[Golia] Fluidodinamica (2005)

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meccanica dei fluidi ingengeria

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SUN.DIAM

SECONDA UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA AEROSPAZIALE E MECCANICA

C. GOLIA

Fluidodinamica

Lezioni SUN.DIAM AE 02/2

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Autore : Carmine Golia, M.S., Ph.D. Professore Ordinario: Ragg. Disciplinare ING-IND/06 - Fluidodinamica Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale e Meccanica Facoltà di Ingegneria - Seconda Università degli Studi di Napoli Via Roma, 29 - 81031 Aversa (CE) Italia Tel. (+) 39 081 5010 281 Fax . (+) 39 081 5010 204 e-mail [email protected]

In copertina: Aversa - Arco dell’ Annunziata ( Coll. Uberto Bowinkel - via S. Lucia , 25 - Napoli - Tav. n. 5 - particolare )

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AE Aerodinamica e Fluidodinamica teorica e sperimentale CC Combustione e Chimica in generale CM Costruzione di macchine FT Fisica tecnica IA Impianti aerospaziali IEG Ingegneria economico - gestionale I I Impianti industriali MAM Meccanica applicata alle macchine MV Meccanica del volo SQA Statistica, qualità ed affidabilità ST Strutture TM Tecnologia meccanica

DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA AEROSPAZIALE E MECCANICA SECONDA UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI

via Roma 29 - 81031 AVERSA (CE ) tel. 0815010203 fax 0815010204

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C.GOLIA: Fluidodinamica Proemio

Facoltà di Ingegneria - S.U.N. Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale e Meccanica

Fluidodinamica A.A 2002/203

C.Golia

C.Golia ([email protected])

Queste note contengono gli appunti delle lezioni del primo insegnamento di Fluidodina-mica offerto tipicamente agli allievi dei Corsi di Laurea in Ingegneria Aerospaziale e di Ingegneria Meccanica della Seconda Università degli Studi di Napoli. Questo corso, nel nuovo ordinamento degli studi, è tenuto nel secondo semestre del secon-do anno di studio e vale 6 crediti (CFU). Prerequisiti culturali al corso sono tutti gli insegnamenti di Matematica, di Matematica Ap-plicata e di Fisica. Scopo del corso, secondo i mandati del nuovo ordinamento, è di fornire una preparazione di primo livello capace di introdurre lo studente alla comprensione ed alle metodologie ti-piche della materia allo scopo di affrontare e risolvere concretamente semplici problemi di ingegneria ma con una preparazione di base che gli consentirà futuri approfondimenti ed estensioni. Enfasi sarà posta quindi sul saper fare, il che richiederà la comprensione del problema fisi-co, il suo inquadramento nelle problematiche della Fluidodinamica, la formulazione delle equazioni e la loro risoluzione. Tali fasi, che rappresentano l’iniziazione alla professionalità dell’ingegnere, verranno svolte ed agevolate da intense attività di tutoraggio, che dovranno essere seguite con costanza e solerzia in quanto costituiscono parte integrante e fondamen-tale del processo di formazione. Le prove di esame e di accertamento si baseranno su accertamenti intercorso che saranno discussi in un colloquio finale.

Queste note sono state estratte da appunti delle lezioni fornite a studenti degli anni prece-denti. Questi allievi sono stati usati come cavie pazienti per l'adattamento graduale del testo alla didattica fattibile nei 6 CFU, per la individuazione dei punti oscuri e per la correzione degli inevitabili errori. A tutti il ringraziamento dell'autore. Ma gli errori e le imperfezioni sono indici dell'umanità, cui apparteniamo; sicché essi con-tinueranno immancabilmente a permanere in queste note. Futuri allievi saranno grati a quanti di voi, attenti lettori, vorranno segnalarli all'autore.

C.Golia

Per ultimo, ma non per diminutio, si ringraziano, per la loro collaborazione alla stesura fi-nale di queste note, i colleghi che, nel corso degli anni, hanno adottato questi appunti per le loro lezioni.

P.i

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Indice

PROEMIO

Paragrafo pagina • Indice i • Check-In vi • Scheda di valutazione vii

Capitolo 1: INTRODUZIONE

Paragrafo pagina 1.1 Preliminari 2 1.2 Cenni Storici 2 1.3 Il concetto di fluido 3 1.4 Il fluido come mezzo continuo 4 1.5 Dimensioni ed Unità 4 1.6 Proprietà Termodinamiche di un fluido 7

1.6.1 Densità 7 1.6.2 Temperatura 8 1.6.3 Pressione 8 1.6.4 Equazioni di stato 9 1.6.5 Viscosità 12

1.6.5.1 Variazione della viscosità con la temperatura 14 1.6.6 Conducibilità termica 14 1.6.7 Fluidi non-newtoniani 15 1.6.8 Tensioni superficiali 15 1.6.9 Tensione di vapore 17

1.7 Check-Out 18

Capitolo 2: ELEMENTI DI MECCANICA DEI FLUIDI Paragrafo pagina 2.1 La Meccanica del continuo 2 2.2 Scalari, vettori e Tensori 3

