Gruccioni di Maremma...Gruccioni di Maremma Ci eravamo già occupati di loro nelle precedenti...

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Gruccioni di Maremma Ci eravamo già occupati di loro nelle precedenti edizioni della nostra ricerca. Grazie ad Arturo Bartoletti, che ha messo a disposizione il suo terreno, stiamo studiando il comportamento di questi meravigliosi uccelli. Essendo migratori a lunga distanza, il loro arrivo nei quartieri di nidificazione è pressoché uguale di anno in anno. Il primo avvistamento del 2006 è stato fatto all’Osservatorio dell’Argentiera il 20 aprile, probabilmente erano di passo, perché dopo quella data, i siti di nidificazione che conosco nella zona non erano ancora stati occupati. I gruccioni di maremma sono arrivati il 2-3 maggio (segnalazioni di Moise Navarro da Monte Argentario e di Giovanni Baracca da Monte Bottigli). Anche a Principina (GR) sono arrivati il 2 maggio. I Gruccioni comproprietari del terreno di Bartolotti credo siano gli stessi dello scorso anno, anche se non sono in possesso della prova certa, (dovrei inanellarne qualcuno e ricatturarlo per avere questo dato). I dati che possiedo, per dimostrare questa teoria, oltre alla fedeltà al sito di nidificazione è il loro comportamento. Si posano sulle stesse piante, sugli stessi rami, sui soliti fili. Sembra che abbiano gerarchie e competenze specifiche, insomma un’organizzazione perfetta. Abbiamo osservato che quando alcuni componenti della colonia sono intenti a sistemare la loro città sotterranea altri (che abbiamo chiamato “sentinelle”) ci osservano con attenzione e se proviamo ad avvicinarci s’involano, segnalando in “gruccionese”, che un possibile pericolo si avvicina. Ricevuta la comunicazione, dal campo se ne involano altri, anche questi cantano, sembra quasi che ringrazino le sentinelle della collaborazione. Inoltre abbiamo visto durante le precedenti esperienze che questi uccelli utilizzano moltissimo la comunicazione vocale: durante la migrazione, nella caccia per

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Gruccioni di Maremma

Ci eravamo già occupati di loro nelle precedenti edizioni della nostra ricerca. Grazie ad Arturo

Bartoletti, che ha messo a disposizione il suo terreno, stiamo studiando il comportamento di questi

meravigliosi uccelli. Essendo migratori a lunga distanza, il loro arrivo nei quartieri di nidificazione

è pressoché uguale di anno in anno. Il primo avvistamento del 2006 è stato fatto all’Osservatorio

dell’Argentiera il 20 aprile, probabilmente erano di passo, perché dopo quella data, i siti di

nidificazione che conosco nella zona non erano ancora stati occupati. I gruccioni di maremma sono

arrivati il 2-3 maggio (segnalazioni di Moise Navarro da Monte Argentario e di Giovanni Baracca

da Monte Bottigli). Anche a Principina (GR) sono arrivati il 2 maggio.

I Gruccioni comproprietari del terreno di Bartolotti credo siano gli stessi dello scorso anno, anche se

non sono in possesso della prova certa, (dovrei inanellarne qualcuno e ricatturarlo per avere questo

dato). I dati che possiedo, per dimostrare questa teoria, oltre alla fedeltà al sito di nidificazione è il

loro comportamento. Si posano sulle stesse piante, sugli stessi rami, sui soliti fili. Sembra che

abbiano gerarchie e competenze specifiche, insomma un’organizzazione perfetta.

Abbiamo osservato che quando alcuni componenti della colonia sono intenti a sistemare la loro città

sotterranea altri (che abbiamo chiamato “sentinelle”) ci osservano con attenzione e se proviamo ad

avvicinarci s’involano, segnalando in “gruccionese”, che un possibile pericolo si avvicina. Ricevuta

la comunicazione, dal campo se ne involano altri, anche questi cantano, sembra quasi che ringrazino

le sentinelle della collaborazione. Inoltre abbiamo visto durante le precedenti esperienze che questi

uccelli utilizzano moltissimo la comunicazione vocale: durante la migrazione, nella caccia per

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segnalare la presenza d’ insetti, per segnalare un pericolo e durante le riunioni che fanno sul finire

dell’estate prima di partire. Arrivano cantando e se ne vanno cantando.

