Guida al Counseling

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Sintetico manuale sul Cousnseling

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Pietro Spagnulo

GUIDA AL COUNSELING

I fondamenti tecnici della relazione d’aiuto

Ecomind

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Pietro Spagnulo

Guida al counseling

I fondamenti tecnici della relazione d’aiuto

Copyright © 2006 Ecomind Srl

Via Principessa Sichelgaita 48, Salerno

ISBN 88-87795-26-6

Grafi ca e impaginazione

Federica Marano

Proprietà letteraria riservata.

È vietata la riproduzione (anche parziale) con qualsiasi mezzo.

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Sommario

Introduzione 7

1. Che cos’è il counseling 112. I tre passi del counseling 15

PASSO 1STABILIRE GLI OBIETTIVI E INDIVIDUARE GLI OSTACOLI3. Dal disagio agli obiettivi 21I problemi emotivi 234. Obiettivi ben formati 25Obiettivi positivi 25Obiettivi specifi cati e verifi cabili 29Obiettivi perseguibili direttamente 315. Individuare gli ostacoli 37Defi nire gli ostacoli 38

Completare 38Specifi care 39Esplicitare 41

6. L’analisi ABC 43Gli antecedenti 45L’evento problematico 45Le conseguenze 46Individuare i pensieri e le convinzioni 46

Individuare i pensieri automatici 47Individuare le convinzioni 48

7. Lavorare in gruppo 51Le famiglie ed i gruppi come sistemi 52Stabilire degli obiettivi condivisi ed educareal Problem Solving 53

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Favorire una comunicazione più costruttiva 54Esprimere sentimenti positivi 54Esprimere critiche costruttive 55Esprimere richieste positive 56Ascolto attivo 56

PASSO 2ORIENTARSI ALLE RISORSE8. Cosa sono le risorse 619. Problem Solving 65Educare al Problem Solving 66Training di Problem Solving 68

Preliminari 69I fase: identifi cazione dell’obiettivo e defi nizione del problema 71II fase: Il Brain Storming 72III fase: valutare vantaggi e svantaggi di ciascuna soluzione 73IV fase: scegliere la soluzione 74V fase: fare un piano 74VI fase: attuazione del piano e verifi ca 75

Educazione integrata e fl essibile al Problem Solving 78Problem solving emotivo 7910. Lavorare con le cognizioni e le emozioni 81Agire su A 82Agire su B 82Ristrutturare le convinzioni inadeguate 83Agire su C 86

PASSO 3VERIFICARE11. Riconoscere ed osservare il feedback 9112. Verifi ca degli obiettivi 9513. Valutare i progressi 9714. Modifi care o cambiare gli obiettivi 99

Appendice I 103Bibliografi a 109

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Introduzione

Il counseling si sta affermando in tutto il mondo come approccio autonomo e dotato di un proprio modello di intervento.

Scopo di questa guida è di fornire i fondamenti tecnici per ope-rare professionalmente nel mondo del counseling.

I principi teorici e gli strumenti tecnici qui presentati sono esposti in modo pragmatico (orientati agli obiettivi), sono basati sull’evidenza (adottando come base teorica i principi delle scienze cognitive e comportamentali) e sono operazionali (cosa fare, quan-do, e come).

L’attenzione di questo libro alle basi della formazione consen-tirà al lettore di appropriarsi di una semplice, salda e rigorosa gri-glia di strumenti di riferimento, e dunque di integrare in modo sicuro ed agevole le diverse esperienze formative e le altre letture sull’argomento.

In seguito apprenderemo dunque alcuni strumenti molto effi -caci e potenti per intervenire in modo professionale quando delle persone ci chiedono aiuto perché sono affl itte da problemi che so-vrastano la loro capacità di affrontarli.

Nessuna delle tecniche esposte, tuttavia, può essere, letteral-mente, utilizzata, se non si assume un atteggiamento di fondo che consente al counselor di lavorare con profondità ed attenzione.