2.2.1 Scalari 4 2.2.2 Vettori 4 2.2.3 Tensori 7

2.3 Rappresentazioni Euleriana – Lagrangiana 12 2.4 Velocità 15 2.5 Velocità Angolare di particelle fluide 18 2.6 Accelerazione (lineare) 19 2.7 Dilatazione 21 2.8 Velocità di dilatazione 22 2.9 Teorema del trasporto di Reynolds 24 2.10 Il tensore di deformazione 27 2.11 Il tensore velocità di deformazione 28

2.11.1 Significati delle componenti del tensore di deformazione 30 2.12 Il tensore degli sforzi 31 2.13 Flussi e portate 34 2.14 Teoremi di Gauss 36 2.15 Vorticità 38 2.16 Potenziale di velocità 39 2.17 Circolazione – Teorema di Stokes 39

P.ii

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2.18 Linee di flusso 40 2.18.1 Traiettorie 40 2.18.2 Linee di corrente 41 2.18.3 Linee di fumo 41

2.19 Sintesi del Capitolo - Check-Out 42

Capitolo 3: CAMPI DI PRESSIONE IN UN FLUIDO Paragrafo pagina 3.0 Premessa 2 3.1 Idrostatica 3 3.2 Campi idrostatici 6

3.2.1 Pressione idrostatica in liquidi 6 3.2.2 Pressione idrostatica in gas 8

3.2 Manometria 9 3.3 Spinte su superfici piane 10 3.4 Spinte su superfici curve 13 3.5 Campi di pressione in fluidi stratificati 14 3.6 Galleggiamento e Stabilità 15 3.7 Campi di pressione in atti di moto rigido 17

3.7.1 Accelerazione lineare uniforme 17 3.7.2 Rotazione rigida 18

3.8 Campi di pressione in flussi irrotazionali - Teorema di Bernoulli 20 3.9 Campi di pressione in flussi arbitrari 21 3.10 Misuratori di pressioni 21 3.11 Check-Out 26

Capitolo 4: EQUAZIONI INTEGRALI DI BILANCIO PER UN VOLUME DI CONTROLLO

Paragrafo pagina 4.1 Generalità 2 4.2 Il teorema di Reynolds (detto del trasporto) 4 4.3 Equazioni Integrali valide per un Volume di Controllo 5

4.3.1 Equazioni integrale per la conservazione della massa 6 4.3.2 Equazione integrale per il bilancio della quantità di moto 8 4.3.3 Equazione integrale per il bilancio della quantità di moto in un rif.non inerziale 11 4.3.4 Equazione integrale del momento della quantità di moto 13

4.3.4.1 Considerazioni per l’analisi di turbomacchine 14 4.3.5 Equazione integrale dell'energia 18

4.3.5.1 Forma ingegneristica per l’equazione integrale dell’energia 22 4.4 Coefficienti di correzione 24 4.5 Fluidodinamica dei sistemi propulsivi (eliche e rotori) (teoria del disco attuare) 25 4.6 Sintesi e Chek-Out 31

Capitolo 5: EQUAZIONI DIFFERENZIALI DI BILANCIO Paragrafo pagina 5.1 Generalità 2 5.2 L'equazione di continuità (conservazione della massa) 2

5.2.1 La funzione di corrente 3 5.3 Equazione Differenziale di Bilancio per la Quantità Di Moto 6

5.3.1 Le relazioni fenomenologiche per il tensore degli sforzi 7 5.3.2 Le equazioni di Navier-Stokes e quelle di Eulero 12

5.4 L’equazione Differenziale di Bilancio per La Vorticità 14

P.iii

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5.4.1 Velocità indotta da un volume vorticoso 18 5.4.2 Risoluzione analitica dell’equazione vettoriale di Poisson per la vorticità (*) 19 5.4.3 Velocità indotta da un filamento vorticoso – formula di Biot-Savart 21

5.5 Equazione differenziale di bilancio del Momento della quantità di moto 25 5.6 Equazione Differenziale di Bilancio per L’energia 27

5.6.1 Equazione dell’energia totale 28 5.6.2 Equazione dell’entalpia totale 29 5.6.3 Equazione dell’energia interna 30 5.6.4 Equazione dell’entalpia termodinamica 31 5.6.5 Condizioni al contorno per la temperatura 32 5.6.6 Ricapitolazione delle forme dell'equazione dell'energia 32

5.7 Equazione Differenziale del Bilancio per l’entropia 33 5.8 Azioni dinamiche 34 5.9 Approssimazione di Boussinesque 34 5.10 Sintesi e Check-Out 36

Capitolo 6: ANALISI DIMENSIONALE E SIMILITUDINI Paragrafo pagina 6.1 Generalità 2 6.2 Il principio di omogeneità dimensionale 3 6.3 Il teorema del PI (di Buckingham) 6 6.4 Il metodo di Taylor 7 6.5 Incongruenze 9 6.6 Adimensionalizzazione delle equazioni del moto 10

