad evita-re le enormi pozzanghere, eredità dell’ultimo acquazzone. La strada di campagna è molto rovinata dalle ruote dei trattori, segno di una fiorente attività agricola; continuo il mio tra-gitto lasciando che lo sguardo spazi lontano, all’orizzonte, sulle dolci curve dei Monti Cimi-ni che sovrastano Viterbo.Prima della vista è l’olfatto che mi avverte di essere vicino alla meta: il caratteristico odo-re di acqua solfurea mi conferma di essere

Da Montefiascone, uno sguardo verso Viterbo...

From Montefiascone, looking towards Viterbo...

Pozze del “Bagnaccio” lungo la strada per ViterboPools of “Bagnaccio” on the wayto Viterbo

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Palazzo dei Papia Viterbo

Il pittoresco quartiere di San Pellegrino The picturesque San Pellegrino quarter

QUARTIERE DI SAN PEL-LEGRINO Appena ci si ad-dentra tra i vicoli e le piaz-zette, una serie di scorci suggestivi ci avvertono che stiamo entrando in uno dei quartieri medievali meglio conservati in italia. Mi soffermo nella piazzetta centrale e scatto qualche foto al palazzo della nobile fami-glia guelfa degli Alessandri (XIII sec.), con i suoi archi, le sue colonne... Nelle vie attor-no, eleganti profferli (scala-te esterne che si appoggiano sopra un arco), torri, archi e ballatoi completano il quadro medievale.

Viterbo: uno scorcio della facciata del duomo e del campanileViterbo: a view of the Duomo façade and the bell tower

assistenza per i pellegrini che percorrono la Via Francigena. Faccio incetta di pie-ghevoli, brochure e materiale informativo vario e mi fermo sul sagrato per appro-fondire le mie letture.Catturo qualche immagine della splendi-da piazza, prima di proseguire la mia visi-ta verso il quartiere di San Pellegrino, uno degli esempi di urbanistica medievale me-glio conservati in Italia. Tutto il quartiere ruota intorno alla pittoresca Piazza di San Pellegrino, nel cuore storico della città. Proseguo la conoscenza di Viterbo con una visita al Museo della Ceramica della Tuscia, a Palazzo Brugiotti, in Via Cavour, dove è conservata una collezione di circa 200 reperti ceramici (dal XII al tardo XVII secolo) compresi i vasi da farmacia dell’O-spedale Grande degli Infermi. Il museo Bru-giotti mi conferma l’importante ruolo svolto dall’arte ceramica nella zona, dal Medioevo al Rinascimento, così come riconosciuto da numerosi statuti cittadini e testimoniato da Federico II che, nel 1240, scelse Viterbo per la Settima Fiera Universale dell’Impero. Finita la visita, raggiungo il vicino Corso Ita-lia, via di passeggio e di shopping cittadino e decido di chiudere qui la mia giornata. Do-

PALAZZO PAPALE Entrando nella piazza resto colpito dalla bellissima Loggia delle Benedizio-ni che si staglia contro il cielo come un autentico merletto di pietra. Il Palaz-zo Papale fu costruito tra il 1255 e il 1267 ed è uno dei simboli della città. Sede fissa di cinque pontefici tra il 1266 e 1281, è qui che si coniò il termine “conclave” in seguito ai fatti accaduti nel 1271, nel corso di una tormentata elezione pontificia, la più lunga della storia: 33 mesi e un giorno. Nel 1268 doveva eleggersi il successore di Urbano IV e i cardinali, divisi in due fazio-ni contrapposte, non riuscivano ad accordarsi. Si decise allora di chiudere a chiave i cardinali all’interno del Palazzo (da qui l’etimologia della parola conclave, dal latino cum clave). Ma l’elezione tardava ad arrivare e i viterbesi reagirono con un’azione drastica: scoperchiarono il tetto del palazzo, espon-dendo così i religiosi alle intemperie. A quel punto, dopo breve tempo, il nuovo papa fu eletto con il nome di Gregorio X e fu proprio lui - durante il II Concilio di Lione - a sancire la chiusura dei cardinali come condizione necessaria per l’elezione papale, così da evitare ritardi e tentativi di corruzione esterna come molte volte si era verificato.

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LA MACChINA DI SANTA RoSAogni anno, la sera del 3 settembre, la Mac-china di S. Rosa, una torre luminosa alta 28 metri sulla quale è collocata l’effige della santa protettrice, attraversa Viterbo traspor-tata a spalla da cento facchini. Tutte le luci della città vengono spente così da rendere l’atmosfera ancora più suggestiva.Le origini della macchina sono legate alla traslazione del corpo di S. Rosa dalla Chiesa di S. Maria in Poggio al Santuario a lei de-dicato, voluta dal papa Alessandro IV intor-no al 1260. I viterbesi vollero ripetere questa processione avvenuta il 4 settembre, traspor-tando su un baldacchino un’immagine illu-minta della concittadina patrona. Il baldac-chino assunse nel tempo dimensioni sempre maggiori fino a trasformarsi nelle attuali “macchine”.

Porta del Carmine: quartiere

di Pianoscarano a Viterbo

Porta del Carmine, Pianoscarano

quarter in Viterbo

mani proseguirò con la scoperta delle altre bellezze viterbesi.

L’indomani inizio di buon mattino con la visita al Santuario di Santa Rosa, dove si conserva il corpo della Santa Patrona (1233-1251), raro caso di mummificazio-ne naturale. Utilizzando uno dei bus urba-ni mi reco a visitare il Santuario maria-no della Madonna della Quercia (a circa 2 Km. di distanza) eretto tra ‘400 e ‘500 come voto a un’immagine miracolosa. Sulla facciata spiccano i portali finemente decorati e le lunette di Andrea della Rob-bia (1503).Decido di tornare in città a piedi e di fer-marmi lungo le mura, per ammirare que-sto spettacolare esempio di cinta muraria perfettamente conservata. Quindici por-te, di cui alcune ancora a forme medioe-vali, altre ampliate in forme monumentali dal ‘600 in poi, diverse torri di guardia, pittoreschi tratti merlati caratterizzano una delle cinte murarie meglio conserva-te in Italia”. Un vero tuffo nel passato ma

Viterbo: le mura nei pressi di Porta FaulViterbo: City walls near Porta Faul

Santuario di S. Rosa, patrona della città

Sanctuary of S. Rosa, the town’s patron

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il rumore delle auto che passano e gli schiamazzi dei bimbi che giocano nei giardini mi riportano alla realtà dei no-stri tempi...sì perché la mia immagina-zione è stata in questi giorni popolata da quei personaggi antichi che hanno reso famosa, anche per fatti cruenti, questa città: nomi di santi, papi, im-peratori, letti sulle tante epigrafi che ho trovato per le vie di Viterbo... Da moderno pellegrino, che può far ricor-so ad altri mezzi di locomozione oltre ai piedi o al cavallo, mi propongo di tornare a visitare questa città, maga-ri proprio in occasione della festa di Santa Rosa, per scoprire i borghi che la circondano e che, troppo lontani dal tracciato della Francigena, non posso raggiungere in questa occasione.

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including some pharmacy pots coming from the Ospedale Grande degli Infermi. The Brugiotti museum tells about the very important role played by ceramics in this area during the Middle Ages and the Renaissance. Many ancient city statutes recognize this fact and in 1240 emperor Fredrick II chose Viterbo as the seat for the 7th Universal Fair of the Empire.

At the end of the visit I reach Corso Italia which is the most important road in town for shopping and social activities. I decide to stop for today. Tomorrow I will continue discovering other beautiful sites in Viterbo.

I begin early in the morning by visiting the Santuario di Santa Rosa. Santa Rosa (1232 – 1251) is Viterbo’s patron saint and her body, which is a rare case of natural mummification, is kept in the sanctuary. I then take a bus to the Santuario mariano della Madonna della Quercia, some 2 kilometres out of town. This holy site was built between the XV and the XVI century as a vow to a miraculous picture. The façade is enriched by three finely decorated portals and by ceramic lunettes created by Andrea della Robbia in 1503.

I decide to get back in town on foot and to stop along the city walls to admire this astonishing example of perfectly well kept surrounding walls. Fifteen gates of mediaeval or monumental shapes, several watch towers and many picturesque battlements characterise one of the most well kept city walls in Italy and give to the map of the ancient city a typical “liver” shape.

A new day’s dawn brings me back to everyday life. Last night my dreams were filled with the various ancient characters that gave fame and glory to this town. Names of saints, popes emperors which are engraved in so many epigraphs I was able to read during these two days in Viterbo… As a modern pilgrim that can rely on other means of transport besides feet and horse I intend to come back again to visit this town, maybe on the occasion of Santa Rosa, the patron saint’s day. Also with the aim of discovering the surrounding villages, which are too far away from the layout of the Francigena road and cannot be reached at present.

PaPal Palace The first thing I see in the square is the beautiful Loggia delle

Benedizioni (blessing loggia), with gothic embattled mullions, which stands out against the sky as a pure stone lace. The Papal Palace is one if the symbols of the city. It was built between 1255 and 1267 and was the official seat for five popes between 1266 and 1281. It is here that the word “conclave” was first coined in 1271, at the end of a troubled papal election, the longest ever in history, which lasted for 33 months and one day. In 1268 the successor of pope Urban IV was meant to be elected but the cardinals were divided into two opposite factions and didn’t manage to reach an agreement whether to choose a French or an Italian pope. It was so decided to lock the cardinals into the palace (so this explains the etymology of the word conclave, from the Latin “cum clave”). But still the election was continuously delayed so that the Viterbo citizens planned a drastic action. They took the roof off the building thus exposing the religious men to weather conditions. The agreement was soon found and a new pope was elected with the name of Gregory X. It was exactly the pope that, during the second Lyon Council, officially ratified the locking of the cardinals as a necessary condition for the papal election in order to avoid delays and possible corruptions.

