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SPAZZIAMO VIA IL GOVERNO BERLUSCONI Gramsci Rivista di educazione e di cultura diretta da Raffaele De Grada Anno X N. 11 - Febbraio 2006 - Sped. Abb. Post. L. 662/96,art. 20/c P.I. Teramo - 5.00 ANTIFASCISMO BANDIERA DI LIBERTÀ* Mentre minacciose nubi nere si addensano sull'orizzonte politico italiano e tentativi mediatici si stanno organizzando in sordina (scrutinio elettronico per 15 mila seggi elettorali) per imporre una strisciante dittatura del capitale finanziario (Bush insegna), favorita dall'uso forsennato delle radio e delle televisioni private e di Stato, ci è sembrato necessario ed opportuno ripubblicare un articolo che Concetto Marchesi scrisse per commemorare il decennale della Resistenza. E se oggi il fascismo non si presenta più (dopo i lavacri di Fiuggi) col fez, gli stivaloni neri ed il col- tello tra i denti, ma in doppio petto grigio o blu, tuttavia quelle radici rimangono «vegete e turgide ancora e, alimentano ancora l'albero maligno». H o accolto l’invito della gioventù comunista emiliana non solo per rispondere al richiamo del Partito che è mio, ma anche e soprattutto perché nella gioventù, che comprende e raccoglie operai, contadini e studenti, io vedo il documento magnifico e certo di quella umanità lavoratrice che tutti i conflitti di classe annullerà in una congiunzione di opere e di spiriti: una congiunzione che unirà l’individuo all’indivi- duo, la nazione alle nazioni, la patria alle patrie, il popolo ai popoli, in un vincolo solidale e fraterno di pace e di lavoro. Nel celebrare il Decennale della Resistenza non manca a noi, o cittadini, la materia della esaltazione né quella della rifles- sione. Gli italiani, che hanno maturato la loro esperienza nei 35 anni, dal 1919 al 1954, hanno avuto largamente modo di constatare nel governo dello Stato il difetto di coerenza, di quella coerenza che non mancava ai principati stranieri e indi- geni contro cui cospiravano gli uomini del nostro Risorgimento. La incoerenza è malattia di una società che si sconnette tra convulsioni e illusioni e non riesce più a conso- lidarsi né in dominio assoluto né in democrazia; di una socie- tà che di fronte all’avanzarsi fatale e inesorabile del socialismo nel mondo non sa concepire altro che piani di guerra, vale a dire distruzione di tutti i piani. Nel 1922, quando parve che tutto il potere si fosse ridotto A P P E L L O I l 21 gennaio del 1921, subito dopo la grande vittoria del Partito marxista- leninista in Russia e la formazione di un grande Stato che si richiamava a quei principi sotto la guida di Lenin, a Livorno sotto la guida di Gramsci, Togliatti, Terracini e Scoccimarro si organizzava il Partito Comunista d'Italia. E rano gli anni in cui il fascismo imperversava col delitto politico miran- te all'assunzione illegale del potere dittatoriale di Mussolini e la democrazia italiana deperiva di giorno in giorno preparando la propria fine, nel consenso della grande borghesia che vide nel fascismo il pro- prio regime ideale, annullando le libertà conquistate dalle lotte risorgi- mentali. D a quel 21 gennaio del 1921 la storia del comunismo è stata segnata da sacrifici immensi, delitti, carceri, confino politico, i migliori italia- ni ne hanno sofferto fino al 25 aprile 1945 quando l'Italia dopo una atro- ce guerra imperialista al seguito di Hitler e una eroica guerra partigiana che è costata migliaia di morti, di torturati e depor- tati nei campi di sterminio in Germania ha recuperato la pro- pria libertà democratica. I comunisti sono quelli che hanno pagato di più, eppure, anche dopo la Liberazione, l'anticomunismo passato in mani anglo-americane è con- tinuato come prima finché ha fatto cadere l'Unione Sovietica che era il punto di riferimento dei partiti comunisti nel mondo. I n Italia tuttavia il comunismo ha lasciato una eredità, quella del Partito dei Comunisti Italiani e di Rifondazione Comunista, due partiti egual- mente degni di questa preziosa eredità. Ma sono tanti quelli che credo- no alla missione del comunismo nel mondo e che sono in attesa della ricomposizione unitaria delle forze che si richiamano agli ideali comuni- sti per portare il loro contributo al progresso della storia, pur conside- rando primaria l'unità delle forze della Sinistra per arginare la deriva rea- zionaria del capitalismo. Noi facciamo appello a tutti quelli che in ogni parte del Paese chiedono a Milano, in occasione del 21 gennaio, l'unità di tutti coloro che si richiamano agli ideali comunisti la cui cultura il nostro Centro Gramsci si propone di manifestare e diffondere per rico- stituire l'unità e la forza dei comunisti in Italia. Tutti a Milano il 21 gennaio 2006, sollevando le bandiere unitarie del comunismo, fede e speranza dei popoli. Raffaele De Grada Centro Gramsci di Educazione e di Cultura La quasi totalità degli articoli del presente numero di “Gramsci” sono atti del Convegno sull’85°della Fondazione del Partito Comunista d’Italia di Concetto Marchesi

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SPAZZIAMO VIA IL GOVERNO BERLUSCONI

G r a m s c iRivista di educazione e di cultura diretta da Raffaele De Grada

Anno X N. 11 - Febbraio 2006 - Sped. Abb. Post. L. 662/96, art. 20/c P.I. Teramo - € 5.00

ANTIFASCISMO BANDIERA DI LIBERTÀ*

Mentre minacciose nubi nere si addensano sull'orizzonte politicoitaliano e tentativi mediatici si stanno organizzando in sordina(scrutinio elettronico per 15 mila seggi elettorali) per imporreuna strisciante dittatura del capitale finanziario (Bush insegna),favorita dall'uso forsennato delle radio e delle televisioni privatee di Stato, ci è sembrato necessario ed opportuno ripubblicare unarticolo che Concetto Marchesi scrisse per commemorare ildecennale della Resistenza. E se oggi il fascismo non si presentapiù (dopo i lavacri di Fiuggi) col fez, gli stivaloni neri ed il col-tello tra i denti, ma in doppio petto grigio o blu, tuttavia quelleradici rimangono «vegete e turgide ancora e, alimentano ancoral'albero maligno».

Ho accolto l’invito della gioventù comunista emiliananon solo per rispondere al richiamo del Partito che èmio, ma anche e soprattutto perché nella gioventù, che

comprende e raccoglie operai, contadini e studenti, io vedo ildocumento magnifico e certo di quella umanità lavoratrice chetutti i conflitti di classe annullerà in una congiunzione di operee di spiriti: una congiunzione che unirà l’individuo all’indivi-duo, la nazione alle nazioni, la patria alle patrie, il popolo aipopoli, in un vincolo solidale e fraterno di pace e di lavoro.Nel celebrare il Decennale della Resistenza non manca a noi,o cittadini, la materia della esaltazione né quella della rifles-sione. Gli italiani, che hanno maturato la loro esperienza nei35 anni, dal 1919 al 1954, hanno avuto largamente modo diconstatare nel governo dello Stato il difetto di coerenza, diquella coerenza che non mancava ai principati stranieri e indi-geni contro cui cospiravano gli uomini del nostroRisorgimento. La incoerenza è malattia di una società che sisconnette tra convulsioni e illusioni e non riesce più a conso-lidarsi né in dominio assoluto né in democrazia; di una socie-tà che di fronte all’avanzarsi fatale e inesorabile del socialismonel mondo non sa concepire altro che piani di guerra, vale adire distruzione di tutti i piani.

Nel 1922, quando parve che tutto il potere si fosse ridotto

A P P E L L O

Il 21 gennaio del 1921, subito dopo la grande vittoria del Partito marxista-leninista in Russia e la formazione di un grande Stato che si richiamava a

quei principi sotto la guida di Lenin, a Livorno sotto la guida di Gramsci,Togliatti, Terracini e Scoccimarro si organizzava il Partito Comunistad'Italia.

Erano gli anni in cui il fascismo imperversava col delitto politico miran-te all'assunzione illegale del potere dittatoriale di Mussolini e la

democrazia italiana deperiva di giorno in giorno preparando la propriafine, nel consenso della grande borghesia che vide nel fascismo il pro-prio regime ideale, annullando le libertà conquistate dalle lotte risorgi-mentali.

Da quel 21 gennaio del 1921 la storia del comunismo è stata segnatada sacrifici immensi, delitti, carceri, confino politico, i migliori italia-

ni ne hanno sofferto fino al 25 aprile 1945 quando l'Italia dopo una atro-ce guerra imperialista al seguito di Hitler e una eroica guerrapartigiana che è costata migliaia di morti, di torturati e depor-tati nei campi di sterminio in Germania ha recuperato la pro-pria libertà democratica.

Icomunisti sono quelli che hanno pagato di più, eppure, anche dopo laLiberazione, l'anticomunismo passato in mani anglo-americane è con-

tinuato come prima finché ha fatto cadere l'Unione Sovietica che era ilpunto di riferimento dei partiti comunisti nel mondo.

In Italia tuttavia il comunismo ha lasciato una eredità, quella del Partitodei Comunisti Italiani e di Rifondazione Comunista, due partiti egual-

mente degni di questa preziosa eredità. Ma sono tanti quelli che credo-no alla missione del comunismo nel mondo e che sono in attesa dellaricomposizione unitaria delle forze che si richiamano agli ideali comuni-sti per portare il loro contributo al progresso della storia, pur conside-rando primaria l'unità delle forze della Sinistra per arginare la deriva rea-zionaria del capitalismo. Noi facciamo appello a tutti quelli che in ogniparte del Paese chiedono a Milano, in occasione del 21 gennaio, l'unitàdi tutti coloro che si richiamano agli ideali comunisti la cui cultura ilnostro Centro Gramsci si propone di manifestare e diffondere per rico-stituire l'unità e la forza dei comunisti in Italia.Tutti a Milano il 21 gennaio 2006, sollevando le bandiere unitariedel comunismo, fede e speranza dei popoli.

Raffaele De Grada

Centro Gramsci di Educazione e di Cultura

La quasi totalità degli articoli del presente numero di “Gramsci” sono atti delConvegno sull’85° della Fondazione del Partito Comunista d’Italia

di Concetto Marchesi

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2 Febbraio 2006 Gramsci

SPAZZIAMO VIA IL GOVERNO BERLUSCONI

nelle mani di un uomo solo, cioè di una volontà e di una auto-rità libera da impedimenti, si vide che quell’uomo rappresen-tava la più pericolosa avventura che avesse mai arrischiato unaclasse dirigente priva di accorgimento e di moderazione: ledue qualità fondamentali che possono rendere fecondo e saldouno Stato. Mancarono allora; mancano ancora. È inutile che ioricordi quello che avvenne dopo.

Siamo tutti testimoni della rovina. Caduto il fascismo, fug-giasca la monarchia, dissoluto l’esercito, restava, per fortunad’Italia, la classe lavoratrice e con essa i nuclei vitali deiPartiti operai, i centri saldi e sicuri della riscossa e della libe-razione. Restavano, per fortuna d’Italia, i ribelli, quelli che gliuomini di Salò chiamavano e chiamano i traditori e i venduti,mentre i denari di Giuda sono dalla loro parte.

Nella Rivista quindicinale “Noi”, che il neofascismo pub-blica con aperta e indisturbata esaltazione di colui che fu chia-mato il duce d’Italia e con vilipendio della Resistenza Italiana,si scriveva, nell’aprile di quest’anno, con sdegnose parole,degli attentati e dei delitti che il C.L.N. sin dal 1944 definivaatti di encomiabile giustizia. Quasi possa esistere lesione didiritto di fronte a nazisti e fascisti, cioè di fronte al sovverti-mento di ogni umano costume e all'irrompere della più vile escellerata barbarie. Atti di vile banditismo, dicevano gli uomi-ni di Salò i quali cercavano le molte vittime da immolare sultumulo dei loro uccisi. Volevano risuscitare i riti funebri del-l’antico mondo guerriero, scegliere gli ostaggi da sgozzare eda mitragliare perché l’ombra dell’eroe fosse placata. Leandavano a pigliare dalle case dove dormivano, dalle prigionidove le avevano racchiuse queste vittime propiziatorie, perchéfossero ammazzate nello scuro delle notti o alle prime luci delgiorno. E adoperavano la parola giusta: rappresaglia, persignificare l’usura delittuosa della guerra: “tu hai preso uno,noi ne vogliamo 10 o 20 e di quelli scelti”. E poi rastrellamen-ti, massacri, incendi di villaggi e quanto voi sapete di tantostrazio e di tante pene. Fascismo e nazismo sono l’ibridomostruoso che contiene in sé le forme più deliranti della cri-minalità.

Nei giorni della Resistenza e dopo, durante la lotta e nelfervore dei ricordi, si parlava di un Risorgimento. Risonava ilmotivo epico dell’800: dell’epoca in cui contro le coalizzateforze straniere e locali una parte, una parte sola e non la mag-giore, del popolo italiano, aveva dichiarato la guerra dei pochicontro i molti, degli ardimentosi contro gli assennati, dei sedi-ziosi contro gli uomini d’ordine, dei martiri contro i carnefici.Ed ora nel 1944 la stessa congiunzione di spiriti, ma su unapiù vasta scena. Dai casolari e dai palazzi, dalle officine edalle Università, dalle campagne e dalle città venivano fuori icospiratori, giovani e vecchi, i nuovi soldati redentori d’Italia.

Allora nel 1848, no: la campagna era assente. Anche perGiuseppe Mazzini, che tanto predicò la necessità della educa-zione popolare, la campagna era la,riserva delle reazioni anti-nazionali. Alla campagna non poterono o non seppero parlarei patrioti del Risorgimento; e le sole parole che si ascoltavanonei casolari dei contadini erano le parole del prete. Ma anchedi fronte alle masse popolane della città gli uomini delRisorgimento si arrestarono diffidenti. Nel titolo ventesimodegli Statuti della Società Operaia Esperia, fondata dai fratel-

li Bandiera, si leggono queste parole: “Non si facciano, se noncon sommo riguardo, affiliazioni tra la plebe, perché essa èquasi sempre per natura imprudente e per bisogno corrotta. Eda rivolgersi di preferenza ai ricchi, ai forti, ai dotti, negligen-do i poveri, i deboli, gli ignoranti”.

Giustificata cautela per un manipolo di cospiratori carbo-nari che avevano dinanzi a sé l'ombra del patibolo. Ma senzal’alleanza dei poveri e degli ignoranti la storia dei vinti nondiviene mai la storia dei vincitori; e l’unità politica, fragile einquieta, non diviene mai l'unità morale e sociale di tutto unpopolo, quella unità che al mondo stupito dette il miracolo diStalingrado distrutta da cui fiammeggiava una luce quasisovrumana di liberazione. Le minoranze elette ed intellettuali,aristocratiche e borghesi, possono decorare di martiri prigionie patiboli, possono scrivere pagine imperiture per sapienza oper audacia di pensiero, possono lasciare alla storia fatti e dettimemorabili, ma a sommuovere le piazze e le città, a salutarela decisiva vittoria sui campi di battaglia, a creare la nuova sto-ria è necessario l’animo, il braccio, il sangue del popolo lavo-ratore. E il popolo fu con noi nell’anno della Resistenza.Riunite insieme le audacie e le speranze, unificate tutte le fedinell’unica fede di una Italia risorta da tirannia a un più rapidoprogresso di popolare concordia e di giustizia sociale, si eravisto impiccato o fucilato l’operaio, accanto al borghese, ilgiovane contadino accanto allo studente universitario, affratel-lati in una testimonianza di sangue che meritava un grandissi-mo premio. E ci sarebbe stato il grandissimo premio se al dilà del Tevere e al di là dell’Oceano una forza nemica non loavesse impedito. Pure nell’isolamento e nel silenzio, giovaniitaliani seppero rischiarare il proprio cammino e sentire lagioia di essere rimasti in piedi fra i tanti travolti dalla bufera.E da soli videro che la Patria era con i vilipesi e i perseguita-ti, che la verità era nella collera muta anziché nel clamore vilee nella reticenza più vile. E furono anch’essi, gli adolescenti,tra gli imprigionati, i torturati, gli uccisi.

Il 10 novembre 1944 sulla Piazza di Modena cadeva fuci-lato dai militi della repubblica di Salò uno studente di 3° annodella facoltà giuridica di Parma, studente di eccezionale valo-re che aveva portato nella lotta partigiana una inflessibilità dasapiente e da eroe: Giacomo Ulivi. Non era ancora di nessunpartito, ma tendeva verso un liberalismo rinnovato, quel libe-ralismo forse che nella prima metà dell’800, nel pensiero diCarlo Cattaneo, doveva aprire la strada a tutte le esperienze edoveva sempre più avanzare dalla ignoranza verso il pensieroe dalla servitù verso l’emancipazione. Aveva letto Cavour,questo giovinetto, e ne commentava e accettava il principioche bisogna accontentarsi di leggi imperfette. In quella imper-fezione egli avvertiva lo spazio per il libero gioco delle forzepolitiche e sociali. Aveva dunque nella sua testa di adolescen-te un riflettore capace di illuminare una strada. In una letteraalla madre, pubblicata a Parma nel 1945, egli scriveva questeparole: “Se fossero bastati i tragici avvenimenti a ristabilireuna posizione politica e morale in Italia, il fascismo sarebbeveramente qualcosa di imposto e di estraneo. Invece esso eraun morbo morale delle nostre generazioni”.

Appunto, questo giovinetto diciottenne mortificava l’erro-re di sperimentati sapienti del liberalismo i quali vollero vede-

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re nel fascismo un assalto allo Stato da parte di una fazioneinsidiosa e violenta che, nascosta dapprima la sua dissolutanatura, riuscì per ultimo a impadronirsi del pubblico potere.Se così fosse, o cittadini, la storia degli uomini sarebbe vera-mente sottratta al suo necessario divenire ed esposta agliimpensati rivolgimenti della fortuna. Ma non fu così. Talunifra voi ricordano.

Nel nobile manifesto dell’Associazione dei ProfessoriUniversitari nel 1944 si leggevano queste parole: “Le tragichevicende che noi oggi viviamo non sono solamente lo sboccodi 20 anni di stoltezza e di corruzione politica da parte di alcu-ni ceti e di alcuni uomini; esse segnano piuttosto la crisi pro-fonda di istituzioni politiche, di organizzazioni sociali, diun’atmosfera di cultura e di moralità che hanno permesso,provocato e giustificato quell’opera nefanda”.

“Morbo morale delle nostre generazioni”, diceva nellostesso anno lo studente diciottenne, alla vigilia della sua fuci-lazione nella Piazza diModena. Ma più ancoradiceva. Nella lettera agliamici, scritta fra il marzo el’ottobre del ‘44, tra il secon-do e l’ultimo arresto, scrive-va: “Noi dobbiamo guardareed esaminare insieme: checosa? Noi stessi: per abituar-ci a vedere in noi la parte diresponsabilità che abbiamodei nostri mali; e riconoscerequanto da parte nostra si èfatto per giungere ove siamogiunti. Non voglio sembrareun Savonarola che richiamial flagello”. E prevenival’obiezione dei suoi coetaneie compagni di studio:“Perché dobbiamo rifare noi stessi? Non basterà sperare nellafine di questi casi tremendi e iniziare una vita laboriosa e quie-ta?” “No - rispondeva - lavorare non basterà. Nel desiderioinvincibile della quiete anche laboriosa, è il principio dell’er-rore, il tentativo di allontanarsi da ogni posizione politica. Quista la nostra colpa nell’avere ascoltato l’ammonimento diquanti dicevano: lasciate fare a chi può e deve, voi lavorate ecredete. Qui sta la nostra colpa - aggiungeva - come mai noiitaliani con tanti secoli di esperienza, usciti da un meraviglio-so processo di liberazione, abbiamo abdicato, lasciato ognidiritto di fronte a parole vuote e sonanti. Che cosa abbiamocreduto? Creduto, grazie al cielo, niente: ma in ogni modo cisiamo lasciati strappare di mano tutto... Credetemi: la cosapubblica è noi stessi... Ogni sua sciagura è sciagura nostra. Selo avessimo tenuto sempre presente o come sarebbe avvenutotutto questo?”.

E già un maestro che parla. Egli pone ai suoi compagnil’imperativo della conoscenza. Conoscere non vuol dire, gio-vani amici e compagni, avere appreso alcune formule e consi-derarle come il definitivo risultato della esperienza; ma parti-re dalla realtà di ieri per giungere a quella di oggi. Perché la

società umana si rivela con nuovi aspetti, secondo nuove con-dizioni. Conoscere è l'insegnamento secolare e grande di tuttal’antica sapienza; l’ammonimento che l’uomo ha rivolto sem-pre a se stesso, mediante simboli, ragionamenti, comanda-menti. Conoscere che cosa? Le cose che furono, che sono, chedivengono?

Sì, certamente. Ma se la via della. conoscenza è soltantoquella dello studio, essa è ingannevole via. Bisogna entrare nelvivo delle forze operanti perché il conoscere acquisti valore econsistenza. I fattori quotidiani della vita nazionale e socialenon si conoscono se non si penetra in essi; se non si fa partedi essi: come diceva lui, Giacomo Ulivi, il diciottenne, a cui labreve vita maturò così rapidamente la saggezza. Così è. Lastoria non si comprende se non si è tra gli strumenti operatividella storia. L’aspetto della società contemporanea resta oscu-rato o travisato se non si appartiene alle forze che operano perconservarlo o trasformarlo. Conoscere è intendere ed è anche

necessariamente agire.Sapiente ed eroe, ho detto. Ela sapienza ha il suo estremosuggello nell’ora estremadella vita: quando si è tratti amorire; ed ha in quell’oraaltrimenti paurosa la calmalimpida e composta, teneraed austera delle anime gran-di.

Dalle carceridell’Accademia militare,dove fu racchiuso e tortura-to, la mattina del 10 novem-bre 1944, nel momento incui sta per essere condottovia dagli sgherri delle briga-te nere e fucilato sulla PiazzaGrande di Modena, egli scri-

ve alla madre: “Carissima, ti chiedo scusa di averti fatto sof-frire. Sto benissimo, e sono molto tranquillo, come ti dirannoquesti cari Bassi. Non mi rincresce quanto succede. È quantoho rischiato. Spero che tempi migliori giungeranno. Spero...Sono interrotto dai Bassi che piangono. Io non ne sento ilbisogno, riesco a non pensare al vostro dolore. Non riesco ascrivere molte cose, perdonatemi. Ti abbraccio con tutta l’ani-ma”.