6.6.1 Numeri adimensionali della fluidodinamica 13 6.6.2 Altri parametri adimensionali di interesse in fluidodinamica 15 6.6.3 Criteri per l'adimensionalizzazione 16

6.7 Modelli e Similitudine 17 6.7.1 Similitudine geometrica 17 6.7.2 Similitudine cinematica 19 6.7.3 Similitudine dinamica 19 6.7.4 Discrepanze nella realtà 20

6.7.3.1 Modelli idraulici per prove con superfici libere. 20 6.7.4.2 Modelli aeronautici/automobilistici per prove in gallerie a vento. 20

6.8 Check-Out 26

=^=^=^=^=

Appendice A: Richiami di calcolo vettoriale e tensoriale A.1 Generalità 2 A.2 Prodotti 3 A.3 Prodotti di tre vettori 6 A.4 Sistemi di riferimento 6 A.5 Differenziazione dei vettori 8 A.6 Calcolo differenziale 9

A.6.1 Operatore nabla 9 A.6.2 Fattori di scala 9 A.6.3 Gradiente 11 A.6.4 Divergenza di un campo vettoriale 11 A.6.5 Significato fisico della divergenza del campo di velocità 12 A.6.6 Rotore di un campo vettoriale 12

A.6.6.1 Significato fisico del rotore: 13 A.7 Operatori differenziali del secondo ordine 15

P.iv

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A.7.1 Laplaciano 15 A.8 Algebra tensoriale 15

A.8.1 Prodotto scalare tra un vettore ed un tensore 16 A.8.2 Doppio Prodotto scalare tra tensori 17 A.8.3 Analisi spettrale di tensori 17

A.9 Tensori di interesse in Fluidodinamica 18 A.9.1 Tensore degli sforzi 18 A.9.2 Gradiente della velocità 19

A.10 Elementi di calcolo integrale 22 Appendice B: Richiami di termodinamica B.1 Relazioni Energetiche 2 B.2 Modello di Gas Piuccheperfetto 3 B.3 Relazioni Entropiche 3 B.4 Relazioni Isentropiche 4 Appendice C: Tabelle di Conversione C.1 Lunghezze 2 C.2 Aree 2 C.4 Angoli piani 2 C.5 Angoli solidi 3 C.6 Masse 3 C.7 Densità 3 C.8 Tempi 3 C.9 Velocità 4 C.10 Forze 4 C.11 Pressioni 4 C.12 Energie (lavoro e “calore”) 5 C.13 Potenza 5 C.14 Conducibilità termiche 6 C.15 Viscosità dinamica 6 C.16 Viscosità Cinematica 6

=^=^=^=^= Testi Consigliati: • WHITE, F.M. : Fluid Mechanics , Third Ed. Mc-Graw-Hill, New York, N.Y. (1994)

P.v

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Check in Prima di intraprendere un viaggio a occorre verificare se tutta la documentazione è in ordine. Nella fattispecie, dopo averVi dato il benvenuto ed averVi augurato una fruttuosa percorrenza ed un felice arrivo, è ne-cessario verificare se le nozioni di base necessarie, per un adeguato apprendimento degli argomenti che saranno trattati in questo corso, sono state da Voi debitamente assimilate. A tal fine seguirà una lista di argomenti (e sotto argomenti) che siete invitati ad analizzare attentamente.

Tutti questi argomenti dovrebbero essere stati trattati nei corsi di base di Matematica e di Fisica AccertateVi di conoscerne l'origine, il significato e l'operatività ed, in specialmodo, di averne a disposizione riferimen-ti e fonti. Se qualche argomento non vi è chiaro, segnalatelo al vostro istruttore che ne curerà una rivisitazione e/o un approfondimento idoneo durante le ore di tutoraggio. 1. Elementi di calcolo vettoriale e tensoriale:

1.1. algebra lineare 1.2. gradiente, 1.3. divergenza, 1.4. rotore, 1.5. circuitazione, 1.6. prodotti (scalari, vettoriali e tensoriali), 1.7. loro rappresentazioni in coordinate cartesiane, cilindriche e sferiche,

2. Termodinamica dei fluidi:

2.1. principi fondamentali 2.2. pressione, 2.3. densità, 2.4. temperatura, 2.5. energia interna, 2.6. entalpia, 2.7. entropia, 2.8. viscosità (dinamica e cinematica), 2.9. coefficiente di compressibilità, 2.10. velocità del suono, 2.11. calori specifici, 2.12. equazioni dei gas,

3. Fisica:

3.1. cinematica e dinamica di sistemi di punti materiali. 3.2. lavoro di campi di forzo, loro risultante, 3.3. energia: forme e principi,

4. Matematiche:

4.1. Calcolo differenziale di funzione di più variabili 4.2. Integrali multipli (linea e di superficie) 4.3. Sviluppo in serie di Taylor multidimensionale 4.4. Formule di Green (teoremi di Gauss e Stokes) 4.5. Integrazione di equazioni a derivate ordinarie 4.6. Classificazione delle equazione differenziali a derivate parziali

5. Uso del PC per l'informatica di base:

5.1. possedere un PC, e le periferiche di base, 5.2. conoscere l'uso del PC e dei programmi applicativi di base tipo "Office" (Video-scrittura, foglio elettronico), 5.3. avere una casella di e-mail,

6. Conoscenza dell’inglese tecnico:

6.1. capacità di leggere testi di ingegneria

P.vi

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C.GOLIA: Fluidodinamica Proemio

SCHEDA DI VALUTAZIONE corso di Fluidodinamica (nuovo ordinamento)

docente: prof. _______________ Laurea in Ingegneria Aerospaziale, Facoltà di Ingegneria, S.U.N.