San PellegrIno Quarter As soon as I walk through the alleys and

little squares a series of impressive glimpses warns me that I’m entering in one of the best preserved mediaeval quarters in Italy.

I stop in the central square and take some pictures of the Guelph Alessandri family palace (XIII century) with its arches and columns… In the alleys around the mediaeval setting is completed by elegant staircases, towers, arches and balconies.

the Santa roSa ‘machIne’ Every year, in the evening of

September 3rd, the Santa Rosa machine runs across Viterbo brought on the shoulders by one hundred “porters”. The machine is a 28 metres high luminous tower surmounted by the statue of the patron saint Santa Rosa.

I find again the Roman pavement of the via Cassia which witnesses the former road and I’m caught by an intense emotion, really feeling myself as an ancient pilgrim bound for Rome.

At the bottom of the Montefiascone hill I keep following the via Cassia track and walk through a vast plain towards the city of Viterbo, passing by cultivated fields and avoiding large puddles produced by the last rainfall. I can easily bear some little disease such as country roads spoiled by the wheels of the tractors because I realize agriculture is the main activity in the area, so I allow my eyes to look far away, on the horizon, towards the friendly shapes of the Cimini Mountains.

It’s not the sight but the sense of smell that tells me I’m near to a very peculiar place, the Bagnaccio hot springs with a typical odour of sulphuric water all around. The citizens of Viterbo are really lucky to have free access to these healthy hot water natural pools, which are lovingly managed and protected by a group of volunteers. I take my shoes off and my feet are thankful to this wonder of nature! There are many other similar springs in the area. Roman legions used to stop here for a purification time, the “quarantine”, before continuing their march for the final stretch towards Rome.

At noon I arrive in Viterbo and go straight to the hostel where I’ll stay for the night. After the stamping I would like to discover the mediaeval marvels of “Viterbium”.

To be more precise, I must point out that originally the course of pilgrims did not pass through the city but followed the track of ancient via Cassia, which was located about one mile westwards. This was a rare privilege for the other villages along the pilgrims walk: San Flaviano, Ferento and San Valentino. These places were destroyed for economic purposes by the inhabitants of Viterbo between the years 1137 and 1187. In this way the city gained fame and prosperity because passers were forced to stop for their needs.

Piazza del Plebiscito is dominated by the clock tower. The square was built in the first half of the XIII century to host a new seat for the Commune. It’s closed on

three sides by majestic buildings which in the past centuries belonged to Priors, Podestà and Governors. Among these, the Prior building, built between the XIII and the XVII century, is nowadays the seat of the Municipality. I enter the courtyard and discover a beautiful colonnade and a wonderful main floor frescoed with scenes depicting the mythological origins of Viterbo.

From the garden I take a glance at the Papal Palace which is my next destination. I walk along via San Lorenzo and cross Piazza della Morte which has a worrisome name because in ancient times there stood a religious community called “of the oration and of death”. At the centre of the square stands one of the most ancient spindle-shaped fountains in Viterbo. All of these fountains are decorated with lion heads and big leaves on the upper part of the spindle. The one in Piazza della Morte was built in 1206 but was soon destroyed because of a riot and was then reconstructed around half of the XIII century.

I cross the Ponte del Duomo to reach the ancient heart of Viterbo, the longobard Castrum Viterbii. The first thing I see is piazza San Lorenzo with the Cathedral dedicated to the homonymous martyr. The XIV century bell tower is decorated with white and dark bands while the famous Papal Palace shows a loggia with gothic arches which has become the symbol of the city.

The Romanesque cathedral was built in the XII century but has a XVI century façade. The inside has kept its original shapes even though several other elements have been added throughout the time.

I stop on the churchyard to take some pictures and then I continue my visit towards the San Pellegrino quarter which is one of the best examples in Italy of mediaeval town planning. The whole quarter was built around the picturesque Piazza di San Pellegrino in the historical heart of the town. I continue with a visit to the Museo della Ceramica della Tuscia, hosted by the Brugiotti Palace in Via Cavour. This museum owns a rich collection of some 200 ceramic finds (ranging from the XII century to the late XVII century),

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Viterbo: Palazzo PapaleViterbo: Papal Palace

Viterbo di notteViterbo by night

When it runs, all the lights of the city are turned off to make a more impressive atmosphere.

The origins of the machine are connected to the transfer of the saints body, ordered by pope Alexander IV in 1260, from the Santa Maria in Poggio church to the

Sanctuary which was specifically devoted to her. The inhabitants of Viterbo wanted to recall this procession, which took place on Semptember 4th, by carrying every year on a canopy a luminous image of the fellow citizen patron saint. As time went by the canopy grew more and more till it reached the shape of the present “machine”.

Il leone, simbolo araldico di Viterbo The lion, heraldic symbol of Viterbo

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From Viterbo, as announced in the introduction, you can choose to go along the valley route or the

mountain route. The first one crosses the territories of Vetralla, capranica, Sutri and monterosi; the second one goes up to ronciglione and then slopes to nepi to

meet the valley route in campagnano di roma...

Da Viterbo, come già indicato nell’introduzione, è possibile scegliere di percorrere la via di valle o la via di montagna. La prima attraversa i comuni di Vetralla, Capranica, Sutri e Monterosi, la seconda sale fino a Ronciglione per poi scendere a Nepi e ritrovare la via di valle a Campagnano di Roma...

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Con il ponte alle spalle mi dirigo a sud fino ad arrivare ad un cancello che mi sbarra la strada. Un breve momento di smarrimento...cosa fare? Ma ecco, mi raggiunge il proprietario del terre-no, un uomo dal cuore gentile, che con molta cortesia si presta a farmi da guida lungo questo Itinerario della Fede. Mi spiega che il cancellet-to pedonale è sempre aperto, chiuso solo da un paletto senza lucchetto. è doveroso, una volta entrati, richiudere (sia-mo in proprietà privata).All’interno dell’area una “piramide” di ferro e vetro protegge una tomba etrusca che la tra-dizione vuole sia il luogo dove una pia donna nascose i corpi martirizzati dei Santi Valentino e Ilario. Quando esco all’aria aperta il sole mi abbaglia. Saluto il generoso amico e riparto. Poco dopo cammino sulla sterrata che sotto-passa la superstrada TERNI-ORTE-CIVITA-VECCHIA e che, per un lungo tratto, le cor-re parallela. Da un lato il silenzio dei campi, dall’altro il rombo dei motori, metafora del mio cammino, e io nel mezzo tra passato e presen-te, tra ricerca interiore e materialità delle cose.Mi trovo ora su una sterrata che si srotola tra gli uliveti e giungo nei pressi di un’antica ci-sterna romana; al mio sguardo si apre il limite occidentale della caldera del lago di Vico con il suo punto più alto, il Monte Fogliano. Supero il sovrappasso della Cassia e proseguo. …i toponimi e altri riferimenti mi raccontano dell’umanità penitente che in passato ha cal-cato, anzitutto a piedi, queste contrade…e mi accingo per l’appunto a percorrere la strada Sasso San Pellegrino.Dopo aver costeggiato il Fosso della Doga-nella, praticamente sempre in secca, sulla destra scorgo un accenno di sentiero che in breve mi porta nell’alveo del fosso ma ne esco poco dopo. Una breve ma irta salita e mi trovo davanti ad un recinto, con tanto di rete elettrificata, forse un allevamento di ani-mali… lì intorno due o tre case rurali ed alcuni magazzini. Sono in proprietà privata, debbo il massimo rispetto sia della natura che dei beni altrui!…e se incontrassi proprietari o gar-zoni?...spero che il mio sudore, la mia fatica e il mio sorriso siano un buon “passaporto”.Dopo poco ricomincia l’asfalto, di lato si tro-va un’antica cisterna romana appena visibi-le fra i rovi. Mi dirigo verso il Foro Cassio, luogo scelto dai romani quale stazione di

posta sulla Consolare. L’Arcivescovo Sigerico, nel viaggio di rientro a Canterbury nel 994, parlò nel suo diario di questo luogo identifi-cando la tappa con la numerazione V (quinta) e nominandola “Furcari”. Ma dell’antica chiesa di Santa Maria e delle strutture di accoglienza non restano che rovine e incuria.Mestamente torno indietro sui miei passi in direzione di Vetralla. Attraverso un incrocio regolato da semaforo, salgo per Via della Pie-tà e raggiungo Via Roma. Mi dirigo verso la Chiesa di San Francesco, nei pressi della quale si trova l’ostello dove passerò la notte. Solita ricerca di una locanda per il pranzo, quattro chiacchiere per conoscere meglio i vetrallesi e con grande stupore scopro che questo centro del viterbese (unica città in Italia e forse nel mondo) può vantare la protezione della co-rona inglese da quasi 500 anni. Fra le prove lo stemma del re Enrico VIII sullo scalone del Comune e la corrispondenza con la comunità cittadina conservata nel castello di Windsor. Dopo un breve riposo inizio la scoperta della cittadina. Prima tappa è la chiesa di San Fran-cesco con i suoi pregevoli pavimenti, gli splen-didi affreschi e l’antica cripta. Poi torno verso il Duomo dedicato a Sant’Andrea Apostolo, edifi-cato nella prima metà del 1700. Non riuscendo a scorgere nessun riferimento al

S. Maria in Forcassi vicino Vetral-la: affeschiS. Maria in Forcassi near Vetralla: frescoes

Alle spalle Palazzo Papale e lo sguardo verso Porta di Valle... riprendo il cammino per vie di campagna... ad ogni passo trovo memorie etrusche. Le necropoli, come quella di Poggio Giudio che incontro sul mio cammino, sono state spesso riutilizzate come fornaci, magazzini...Tante attività artigiane hanno trovato posto in quelle che furono l’ultima dimora degli uomini di questa terra generosa, creando così un ponte che, attraverso la memoria, collega il passato al futuro.Ancora il caratteristico odore mi ricorda che mi sto avvinando al Bullicame, che sfioro soltanto passando vicino alle Terme dei Papi prima di immettermi sull’Itinerario della Fede contrassegnato dalle 14 stazioni della Via Crucis.Alcuni basoli sono dispersi sul terreno, ulti-me tracce dell’antica Cassia Consolare che mi conduce al Ponte Camillario costruito dai Romani e di cui rimane un’unica impo-nente arcata che occhieggia tra i canneti. Sul ponte furono decapitati San Valentino e Sant’Ilario, primi santi protettori di Viterbo.