“Non riesco a scrivere molte cose”... Quando si è sani nelcorpo al cospetto della morte la parola può essere davvero unaprigione dello spirito compreso da quel misterioso stupore chefa della nostra esistenza trascorsa come una evanescente favo-la lontana. Cittadini, non bisogna isolare il fascismo. Esso nonè la storia di un venticinquennio, non è il racconto detestabileè funesto di una catastrofe conclusa nel 1945. Bisogna consi-derarne le radici: quelle sono vegete e turgide ancora e alimen-tano ancora l’albero maligno.

Per le piazze d’Italia tornano nelle ore notturne a risonarele grida degli sciacalli in camicia nera; e nel Parlamento dellaRepubblica il fascismo ritrova i propri accenti nelle rozze spa-valderie di un deputato democristiano. E sono pronti forse

Gramsci Febbraio 2006 3

SPAZZIAMO VIA IL GOVERNO BERLUSCONI

Tono Zancanaro: giovani partigiani in montagna

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4 Febbraio 2006 Gramsci

SPAZZIAMO VIA IL GOVERNO BERLUSCONI

turiboli e incensi e mani sacerdotali per benedire i risuscitatigagliardetti. A Londra il primo Ministro, quello che si procla-mò amico di Stalin, che volle inviata la spada d’oro del red’Inghilterra alla città di Stalingrado, ha denunciato or ora iltradimento che destinava le armi naziste all’assalto control’Unione Sovietica. E in Germania la civiltà che prende nomedall’occidente, a redimere gli impiccati di Norimberga, spa-lanca le porte delle prigioni ai comandanti della nuovaWermacht, incaricati di gettare per primi il nuovo urlo di guer-ra. Esso non ci troverà impreparati: in Italia e nel mondo. I.nostri uomini e le nostre donne, vecchi, giovani e ragazzi,hanno insegnato come si resiste, si combatte e si muore.Hanno insegnato come si è uccisi e si uccide: l’hanno insegna-to tanti che meriterebbero uno ad uno una canzone di gesta, unattestato di gloria. Chi li conta più i nostri martiri? Quantiindugiano nel ricordare gli episodi eroi-ci del passato, non sanno quali indicibi-li sacrifici e quali strazi e quante pene siracchiudono in questa sola parola:Resistenza.

È immensa la eredità di gloria e disangue che abbiamo raccolto ed accetta-to. Essi, gli scomparsi, non chiedono diessere vendicati: vogliono essere segui-ti; perché la battaglia continua ancora esi fa più dura e non possiamo lasciarevuoto il posto che essi hanno consacra-to. E quanti sono i vostri caduti, bolo-gnesi, di ciascuno dei quali non è suffi-ciente la fuggevole ora di un brevediscorso per celebrare il valore e il sacri-ficio!

Thomas Mann, il grande scrittoreesule dalla Germania di Hitler e non piùtornato nella Germania di Adenauer,dove lo spirito maledetto risorge;Thomas Mann il grande scrittore a cui lamaggiore Accademia italiana conferiva due anni addietro ilgrande premio internazionale, nella prefazione alla Raccoltadi Lettere di condannati a morte della Resistenza europea,scriveva in una nebbia di tristezza parole sconsolate. Egli dice-va: “Viviamo in un mondo di perfida regressione. Una costel-lazione fatale sovverte le democrazie e le spinge nelle bracciadel fascismo, che essa ha abbattuto solo per aiutarlo non appe-na a terra a risollevarsi in piedi”. Ma la nebbia triste si dirada-va dinanzi all’assurdo: “Sarebbe vana dunque la volontà disacrificio di una gioventù europea che sapeva di essereall’avanguardia di una migliore società umana? Sarebbe statoinutile il loro sogno, inutile la loro morte? No, non può esse-re. Non c e stata idea per cui gli uomini abbiano con cuorepuro combattuto e sofferto e dato la vita, che sia andatadistrutta”. Così è. “Semen est sanguis”, diceva il grande apo-logista cristiano ai persecutori pagani: il sangue è infallibileseme e ne è grandioso il raccolto. Lo hanno visto i cristiani, lovedremo di più anche noi. E alle madri che, con l’angoscia cheil tempo fa muta ma non cancella, contemplano ancora nelleimmagini rimaste i volti di quei figli che subirono tormenti e

martirio, quando l’aiuola della vita fioriva già innanzi a loro;a quelle madri io vorrei dire: “Quei ragazzi non sono morti sevoi non vorrete, se noi non vorremo. Essi hanno seguito il lorodestino. Essi nel compimento di un dovere che era la ragionestessa della vita, hanno atteso la morte, l’hanno invitata.Ognuno di noi cade nel giorno in cui deve. Nel momento incui i fucili mitragliatori esplodevano sui teneri petti, quei fuci-li, da quegli occhi semi aperti, da quelle labbra mute, da queicorpi abbattuti sprigionavano una vita e una forza che non sisarebbe più fermata. Nessun vecchio centenario è mai tantovissuto quanto un giovinetto trucidato per la salvezza della suaterra e della sua fede.

E io vi auguro, o madri, che non tardi il giorno in cui potre-te infiorare a festa le immagini dei vostri figli, con lagrime digioia, perché anche la grande gioia ha le sue lagrime. In quel

giorno i vostri figli marcerannoall’avanguardia; e la libertà e la giusti-zia e la pace avranno al loro seguito nonun corteo di morti, ma un corteo di gio-vani vivi e possenti. Si ripete di conti-nuo oggi che uomini cattivi e traviati,nemici della patria e della religione,attendono a sovvertire la civiltà dellegenti e a gettare il mondo nella barba-rie.

Conosciamo la stolta fola e sappia-mo e tanti altri sanno con noi, che quel-li detti nemici della patria e della reli-gione vogliono amare e difendere lapatria loro senza che ne venga offesa odanno alla patria degli altri.

E non essi offendono Dio, ma isacerdoti dimentichi del loro ministerodi concordia e di carità; i privilegiatidella fortuna immemori della ingiusti-zia che li sorregge e li aiuta: quantifanno distinzione tra uomini dello spiri-

to e uomini della materia. Dove sono gli uomini dello spiritoe dove gli uomini della materia?

Dobbiamo forse battere alle porte delle ville o dei palazzidei grossi signori osservanti del rituale cattolico per trovare gliuomini dello spirito? Bisognerà interpellare gli speculatori divaluta e di borsa per fare un bagno di spiritualità? E dovremopenetrare nelle povere case del popolo, nei tuguri e nellebaracche dei diseredati per trovare gli uomini della materia?

Finisca la turpe, la sconcia commedia dei perduti e dei sal-vati. Siamo tutti poveri mortali, soggetti al peccato. Questosolo importa nella vita: avere una fede e improntare di essa ilproprio spirito, e cercare quel che possa giovare al confortodella comune esistenza, e non essere passati invano su questaterra.

Signori, mentre lo spettro della Germania nazista riprendemuscoli e nutrimento per opera di coloro, folli e scellerati, chevorrebbero farne la macchina distruttiva del socialismo trion-fante nei paesi dell’Europa e dell’Asia, alcuni reggitori digoverni, non reggitori di popoli, stendono il braccio verso levaste plaghe orientali e dicono: “Ecco i paesi degli schiavi”.

Concetto Marchesi

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Ecco i paesi degli schiavi essi dicono, non perché ne abbianovisto le catene, ma perché centinaia di milioni di uomini nonpiegano più la schiena e i ginocchi dinanzi allo staffile eall’oltraggio dei padroni indigeni o stranieri. Così mentre sinegano i diritti civili e la libertà personale a quelli che nullahanno voluto per sé, sono innalzati ai fastigi delle gerarchiecivili, e non soltanto civili, i seminatori di discordia, gli opu-lenti cortigiani della morte.

Ogni popolo, in qualsivoglia parte del mondo, ha il dirittodi vivere indisturbato e indipendente nella sua terra, col suolavoro, coi suoi ordinamenti, con le sue aspirazioni di progres-so e di pace.

Ogni popolo ha il dirito di respingere l’onta e il danno diuna dominazione straniera o di una lunga servitù. NessunoStato ha il diritto di formulare oltre i propri naturali confiniregole di obbedienza e norme di vita pubblica in nome di unaragione affidata soltanto alle armi e di una civiltà che trae ori-gine dalla superbia e dalla menzogna.

Questo noi proclamiamo inviolabile diritto delle genti,

oggi che in molte parti del mondo è rumore di catene che siscuotono non per essere rinsaldate ma per essere spezzate. Edovunque si combatte questa l6tta di liberazione, là, o cittadi-ni, insorge la Resistenza.

Resistenza è resistere al disonore, alla schiavitù, allamorte.

Resistenza è vita riscattata contro la prepotenza e la vio-lenza.

E i suoi inni sono ancora i vecchi inni patriottici. Se, traquanti mi ascoltano, c’è qualcuno degli avversari nostri, sirassicuri: non si marcerà alle note dell’Internazionale.

L’Internazionale, se mai, si canterà alla chiusura di un’ul-tima e veramente gloriosa conferenza fra le Nazioni, fra tuttele Nazioni unite: e sarà il canto della umanità.

* Stralcio di un intervento tratto da “Antifascismo bandie-ra di libertà”, edito dall’Associazione Concetto Marchesi diGallarate per il 60° anniversario della Liberazione e in pre-visione del 50º della morte avvenuta il 12 febbraio 1957.

Gramsci Febbraio 2006 5

SPAZZIAMO VIA IL GOVERNO BERLUSCONI

Per noi comunisti ricordare e commemorare l'85° dellafondazione del partito comunista d'Italia non può essereuna vuota liturgia, né una sentimentale e retorica occa-

sione per ricordare eventi ormai lontani nel tempo, ma solo unmomento di feconda riflessione per andare avanti nella com-plessa e tormentata situazione attuale.

Per i comunisti il 21 gennaio 1921, la Comune di Parigi del1871, la Rivoluzione d'Ottobre del '17 e la Rivoluzione cinesedel '49, costituiscono pietre miliari nel lungo e tortuoso cammi-no del movimento di emancipazione dei lavoratori. Sono dateche scandiscono momenti importanti della nostra storia, dellanostra vita, delle nostre lotte. Esse costituiscono un sol bloccoin cui niente viene rinnegato, ma tutto analizzato e capito allaluce dei nostri principi e della nostra teoria nella consapevolez-za che la storia è storia di lotte di classe.

Fare politica significa innanzitutto lottare per trasformare ilmondo ed in questa trasformazione è contenuta tutta la nostrafilosofia. Sotto questo aspetto la politica acquista carattere discienza le cui radici affondano nell'Illuminismo, grande movi-mento di emancipazione dall'oscurantismo religioso.

Nel febbraio del 1848 Marx ed Engels dichiararono: «Cisono nella storia delle sorprendenti analogie. Il giacobino del1793 è diventato il comunista dei giorni nostri”. E Lenin, nel1913, aggiungeva: «Ciò non significa che volessimo ad ognicosto copiare i giacobini del 1793 e fare nostre le loro idee, illoro programma, le loro parole d'ordine, i loro metodi d'azione,per niente affatto[…]

Noi avremo a nostra volta, se vivremo abbastanza per vede-re la vera vittoria della Rivoluzione, nuovi metodi d'azione con-formi al carattere e agli obiettivi del partito della classe opera-ia, che aspira ad una rivoluzione socialista integrale. Con que-sto paragone, vogliamo semplicemente spiegare che i rappre-

sentanti della classe avanzata del XX secolo, quelli del proleta-riato, si dividono in due ali (opportunista e rivoluzionaria) esat-tamente come i rappresentanti della classe avanzata del XIXsecolo, quelli della borghesia, si dividono in girondini e giaco-bini».

La storia successiva è nota: i giacobini furono vittime delcolpo di stato del 9 termidoro. La loro caduta aprì in Francia unperiodo di reazione non solo contro i giacobini, ma più in gene-rale contro ogni tendenza democratica. La reazione termidoria-na, sostenuta da affaristi che avevano approfittato dell'inflazio-ne, del mercato nero, delle forniture militari e delle vendite deibeni dello Stato per illeciti arricchimenti, spazzò via in pocotempo tutti i provvedimenti che i giacobini avevano emanatoper fermare l'aumento dei prezzi. Fu abolito il diritto dei pove-ri all'assistenza pubblica, il diritto dei cittadini all'istruzione, sisoppressero tutti i decreti per colpire le speculazioni, mentre furistabilito il diritto di voto ai soli cittadini abbienti.

I bolscevichi, nel 1953, furono anch'essi vittime di un colpodi stato da parte dell'ala opportunista del partito. La caduta delgruppo dirigente bolscevico aprì nel mondo un periodo di rea-zione senza precedenti che ancora perdura e le cui conseguen-ze per il movimento operaio mondiale e per i comunisti sonosotto gli occhi di tutti. In Italia ciò si è concretizzato, tra l'altro,col ritorno al potere dei fascisti, sostenuti ed appoggiati dalcapitale speculativo finanziario e dalle gerarchie vaticane.

Il governo Berlusconi è stato fatto nascere da una parteesclusivamente in funzione di un ampliamento degli interessispeculativi, concedendo immunità totale agli speculatori, aglievasori fiscali, a chi esporta illecitamente i capitali e così via edall'altra, per finire di distruggere lo stato sociale, ridurre alminimo storico salari e pensioni, tagliare i finanziamenti allascuola pubblica, all'Università e soprattutto alla ricerca scienti-

SCIENZA FILOSOFIA E MASSEdi Piero De Sanctis

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fica ritenuta inutile perché non produttrice di profitti immedia-ti. D'altronde, in quale considerazione le classi dirigenti bor-ghesi, che si sono succedute dall'unità d'Italia fino ai nostrigiorni, tenessero la scienza e la tecnologia lo si può dedurredalla legge Casati sull'istruzione del 1859 secondo la quale:«C'è una cultura alta, che è quella classico-umanistica, c'è unacultura marginale, quella scientifica, e poi c'è una cultura pervili meccanici, che pure serve per sopravvivere, ed è quelladegli studi tecnici». Queste classi hanno sempre concordato tradi loro nel non investire nell'istruzione e trovato un alibi per nonfarlo. Un solo dato: solo il 9% degli italiani compresi tra i 25 e

i 64 anni, possiede una laurea, mentre in Francia è del 21%, inGermania del 23% e in Inghilterra del 25%. Questa sottovalu-tazione delle capacità conoscitive della scienza ha , in Italia,una storia lunga. L'attacco alla scienza e alle conoscenze scien-tifiche non è un fenomeno soltanto di oggi. Ieri, al tempo diGalilei, il bersaglio principale erano le conoscenze astronomi-che, oggi sono quelle biologiche e genetiche. Tutti ricordanol'appello di circa un anno fa dei Nobel e di 130 scienziati inter-nazionali per impedire che il Parlamento italiano approvasse lalegge n° 40 riguardante le Norme in materia di procreazionemedicalmente assistita che, come disse il prof. UmbertoVeronesi, è una «legge che nega la scienza e calpesta il progres-so civile».

Contro la ricerca sulle cellule staminali embrionali umaneche, secondo i firmatari dell'appello «hanno enormi potenziali-tà a beneficio delle persone colpite da malattie degenerative»,questa volta si è mobilitato tutto l'apparato reazionario dellachiesa cattolica: la Cei con alla testa il cardinale Ruini, i preti ei sagrestani delle 28 mila parrocchie disseminate su tutto il ter-ritorio nazionale, le suore e i diaconi, i presidenti del Senato edella Camera, tutti gli uomini politici del centrodestra - fatte ledovute eccezioni -, varie aggregazioni di biologi racimolatiall'ultimo momento all'uopo, qua e là, che sembravano più

uomini di fede che di scienza. In altre parole si è trattato di unoschieramento di forze e di mezzi senza precedenti, alla cuitesta si è posto il papa Benedetto XVI. A prima vista tanto inte-resse verso una semplice ricerca di biologia sembrerebbe spro-positato se non si tenesse nel debito conto le dichiarazioni diprofonda diffidenza che lo stesso papa ha fatto nei riguardidelle ultime ricerche di genetica. Egli infatti ha affermato chela genetica è una patologia della ragione poiché mette in peri-colo la dignità stessa dell'uomo e la sacralità della vita in quan-to «attraverso la ricerca del codice genetico, la ragione siimpossessa delle radici della vita». Eccoci arrivati, dunque, alla

ragione ultima: impedire con ogni mezzo che la scienza scoprai segreti della vita; che sveli tutti quei processi che si collocanotra la vita e la non vita; come la materia organica sia generatada quella inorganica - senza l'ausilio di forze soprannaturali odivine - abbattendo finalmente l'ultima barriera che per millen-ni ha opposto il mondo organico a quello inorganico.

Tuttavia il dibattito pubblico che ancora persiste su questoargomento se non altro ha avuto il merito di scoprire e darevoce a una sentìna di vivi tutti italiani e ad idee confuse e bece-re sulla scienza e la ricerca scientifica e tecnologica.

E' un limite della nostra cultura e dei nostri intellettualiquello di considerare Cultura solo tutto ciò che attiene alle bellelettere. Ad esempio nel nono volume della Storia d'ItaliaEinaudi, di Alberto Asor Rosa, alla voce Cultura (che abbrac-cia il periodo 1870-1976) "è inutile cercare qualsiasi nome chenon sia di scrittore, poeta, romanziere, critico letterario, storicodella letteratura e saggista di varia umanità". Non c'è traccia delfatto che siano esistiti in questo paese non solo singoli studio-si, ma scuole e tradizioni di discipline naturalistiche, fisiche ematematiche di grande valore. L'aver cancellato, così, in un solcolpo, dalla vita culturale italiana scienza e scienziati e l'avermesso in ombra le infuocate polemiche di inizio Novecento trapensiero scientifico e religioso-filosofico, significa condividere

6 Febbraio 2006 Gramsci

SPAZZIAMO VIA IL GOVERNO BERLUSCONI

Da sinistra: Raimondo Sfrattoni, Luigi Ianni, Piero De Sanctis, Ennio Antonini, Antonio Macera.

Presso la sala del Consiglio Provinciale di Teramo il 6 novembre 2005 si è tenuta una manifestazione unitaria sull’88° della Rivoluzione d’Ottobre, orga-nizzata dal Centro Gramsci. Alla presidenza: Antonio Macera (segretario provinciale Pdci), Marilena D’Annunzio (della segreteria provinciale Cgil), LuigiIanni (segretario provinciale Ds), Raimondo Sfrattoni (segretario provinciale Prc), Piero De Sanctis (del Centro Gramsci).Dopo la relazione iniziale di Piero De Sanctis del Centro Gramsci di Educazione e di Cultura e gli interventi dei componenti della Presidenza, tra gli altrisono intervenuti: Pio Macera, Fabrizio Iacovone, Eternino Fortunato, Marco Calvarese.

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Gramsci Febbraio 2006 7

SPAZZIAMO VIA IL GOVERNO BERLUSCONI

la posizione di chi pensa - come ha scritto Tullio De Mauro nelsuo libro la "Cultura degli italiani"- che per essere colto biso-gna conoscere le poesie di Montale. Se non le conosci non seicolto. "Per costoro il contadino, l'operaio, l'artigiano, il perito,l'ingegnere, il medico, ecc. non sono portatori di cultura",dimenticando che dal lavoro manuale e in generale dalla prassisociale provengono le spinte necessarie a grandi elaborazioniteoriche. Non a caso Archimede, uno dei pensatori più genialie proficui del passato, sapientemente applicava cognizioni teo-riche alla costruzione di strumenti pratici, e Galilei amava fre-quentare l'Arsenale di Venezia dove le grandi capacità tecnico-pratiche dei maestri artigiani troveranno in seguito la loro inter-pretazione nella meccanica classica. Di questa svalutazionedella scienza, del pensiero scientifico e della tecnologia si è tor-nati a parlare in questi ultimi tempi da parte di intellettuali bor-ghesi i quali hanno apertamente accusata la tecnologia di esse-re un'attività diretta contro l'uomo.

Ma paradossalmente coloro i quali predicano contro lascienza e la tecnologia, la fisica, la chimica, la genetica, ecc, si

guardano bene dall'abbracciare sul serio una vita priva dei van-taggi offerti dalla scienza e dalla tecnologia moderne. Non sisoffermano mai ad analizzare seriamente l'intima qualità dellavita delle masse popolari nelle società del passato. Sono ostilial presente, ma fanno un uso continuo di macchine della piùvaria specie e natura. Abitano in case con aria condizionata,dotate di energia elettrica e di acqua corrente, nonché di frigo-riferi colmi di alimenti e hanno medici a portata di telefono e,contemporaneamente detestano tutto ciò che è moderno.

Nel lungo cammino della scienza molti sono stati i suoimartiri finiti in carcere o bruciati sul rogo della SantaInquisizione. La scienza moderna è nata e si è affermata attra-verso una durissima lotta contro la religione e il pensiero fidei-stico e dogmatico. E non poteva essere altrimenti per il sempli-ce fatto che la scienza inizialmente non poteva dare una spiega-zione sufficientemente esaustiva della natura. Fornire un qua-dro complessivo della natura era allora un compito della filoso-fia e della religione. Esse potettero farlo solo sostituendo «ainessi reali ancora sconosciuti, i nessi ideali e fantastici, metten-do al posto dei fatti, che mancavano, delle immagini ideali,riempiendo con la pura immaginazione le lacune esistenti nellarealtà” (F. Engels).

Solo così, ad esempio, si può capire come mai un genio uni-versale come Aristotele abbia potuto ideare e costruire una fisi-

ca basata sulla teoria dei quattro elementi: terra, fuoco, acquaed aria presi da Empedocle e a cui aggiunse un quinto elemen-to, l'etere e, come abbia potuto ideare una teoria dei moti checonsiderava naturali ed imperfetti quelli verso il basso e quelliverso l'alto perché rettilinei, e moti perfetti quelli degli astri per-ché circolari, introducendo così una vera barriera tra mondoceleste e mondo sublunare. Barriera che esisteva solo nella suamente, ma non nella realtà, come dimostreranno alcuni secolidopo le scienze fisico-matematiche. Tuttavia questa fratturaavrà poi un peso rilevantissimo sulle filosofie della natura cheseguiranno e sull'origine del cristianesimo.