Anno Accademico 2002-2003 valutazione (mettere una croce) 1 (scarso) → 3 (buono) → 5 (ottimo)

1

2 3 4 5

Eventuali Commenti

Contenuti

Qualità appunti

Quantità appunti

Modalità di lezione

Modalità di esercitazioni

Modalità di esame

Ritmo

Suggerimenti per il miglioramento del corso dei contenuti: _________________________________________________________________________ degli appunti: _________________________________________________________________________ delle lezioni: _________________________________________________________________________ degli esercizi: _____________________________________________________________________________ delle prove di esame: _________________________________________________________________________ Bilancio finale (opzionale) In poche parole a cosa Ti è servito il corso (a parte la considerazione di aver acquisito 6 dei 180 crediti)? _______________________________________________________________________________________________

_______________________________________________________________________________________________

_______________________________________________________________________________________________

_______________________________________________________________________________________________

_______________________________________________________________________________________________

_______________________________________________________________________________________________

_______________________________________________________________________________________________

Firmare apponendo una croce (asetticamente anonima) nella casella a lato e mettere il foglio, debitamente piega-to, nella casella della posta del prof. _____ sita a destra all'ingresso del corridoio del Dipartimento di Ingegneria Aero-spaziale.

P.vii

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C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 1 - Introduzione

Capitolo 1

Introduzione

Scopo del Capitolo Lo studio della fluidodinamica – l’analisi del moto dei fluidi e delle loro interazioni con corpi che li contengono o con corpi in essi immersi – richiede preliminarmente varie conoscenze: dalle proprietà dei fluidi (gas e liquidi), alla loro descrizione e modellistica, ai fondamenti di misure sperimentali, per arrivare ovviamente alle equazioni che devono essere soddisfatte (applicazione dei bilanci di proprietà estensive) e come queste si raccordano a quelle fornite nei corsi di fisica elementare. Scopo di questo capitolo è l’introduzione alla descrizione delle proprietà termo-dinamiche di un campo fluido in moto.

Indice del Capitolo Paragrafo pagina 1.1 Preliminari 2 1.2 Cenni Storici 2 1.3 Il concetto di fluido 3 1.4 Il fluido come mezzo continuo 4 1.5 Dimensioni ed Unità 4 1.6 Proprietà Termodinamiche di un fluido 7

1.6.1 Densità 7 1.6.2 Temperatura 8 1.6.3 Pressione 8 1.6.4 Equazioni di stato 9 1.6.5 Viscosità 12

1.6.5.1 Variazione della viscosità con la temperatura 14 1.6.6 Conducibilità termica 14 1.6.7 Fluidi non-newtoniani 15 1.6.8 Tensione superficiale 15 1.6.9 Tensione di vapore 17

1.7 Check-Out 18

1.1

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C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 1 - Introduzione