Il Ponte Camillario, appena fuori Viterbo

Ponte Camillario, just outside Viterbo

Porta di Valle, ingresso pedonale alla città di ViterboPorta di Valle, pedestrian gate to Viterbo

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Vetralla: chiesa di S. Francesco

Vetralla, S. Francesco church

Vetralla: Duomo, dedicato a Sant’Andrea

CHIESA DI SAN FRAN-CESCOMonumento di stile romani-co, costruito sui resti di un edificio precedente, conserva al suo interno una pregevo-le cripta databile intorno al VII-VIII sec., che vale proprio la pena visitare.La chiesa, già S. Maria di Valle Caiano, fu dedicata a S. Francesco agli inzi del 1400, quando papa Innocenzo VII trasferì il complesso ai Frati Minori. Da notare sulla facciata, co-struita con blocchi squadrati di peperino e di tufo, un bloc-co marmoreo con un’epigrafe romana proveniente probabil-mente da Foro Cassio.All’interno, ciò che colpisce maggiormente è il bellissimo pavimento marmoreo in stile cosmatesco. A San Francesco è dedicata una serie di affre-schi raffiguranti episodi del-la vita del Santo (XVII-XVIII sec.).Scendo la scalata che mi porta nella cripta ad oratorio scava-ta nel tufo, con soffitto a volte a crociera costolonate, su cui si conservano importanti tracce di una decorazione pittorica (prima metà del XII sec.). Le rare tracce di colore sulle pareti mi lasciano pensare che origi-nariamente fossero affrescate.

santo a cui è dedicata la chiesa, chiedo ad un fedele. Scopro che un tempo, secondo la leg-genda, qui sarebbero state conservate alcune sue reliquie.Curiosità soddisfatta, mi dirigo al Museo del-la Città e del Territorio istituito nel 1993. Vi sono esposti strumenti di lavoro e prodotti dell’artigianato tradizionale, ceramiche di Vetralla e ceramiche popolari del Lazio, ol-tre a utensili e manufatti di altro materiale. Ancora ricorre il tema della ceramica, che fu una risorsa economica molto importante per tutta questa zona.A circa 4 Km. dal paese si trova la necro-poli di Grotta Porcina che deve il suo nome

LO SPOSALIZIO DELL’ALBERONell’area di fronte all’Eremo di Sant’Angelo, sul Monte Fogliano, si svolge “lo sposalizio dell’albero”, una singolare festa di primavera che ha origine nel Medioevo. La storia racconta che nel 1432 papa Eugenio IV donò i possedimenti del monte Fogliano, a lungo contesi dalle comunità vicine, ai vetrallesi. Dal 1470, si stabilì la pratica di riconfermare questo possesso con un atto pubblico. In tale occasione è il sindaco di Vetralla, in rappresentanza dell’intera comuni-tà, a rogare l’atto di possesso che conferma l’appartenenza dei boschi dell’intero monte alla popolazione vetrallese. Il rito si svolge al cospetto di un cerro secolare, inghirlandato per l’occasione con fiori, ginestre, narcisi e un velo da sposa. La ricorrenza cade l’8 maggio, giorno in cui si festeggia l’apparizione di San Michele Arcangelo.

all’uso, fatto nei secoli, come ricovero di animali ma che, in realtà, rappresenta uno dei più importanti documenti dell’ar-chitettura funeraria etrusca riportato alla luce nel 1965. è costituita da numerose tombe a fossa, da un imponente tumulo, da un’immensa tomba a camera con sof-fitto a cassettoni e da numerose altre tom-be, testimonianze dell’origine etrusca di Vetralla. è un sito che porta un pellegrino come me lontano dal percorso ma varrà la pena, se torno da queste parti, di andarlo a visitare. La giornata volge al termine. Mi dirigo all’ostello e mi preparo per la tappa di domani.

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Cripta di S. Francesco a VetrallaCrypt of S. Francesco church In Vetralla

Francesco with remarkable floors, beautiful frescos and an ancient crypt. Then I go to the Cathedral dedicated to Sant’Andrea Apostolo, built in the first half of 1700.

Not finding any reference to the Saint the Church was dedicated to, I ask a faithful. I find out that, according to the legend, some of his relics were kept here.

Having satisfied my curiosity, I go to the City and Territory Museum instituted in 1993. Here are exhibited working tools and products of the traditional handicraft, ceramics of Vetralla and popular ceramics of Lazio, together with utensils and handiworks of different material. Here again we have the theme of ceramic, very important economic resource for all this area at the time

Some 4 kilometers from the city, is located the Necropolis of Grotta Porcina so named for having been used as animals’ shelter for centuries. It represents one of the most important documents of the Etruscan funerary architecture brought into light in 1965. It counts several pit graves, an imposing cairn, a huge room grave with a paneled ceiling and several more tombs, testimonies of the Etruscan origin of Vetralla. This site takes a pilgrim like me away from his itinerary but it’s worthwhile, when coming back to this area, to go and see it. I go back to the hostel and get ready for tomorrow’s stage.

the tree WeddIng In the area in front of Sant’Angelo Hermitage on Mount

Fogliano, takes place the “tree wedding”, a peculiar springtime festival which originates from the Middle Ages. The story tells that in 1432 Pope Eugenio IV granted the possessions of Mount Fogliano, for a long time contested by the nearby communities, to the citizens of Vetralla. Since 1470, they established the practice to confirm every year this possession with a public deed. On such occasion the Mayor of Vetralla, as representative of the whole city, records the deed of possession confirming the belonging of the woods of the entire mount to the population of Vetralla. The rite is celebrated in front of a secular turkey oak garlanded with flowers, brooms, narcissuses and a wedding veil. The recurrence falls on May 8, the day which celebrates the apparition of San Michele Archangel.

San franceSco church Romanic style monument, built on the remains

of a previous construction, retains in the inside a valuable crypt datable on the VII-VIII century, which is worth to be seen.

The Church, previously named S. Maria di Valle Caiano, was dedicated to S. Francesco at the beginning of 1400, when Pope Innocenzo VII granted the complex to the Minor Friars.

Noticeable the façade, built in square blocks of peperino stone and tuff, a marble block with a Roman epigraph possibly coming from Foro Cassio.

Inside, a marvelous impressive marble floor in cosmatesco style. A sequence of frescoes representing the life of San Francesco is dedicated to the Saint (XVII-XVIII century).

I step down the stairs leading to the Oratory Crypt carved in tuff, with a ribbed dome with cross arcades still keeping traces of a paint decoration (first half of the XII century). The few traces of color on the walls make me assume that in origin they were fresco painted.

Turning my back to the Papal Palace and looking towards Porta di Valle…

I start walking again along country roads… at each step finding Etruscan memories. Necropolis, like the one at Poggio Giudio, have often been used for different purposes: furnaces, deposits and handicraft activities found place in those which were the last home of the men living on this generous land, like a bridge which, through memory, links past to future.

Once again the typical smell reminds me I am approaching the Bullicame which I just pass by as I get close to the Papal Terms and reach the Faith Itinerary marked by the 14 stations of Via Crucis.

Some trachyte flagstones lay spread on the ground, last traces of the ancient Cassia Consolare that leads me to Ponte Camillario built by the Romans, of which is left a single impressive arcade gazing among reeds. Over this bridge San Valentino and Sant’Ilario, first saint protectors of Viterbo, were decapitated.

Leaving the bridge at my back I walk southward till I reach a gate that blocks my way. A short moment of confusion... what shall I do? But here comes the owner of the land, a gentle hearted man, who very kindly leads me along this Faith Itinerary. He explains that the small pedestrian gate is always open, only closed with a wooden strip with no lock. After passing by, we are due to close it (we are on private property).

Within the area an iron and glass “pyramid“ protects an Etruscan tomb where, according to tradition, a woman hid the martyred corps of Saints Valentino and Ilario.

As I go back to the open air the sun dazzles me. I greet my generous friend and leave.

After a while I walk on a dirt road passing underneath the highway TERNI-ORTE-CIVITAVECCHIA and running parallel for a long stretch. On one side the silence of fields, on the other the roaring of engines, I in the middle, metaphor of my wandering between past and present, between inner research and materiality of things.

