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Guida alla Galleria degli Uffizi Workshop ASL Classe 3DLic a.s. 2016/17 1 Guida alla Galleria degli Uffizi (Firenze) In allegato Simbologia delle piante e Linguaggio dei fiori A CURA DELLA CLASSE 3^DLic a.s. 2016/17 LICEO SCIENTIFICO “G. ASELLI” CREMONA prof. Mariarosa Tonghini

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Guida alla Galleria degli Uffizi Workshop ASL Classe 3DLic a.s. 2016/17

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Guida alla

Galleria degli Uffizi

(Firenze)

In allegato

Simbologia delle piante e Linguaggio dei fiori

A CURA DELLA CLASSE 3^DLic a.s. 2016/17

LICEO SCIENTIFICO “G. ASELLI” CREMONA

prof. Mariarosa Tonghini

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SALA 1 In questa sala, che è a forma di gigantesca U (una volta era il loggiato), sono allestiti marmi archeologici in gran parte provenienti da Roma. Numerosi sono i rilievi e i calchi. Numerose le copie di notevole qualità. Presente inoltre un sarcofago con le Fatiche di Ercole nel quale sono raffigurate le varie età del personaggio che richiamano i periodi della vita.

SALA 2 La sala 2 della Galleria degli Uffizi del Duecento e di Giotto fu allestita durante il riordinamento museale degli anni Cinquanta del Novecento. Le grandi fessure nella parete d’ingresso sono state create per poter spostare le grandi opere lì presenti in caso di restauro o necessità. La copertura a capriate del soffitto, simile a quella di molte chiese antiche, introduce idealmente all’arte sacra medievale. La sala conserva incredibili capolavori, importantissimi per capire l’evoluzione dell’arte nel corso dei secoli. Tra le opere di maggiore rilievo si possono ammirare e comparare le Maestà di tre grandi protagonisti della vicenda artistica toscana del Medioevo: Cimabue, Duccio di Buoninsegna e Giotto. Il tema della Maestà, o Madonna in trono con Bambino ed angeli, è uno dei più diffusi nelle opere d’arte medievali.

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La sala, grazie alla stessa collocazione delle opere, mette quasi a confronto i tre artisti: sulla sinistra Duccio di Buoninsegna con la Madonna Rucellai dipinta intorno al 1285, a destra Cimabue con la Madonna di Santa Trinita dipinta tra il 1280 e il 1290, e al centro Giotto con la splendida Madonna di Ognissanti dipinta intorno al 1310. Queste tre grandiose pale lignee introducono all’arte italiana di fine Duecento inizi Trecento. Le Maestà del senese Duccio di Boninsegna e del fiorentino Cimabue sono opere pregevoli ma ancora legate all’estetica bizantina e ancora rigide e stereotipate. La vera innovazione è da trovare nella Maestà di Giotto, in cui i volumi dei corpi appaiono più solidi, così come le espressioni dei visi più umane e la resa dello spazio più credibile. Con Giotto si avvia quella vera e propria rivoluzione in ambito figurativo che porterà molto più tardi al Rinascimento. La sala è stata completamente restaurata e rinnovata come parte del progetto “New Uffizi”, con riapertura nella primavera 2015.

Confronto fra le 3 maesta’ della sala 2

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Madonna di Santa Trinità

Madonna Rucellai Madonna di Ognissanti

Autore Cimabue Cenni di Pepo

Duccio di Buoninsegna

Giotto di Bondone

Soggetto Madonna con il Bambino e angeli

Madonna con il Bambino, angeli e profeti

Madonna con il Bambino, angeli e profeti

Anno Ca 1285-1286 1285 1310

Tecnica Tempera e oro su tavola Tempera e oro su tavola Tempera e oro su tavola

Dimensioni 385×223 cm 450×290 cm 355×229,5 cm

Collocazione Galleria degli Uffizi, Firenze

Galleria degli Uffizi, Firenze

Galleria degli Uffizi, Firenze

Sviluppo della tavola

Verticale con sommità cuspidata, percorsa da una cornica pittorica.

Verticale con sommità cuspidata; nella cornice 30 medaglioni con immagini di Cristo, Apostoli, Profeti e alcuni Santi.

Verticale con sommità cuspidata, percorsa da una cornice; dimensioni della Madonna e del Bambino maggiori.

Personaggi Vergine, Bambino, 6 angeli (3 per lato).

Vergine, Bambino, 8 angeli(4 per ato), 4 profeti(Geremia, Abramo, Davide e Isaia).

Vergine, Bambino, 6 angeli (3 per lato), 6 santi (3 per lato).

Sfondo Oro in foglia (cielo empireo)

Oro in foglia (cielo empireo)

Oro in foglia (cielo empireo)

Trono Prospettiva frontale, struttura massiccia, decorazioni che richiamano quelle orientali.

Preospettiva latero-frontale, struttura slanciata, decorazioni che richiamano il gotico.

Prospettiva frontale, struttura slanciata, decorazioni realistiche che aumentano il senso della profondità.

Posizione diMaria

Seduta frontalmente con il piede destro su un gradino; la mano destra indica il Bambino e la testa è leggermente ruotata.

Seduta con il corpo ruotato verso il Bambino e il piede sinistro su un gradino; la mano destra è appoggiataal Bambino e la testa è leggermente ruotata.

Seduta frontalmente con le sagome del corpo ben definite sotto il vestito; la mano destra è appoggiata allagamba del Bambino e latesta è leggermente ruotata.

Posizione del Bambino

Seduto sulla gamba sinistra di Maria, con la mano destra benedice, mentre nell’altra tiene il rotolo della Legge; la testa è leggermente ruotata.

Seduto sulla gamba sinistra di Maria, con la mano destra benedice, mentre con l’altra tiene il rotolo della Legge; la testa è leggermente ruotata.

Seduto sulla gamba sinistra di Maria, con la mano destra benedicementre l’altra è chiusa; ha un corpo ben definito sotto la veste e la testa è leggermente ruotata.

Posizione degli angeli

Sono allineati al trono e appoggiano le mani stando in piedi.

Sei sono allineati al trono e due dietro la spalliera.

Sei sono allineati al trono e due davanti in ginocchio tenendo 2 vasi di fiori, sumbolo di purezza.