1.1 PRELIMINARI La Fluidodinamica considera lo studio di fluidi (in moto o in stato di quiete) e gli effetti di questi su superfici (solide o di altro fluido). La Fluidodinamica è retta da equazioni di bilancio o di conservazione e da relazioni fenomenologiche che derivano da leggi generali della meccanica teoricamente ben sviluppate e da considerazioni fisico/sperimentali. L'applicazione di tali equazioni era fino a poco tempo fa frustrante in quanto limitate a problemi descritti da geometrie semplicistiche ed a tipi di moto molto speciali (flussi ideali non viscosi), lasciando molto a correzioni empiriche per gli effetti viscosi. La disponibilità, oggi, di capacità di calcolo numerico (derivanti finanche da PC che hanno potenzialità fino a pochi anni fa limitate a supercomputers tipo CRAY) ha di molto esteso la ricerca di soluzioni di problemi di più pratico interesse; la legge universale della costanza della frustrazione ha però fatto sì che l’interesse si è spostato a problematiche molto più avanzate quali: le fenomenologie della transizione laminare/turbolento, le instabilità, i moti secondari tridimensionali ecc. 1.2 CENNI STORICI Come molte altre discipline la Fluidodinamica presenta uno sviluppo storico di tipo erratico: a leggi fondamentali derivate parecchi secoli prima di Cristo, segue una stasi teorica ma con realizzazioni rilevanti. Barche a remi, barche a vela, sistemi di irrigazione erano ben sviluppati fin dai primordi della storia. Archimede ed Erone (III secolo A.C.) postularono la legge del parallelogramma per vettori, le leggi del galleggiamento e delle spinte idrostatiche. Gli etruschi costruirono imponenti opere di acquedotti e fognature ma non hanno lasciato evidenza dei loro principi di calcolo (che invero hanno portato ad ottime realizzazioni alcune delle quali ancora funzionanti). Nel Medio Evo il buio più totale fino a Leonardo (XV secolo) che derivò l'equazione di conservazione della massa e descrisse in modo accurato molti flussi: getti, salti idraulici, formazione di vortici, corpi a bassa ed ad alta resistenza, prototipi di macchine fluidodinamiche (pompe, elicotteri, paracadute). Nel quindicesimo secolo si riavvia l'interesse con una strana alternanza di momenti di avanzamento teorico con quelli sperimentali (non sempre gli uni antecedenti agli altri). Il francese Mariotte nel XVII secolo costruì il primo tunnel a vento e misurò la resistenza di corpi. La razionalizzazione dell’analisi del moto venne fatta ovviamente da Newton (1642-1727) che postulò la fenomenologia della viscosità dei fluidi. Ma per molti secoli la capacità matematica non era sufficiente per ricercare soluzioni sicché i matematici del XVII secolo (i Bernoulli, Eulero, d'Alembert, Lagrange, Laplace) concentrarono la loro attenzione sui flussi non viscosi. Eulero scrisse le equazioni del moto; i Bernoulli ne ricavarono varie soluzioni integrali; d'Alembert ne ricavò il paradosso (assenza di forza su corpi immersi in un fluido). La risoluzione di questo paradosso non era alla portata dei matematici di allora, lo studio degli effetti viscosi venne fatto quasi esclusivamente da sperimentali: Chèzy, Pitot, Borda, Weber, Francis, Hagen, Poiseuille, Darcy, Manning, Bazin, Wiesbach lavorarono in special modo a problemi idraulici viscosi quali canali aperti, resistenza di scafi, flussi in tubi, onde superficiali, pompe e turbine fornendo dati di ottimo livello, molte volte raggiunti in modo crudo con correlazioni ma senza comprensione degli aspetti fisici fondamentali. Alla fine del XIX secolo ricomincia l'unificazione tra teorici e sperimentali: William e Robert Froude (1810-1879, 1842- 1924) svilupparono la teoria dei modelli; Lord Rayleigh (1842-1919) propose la tecnica di analisi dimensionale; Osborne Reynolds (1842-1912) con il suo famoso esperimento del 1883 mostrò l'importanza del numero adimensionale (che prese il suo nome) che fissava la transizione dal regime laminare a quello turbolento. Le equazioni complete per flussi viscosi erano nel frattempo disponibili: Navier (1780-1836) e Stokes (1819-1903) avevano infatti indipendentemente completate le equazioni scritte da Eulero aggiungendovi il termine viscoso.

1.2

Ma queste erano troppo complicate per la risoluzione di problemi di interesse pratico, fino a che nel 1904 Ludwing Prandtl (1875-1953) postulò le condizioni per l'esistenza dello strato limite, ne definì le equazioni approssimate ed i suoi allievi produssero soluzioni di pratico interesse.

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C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 1 - Introduzione

Il XX secolo inizia quindi con i grandi fluidodinamici, oltre a Prandtl infatti Von Karman (1881-1963), Taylor (1886-1975) e Kolmogorov (1933) gettono le basi per la nascita della Fluidodinamica Computazionale che esplode con la disponibilità di calcolo numerica offerta dagli elaboratori elettronici a partire dagli anni sessanta. Da allora ad oggi il numero di lavori cresce in modo iperbolico. Ma se si pensa che il 75% della Terra è coperta da acqua, che il 100% della Terra è circondata da aria, che il corpo umano è fortemente dipendente da processi fluidi sia per la respirazione che per il pompaggio e la circolazione del sangue, delle urine e del sistema linfatico, si giustifica facilmente tale interesse. Ma non basta: quasi tutte le scienze ambientali (meteorologia, oceanografia, vulcanologia); quasi tutti i problemi di trasporto (aeronautici, terrestri, navali e sottomarini); quasi tutto l'approvvigionamento energetico (turbine idrauliche, a vapore, atomiche, oleodotti, gasdotti, acquedotti, fognature); quasi tutti i problemi di combustione; molte macchine motrici ed operatrici; rappresentano tutti problemi fluidodinamici. Lo scopo di un corso di fluidodinamica è quindi di presentare concetti abbastanza elementari per applicazioni di pratico interesse, conditi da un rigore sufficiente per permettere una agile transizione ad approfondimenti nei troppo numerosi campi specialistici, con la speranza, per i nuovi adepti, di sviluppare nuove tecnologie utili per il progresso dell'umanità. 1.3 IL CONCETTO DI FLUIDO Da un certo punto di vista la materia si manifesta essenzialmente in due stati: solido e fluido. La differenza principale tra i due stati, sta nel fatto che, in condizioni statiche (i.e. in assenza di moto), un solido può resistere a sforzi normali e tangenziali (taglio - shear) mentre un fluido può resistere soltanto a sforzi normali. Ovviamente, è noto che i fluidi si suddividono ulteriormente in liquidi e gas. La distinzione è che nei liquidi le forze intermolecolari sono abbastanza forti da mantenere il volume, nel caso dei gas queste sono molto deboli sicché il gas occupa tutto l'ambiente consentitogli - dal confinamento geometrico (bombola) o dal confinamento gravitazionale (atmosfera). Con questa classificazione, in condizioni statiche:

i solidi conservano forma e volume, i liquidi conservano solo il volume ( in un campo gravitazionale possono presentare un

pelo libero), i gas non conservano né forma né volume.