Now I am on a dirt track which unwinds among olive groves and I arrive close to an ancient Roman cistern, under my glance opens up the western limit of the caldera of

lake Vico with the highest peak of Mount Fogliano. I get on the passage over the Cassia road and keep going.

... toponyms and other references tell me about a repentant humanity that in the past has walked, mainly by foot, through these districts... and I am just going to hike over the road Sasso San Pellegrino.

After walking along the Fosso della Doganella, almost ever dry, I notice the trace of a path on the right that in short time leads me to the bed of the ditch from which I get out a little later.

After a short but steep ascent I find a paddock in front of me, provided with an electrified wire netting, possibly an animal farm... it looks almost like a concentration camp... round it there are two or three rural houses and some deposits. They must be a private property, so I give maximum respect both to nature and to other people’s belongings!... what if I meet owners or helpers?... I hope my sweat, my tiredness and my smile can be a good enough passport.

After a while the asphalt starts again, on one side there is an old Roman cistern hardly visible among the brambles. I direct myself towards Foro Cassio, site chosen by Romans as a post station on road Consolare. Archbishop Sigerico, during his trip back to Canterbury in 994, spoke in “his” diary about this place identifying the stop with number V (fifth) and naming it “Furcari”. But all is left of the ancient Church of Santa Maria and the receptive structures are ruins and carelessness.

Sadly I return on my steps towards Vetralla. I pass a crossing regulated by traffic lights, go up Via della Pietà and reach Via Roma.

I walk towards the Church of San Francesco, close to the hostel where I am going to stay overnight. Usual search for an inn where to have lunch, a chat to better know the inhabitants of Vetralla and at my astonishment I find out that this town of the Viterbo province (the only city in Italy and maybe in the whole world) can praise the protection of the British Crown since 500 years. Among evidences, the coat of arms of King Henry VIII on the stairs of the Municipality and the mail with the Town community kept in the Castle of Windsor.

After a short rest I start the discovery of the town. My first stop is the church of San

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Da Vetralla a Sutri... Da Vetralla a Sutri... From Vetralla to Sutri...From Vetralla to Sutri...

Incisore di acqueforti a Caprani-ca...non solo monumenti e chiese lungo la Via Francigena Etched engraver in Capranica... not only monuments and churches along Via Francigena

Centro storico di Capranica

Historic centre in Capranica

territorio. Lungo la Valle dei Santi, per una via piacevolmente alberata, giungo alla periferia di Capranica che appare come un angolo di Medioevo, con il castello degli Anguillara, il borgo con gli stretti vicoli a scalinata, i nobili palazzi dei cardinali che vi risiedettero; passo di fronte alla chiesa di San Francesco e alla collegiata di San Giovanni. Poi proseguo di-ritto fino ad uscire dal borgo attraverso Porta San Pietro e alcune rampe di scale, in discesa, mi portano nella zona delle Acque Minerali; mi ritrovo nei pressi dell’antica chiesetta di San Rocco, un tempo sosta obbligata per i pellegri-ni di cui il santo era uno dei protettori. Risalgo a destra sul ciglio dell’altopiano seguendo una sterrata prima di imboccare la Cassia. Alcuni chilometri e, deviando a sinistra, arrivo alla periferia di Sutri, arroccata sul tufo, come a guardia dei suoi “tesori”. Cerco il solito ostello per la notte, sistemo la Credenziale e mangio in una graziosa trattoria. Eccomi pronto a la-sciarmi stupire ancora. La città, importantis-sima sin da epoca romana e che Sigerico nel suo “diario” identifica come “submansio IIII (quarta)” con il nome di “Suteria”, è ricca di monumenti e luoghi da scoprire.Comincio la mia visita da quello che, con solo sette ettari di superficie, si presenta come il più piccolo parco regionale d’Italia. Leggendo su una guida, scopro che conserva al suo interno importanti testimonianze storico-archeologiche come Villa Savorelli, la chiesa di S. Maria del Parto, l’Anfiteatro, la Necropoli...adesso comprendo perché tutelare un’area così esigua...Mi incammino lungo un viale alberato. Sulla sinistra, si apre uno slargo dove scorgo l’in-gresso della chiesa rupestre dedicata alla Madonna del Parto, originariamente tomba etrusca scavata nel tufo, luogo di adorazione del dio Mitra in epoca romana, infine chiesa dedicata al culto cristiano. Non posso non rimanere affascinato dai numerosi affreschi sulle pareti (databili tra i secoli XIV e XV), tra cui i famosi “pellegrinetti” di cui avevo tanto sentito parlare...Ritorno sul viale e salgo verso l’ingresso di Vil-la Savorelli. II complesso, oltre alla villa set-tecentesca, comprende la Chiesa di S. Maria del Monte, i ruderi del Castello detto di Carlo Magno e uno splendido parco di lecci che so-vrasta l’anfiteatro. Una curiosità: secondo la

Boschi di noccioli e di quer-ce, antichi testimoni della storia, compagni silenziosi lungo questo tratto... Salgo per via dei Cappuccini fino al Convento “Regina Pacis” delle Suore Benedettine, poi più su, in direzione del convento di Sant’Angelo.Attraversando i boschi supero la frazione La Botte che prende il nome da un’antica cister-na romana. Tutte intorno tracce dell’antico passato riaffiorano insieme a ruderi di incerto uso, resti di basolato, residui di mausolei.

Le Torri d’Orlando nei pressi di Capranica

“Torri d’Orlando” near Capranica

Portale dell’ospedale di S. Sebastianosorto come Opera pia,

verso la fine del XIX a Capranica

Giungo nei pressi della chiesa della Ma-donna di Loreto; da qui il sentiero attra-versa terreni privati...passare per questa via durante la raccolta delle nocciole è una vera impresa: troppi trattori, troppa confusione per noi pellegrini silenziosi e troppo fastidio per chi deve lavorare...Come già accaduto molte volte mi trovo ad attraversare la Cassia. Poi imbocco una campestre, anche questa privata, che mi conduce nei pressi della località “Querce d’Orlando”. Fra le chiome dei noccioli fanno capolino, insieme ai resti della torre campanaria della chiesa di Santa Maria in Campis e dell’abbazia-convento, anche tracce di mausolei, riutilizzati nel medioevo come torri di avvistamento i cui ruderi sono sempre più stretti fra le radici degli alberi.Tutt’intorno coltivazioni di nocciole, molto pregiate, che costituiscono un prodotto importante per questa eco-nomia prettamente agricola e che contribuiscono a mantenere integro il

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Da Vetralla a Sutri... Da Vetralla a Sutri... From Vetralla to Sutri...From Vetralla to Sutri...

IL MITREo Dapprima tomba etrusca, poi tempio pagano dedicato al dio Mitra, fu infine chiesa cristiana consacrata a S. Michele Arcangelo e in seguito alla Madon-na con il Bambino (S. Maria del Parto). Conserva oltre duemila e seicento anni di storia e cultura che rivivono nelle architetture, nei dipinti e nell’aria di mistero che la pervade.Chi entra per la prima volta resta colpito dall’atmosfera che si respira: una chiesa in-teramente scavata nel tufo con pareti e colonne affrescate. In uno degli affreschi sul-la parete d’ingresso sono ancora visibili dei pellegrini in cammino, a testimonianza dell’importanza che la Via Francigena ha svolto per questa città.

L’anfiteatro: il monumento più famoso

di SutriThe amphitheatre: the most famous

monument in Sutri

L’ANFITEATRORisalente al periodo compreso tra il I sec. a.C e il I sec. d.C., l’Anfite-atro è il monumento più famoso di Sutri. Non si può non visitar-lo, soprattutto vista la sua posi-zione, prospiciente la Via Cassia. Completamente scavato nel tufo, senza una struttura architetto-nica chiara all’esterno, sembra, a primo avviso, confondersi con il resto dello sperone tufaceo. Solo all’interno la struttura prende una forma definita. L’arena, a pianta ellittica, pote-va contenere oltre 9000 persone. è circondata da un alto podio in cui si aprono dieci porte. Le gra-dinate, conservate discretamen-te solo nel versante nord-ovest, appaiono gravemente danneg-giate nella parte opposta. Come il Colosseo, anche l’Anfiteatro era arricchito da un coronamento fi-nale di colonne, statue e nicchie, ancora oggi in parte riconoscibi-li lungo il perimetro della parete circostante.

leggenda, i resti del castello appartennero a Carlo Ma-gno che la tradizione vuole a Sutri prima della sua incoro-nazione a Roma, nel Natale dell’800. Ma ciò che resta fa pensare ad una struttura architettonica molto succes-siva, risalente al XIII secolo.Esco dalla villa e ritorno verso la chiesa rupestre di Santa Maria. Prendo a destra costeggiando il colle lungo il quale ammiro da vicino le in-teressanti grotte in tufo della necropoli rupestre. Al termi-ne del sentiero, entro nell’an-fiteatro interamente scavato nel tufo, il monumento più importante di Sutri. Visitato l’anfiteatro, ritorno verso il paese e, passando nel punto dove un tempo sorgeva Porta Romana, mi dirigo verso la piazza del Duomo. Qui si trova la Cat-tedrale di S. Maria Assunta, un luogo importante per il pellegrino che può ottene-re, visitandola, l’indulgenza plenaria.Sorta come tempio etrusco-romano dedicato a Norzia, la grande madre degli dei, la cattedrale si trasformò in seguito in chiesa cristiana dedicata alla Madre di Dio.La primitiva struttura è stata più volte rimaneggia-ta. Dell’epoca romanica restano oggi il maestoso campanile, lo splendido pavimento cosmatesco, la tavola in stile bizantino del Salvatore benedicente e la cripta con colonne realizzate in varie epoche e capitelli differenti l’uno dall’altro. Nel XVII seco-lo, subì un rimaneggia-mento barocco: venne ampliata e modificata

con l’edificazione del portico.Il borgo di Sutri richiederebbe più tempo: cappelle, chiese, pa-lazzi e porte ma, come sempre, si è fatto tardi e devo conclude-re qui la mia giornata. Rimando alla prossima volta la visita del resto delle bellezze sutrine. Il parco mi ha sottratto tanto tempo ma ne è proprio valsa la pena...