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SALA 7

In questa sala erano esposti alcuni capolavori del primo Rinascimento. La sala è stata restaurata e riaperta nella primavera 2015 ed adesso è dedicata a Gentile da Fabriano. Le opere che erano qui non sono tutte rimaste, e ancora non hanno una collocazione definitiva. In attesa di un aggiornamento di questa pagina con le nuove opere, ecco cosa c’era prima. Siamo ormai lontani dallo stile gotico e la rivoluzione figurativa è ormai compiuta. Prospettiva, studio dell’anatomia e della luce, ripresa della classicità, centralità dell’uomo e indagine psicologica: sono queste le caratteristiche più evidenti dell’arte rinascimentale. Tra le prime opere abbiamo la splendida Sant’Anna Metterza di Masaccio e Masolino (1424 circa), in cui la Madonna e il Bambino hanno una fisicità quasi statuaria. Dolce e bellissima, poi, la Madonna di Pontassieve (1435) del frate pittore Beato Angelico. Opere stupende sono inoltre la Pala di Santa Lucia dei Magnoli (1440 circa) di Domenico Veneziano o la suggestiva tavola della Battaglia di San Romano(1438 circa) di Paolo Uccello, entrambe basate sull’attento studio della luce e della prospettiva. In queste opere lo spazio è studiato, definito scientificamente ed è dominato dall’uomo. Le figure acquistano fisicità e proporzioni. La luce e il chiaroscuro delineano il loro volume, i corpi e l’ambiente circostante. Una vera e propria rivoluzione.

Sant'anna Metterza di Masaccio e Masolino

In primo luogo chiariamo l’insolito titolo “Metterza”: si riferisce alla figura di S. Anna “messa a fare da terza” dietro la Madonna con il Bambino, e vuole evidenziare il ruolo importante della madre di Maria. A Firenze S.Anna godeva di una speciale devozione: infatti proprio nella giornata a lei dedicata, il 26 luglio, venne cacciato dalla città il tiranno Duca di Atene Gualtieri di Brienne: era il 1343 e da allora cresce il culto della Santa come testimonia la quantità di immagini a lei dedicate. Il dipinto si trovava nella chiesa di S. Ambrogio, dove viene ricordato da Vasari come opera di Masaccio: nel 1940 lo storico d’arte Longhi vi riconobbe invece due mani diverse, attribuendo l’opera a Masaccio e Masolino: al primo spettano la Madonna, il Bambino e l’angelo reggicortina a destra, al secondo S. Anna e gli altri angeli.

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Inizia qui la collaborazione tra il giovane Masaccio, di circa 23 anni, e il più anziano maestro, uniti da un rapporto professionale e di amicizia che li porterà a realizzare insieme anche uno dei capolavori del Rinascimento, gli affreschi della Cappella Brancacci nella chiesa del Carmine. L’importanza data alla Santa in questo quadro si nota sia dall’aureola più grande, sia dalla posizione dominante, con il gesto della mano che stende la sua protezione sul piccolo Gesù. L’intervento di Masaccio però fa subito in modo che il centro dell’interesse si sposti dalla Santa al gruppo da lui dipinto, e osserviamo perché: la Madonna e il Bambino formano una struttura piramidale, dall’assetto stabile e solido; il forte chiaroscuro, ottenuto con la luce proveniente da

sinistra, fa emergere le figure dal dipinto come fossero rilievi; il gesto mai rappresentato prima delle mani della Madonna che tengono le gambe del bambino, in modo tenero ma saldo; il bambino nudo, anche questa una novità in cui si mette l’accento sulla sua natura umana; il volto bello e vero della Madonna, una fisionomia reale presa dalla vita quotidiana, la sua espressione concentrata e consapevole: sono tutti elementi che attraggono l’attenzione mettendo in secondo piano il resto. A confronto si osservasubito come la S.Anna di Masolino abbia forme meno solide, volume meno evidente, sia insomma meno credibile. Ripensiamo alla Madonna di Giotto, che abbiamo analizzato all’inizio: troviamo, a distanza di circa un secolo, e con maggiori strumenti, il degno allievo e continuatore di tanto maestro: la stessa forza, la stessa ricerca di spazio e volume, lo stesso utilizzo del chiaroscuro: il Rinascimento è iniziato. Da notare la preziosa stoffa damascata tenuta dagli angeli, forse un accenno al non sicuro committente Nofri Buonamici, tessitore di drappi.

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Madonna di Pontassieve di Beato Angelico

L’opera, realizzata da Beato Angelico, che con ogni probabilità costituiva lo scomparto centrale di un polittico perduto, proviene dalla propositura di San Michele Arcangelo a Pontassieve. A causa delle precarie condizione conservative in cui versava, soprattutto nella parte inferiore della tavola dove si erano verificate vistose cadute di colore, nel 1924, il dipinto fu trasferito alla Galleria degli Uffizi e sottoposto ad un intervento di restauro che ne confermò l’attribuzione a Beato Angelico. Nel 2005 Laurence Kanter riuscì a identificare i tre nomi citati nella lacunosa iscrizione ai piedi della Vergine con Antonio di Luca, Piero di Niccolò e ser Piero di Betto da Filicaia, personaggi di spicco sulla scena politica ed economica della Firenze degli anni trenta del Quattrocento, nonché proprietari terrieri nella zona di Pontassieve e patroni della chiesa di San Michele Arcangelo. Il recente ritrovamento, proprio in occasione della mostra Beato Angelico a

Pontassieve di un documento redatto da Luigi Passerini alla metà dell’Ottocento ha permesso di ricostruire per intero l’iscrizione, confermando la committenza dell’opera da parte dei Filicaia. Grazie allo stesso documento è stato possibile fissarne la data di esecuzione al 1435 ed accertare che il dipinto era stato realizzato proprio per l’altar maggiore della chiesa di San Michele Arcangelo.

SALA 8

Questa sala è dedicata a uno dei protagonisti del primo Rinascimento: Filippo Lippi. Frate per tanti anni e amante della monaca Lucrezia Buti fino alla rinuncia di entrambi alla vita religiosa, primo maestro di Botticelli, padre di un altro grandissimo artista (Filippino Lippi), Filippo è sicuramente uno dei pittori più importanti di tutto il Quattrocento.