Ovviamente queste definizioni sono approssimate e tali da essere smentite da casi particolari: una gelatina (e un dentifricio) si comporta in parte come un solido in parte come un

fluido (è il campo di interesse della reologia), al di sotto del punto critico (per l'acqua Tc=647 K, pc=219 atm; per l'aria che è una

miscela non esiste un unico punto critico, ma per l'azoto che ne è il maggiore costituente vale Tc=126 K, pc=34 atm) una sostanza si comporta in parte come liquido in parte come un gas (è il campo di interesse dei fluidi bi-fasici).

1.3

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C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 1 - Introduzione

1.4 IL FLUIDO COME UN MEZZO CONTINUO Tale attributo, se verificato, è molto comodo in quanto ci consente di definire proprietà puntuali ed applicare, nella relativa modellistica, le nozioni note del calcolo differenziale. Come noto un fluido è, schematicamente, un aggregato di molecole; queste a loro volta sono aggregati di atomi con nuclei ed elettroni che vi ruotano attorno, con dimensioni caratteristiche molto piccole e proprietà che variano con il valore energetico. Per cui se si volesse, ad esempio, calcolare la densità puntuale ρ dovremmo prendere un piccolo volume V, calcolarne la massa M e farne il rapporto: ρ=M/V. Ma questa sarebbe una densità media, per avere il valore in un punto dovremmo fare il limite facendo tendere il volume a zero. Molto probabilmente in questo caso si avrebbe un diagramma come a lato. Esiste un valore limite inferiore sotto cui la misura della massa dipende, in modo indeterminato, dalle molecole che in quell'istante sono presenti nel volume: per cui la definizione di densità puntuale è:

ρ=

*=10-9 mm3

incertezza microscopica

incertezza macroscopica

0

VM

VV *lim→

=ρ (1.1)

Per la massima parte dei fluidi il valore limite V* è circa pari a 10-9 mm3, che quindi definisce il concetto di punto massa.

Tenere presente che in condizioni standard un volume di 10-9 mm3 contiene circa 3 x 107 molecole, più che sufficienti per poter definire, statisticamente, un valore di densità costante nel tempo.

Ovviamente lo stesso vale per tutte le altre proprietà di interesse in Fluidodinamica: temperatura, pressione, velocità ecc...; in tale modo, con l'intesa cioè di considerare il limite tendente a zero come limite tendente a V*, si può considerare un fluido come un mezzo continuo cui si possono applicare tutti i concetti del calcolo differenziale. Ovviamente può accadere che vi sono dei casi dove ciò non è possibile: ad esempio se la dimensione caratteristica di un fenomeno fisico è dello stesso ordine o minore del cammino libero molecolare il concetto di continuo non sarà applicabile e ci si deve rivolgere alla teoria dei gas rarefatti che farà uso di teorie molecolari su base statistica. E' da far presente che le teorie molecolari possono, in linea di principio, essere usate anche per l'analisi di problemi continui, ma questo in genere non è comodo in quanto soluzioni fattibili sono possibili solo per casi semplicistici. 1.5 DIMENSIONI ED UNITÀ

La dimensione è un attributo che caratterizza una grandezza fisica per consentirne la quantizzazione. L'unità è usata per la misura della quantità della dimensione della grandezza in una data scala.

Da non confondere questi concetti (elementari come i numeri primi!): ad esempio la lunghezza è una dimensione associata a grandezze fisiche quali: distanza, spostamento, larghezza, altezza, profondità, ecc..; nel mentre: metro, centimetro, inch, foot,….; sono le possibili unità di misura di tali grandezze. Il concetto di dimensione è alla base dell'analisi dimensionale che sarà discussa in seguito [Capitolo 6], strumento utilissimo in Fluidodinamica ed in tutte le scienze applicate.