Evidentemente qui non si tratta di dare una valutazionedella fisica aristotelica, che non avrebbe neppure senso in que-sto contesto, quanto di capire con quanta profondità Engelsabbia colto l'essenza dello sviluppo della scienza moderna,l'unica capace di operare la sostituzione dei nessi immaginari efantastici con quelli reali e, di trovare in sé stessa la spiegazio-ne dei fenomeni naturali senza la necessità di ricorrere a causesoprannaturali. Ma quali erano i nessi reali che sfuggivano ad

Aristotele? Erano la legge d'inerzia della materia, che verràscoperta da Galilei, e la legge di gravitazione universale secon-do la quale le masse materiali si attraggono secondo una leggedeterminata, che verrà scoperta da Newton. Occorreranno, tut-tavia, tutte le lotte del XVI e XVII secolo - lotte che assunseronon di rado un aspetto non solo filosofico, ma anche religioso -per dare la definitiva vittoria alla nuova mentalità scientifica.

Da questo punto di vista, allora, lo sviluppo scientifico nonè altro che la ricerca incessante dei nessi, dei rapporti, delleleggi e principi reali che governano l'eterno movimento dellamateria nelle sue infinite forme, esistente indipendentementedalla coscienza degli uomini. Ma questo principio, che possia-mo assumere come postulato zero di ogni teoria scientifica,prima di essere riconosciuto in maniera esplicita ed aperta dallacomunità scientifica, ha dovuto attendere ancora molto tempo.

L'anno appena passato è stato l'anno internazionale dellafisica. In tutto il mondo ci sono state celebrazioni per il cente-nario della pubblicazione della Relatività ristretta di AlbertEinstein. Egli non amava considerarsi un filosofo, ciò non dimeno la sua fisica ha avuto ed ha ancora risvolti filosofici digrande rilievo; essa ha rivoluzionato alcune categorie centraliper la comprensione della struttura dell'universo e dei fenome-ni naturali. Ma Einstein non è stato solo in questa grande operadi trasformazione del pensiero scientifico. Accanto a lui vanno

Le origini storiche della filosofia materialistica

LEUCIPPO, DEMOCRITO, EPICURO sono i tre più grandi atomisti greci.L'iniziatore della teoria atomica della materia fu Leucippo di Mileto vissutoverso la metà del V secolo a.C. Suo discepolo fu Democrito di Abdera nato nel460 a.C. circa. La teoria atomistica venne poi trasformata in sistema filosoficoda Epicuro di Samo (n.341, m.270 a.C.). Questi pensatori erano d'accordo nelsostenere che la natura è nella sua generalità conforme a leggi, ed in particola-re che esiste una legge a cui possiamo dare un nome di «legge della conserva-zione della materia», la quale elimina una creatio ex nihilo (creazione dellamateria dal nulla).Democrito di Abdera Epicuro di Samo

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8 Febbraio 2006 Gramsci

SPAZZIAMO VIA IL GOVERNO BERLUSCONI

ricordati scienziati della grandezza di Planck, iniziatore dellateoria dei quanta,di Becquerel e Curie, che scoprirono la radio-attività, di Rontgen, che scoprì i raggi X, di Bohr, che costruì ilprimo modello atomico, di Heisenberg, Fermi e tanti altri ricer-catori teorici e sperimentali. Gli anni che vanno tra la finedell'Ottocento e l'inizio del Novecento sono anni caratterizzatida un tumultuoso sviluppo delle scienze della natura. L'analisidei fenomeni relativi al calore, alla luce e più in generale alleonde elettromagnetiche, all'atomo e al suo nucleo e la scopertadelle geometrie non euclidee, dette l'avvio ad un ripensamentoprofondo delle stesse basi della fisica e della matematica.

Si capì che ci si trovava di fronte ad un qualcosa di total-mente nuovo, non riconducibile entro gli schemi della mecca-nica classica che pure aveva avuto il grande merito di abbatte-re l'artificiosa barriera che separava, come abbiamo già detto, imoti celesti da quelli terrestri. Alla meccanica classica, a que-sta poderosa costruzione scientifica chenell'unità tra teoria e prassi trovò il propriocriterio di verità e nelle sensate esperienzee certe dimostrazioni il suo metodo, devo-no ascriversi duecento anni di successi inogni campo delle scienze positive, succes-si che aprirono nuove prospettive di svi-luppo nel campo produttivo, economico esociale.

E avvenne così, che mentre gli scien-ziati riflettevano sul patrimonio di ideefino allora acquisito e sulla non più soste-nibilità del materialismo settecentesco, siriaccendesse un vivace dibattito filosofico(del tutto ignorato dalla cultura italiana deltempo), che era rimasto pressochè spentoper tutta la seconda metà dell'Ottocento.Dibattito che trovò alimento proprio dainuovi campi che da decenni la ricercascientifica aveva cominciato ad arare e seminare. Dunque undibattito scientifico- filosofico tutto incentrato sui nuovi risulta-ti scientifici e al quale parteciparono i maggiori pensatori delNovecento. Ma, a questo punto accadde che, nel fuoco dellapolemica e della lotta, e dei grandi rivolgimenti in atto, anzichécercare di capire il nuovo che stava nascendo, si operasse unanetta svolta in cui la "ragione" veniva accusata di travisare l'au-tentica realtà dell'uomo. Il grande matematico francese H.Poincaré disse che gli sviluppi della fisica moderna dimostra-vano che «la materia era scomparsa»; il fisico Ernest Machdisse che l'unica realtà erano le nostre sensazioni; il filosofoHusserl si spinse molto più indietro fino ad individuare nellagalileiana matematizzazione della fisica le radici della crisidelle scienze europee. Un'operazione di attacco alla scienza e alsuo valore conoscitivo in grande stile, su tutti i fronti, la cui ecoè ancora possibile sentire oggi nella "gazzarra" sulle cellule sta-minali embrionali.

Per Ludovico Geymonat tale svolta «non potrebbe esserecompresa se non la si connettesse ai più importanti fenomeniche si produssero, in quegli anni, nel mondo economico-politi-co-sociale». In effetti questi furono gli anni in cui si venneroformando tra le grandi concentrazioni capitalistiche e i governi

delle più grandi potenze, legami sempre più stretti. Questi lega-mi si rafforzarono con la corsa agli armamenti, le conquistecoloniali e gli interventi nei paesi arretrati.

Sotto l'egida di partiti e movimenti politici conservatori siformò una compenetrazione di interessi tra i nuovi gruppifinanziari e industriali e i gruppi dirigenti delle forze armate,della diplomazia e della burocrazia, che contribuì in modo deci-sivo a scatenare la gara per la spartizione del mondo.L'esportazione dei capitali, determinata dalla caduta del saggiodel profitto nei paesi più industrializzati, determinò anche unaemigrazione di massa. Circa 8 milioni di persone provenientiper lo più dall'Europa meridionale e orientale, nei primi 10 annidel XX secolo emigrarono verso gli Stati Uniti, il Brasile,l'Argentina, il Canada, l'Australia, ecc. In altre parole divennepredominante la politica imperialista che ebbe come conse-guenza naturale la caduta del potere d'acquisto delle masse

popolari, il restringimento di tutti gli spazidi libertà democratico-borghesi per i cittadi-ni e l'estensione dell'immunità per i detento-ri del capitale finanziario.

In Italia, come ancora rileva Geymonat,«Questo processo è strettamente collegatocon una generale revisione della culturaborghese illuministica e positivistica, laica escientifica, oltre che al tentativo di neutraliz-zare il marxismo». Questa revisione aiutònotevolmente la formazione di un bloccooligarchico liberale dominante che siespresse sostanzialmente in una critica delvalore della scienza e in un'aperta rivendica-zione dell'intuizione in contrapposizionealla ragione.

«La corrente filosofica che meglioespresse il mutato compito ideologico-poli-tico del blocco liberale dominante - dice

ancora Geymonat - è stato l'idealismo, nella versione conserva-trice crociana e nazionalistico-attivista gentiliana». Tuttavia,questa reazione contro il pensiero scientifico non può capirsiappieno se non teniamo nel debito conto che grande fu la pauradelle borghesie nazionali europee all'apparire sulla scena poli-tica mondiale del movimento politico organizzato dei lavorato-ri che, per ben due volte, contestò ad esse il potere politico.

Con la Comune di Parigi del 1871, con la rivoluzione Russadel 1905 e con la grande rivoluzione d'Ottobre del '17, le clas-si dominanti europee non solo dovettero prendere atto dellanuova grande forza trasformatrice delle classi lavoratrici, maanche del fatto che esse apparivano come una grande protago-nista della storia moderna e, come dice Geymonat in Scienza erealismo, «esse hanno assunto da tempo un ruolo decisivo nellaproduzione ed è pertanto ben comprensibile che lo assumano intutte le attività della vita civile: dall'attività politica a quella cul-turale». La demolizione del marxismo e del socialismo diven-ne, da allora in poi per la borghesia, un fatto di primaria impor-tanza, e sotto il manto di un presunto "aggiornamento" e "rin-novamento", si contrabbandarono le concezioni più reazionariee le teorie più irrazionali. Nel ricordare le bizzarrie, le peggioriseduzioni e le più esecrabili follie di questo periodo, Eugenio

Lenin, di N. A. Andreiev

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Gramsci Febbraio 2006 9

SPAZZIAMO VIA IL GOVERNO BERLUSCONI

Garin, nella sua Storia della filosofia italiana dice: «Si comin-ciò per scherzo, con la spensieratezza di una gioventù irrespon-sabile, a invocare il momento in cui l'animale razionale cederàil posto all'animale creativo, e si finì col ravvisare l'animalecreativo in un Duce o in un Fuhrer».

Nei primi 10 anni del Novecento l'attacco al marxismo fusoprattutto diretto contro le sue basi materialistiche, e contro ledue fondamentali scoperte scientifiche di Marx: il materialismostorico e dialettico e il concetto di plusvalore mediante le qualiil socialismo, dalla fase utopistica, si trasformò in scienza.

Negli anni successivi fu la scienza ad essere presa di mira,cercando di presentarla come attività luciferina diretta control'umanità, opponendo, appunto, all'animale razionale (la scien-za), l'animale creativo (la fede). E' del 1911 la polemica tra ilmatematico Federico Enriques e Benedetto Croce relativa allavalenza culturale delle ricerche scientifiche. Ebbe la meglioCroce sostenendo che solo le menti universali o profonde pote-vano accedere alla cultura - ovvero alla filosofia e alla storia - eche, invece agli «ingegni minuti» si poteva concedere di inte-ressarsi di fisica e di matematica i cui enunciati altro non sonoche «ricette da cucina».

Oggi si preferisce attaccare la tecnologia avendola primaseparata dalla scienza. Si dice che la scienza deve essere liberadai condizionamenti dell'etica, della politica e della fede, men-tre la tecnologia deve soggiacere a norme e leggi che ci proteg-gano dai pericoli insiti nei processi tecnologici stessi. In altreparole si cerca di creare una frattura incolmabile tra scienza etecnica, tra l'homo sapiens e l'homo faber, tra teoria e prassi.

Ancora una volta è Ludovico Geymonat a darci l'indicazio-ne giusta. Egli dice in Scienza e realismo: «In effetti, rifletten-do sul concreto svolgersi della vita quotidiana e sull'effettivoprocedere della ricerca scientifica, non si può fare a meno diconcludere che la pratica è per lo più intrisa di teoria e la teoriaè intrisa di pratica, sicché appare estremamente artificiosovolerle considerare come del tutto distinte l'una dall'altra…( ).Ci sembra di poter concludere che i fattori teorici e quelli pra-tici dei nostri processi conoscitivi formano un'unità dialettica,onde non vi è nulla di illecito nel fare appello all'attività prati-

ca, quale criterio di verità da applicarsi alla valutazione delcarattere obiettivo dei risultati (pur sempre relativi) delle ricer-che scientifiche».

Su questi argomenti, ultimamente, è intervenuto anche ilprof. Enrico Bellone (Repubblica 20 luglio 2005) che nel dibat-tito sulla scienza dice:« In questi settori [ nei gruppi di ricerca]la separazione tra ciò che è ricerca pura e impiego di tecnichesta sfumando: sia che si indaghi in astrofisica, sia che si analiz-zi una cellula, l'impiego di manufatti di laboratorio è partecostitutiva della scienza cosiddetta pura, e poi ricade nel socia-le con multiformi applicazioni». Egli, inoltre, aggiunge, analiz-zando la nuova situazione che si è venuta a creare, «negli ulti-mi 60 anni l'architettura della comunità scientifica è radical-mente mutata.

Oggi a differenza di quanto accadeva sino alle soglie dellaseconda guerra mondiale, la comunità è popolata da milioni diricercatori e tecnici che lavorano in gruppi articolati. La muta-zione non è solo evidente a livello quantitativo. Essa scava nelqualitativo e se ne alimenta, in quanto i gruppi di ricerca, sem-pre più, utilizzano il lavoro di studiosi con competenze tra lorodistinte: chimici e fisici teorici, matematici e biologi collabora-no all'interno di un solo programma di ricerca».

Tuttavia il quadro non sarebbe completo se non si prendes-sero in considerazione gli avvenimenti politico-ideologici deglianni 1905-1913 in Russia, cioè gli anni della reazione diStolypin, che come disse Lenin, «fu un periodo veramente ori-ginale e ricco di avvenimenti istruttivi».

Tre anni dopo il fallimento della rivoluzione del 1905, ilmovimento operaio russo e il partito socialdemocratico attra-versarono un periodo di riflusso aggravato da una furiosarepressione zarista. Gli intellettuali, dopo essere stati in primalinea nel corso della lotta, si trovarono quasi tutti in uno stato diprofondo smarrimento. All'interno del partito affiorarono e sirafforzarono tendenze liquidatrici.

Nel suo articolo Questioni controverse Lenin analizzò que-sta deviazione dal marxismo mettendone in luce le radici stori-co-sociali e il loro significato di classe. Ma i liquidatori non silimitarono alla sola battaglia politica nel partito. Essi, nel solo

Archimede che respinge l’assalto dei romani grazie ai leggendari specchi ustori (affresco Galleria degli Uffizi, Firenze). Archimede, con le sue nume-rose e geniali scoperte contribuì alla strenua difesa della sua città di Siracusa, lungamente assediata, per terra e per mare, dai dominatori romani

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10 Febbraio 2006 Gramsci

SPAZZIAMO VIA IL GOVERNO BERLUSCONI

1908, dettero alle stampe ben 4 libri nei quali si sosteneva lanecessità di adottare nuove posizioni in filosofia, di "rinnova-re" il materialismo dialettico adeguandolo alle nuove scopertescientifiche.

Lo spunto credettero di trovarlo nella filosofia, allora dimoda e alla quale abbiamo già accennato, del fisico ErnestMach il quale, a sua volta, credette di aver trovato la chiave peril superamento sia del materialismo che dell'idealismo. Leninscorse, anzi era convinto, che esistesse uno stretto legame traqueste aberranti posizioni teoriche di Mach e le posizioni delgruppetto di "sinistra" russo. Così decise di intervenire controcoloro che egli chiamava «i discepoli russi di Mach» nelmomento in cui conduceva contro di essi una lotta inesorabilesul problema del boicottaggio della Duma. E, dopo aver lettoun incredibile numero di lavori scientifici e filosofici, scrisse,nel settembre del 1908, il libro Materialismo ed empiriocritici-smo con il quale si prefisse di raggiungere tre obiettivi:

1) difendere e sviluppare la teoria della conoscenza marxi-sta;

2) dimostrare che la cosiddetta "crisi dellascienza" non era altro che il travestimento filoso-fico di una rivoluzione scientifica, come verràaccertato negli anni successivi;

3) costruire un argine contro la deriva ideali-stica, peraltro già in atto in tutte le principalicapitali europee, ed impedire al giovane partitobolscevico di trasformarsi in un partito amorfo esenza guida teorica, come invece accadrà, pocodopo, ai partiti socialisti della secondaInternazionale.

La lotta per il raggiungimento di questi obiet-tivi forgerà il gruppo dirigente bolscevico e lometterà in grado di prendere il potere politiconell'ottobre del '17. Occorrerà aspettare più dimezzo secolo prima di poter riallacciare un seriodibattito sulla scienza, sul pensiero scientifico esul materialismo dialettico, quando verrà datoalle stampe nel 1974, per opera di un gruppo diprofessori di filosofia della scienza raccolti intorno a L.Geymonat (tra i quali il prof. Enrico Bellone),il volumeAttualità del materialismo dialettico. Dopo l'esaurimento dellafase crociana-gentiliana e quella del neopositivismo, L.Geymonat dice che in Italia «si è venuto formando un vero eproprio "vuoto" di idee cui gli indirizzi filosofici oggi imperan-ti in occidente non sembrano in grado di porre riparo». Il grup-po, inoltre, è convinto che questo «"vuoto" possa venire effi-cacemente colmato dalla ripresa di alcuni temi essenziali delmaterialismo dialettico di Marx, Engels e Lenin». Ma dopo lamorte di Geymonat, avvenuta nel novembre del '91, questabattaglia per il rinnovamento culturale italiano fu lasciata cade-re. Oggi che i problemi della scienza e della ricerca scientificasono tornati in primo piano, mentre la società italiana involveverso il sottosviluppo, l'arbitrio e l'oscurantismo religioso, col-mare questo "vuoto" diventa più che mai ineludibile. Per que-sta ragione il Centro Gramsci ha raccolto l'eredità che il com-pagno Geymonat ci ha lasciato, promuovendo nel gennaio2002 un convegno sul Pensiero unitario di L. Geymonat i cui

atti sono stati pubblicati nel febbraio 2004, ponendo comepunto di partenza e come parola d'ordine del convegno stesso,una sua intuizione: «Il fallimento dei vecchi fronti della cultu-ra sorti nel '45 è proprio da farsi risalire alla mancanza di corag-gio degli intellettuali di allora di fronte ai problemi culturali: alnon aver capito che, per rinnovare la cultura non bastava spro-vincializzare le nostre conoscenze in campo artistico, filosofi-co o scientifico, ma occorreva darle un nuovo vigore, un nuovoasse direttivo, una nuova impostazione ideologica, e che perfare tutto ciò occorreva innanzitutto instaurare un nuovo tipo dirapporto con le masse».

Oggi, grazie alle conquiste della scienza di questi ultimitempi, il materialismo dialettico ha trovato nuove conferme e,pur restando ancora confinato tra gli addetti ai lavori, ha aper-to nuovi spiragli di lotta, costringendo la classe al potere a rie-sumare morte teorie antiscientifiche nella speranza che Le mortsaisit le vif!. Ma perché queste grandi trasformazioni socialitrovino oggi adeguate rappresentazioni nella coscienza degli

uomini occorre un rinnovamento della cultu-ra e "un nuovo tipo di rapporto con le masse",nel senso di una scienza e di una tecnologia alservizio del progresso sociale.

Ed ha ragione Pietro Greco quandosull'"Unità" del 21 settembre scorso dice chela vecchia divulgazione non basta più e chetra scienziati e masse serve una pari dignità.Ed aggiunge: «Il futuro della scienza passa -lo si voglia o no - attraverso l'alleanza tra gliscienziati e le grandi masse… L'esplodere deifestival della scienza nelle città italiane e illoro successo di pubblico… ci dice che lagente intende partecipare da protagonista aldiscorso scientifico».

A queste parole bisogna solo aggiungereche ogni sala consiliare istituzionale locale,ogni altro luogo pubblico, piccolo o grandeche sia, debbano divenire una nuove "agorà",dove gli scienziati e i giovani ricercatori pos-

sano discutere e chiarire i problemi della ricerca scientifica coni lavoratori e la società civile per raccordarli con i concreti pro-blemi della vita, del lavoro e della società umana.L'insegnamento che ci proviene dalle grandi battaglie sostenu-te da Lenin e dal gruppo dirigente bolscevico, raccolto daGeymonat, è quello, dunque, che la classe operaia non può,nemmeno per un istante, lasciar cadere dalle sue mani l'armapiù affilata e potente: l'arma del materialismo storico e dialetti-co e la consapevolezza che per la sua emancipazione dall'op-pressione economica e spirituale, ha bisogno della scienza e delpensiero scientifico. In questo quadro e in questo processo diriconquista del nucleo vitale della nostra concezione delmondo, senza la quale nessun altro mondo è possibile, va inse-rita e chiarita la battaglia per l'unità dei comunisti, mobilitandole migliori forze del paese e le energie più nuove verso l'obiet-tivo della fondazione del partito comunista italiano. Su questastrada il Centro Gramsci da qualche anno si è messo e con deci-sione intende procedere per affrontare le future battaglie per ilrinnovamento della cultura e della società italiane.

Charles Darwin

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Gramsci Febbraio 2006 11

SPAZZIAMO VIA IL GOVERNO BERLUSCONI

IL 21 GENNAIOdi Raffaele De Grada

Ci troviamo qui per ricordare che 85 anni orsono siformò a Livorno, sotto la guida del compagnoAntonio Gramsci nel cui nome è stato costituito il

nostro Centro di Cultura, il Partito dei Comunisti Italiani. Laspinta era giunta dalla vittoriosa Rivoluzione russa che pro-prio allora, sotto la guida leggendaria di Lenin, completaval’organizzazione di questa immensa regione che fu chiama-ta l’Unione Sovietica.

Il sistema socialista era inedito, i comunisti russi lo pro-varono, dopo lo sfortunato tentativo della Comune di Parigidel 1871. Da allora la Storia ha macinato tanti eventi. I piùimportanti sono stati la Grande Guerra 1939-1945 quando igrandi sacrifici del popolo sovietico, dei Partigiani antifasci-sti d’Europa, e le truppe angloamericane hannoportato allasconfitta del nazifascismo e la faticosaripresa del sistema democratico parla-mentare. Più tardi, nel 1989, a conclu-sione di una lunga e intensa campagnaanticomunista, l’Unione Sovietica futravolta e ora i comunisti si vedono iso-lati nella loro lotta contro l’oppressionedel capitalismo.

Vi risparmio ogni retorica e polemi-ca e vengo all’oggi. Fortunatamente inItalia abbiamo ancora due partiti che sirichiamano al comunismo: sono ilPartito dei Comunisti Italiani e Rifon-dazione comunista. Ce li dobbiamo te-nere ben cari, muoverli e rafforzarlicome e dovunque possibile e auspicareal massimo la loro unità operativa epossibilmente politica.

Ma nel paese esiste una notevolemassa di persone che, insoddisfattadella liquidazione del comunismo com-piuta dai Ds, è incerta circa la effettivaconsistenza dei due partiti che si richia-mano al Comunismo, resta inerte nel-l’incertezza e non diciamo poi dei gio-vani che non hanno vissuto glli annigloriosi del comunismo e restano inerti in una incerta attesa.Pronti però, come dimostrano anche di recente i fatti dellaVal di Susa, a lottare pericolosamente per i loro diritti.Manca l’orientamento della politica, intesa prima di tuttocome orientamento sui fatti, giusta lettura dell’esistente.