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Nella sala sono esposte opere bellissime di Filippo Lippi come la Pala del Noviziato (1445 circa), la maestosa Incoronazione della Vergine (1439-1447 ca.) o la Madonna col Bambino e due angeli (1465 circa) in cui sembra sia stata ritratta la sua amata Lucrezia, futura madre dei suoi due figli. Figure snelle e raffinate, abiti e capelli svolazzanti e attenzione al disegno sono elementi dello stile di Filippo Lippi che influenzeranno in seguito Sandro Botticelli. Quest’ultimo fu un intimo amico e collaboratore del figlio di Lippi, Filippino, anche lui geniale pittore. Anche Filippino è presente in questa sala, con alcune opere tra cui l’Adorazione dei Magi (firmata e datata 1496). Un altro capolavoro esposto nella sala è il famoso dittico con i Ritratti dei Duchi di Urbino (1472 circa) del grande artista aretino Piero della Francesca. La precisione dei dettagli e il paesaggio cristallino che si dissolve all’orizzonte con le colline, sono di un realismo stupefacente.

Madonna col Bambino e due Angeli di Filippo Lippi

Quest’opera di Filippo Lippi, dipinta intorno al 1465 circa, è tra le più conosciute ed ammirate della sua produzione artistica. Filippo Lippi, monaco carmelitano non proprio obbediente agli obblighi della vita religiosa, si innamorò perdutamente della monaca Lucrezia Buti. Anche lei si innamorò dell’uomo e, dopo anni di passione, entrambi rinunciarono ai loro voti. Dalla loro unione nacque una figlia femmina ed un maschio, Filippino, destinato a diventare un celebre pittore come suo padre. La popolarità di quest’opera forse deriva proprio dal fatto che la Madonna possa essere il ritratto diLucrezia Buti. La Madonna è raffigurata di profilo, in preghiera, di fronte al Bambino sorretto

da due angeli. Maria presenta un’acconciatura estremamente raffinata, impreziosita da perle e veli. La dolcezza e l’eleganza con cui la scena viene rappresentata, come anche la leggiadria dei veli e dell’acconciatura sarà un modello per i pittori successivi, soprattutto per Botticelli. Il pittore della “Nascita di Venere” e della “Primavera”, infatti, non solo fu allievo di Filippo Lippi ma anche amico e collega di Filippino.

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Ritratto dei Duchi di Urbino di Piero della Francesca

Il dittico dei Duchi di Urbino è una delle opere più famose del Rinascimento italiano. Dipinto dal grande artista Piero della Francesca, ritrae i coniugi Federico da Montefeltro e Battista Sforza. Il Montefeltro, valoroso condottiero e abile stratega, nonché grande mecenate, fece di Urbino un raffinato e celebre centro culturale. In quell’ambiente Piero della Francesca eseguì questi due capolavori tra il 1465 e il 1472. Il doppio ritratto di profilo si rifà alla tradizione classica dei ritratti su medaglia. Questa caratteristica conferisce solennità ai due Duchi. I loro busti in primo piano dominano lo straordinario paesaggio che si estende in profondità, a sottolineare la maestosità della corte di Urbino. Piero della Francesca, con il suo stile razionale, arriva alla rappresentazione del perfetto uomo rinascimentale, consapevole della centralità del suo ruolo nell’universo e del predominio della sua intelligenza e della sua cultura. La scelta della rappresentazione di profilo, oltre a motivi puramente artistici e propagandistici, fu una scelta quasi obbligata. Il Duca era infatti rimasto sfigurato all’occhio destro in una “giostra” e proprio per questa ragione viene ritratta la parte sinistra del suo volto. La Duchessa Battista Sforza è riccamente vestita e presenta una fronte esageratamente alta, come voleva la moda del tempo. Il dittico è, inoltre, dipinto anche sul retro. Federico da Montefeltro e la consorte sono raffigurati su due carri antichi in compagnia delle Virtù: il Duca è seduto con l’armatura da duce ritratto mentre viene incoronato dalla Vittoria mentre lei siede su un carro trainato da due unicorni, simboli di castità, per sottolineare il suo animo pio e gentile. L’arte di Piero della Francesca raggiunge in questo modo l’obiettivo di fermare il tempo e di rendere immortali i due Duchi e le loro personalità.

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SALA 14 Questa grande sala è sicuramente tra le più famose della Galleria degli Uffizi, essendo esposte le opere più importanti di Sandro Filipepi. Botticelli (così Sandro era detto) era legato all’Accademia Neoplatonica che gravitava attorno a Lorenzo de’ Medici detto il Magnifico, tra cui spiccavano il filosofo Marsilio Ficino, i letterati Agnolo Poliziano e Pico della Mirandola e il grande artista Leon Battista Alberti. La filosofia di Platone tornò in auge nel Rinascimento, grazie agli studi e alle traduzioni di testi greci antichi. Il Neoplatonismo cercò di fondere la filosofia di Platone al Cristianesimo: secondo questa nuova concezione l’uomo può scegliere Dio o la materia e l’elevazione spirituale si basa sul concetto di amore, bellezza ideale e armonia. Botticelli tradusse quindi in pittura le idee del circolo neoplatonico, arrivando a dei risultati di estrema raffinatezza e sensibilità. Tra i capolavori di maggior rilievo ci sono certamente La Nascita di Venere (1484 circa) e La Primavera (1482 circa), tra i dipinti rinascimentali più amati e conosciuti al mondo. Queste magnifiche opere sono permeate di significati misteriosi non ancora completamente decifrati. In questa sala, però bisogna soffermarsi almeno su un’ altra opera importantissima: lo splendido Trittico Portinari (1477-1478 circa) di Hugo van der Goes, celebre artista fiammingo. Quest’opera arrivò a Firenze nel 1483 ed esercitò una grande influenza sui pittori fiorentini e sullo stesso Botticelli. I fiamminghi usavano già da tempo la tecnica ad olio che permetteva una precisione e una morbidezza incredibili, più difficili da rendere con la tempera.