1.4

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C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 1 - Introduzione

Ovviamente ogni grandezza fisica avrà una dimensione, e le leggi fisiche, teoriche e sperimentali che mettono in relazioni le varie grandezze, rappresentano un legame anche per le dimensioni. Ad esempio le dimensioni di lunghezza L, tempo t, velocità V ed accelerazione a sono collegate dalle relazioni V=dL/dt, a=dV/dt=d2L/dt2, per cui se si assumono come dimensioni fondamentali lunghezza e tempo ne discende che le dimensione della velocità sono V=L/t e quelle delle accelerazioni sono a=L/t2. Se invece si fossero assunte come dimensioni fondamentali lunghezza e velocità sarebbe risultato per il tempo t=L/V e per l'accelerazione a=V2/L. Ben maggiori difficoltà ha presentato la scelta di assumere come fondamentale la forza oppure la massa! E' ovvio che, sfruttando le relazioni fisiche, il grande numero di grandezze fisiche può essere descritto da un numero finito di dimensioni,. Nel 1872 il Congresso Internazionale di Parigi propose la Convenzione Metrica, firmata da 17 paesi (inclusi GB ed USA) in cui si scelse la base decimale per il sistema metrico. Per standardizzare il sistema metrico soltanto nel 1960 la Convenzione Generale di Pesi e Misure propose il Sistema di Unità Internazionale (SI) in cui 40 nazioni assunsero come dimensioni primarie (di interesse in fluidodinamica) la Massa M, la Lunghezza L, il Tempo T e la Temperatura Θ e come unità di misura rispettivamente il Kilogrammo (kg), il Metro (m), il Secondo (s) il grado Kelvin (K). In teoria quindi anche i paesi anglosassoni dovrebbero usare al posto del sistema britannico BG il sistema metrico SI, ma in pratica molto sono ancora le resistenze. Nel seguito riportiamo le dimensioni primarie nel SI e nel BG:

Dimensioni Primarie

unità SI unità BG fattore di conversione

Massa M Kilogrammo (kg)

Slug (sl) 1 slug = 14.5939 kg

Lunghezza L Metro (m) Foot (ft) 1 ft = 0.3048 m Tempo t Secondo (s) Second (s) 1 s = 1 s Temperatura Θ Kelvin (K) Rankine (°R) 1 K = 1.8 °R

e le dimensioni secondarie per grandezze di interesse in fluidodinamica: Dimensioni Secondarie unità SI unità BG fattore di conversione Area L2 m2 ft2 1 m2 = 10.764 ft2 Volume L3 m3 ft3 1 m3 = 35.315 ft3 Velocità L/t m/s ft/s 1 ft/s = 0.3048 m/s Acceleratione L/t2 m/s2 ft/s2 1 ft/s2 = 0.3048 m/s2 Forza ML/t2 N=kg m/s2

(Newton) lbf=slugs ft/s2

(libbraforza) 1 lbf = 4.4482 N

Pressione (sforzo) M/(Lt2 Pa=N/m2 Pascal lbf/ft2 1 lbf/ft2 = 47.88 Pa Velocità angolare 1/t s-1 s-1 1 s-1 = 1 s-1 Energia (calore, lavoro)ML2/t2

J=N. m Joule ft lbf 1 ft lbf = 1.3558 J

Potenza ML2/t3 W=J/s (Watt) ft lbf / s 1 ft lbf = 1.3558 W Densità M/L3 kg/m3 slugs/ft3 1 slug/ft3 = 515.k kg/m3 Viscosità (dinamica)M/(Lt) kg/(m s) slugs/(ft s) 1 slug/(fts)= 47.88 kg/(m

s) Viscosità (cinematica) L2/t m2/s ft2/s 1 m2/s = 10.764 ft2/s Calore specifico L2/(t2Θ) m2/(s2 k) ft2/(s2 °R) 1 m2/(s2K)=5.980 ft2/(s2

1.5

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°R) Ovviamente unità di misura ingegneristiche vengono ancora comunemente usate sia nel mondo anglosassone che in quello metrico, per i relativi fattori di conversione fare riferimento all’Appendice C , ovvero ai manuali opportuni. =^=^=^=^=^= Esercizio 1.1 Un corpo pesa 1000 lbf sulla Terra ( g= 32.174 ft/s2); determinare: • la massa in chilogrammi (453.6) • il peso sulla Luna in Newton (g=1.62 m/s2) (734.8) • l’accelerazione che subisce se soggetto ad una forza di 400 lbf sulla Terra e sulla Luna (3.91 m/s2)

=^=^=^=^=^= Esercizio 1.2 Un’antica unità di misura della viscosità dinamica, denominata con la lettera greca µ (si legge “mu”), nel sistema CGS è il poise =1 gr/cm s (in onore a Poiseuille). La viscosità dell’acqua in condizioni standard è µ = 0.01 poise. Esprimere tale viscosità:

• nel sistema SI (0.001 kg/(m s)) • nel sistema BG (2.09 10-5 slug/ft s))

=^=^=^=^=^= Esercizio 1.3 Un’antica unità di misura della viscosità cinematica, denominata con la lettera greca ν (si legge “ni”), nel sistemo CGS è lo stokes =1 cm2/ s (in onore a Stokes). La viscosità cinematica dell’acqua in condizioni standard è ν = 0.01 stokes. Esprimere tale viscosità:

• nel sistema SI (1.0 10-6 m2/ s)) • nel sistema BG (1.0764 10-5 ft2/ s))

=^=^=^=^=^= Esercizio 1.4 Il teorema di Bernoulli è una relazioni utilissima in fluidodinamica, valida in condizioni di flussi non viscosi, stazionari, incompressibili e potenziali: ecostantpghVp o

221 ==ρ+ρ+ ; dimostrare che il teorema è:

• dimensionalmente omogeneo • consistente nel SI (senza bisogno di fattori di conversione) • consistente nel BG (senza bisogno di fattori di conversione)

=^=^=^=^=^= Esercizio 1.5 L’irlandese Manning propose una formula empirica per la determinazione della velocità in un canale aperto.