Esempi recenti: i lavori nella Val di Susa per il collega-mento veloce con la Francia, sono effetto di inutile e puraspeculazione dei capitalisti oppure sono veramente necessa-ri? E chi ne controlla il costo e la distribuzione del denaropubblico? Le misure di Cofferati a Bologna erano veramen-te giuste e necessarie? Il Ponte di Messina è soltanto unaspeculazione della mafia siculo calabrese?

Durante la Prima Repubblica l’autorità dei comunisti

decideva ciò che era giusto e ciò che era sbagliato. Oggi que-sta autorità non esiste più e al parlamento quest problemigiungono soltanto con il velame dell’opportunità politica edelettorale. Ne consegue che, con la fine della PrimaRepubblica, tutto è stato affidato all’incertezza dei movimen-ti spontanei e allo stato di polizia che cresce di giorno in gior-no trasformando la nostra Repubblica in uno stato che affidatutto alla polizia. E’ l’inizio di una dittatura che si mascheradietro a un parlamentarismo vacuo e formale.

Che possiamo fare? Ricordo che il Partito Comunista chesorse a Livorno nel 1921 non aspirava soltanto a essere rap-presentato alla Camera e al Senato del tempo. Si proponevacome primo obiettivo quello di educare le masse verso la giu-stizia sociale e la vera libertà dei lavoratori e dei cittadini.

Il nostro Centro è stato costituitocon questo obbiettivo e noi, pur con lenostre modeste forze, ce ne sentiamo laresponsabilità. Innanzitutto nelle diver-se regioni dove siamo presenti dobbia-mo costituire gruppi di studio per larilettura obiettiva della storia del secoloscorso, sfrondandola di tutto ciò che lapassione politica, a destra e a sinistra,vi ha apportato. Questa è la primanecessità per il rilancio dell’idea comu-nista che non è morta con l’UnioneSovietica. Quando si riunirono aLivorno i Comunisti si era già organiz-zata nel primo dopoguerra la reazionecon la punta violenta del fascismo pro-tetto dai governi di Bonomi, Nitti e glialtri che pensavano di utilizzare il fasci-smo violento e assassino fino a che icomunisti fossero stati distrutti, comeavveniva in altre parti di Europa, perpoi continuare col tran tran parlamen-tare ad amministrare il capitalismo ita-liano. Che differenza c’è tra allora eoggi? Allora c’era la grande speranzadel comunismo che in un grande paese

com’era l’Unione Sovietica sembrava che realizzasse final-mente le idee che con l’Illuminismo erano fiorite dopo il buiodella Controriforma; ora, con il crollo dell’Urss, quelle spe-ranze appaiono frustrate e sembra che tutto sia da rifare.Perciò rimandiamo alla Storia: dopo l’Egitto dei Faraoniviene l’Impero romano, dopo l’Impero romano vengono iComuni, dopo le Signorie e la Controriforma, quindi giungo-no l’Illuminismo e la Rivoluzione francese e su fino a noi. Aperiodi di oscurantismo succedono illuminazioni e lotte cheriaprono sempre il progresso, come ci insegna G.B. Vico enon lui solo. Ma non ci possiamo abbandonare al flusso dellastoria com’era proprio delle società contadine che si affida-vano al rifiorire annuale delle stagioni con l’unica fiducia in

Da sinistra: Raffaelle De Grada e Mario Geymonatdurante il suo intervento. Milano, Sala Guicciardinidella Provincia, 21 Gennaio 2006. Dopo il saluto di

Francesca Corso (Ass. Prov. Pdci) c’è stata la relazione di Raffaele De Grada seguita

da diversi e importanti interventi.

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12 Febbraio 2006 Gramsci

SPAZZIAMO VIA IL GOVERNO BERLUSCONI

Dio e si ricordavano che esiste unoStato soltanto quando dovevano pagarele tasse. Ricordiamo l’ammonimentodi un grande rivoluzionario dell’Otto-cento Henri Barbusse: ”… Gli operaidel pensiero sono sempre al principiodel dramma interminabile che è la sto-ria degli uomini” Serve ancora perindicare a noi “operai del pensiero”qual è il nostro dovere ancora oggi.Noi oggi viviamo in un clima che appa-re migliore di quello del 1921. E’ vero,non imperversano le squadre fasciste.Ma nel 1921un grande giornalecom’era il Corriere della Sera eradiretto da un liberale puro come eraLuigi Albertini, decisamente antifasci-sta. Oggi la stampa è tutta assiepatadietro a Berlusconi, Casini, Fini e inpiù c’è la Televisione che forma lamentalità della maggioranza degli ita-liani. Negli anni 60-70 gli operai e glistudenti lottavano per ottenere scuole eospedali. Oggi la borghesia ha privatiz-zato scuole e ospedali, i ricchi e laChiesa sono soddisfatti, ma la gentepovera ha perso perfino la coscienzadei propri diritti. Negli ultimi decenni,più che i partiti politici ,è la Chiesa chesi è impadronita della cultura italiana, direttamente e attra-verso la trionfante organizzazione di Comunione eLiberazione. La Sinistra ha sottovalutato, orientandosi alcattolico Prodi, questo problema che riguarda invece diretta-mente un Centro come il nostro che non invita certo all’anti-clericalismo ma a riportare dove e come possibile una cultu-ra laica, come era almeno quella dell’Ottocento, ai tempi di

Verdi e di Carducci. I nostri pochimezzi ci invitano, vorrei dire cicostringon o, a consigliare una orga-nizzazione regionale,non strettamentetale, soprattutto nel Mezzogiorno, inmodo che i compagni ed amici nonsiano costretti a lunghi e costosi trasfe-rimenti e si possano riunire spesso,demandando a più rare riunioni nazio-nali l’informazione e il dibattito sullalinea generale del Centro di cui, fino ache vorrete, mantengo la Presidenza.Mantenendo ognuno di noi il proprioimpegno per le imminenti elezioni,non confondiamo il nostro Centro conil dibattito elettorale. Da “La Voce” a“Lacerba” a “Corrente” e le piccoleriviste del tempo fascista, noi “operaidel pensiero” intendiamo andare oltrele scadenze elettorali per riformare inun clima che ricorda quello del perio-do fascista una cultura libera e concre-ta mantenendo gli ideali del comuni-smo e del socialismo che non sonomorti ma ben vivi. La data del 1921 èpreziosa. Chi si associa nel 2006 alGramsci compie un atto di fiducia e disperanza e soprattutto un atto di volon-tà culturale e politica. Chi vi parla è

uno che ha percorso dagli anni trenta in poi la storia delcomunismo italiano e internazionale. Finchè sono vivo inten-do andare avanti con fiducia nelle nuove generazioni chevedranno certamente tempi migliori e perciò vi invito a rin-novare questa fiducia associandovi al nostro Centro Gramsci.La data del 21 Gennaio 1921, senza retorica, ci conforta aquesto fine.

CREARE E RAFFORZARE LE RAPPRESENTANZE SINDACALIdi Mimmo Colaninno

Care Compagne e Cari compagni,ringrazio il Centro Gramsci per aver organizzato questa iniziativa per l’unità dei comunisti proprio in occasione del 85° dellanascita del Partito comunista d’Italia. Penso che il miglior contributo che posso dare a questo interessante dibattito, è fare rife-rimento alla mia realtà quotidiana di lavoratore del sud. Lavoro in una fabbrica dell’Indotto di Gravina in Puglia del Distrettodel salotto, del c.d. “Triangolo del salotto” che comprende Altamura, Santeramo e Matera. Questo settore, che da almeno 20anni traina l’economia della Murgia e che occupa circa 14.000 lavoratori in tutto il Distretto, è da un anno in crisi e questocomporta ovviamente Licenziamenti in tronco, Cassa intregazione, Mobilità. Questa crisi piombata all’improvviso, sta pro-ducendo una vera e propria catastrofe sociale in tutto il territorio. Il vero dramma è che questa crisi è interamente gestita dallaclasse padronale, mentre i lavoratori assistono pagandone le conseguenze. Questo succede perché su circa 14.000 lavoratoripochissime sono le rappresentanze sindacali (RSU e RSA) e ciò significa che non abbiamo nessuna organizzazione che mettain discussione la strategia padronale. Il sindacato viene chiamato in causa solo quando la crisi è endemica e non può fare altroche cercare di tamponare i danni per i lavoratori. La lotta di Melfi ci insegna che l’unità dei lavoratori e delle loro rappresen-tanze sindacali è l’unica strategia possibile per la classe operaia al fine di controbattere l’arroganza dei padroni. I comunistidevono lavorare nelle fabbriche e tra gli operai per creare e rafforzare i Consigli dei lavoratori, unico strumento per l’eman-cipazione dallo sfruttamento disumano del capitale.

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Gramsci Febbraio 2006 13

SPAZZIAMO VIA IL GOVERNO BERLUSCONI

LOTTA TEORICA DI CLASSE di Andrea Zirotti

Desidererei innanzitutto ringraziare i compagni delCentro Gramsci di Educazione e Cultura, oltre cheper l’invito che mi hanno rivolto, soprattutto per aver

organizzato questa iniziativa. Ritengo che essa abbia un rile-vante significato politico perché ripropone all’ordine delgiorno – come testimoniato anche dalla stessa data, così spe-ciale - la questione comunista in un contesto che presentaalcune serie difficoltà, che non intendo ora nemmeno tentaredi enunciare. Mi limiterò a porre all’attenzione dei presentialcuni temi relativi alla questione della teoria.

Al proposito, so che da tempo ilpensiero di Ludovico Geymonat è unriferimento fondamentale per i com-pagni del Centro Gramsci. Gli echiche di esso si potranno scorgere inquanto dirò testimoniano l’influenzache su di me tale pensiero ha eserci-tato, almeno nei limiti in cui io lo hoconosciuto e compreso.

Oggi in Italia la sinistra, anchequella “di alternativa”, non poggia suun impianto teorico forte e condivi-so. Questa affermazione rimane vali-da, pur per motivi diversi, ancherestringendo il campo a ciascuno deidue partiti che si richiamano alcomunismo, PRC e PdCI. In molti asinistra, forse la maggioranza, non sipongono neppure il problema dellateoria; non pochi poi respingonol’idea stessa, magari con frasi altiso-nanti contro la fossilizzazione delpensiero e per la libertà di critica.

Eppure, lo stesso processo diconoscenza della realtà non è un pro-cesso neutrale.

Quando osserviamo il mondo,magari interrogandolo, lo facciamosulla base di ipotesi più o meno esplicite: ad esempio riguar-do cosa e come osserviamo e come distinguiamo ciò che èimportante da ciò che è meno importante. È ciò che già “sap-piamo” che ci guida, che riceve conferme e smentite, che sievolve. L’organizzare le idee, lo stabilire nessi, non è certoindipendente da chi lo compie, né dal contesto materiale eculturale in cui si trova: non è un processo neutrale. Neppurela stessa spiegazione scientifica lo è, sia nelle premesse sto-riche che la rendono possibile, sia nei suoi effetti teorici epratici.

L’individuo si va quindi formando una propria concezio-ne del mondo, un’ideologia. Non mi pare affatto, dunque,che la conoscenza della realtà, sia, in generale, una questio-ne naturale, immediata o di “buon senso”.

Anche un soggetto collettivo, specialmente un partito

politico, sviluppa una propria concezione del mondo. Questaconcezione può essere più o meno esplicita, più o menoampia e profonda, più o meno coerente, più o meno rigida,più o meno condivisa, ma c’è. In quanto soggetto collettivo,il partito ha una notevole complessità; conoscenza e prassicollettiva si intrecciano in esso indissolubilmente. Non vedoperché, se non per la nostra debolezza, ci dovremmo accon-tentare di ridurre questa complessità a poco più di una imme-diata sommatoria di rivendicazioni che spontaneamente siproducono grazie al “buon senso”.

Il senso comune è un prodottostorico, formato dall’intreccio dinumerose influenze passate e pre-senti (si pensi alla potenza dei mezzidi comunicazione di massa): nonvedo come possa essere assuntocome fondamento di una qualsivo-glia autonomia di critica, tanto menoda chi punta al cambiamento; unatale assunzione mi sembra piuttostoun fattore decisivo di subalternità alcorso della storia e quindi a chidetiene il potere, all’avversario diclasse, che porta invece avanticostantemente la propria battagliaideologica. E non ritengo sia soloquestione, qui, di ricordarsi chel’ideologia dominante è l’ideologiadella classe dominante e quindi ilvecchio adagio per cui la lotta diclasse si svolge non su due ma su trepiani, ponendosi accanto alla lottaeconomica e politica anche quellateorica. Vorrei soffermarmi unmomento su un altro aspetto, chenon presuppone il riconoscimentodella lotta di classe.

Il senso comune, anche quando èin perfetta buona fede e non è “piegato” da forzature ideolo-giche, può ingannarsi facilmente e presto mostra i proprilimiti. La scienza moderna, fin dai suoi esordi, ci mostracome i principi alla base delle teorie scientifiche vere possa-no essere in contrasto col senso comune. L’esperienza nonpare suggerire, ad esempio, che un corpo non sottoposto adalcuna forza si muova a velocità costante. Ma c’è di più: sonostate necessarie le rivoluzionarie teorie novecentesche dellarelatività einsteiniana e della meccanica quantistica percominciare a descrivere fenomeni fisici in ambiti che lemasse, nella loro esperienza quotidiana, non dominano.Ebbene, queste teorie sono incardinate su principi controin-tuitivi, che conducono a una profonda revisione di concettifondamentali e apparentemente banali come quelli di spazioe tempo. Cosa ne è però delle vecchie rappresentazioni di

Albert Einstein

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spazio e tempo, parimenti scientifiche ma più vicine al nostrosenso comune? Nel quadro più generale fornito dalla relati-vità, essi sono solo un’approssimazione della realtà, un’ap-prossimazione utilizzabile per corpi lenti. Dunque, il mondonon è come ci appare, persino se lo osserviamo servendocidelle scienze esatte: non solo c’è l’ignoto, ma le ripercussio-ni di un ampliamento della conoscenza su ciò che ci era giànoto possono sconvolgere le basi stesse delle nostre conce-zioni, anche se sono scientificamente fondate. Anche unaverità che pare inoppugnabile, anche la verità che oggi rite-niamo più solida come quella scientifica non lo è in via asso-luta; la nostra conoscenza, proprio perché è “l’occhio del-l’uomo sul mondo”, è modificabile, è anch’essa storicamen-te determinata.

Ho il forte sospetto che anche nella pratica politica unserio e democratico sviluppo della conoscenza del mondo –nella sua unitarietà – potrebbe portare a far piazza pulita didiverse idee svelatesi, a quel punto, falsi ideologici o appros-simazioni grossolane. Sono invece convinto che la via dellostudio e della ricerca teorica come parte organica della lottapolitica ridurrebbe la nostra ignoranza e il nostro disorienta-mento e porrebbe le basi per superare le pratiche anguste acui a sinistra ci stiamo abituando ormai da anni.

Viene davvero alla mente il Gramsci costruttore del PC.Anche nel primo PCI, Gramsci dovette continuare a battersicontro i segni della tradizione massimalista del socialismoitaliano, in cui pressappochismo ed estremismo verbale sfo-ciavano nell’impotenza pratica. Emblematico l’articolo chenel ‘23 Gramsci, da più di un anno a Mosca, inviò a un gior-nale di giovani comunisti milanesi. In quell’articolo, signifi-cativamente intitolato “Che fare?” [A. Gramsci, “Sul fasci-smo”, Ed. Riuniti, 1973], Gramsci affermava: "Sembra chein Italia non si sia mai pensato, mai studiato, mai ricercato.Sembra che la classe operaia italiana non abbia mai avutouna sua concezione della vita, della storia, dello sviluppodella società umana. Eppure la classe operaia ha una sua con-cezione: il materialismo storico; eppure la classe operaia haavuto dei grandi maestri (Marx, Engels) che hanno mostratocome si esaminano i fatti, le situazioni, e come dall'esame sitraggano gli indirizzi per l'azione." E avvisava che un talepercorso di ricerca necessita innanzitutto di "fissare i criteri,i principi, le basi ideologiche della nostra stessa critica",necessita cioè di partire dallo studio del marxismo.

Chi oggi è comunista, o si dichiara tale, si lega ad una sto-ria precisa, che dal “Manifesto del Partito Comunista” del1848 ha visto l’opera dei grandi maestri sopra richiamaticonquistare un’ampia egemonia nel proletariato e notevolisviluppi di queste concezioni, anche diverse tra loro. Laluminosa rivoluzione d’Ottobre non sarebbe stata possibilesenza una continua attenzione al lato teorico del movimentooperaio, non sarebbe stata possibile senza una risoluta deter-minazione a mantenere nel marxismo l’ininterrotta analisiconcreta della soluzione concreta.

È troppo chiedere che gli stessi comunisti non si sbaraz-zino di questo patrimonio e, anzi, investano su di esso? Nonpenso proprio che la sconfitta storica lo abbia dimostratoinservibile, sebbene essa ha certamente posto notevoli pro-

blemi teorici. Ritengo che la questione della attualità delmarxismo sia invece da porsi e riproporsi continuamente espregiudicatamente. Dire poi che il mondo è cambiato è unabanalità. Dedurne automaticamente la rottamazione del mar-xismo è insostenibile. Penso che avesse completamenteragione L. Geymonat quando affermò che si tratta invece "diapplicare lo stesso metodo rigoroso, scientifico, spregiudica-to, che Marx ha applicato allo studio del capitale, del capita-lismo della sua epoca e delle epoche immediatamente prece-denti, di applicarlo anche allo studio della forma di capitali-smo che oggi abbiamo e che è davvero uno sviluppo del capi-talismo precedente. Noi non possiamo dimenticare i legamitra il capitalismo di oggi e quello precedente e così non pos-siamo dimenticare i legami tra la classe antagonista di quel-la capitalista oggi e nel secolo scorso…" [dal discorso del1987 riportato in Marxismo Oggi 2002/2]. Mi par di poterdire che, tra “innovazione” e “continuità”, Geymonat sceglie,con Lenin, l’approfondimento e la dialettica e, ancora conLenin, indica nella storia della scienza un esempio di dialet-tica. Sottoporre una teoria a critica, fino a negare alcune pro-posizioni originarie, non significa buttare a mare tutto il con-tenuto di quelle stesse proposizioni e il quadro di cui fannoparte. Le negazioni conducono invece "a un livello più pro-fondo", a una nuova sintesi, se arrivano ad investire i limitidella teoria salvaguardandone il contenuto di verità. Vorreisegnalare che questo concetto di “verità relativa”, semprepassibile di approfondimento, che è stato così centrale perl’ultimo Geymonat, è stato recentemente riproposto da FabioMinazzi sulle pagine de l’Ernesto.

Coloro che liquidarono il PCI negarono il marxismo noncerto per approfondirlo; lo negarono buttando tutto a mare,per demolirlo. Un serio dibattito su un tema di quelle propor-zioni e di quell’importanza avrebbe richiesto una discussio-ne di ben altro tipo. Evidentemente altri erano gli interessiche muovevano Occhetto e compagni e altri erano gli appro-di già predisposti da tempo, come gli stessi protagonisti oggiammettono. È il caso di aggiungere che si è poi rapidamentearrivati, per quella via, alla negazione non del marxismo, ma- con l’ingresso nell’ordine ideologico altrui, fino ad alloraavversario - dell’esercizio del pensiero. È un annullamentoche l’ordine capitalistico diffonde e impone nel mondo a pro-pria garanzia. Non per nulla, come giustamente ricorda spes-so Luigi Pestalozza - anche sulle colonne di Marxismo Oggi[2002/2] - alla metà circa degli anni novanta la Confindustriapresentava il suo progetto "per un sistema formativo, acominciare dalla scuola, mirato e conseguentemente organiz-zato a “formare menti esenti dal pensiero critico”". Alloraoccorre mantenere alto il livello delle battaglie democraticheper l’istruzione, la cultura e l’informazione e sottolinearne ilsignificato nella lotta generale per l’emancipazione dei cetisubalterni.Ovviamente indicare una necessità non basta. Occorre avereun’analisi del contesto per inquadrare il problema, discuter-ne le cause e proporre una azione positiva. Sebbene, come hodetto all’inizio, è proprio ciò che qui non ho fatto, vorreiperò, concludendo, arrischiare alcune battute. La attuale situazione si inscrive in rapporti di forza larga-

14 Febbraio 2006 Gramsci

SPAZZIAMO VIA IL GOVERNO BERLUSCONI

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Gramsci Febbraio 2006 15

SPAZZIAMO VIA IL GOVERNO BERLUSCONI

Cari compagni, carecompagne innanzi-tutto vi porto il salu-

to di tutti i lavoratori dellaFIAT-SATA e dell’Indottodel sito industriale di Melfi.Vi ringrazio di cuore per l’in-vito fattomi, sono veramenteonorato di essere qui.

Sono onorato, semplice-mente, per due motivi: uno acarattere fraterno, in quanto èsempre bello e costruttivoritrovarsi tutti insieme, oconoscere, come in questocaso, nuovi compagni enuove compagne; l’altro acarattere storico, con il ricor-do a distanza di 85 anni dellanascita del più grande Partitoche la storia d’Italia ci abbia consegnato.

Negli anni passati, nei mesi scorsi, in questi giorni, tuttiabbiamo avuto modo di costatare quello che MARX nel“Manifesto” scriveva su “borghesi e proletari”, cioè la storiadi ogni società sinora esistita è storia di lotte di classi.

La moderna società borghese, sorta dalla rovina dellasocietà feudale, non ha eliminato i contrasti fra le classi.

Essa ha soltanto posto nuove classi, nuove condizioni dioppressione, nuove forme di lotta in luogo delle antiche.

E’ quello che avviene oggi, se pensiamo a com’è struttu-rato il mondo del lavoro. Basti pensare alle condizioni di

lavoro, ai carichi di lavoro, allepressioni, alla cancellazionedei diritti con la famosa Legge30, alle discriminazioni chetutti i giorni subiscono i lavora-tori sui posti di lavoro.

In ultimo la vicenda sul rin-novo del contratto dei metal-meccanici, conclusasi l’altrogiorno, ora al vaglio dei lavora-tori attraverso il referendum.Una vicenda che vedeva da unaparte i “borghesi” nelle vestidei padroni di Federmeccanicache rispondevano alle richiestedei “proletari” nelle vesti deilavoratori, con offerte inaccet-tabili al fine di ridurre ulterior-mente i diritti dei lavoratori, incambio di una manciata di

denaro. Come in passato, anche questa volta e per il futuro,bisogna che tutti noi ci interessassimo delle questioni ineren-ti al lavoro, e determinati ad ostacolare qualsiasi forma disfruttamento e sottomissione della dignità delle persone den-tro e fuori la fabbrica.