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La Nascita di Venere di Botticelli Nel corso dei secoli questo dipinto è diventato una delle icone della cultura italiana universalmente conosciuto. Anche grazie a questo, un particolare della Nascita di Venere (il volto della dea) è utilizzato nella moneta Euro italiana del valore di dieci centesimi. Contrariamente al titolo con cui l'opera è nota, essa non raffigura la nascita della dea, ma il suo approdo sull'isola di Cipro. Venere avanza leggera fluttuando su una conchiglia lungo la superficie del mare increspata dalle onde, in tutta la sua grazia e ineguagliabile bellezza, nuda e distante come una splendida statua antica. Viene sospinta e riscaldata dal soffio di Zefiro, il vento fecondatore, abbracciato a un personaggio femminile con cui simboleggia la fisicità dell'atto d'amore, che muove Venere col vento della passione. Forse la figura femminile è la ninfa Clori, forse il vento Aura o Bora. Sulla riva una fanciulla, una delle Ore che presiede al mutare delle stagioni, in particolare la Primavera, porge alla dea un magnifico manto rosa ricamato di fiori (mirti, primule e rose) per proteggerla. Essa rappresenta la casta ancella di Venere ed ha un vestito setoso riccamente decorato con fiori e ghirlande di rose e fiordalisi, i fiori che la dea Flora trovò vicino al corpo dell'amato Cyanus. La posa della dea, con l'equilibrato bilanciamento del "contrapposto", deriva dal modello classico della Venus pudica (cioè che si copre con le braccia il seno e il basso ventre) e Anadiomene (cioè "emergente" o nascente dalla spuma marina), di cui i Medici possedevano una statua classica fin dal 1375 citata da Benvenuto Rambaldi (non si tratta però della celebre Venere de' Medici, giunta in città solo nel 1677). Il volto pare che si ispirasse alle fattezze di Simonetta Vespucci, la donna dalla breve esistenza (morì a soli 23 anni) e dalla bellezza "senza paragoni" cantata da artisti e da poeti fiorentini.

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La Primavera di Botticelli Questa celebre e amata opera del grande Botticelli fu dipinta per Lorenzo di Pierfrancesco dei Medici, appartenente al ramo cadetto della potente famiglia fiorentina e cugino di Lorenzo il Magnifico. I critici sono discordi sulla datazione. In ogni modo è stata sicuramente dipinta tra il 1477 e il 1482. L’opera è densa di significati allegorici di difficile e incerta interpretazione. Tra le ipotesi più accredidate c’è quella dell’interpretazione del regno di Venere, cantato dai poeti antichi e da Poliziano (famoso letterato alla corte dei Medici). A destra Zefiro (dal viso bluastro) insegue Flora e la feconda con un soffio. Flora si trasforma allora nella Primavera, che sparge i fiori sul mondo. Venere, al centro, rappresenta l’Humanitas (cioè la benevolenza) che protegge gli uomini. A sinistra le tre Grazie danzano e Mercurio dissipa le nubi. Da un punto di vista pittorico la Primavera è un’opera raffinatissima. I

dettagli naturalistici del prato (si contano centinaia di tipi di fiori), l’uso sapiente del colore, l’eleganza delle figure, la poesia dell’insieme, hanno reso giustamente celebre quest’importante ed affascinante opera. A parte le varie interpretazioni possibili e proposte dai vari studiosi, rimane sicuramente il

significato umanistico dell’opera: Venere si identifica con l’Humanitas che separa i sensi e gli amori materiali (a destra) dai valori spirituali (a sinistra). Per “Humanitas” si deve intendere quella particolare concezione che promuove l’ideale di un’umanità positiva, fiduciosa nelle proprie capacità, e sensibile ai bisogni degli altri. Tale concezione di origine antica venne fatta propria dagli umanisti rinascimentali e dal circolo neoplatonico che gravitava intorno alla corte dei Medici. Il Neoplatonismo fu una corrente filosofica ed estetica che si rifaceva al filosofo greco Platone cercando una fusione con i concetti più nobili del cristianesimo. La concezione del bello e dell’amore ideale ed assoluto tipica del Neoplatonismo influenzò molto la cultura del tempo e lo stesso Botticelli. Si può quindi immaginare che dietro l’interpretazione filosofica del dipinto si possa leggere anche una sorta di apologia dei Medici e del loro sofisticato, lungimirante e profondo amore per la cultura e l’arte.

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SALA 15 La sala è famosa perché espone le opere giovanili del grande Leonardo da Vinci, prima che si trasferisse a Milano nel 1482 alla corte del Duca Ludovico il Moro. L’artista inizia il suo apprendistato nella bottega del Verrocchio. Proprio in questa sala troviamo un’opera risalente a questo periodo: il Battesimo di Cristo (1470-1475 circa). Eseguito in gran parte dal maestro Verrocchio, il giovane Leonardo dipinse sicuramente la testa dell’angelo di sinistra e parte del paesaggio. In queste parti, infatti, si nota una differenza stilistica rispetto al resto

del dipinto che fanno pensare a un intervento esterno. E’ soprattutto il paesaggio sfumato sulla sinistra a ricordarci lo stile di Leonardo, a quei tempi poco più che ventenne.Lo stile dell’artista si nota ancor più nella Annunciazione (1472 circa), in cui la sua attenzione scientifica verso i fenomeni naturali si esprime nella descrizione dettagliata delle ali dell’angelo, oppure nel paesaggio retrostante. Altra opera interessantissima è l’Adorazione dei Magi (1481) che, sebbene incompiuta, ci fa ben riflettere sulla tecnica disegnativa di

Leonardo: il maestro preparava innanzitutto un disegno accurato, usando però il meno possibile linee nette per i contorni. Questo contrastava con la posizione allora dominante a Firenze del predominio della linea di contorno, come confine preciso dell'oggetto rappresentato: come si sa, infatti, Leonardo preferiva usare contorni sfumati, suggerendo una certa continuità tra gli oggetti e lo spazio che li circonda

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Nella stessa sala, oltre alle opere di Leonardo, si trovano anche lavori di altri importanti maestri attivi tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo: Perugino (la Pietà, del 1493-1494), Luca Signorelli, Lorenzo di Credi e Piero di Cosimo.