Sutri: S. Maria del Parto, Pellegrini in cammino (particolare)Sutri: S. Maria del Parto, Pilgrims on the road (detail)

Necropoli nel parco dell’antichissima città di Sutri

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Da Vetralla a Sutri... Da Vetralla a Sutri... From Vetralla to Sutri...From Vetralla to Sutri...

Originally built as a Roman-Etruscan temple dedicated to Nortia, the Great Mother of Gods, the cathedral was later transformed into a Christian Church dedicated to the Mother of God.

Its former structure has been changed several times. The magnificent bell-tower, the beautiful cosmatesque floor, a byzantine-style board representing the Blessing Saviour and a crypt with columns from different periods and capitals differing from each other are all from the Romanic period. In the XVII century the temple was enlarged but unfortunately worsened by the construction of the arcade. The village of Sutri, with its chapels, churches, palaces and doors would certainly deserve more attention and a deeper visit, but we’re running out of time and the one-day trip has to come to an end. The remaining beauties of this hamlet will be the purpose of my next trip in this territory. I spent most of my time visiting the park, but it was certainly worth it...

the mIthraeum Etruscan tomb at first, then pagan temple dedicated to the God

Mithras, later Christian Church dedicated to the S. Michael Archangel and subsequently to the Madonna with Child (S. Maria del Parto). More than two thousand and six hundred years of history and culture relive in the

architecture, the pictures and the air of mistery which permeate this place.

The first time you enter the Church you can feel its atmosphere: totally dug in tuff stone, with frescoed walls and columns. On the entrance wall you may still see frescoed pilgrims on their way to Rome, testifying the role that Via Francigena has played in the history of this village.

the amPhItheatre Dating back to the period between the I century

B.C. and the I century A.C. the Amphitheatre is without any doubt the main monument of Sutri. A visit is a must, at least for its location along the Via Cassia. Completely excavated in tuff, the amphitheatre seems to have no particular architectural design from the outside, in fact it looks like being concealed in the rest of the tuff spur. It’s only when you enter that you experience its defined and beautiful shape.

The arena has an elliptic plan and used to host more than 9000 people. Ten doors open along the surrounding podium. The tiers, preserved only on the North-East side, are seriously damaged on the opposite one. As well as the Colosseum, the Amphitheatre was enriched with a final crown of columns, statues and niches, which are partly recognizable along the surrounding wall.

La cattedrale di S.Maria Assunta a Sutri

Cathedral of S. Maria Assunta in Sutri

Hazelnut and oak woods, ancient witnesses of history, silent companions along the road… I ascent Via dei Cappuccini to the Regina Pacis Coventry of Benedectine Nuns, then further on, in the direction of Sant’Angelo Coventry, below me ogles the lake of Vico.

Walking through the woods I pass by the hamlet La Botte so called from an ancient Roman cistern; actually, traces of the ancient past keep emerging together with remains of uncertain origin, traces of trachyte flagstones, ruins of mausoleums.

I reach the Church of Madonna di Loreto, from here on the trail unties through private lands… besides passing on this road during the harvesting of hazelnuts is a real venture: too many tractors, too much confusion for us lonely pilgrims and too much trouble for the workers.

As already happened many times, I have to cross Via Cassia. Then I take another private country road which leads me to the ”Oaks of Orlando”. Among the foliage of hazelnut trees, together with the remains of the bell tower of the Church of Santa Maria in Campis and of the Abbey-convent, peep up traces of mausoleums, used in the Middle Ages as sighting towers whose ruins are more and more tightened by trees’ roots.

All around cultivations of hazelnut trees, very valuable, which represent an important product of this mainly agricultural economy and contribute to keep the territory undamaged. Along the Valle dei Santi, on a pleasant line with trees, I reach the suburbs of Capranica which looks like an angle of the Middle Ages, with the Castle of the Anguillaras, the hamlet with tight stair-alleys, the noble palaces of the cardinals who lived there; I pass in front of the church of San Francesco and of the Collegiate Church of San Giovanni. I proceed straight down till I get out of the hamlet through Porta S. Pietro. and some descendant flight of stairs take me to the area of Mineral Waters by the small, ancient church of San Rocco, patron of the pilgrims who used to stop there. I walk upward on the right along the brow of a plateau following a dirt road before reaching the medieval Cassia, now completely asphalted. Some kilometers and, turning left, I arrive to the suburbs of Sutri, standing on a fortified tuff hill, as a guard of its “treasures”. I look for the usual hostel for the night, settle my credentials and eat in a

nice restaurant. Here I am, ready to be amazed once again. The town, very important during the Roman period and identified by Sigerico in his “diary” as “submasia IIII (fourth)” with the name of “Suteria”, is rich in monuments and places to discover.

My visit starts from the smallest Regional Park in Italy, only seven hectares wide. From my guide I learn that there are some important historical and archaeological sites like Villa Savorelli, the Church of S. Maria del Parto, the Amphitheatre, the Necropolis... and so I understand the need of preserving such a small area...

I proceed along a tree alley. On my left the alley opens on to a minor clearing where I see the entrance to a rock-cut Church dedicated to the Madonna del Parto. In origin it was an Etruscan tomb, which became a place of adoration of God Mithras during the Roman age and later a church dedicated to the Christian cult. The many frescoes on the walls (dated between the XIV and XV century) fascinate me and include the “pilgrims” I’ve heard so much about ...

Back to the alley and up the trail, I get closer to the entrance of Villa Savorelli. This complex includes, besides the XVIII century Villa, the Church of S. Maria del Monte, the remains of the so called Charlemagne Castle and a beautiful park of oaks rising above the amphitheatre. Not much to be seen, indeed. An interesting curio: according to a legend, the remains of the Castle belonged to Charlemagne who stopped in Sutri on his way to Rome before being crowned, around Christmas in the year 800. Despite of this, what remains of the building is more likely to belong to a later architectural structure, possibly dating to the XIII century.

Leaving the Villa, I return towards the ancient Church of Santa Maria. Turning right, I coast a hill where I take a closer look at the tuff caves of the necropolis. At the end of the path, I find myself inside the most important monument of Sutri, the Amphitheatre, completely dug in tuff stone.

After a visit to the amphitheatre I go back to town passing through the area which once hosted Porta Romana, heading towards the Cathedral square. I reach the Cathedral of S. Maria Assunta, an important place for pilgrims who may, by visiting it, get a plenary indulgence.

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And so my adventure is coming to an end... Leaving Sutri I go towards Campagnano di Roma. Just outside the town, I see a number of tombs dug right into tuff, all sensibly altered and transformed into stables or storehouses for gardening tools. Passing through an area called “Orlando’s cradle” some dirt roads, asphalt roads and dangerous crossings of via Cassia, I finally reach the Fountain of San Martino, where I stop and rest for a while. Strengthened by the fresh spring water I walk on towards the Northern suburbs of Monterosi, paying great attention to traffic. Located along the Via Cassia, this small village has always benefited of its position along this main road. Easy economic and cultural exchanges with the rest of Etruria made it grow both economically and culturally. Undoubtedly its strategic position made Monterosi a privileged victim of many sieges and

plunders, first by the Romans, then by the Goths and finally by the Longobards. The name of Monterosi is remembered because of the historical meeting between Pope Adriano IV and Federico Barbarossa in 1155: on that occasion the Emperor refused to hold the stirrup for the Pope descending from his horse. History is also made through such irrelevant facts...

A rapid glimpse at the town: the Church of S. Croce, in baroque style; the Cardinal’s Palace along the main road, formerly a monastery, and… nearby, the lake of volcanic origin whose low waters host a varied flora.

After this short visit, I continue my trip walking through wide plains, and arrive at the end of the Valley Route. Here I stop at the crossing with the Mountain Route, descending from the Cimini Mountains.