Ecco perché bisogna proseguire l’attività intrapresa, inquanto sono ancora tante le situazioni da risolvere. Melfi harappresentato una svolta nella politica sindacale italiana.Quei giorni hanno significato molto, hanno fatto di Melfi unpunto di riferimento per migliaia di metalmeccanici italiani.A distanza di circa due anni, il ricordo è ancora vivo, vuoi

DELEGATO FIAT ALL’85° DELLA FONDAZIONE DEL PARTITO COMUNISTA

di Francesco Di Cugno

mente sfavorevoli da almeno 15 anni. Penso comunque checi sia un nesso forte e reciproco tra la “crisi del marxismo” eun'altra crisi molto preoccupante che si sta facendo semprepiù evidente: quella del rapporto tra sinistra (o anche: tracomunisti) e classe lavoratrice. In questo nesso vi vedo anchele questioni del progetto politico e dello stato delle organiz-zazioni della sinistra. Forse il prestare attenzione ad ogniaspetto di ciascuno di questi problemi contribuisce a fare unpasso avanti anche agli altri.Sarebbe più che auspicabile che il lavoro di critica, di svilup-po del marxismo, di analisi dell’odierno capitalismo, vedes-se una qualche unità, certo dialettica, di tutti coloro che vi siimpegnano, nell’ambito di un fecondo rapporto con le masse.E che questo lavoro vivesse e si sviluppasse nei partiti, nelsindacato (la CGIL, innanzitutto), nei movimenti, ponendomagari anche esplicitamente la questione del pensare, eragionando anche di pensieri lunghi in questa società dove

molti, giovani e non solo, sono alla ricerca di senso. La ricer-ca della massima unità politica possibile dei marxisti, deicomunisti, nell’ambito di una diversa e più ampia unità anti-fascista, segnerebbe un grande passo in avanti. La lottaall’ordine del giorno incalza: rinsaldare il rapporto tra lemasse lavoratrici e con le masse lavoratrici, migranti inclusi,per cambiare non solo i musicanti al Governo, ma anche laloro musica, e per difendere la Costituzione antifascista. Inun quadro internazionale in movimento e non privo di aspet-ti positivi, in Italia l’emergenza sociale va montando e i rifor-misti, che già hanno fallito, non sembrano rispondere ade-guatamente. I messaggi forti e chiari ai lavoratori con le proposte su lavo-ro, diritti, pace andrebbero lanciati e resi credibili dalla sini-stra. Quali responsabilità si assumerebbero i comunisti senon lo facessero? In quali condizioni ci ritroveremmo in talcaso noi classe lavoratrice ed il nostro Paese?

Archimede intento a effettuare esperimenti sui liquidi

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16 Febbraio 2006 Gramsci

SPAZZIAMO VIA IL GOVERNO BERLUSCONI

per quello che hanno rappresentato quei giorni, vuoi perquello che possono offrire alle nuove generazioni della clas-se operaia. Questo grazie al grande impegno e alla determi-nazione dei compagni delegati (il cosiddetto“Coordinamento dei Delegati comunisti”) che alla fine sonoquelli che hanno il contatto giornaliero con i lavoratori, quel-li che tengono il polso della situazione all’interno delle fab-briche e che permettono di capire la vera condizione deilavoratori e quindi le iniziative da mettere in campo.

Ecco perché serve, a mio modo di pensare, senza solleva-re alcun tipo di polemica, un maggior coinvolgimento, piùfiducia, meno centralismo nelle decisioni, all’interno delgruppo dirigente sindacale, per aiutare a costruire un solidorapporto con i delegati e una grande forza capace di dare legiuste risposte ai problemi dei lavoratori. I conflitti socialinon accadono mai per caso e quello che si è sviluppato aMelfi trae origine dalle specifiche caratteristiche con cui èstato pensato, progettato e costruito lo stabilimento.

Nel panorama Fiat, Melfi siconfigurava come un modelloproduttivo e sociale completa-mente autonomo e differentedalle altre aziende del Gruppo.Si deve ricordare, infatti, chequesto stabilimento è natoall’inizio degli anni ’90 sull’on-da dell’affermazione dei model-li para-giapponesi di organizza-zione della produzione.

Anche le organizzazioni sin-dacali furono coinvolte unitaria-mente nella realizzazione delmodello produttivo e contrattua-le, attraverso una serie di accor-di che definirono alcune modali-tà di prestazione che oggi sono contestate dai lavoratori. Inrealtà, le organizzazioni sindacali avevano sottoscritto alcuniaccordi, come quello sull’orario di lavoro, ancora prima del-l’avvio dello stabilimento e sotto il peso di una pressioneesplicita da parte della Fiat che non mancava di ricordare alsindacato la possibilità di portare i nuovi investimenti pro-duttivi in qualche altro paese.

In origine, quindi, il nuovo stabilimento aveva tutte lecondizioni per aprire una pagina nuova nel campo dell’orga-nizzazione produttiva e delle relazioni sindacali: un costo dellavoro inferiore del 12% circa rispetto agli altri stabilimentiFiat Auto, una forza lavoro giovane e scolarizzata che garan-tiva un’efficienza produttiva molto elevata attraverso metodie metriche del lavoro che innalzavano la produttività del 25-30% rispetto alle altre imprese del Gruppo, orari di lavoroche garantivano un utilizzo degli impianti molto intenso. Insostanza, i lavoratori di Melfi guadagnavano un po’ di menodegli altri lavoratori Fiat, lavorando molto più intensamentee con orari di lavoro più impegnativi.

Questo modello organizzativo doveva essere regolato daun sistema di relazioni sindacali “partecipative” di cui lecommissioni congiunte tra i rappresentanti dell’azienda e

quelli sindacali, stabilite nell’accordo del 1993, dovevanoessere la sperimentazione e il terreno di coltura.

In realtà, lo stabilimento di Melfi si è caratterizzato perefficienza e produttività, ma il

modello di partecipazione è rimasto molto debole e haavuto un’evidente involuzione. In definitiva, la protesta deilavoratori di Melfi è il prodotto delle contraddizioni irrisoltedi quel progetto. Si è registrata in sostanza, l’unità di classeintorno alle rivendicazioni dei quattro punti fondamentalidella vertenza: a) parificazione salariale con gli altri lavora-tori del gruppo Fiat; b) superamento della doppia battuta eriorganizzazione dei sistemi di orario; c) miglioramento dellecondizioni di lavoro e di sicurezza; d) rispetto delle relazionisindacali. Dopo quella lotta tanti lavoratori e lavoratricihanno preso la coscienza della grande forza contrattuale pos-seduta e che se messa in campo attraverso un corretto rappor-to con le “Rsu” e il sindacato, al momento opportuno, si pos-sono conseguire risultati importanti.

Risultati che poi vanno este-si all’interno di un contesto piùampio, per rafforzare l’interotessuto industriale italiano,indebolito dal modo di come siè imposta , negli ultimi anni, lagrande impresa, volta a divorarerisorse, i profitti destinati allaspeculazione finanziaria piutto-sto che alla ricerca e all’innova-zione tecnologica, il cosiddettoconcetto di MARX quandoparla di “plusvalore”, dove l’au-mento di denaro di una merce,ossia la forza-lavoro, trasformail denaro stesso, ossia il lavoroprodotto, in capitale.

Solo rafforzando l’intero tessuto industriale italiano, dasempre risultato il principale volano di crescita dell’econo-mia nazionale, siamo in grado di rendere competitivo ilnostro Paese in Europa e con l’Europa nel mondo. E sicura-mente la competitività non la si ottiene con proposte avan-zate tipo la riduzione del costo del lavoro, come qualcunovuol far credere. Anzi, voglio ricordare un dato di fatto dinon poca rilevanza, che una famiglia composta da due perso-ne con un reddito mensile di 1.000 euro non riesce ad arriva-re a fine mese. Pertanto una proposta ci sarebbe, ed è quellache sto per avanzare. Poiché la produttività dei lavoratori ita-liani è tra le più alte al mondo e la prima in Europa, i salariitaliani ed il costo del lavoro si collocano ben al di sotto dellamedia europea, ed i padroni distribuiscono aumenti salarialiin modo unilaterale dividendo i lavoratori, chiedo che siadata una giusta risposta alla richiesta di un incremento disalario, che da un lato tuteli il potere d’acquisto e dall’altroavvicini i redditi dei lavoratori italiani a quelli europei.

Ciò significa avere una idea chiara e non confusa o assi-stenziale di politica industriale, che manca da troppi anni.Non mi stancherò mai di dire che tutte le forze comuniste delpaese dovrebbero compiere uno sforzo di unità, come è stato

Ludovico Geymonat

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Gramsci Febbraio 2006 17

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il ruolo decisivo del Coordinamento dei Delegati comunisti,unitisi superando le diverse appartenenze di partito.

Questa ritrovata unità consentirebbe di porre meglio alcentro dei propri programmi un rinnovato impegno per illavoro e i diritti appunto, quali questioni prioritarie basate sudi un nuovo modello di sviluppo incentrato sulla dignitàdella persona umana. Non bisogna più commettere erroricommessi in passato, soprattutto in materia di democrazia esviluppo del lavoro, con l’approvazione della legge sulla“rappresentanza sindacale” nei luoghi di lavoro, impedendocosì ai datori di lavoro di scegliersi gli interlocutori sindaca-li, battersi con tutte le forze per la cancellazione della Legge30.

Le persone, i lavoratori hanno tutto il diritto di vivere intranquillità il presente e organizzare il futuro per i proprifigli, un futuro fatto di diritti, che oggi rischiano di venirmeno. Voglio concludere, rivolgendomi a tutti i presenti, masoprattutto ai più giovani, alla nuova generazione del futuro.

Vedete compagni, l’esperienza di Melfi vissuta per 21giorni lunghi e difficili da tutti i punti di vista, è servita a meper consolidare ancora in maniera più forte la consapevolez-za che nessuno può cancellare i diritti conquistati da chi ci hapreceduto negli anni passati con tanto sacrificio.

Perché se a Melfi le cariche della polizia hanno portatotensione e qualche lavoratore ferito, negli anni scorsi, qual-cuno ha perso la propria vita.

Se si pensava di asportare il modello FIAT-SATA cosìcome programmato sin dall’inizio, oggi l’unica cosa daasportare è la “lotta dei 21 giorni” in tutti quei luoghi di lavo-ro dove si mette in discussione la democrazia.

Chiudo, e questa volta davvero, ricordando il passato,ossia gli uomini che hanno contribuito alla missione delcomunismo, uomini che hanno fatto la storia d’Italia,Gramsci, Togliatti e Berlinguer con la speranza di costruireun futuro più giusto e umano che possa arginare la derivareazionaria del capitalismo.

Ad 85 anni dalla nascita del Partito Comunista d’Italiaoggi noi, eredi di quella storia, non possiamo per-metterci la mera celebrazione nostalgica: siamo qui,

ritengo, per cercare insieme di ritrovare la via tracciata da chici ha preceduto, perché l’esperienza vivifichi e porti frutto.

Quale che sia la nostra odierna collocazione partitica noisiamo chiamati a prendere atto della nostra questione gene-razionale: noi siamo, cioè, coloro cui spetta l’ingrato e gra-voso compito di raccogliere, piegando la schiena, e possibil-mente ricomporre i cocci di una disfatta epocale, quella del1989, che vide sgretolarsi, insieme al muro di Berlino, unintero modello di società, un’epoca, una via al socialismo e,tra i tanti, incoscientemente, il Partito Comunista Italiano. Neportiamo addosso i segni, divisi, frustrati, umiliati quotidia-namente dal pensiero borghese dominante, dalla storiografiaegemonica, perfino dal sentire comune.

Nulla mi distoglierà mai dalla convinzione profonda che,tra le cause delle nostre difficoltà a riemergere dal buio diquegli anni, vi sia l’assenza di una seria, collegiale, parteci-pata e condivisa analisi di que-gli eventi e delle loro cause:ciascuno ha fatto e detto la sua,ciascuno ha tratto le sue con-clusioni, chi ripudiando, chipresumendo di correggere, chilimitandosi al rimpianto.Analisi materialistica, dialetti-ca, storica, di classe, poca,troppo poca.

Certo, è compito che nonspetta a me oggi, ma ho unacertezza, che sarà il punto di

partenza di tutto il mio ragionare: la nostra sconfitta NON èstata la vittoria del capitalismo, NON ha segnato la fine delmarxismo, NON ha decretato la fine della Storia. Le bizzar-re utopie di Fukuyama, sia pur sbiadite dall’evidenza deifatti, sono state ormai beatificate ed introiettate dalla borghe-sia assurgendo a dogmi, ma la fragilità della loro egemonia èscritta nella fase e nella Storia, quella stessa Storia che avevagià decenni or sono bocciato senza appello il lassaiz fair diHarding, Coolidge ed Hoover sancendo l’inapplicabilità delmercato quale forza propulsiva del progresso dell’umanità.Ma a volte, ritornano! La borghesia riscrive la Storia a suopiacimento ed ha riportato le lancette delle idee indietro dialmeno 70 anni. In realtà il 1929 non fu l’inizio della fine, mala spia di un modo di produzione già allora putrescente dadecenni e che già denunciava i sintomi della sua fase termi-nale, quella imperialistica, tanto lucidamente preconizzata daLenin.

Fusione di capitale bancario e produttivo, nascita ed ege-monia del capitale finanziario sulle risorse produttive e sulla

loro gestione politica, uso stru-mentale degli stati e “guerra trabande” per il controllo delleultime risorse e dei mercati.Crisi sovrapproduttiva struttu-rale, che viene affrontatamirando a ridurre il costo delcapitale fisso, ad incrementareil saggio di plusvalore ed adistruggere le forze produttive.In tal modo il capitale decretacon le sue stesse mani la pro-pria imminente fine, ma rischia

UNITI SULLA VIA DI GRAMSCIdi Marco Calvarese

…"IV. Nel campo ideologico e culturale, il mondo stasubendo una sorta di crociata conservatrice ed oscu-rantista a causa della quale i valori umanisti e progres-sivi vengono sostituiti da ogni sorta di espressione del-l'irrazionalismo, dell'individualismo, del pragmatismo edel cosmopolitismo, celati dietro la maschera di malin-tese ideologie sedicenti postmoderne e multicultura-li."…(estratto dalla Risoluzione dell'XI Congresso del Partitocomunista del Brasile (PcdoB), svolto l'otto settembre 2005).La stesura integrale della Risoluzione è presente nel sitowww.laviadelcomunismo.it

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18 Febbraio 2006 Gramsci

SPAZZIAMO VIA IL GOVERNO BERLUSCONI

di trascinare nel baratro l’intero pianeta! Fame, guerra permanente, preventiva, umanitaria, guerra

in tutte le salse, uso di armi di sterminio, una sola superpo-tenza al di sopra di ogni legge e al di fuori di ogni controllo,tribunali speciali, sospensione delle garanzie costituzionali,poteri illimitati ai servizi segreti, campi di concentramento,rapimenti di stato, viaggi della tortura, omicidi più o menomirati, stragi impunite, intere città gasate, bruciate, rase alsuolo (dal fosforo o dagli uragani)di fronte all’impotenza delle sedi-centi istituzioni democratiche, lospauracchio del terrorismo per chidubita, la minaccia della repressio-ne per chi contesta, la certezzadella pena per chi si oppone. Eancora: giustizia razzista, prolife-razione di carceri, legislazione adhoc per riempirle di proletari,capestro per i disperati, guantibianchi per massoni, bancarottieri,raiders, mafiosi, capitalisti. Unnuovo apartheid, nuovi muri, inPalestina, presto al confine USA-Messico; è il capitale che si difen-de, si arrocca, gioca l’ultima carta.Esagero? È o no la realtà odierna,questa? Sono un catastrofista, unaCassandra o è questa la realtà con-creta da cui derivare l’analisi con-creta? Se si, ci dovranno spiegarese questo ha l’aria di un modello disocietà trionfante, se un tale siste-ma ha il diritto di dichiararsi vincitore! La verità, compagni!La verità comunista che è sempre rivoluzionaria perché nonè un concetto metafisico, ma semplice elaborazione dellarealtà. Siamo, dunque, allo zenit dell’accumulazione capita-listica e, parallelamente, assistiamo all’autodigestione, lette-ralmente, della democrazia formale borghese che, guardate,ha uno slogan di tanti anni fa che è insieme la sintesi e lachiave di interpretazione di tutte le costituzioni anglosassoni:NO TAXATION WI-THOUT REPRESENTATION. Ci spie-ga bene come il grado di partecipazione politica procedaparallelamente con i rapporti di produzione: alla accumula-zione dei pochi corrisponde una riduzione degli spazi e dellegaranzie democratiche, c’è poco da fare, questa è la verità!

L’Italia, sciaguratamente agganciata, mani e piedi, alcarro USA dal governo delle destre, vive profondamentequeste contraddizioni, al punto da subire una vera e propriafibrillazione istituzionale: lo scandalo che ha investito laBanca d’Italia non è che il frutto della esasperata finanziariz-zazione dell’economia, accelerata ed ingigantita dalle sceltefiscali, politiche, sociali e personali dell’attuale esecutivo.Abbiamo assistito allo scontro tra la vecchia borghesia domi-nante (Confindustria, Generali, Intesa, Mediobanca,Capitalia) e la nuova finanza rampante, capitanata da Fazio,vero braccio operativo del Vaticano, Vaticano che ha cercatodi mettere le mani sul cuore pulsante dell’economia naziona-

le ben consapevole del fatto che la conquista dell’egemoniaè possibile solo se poggia su solide basi strutturali. E di fron-te a questo i grandi partiti borghesi non trovano di meglio(anche quelli del centrosinistra!) che schierarsi con gli uni ocon gli altri, sdraiandosi sulle posizioni del padrone di turno!La politica si ritrae dall’economia, fa un passo indietro, nellamigliore delle ipotesi non ha nulla da dire. Fateci caso, com-pagni: nessuno più parla di programmazione economica. Di

più: chi scrive e detta le linee pro-grammatiche non è mai una segre-teria politica, sono direttamente icapitalisti: Monti su La Stampa,Montezemolo sul Sole - 24 Ore,Giavazzi sul Corsera, De Benedettisu Repubblica. I partiti politici silimitano a ratificare, criticare,schierarsi. Rischiamo davvero lacontrapposizione tra uno schiera-mento che detta le veline in stileMinCulPop ed uno che si fa dettarei programmi dai pensatoi di classe!Non mancano i segnali di un peri-coloso avvicinamento al modellostatunitense!

L’intero legiferare di questogoverno è stato ispirato al millena-rio principio padronale del divideet impera; ora le riforme costituzio-nali rappresentano l’approdo delpercorso piduista tracciato nelPiano di Rinascita Democratica diLicio Gelli (che invito tutti a legge-

re o rileggere): svuotare la rappresentanza democratica e raf-forzare i poteri di un esecutivo che sia espressione direttadella classe dominante. Doverosa premessa del vero obietti-vo finale: Berlusconi lo ha già detto, compagni, si tratta dicancellare la parte “sovietica” della Costituzione, quelladella centralità del lavoro, del controllo democratico sul-l’economia, dell’eguaglianza sociale! È forse, questo, ilsegno di una borghesia in salute, dotata di progettualità, diuna visione, di un modello sociale per il futuro? O non si trat-ta, piuttosto, di una borghesia stantia, che raschia il fondo delbarile, che fatica a conservare l’egemonia? Che teme il con-fronto, lo scontro di classe e mira, pertanto, ad inibirlo ed arimandarlo? Questa è la verità che emerge dall’analisi deifatti, nella loro consecutio logica e temporale. Nulla più.

Allora quello che si delinea all’orizzonte non è un fasci-smo nel senso classico, storico, del termine. Gramsci ce lodice lucidamente: il fascismo fu la risposta violenta dellaclasse padronale quando questa, in fase di crisi economica,persa la capacità di esercitare la propria egemonia, si era tro-vata ad affrontare un nemico di classe dalla forza, dallacoscienza e dalla organizzazione crescenti. Lo definì ancheun “cesarismo regressivo”, vale a dire l’emersione ed il trion-fo egemonico di un terzo elemento (la piccola borghesia) dauna lotta irriducibile ma che tarda a definire un vincitore,quella tra la classe dominante decadente e quella emergente

Disegno di Antonio Massari, 1987

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ma ancora non completamente pronta all’evento rivoluziona-rio. Regressivo perché, in ultima analisi, stravolgendo lasovrastruttura precedente ne perpetuava, tuttavia, la struttura.

Dobbiamo convenire che oggi, pur tra molte analogie, visono parecchie differenze rispetto a quella fase: siamo inpiena crisi economica, il pensiero unico non fa più presa,risorge il lavacro confessionale, spopola la subcultura picco-lo borghese, quella “del fare”, del furbismo, dell’attaccamen-to morboso al piccolo bene di consumo, della gretta ma vane-sia alienazione. E tuttavia, la vecchia borghesia si scontracon la nuova, che ha altre esigenze. Ma, soprattutto, la gran-de differenza di fase è che oggi latitano unità e coscienza daparte della classe operaia. Certo, non mancano le avanguar-die: gli autoferrotramvieri di Milano, i metalmeccanici,Terni, Melfi, le mobilitazioni popolari in difesa del territorioa Scansano o in Val di Susa, quelle pacifiste ed antiliberistedi Genova… e lì puntualmente torna utile la legge del man-ganello. Ma si tratta per lo più di casi estremi, mentre il con-trollo generale delle classi subalterne, disorientate dallascomparsa della loro naturale guida politica e smembrate daldecentramento produttivo, si esercita agevolmente attraversol’uso del terrore ed il comodo rifugio confessionale!Vogliamo dirci la verità fino in fondo, compagni? Ce lovogliamo dire che l’elezione di questo pontefice è il frutto diuna precisa fase storica e che questi è consapevolmente fun-zionale agli interessi della borghesia? La semplice verità,compagni, nient’altro.

Ciò che si delinea è una forma di costituzione politica ori-ginale in Europa, ma tradizionale negli USA: per usare il lin-guaggio di Ratzinger potremmo definirla un connubio direlativismo sociale ed assolutismo morale. È il trionfo della“religione civile” decantata da Alexis de Toqueville ed ago-gnata da Marcello Pera; cioè l’individuo solo ed indifeso inuna società senza regole, in materia di rapporti sociali eschiacciato dal moralismo religioso, fin dentro le sue scelteindividuali. Questo è il contrario della nostra idea di società,nonché di qualsiasi definizione di democrazia! Noi, infatti,perseguiamo l’esatto contrario: il massimo rigore democrati-co nei rapporti sociali (libertà dal profitto, cioè libertà diclasse) e la massima autonomia morale (libertà di scelta, cioèindividuale). Noi volgiamo l’abbattimento di ogni catena perla concretizzazione della società degli uomini liberi ed egua-li!