Crocifissione di Luca Signorelli e Perugino

La scena mostra il Cristo sulla croce, nel centro, che si staglia sul cielo azzurrino. Alla base della croce si trovano una serie di personaggi: da sinistra san Girolamo, san Francesco, Maria Maddalena, il beato Giovanni Colombini e san Giovanni Battista, La scena è caratterizzata da un chiaroscuro piuttosto incisivo, con una luce forte, quasi tagliente, che genera lunghe ombre sul pavimento. Il paesaggio è caratterizzato una serie di monti e colli punteggiati da esili alberi.

Pietà di Pietro Perugino

La scena si svolge sotto un portico con archi a tutto sesto. L'architettura è solenne ma semplice e dirige lo sguardo dello spettatore verso il paesaggio retrostante. Il corpo morto di Cristo si staglia chiarissimo e irrigidito in tutta la lunghezza della pala, retto a sinistra da Giovanni evangelista e a destra da Maria Maddalena. Chiudono ai lati un santo giovane con le mani giunte al petto e lo sguardo rivolto in alto (Nicodemo) e un santo anziano con le braccia distese, le mani intrecciate e lo sguardo rivolto in basso (Giuseppe d'Arimatea).

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SALA 32

Questa sala contiene le opere di Michelangelo e altri artisti detti Fiorentini. Nella sala campeggia, proprio di fronte all'ingresso, il Tondo Doni, probabilmente uno dei più famosi dipinti della galleria ed opera del giovane Michelangelo. Sulle altre pareti vi sono opere di Frà Bartolomeo e Mariotto Albertinelli appartenenti alla cosiddetta Scuola di San Marco, interpreti di un‘arte religiosa molto devota, sulla scia degli insegnamenti di Girolamo Savonarola.

Tondo Doni di Michelangelo Questo tondo, rappresentante una Sacra Famiglia, è l’unico dipinto su tavola che conosciamo di Michelangelo. Il nome "Tondo Doni" deriva dal fatto che gli fu probabilmente commissionato da quell’Agnolo Doni che, in quegli anni, si era fatto ritrarre da Raffaello. Il quadro ha una forma circolare che influenza in maniera determinante la composizione della

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scena. La Madonna, in primo piano, è la vera protagonista della scena. Ha le ginocchia rivolte verso destra, mentre il busto la testa e le braccia ruotano verso sinistra. In pratica ha una forma così plastica che sembra quasi trasformare il cerchio del quadro in una sferaLa Madonna ruota il busto per prendere il Bambino che San Giuseppe le passa da dietro. Il gruppo ha quindi una complessità di pose e di atteggiamenti che sembra più la rappresentazione di una scultura che di un gruppo reale di persone. Sullo sfondo una serie di persone nude rappresentano il mondo classico. Il significato di questa immagine va letto in questo modo: Gesù, grazie alla Madonna e San Giuseppe, scavalca il muro che simbolicamente rappresenta il confine tra il mondo antico e la nuova età segnata dalla sua venuta nel mondo. Da notare che Michelangelo non ignora la pittura di Leonardo, infatti le figure sullo sfondo sono trattate in maniera sfumata per dare in questo modo la sensazione di una maggiore lontananza rispetto alle figure in primo piano. Spiccano la straordinaria gamma cromatica che fu fonte di ispirazione per la successiva pittura manierista, e i moti delle figure sia in primo piano che dei nudi sullo sfondo sono caratterizzati da uno stile scultoreo, proprio dell'autore e che tanto seguito ebbe negli anni a venire.

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SALA 66 La sala 66 degli Uffizi è interamente dedicata all'artista rinascimentale Raffaello. Questo giunge a Firenze nel 1504 e vi rimane fine al 1508. In questo periodo dipingerà opere splendide come la Madonna del cardellino (1505-1506 circa), qui esposta. E’ evidente l’influenza leonardesca nel paesaggio e nella composizione piramidale della figure, ma allo stesso tempo emergono alcune caratteristiche dello stile personale di Raffaello: l’estrema dolcezza dei gesti, la bellezza dei volti femminili, un grande serenità. Sempre di Raffaello troviamo anche un famoso Autoritratto (1506 circa) e il ritratto del papa, figlio di Lorenzo il Magnifico, Leone X con i cardinali Giulio de’ Medici e Luigi de’ Rossi (1518).

Madonna del cardellino L’influenza del grande Leonardo, è evidente nella stupenda Madonna del cardellino (1506), recentemente restaurata (2008) in maniera sapiente. Raffaello riprende l’impostazione piramidale delle figure, gli effetti di luce morbida e il dialogo affettivo tra i personaggi che erano tutti elementi tipici della pittura di Leonardo. Nonostante ciò sono evidenti allo stesso tempo quelle che saranno le caratteristiche proprie del grande artista di Urbino: l’estrema dolcezza dei visi, soprattutto delle Madonne, l’uso magistrale del colore, la resa naturalistica del paesaggio e la profonda intimità tra le figure. Durante il suo soggiorno fiorentino, Raffaello dipingerà altre celebri opere, ma è la Madonna del cardellino a rappresentare più di tutte l’estetica del grande artista. L’opera venne gravemente danneggiata alla fine del Cinquecento a causa del crollo del palazzo in cui era conservata. Subì dei gravissimi danni: presentava dei profondi squarci che l’avevano fortemente deturpata.

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Alcuni restauri si succedettero nel corso dei secoli ma è stato solamente l’ultimo (compiutosi nel 2008) ad aver restituito l’opera al suo originale splendore. La Madonna del Cardellino è tornata quindi ad essere amata ed ammirata quale uno dei più dolci esempi della pittura del “divino” Raffaello.

Autoritratto

Come tipico degli autoritratti, il soggetto guarda direttamente negli occhi dello spettatore, però è originale la torsione del busto. La figura è infatti colta mentre, girata di lato, ruota il viso con un notevole effetto dinamico. Il vestito è scuro, così come la berretta: un abbigliamento che si ritrova nei ritratti di molti pittori dell'epoca, comequello del Perugino e quello di Lorenzo di Credi. Il restauro ha rivelato gli effetti luminosi che esaltano la volumetria del viso, con una stesura cromatica fluida e una notevole morbidezza dell'incarnato, prima illeggibile. In quell'occasione le analisi scientifiche hanno anche evidenziato il disegno sottostante,

estremamente curato e rivelante tecniche tipiche di chi esegue un autoritratto. I capelli sono lunghi, come in altre effigi dell'artista, il volto ovale, giovane e fresco, con un'espressione seria e composta, che si staglia sulla macchia scura dei capelli e sullo sfondo altrettanto scuro, di colore bruno. Gli occhi sono laconici, le sopracciglia sottili, il naso longilineo e leggermente all'insù, le labbra carnose, il mento con fossetta.