La curiosità ci spinge oltre. Non è stata ancora verificata l’architettura della città sotterranea, anche

se Bartoletti aveva suggerito di fare alcuni saggi nel terreno durante la stagione invernale. Abbiamo

desistito, un saggio al terreno avrebbe potuto danneggiare il loro lavoro di anni, Arturo ha

addirittura impedito alla moglie di commissionare il taglio dell’erba di quel terreno, che in origine

era destinato a giardino dell’abitazione. Stiamo cercando una microtelecamera da infilare nelle

gallerie per scoprire qualcosa in più del loro ingegno. L’altro quesito senza risposta è riferito al loro

variopinto piumaggio. Perché questi uccelli si sono vestiti in questo modo sgargiante? Alcuni

sostengono che si tratti della potenza dell’amore, ma come sappiamo il dimorfismo sessuale nella

specie, almeno ai nostri occhi, è pressoché assente. Allora perché colorarsi così l’abito? Per

rispondere al nostro quesito abbiamo rispolverato i nostri appunti.

Domenica 9 maggio 2004 ore 17,15 (solare), termina la mia giornata all’osservatorio. Uscito dal

Fondo Chiuso di Poggio Alto conto nel cielo circa 60 gruccioni che volano a bassa quota sopra

Poggio Pietroso. Mi fermo e con la macchina fotografica cerco di rubare qualche immagine di

caccia alle api di Poggio Pietroso. Sorrido pensando ai variopinti uccelli che paragono a quei

cacciatori che vanno a fagiani nelle riserve. Mentre scatto qualche foto guardo le arnie, sembrano

vuote. Strano, non ci sono api in giro, eppure è un bel pomeriggio, la pressione atmosferica è

stabile e i fiori, con la pioggia di questa meravigliosa primavera, sono rigogliosi e carichi di nettare.

Mi avvicino alle arnie e osservo che le api sono tutte ferme sui rispettivi davanzali, lo credo bene,

alzarsi in volo quando nel cielo ci sono le frecce colorate è veramente rischioso. L’attività di

raccolta è cessata. Noto che i gruccioni rivolgono le loro attenzioni solo alle bottinatrici che fanno

rientro a casa. Anche queste ultime però adottano particolari controstrategie. Volano molto basse, a

pochi centimetri dal suolo. Penso che per un gruccione sferrare un attacco in queste condizioni

potrebbe essere molto pericoloso. Il 10 maggio successivo torno a Poggio Pietroso ore 14,45

(solare). Di Gruccioni nel cielo nemmeno l’ombra, le api invece lavoravano di gran lena, trema

l’aria vicino alle arnie, tanto che mi posiziono a distanza di sicurezza per non essere attaccato. Dopo

circa 45 minuti di frenetica attività, nel cielo si sente l’inconfondibile canto, è un gruccione in

perlustrazione, dopo qualche minuto arrivano a gruppi. Assisto ad una incredibile battaglia aerea

che dura pochissimo, l’attività nelle arnie immediatamente si placa.

Ancora una volta la mia curiosità viene catturata dai Gruccioni e in particolare dal mondo delle api

che non conosco affatto. Grazie a un libro sulle api di Karl V. Frisch, acquistato da mio padre

molto tempo fa quando voleva fare l’apicoltore - attività che abbandonò dopo aver scoperto la sua

allergia alle punture - ho scoperto che in questi incredibili insetti il senso della vista e dell’odorato

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hanno una grandissima importanza. Esse trascorrono il primo periodo vitale nel buio completo

dell’arnia per cui, in queste condizioni, gli occhi non servono, serve invece il tatto. Accanto a

questo senso ha fondamentale importanza l’olfatto che serve per tutte le funzioni. Più tardi, quando

le api come bottinatrici, conducono la loro vita fuori dall’alveare, la vista diviene il senso

principale. Senza gli occhi l’ape quando è fuori dall’alveare è perduta perché non è più in grado di

orientarsi.