Ho ritenuto opportuno riassumere brevemente alcune regole generali che sottendono tale atteggiamento di fondo. Dunque non si tratta di tecniche, ma di regole di base e, dunque, essenziali, per ascoltare, capire ed agire in modo veramente utile per il cliente e per ricavare soddisfazione professionale dal proprio lavoro.

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Rinunciare sistematicamente ad interpretare e a giudicare il comportamento degli altri

Nessun essere umano possiede la verità. Questa considerazione assolutamente ovvia, tanto ovvia da apparire retorica, è la regola numero uno del counseling e della relazione di aiuto.

La massima espressione di professionalità consiste infatti nel seguire questa regola, apparentemente semplice, con dedizione e costanza. Bisogna evitare sistematicamente di comportarsi come se si conoscesse la verità degli altri, e, a maggior ragione, bisogna assolutamente evitare di giudicarne il comportamento.

Essere consapevoli delle proprie emozioni

Lavorare nelle relazioni di aiuto è uno stimolo formidabile a pro-vare emozioni di ogni genere. Il rapporto con gli altri non può es-sere “freddo” per defi nizione. E non è neanche il caso che lo sia.

Non bisogna confondere un atteggiamento professionale con il disinteresse o la distanza emotiva. Inevitabilmente nel momento in cui si aiutano persone che hanno dei problemi, si viene coinvolti emotivamente. E’ essenziale dunque assumere nei confronti delle proprie emozioni un atteggiamento di accettazione e consapevo-lezza, invece che di rifi uto. Solo accettando le proprie emozioni ed acquisendone consapevolezza si può evitare di esserne trascinati.

Riconoscere ed osservare il feedback

La terza regola fondamentale di un atteggiamento di fondo pro-fessionale è l’attenzione al feedback. Il feedback è il ritorno del-l’informazione, cioè l’effetto che le parole ed i comportamenti del counselor hanno effettivamente nei suoi interlocutori. Immaginate di guidare un’automobile senza vedere né sentire. Anche se siete dei provetti piloti, vi ritrovereste presto fuori strada. Allo stesso modo, il counselor deve apprendere a sviluppare la massima at-

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INTRODUZIONE 9

tenzione agli effetti di quello che fa. Pensateci un momento: la verifi ca continua del nostro lavoro non risiede in ciò che pensiamo di ottenere, ma in ciò che effettivamente otteniamo!

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Che cos’è il counseling

Il counseling è un’attività professionale basata su interventi di co-municazione interpersonale, volta a facilitare (o ad aiutare per) il miglioramento della qualità della vita dell’utente per specifi ci pro-blemi in specifi ci ambiti sociali e istituzionali, quali: salute, lavoro, famiglia, scuola, carcere.

Questa defi nizione descrive gli obiettivi del counseling, i suoi mezzi di intervento e gli ambiti di intervento, identifi cando le dif-ferenze fondamentali con altri tipi di intervento nella relazione d’aiuto quali la psicoterapia (che ha per scopo il superamento di problemi e disturbi psicologici e mentali, indipendentemente dal-l’ambito istituzionale o sociale del problema), l’assistenza (che non si avvale solo di comunicazione interpersonale, ma implica anche la realizzazione di servizi che la persona non può effettuare da sola), la consulenza (che ha uno scopo circoscritto ad un quesito tecnico ben identifi cabile e strettamente collegato con le specifi che competenze professionali del consulente).

Il counseling è un’attività professionale molto radicata e dif-fusa nei paesi anglofoni. Solo negli ultimi anni si sta affermando anche in Europa sia come mentalità di approccio ai problemi, che come concreta ed effettiva risorsa sociale realizzata da specifi che fi gure professionali.

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Tuttavia, il ruolo del counselor, soprattutto in Italia, tarda a ricevere un pieno riconoscimento istituzionale con una pesante ri-caduta in termini di defi nizione di ruolo, obiettivi e mezzi.