Si comincia a respirare aria di fine avventura...Lascio Su-tri e parto alla volta di Campagnano di Roma. Rivolgo dapprima la mia atten-zione ad una serie di tombe rupestri, tutte ampiamente rimaneggiate ad uso ricovero bestiame o riparo per attrezza-tura agricola, che incontro appena fuori la città. Attraverso una zona denominata “Culla d’Orlando” e fra tratti di sterrate, asfaltate e attraversamenti pericolosi sul-la S.R. Cassia, giungo presso il Fontanile San Martino, dove faccio una breve sosta. Riposato e rigenerato dalla fresca acqua lì disponibile mi incammino, sempre fa-cendo molta attenzione al traffico, verso la periferia nord di Monterosi.Situato sulla Cassia, questo piccolo borgo ha sempre beneficiato della sua posizione lungo l’importante asse viario. I facilitati scambi economici e culturali con il resto dell’Etruria gli consentirono infatti di cre-

scere sia culturalmente sia economicamente. Naturalmente, la posizione strategica, lo rese anche vittima privilegiata di assedi e saccheg-gi, prima ad opera dei Romani, poi dei Goti, infine dei Longobardi. Il nome di Monterosi è ricordato per lo storico incontro avvenuto nel 1155 tra papa Adriano IV e Federico Barbaros-sa: in quella occasione l’Imperatore si rifiutò di reggere la staffa al pontefice che scendeva da cavallo. La storia è fatta anche di questi piccoli episodi...Un veloce sguardo alla cittadina: la chiesa di S. Croce, in stile barocco; il Palazzo Cardina-lizio lungo la via principale, già monastero e...nelle vicinanze il lago, di origine vulcanica, le cui acque molte profonde ospitano una flora variegata.Terminata la mia breve visita, proseguo il cammino attraversando vasti e pianeggianti campi e, giungendo alla fine di via di valle, mi fermo all’incrocio con la via di montagna, che scende dai Cimini.

Il lago di MonterosiLake Monterosi

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sfalto e appena di fronte supero un cancello di una recinzione in legno.Salgo ancora, il sentiero è delimitato da una folta vegetazione finchè non si apre uno spiazzo alberato da cui si diramano alcuni sentieri; volto sul primo a destra e, in mez-zo ai castagneti, finalmente scendo per 500 metri… mera illusione! La strada torna a salire. Incrocio un sentiero dal fondo molto rovinato. Bisogna fare attenzione in tempo di caccia perché è una zona di battute al cinghiale.E ancora salgo fino alla Strada Provinciale Valle di Vico. L’attraverso con attenzione ed appena di fronte mi immetto su un sentie-ro che si addentra nel bosco della Riserva Naturale del Lago di Vico. Una serie di sali-scendi mi portano ai ruderi della stazione di posta conosciuta come Osteria della Monta-gna o della Rosa dove si è fermato Leonardo da Vinci nel suo viaggio a Roma.Scendo tagliando in diagonale la caldera del lago. Solo io, i miei passi e le voci del bo-sco, mentre l’azzurro dell’acqua e del cielo fanno capolino, a tratti, tra le fronde.

Proseguo finché il bosco termina al bordo di campi coltivati a noccioleti. Dopo poco mi ritrovo di nuovo nel bosco, su un sentiero che sale verso una piccola altura. Costeggio ciò che rimane del tracciato dell’antica strada romana, attraverso un fosso su un ponticello, supero un maneggio e giungo ad incrociare l’asfalto della Strada Provinciale Valle di Vico Bassa. Di qui posso raggiungere il borgo di Caprarola con il suo maestoso palazzo. Ma per ragioni di tempo debbo proseguire.Superato quel che rimane del piccolo borgo di Vico, giungo alla Chiesa di Santa Lucia, di fron-te alla quale imbocco un sentiero che mi con-duce sulla riva del lago fino alla chiusa che, sin da epoca romana serviva, per regolare il livello delle acque del lago. Sono di nuovo sula provin-ciale, che attraverso con prudenza . Mi immetto su un sentiero che passa di fronte alle vecchie strutture delle “cartiere” e di una ferriera, tutte in disuso. Sono alla periferia di Ronciglione. Entro nella cittadina da Via Campana, fino a raggiun-gere il borgo antico dove esistevano, in epoca medievale, diversi “spedali” che accoglievano i pellegrini: quello di Santa Maria del Castello, dei

Caprarola: lo splendido Palazzo FarneseCaprarola: the beautiful Farnese Palace

Da monte o da valle, la via per Roma svela panorami e scorci di ineguagliabile bel-lezza...Scegliendo la via di montagna, mi ritrovo subito ad affrontare strade in salita...Il tratto inizia da Via Santa Maria in Gradi, ove è il complesso che ospitava il carcere e che oggi oggi accoglie la sede del rettorato dell’Università degli Studi della Tuscia.Di fronte passa inosservata e dimenticata la facciata della Domus Dei, ampio fabbricato edificato nel Medioevo, forse il primo impor-tante ospedale di accoglienza dei pellegrini di questa città; il termine “ospedale” o “spitale” non aveva in origine l’attuale significato di “casa di soccorso e cura degli infermi”, iden-tificava un luogo, normalmente annesso ad un convento, ove erano ospitati i viandanti spesso anche curati a causa delle frequenti malattie

o ferite. Da qui, al semaforo, prendo a destra, percorro su marciapiede alberato tutta Via Santa Maria della Grotticella sino ad un bivio al Fontanile dell’Ontaneto, che sembra fare da spartitraffico.Lascio a destra Strada Sammartinese, che sale a San Martino al Cimino, su cui sovra-stano l’Abbazia ed il Palazzo Doria Pamphili, e mi avvio su Strada Roncone priva di ban-chine o marciapiede. Superata la vecchia cartiera imbocco un sentiero quasi del tutto sterrato, identificato da una vecchio cartel-lo “antica strada romana”, che sale impe-gnativamente sino ad un cancello in legno che mi conduce nel bosco. Salgo ancora, supero a sinistra una pozza d’acqua e poi proseguo sino a giungere ad un largo piano, ove viene accatastato il legname. Proseguo ancora fino ad incrociare la Strada Provinciale Montagna che da San Martino porta al Fontanile di Fiescoli.Ponendo molta attenzione, attraverso l’a-

San Martino al Cimino: abbazia cistercense

San Martino al Cimino: the cistercian abbey

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IL CARNEVALEDI RONCIGLIONEAnche se esula un po’ dal gene-re di eventi descritti fin qui, mi piace raccontarvi del Carnevale di Ronciglione, perché non si tratta del solito appuntamento goliardico ma affonda le sue radici nella storia e nella tra-dizione locali. Così è per la Ca-valcata degli Ussari (cavalieri vestiti con costumi del XIX se-colo) che apre ogni giornata del carnevale. Secondo la tradizione, un capitano degli Ussari di stanza nella cittadina a difesa dello Stato Pontificio, cavalcò più volte alla testa dei suoi per pavoneggiarsi di fronte alla donna della quale era innamorato. Anche le Corse a Vuoto (i cavalli corrono “scossi” cioè senza fantino) hanno un’origine antichissima. Risalgono addirittura al XV secolo, al tempo di Papa Paolo III Farnese. Fin qui la storia...adesso entra in scena la tradizione... come quel-la dei “Nasi Rossi”, la maschera prettamente ronciglionese che dà vita alla cosiddetta “pitalata”. In quasi trecento, in camicia da notte e intonando un proprio inno, sfilano lungo le strade offrendo agli spettatori fumanti rigato-ni dal loro vaso da notte, secondo una tradizione iniziata 110 anni fa. Da ul-timo, la Compagnia della Penitenza che da sempre accompagna, in una sorta di corteo funebre, il fantoccio di Re Carnevale che, dopo un accorato saluto, viene lasciato volare in cielo appeso ad un pallone aerostatico.

Venerabile Suor Mariangela Virgili (Ronciglio-ne 1661-1734) morta in concetto di santità e da tutto il popolo ronciglionese ritenuta santa, la cui memoria è ancora viva. Di qui proseguo per il borgo vecchio. Passo nelle vicinanze della Rocca, chiamata popo-larmente i Torrioni per via delle quattro torri d’angolo che la caratterizzano e arrivo nei pressi della chiesa di Sant’Andrea con il suo particolarissimo campanile.Giungo, camminando tra gli stretti vicoli alla chiesa di Santa Maria della Provvidenza, costruita sul ciglio di un burrone e origina-riamente dedicata a Sant’Andrea. Deve il suo attuale nome ad un evento singolare, risalente alla metà del 1700. A causa del

cedimento della rupe sottostante, fu neces-sario intraprendere degli ingenti lavori di restauro, durante i quali venne ritrovato un importante affresco raffigurante la Madonna con bambino. Malgrado i soldi per gli ingenti lavori fossero terminati, il “provvidenziale” ritrovamento di questo affresco permise al parroco di ricevere finanziamenti per conti-nuare i lavori. Da allora il nome della chiesa divenne Santa Maria della Provvidenza.Scendo e risalgo per la scalinata che fian-cheggia la chiesa. Mi fermo a guardare il bor-go vecchio con i gomiti piantati al parapetto che si affaccia sulla valle: un ultimo sguardo a questo paese ricco di storia prima del me-ritato riposo.

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Ronciglione: il campanile

della chiesa di Sant’Andrea

CHIESA DI S.ANDREA Situata nel Borgo di Sopra, la sua costruzione risa-le al XII°- XIII° secolo. In stile gotico, pro-babilmente realizzata sui basamenti di un’antica chiesa chiamata San Leonar-do, si nota per l’elegante campanile. Fu fatto costruire nel 1436 dal Conte Everso degli Anguillara (il cui stemma di fa-miglia è visibile sulla parete esterna); si compone di piani che hanno in successio-ne monofore, bifore e trifore mentre l’ulti-mo piano si caratterizza per la sua forma ottagonale.