Ritratto di Leone X con i cardinali Giulio de' Medici e Luigi de' Rossi Con questo ritratto ufficiale, Raffaello proseguì nell'opera di rinnovo della tradizione già avviata con il Ritratto di Giulio II. Il papa, vestito col camauro, la mozzetta e una veste di velluto bordata di pelliccia e riccamente decorata, è infatti seduto a un tavolo coperto da un drappo rosso sulla sedia camerale sul cui pomello si vede un riflesso della finestra e della stanza. La composizione si svolge in diagonale, anziché di profilo o frontalmente come di solito, e il papa non è ritratto in maniera impostata, ma intento alla lettura, appena sospesa, di un prezioso

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manoscritto miniato (un libro d'ore), lente d'ingrandimento alla mano, vicino a una campanella riccamente ornata a casello, usata per chiamare i servitori e i cortigiani. Gli oggetti sul tavolo alludono senza dubbio ai gusti raffinati del Papa mecenate. Pochi accenni spaziali mostrano un pilastro della stanza, con cornici spezzate. Dietro di lui stanno due cardinali cugini, Giulio de' Medici (futuro Clemente VII, a sinistra) e Luigi de' Rossi (a destra), in assenza di azione che accentua il carattere "storico" della rappresentazione. Queste due figure, aggiunte in un secondo momento (come testimonia l'assenza di disegno sottostante), sono solitamente riferite a un aiuto di bottega, magari Giulio Romano: il ritratto acquisì quindi poco dopo anche il valore di esaltazione dinastica. Essi dimostrano una notevole familiarità, col gesto del cardinal de' Rossi che poggia le mani sullo schienale della sedia e guarda direttamente lo spettatore, come se ne percepisse la presenza; gli altri sguardi invece divergono, quasi ad amplificare lo spazio su molteplici direttrici. Il ritratto del papa è altamente individuato nella fisionomia, come il volto tondo e dal mento gonfio, il naso grande e arcuato, lo sguardo intenso, rivolto a un punto indefinito nella stanza, i solchi ai lati della bocca, sulla fronte le leggere occhiaie, oltre alla leggera ricrescita della barba. Il punto di vista è leggermente rialzato e il taglio del tavolo dai bordi del dipinto creano un effetto particolarmente innovativo, che evidenzia le direttrici diagonali: l'effetto è quello di uno spazio aperto che prosegue in tutte le direzioni, coinvolgendo al massimo lo spettatore che si trova vivamente partecipe alla scena. I colori si basano su una stupenda "sinfonia dei rossi", dal purpureo del copricapo di velluto, alle sete cardinalizie dai toni accesi, fino allo scarlatto del drappo lanoso sul tavolo e alla tinta sanguigna delle frange e della stoffa sulla sedia. L'atmosfera pacata ma allusiva al potere papale e allo splendore della sua corte e l'armonia dell'intera composizione fanno di questo dipinto una delle opere più significative e ammirate degli ultimi anni dell'artista.

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SALA 90 Le ultime sale del museo, che si trovano a piano terra, lato est, sono dedicate alle opere di Michelangelo Merisi (Caravaggio), dei suoi seguaci e di Guido Reni. Istituite nel 1993 e poi riallestite in altre sale più a nord negli anni duemila. In particolare la vecchia sala 81 è stata reinstallata come l’attuale sala 90. Sono qui esposti tre capolavori di Michelangelo Merisi, noto come Il Caravaggio, morto tragicamente a 39 anni nel 1610. Nato a Milano, lavorerà soprattutto a Roma, Napoli, Malta e Sicilia. La sua formazione sarà influenzata soprattutto dalla pittura veneta e da quella lombarda: dalla prima imparerà l’uso del colore caldo e atmosferico, dalla seconda prenderà il forte realismo e la predilezione per i soggetti popolari e umili.

Scudo con testa di Medusa di Caravaggio

La "rotella" dipinta da Caravaggio è un saggio stimabile delle capacità ottiche del pittore, che riesce ad annullare gli effetti della convessità del supporto. La luce, proveniente dall'alto, proietta l'ombra della testa sul fondo verde dello scudo. L'osservatore ha dunque l'impressione che l'ombra venga proiettata su di un fondo concavo e quindi che la testa vi fluttui sopra. Il volto della Medusa è colto nel momento dell'urlo, scaturito dall'improvviso taglio della testa dalla cui base sgorga un fiotto di sangue. Gli

occhi spalancati ed allucinati, la tensione del corrugamento della fronte, la bocca spalancata che mostra i denti e il fondo oscuro dell'interno, sono esaltati dalla luce calda e improvvisa. La luce evidenzia anche l'orrore prodotto dalla capigliatura di serpi.

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Bacco di Caravaggio In quest’opera, Bacco non è più rappresentato in maniera idealizzata come in passato. Al contrario potrebbe somigliare a un ragazzo del popolo, a uno di quei personaggi che frequentavano le taverne e i postriboli che lo stesso artista frequentava. Perciò l’interesse dell’artista è infatti quello di sottolineare l’umanità dei personaggi. Caravaggio riporta l’uomo al centro dell’attenzione, con le sue imperfezioni e i limiti della sua stessa natura mortale. Bacco è ritratto seduto su una sorta di triclinio e regge una coppa di vino con la mano sinistra che sta offrendo allo spettatore.