È pertanto ancora frequente incontrare delle defi nizioni di counseling che mirano soprattutto a disegnare i suoi confi ni e per-tanto a sottolineare ciò che il counseling NON È: non è psicotera-pia, non è consulenza, non è assistenza, etc.

A questo riguardo risulta particolarmente importante la diffe-renza tra il counseling e la psicoterapia, anche perché l’esercizio dell’attività psicoterapeutica professionale è regolata da una legge dello stato che impone l’iscrizione ad un Albo degli psicoterapeu-ti.

Se la psicoterapia è orientata alla riorganizzazione del sistema cognitivo-emotivo di una persona o di un gruppo, al fi ne di supe-rare dei problemi psicologici o disturbi mentali, il counseling si oc-cupa invece di problemi specifi ci in specifi ci ambiti sociali e istitu-zionali che non implicano necessariamente la presenza di disturbi, ma quasi sempre collegati alla presenza di disagio psicologico.

Sebbene sia importante ed utile sottolineare i confi ni dell’inter-vento di counseling, e soprattutto distinguerlo dalla psicoterapia, è importante rilevare che la caratterizzazione del counseling in ne-gativo (ciò che il counseling non è), anche quando è ineccepibile, possiede lo svantaggio di interpretare il counseling in modo sot-trattivo, impoverendone il valore.

Infatti il counseling non è un’attività “ridotta”, o residuale, ma un’importantissima attività integrata che richiede competenze e abilità a vario livello, dalla psicologia dello sviluppo alla psico-logia clinica, dalla psicologia dell’apprendimento a quella sociale e transculturale, dall’antropologia alla giurisprudenza.

Si prenda in esame, ad esempio, il counseling nella mediazione familiare.

È essenziale che il counselor sappia conquistare la fi ducia di entrambi i membri della coppia, gestire confl itti e incomprensioni, favorire la negoziazione tra le parti, facilitare l’accesso alle risorse e la loro espressione, è importante che conosca il livello di sviluppo dei bambini coinvolti, le eventuali patologie implicate, le implica-

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zioni sociali, civili e penali delle azioni e delle scelte effettuate e future, le risorse istituzionali disponibili, etc. etc.

Da questo esempio è facile capire che, piuttosto che NON essere qualcosa, il counselor deve invece poter essere molte cose contemporaneamente ed in modo integrato per far fronte ad una specifi ca richiesta in uno specifi co ambito istituzionale.

Da qui è nata la necessità di formare i counselor ad un approc-cio pragmatico, empirico e positivo.

Ciononostante, alcuni operatori considerano questo tipo di interventi piuttosto superfi ciali e meccanicistici, in quanto non prenderebbero in considerazione la complessità dei signifi cati e dei sentimenti umani.

Questo non è vero. Un approccio pragmatico ed orientato alle soluzioni implica semplicemente la massima attenzione agli effetti degli interventi sul comportamento e sulla realtà. Nel senso che qualsiasi sia il modello teorico e la tecnica impiegata, l’operatore deve costantemente misurarne l’effi cacia reale.

La eventuale qualità meccanica e/o superfi ciale di un interven-to non dipende dagli aspetti pragmatici, ma da limiti del counselor o della relazione di counseling.

Questo libro è dedicato ai fondamenti tecnici del counseling, cioè a quelle abilità che possono essere comprese e apprese, e dà per scontate le qualità umane, e cioè la capacità di prestare at-tenzione all’altro, il rispetto dei suoi bisogni, l’empatia, il calore che fanno parte del bagaglio “aspecifi co” ed umano delle abilità di counseling. Eventuali carenze nelle abilità aspecifi che possono determinare signifi cativi limiti nell’intervento, indipendentemente dai modelli teorici adoperati.