Pensavo che i Gruccioni cacciassero solo in volo, mi sbagliavo, dopo questa esperienza ho notato

che questi animali cacciano anche a terra, forse perché hanno capito che le api, ma anche altri

imenotteri, quando li sentono arrivare smettono di volare e atterrano al suolo, luogo più sicuro. Ma

che c’entra questo col piumaggio variopinto? Potrebbe trattarsi di mimetizzazione? Non lo so,

quello che posso dire è che la mimetizzazione nel regno animale è una strategia vincente per la

caccia. Io quando vado a colombacci non indosso un maglione bianco, cerco di utilizzare indumenti

mimetici che in qualche modo mi possano confondere con la vegetazione della macchia.

Sicuramente l’evoluzione ha lavorato per consentire ai gruccioni d’indossare quell’abito variopinto

e sgargiante, ma perché quei colori così vistosi ai nostri occhi?

Api e calabroni hanno un sistema visivo molto più sofisticato di quanto si ritenesse finora. Lo

suggerisce uno studio recente di ricercatori dell'University College di Londra che chiarisce come si

comporta il cervello di fronte a uno dei compiti più difficili per la vista, quello di riconoscere

differenti superfici in presenza di illuminazioni di diverso colore. Gli insetti, messi alla prova,

svolgerebbero l'esercizio usando la propria esperienza e le relazioni significative fra i colori degli

oggetti presenti sulla scena. Lo studio, pubblicato sulla rivista "Proceedings of the National

Academy of Sciences", potrebbe aiutare anche i progettisti di sistemi robotici autonomi.

L'oftalmologo Beau Lotto e colleghi hanno addestrato alcuni calabroni a individuare fiori artificiali

di un particolare colore, ricompensandoli con del nettare quando svolgevano bene l'esercizio.

Hanno poi messo alla prova le capacità degli insetti di trovare gli stessi fiori quando la scena veniva

illuminata simultaneamente con quattro differenti luci colorate. Per svolgere l'esercizio, gli insetti

hanno dovuto dividere effettivamente lo scenario nelle sue differenti regioni di illuminazione, e poi

trovare i fiori corretti in ciascuna regione.

"Anche se sapevamo che i calabroni erano capaci di riconoscere i fiori se illuminati con luci di

colore diverso, - spiega Lotto - non eravamo sicuri che ci riuscissero in condizioni più complicate,

anche se più comuni in natura, come la luce chiazzata che cade su un terreno boscoso".

"Quando tutte le superfici nella scena sono illuminate dalla stessa luce, - prosegue il ricercatore -

identificare una particolare superficie è relativamente facile: è sufficiente che la vista si adatti alle

nuove condizioni. Ma se ci sono più illuminazioni simultanee, il compito è più difficile. Il nostro

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studio dimostra che il minuscolo cervello delle api non soltanto riesce a risolvere questo esercizio

che dà problemi ai computer più sofisticati, ma che lo fa usando le relazioni di colore fra gli oggetti

che statisticamente erano risultate più utili nelle esperienze passate. Poiché la stessa strategia viene

usata anche dagli esseri umani, questo studio potrebbe consentirci di comprendere i principi

generali mediante i quali un qualsiasi sistema visivo (naturale o artificiale) può costruire un

comportamento utile a partire da informazioni sensoriali ambigue".

R. Beau Lotto, Martina Wicklein, "Bees encode behaviourally significance spectral relationships in

complex scenes to resolve stimulus ambiguity". Proceedings of the National Academy of Sciences

(2005).

Lavori in corso.