Sacrificio di Isacco di Caravaggio

È una delle rare tele di Caravaggio in cui sia presente un paesaggio sullo sfondo. Il paesaggio campestre sullo sfondo, probabilmente raffigurante uno scenario tipico della campagna romana, contribuisce a conferire una maggiore "luminosità" al dipinto. Privo del forte luminismo, cioè dei forti contrasti chiaroscurali, che ritroviamo, invece, nei dipinti successivi. I

personaggi sono disposti sulla tela secondo un consueto impianto piramidale, il cui vertice è costituito dalla testa di Abramo. il dramma dell'evento è concentrato nell'espressione disperata e sorpresa della vittima, cioè Isacco, la cui adolescenza è brutalmente sconvolta dal padre Abramo, deciso a sacrificare il proprio figlio per obbedire alla volontà di Dio. Il volto severo di Abramo si contrappone all'umanissimo volto dell'angelo, che deve ricorrere ad un gesto risoluto per fermare la mano omicida: con la destra blocca in una stretta il polso di Abramo, con la sinistra indica il vero destinatario del sacrificio, cioè l'ariete.

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Simbologia delle piante Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Tradizione

Ad alcuni alberi, arbusti, erbe, e fiori, sono tradizionalmente associati dei significati che furono oggetto di studio per molti. Il mondo dell'antichità classica non è affatto estraneo a questi temi, per la verità assai ricorrenti nella letteratura greca e latina, in quella occidentale come pure in quella orientale, nonché nelle sacre scritture.

[1] Alcuni autori che ne parlarono

sono Macrobio, Orazio, Ovidio, Plinio, Teofrasto, Virgilio, e molti altri ancora.

Dante Alighieri (Sandro Botticelli)

Simbolismo associato ad alcune piante Di alcune piante in particolare è ben noto il simbolismo che adombrano:

Abete

L'abete non è sempre stato "L'albero di Natale"; a questo scopo venne utilizzato per la prima volta a Strasburgo nel 1605. Nei secoli precedenti era posto in relazione alla longevità ma col passare del tempo cominciò ad esser visto come simbolo di gioia e di coesione familiare. Come tutte le conifere, esso rievoca la resurrezione di Cristo.

Acacia

Qualità come la forza e il vigore vengono attribuiti all'acacia per via del legno di robusta fattura.

Agrifoglio

Grazie ai suoi due colori, verde delle foglie e rosso delle bacche, l'agrifoglio ha due distinti significati. I significati che si riferiscono al verde della pianta riguardano infatti

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la speranza e l'eternità mentre quegli riguardanti il colore rosso rappresentano il rosso del sangue e la voglia di combattere. Tradizionale è il suo impiego durante le feste di Natale, poiché è rappresentante di gioia e prosperità.

Alloro

(Laurus nobilis): Moltissimi sono stati e sono tutt'oggi i momenti in cui viene utilizzata questa pianta tanto potente da richiamare alla memoria persino i fasti delle antiche civiltà. Infatti l'alloro è una pianta usata fin dagli albori dei tempi per scopi aulici e solenni ed è così che il suo significato si è caricato di così tanta potenza da farla trasformare in una sorta di pianta-mito.

Ad esempio gli oracoli masticavano delle foglie di alloro pensando che queste inducessero ad avere delle visioni. Con il passare del tempo all'alloro si associò un unico e grande significato: la gloria. Alcuni dei grandi uomini del passato sono raffigurati con in testa la corona di alloro e tra loro compaiono personaggi storici come Caio Giulio Cesare, Dante Alighieri e Francesco Petrarca (allusione all'incoronazione poetica)

Bambù

(Bambuseae): Nella cultura occidentale quello del bambù è un simbolo poco diffuso ma in Asia la sua è una simbologia positiva che rappresenta la forza virile. In particolare in Cina fa parte, insieme al pino e al pruno della Triade della longevità.[3][4]

Cedro

Pianta dai lunghi rami e dall'alto fusto il cedro rievoca concetti come elevazione spirituale e immortalità. Dalla Bibbia apprendiamo che la costruzione del tempio venne eseguita servendosi del legno di Cedro. [5] Celebre è la bandiera del Libano che raffigura un cedro su sfondo bianco con strisce rosse orizzontali e parallele.

Cipresso

(Cupressus Semprevirens): Questo albero, onnipresente nei luoghi di sepoltura, viene associato alla vita spirituale e all'immortalità. Alcuni popoli orientali come i Giapponesi e i Cinese si riferiscono ad esso con l'epiteto "albero della vita".[6] La pianta compare pure nei versi biblici che narrano la costruzione dell'Arca di Noè; per adempiere al compito affidatogli da Dio il patriarca decise di impiegare proprio il legno d'acacia.

"Fatti un'arca di legno di cipresso; dividerai l'arca in scompartimenti e la spalmerai di bitume dentro e fuori." Genesi 6,14

Crisantemo

A causa del suo utilizzo nei cimiteri, il crisantemo ha, nell'immaginario collettivo occidentale, una connotazione negativa mentre in Giappone è investito da un valore sacro e rappresenta la longevità e l'eternità.

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Dattero

Il dattero è un frutto molto importante e valorizzato nel mondo arabo poiché è citato nel Corano e suo è il simbolo della dolcezza.

Edera

L'edera in tempi antichi era associata a Dioniso poiché nella mitologia questa salvò la vita al dio del vino. Grazie ad aver salvato Dioniso questa pianta conserva ancora oggi dei significati positivi ma quello più importante nella nostra epoca è il significato negativo. Infatti, a causa della sua natura, del suo aggrapparsi con grande tenacia, essa incarna le forze oscure e l'influenza dei demoni sulle forze del bene.

Erba

Tutt'oggi le tribù africane vedono nell'erba alta della savana la capigliatura della terra. In generale il suo è il significato dell'energia vitale.

Fico

È uno degli alberi citati nelle sacre scritture[7] Ad esso si associa pure il significato di fertilità tanto che per alcune credenze mangiare la polpa del frutto da lui prodotto, aumenta la fertilità.Nell'antica Grecia il fico veniva associato alla dèa Atena.

Frassino

Il frassino viene definito come "asse del mondo" probabilmente perché nelle antiche culture nord-europee questo albero veniva associato al mito della creazione del mondo. In epoca moderna il suo uso è ormai diventato famoso perché si pensa che un paletto ricavato dal suo legno sia l'unica soluzione per uccidere un vampiro.

Garofano

Emblema dei monarchi francesi, il garofano è oggi simbolo di gloria, potere e onore, ma anche del movimento dei lavoratori.