Lago di VicoLake Vico

Pellegrini, dei Disciplinati ed altri. Nel borgo mi aspetta un affittacamere dove potrò riposare. Ostelli non ce ne sono. Il borgo antico di Ronci-glione è affascinante. Lo sguardo è attratto dal campanile della Chiesa di Sant’Andrea e dalla sagoma arroccata della Chiesa di Santa Maria della Provvidenza. Ad una fontanella riempio la borraccia. Volgo lo sguardo alla stretta valle chiusa da alte pareti tufacee, nella quale scorre il Rio Vicano, un gatto sonnecchia su un vetusto scalino di pietra scaldato dal sole.Cerco la trattoria per il pranzo. Un breve riposo e poi via, alla scoperta di questa cittadina, delle sue chiese e dei suoi monumenti.La Fontana grande o dei cavalli marini (costru-ita in pietra macigno proveniente dalla cava delle macine presso il Lago di Vico) si trova di fronte al Palazzo Comunale. Attribuita po-polarmente al Vignola, l’architetto del palazzo Farnese di Caprarola, in realtà fu progettata da Antonio Gentili da Faenza ed eretta nel 1566. La fantasia popolare vuole che i cavalli della fontana fossero bardati con briglie d’oro, ruba-te al tempo dell’incendio appiccato dai francesi (1799).Il Duomo si innalza maestoso con la sua grandio-sa cupola sul lato est della piazza. Di stile baroc-co, edificato a partire dal 1630 sulle fondamenta del vecchio Duomo, di cui è visibile il campani-le, venne ultimato verso la fine del 1600, come attestano le iscrizioni all’interno. La chiesa pre-senta una facciata a due ordini architettonici: ionico in basso, composito in alto. L’interno a tre navate custodisce da pochi anni le ossa della

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for lunch. A short rest and then up I go to discover this small town, its churches and monuments.

The main Fountain, or Fountain of Sea-Horses (built in stone rock from a stone quarry near Lake Vico) is located in front of the Municipal Palace. Usually ascribed to the Vignola, the architect of the Farnese Palace of Caprarola, this fountain was actually built by Antonio Gentili da Faenza in 1566. According to popular imagination the horses of the fountain were originally dressed with golden bridles, stolen at the time of the fire set by the French (1799).

The Cathedral (Duomo) stands with its magnificent dome on the East side of the square. In Baroque style, the building of the Church started in 1630 on the foundations of the old Cathedral (the bell tower is an evidence of the old building) and was finished at the end of XVII century, as testified by the inscriptions inside. The façade of the Church is characterized by two different architectural orders: the ionic on the lower part and the composite on the upper. Its interior is divided into three naves and here are kept since a few years back the bones of Suor Mariangela Virgili (Ronciglione 1661-1734), a nun who died in odour of sanctity and whose memory is still alive as she is considered a Saint by the people of Ronciglione .

From here I keep on visiting the old hamlet. I pass near the Rocca, popularly called i Torrioni because of its four characteristic angle towers and reach the Church of Sant’Andrea with its notable belfry.

Walking through the narrow streets I reach the Church of Santa Maria della Provvidenza, built on a steep edge and in origin dedicated to Sant’Andrea. Its name derives from a quite strange event, occurred in the middle of XVIII century. Because of the subsidence of the cliff underneath, the Church needed some significant restoration works; on that occasion, the workers found an important fresco depicting a Madonna with Child. Having the parish run out of money without completing the restoration, the “providential” finding of this ancient fresco made it possible to get funds and carry on the restoration works. Hence, the name of the Church was changed in Santa Maria della Provvidenza.

Down and up the stairs of the Church, I stop and take a look at the old hamlet, my elbows resting on the parapet and my eyes enjoying

such beautiful view over the valley; a last glance to this town full of history before my earned rest.

church of S.andrea Located in the Upper Town Centre (Borgo di

Sopra), its building dates back to XII- XIII century. The style is Gothic, presumably the Church was built on the foundations of an ancient Church called San Leonardo (see the elegant belfry). Count Everso degli Anguillara built the Church in 1436 (see coat of arms of the family on the outside); it is made up of three different plans with sequences of monofores, bifores and trifores: the last plan has a characteristic octagonal shape.

the carnIVal of roncIglIone Although this goes beyond the scope of the events till now described, I like

to tell you about the Carnival of Ronciglione, which doesn’t concern the usual ironic student appointment but it deepens its root in the local history and traditions. This is true also for the Hussars’ Ride (knights dressed up with costumes of the XIX century) which opens up each day of the Carnival. According to tradition, a captain of the Hussars allocated in town in defense of the Papal State, rode his horse a few times in the vanguard of his troop to strut in front of a woman he had fallen in love with. Also the Bareback Horse Races (horses run “scossi” which means without a jockey) have a very ancient tradition: they date back to the XV century, at the time of Pope Paolo III Farnese. Up to here the history… now the tradition comes on the scene… like the one of “Red Noses”, the typical mask of Ronciglione that gives life to the so-called “pitalata”. Almost three hundred persons, wearing a nightdress and singing a hymn, parade along the streets and offer the spectators steaming rigatoni (ridged pasta tubes) out of their chamberpot, according to a tradition begun 110 years ago.

Last, the “Compagnia della penitenza”: in a kind of funeral cortège it always accompanies the puppet of King Carnival which, after a grieving goodbye, is sent to fly in the sky hanging from an aerostatic balloon.

Through mountains or through valleys, all roads leading to Rome reveal panoramas and views of unexpected beauty...

Choosing the route trough the mountains, I immediately encounter uphill roads...

The trail starts from Via Santa Maria in Gradi, which until ten years ago hosted the Town’s prison in a building that today has become the administrative seat of the Tuscia University.

On the opposite side of the road, unnoticed and forgotten is the facade of the “Domus Dei”, huge building from the Middle Age, presumably Viterbo’s first hospital to give shelter to pilgrims; the term “ospedale” (hospital) or “spitale” had in the past a different meaning from today’s definition: “place where sick or injured people are given medical care”; in fact it used to indicate a place normally annexed to a Convent, where travellers could rest and sometimes be treated in case of illness or injuries.

At the traffic lights I turn right and walk on a sidewalk all the way down Via Santa Maria della Grotticella, until I reach a crossroad by a fountain (Fontanile dell’Ontaneto) used as “traffic island”.

I leave on my right the Strada Sammartinese, which leads to San Martino al Cimino, with its dominating Abbey and the Doria Pamphili Palace and set out for Strada Roncone, a road without sidewalks or paths. After the old paper mill I take a trail which is almost completely a dirt road, marked by a sign with the text “antica strada romana” (ancient roman road) which slopes uphill to a wooden gate leading into the woods. I keep on walking upward and pass by a water paddle on my left, then I reach a wide plain, where people use to heap up their wood. Further on I cross the Provincial Road Montagna which goes from San Martino to the Fontanile di Fiescoli.

Paying great attention to traffic, I walk across the asphalt road and pass through the gate of a wooden fence.

Uphill again, the path is delimited by a rich vegetation and after a while opens up into a clearing where several trails start from. I take the first to the right and walk easily downhill among chestnut trees. But it is just an illusion, after 500 metres the path goes

uphill again. The road surface is in a bad state. When it’s hunting time you really need to be careful and watch out for wild boar hunters.

Still uphill, to the Provincial Road Valle di Vico. I cross the road and take the small trail which enters the woods of the Lake of Vico Nature Reserve.

A series of up-/ and downhill slopes take me to the ruins of a post station better known as Osteria della Montagna /Osteria della Rosa, a place where Leonardo Da Vinci possibly stopped on his way to Rome.

I walk downhill and cross the caldera of the lake. Just me, the sound of my steps on the ground and the voices of the woods: between the leafy branches, sudden glimpses of the blue of sky and water surprise and delight my eyes. The woods end at the border of hazelnut groves. In a short time I’m in the woods again, on a trail leading to a high ground. Coasting what’s left of the ancient Roman road, I cross a ditch passing over a small bridge, pass by a riding school and arrive to the asphalted Provincial road Valle di Vico Bassa.

After having passed what’s left of the small village of Vico, I finally reach the Church of Santa Lucia, in front of which there is a small trail leading to the lake shore and to the sluice gate which has been used to adjust the water level of the lake since the Roman period. Back on the Provincial road, I’m very careful when crossing it. I take now a small trail passing in front of old Paper-mills and Ironworks, completely abandoned. I find myself in the suburbs of Ronciglione and enter the small town from Via Campana, to reach the old village which during the Middle Age hosted several “hospices” which gave shelter to pilgrims. Among them, the Hospice of Santa Maria del Castello, of the Pilgrims, of the Disciplinated. In the hamlet I look for a guest house to rest. No hostels available in Ronciglione. The old hamlet of Ronciglione is fascinating. The bell tower of the Church of Sant’Andrea and the fortified profile of Church of Santa Maria della Provvidenza catch the eye. At a fountain I fill my water bottle. I am fascinated by the view over a narrow valley with steep tuff walls in which runs a small stream called Rio Vicano, a cat sleeps on the ancient stairs in the heat of the sun. I look for a restaurant