In sintesi, il mondo e l’Italia vivono in pieno l’esplosionedelle contraddizioni del capitalismo: la contraddizione madrecapitale-lavoro; la contraddizione tra sviluppo delle forzeproduttive e regressione dei rapporti di produzione, dramma-tica premessa di cambiamenti rivoluzionari o reazionari, infunzione dei rapporti di forza; quella culturale, non menoprofonda, tra idee e popoli, che non è nuova (ricordateNapoleone contro il popolo Sanfedista, aizzato dai mullahdell’epoca?) e che smaschera fino in fondo la miseria e la fal-sità dei Fukuyama, degli Huntington o delle Fallaci nostraneche, incapaci di comprendere l’ostilità delle masse alle loroidee mendaci, sfogano la loro rabbia contro il “popolo bue”.Viviamo queste contraddizioni, ed in modo così lacerante,perché il crollo del cosiddetto socialismo reale e la scompar-

sa, da noi, di una grande forza comunista, hanno tolto ognifreno inibitorio all’occupazione, da parte del capitale, di tuttigli spazi economici, politici e sociali. Quegli spazi che, inve-ce, espressamente, l’art. 3 della Costituzione antifascistaassegnerebbe ai lavoratori con il tramite dello Stato democra-tico!

Sta a noi comunisti, mentori della teoria della prassi, sve-lare l’arcano: le idee non fanno la Storia! è, casomai, laStoria a fare le idee!a noi non compete tifare per Napoleoneo i sanfedisti, per Bush o per i terroristi, per Confindustria oper l’Opus Dei: a noi spetta trovare le ragioni, la verità e lavia d’uscita! Certo, occorre fare delle scelte: è giusto ed indi-spensabile perseguire l’alleanza con la borghesia più illumi-nata e meno retriva: questa è una regola antica per i comuni-sti, ma sempre valida. Tuttavia è il proletariato l’unico possi-bile artefice di idee di progresso e di pace, ma solo a patto diessere unito e padrone della sua forza. Diversamente, il sin-golo sarà sempre schiacciato dall’arancia ad orologeria e,incapace di capire, soffocato dalla paura, sarà facile predadella menzogna del padrone di turno. Ecco perché l’unitàdelle forze comuniste è condizione per l’unità di tutte leforze democratiche, progressiste e pacifiche del mondo!

Ma, prima di tutto, occorre che noi prendiamo coscienzadi una cosa: se oggi le nostre categorie, quelle della verità,perché, come abbiamo visto, si specchiano nella realtà, nonhanno orecchie tra le grandi masse, non sono le categorie dacambiare, è sulle masse, per le masse e tra le masse cheoccorre operare, perché possano realizzare la sintesi gram-sciana tra il “sentire” che è loro proprio ed il “comprendere”,oggi elitario!!

Capiamoci bene, compagni di tutti i partiti: occorre nonconfondere la necessità di superare schematismi e settarismicon pericolose deviazioni codiste, o, al contrario, massimali-ste o movimentiste. Così come occorre non confondere ilnecessario percorso di fase, tattico, di unità a sinistra, conl’annacquamento dell’orizzonte rivoluzionario.

Che fare? Ce lo dice ancora Gramsci, e lo scrive in unafase non dissimile da questa:

1. promuovere l’unità d’azione politica delle masse lavo-ratrici;

2. smascherare e confutare le menzogne egemoniche.Cioè ricercare, elaborare e divulgare la verità, questa grandevia maestra che sempre ricorre nei suoi scritti, dagli articoligiovanili ai quaderni dal carcere. Quella che ci fa commuo-vere nei migliori romanzi di Maxim Gorkij. Quella che hamarcato la diversità, l’austerità, la questione morale della tra-dizione comunista italiana!

Questo è il senso che io attribuisco a questo incontro,compagni, questo è il filo conduttore ed il compito culturalestorico del partito comunista e questo è il compito più altoche ritengo il Centro Gramsci possa contribuire ad assolvere:cercare, scoprire e divulgare la verità, perché sia patrimoniodi tutti. Quindi formare e tornare a selezionare un validogruppo dirigente, un ceto intellettuale preparato, comunista,che ci aiuti a guadare questa pagina nera nella storia del pro-letariato e ci guidi verso i nostri naturali approdi. La verità èsempre rivoluzionaria! Viva il Partito Comunista!

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20 Febbraio 2006 Gramsci

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Per questa occasione mi è stato chiesto di preparare unintervento di analisi della situazione internazionale. Sitratta di un tema ampio e complesso, che ovviamente

non potrà trovare qui una trattazione esaustiva. Cercheròcomunque di delineare, attraverso alcuni brevi cenni, un qua-dro di sintesi di quelli che mi sembrano essere gli elementiprincipali della congiuntura.

Doveroso mi pare sia iniziare con l’Iraq, una situazioneassolutamente non stabilizzata, aperta a diversi sviluppi chebisognerà via via seguire. Il dato di fatto che comunque perprimo si impone è l’impossibilità per le forze di occupazio-ne di venirne fuori con una soluzione militare. L’avventurairachena si dimostra ogni giorno di più per gli USA di altis-simo costo, sia per le perditeumane che dal punto di vistafinanziario. E’ vero che, comeautorevoli osservatori hannofatto notare (vedi i saggi di M.Dinucci e V. Giacché nel testo“Escalation” di DeriveApprodi), la straordinaria mo-bilitazione di ingenti forzemilitari fa da volano economi-co ad un’economia in crisi, cer-cando di riavviare un cicloespansivo contando sullo svi-luppo delle commesse militarie sul rafforzamento del com-plesso militare-industriale, pur-tuttavia il processo della crea-zione del “Grande MedioOriente” abbisogna anche delconseguimento di obiettivipolitici sostanziali, consegui-mento che allo stato attualeappare lontano.

Diversi osservatori hannofatto notare come l’impassestatunitense in Iraq abbia sino-ra impedito all’imperialismo di aprire un “secondo fronte”.Ciò d’altra parte non significa che i rischi di altre avventuremilitari si debbano ritenere superati. Se la Corea del Nordpare essere finita nel dimenticatoio e se il disegno dellaCommissione Mehlis per quanto riguarda la Siria pare esse-re fallito, è vero che il contenzioso iraniano è tuttora sotto leluci della ribalta. La “quérelle” sul nucleare rischia di inne-scare un nuovo conflitto, come le dichiarazioni di Blair(“Nessuna opzione può essere esclusa”) e l’intervento dellostudioso Michel Chossudowsky su www.globalresearch.caautorizzano a pensare. Secondo Chossudowsky, gli StatiUniti starebbero preparando i piani per un attacco all’Iran

addirittura prevedendo la possibilità di usare nuove arminucleari di piccole dimensioni (vedi l’articolo di A. Baraccasul “manifesto” del 12 gennaio 2006 a pag. 9). In realtà unrecente articolo di Manlio Dinucci apparso sul “manifesto”del 29 dicembre 2005 metteva in rilievo come la questionenon fosse solo nucleare ma anche economica: Teheranpotrebbe a breve aprire una borsa petrolifera concorrenzialea quelle di Londra e New York. Del resto, i partners econo-mici di Teheran appaiono essere sempre più Russia e Cina,due grandi realtà ogni giorno più presenti nello spazio cen-troasiatico.

Spazio centroasiatico: ecco un altro decisivo scacchieredei tempi a venire. L’Asia centrale era un tempo parte

dell’Unione Sovietica. Con loscioglimento di quest’ultima, èdivenuta sempre più un’area“americana”, con l’installazio-ne di numerose basi militaristatunitensi, soprattutto sul-l’onda dell’11 settembre e del-l’attacco all’Afghanistan.Questa situazione non appareperò definitiva: anche se l’in-tenzione statunitense è sicura-mente quella di presidiare atempo indeterminato un’arearicca di risorse energetichecome quella del Caspio e incu-neata tra Russia, Cina e India,l’evoluzione dello scacchiereregionale non può ritenersiconclusa. Se gli USA sono riu-sciti a realizzare una delle loro“rivoluzioni” “colorate” o “flo-reali” in Kirghizistan (doveperaltro sono presenti basimilitari non solo loro ma ancherusse), sono stati costretti asmantellare le basi in Uzbe-

kistan su richiesta del presidente Karimov. Interessante saràseguire il decorso degli eventi in tutte le ex-repubblichesovietiche di quest’area, in particolare in Kazakistan, paeseche ha recentemente concluso importanti accordi con l’entepetrolifero cinese CNPC in merito alla costruzione di unoleodotto che trasporterà anche petrolio russo verso laRepubblica Popolare Cinese (vedi il già citato articolo diManlio Dinucci sul “manifesto” del 29/12/2005: “L’annodella guerra degli oleodotti. Gli Usa perdono il primoround”). Giulietto Chiesa osservava nei giorni scorsi (vedil’articolo “Da Eltsin al Kosovo, la marcia di Pacolli” sul“manifesto” del 28/12/2005) che in Kazakistan avrebbe cer-

PIANI IMPERIALISTICI USA E MOVIMENTO COMUNISTA

di Emanuela Caldera

Karl Marx e Friedrich Engels in un dipinto del XIX sec.

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Gramsci Febbraio 2006 21

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cato appalti il signor Pacolli, ex-membro della “famiglia” diEltsin e ammanicato col gruppo “Carlyle” e col CSIS (Centrefor International Strategic Studies), notorie “dépendences”dell’establishment e dei “falchi” statunitensi. Signor Pacolliche tra l’altro potrebbe divenire, in un prossimo futuro, il“reggitore” delle sorti di un Kosovo ormai indipendente dallaSerbia-Montenegro. Ecco per l’appunto un altro scacchiereda osservare con attenzione nei prossimi tempi: quello balca-nico. E’ noto che, in riferimento alla scadenza degli accordidi Kumanovo, gli USA stanno premendo in tutti i modi affin-ché al Kosovo sia accordata non l’autonomia all’interno dellafederazione serbo-montenegrina bensì direttamente l’indi-pendenza. Le pressioni vengono fatte sia sull’UE che sul pre-sidente serbo Tadic, usando anche la minaccia di una even-tuale separazione del Montenegro dalla Serbia. Del resto,non solo sul Kosovo va mantenuta l’attenzione, ma sullaSerbia-Montenegro medesima. La NATO ha infatti presenta-to al presidente Tadic la richiesta di una lunga serie di siti incui vorrebbe installare basi militari.Così, quello che non è riuscito aRambouillet e che è costato ai citta-dini jugoslavi i pesanti bombarda-menti del ’99, dovrebbe riuscireoggi imponendo a Tadic quello chenon si è riusciti ad imporre aMilosevic (vedi Enrico Vigna, “LaNato verso l’occupazione dellaSerbia” in “Il Calendario del popo-lo” n. 702, novembre 2005).

In tal caso la Jugoslavia sarebbel’ennesima acquisizione da parte delblocco USA-NATO. Non bisognainfatti dimenticare che gli statuniten-si hanno ormai basi militari in tuttala regione del Mar Nero, in Bulgariae Romania. Progettano di installarelo “scudo stellare” in Polonia. Sonopresenti nelle repubbliche baltiche,che usano anche per svolgervi confe-renze internazionali contro Cuba. Laloro ultima “performance” è stata la “rivoluzione arancione”in Ucraina che, similmente a quanto è avvenuto in Georgianell’area del Caucaso, ha permesso loro di installare alleporte della Russia un establishment filo-americano. Di con-seguenza, bisognerà seguire con attenzione le dinamicherusso-ucraine, di cui lo scontro sul gas di “Gazprom” è statoun sintomo evidente. Inoltre, quello che è stato fatto inUcraina e in Georgia, tenteranno di ripeterlo in Bielorussia.Qui la situazione è particolarmente rilevante, perché laBielorussia ha avviato un processo di unificazione con laRussia (vedi Mauro Gemma, “La ‘via arancione’ al capitali-smo”, in “l’ernesto”, novembre-dicembre 2005). Se saltassela Bielorussia, resterebbe solo la Russia. Il progetto statuni-tense è sicuramente quello di assicurarsi a Mosca un interlo-cutore molto più incline agli interessi americani di quanto losia Putin. L’idea è quella di tornare ai tempi di Eltsin, deglioligarchi, dei vari Ciubais e Gajdar. Non è un caso che a

Mosca si stiano preoccupando di ammodernare il potenzialemilitare con l’esplicita intenzione di fare di esso la garanziadella sovranità e della non ricattabilità del paese (vedi ViktorLitovkin, “Perché la Russia vuole rafforzare e modernizzareil suo esercito” in www.resistenze.org del 23/12/2005).L’obiettivo della politica russa è la costruzione di un mondopluripolare, in cui possano essere impedite le iniziative uni-laterali ed unilateraliste degli americani. In questo senso, lacostruzione di rapporti di collaborazione economica e milita-re con la Repubblica Popolare Cinese e l’interlocuzione conIndia e Iran sono tese a delineare un quadro globale di “con-tenimento” dell’aggressività imperialista.

Del resto, questa sembra essere l’ispirazione anche di unconvegno come quello svoltosi a Bruxelles il 17 e 18 novem-bre 2005. Un convegno che ha visto il “lancio” di un movi-mento denominato “Axis for peace” che per certi versi ricor-da i vecchi “Partigiani della Pace”. La presenza di numerosepersonalità internazionali e le tematiche affrontate suggeri-

scono appunto l’idea di costruireuna rete di opposizione all’unilate-ralismo USA. Successivamente aquesto convegno, se n’è tenuto unaltro ad Atene, nei giorni 18-20novembre 2005, questo di soli parti-ti comunisti (per l’Italia c’eranoPRC e PdCI). Trentuno dei partiticomunisti presenti hanno alla finesottoscritto un appello con la richie-sta della liberazione di SlobodanMilosevic.

In definitiva, sembra che qualco-sa si stia muovendo, nel senso dinon lasciare più mano libera al dila-gare degli interventi imperialisti.Dall’Ucraina (dove buona parte delpaese contesta le scelte filo-ameri-cane dell’establishment) all’Asiacentrale, dai Balcani al MedioOriente, il quadro è tutto in movi-mento. E ciò non riguarda solo gli

stati e la loro collocazione nell’agone economico e geopoli-tico, ma anche le forze politiche.

Il movimento comunista internazionale, che per certiversi pareva svanito nel nulla, dimostra di essere vivo e vege-to, e non solo ad ovest ma anche e soprattutto ad est.Naturalmente, non ha vita facile, in particolare nei paesi incui l’egemonia USA è più pesante. Basti pensare a quello chesta accadendo nella Repubblica Ceca, dove la GioventùComunista rischia di essere messa fuorilegge, preludio aduna messa al bando dell’intero Partito Comunista, peraltro didimensioni ragguardevoli, visto che è la seconda forza poli-tica del paese. Attacchi ai comunisti in quanto tali vengonocondotti anche in sede europea, basti pensare alla mozioneche verrà presentata alla prossima sessione plenariadell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa il 23-25 gennaio 2006, mozione dal titolo “Necessità di una con-danna internazionale dei crimini del comunismo”.

Lavoisier: artefice della Rivoluzione della chimica

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Il 21 gennaio 1921 nasceva, al teatro San Marco diLivorno, il Partito Comunista d’Italia. Pur essendo muta-to, nel corso degli ottantacinque anni che ci separano da

quella scelta, dolorosa ma necessaria, lo scenario politiconazionale ed internazionale, a me pare che le ragioni difondo che l’ispirarono siano ancora valide, pur tenendo contodella diversità delle situazioni, non solo sul piano storiogra-fico, ma anche su quello dell’azione politica concreta, allaquale tutti noi siamo chiamati. Paradossalmente, le argomen-tazioni che oggi sono portate avanti, a destra e a sinistra, percontrastare una significativa e influente presenza comunistain Italia sono le stesse di allora. I riformisti considerano lascelta compiuta da Gramsci, Togliatti, Terracini, e dalla fra-zione comunista, che si staccò dal Partito Socialista, per darvita al nuovo partito della clas-se operaia, come dettata da illu-sioni rivoluzionarie, che iltempo avrebbe dimostratoinfondate. La destra clerico-fascista mira, ora come allora,alla criminalizzazione e allademonizzazione del comuni-smo. Silvio Berlusconi è“magna pars” nel progetto porta-to avanti dal capitalismo interna-zionale per mettere fuori legge ipartiti comunisti. Davanti alConsiglio d’Europa pende unamozione indirizzata a tal fine.E qui basti ricordare, per sotto-lineare l’analogia tra le situa-zioni storiche, che la repressio-ne fascista nei confronti delPartito Comunista si fece sem-pre più aspra: si passò dalleminacce verbali, alle percosse, alla distruzione delle sedi,fino all’arresto di Gramsci e dell’intero gruppo dirigentecomunista, nonostante il grande intellettuale sardo fosse“protetto”, come deputato, dalle ipocrite leggi borghesi. Ora,come allora, il pericolo fascista, che si presenta nelle formenuove della società mass-mediatica, già delineate daPasolini, viene sottovalutato dalla sinistra riformista, chepretende di operare nell’ambito della normale dialetticademocratica.

La decisione di dar vita al Partito Comunista non fu pernulla imposta dall’esterno, dall’illusione di poter scimmiot-tare l’esperienza rivoluzionaria russa. Essa scaturiva da unaseria analisi della realtà italiana. Il punto di partenza di taleanalisi era rappresentato dalla palese incapacità del PartitoSocialista di fronteggiare, persino di capire, il fenomenofascista. Mentre le squadracce di Mussolini davano fuocoalle sedi dei partiti di sinistra, del sindacato, delle cooperati-ve, malmenavano ed assassinavano, nell’impunità generale, i

militanti delle forze politiche democratiche, il vertice socia-lista offriva ai fascisti un ridicolo patto di pacificazionenazionale. Questo esempio da solo dà l’idea dello stato con-fusionale e dell’inerzia in cui si dibattevano i dirigenti rifor-misti del Partito Socialista. Il Partito Comunista doveva esse-re, nell’intenzione di coloro che lo fondarono, il baluardoestremo contro la dittatura fascista, che andava consolidan-dosi, lasciando dietro di sé una scia di sangue.

E così fu. I comunisti hanno dato il maggior tributo allalotta contro il fascismo, negli anni bui del suo dominioincontrollato, e, poi, durante la Resistenza e la Liberazione.Il cosiddetto “tribunale speciale” comminò ai militanticomunisti decine di migliaia di anni di carcere, così comefurono migliaia e migliaia i comunisti caduti per la difesa

degli ideali di libertà.Vogliamo ricordarlo a quelli,come Berlusconi, che oggigovernano l’Italia nata dallaResistenza assieme ai fascistidi Fini e di Tremaglia, maanche a quei “neo-riformisti”che considerano un errore sto-rico la nascita del PartitoComunista. Che cosa sarebbestato il movimento antifasci-sta, nel nostro Paese, senza ilcoraggio, la passione ideale,l’organizzazione, la luciditàd’analisi dei comunisti?

La nascita del PartitoComunista in Italia era neces-saria per un altro motivo fon-damentale: mettere fine all’an-timeridionalismo della sinistrariformista, che non faceva

altro che prendere atto della spaccatura del Paese in Nord eSud, alla quale l’unità d’Italia non aveva saputo rimediare,neppure parzialmente. Il gruppo dirigente riformista delPartito Socialista era profondamente imbevuto delle teoriepositiviste di Lombroso e considerava antropologicamentecriminali i meridionali. Esso puntava tutte le proprie carte sulrapporto privilegiato tra industriali e classe operaia del Nord,tagliando fuori le grandi masse diseredate del Sud, prive diqualsiasi punto di riferimento politico. Gramsci ricordavauna frase di Camillo Prampolini: “L’Italia si divide in nordi-ci e sudici” .

Turati, identificando anch’egli il Sud con l’arretratezza ela barbarie, lamentava la presenza di “due nazioni nellanazione, due Italie nell’Italia” e condannava quindi il “forza-to ed antifisiologico accoppiamento del decrepito mezzodìcoll’acerbo settentrione” . Così Gramsci riassumeva il razzi-smo antimeridionale del gruppo dirigente riformista delPartito Socialista: “Il mezzogiorno è la palla di piombo che

22 Febbraio 2006 Gramsci

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IL PARTITO COMUNISTA IERI OGGI DOMANIdi Antonio Catalfamo

Il Presidente dell’Assemblea Costituente Umberto Terracini (comunista e fondatore con Gramsci del Partito Comunista d’Italia)

mentre consegna al Capo dello Stato Enrico De Nicola il testo della nuova Costituzione, Palazzo Giustiniani, Roma, 1947

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Gramsci Febbraio 2006 23

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impedisce più rapidi progressi allo sviluppo civile dell’Italia;i meridionali sono biologicamente degli esseri inferiori, deisemibarbari o dei barbari completi, per destino naturale; se ilMezzogiorno è arretrato, la colpa non è del sistema capitali-stico o di qualsiasi altra causa storica, ma della natura che hafatto i meridionali poltroni, incapaci, criminali, barbari. (…)Il Partito socialista fu in gran parte il veicolo di questa ideo-logia borghese nel proletariato settentrionale; il Partito socia-lista diede il suo crisma a tutta la letteratura "meridionalista"della cricca di scrittori della cosiddetta scuola positiva, comei Ferri, i Sergi, i Niceforo, gli Orano e i minori seguaci, chein articoli, in bozzetti, in novelle, in romanzi, in libri diimpressioni e di ricordi ripetevano in diverse forme lo stessoritornello; ancora una volta la "scienza" era rivolta a schiac-ciare i miseri e gli sfruttati, ma questa volta essa si amman-tava dei colori socialisti, pretendeva essere la scienza del pro-letariato” .