Gelso

Per via di una credenza popolare, nata in Inghilterra, il gelso è oggi chiamato anche "albero del diavolo". Si narra infatti che Satana stesso sia caduto da un albero di gelso e che questo fatto sia avvenuto un 11 ottobre di un anno sconosciuto. Per questo infatti, durante l'11 ottobre nessuno coglie mai le more del gelso.

Ghirlanda

Era uno strumento assai diffuso ed adoperato in diverse situazioni; per comunicare un dato messaggio, una condizione (regale, sacerdotale, di purezza, ecc,), per rendere omaggi alle divinità, per scongiurare un evento nefasto, per veicolare presunte influenze soprannaturali. Moltissime piante possono ascriversi al novero di quelle impiegate nella realizzazione di questi oggetti; su tutte citiamo il Lauro ed il grano. Il primo era simbolo di vittoria, attestava il potere degli imperatori ed in generale degli uomini di elevato profilo spirituale ed intellettuale, che in virtù del legame della pianta col dio Apollo testimoniava la vicinanza dei poeti alle muse e

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per estensione alle sfere celesti. Il secondo adornava il capo della dea Cerere ed assumeva un significato particolare nel culto misterico di Eleusi. Ormai usata come ornamento per le feste natalizie, questa pianta era sia nel mondo romano sia in quello indiano molto importante. Per questi due popoli infatti esse aveva rispettivamente valore di gioia e di unione spirituale.

Giglio

Frequentissimo nell'araldica, il giglio ha altri significati oltre a quello della regalità. Per la sua forma e per il suo pistillo in erezione questo fiore è infatti simbolo erotico e fallico. Mentre per il suo colore bianco evoca purezza.

Girasole

Già dal suo nome si intuisce quello che evoca questa pianta, ovvero il sole. La forma del suo grande fiore, così come il suo colore, rievocano il sole ma anche il suo essere sempre rivolto in direzione di questa stella fanno sì che questa pianta venga posta come l'emblema della vitalità, dell'energia e dell'amore.

Grano

Il grano è per antonomasia il simbolo del ciclo delle rinascite. Il cereale che resta sotto terra ricorda appunto il feto nel grembo materno. Inoltre il grano era associato al denaro grazie al simbolo di opulenza che esercitava ed esercita.

Mandorlo

Il mandorlo è il simbolo della rinascita e della speranza grazie al suo immediato fiorire con l'arrivo della primavera. Il suo frutto, la mandorla è invece simbolo di mistero, di una verità che può essere raggiunta solo attraverso un grande sforzo o una prova da superare(la rottura del guscio). La mandorla è anche associata alla conoscenza.

Melo

Adamo ed Eva (Hans Baldung Grien)

(Malus domestica): Senza alcun dubbio il suo frutto, la mela è il più carico dal punto di vista simbolico. Associato al mito biblico di Adamo ed Eva, la mela incarna il desiderio, il divieto e con questo diviene subito anche simbolo della conoscenza. Curiosità, mistero e desiderio di scoprire sono infatti significati che si ricollegano alla conoscenza.[8]

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Bibliografia

Corinne Morel, Dizionario dei simboli, dei miti e delle credenze, Giunti, ISBN 978-88-09-04071-7.

Paolo Cultrera, Flora biblica, ovvero spiegazione delle piante menzionate nella sacra scrittura.

Raimondo Lullo, De' secreti di natura, o della quinta essentia. Libri due, In vinegia per Gioambattista & Marchio Sessa fratelli, 1557.

Alberto Magno, De cose minerali, & metalliche. Libri cinque, In vinegia per Gioambattista & Marchio Sessa fratelli, 1557.

Giuseppe Donzelli, Tommaso Donzelli, e Giovanni G. Roggeri, Teatro farmaceutico, dogmatico e spagirico, A. Bortoli, 1704.

Il linguaggio dei fiori

Linguaggio dei fiori Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Fiore Significato

Malvarosa (Alcea rosea) Ambizione

Semprevivo Economia domestica

Edera (Hedera helix) Dipendenza

Erica Solitudine

Lavanda Sfiducia

Limone, fiore (Citrus × limon) Discrezione

Lattuga (Lactuca sativa) Cuore di ghiaccio

Lichene Solitudine

Lillà (Syringa vulgaris) Fastidioso

Giglio (Lilium) Bianco Purezza

Scarlatto Aspirazioni di nobil animo

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Tiglio Amore coniugale

Lobelia Malevolenza

Amaranthus caudatus Disperazione

magnolia Amore della natura

Calendula Dolore e tristezza

Maggiociondolo Benvenuto

Mignonette Valore

Menta Sospetto

Rosa muscosa Confessione d'amore

Verbascum Buona natura

Nasturzio Patriottismo

Quercia foglia Forza

Avena Musica

Olivo Pace

Orchidea Totale dedizione

Margherita Pazienza

Pera fiore Amicizia durevole

Papavero (bianco) Sogni

Rosa

Rosso Passione

Blu Mistero

Bianco Purezza, silenzio o innocenza,

reverenza e umiltà

Nero Morte, odio, addio

Giallo Gelosia, amore morente,

infedeltà, vergogna

Rosa Amicizia, grazia

Rosa scuro Gratitudine

Rosa chiaro Ammirazione, simpatia

Borgogna Bellezza

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Rosa

Corallo o Arancione Desiderio, passione

Lavanda (viola) Amore a prima vista

Rosso-Bianco Unità

Rosso-Giallo Gioia, felicità ed eccitamento

Rosmarino Ricordo

Ruta Rimpianto

Sensitive Plant Sensibilità

Bucaneve Consolazione o speranza

Stella di Betlemme Riconciliazione

Paglia Uniti

Girasole False ricchezze

Rosa Balsamina Semplicità/ Ferire per curare

Stramonio Camuffamento

Timo Parsimonia

Liriodendro Celebrità

Tulipano

Rosso Dichiarazione d'amore

Giallo Amore disperato

Viola

Blu Fedeltà

Bianco Modestia

Semi Alati (qualsiasi tipo) Messaggeri

Veccia Mi stringo a te

Viburno

Un attestato (dei propri sentimenti

o della propria stima)