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Riedificata intorno al 1830, ha assunto le forme attuali mentre la splendida cripta sottostante ha mantenuto molti dei carat-teri originari. Torno a seguire il tracciato delle mura che continuano a colpire la mia immaginazio-ne con la loro massiccia imponenza fino a giungere a Porta Nica che ancora oggi presenta un piccolo tratto di lastricato del-la Via Amerina e l’attraverso trattenendo il respiro. Dall’altra parte ancora la civiltà e le macchine. Camminando sul marciapiede, seguo la provinciale ma prima del Villino Formica, a sinistra, imbocco una sterrata che scende rapidamente fino al ponte sul Fosso della Massa e ad una tagliata etrusca che sale fra alte pareti per circa 100 metri. Un posto incantato… Dopo poco sono an-cora su strada asfaltata, ancora macchine, ancora molta prudenza. Giungo a Ponte Nepesino e scorgo l’impo-nente struttura del ponte romano che per-metteva alla Via Amerina di superare il Fos-so Cerreto. Poco lontano ci sono le antiche Terme dei Gracchi dove sorgenti di acque minerali ancora oggi offrono refrigerio al viandante. Seguendo il mio cammino supero a destra i resti del Castello di Ponte Nepesino (per visitarli è necessario inoltrarsi in una stra-da secondaria) e, immettendomi a sinistra su una traccia di sentiero, appena oltre il cancello di un fondo privato, torno a cam-minare per brevissimi tratti sul basolato affiorante della Via Amerina sino al rudere pericolante del Casale dell’Umiltà e della Chiesa di Santa Maria dell’Umiltà.Poco dopo sono ancora sulla strada asfal-tata di Settevene sulla quale volto a sinistra sino a ritrovare i primi radi basoli della Via Amerina.Man mano che proseguo il mio cammino il basolato diventa una vera e propria strada romana completa di crepidines, dei mar-ciapiedi, accompagnata sui due lati da una meravigliosa alberata che giunge fino a Lo-calità Cascinone, dove si incontrano i due tratti, quello di “via di valle” e quello di “via di monte”. Da qui il basolato prosegue dapprima pa-rallelo alla provinciale Settevene poi se ne discosta brevemente sulla sinistra sino a

raggiungere il ponte romano ad unica arca-ta sul Fosso Pasci Bovi…è splendido!... su buona parte del ponte sono ancora in situ i basoli che pavimentavano la Via Amerina.Scendo nella piccola valle, supero una anti-ca cava di basoli poi torno a salire mentre, a tratti, riaffiora il lastricato di questa strada, filo ideale che collega lo spazio e il tempo di questo mio cammino.Ora la strada, stretta fra due file di alberi, sale sino ad aprirsi in un ampio piazzale tutto ombreggiato da più di quaranta piante d’alto fusto…una meraviglia! Quale posto migliore per riposarsi? Ma presto devo ri-prendere il cammino...Scendendo per la sterrata, giungo all’asfalto della Strada Provinciale Mazzano Romano. La attraverso e, appena di fronte, prendo un sentiero che mi conduce al Fosso del Pavo-ne e da qui, seguendolo, raggiungo il picco-lo nucleo di case in Località Monte Sarleo... siamo già in provincia di Roma.

Nepi: la cattedrale di S. Maria AssuntaNepi: the cathedral of S. Maria Assunta

Parto di buon mattino. Lascio Ronciglione uscendo da Porta Romana e mi dirigo, attraver-sando noccioleti e campi, ver-so la chiesa di Sant’Eusebio.Imbocco la Cassia Cimina fino ad incontra-re una strada vicinale che taglia campi pia-neggianti; continuo ad incrociare la strada asfaltata e a doverla attraversare per pote-re seguire sentieri di campagna. Giungo a Nepi camminando per circa 200 metri nella stretta tagliata etrusca che mostra, sui fian-chi, i resti di modeste tombe rupestri e che mi porta fino di fronte agli imponenti archi dell’acquedotto costruito nel 1727 con il si-stema delle grandi arcate. Proseguo fino al Castello o Forte dei Borgia (XV-XVI sec.), legato storicamente alla nobile famiglia di ori-gine catalana. Furono i Borgia a trasformarlo da piccola fortezza a imponente e maestosa rocca, come testimoniano ancora gli stem-mi di famiglia sulla torre circolare e su quella quadrangolare. Di qui seguo le fortificazioni, imponente e mirabile opera di architettura mi-

litare del cinquecento fatte costruire su progetto di Antonio da Sangallo il Giovane nel 1537 dal Duca Pierluigi Farnese figlio del Papa Paolo III (Alessandro Farnese).Mi rimane ormai solo il tempo di andare a visita-re la cattedrale, dedicata all’Assunta.Interessante e maestosa costruzione già esisten-te in epoca romana, è stata edificata sulle fon-damenta di un tempio pagano, nel punto più alto della città raggiunto dalla via consolare Amerina. In un papiro conservato nell’archivio Vescovile di Ravenna, redatto forse a Nepi il 3 giugno del 557, si attesta di un donum eccle-siae sanctae mariae in nepe. Gli studiosi non hanno dubbi che si riferisca alla Cattedrale di Nepi.Purtroppo questo primo edificio sacro venne distrutto nel 568 durante la guerra tra Lon-gobardi e Bizantini per poi essere ricostruito intorno all’825 come risulta da una lapide che si conserva sotto il portico del Duomo. Succesivamente la chiesa fu ampliata e ab-bellita, secondo i gusti e le possibilità delle varie epoche ma purtroppo quasi tutto ciò è andato perso a causa dell’incendio appicca-to dai francesi nel 1798.

Nepi: la rocca dei Borgia

Nepi: the Borgia fortress

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Da Ronciglione a Campagnano di Roma... Da Ronciglione a Campagnano di Roma...From Ronciglione to Campagnano di Roma... From Ronciglione to Campagnano di Roma...

ancient flagstones quarry and take an upward slope. Parts of the ancient pavement emerge from the road: an ideal thread connecting space and time in this travel of mine.

Now the road, almost tightened between two lines of trees, goes upwards and opens finally into a large square with more than fourty century old trees …what a wonder! I couldn’t

find a better place to rest, but soon I have to start walking again...

Down on the dirt road, I reach the Provincial Road Mazzano Romano. I cross It and take a trail to reach Fosso del Pavone and here, following the trail I finally get to a small group of houses, Località Monte Sarleo... we are already in the Province of Rome.

Roma: la nostra metaRoma: our destination

I leave Ronciglione early in the morning, walking through Porta Romana to reach, through hazelnut groves and cultivated fields the Church of Sant’Eusebio. I enter the Cassia Cimina road till I find a minor road passing between level fields; I keep on crossing several asphalted roads to be able to follow the country lanes. Finally, I arrive to Nepi walking for about 200 metres inside the narrow Tagliata etrusca (Etruscan channel) which shows the remains of modest rock-cut tombs on the sidewalls and leads me in front of the imposing arches of the aqueduct built in 1727 with a system using big arcades. I walk to the Castle or Fortress of Borgia (XV-XVI sec.), which has strong historical ties to the noble Family of Catalan origin. The Borgia family transformed the small fort into an imposing and grand fortress, as testified by the family’s coats of arms on both the round and the square towers. I now follow the fortifications, grand and admirable masterpiece of military architecture of the XVI century planned by Antonio da Sangallo the Younger and built in 1537 by order of the Duke Pierluigi Farnese, son of Pope Paolo III (Alessandro Farnese).

I only have time left to visit the Cathedral of S. Maria Assunta.

Interesting and imposing building, this church already existed in the Roman period, and was constructed on the foundations of a pagan temple on the highest part of the city reached by the Via Consolare Amerina.

An ancient document preserved in the Archivio Vescovile (Bishops’ Archive) of Ravenna, possibly drawn up in Nepi and dated June 3, 557 certifies a “DONUM ECCLESIAE SANCTAE MARIAE IN NEPE”. Researchers have no doubts it refers to the Cathedral of Nepi.

Unfortunately, this first sacred building was destroyed in 568 during the war between Longobards and Byzantines, but was rebuilt, according to a gravestone under the arcade of the Cathedral, around 825. The Church was later enlarged and embellished according to the taste and financial possibilities of different periods, but almost everything got lost during the fire set by the French in 1798.

The Church was rebuilt to its present shape

around 1830, while the splendid crypt has kept intact many of its original features.

I keep following the outline of the huge and impressive walls: I reach Porta Nica which still shows some parts of the ancient pavement of Via Amerina and I walk through holding my breath. On the other side, civilization and cars. Walking on the sidewalk, I follow the Provincial road but just before Villino Formica, I turn left on a dirt downhill road that leads me to Fosso della Massa and to the Tagliata etrusca (Etruscan channel) that rises between high walls for about 100 metres. An enchanted place … After a while I’m back on the asphalt road, with cars, traffic, and a lot of prudence.

I reach Ponte Nepesino and notice the imposing bridge that permitted Via Amerina to pass over Fosso Cerreto. Not far from here, the ancient Terme dei Gracchi with their natural springs of mineral water grant travellers some refreshment.

On the right I pass by the remains of the Castle of Ponte Nepesino (a visit requires to advance more in a secondary road) and taking to the left on a minor track, after the gate of a private property I once again walk on some stretches of the trachyte flagstone pavement of old Via Amerina and reach the shaky remains of Casale dell’Umiltà (House of Humility) and of the Church of Santa Maria dell’Umiltà.

Back on the asphalt road of Settevene, I turn left till I find the first trachyte-flagstones of Via Amerina.

As I proceed, the trachyte-flagstones pavement becomes a real Roman road with crepidines (i.e. a kind of sidewalks), accompanied on both sides by marvellous lines of trees that reaches Località Cascinone, where the Valley Route and the Mountain Route meet.

From here the trachyte-flagstones pavement goes parallel to the Provincial Road of Settevene for a while, later diverting on the left to reach the single arch bridge of Roman period passing over Fosso Pasci Bovi… it’s wonderful!... on the major part of the bridge, the trachyte flagstones of Via Amerina are perfectly placed.

I walk down into the small valley, I pass by an

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Finito di stampare nel mese di agosto 2011

dalla Tipografia Agnesotti (VT)