Gramsci per primo, con ilfamoso saggio dedicato alla“Questione meridionale” (1926),superò l’antimeridionalismo dellatradizione riformista italiana eimpostò la politica delle alleanzedella classe operaia del Nord conle masse contadine del Sud.Fissando le basi programmatichedel Partito Comunista d’Italia alcongresso di Lione del 1926, posele fondamenta di un partito chenon fosse solo di quadri, ma dimassa, profondamente radicatonella classe operaia in ognimomento della sua vita e della sualotta, impegnato a dare ad essa lacoscienza di “classe generale”,cioè di classe che sa superare ilcorporativismo e l’egoismo dellatradizione riformista e porsi comepunto di riferimento di tutte leclassi diseredate, del Nord e delSud, rappresentando la vera alter-nativa al sistema classista imper-niato sulla borghesia. Tutto ildiscorso che stiamo portando avanti non è solo una giustifi-cazione storica del passato, ma riguarda anche il presente edil futuro. Ancor oggi la sinistra riformista lega le proprie sortie quelle delle classi lavoratrici al capitalismo industriale delNord, ripropone il vecchio corporativismo operaio della tra-dizione socialista. Alla “devolution” berlusconiana e leghistacontrappone un federalismo “soft” che taglia fuori anch’essoda ogni ipotesi di sviluppo il Mezzogiorno d’Italia e accen-tua gli squilibri tra le diverse aree del Paese. Ben più autore-volmente di me, Luciano Barca, intervistato dal “Corrieredella Sera” sulle ormai famose vicende della scalatadell’Unipol alla Bnl, ha sottolineato lo snaturamento dellalogica cooperativista da parte delle cosiddette “cooperativerosse” emiliane, che non svolgono più una funzione mutua-

listica, anzi contribuiscono alla colonizzazione del Sud.Barca ricorda quando la Lega delle cooperative sbarcava inSicilia, dove aveva ottenuto degli appalti, e si portava dietrosolo pochi ingegneri e “capimastro”, dando tutto il lavoro insubappalto (a ditte discutibili, mi permetto di aggiungere).

L’economista comunista denuncia, inoltre, che alcune“cooperative rosse” hanno smesso di coltivare la terra, per-ché è più redditizio e meno faticoso comprare e gestire i Bot.D’altra parte, se la logica corporativa ed egoistica non fossestata portata avanti dalla sinistra riformista, la Lega di Bossinon avrebbe trovato terreno fertile in mezzo alla classe ope-raia. Pare, addirittura, che in certi momenti, in alcune areedel Paese, come il bresciano, buona parte degli iscritti allaC.G.I.L. abbiano votato per la Lega. Il Partito dei ComunistiItaliani (PdCI) è essenzialmente un partito di quadri. Il Partitodella Rifondazione Comunista (Prc), avendo scelto la dimen-

sione “movimentista”, non è pre-sente organizzativamente in vastezone del Paese, soprattutto dislo-cate nel Mezzogiorno.

La lezione di Gramsci e dicoloro che fondarono, nel 1921,il Partito Comunista d’Italia è,dunque, fortemente attuale.Abbiamo bisogno di un partitocomunista di massa, che rappre-senti la maggioranza della classeoperaia e che, intorno ad essa,sappia costruire un sistema dialleanze con le nuove classi dise-redate del nostro tempo: i giova-ni disoccupati, soprattutto meri-dionali, i precari, gli emarginatidelle periferie urbane, il cetoimpiegatizio proletarizzato. Inuovi riformisti ci rappresentanocome rivoluzionari da salotto,irridono alla nostra rivoluzionedomandandoci: quando assalte-rete il Palazzo d’inverno?Costoro non hanno capito lalezione gramsciana. Non hannocapito che cosa significa “rivolu-

zione intellettuale e morale”. La battaglia va condotta sulpiano dell’egemonia culturale. In Russia la controrivoluzio-ne ha prevalso senza sparare un solo colpo, perché ha vintola battaglia ideologica.

Attraverso il martellamento mass-mediatico, attraversol’infiltrazione delle varie fondazioni Soros, è riuscita a con-vincere la popolazione della superiorità del modello capitali-stico di società, è riuscita a spingerla sul piano della “resi-stenza passiva”, del boicottaggio economico del sistemasocialista.

Quando le masse si sono risvegliate era troppo tardi. Nonsarà facile per esse tornare al sistema socialista, perché, dopola lusinga, il capitalismo usa sempre la violenza. Non è faci-le oggi essere comunista nei Paesi dell’ex blocco sovietico. I

Ritratto: Karl Marx, Germania 1875

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24 Febbraio 2006 Gramsci

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militanti della sinistra sono malmenati, arrestati, spinti aimargini della società. Così si spiegano i risultati elettoralinon soddisfacenti, determinati da minacce, condizionamentiilleciti, brogli. E’ questa la tanto decantata “democrazia bor-ghese”.

Berlusconi, come già Benedetto Croce al tempo dellaRivoluzione d’Ottobre, tenta di ritorcere contro i marxisti leletture economiche della realtà, attribuisce il crollo delcomunismo al fallimento del sistema economico collettiviz-zato, parla di “fame”, di “miseria”, di “disperazione”, comemali inevitabili della società comunista. Dimentica chel’Unione Sovietica è stata la seconda potenza economica delmondo (in alcuni settori addirittura la prima). Nasconde unaverità che persino organismi internazionali come le NazioniUnite ammettono esplicitamente nei loro rapporti: ai tempidel comunismo la gente, nei Paesi socialisti, viveva bene; oramuore di fame. Struttura e sovrastruttura vanno viste nellaloro interconnessione, come le ha viste Gramsci, sulla scortadi Antonio Labriola.

E’ fondamentale la battaglia per la conquista dell’ “ege-monia culturale”. Quando la classe operaia riuscirà ad accre-ditarsi come la classe capace di risolvere i problemi dellasocietà meglio della borghesia, quando riuscirà a far prevale-re un sistema nuovo di valori, alternativo a quello borghesedominante, allora avrà completato la propria opera di persua-sione delle altre classi sfruttate e la “rivoluzione intellettualee morale” si tramuterà in rivoluzione politica e sociale. La

borghesia perderà ogni ascendente sulle masse e andrà inpensione forzata. Solo il sistema elettorale proporzionale puògarantire, a mio avviso, la crescita progressiva di un PartitoComunista, fino a diventare partito di massa. Può assicurarela sua autonomia e la libera scelta di aderire ad alleanze, chedevono recepire le sue istanze programmatiche fondamenta-li, in difesa dei diritti dei lavoratori e delle classi menoabbienti. Il sistema maggioritario è stato introdotto in Italiaproprio per emarginare i comunisti, per costringerli adaccontentarsi di un ruolo subalterno ed insignificante nel-l’ambito di alleanze elettorali dominate dai partiti moderati.

Naturalmente stiamo proponendo il sistema elettorale“puro”, non il pateracchio tirato fuori dal cappello, all’ultimomomento, da Berlusconi, per interessi di parte. Quest’ultimoconserva la logica “bipolare” e tiene le mani legate agli allea-ti minori, ai quali dà qualche contentino, senza allontanarela prospettiva del loro assorbimento.

Il Centro Gramsci di Educazione e di Cultura ha di fron-te a sé un compito davvero arduo: contribuire all’unità di tuttii comunisti in un solo partito di massa, superando i persona-lismi e le logiche di gruppo; lavorare sul piano ideologico perporre le basi dell’egemonia culturale del Partito Comunista,della classe operaia e dei suoi alleati; contrastare le rappre-sentazioni caricaturali e schematiche del comunismo oggidiffuse dai nuovi “nipotini di padre Bresciani”, al servizio diBerlusconi e della sua potente macchina mass-mediatica.Sono sicuro che ci riuscirà.

ALLENDE NEL MONDODopo la pubblicazione del quaderno di"Gramsci" n. 1, con fotografie diCaterina Gerardi e testo di Ada Donno,"Nexhmije Hoxha. Il dovere dellamemoria", (dicembre 2004, pp. 64), èstato recentemente pubblicato ancheun secondo quaderno di "Gramsci",autore il filosofo politico cileno SergioVuskovic Rojo, "Allende nel mondo",(dicembre 2005, pp 112), curato da

Maurizio Nocera per conto del Comune di Martignano diLecce. In questo libro viene affrontata la tematica relativaalla politica di Unidad Popular in Cile (1970-1973) e al marti-rio del Presidente Salvador Allende, caduto sotto il fuoco deimilitari fascisti al soldo dell'imperialismo statunitense.L'autore afferma di essere convinto che questo nuovo seco-lo che si è aperto appena da qualche anno sarà il secolo incui trionferanno le idee di Allende, perché matura è divenutala coscienza politica dei popoli latinoamericani. Una provavivente di ciò è la conquista da parte delle forze popolari elavoratrici nella competizioni elettorali in diversi paesidell’America Latina.

XIV CONGRESSO NAZIONALE ANPINei giorni 24, 25, 26 febbraio 2006, a Chianciano Terme, siterrà il XIV Congresso nazionale dell'Anpi con la parola d'or-dine «Per la difesa della Costituzione nata dalla Resistenza eper il progresso democratico e civile dell'Italia in Europa enel mondo”. Con questo congresso i partigiani e gli antifasci-sti italiani, partendo dal Documento orientativo di prepara-zione, intendono riprendere "con forza il tema della memoria

della Resistenza come uno dei cardini fondamentali per lasalvaguardia, l'affermazione, l'attuazione e lo sviluppo deiprincipi e dei valori su cui deve essere fondata la nostrademocrazia, come moderno sistema di libertà e di liberaconvivenza, all'altezza di una società progredita e comples-sa come quella in cui viviamo. Nel corso della tragedia epo-cale della II guerra mondiale, le vicende e le motivazioni dellalotta del nostro popolo e degli altri popoli d'Europa a fiancodelle forze alleate per la liberazione dai totalitarismi nazista efascista, hanno fatto della Resistenza italiana, consolidatasiin un Paese che fascista era stato, e di tutte le altreResistenze europee un'indimenticabile vicenda storica diriscatto e di liberazione umana, la cui lezione continua a pro-lungarsi nella odierna realtà, percorsa da tanti nuovi conflitti,violenze e rimozioni". Compito primario dei partigiani e degliantifascisti italiani è di ritornare sui temi della Resistenzaribadendo l'importanza della lezione storica e della memoriadi quella stessa lezione, nel senso che quella memoria nontanto e non solo deve consistere in una ricostruzione retro-spettiva degli avvenimenti del secolo scorso, quanto devecostituire fattore portante per l'attualizzazione di principi evalori per cui si è lottato allora, come insegnamento e guidaper il presente e per il futuro, come elemento costitutivo dellacultura, dello stesso modo di sentire e quindi della stessaidentità delle più giovani generazioni. Nel documento orien-tativo si ribadisce ancora che occorre oggi "essere coscien-ti da un lato che tutto ciò è vincente sul revisionismo mani-polatorio della storia d'Italia con cui da anni si tenta di mar-ginalizzare, delegittimare e persino denigrare la Resistenza,ma che tuttavia quest'ultima offensiva antidemocratica eantipatriottica manifesta il rischio di una involuzione controla quale occorre battersi con le armi della verità, della ragio-ne, della cultura, dell'informazione".

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Gramsci Febbraio 2006 25

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"In tempi recenti si è manifestata una diffusatendenza a relegare la filosofia entro i proble-mi dell'anima lasciando alla scienza laresponsabilità di far progredire la nostraconoscenza del mondo, quasi che i due com-piti siano separabili l'uno dall'altro. Noisiamo fermamente convinti che questo mododi procedere sia in aperto contrasto con losviluppo più significativo del pensiero anticoe moderno ......."

Prendo spunto da questa frase storica di L. Geymonatper avviare alcune considerazioni, più sul piano filo-sofico psicologico che su quello prettamente scienti-

fico, anche se la filosofia e la scienza sono indissolubilmen-te e dialetticamente legate. Nella filosofia e, conseguentemente nella psicologia, perlo-meno fino ai primi del'900, è sempre presente la suddivisio-ne di tutti i fenomeni in due grandi categorie: quella dei feno-meni fisici che ammettevano una spiegazione causale e quel-la dei fenomeni psichici, per i quali era impossibile una ana-lisi scientifica oggettiva.

Questo concetto divisorio si può far risalire a Cartesio, ilquale, nelle sue tesi, riteneva che tutti i processi fisici, inclu-so il comportamento degli animali,fossero sotto messi alle leggi dellameccanica, mentre i fenomeni psichi-ci dovevano essere visti quali formedello spirito e che la loro conoscenzapotesse essere trovata soltanto nellaragione o nell'intelletto, cioè in unparticolare mondo spirituale. A dire ilvero, molti tentativi sono stati fattianche da pensatori moderni (lo stessoCartesio con la sua ghiandola pineale,Popper con la teoria dei tre Mondi,interazionismo, ecc....) nel superarequesta divisione, dato che l' uomo,invece, riunisce nella sua naturaumana sia la res cogitans (pensiero)sia res extensa (corpo): infatti l'uomonon solo pensa, ma ,qui sta la diffi-coltà, si dimostra in grado di modifi-care, attraverso un suo pensiero lostato della sua res extensa, cioè il suocorpo.

Questo dualismo e questo proble-

ma irrisolto si è conservato fino ai giorni nostri, anche se ifilosofi del XIX secolo hanno cominciato a considerare i pro-cessi fisiologici e psicofisiologici elementari (la sensazione,il movimento) come processi naturali che possono essere stu-diati con metodi scientifici precisi.

Tuttavia i fenomeni superiori della vita psichica, cioè ilpensiero e la coscienza, continuano ad essere considerati"oggetti" del mondo spirituale e che è possibile avvicinare,soltanto mediante la descrizione soggettiva dei fenomeni chene derivano.

Così alla fine del secolo scorso la psicologia è stata divi-sa di fatto in due campi:- la psicologia scientifica , naturale o fisiologica che studia

le leggi dei processi elementari(da notare che Pavlov, conle sue ricerche, rientra in parte in questa categoria datoche tentò ,verso la fine della sua vita, di trovare unapproccio scientifico al "mistero" dell'attività volontariadell'uomo, definendo il linguaggio "secondo sistema disegnalazione".)

- la psicologia descrittiva che studia le forme superioridella vita cosciente dell'uomo. La prima è sfociata , nel Comportamentismo americano,

la seconda nella Psicanalisi. Il dualismo corpo-mente, dopo iprimi euforici momenti , nell'applicazione di queste due ipo-tesi sulla conoscenza della psiche umana, permaneva. Lavolontà, la coscienza, l'attenzione e quindi il comportamentoumano venivano sempre ricondotti in ricerche che si limita-vano, dal punto di vista fisiologico ai meandri del cervello

umano oppure, dal punto di vista psi-cologico, all'introspezione soggetti-va.

Il primo accostamento, che si puòfar rientrare nel RIDUZIONISMO,sembra essere basilare anche per lescienze moderne; T. Taylor nel 1974affermava:"...le basi biologiche delcomportamento possono essere ridot-te a movimenti muscolari e a secre-zioni ghiandolari che a loro voltasono il risultato di una attività chimi-ca. L'attività chimica può essereinterpretata in termini di configura-zioni molecolari, che si possono for-mulare come precise correlazioniinteratomiche o come specifiche con-nessioni submolecolari, esprimibiliattraverso formule matematiche.L'estensione logica del riduzionismoè l'espressione logica del comporta-mento in termini matematici.". Suquesto principio fondamentale accet-

LINGUAGGIO E COMPORTAMENTOdi Bruno Tonolo

Rappresentazione allegorica della matematica negli affreschi di Palazzo Trinci, Foligno

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26 Febbraio 2006 Gramsci

SPAZZIAMO VIA IL GOVERNO BERLUSCONI

tato ,in buona parte dalla scien-za moderna, si possono espri-mere dei dubbi, dato che posso-no esistere dei limiti all'analisiscientifica e che uno studiosodeve sapere a che punto ferma-re la sua analisi, per non perde-re la ricchezza complessivadegli eventi che sta analizzando

Un noto esponente della psi-cologia sovietica diceva chel'acqua (molecola H2O) è costi-tuita da idrogeno (H) e da (O),ma è ovvio che ridurre l'acquaad idrogeno ed ossigeno signifi-ca perderne le qualità. E' bennoto che l'idrogeno brucia e chel'ossigeno sostiene la combu-stione, mentre l'acqua non bru-cia ne alimenta la combustionee le sue qualità sono in un certosenso opposte a quelle dientrambi i suoi componenti.

Ciò significa che il Ridu-zionsmo non produce necessa-riamente risultati scientificiadeguati, che uno deve sapere aquale punto l'analisi deve essereinterrotta, per ridurre gli eventi non ad elementi (H e O) mapiuttosto in unità (H2O), che consentano di preservare inte-gralmente le qualità dell'evento studiato. Così molti ricerca-tori che studiano il funzionamento del cervello, non avendopiù la possibilità di spiegare l'origine delle forme superioridella attività cosciente, bloccata dall'isolamento del "cervel-lo" o “coscienza” in una esclusività del mondo spirituale,imboccarono la strada della ricerca di neuroni speciali, che sitrovano da qualche parte nelle profondità del cervello, cer-cando di scoprire nel tessuto neurologico , i minimi rilevato-ri del mondo spirituale(materialismo ingenuo).

E' stata la psicologia sovietica, dal 1917 in poi, che haavuto gli strumenti e lo spirito creativo per superare questatendenza. Proprio in questo periodo storico, gli uomini dellaRivoluzione di Ottobre, scienziati, filosofi, psicologi..., comedice L. Geymonat, sulle basi della filosofia materialista dia-lettica e materialista storica, hanno fatto sintesi tra SCIEN-ZA E FILOSOFIA.

All'evoluzione biologica dell'uomo(leggi le ricerche diPavlov-scienze naturali) si è agganciata la evoluzione stori-co-culturale, la storia culturale dell' uomo(leggi facoltà uma-nistiche), un passaggio paragonabile a quello del mondovegetale a quello degli esseri viventi.

Il principio fondamentale sul quale si reggeva la nuovaScienza, la Neuropsicologia sovietica, era semplice ma radi-cale: i processi psichici superiori dell'uomo non hanno unaorigine naturale, ma sociale e per spiegargli bisogna uscire

dall'ambito dell'organismo e cer-care le loro radici nei rapporti tragli uomini, nelle condizioni dellastoria sociale.

"Il bambino cresce in unmondo di cose già formato edeterminato dal lavoro sociale;egli vive costantemente in rap-porto con gli adulti. La mammagli dice: "questa è una palla" egliela indica col dito; il gesto e laparola indirizzano lo sguardo delbambino, gli fanno distinguerel'oggetto dall'ambiente circostan-te, gli fanno spostare su di essol'attenzione. Alla base delleforme complesse di azionevolontaria vi sono i rapporti delbambino con l'adulto.

La funzione psichica com-plessa, l'azione volontariacosciente, prima era divisa tradue persone ,era incominciatadalla madre e finita dal bambino.

Poi il bambino si impadroni-sce del linguaggio , ripete da solol'istruzione verbale della madre.Dice da solo "Questa è una palla"

e, seguendo il proprio linguaggio, rivolge lo sguardo versol'oggetto menzionato e poi lo prende.

La funzione, che prima era divisa tra due persone, diven-ta una forma interiore di organizzazione della attività psichi-ca del bambino. Così nascono le funzioni psichiche superio-ri, sociali quanto all'origine, mediate (dal linguaggio)quantoalla struttura (non più stimolo - risposta ma stimolo -parola(riflessione)-risposta), coscienti e guidate volontariamentequanto al modo di funzionare." (LURIA). Il linguaggio dap-prima esteriorizzato viene interiorizzato e fatto proprio dalbambino. Questa tesi sulle funzioni psichiche superiori hamodificato radicalmente il modo di considerare la loro orga-nizzazione cerebrale.

Le ricerche di una stretta "localizzazione" dei processipsichici superiori possono diventare prive di senso, in quan-to, questi ultimi, incominciano ad apparirci come sistemifunzionali assai complessi, ai quali prende parte tutto uninsieme di apparati cerebrali che non sono localizzati in sin-gole parti della corteccia cerebrale e si basano su una intera-zione assai complessa delle zone della corteccia, ciascunadelle quali dà il proprio contributo a questo "sistema funzio-nale".

Alla formazione di questi processi, così complessi, comel'attenzione, il ricordo, il pensiero, il movimento, l'attivitàdell'uomo nella sua totalità , compresa l'attività visiva., par-tecipa il linguaggio che apporta un ruolo decisivo nella for-mazione dell'attività cognitiva dell'uomo.

Una pagina del codice De numeris di Rabano Mauro,importante matematico medievale

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Gramsci Febbraio 2006 27

SPAZZIAMO VIA IL GOVERNO BERLUSCONI

Èlodevole questa iniziativa promossa dal CentroGramsci per rievocare la fondazione, nel 1921, delPartito Comunista.Una data storica che ha significa-

to la nascita del Partito Comunista in Italia sulla discriminan-te fra socialdemocrazia e comunismo, sulla quale la terzainternazionale si cimentò e sancì una svolta epocale cheportò alla nascita dei partiti comunisti in vari Paesi delmondo, per rilanciare il comunismo critico, quindi facendoprogredire il marxismo scientifico sulla base dello scontro diclasse che si andava via via acutizzando in quella fase[…].Ripartire dal Manifesto del Partito Comunista di Marx edEngels significa riconoscere e ribadire l’essenza dei suoiprincipi, utilizzarlo come bussola per comprendere lo stadiodi sviluppo della lotta fra oppressi ed oppressori, che in que-sto secolo e mezzo, così come nelle precedenti epoche stori-che analizzate nel Manifesto, non si è mai interrotta, pur fraflussi e riflussi e con significativi elementi di trasformazionerivoluzionaria della società.

La nuova società bor-ghese, pur mantenendo fon-damentalmente la propriastruttura originaria, è anda-ta via via modificando lapropria sovrastruttura, sottol’impeto dell’avanzare delsocialismo […]. Oggi varilanciato il marxismo sullabase del materialismo stori-co e dialettico e penso vadaaggiornato il Manifesto deicomunisti, per dare nuovoimpulso alla lotta di classe,alla lotta del proletariato perl’emancipazione e la tra-sformazione della società e credo che ciò sia una necessitàstorica e ineludibile se si vuol essere seriamente e concreta-mente marxisti.

Se è vero che il marxismo è una scienza, questa non puònon fare i conti con quanto è accaduto nel mondo intero inrelazione alle lotte di classe ed ai mutamenti sociali di que-sto secolo e mezzo trascorso dalla stesura del Manifesto. Icomunisti del terzo millennio non possono vivere di eredità,hanno bisogno di mettere a frutto quella grande eredità che èil pensiero marxista, nel quale risiede l’universalità dell’ana-lisi scientifica […].

Io credo che il convegno di oggi, senza timidezze, debbaporre le basi per il rilancio della cultura marxista in Italia enel mondo, aprendo un confronto serrato a trecentosessantagradi con tutti coloro che si richiamano al comunismo, perriproporre l’importanza e le peculiarità della piccola grandeopera, “Il Manifesto”, sulla quale snodare sul piano interno

ed internazionale una serie di convegni e seminari per affron-tare le tematiche da essa trattate, per gli aggiornamentiopportuni e per la ripresa della battaglia teorica da decennirimossa, per permettere al proletariato di impadronirsi dellateoria e di farla progredire in funzione rivoluzionaria per latrasformazione della società […].