Inoltre, vorrei sottolineare che l’enfasi qui attribuita alla men-talità pragmatica, empirica e positiva è ancor più giustifi cata se consideriamo la diffusa tendenza, poco professionale, a praticare una sorta di psicologismo interpretativo di maniera che consiste nell’utilizzare alcuni modelli teorici di psicoterapia o di sociologia per “spiegare” al cliente le “ragioni” del suo comportamento (tu fai così perché…). Questo modo di fare risulta, nel migliore dei casi, uno sfoggio di erudizione, ma è sempre inutile se non danno-

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so. A cosa serve al cliente, ad esempio, sentirsi dire che il proprio problema dipende da simbiosi, dipendenza, o da contraddizioni sociali, senza indicare alcuna strada su cui incamminarsi? Inoltre, anche ammettendo che tali interpretazioni siano assolutamente corrette, caso per caso, la loro astrattezza non consente al cliente di collegarle con la propria vita, cioè con gli specifi ci comporta-menti, pensieri ed emozioni che egli/ella compie e vive. Rimangono pertanto vuote intellettualizzazioni prive di forza trasformativa.

Scopo di questa guida è dunque di introdurre ai principi di un counseling effi cace, pragmatico, empirico, positivo e basato sulle conoscenze più avanzate delle scienze cognitive e comportamen-tali.

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I tre passi del counseling

Molti operatori in formazione rimangono un po’ perplessi, confusi ed a volte spaventati di fronte alla vastità delle conoscenze teoriche e tecniche disponibili. Una delle loro maggiori diffi coltà, che ho ri-scontrato tenendo corsi per counselor in giro in Italia, è il senso di paralisi che deriva dal conoscere molte cose, ma scarsamente inte-grate, e soprattutto senza modelli operazionali. Ciò dipende spesso da carenze formative nell’inquadramento generale dell’intervento e nell’insegnamento della pratica.

A cosa servirebbe ad un chirurgo conoscere perfettamente l’anatomia umana ed i nomi di tutti i ferri del mestiere, senza ave-re idea di come si incide la pelle e senza sapere dove ed a che scopo incidere? Allo stesso modo, ad un counselor non serve a nulla conoscere la teoria dei sistemi o la tecnica dell’ascolto attivo, senza sapere per quali scopi e a quali specifi ci compiti servano ed in quale sequenza vadano svolti.

Viceversa, ho avuto l’opportunità di sperimentare e di verifi ca-re che è proprio l’acquisizione di una solida griglia di riferimento degli obiettivi generali, degli scopi e dei compiti da svolgere, al cui interno inserire e sviluppare tecniche specifi che, a contribuire in modo determinante all’acquisizione di sicurezza e professionalità degli interventi, anche per i counselor alle prime armi.

È interessante notare, infatti, che la maggiore esperienza e pro-fessionalità di un counselor spesso non si misurano con l’espansio-

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ne a dismisura della complessità ed estensione delle teorie e tecni-che utilizzate, ma da quella riconoscibile e “misteriosa” capacità di “andare al sodo” con maggiore sicurezza ed effi cacia, senza per-dersi in rivoli marginali o strade senza uscita ed orientandosi con tranquillità in situazioni all’apparenza straordinariamente confuse e pressanti.

Scopo di questa guida è di partire proprio da qui: dalla capa-cità di inquadrare con sicurezza gli obiettivi generali, gli scopi ed i compiti della consultazione nella loro corretta sequenza, introdu-cendo così a mano a mano le tecniche da utilizzare.

La griglia dei compiti a cui faccio riferimento è stata qui sud-divisa in tre passi fondamentali. Ciascuno segue l’altro in una se-quenza obbligata, ma all’ultimo passo segue di nuovo il primo, costruendo così un processo circolare in cui si perfeziona costan-temente l’intervento.

Questo schema circolare è il risultato di una integrazione di più strumenti che derivano da un orientamento di fondo cognitivo-comportamentale e dalla teoria dei sistemi.

La preferenza data a questi modelli è strettamente legata alla intenzione di fornire delle indicazioni basilari di sicuro riferimento per una operatività concreta, chiaramente defi nibile ed effi cace. Inoltre, le basi teoriche di tali modelli consentono una facile in-tegrazione con strumenti di tipo diverso che potrebbero già far parte o che faranno eventualmente parte del repertorio tecnico del lettore.