La caduta dell'Urss non ha favorito l’attenuarsi delloscontro di classe, o l’inizio, come strombazzava la borghesiae i peggiori reazionari anticomunisti, di una stagione di pacesociale o l’eden dopo la cosiddetta morte del comunismodecretata con la caduta del muro di Berlino.

Al contrario, si è aperta una fase di grandi sconvolgimen-ti sociali dall’89 ad oggi, il mondo non solo non ha conosciu-to un minuto di serenità e di pace ma ha conosciuto l’acutiz-zarsi dello scontro fra le potenze imperialiste per l’egemoniamondiale, l’acuirsi dei conflitti armati sull’intero pianeta conla teorizzazione della guerra preventiva e permanente contro

il terrorismo da parte del-l’imperialismo statuniten-se, quale pretesto per giu-stificare le mire espansio-nistiche per l’occupazioneed il controllo di aree erisorse strategiche per lasopravvivenza stessa delcapitalismo e dell’imperia-lismo trovando la resisten-za delle nazioni e dei popo-li oppressi. Inoltre, si èregistrato l’acuirsi dellalotta fra proletariato e bor-ghesia con lotte parziali egeneralizzate a livellinazionali ed internaziona-

li. L’avanzare della tecnologia porta sempre più all’espulsio-ne della forza lavoro dai processi produttivi, la comunicazio-ne ha rivoluzionato e condizionato la vita sociale, economi-ca e politica, i processi di globalizzazione divengono semprepiù incontrollabili […].

A fronte di questa disastrosa situazione, pur con la pre-senza di Paesi e partiti che si richiamano al comunismo, icomunisti non riescono a dominare la scena politica e adessere punto di riferimento per far avanzare il processo di tra-sformazione della società.

Se perdurerà questa situazione si allontanerà sempre dipiù l’obiettivo di una trasformazione rivoluzionaria di tutta lasocietà e si finirà, come pure il Manifesto evidenzia, con latotale rovina delle classi in contesa. Perciò, compagni, alavoro per il rilancio del marxismo e per una nuova interna-zionale comunista capace di agire nelle nuove condizioni delmondo globalizzato.

ATTUALITÀ DEL MANIFESTOdi Gennaro Giansanti

Sala del Convegno di Milano, 21 Gennaio 2006

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28 Febbraio 2006 Gramsci

SPAZZIAMO VIA IL GOVERNO BERLUSCONI

In questi giorni, mentre in parlamento il GovernoBerlusconi cerca d’imporre una Finanziaria antipo-polare e una legge elettorale -reazionaria, nel paese i

lavoratori lottano e a Melfi la classe operaia sciopera perrespingere i tentativi della Fiat di non rispettare l’accor-do.

Un accordo conquistato in ventuno giorni di duralotta, coinvolgendo le popolazioni e le istituzioni del ter-ritorio, guidati dal Coordinamento dei delegati comuni-sti, con il quale gli operai della SATA(1) di Melfi piegaro-no la Fiat e vanificarono nella mobilitazione di massal’intervento poliziesco del governo Berlusconi.

Questa vittoria esemplare della classe operaia ha riba-dito il suo ruolo centrale nello sviluppo della società con-temporanea, aprendo una nuova fase nella politica delpaese. Nel successivo congresso nazionale il Prc impres-se una svolta unitaria alla sua politica massimalista. Intutte le successive consultazioni elettorali il centrodestraha incassato sonore sconfitte.

Tuttavia, il berlusconismo è uno strumento reaziona-rio della sete di dominio mondiale dell’imperialismoUsa(2) per devastare l’economia e la società europea, riba-dito dalle ultime vicende finanziarie e dalla sponsorizza-

zione Opel(3) del “MilanCalcio” di Berlusconi.

Una devastazioneattualmente insopporta-bile per l’aumento spe-culativo del prezzo delpetrolio imposto dagliUsa in forza della loropolitica di guerra e dellaloro presenza militare inEuropa e nel resto delmondo. Questa è laragione vera della cosid-detta “deindustrializza-zione” italiana ed euro-pea.

L’assalto statunitensedeve essere fronteggiatoanche con poli pubblici europei nei settori più delicaticome auto, energia, comunicazioni, ricerca, radiotelevisio-ni ed altri, instaurando una completa collaborazione con learee socioeconomiche più dinamiche e progressive, qualiquelle cinoasiatica, latinoamericana e sudafricana.

Ciò sarà possibile se tutte le componenti della societàeuropea, con il ruolo prioritario delle forze comunisteunite, battendo le mire usurpatrici e repressive del capi-tale finanziario, crederanno nelle immense energie eco-nomiche, sociali, politiche e culturali della classe opera-ia, della ricerca scientifica e delle masse democratiche.Per favorire questa nuova politica italiana ed europea,occorre eliminare i continui ondeggiamenti nella lottaper l’unità dei comunisti, rapportandola più concreta-mente alle lotte sociàli e di classe che scuotono il mondodi oggi.

Arcobaleno, Camera di consultazione, Confederazio-ne della sinistra, Uniti a sinistra e Primarie sono unagirandola che non hanno aiutato la funzione unitaria ecatalizzatrice dei comunisti per la più vasta Unione ditutte le forze progressiste.

Il Coordinamento dei delegati comunisti, unitisisenza badare alle differenti valutazioni dei diversi Partitie gruppi di appartenenza, ha dimostrato che l’unitàd’azione non va confusa con la ricostruzione del partito.L’unità d’azione dei comunisti, fattore decisivo dell’uni-tà di tutte le forze antifasciste, non può che essere neces-sariamente eterogenea e costante. La ricostruzione delpartito, viceversa, come approfondita decantazione di

BERLUSCONI FERMATO A MELFI**di Ennio Antonini

Terroristico bombardamento atomicoUSA su Nagasaki: 9 Agosto 1945

Hiroshima dopo la bomba atomica criminalmente sganciata dagli USAil 6 Agosto 1945

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Gramsci Febbraio 2006 29

SPAZZIAMO VIA IL GOVERNO BERLUSCONI

principio, non può che essere necessariamente omogeneae processuale.

Essa si afferma attraverso l’azione di un nucleo idea-le originario, dove “prima di unirsi bisogna definirsi”(4).Presentano tali caratteristiche alcuni nuclei dirigentiperiferici(5) e centrali dei DS, del PdCI, del Prc,dell’Ernesto, il Cmld’I ed altri. Andranno avanti i nucleiche più si batteranno per i Coordinamentidei delegati comunisti nei luoghi di lavoroe per l’unità d’azione di tutte le forze epartiti comunisti nella società e nelle isti-tuzioni.

Quest’ultima incontra resistenze eincertezze di vertice che potrebbero esseresuperate da iniziative di delegati e dirigen-ti quali incontri, dibattiti, convegni e lottefino alla costituzione provvisoria di coor-dinamenti distrettuali e regionali.

Il forte legame sinergico tra questeunità d’azione fornirebbe un contributoimportante alla stessa ricostruzione delPartito marxista-leninista.

Ad essa darà un apporto decisivo chiaggiungerà un creativo approfondimentoideale, politico ed organizzativo. In ultimaanalisi, l’odierna lotta per l’unità dei

comunisti, presenta due aspetti dialettici: il primo è lalotta per la loro unità di partito, necessariamente omoge-nea e processuale; il secondo è la lotta per la loro saldaunità d’azione, necessariamente eterogenea e costante.

Quest’ultima può assumere anche le forme di ununico partito di massa, purchè vengano evitati erroricome quelli commessi nel 1991 da gruppi dirigenti delMovimento della rifondazione comunista (inclusione dicaporioni trotckisti che respinse nel Pds buona parte deilavoratori comunisti) e nel 1998 dalla maggioranzamovimentista del gruppo dirigente del Prc (rottura con ilgoverno Prodi, sempre per influenza dei trotckisti, conulteriore divisione dei lavoratori comunisti).

Il Coordinamento dei delegati comunisti della Fiat diMelfi, fattore di unità di tutti i lavoratori e dell’intero ecolorato sistema delle alleanze territoriali e nazionali, èstato principalmente il frutto dell’azione dei delegatidella Fiom (Ds, PdCI, Prc e delegati comunisti senza par-tito). Gli altri delegati sindacali, in parte sono rimastiinerti, in parte hanno ostacolato tale sforzo organizzativounitario.

Per fortuna, il Coordinamento dei delegati comunistiha dimostrato che i lavoratori comunisti sonopiù uniti edeterminati dei Partiti e delle forze che si richiamano alcomunismo. Prese fondamentalmente da preoccupazionielettoralistiche queste forze non solo sottovalutano l’im-portanza dell’unità d’azione ma trascurano la necessariacritica delle influenze antiunitarie governiste di destra etrotckiste di “sinistra”.

Tutto ciò non ha politicamente sostenuto l’azione delCoordinamento dei delegati comunisti e ha permessoche lo stesso venisse indebolito da influenze di modera-

Enrico Fermi ed Emilio Segrè in visita all’Osservatorio sul Plateau Rosa, 1949

Max Planck iniziatore della fisica dei quanti

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** Apparso il 10/09/2005 sul sito www.laviadelcomunismo.it(1) La SATA. Società Automobilistica Tecnologie Avanzate produce circa 250.000 autovetture Fiat Punto all’anno. Nello stabi-

limento centrale di Melfi, dove esistono l’azienda principale e altre tre aziende del c.d. indotto primario, ci lavoranc com-plessivamente circa 6.000 dipendenti. Altri 4.000 dipendenti circa lavorano in una trentina di aziende medio-piccole dell’in-dotto secondario sparse nel Distretto Auto di San Nicola di Melfi.

(2) Una sete di dominio mondiale che risale alla dottrina “Truman” dell’il/O 1/1 946:”noi non possiamo rifiutare la responsabi-lità che ci deriva dall’essere la potenza più forte del mondo il diritto degli Usa di intervenire negli altri paesi. Questa setedi dominio mondiale è stata per cinquant’anni fronteggiata e contenuta dalla giusta politica estera di coesistenza pacificadell’Unione Sovietica e dalle lotte di massa dei popoli e dei paesi amanti della sovranità, dell’indipendenza e della pace inter-nazionale.

(3) La Opel è di proprietà della multinazionale statunitense “General Motors”(GM), i cui stabilimenti europei si trovano princi-palmente nella cattolicissima Polonia.

(4) v. I. LENIN “Un passo avanti e due indietro”. EDITORI RIUNITI, ROMA 1965, pag 292. (5) L’Ordine Nuovo fu un nucleoomogeneo del gruppo dirigente della Federazione di Torino del PSI, costituito da Antonio Gramsci. Con Angelo Tasca,Umberto Terracini e Palmiro Togliatti fu il nucleo omogeneo di compagni, “affiatati, d’accordo tra loro, con fini comuni”,artefice fondamentale della costituzione del Partito Comunista d’Italia negli anni venti.

tismo di destra e di anarcosindacalismo trotckista di sini-stra.

Le spinte più estremistiche di quest’ultimo hanno pro-mosso Alternativa sindacale, un raggruppamento auto-nomista che indebolisce la lotta operaia di massa e favo-risce il non rispetto -dell’accordo del 9 maggio 2004 daparte della Fiat.

Ogni autentico marxista-leninista deve impegnarsinelle organizzazioni ove milita (Ds, PdCI, Prc, l’Ernesto,Cgil, Anpi, Centro Gramsci...) per accrescere l’unitàd’azione delle forze comuniste, per approfondire la criti-ca delle influenze antiunitarie di destra e di sinistra e per

sostenere politicamente il ruolo dei Coordinamenti deidelegati comunisti, nuova e superiore unità della classeoperaia dei Distretti del “Decentramento produttivo”.

Mentre la sete di dominio mondiale dell’imperialismoUSA alimenta neofascismo, terrorismo e guerre di geno-cidio, l’esperienza della lotta del Coordinamento deidelegati comunisti della Fiat-Sata di Melfi ammonisce asollevare lo sguardo oltre gli orticelli che dividono, peraccrescere l’unità e la mobilitazione delle grandi masse,necessarie per la definitiva cacciata del vassallo GovernoBerlusconi e per la sconfitta dei tentativi neocentristi astelle e strisce.

30 Febbraio 2006 Gramsci

SPAZZIAMO VIA IL GOVERNO BERLUSCONI

AZIENDE > 200 UNITA' INDOTTO SATA lavorazione n. addetti n. Rsu

Lear Corporation Assemblaggio sedili 401 3

Proma Assemblaggio delle ossature sedili 211 3

Lasme Assemblaggio di alzacristalli 229 3

Valeo Cablaggi elettrici 226 3

Itca Assemblaggio e saldatura di stampati di parti della

carrozzeria 204 3

Automotive system Produzione di plance, paraurti e volanti 488 3

Totali 1759 18

AZIENDE STABILIMENTO SATA lavorazione n. addetti n. Rsu

Sata Produzione vetture (Punto e Lancia Y) (*) 4969 56

Tnt Servizio di Logistica 455 6

Magneti Marelli Assemblaggio del corpo ammortizzatore 157 6

Fenice Smaltimento rifiuti industriali e urbani 61 3

Totali 5642 71

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Gramsci Febbraio 2006 31

SPAZZIAMO VIA IL GOVERNO BERLUSCONI

AZIENDE > 100 UNITA' INDOTTO SATA lavorazione n. addetti n. Rsu

Johnson Controls Assemblaggio pannelli porta e componenti 158 3

Lear interior systems Assemblaggio rivestimenti interni 123 3

Imam Lavorazione scarichi auto 163 3

Autocomponents suspension Assemblaggio di ammortizzatori 145 3

Osl Lavorazione a freddo di lamiere e assemblaggio di

semilavorati 153 3

Commer Tgs Imbottiture per sedili 102 3

Stampiquattro Assemblaggio di componenti in lamiera saldati 138 3

Benteler Lavorazione di assali posteriori e anteriori 159 3

Totali 1141 24

AZIENDE < 100 UNITA' INDOTTO SATA lavorazione n. addetti n. Rsu

Mecoflex Assemblaggio comandi per cambi freni a mano e frizione 86 3

Cf Gomma sud Assemblaggio di manufatti in gomma 53 3

Smp Assemblaggio di pneumatici e cerchi per ruote 50 3

Rejna Sistemi di sospensione per autoveicoli 62 3

Tower Assemblaggio di sottogruppi e di lastre saldate 58 3

Bundy Lavorazione di tubazione di impianto frenanti 26 3

Componenti Zanini Assemblaggio delle coppe ruote 34 3

Emarc Lavorazioni di sottogruppi e lastre saldate 20 1

Fdm Servizio logistica (minuterie) 20 1

Mubea Italia Sistemi di sospensione (molle) 38 3

Totali 447 26

*Da settembre 2005 lo Stabilimento FIAT-SATA di Melfi produce solo la vettura Punto 188 e la vettura “Grande Punto”. Laproduzione della vettura Lancia Y è stata spostata allo Stabilimento FIAT di Termini Imerese in Sicilia.

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

G r a m s c i

DIRETTORE

Raffaele DE GRADA

DIRETTORE RESPONSABILE

Ada Donno

REDAZIONE

Via Memmingen, 35/A - 64100 TeramoE-mail: [email protected]

“Associazione Nuova Cultura”Aut. Trib. Te - n. 354 del 31 marzo 1997

Abbonamento annuo € 12.00 - Estero € 26.00Sostenitore € 55.00 - benemerito € 550.00versamenti su c.c.p. n° 39974571 intestato “Associazione Nuova Cultura” - Teramo

Chiuso in tipografia il 13 Febbraio 2006

LA COLLABORAZIONE a “Gramsci È LIBERA E GRATUITA.

Impaginazione e stampa “Media” Via Garibaldi, 1 - Mosciano S.A. (TE)

Raccogliendo l’esortazione del Presidente

Raffaele De Grada,l’adesione al

Centro Gramsci di

Educazione e di Culturapuò essere attuata versando

€ 27,00 sul C.C.P. n. 39974571intestato a

“Associazione Culturale Nuova Cultura, Teramo”.

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Il vastissimo movimento mondiale dei popoli, dei Partigiani della Pace, dei lavoratori e dellemasse democratiche, sostenuto dalcampo socialista, venuto avanti dalla vittoria sul nazifascismo, schiacciando l’imperialismo sulla difensiva, impresse per un ventennioall’economia mondiale un andamento meno anarchico e più equo. Il generale avanzamento dei lavoratori e dell’intera società mondia-le avvenne fino a quando la politica estera ed interna del Campo socialista, soprattutto dell’Unione Sovietica e della Cina Popolare,mantenne fermi i pilastri economici della coesistenza pacifica leninista, basati sulla stabilità dei prezzi dei beni fondamentali, qualipetrolio, gas e restanti materie prime sul piano internazionale, casa, cereali e vestiario sul piano interno.

Verso la fine degli anni ’60, questa politica leninista venne definitivamente abbandonata dal gruppo dirigente revisionista dell’Urss.Nel 1971 il Governo degli Stati Uniti eliminò la convertibilità in oro del dollaro e nel 1973 impose la quadruplicazione del prezzo delpetrolio sui mercati internazionali. Misure imperialiste poco contrastate dal Campo socialista.

In quegli anni ricominciarono periodi di instabilità economica, arretramenti dei paesi del terzo mondo, avviati sulla via dello svi-luppo e nei paesi capitalistici cominciarono le prime sonore stangate contro i lavoratori e le masse democratiche. Una regressiva poli-tica di Restaurazione, che la sete di dominio mondiale dell’imperialismo Usa ha imposto con una sanguinosa scia di stragi e di aggres-sioni. In Italia venne iniziata il 12 dicembre 1969 con la strage di Piazza Fontana di Milano. Sul piano internazionale cominciò nel1961 con la prima occupazione militare del Vietnam da parte dell’Amministrazione Usa guidata dal "democratico" Kennedy.

In quarant’anni, colossali risorse sono state trasferite dall’area della produzione e del lavoro a quella della speculazione finanziariae del capitale, dall’area sempre più vasta dei paesi arretrati e più deboli a quella sempre più ristretta dei paesi imperialisti. Ciò ha impo-verito i lavoratori e popoli, approfondendo la crisi, per uscire dalla quale, l’imperialismo li spinge di nuovo nel fascismo e nella guer-ra. Sono state distrutte ingenti forze produttive, sono stati smembrati settori e fabbriche altamente qualificati, sono stati disfatti unitariStati socialisti plurinazionali, sono stati sciolti e divisi forti partiti comunisti ed altre organizzazioni del movimento operaio.

Combinando la corruzione, il ricatto economico, il terrorismo e la forza militare, l’imperialismo, capeggiato dagli Usa, la borghesiafinanziaria e il revisionismo hanno diviso e distrutto ciò che il socialismo, la classe operaia e i comunisti avevano unito e costruito.

Divisioni e distruzioni portate sul terreno del movimento operaio con un’offensiva culturale resa suadente da una disgregantemiscela di nazionalismo, liberismo e di avventurismo trotckjsta, limitando e piegando al massimo profitto la ricerca scientifica.

Le prime risposte di classe a questa Restaurazione capitalistica sono venute da alcune lotte operaie di massa, guidate dalCoordinamento dei delegati. Il Coordinamento internazionale dei delegati Renault, nel 1997, dopo una lunga lotta plurinazionale(Belgio, Francia, Portogallo, Spagna e Slovenia), ne fronteggiò la ristrutturazione e ne impose la completa nazionalizzazione. IlCoordinamento dei delegati di Norvegia, nella primavera del 2000, per una settimana, guidò lo sciopero generale e l’occupazione ditutte le fabbriche del paese CONTRO I RICCHI. Il Coordinamento distrettuale dei delegati Sata, nella primavera del 2004 piegò aMelfi la Fiat e la repressione poliziesca del Governo Berlusconi.

Il Cmld’I raccoglie questo creativo esempio operaio della più classica unità d’azione e si batte per l’unità delle forze e dei partiticomunisti, fattore decisivo per l’unità di tutte le forze antimperialiste antifasciste nella prospettiva della ricostruzione del partito leni-nista di quadri e di massa della classe operaia.

In Europa e sul piano internazionale, tutte le forze e i partiti comunisti devono coordinarsi per costruire un vasto Fronte democra-tico antimperialista diretto dalla classe operaia, formato dai popoli in lotta e dalle forze pacifiste, sostenuto dagli Stati socialisti e daipaesi progressisti, per sconfiggere la sete di dominio mondiale degli Usa e cacciarne le basi militari.

Nel nostro paese occorre sviluppare la politica unitaria per costruire un Fronte democratico antifascista e una crescente mobilita-zione popolare contro il neofascismo berlusconiano e la fascistizzazione neocentrista del capitale finanziario a stelle e strisce e clericoparassitario più illegale e criminale. Le lotte operaie di massa, guidate dai Coordinamenti dei delegati (autoferrotranvieri, siderurgi-ci, metalmeccanici …) e le vaste lotte popolari e democratiche (Scanzano, Rapolla, Val di Susa…), guidate dai Comitati cittadini,hanno sviluppato una forte corrente unitaria che ha scosso l’intero sistema politico progressista del paese.

Tutte queste esperienze di lotta insegnano che i comunisti si sono uniti unendo gli elementi d’avanguardia, come neiCoordinamenti dei delegati e nei Comitati cittadini, per unire l’intera classe operaia e tutte le masse popolari e democratiche controil capitale finanziario e il suo Governo.

Fortemente ancorate e orientate da queste esperienze, le forze comuniste del paese devono coordinarsi per unire l'intera sinistra ita-liana e lo schieramento progressista contro i tentativi mediatici d'imporre una strisciante e diretta dittatura del capitale finanziarioimpersonata dal padrone Berlusconi.

L’attuale uso forsennato delle radio e delle televisioni tende a rendere passive le masse popolari e democratiche per prepararle adaccettare risultati elettorali governativi, favoriti e "arrotondati" dai meccanismi verticistici e dai rilevamenti elettronici, previsti dallanuova legge elettorale golpista, che ha annullato la partecipazione e il controllo democratico. Non escludendo una criminale strumen-talizzazione di atti terroristici di matrice imperialista.

Per spazzare questo incubo, occorrono una profonda vigilanza e una crescente mobilitazione di tutte le sezioni dei partiti del’Unione. Il 9 e 10 aprile occorreranno una grande partecipazione democratica nelle piazze e una valanga di voti ai partiti della sini-stra per CACCIARE IL GOVERNO DEL PADRONE BERLUSCONI

UNITI PER UNIRE

Consigli dei lavoratori di tutti i paesi, coordinatevi!

Comitato marxista.leninista d’Italia C.P. 234 65100 Pescara c.le (Italy) Telefax 0861/856454E-mail: [email protected]