Passiamo dunque ad elencare ed a descrivere brevemente i tre passi del counseling. Nel seguito del libro dedicheremo una parte a ciascuno di essi articolandoli e mostrandone gli aspetti opera-zionali (cosa fare e come farlo) e dunque introducendo le tecniche fondamentali.

1. Stabilire gli obiettivi ed individuare gli ostacoli

Chi è sopraffatto da un problema tende a percepire solo il disagio che questo gli procura, a concentrarsi su quello e ad interpretare la

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I TRE PASSI DEL COUNSELING 17

sua realtà in funzione delle emozioni che scaturiscono dal disagio. Così fi nisce con il perdere di vista i proprio bisogni più importanti e quindi l’attitudine a stabilire degli obiettivi personali. È essenzia-le riportare l’attenzione ai bisogni e agli obiettivi che si intendono raggiungere. Ciò consente di individuare gli ostacoli con maggiore chiarezza, realismo e con la giusta distanza emotiva. Inoltre, l’at-tenzione agli obiettivi consente di esplorare le possibili soluzioni in modo più creativo e libero.

Le domande chiave sono:

Cosa intendiamo raggiungere?Cosa ce lo impedisce?

2. Individuare ed utilizzare le risorse

Una volta stabiliti degli obiettivi, ed una volta individuati ostacoli e limiti, è inutile concentrarsi solo su questi ultimi. Ciò che chia-miamo “ostacoli”, è l’espressione di un certo stato dei fatti. Il com-pito del counseling è di favorire un cambiamento dello stato dei fatti. Se le cose continuano allo stesso modo, quegli stessi ostacoli saranno sempre presenti. Quindi bisogna inventarsi qualcosa di nuovo. Ciò signifi ca imparare a cogliere aspetti degli ostacoli che non erano stati presi in considerazione ed utilizzare delle nuove risorse oppure delle risorse che non erano utilizzate allo scopo.

Le domande chiave sono:

Quali sono gli aspetti superabili degli ostacoli?Cosa ci serve per farlo? Come possiamo accedervi?Come possiamo mettere insieme le risorse disponibili?

3. Verifi care

Il counseling è un percorso circolare. Se gli obiettivi vengono rag-giunti, è raggiunto anche l’obiettivo del counseling. Ma se gli obiet-tivi non sono raggiunti bisogna essere capaci di rimettere in discus-sione qualsiasi aspetto del proprio lavoro e di modifi care ciò che

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non funziona. Quando l’obiettivo non è raggiunto o è raggiunto solo in parte non è un fallimento, ma un apprendimento. Inoltre, non è infrequente l’osservazione che il lavoro di counseling possa modifi care gli obiettivi iniziali. Anche in questo caso, non c’è alcun fallimento, ma solo l’opportunità di chiarire che un certo obiettivo non era esattamente ciò di cui il cliente aveva bisogno e che questo può essere modifi cato, e modifi cato ancora, in una sorta di circolo virtuoso di costante perfezionamento del lavoro.

Le domande chiave sono:

Ci si sta avvicinando agli obiettivi?Cosa sta funzionando e cosa deve essere invece modifi cato?L’obiettivo iniziale è ancora valido? Come si è modifi cato?

VALUTAZIONE

(stabilire gli obiettivied individuare gli ostacoli):

Cosa intendiamo raggiungere?Cosa ce lo impedisce? INTERVENTO

(accedere alle risorse ed utilizzarle):Quali sono gli aspetti superabili degli

ostacoli? Cosa ci serve per farlo? Come pos-siamo accedervi? Come possiamo met-

tere insieme le risorse disponibili?

VERIFICA

(valutazione dei risultati, della funzionalità dei mezzi ed adeguatezza degli obiettivi):

Ci si sta avvicinando agli obiettivi? Cosa sta funzionando e cosa deve essere invece modifi -

cato? L’obiettivo iniziale è ancora valido? Come si è modifi cato?

Fig. 1I tre passi del counseling