Nel sistema BG la formula è: 2/13/2 SRn46.1V = dove R è il raggio idraulico, S l’inclinazione del canale, n

un fattore adimensionale di rugosità. Determinare: • la formula è dimensionalmente consistente ? Risp. NO

• quale la formula nel sistema SI? Risp. 2/13/2 SRn0.1V =

=^=^=^=^=^=

1.6

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C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 1 - Introduzione

1.6. PROPRIETÀ TERMODINAMICHE DI UN FLUIDO L’assunzione di continuo comporta di considerare le proprietà termodinamiche del fluido ad un livello macroscopico. Nel seguito accenneremo sommariamente come questo si compara al livello microscopico ovvero molecolare. 1.6.1 Densità Denominata con la lettera greca “ρ” (si legge “ro”), rappresenta, a livello macroscopico, la massa per unità di volume ed è definita come:

nm*

lim =→

=VM

VVρ (1.2)

ovvero, a livello microscopico, come il prodotto della massa molecolare “m” ed “n” il numero di molecole contenute nell’unità di volume. I valori di ρ per l’aria e l’acqua in condizioni standard [pressione atmosferica e 20 °C (ovvero: 293.15 K, 68 °F, 527.67 °R)] sono:

=ρacqua ) slug/ft (1.944 kg/m 998

aria ) slug/ft (0.00234 kg/m 225.133

33

(1.3)

La densità dei gas comunemente varia proporzionalmente con la pressione e inversamente con la temperatura (vedi modello piuccheperfetto Appendice B). La densità dei liquidi dipende essenzialmente dalla temperatura e poco dalla pressione; nel seguito presentiamo la densità di liquidi comuni:

Liquido T(°C) ρ(kg/m3) T(°F) ρ(slug/ft3)

Alcool etilico 20 789 68 1.53 Tetracloruro di carbonio 20 1590 68 3.09 Glicerina 20 1260 68 2.44 Kerosene 20 814 68 1.58 Mercurio 20 13550 68 26.30 Olio SAE 10W 38 870 100 1.69 Olio SAE 10W-30 38 880 100 1.71 Olio SAE 30 38 880 100 1.71 Acqua di mare 26 1030 100 1.99 Acqua pura 10 1000 32 1.94

La variazione della densità dell’acqua (pura) [kg/m3] con la temperatura [°C] è correlata dall’espressione:

432 T0000000.0T0000350971.0T007097451.0T04216485.09399.999 −+−+=ρ (1.4) per calcoli di prima approssimazione si preferisce arrestare la serie al primo termine, ne consegue una relazione lineare attorno ad un dato stato di riferimento, che viene di solito espressa come:

[ ]T1 Trif ∆β−ρ=ρ (1.5)

dove βT è detto coefficiente di espansione termico. Analogamente si introducono altri coefficienti di espansione quali quello per la salinità (acqua di mare):

[ ]s1 srif ∆β−ρ=ρ (1.6)

1.7

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C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 1 - Introduzione

dove βs è detto coefficiente di espansione per la salinità. 1.6.2 Temperatura

Secondo la teoria cinetica dei gas la temperatura assoluta T è definita come: ( )22221

32 wvum

k1

++=T

dove k è la costante di Boltzmann, m la massa molecolare, u,v,w le velocità molecolari, < . > la media statistica. In pratica la temperatura (assoluta) è proporzionale all'energia cinetica media delle molecole. La temperatura dell’acqua in presenza di ghiaccio è misurata in termini di temperatura relativa come:

Tacqua/ghiaccio = 0° Centigradi = 32 Fahrenheit (1.7) Tacqua bollente = 100° Centigradi = 212 Fahrenheit (1.8)

ovvero in termini di temperatura assoluta

Tacqua/ghiaccio = 273.15 Kelvin = 491.67 Rankine (1.9) Tacqua bollente = 373.15° Kelvin = 671.67 Rankine (1.10)

In termodinamica usare sempre scale assolute per la temperatura !

Il passaggio tra scale relative e scale assolute è dato dalle relazioni:

( °R ) = ( °F ) + 459.67 ( K ) = ( °C ) + 273.15 (1.11) Il passaggio tra scale SI e scale GB è dato dalle relazioni:

( °F ) = 9/5 ( °C ) + 32 ( °C ) = 5/9 ( °F - 32 ) (1.12) 1.6.3 Pressione Un fluido in quiete esercita su di una superficie uno sforzo (Forza/Superficie) puramente normale. Per convenzione la pressione p è lo sforzo diretto in direzione contraria alla normale uscente dalla superficie. Per un gas, se il numero di molecole per unità di volume è alto, la pressione p è proporzionale alla media della variazione di quantità di moto risultante dagli urti elastici (contro una superficie normale alla direzione del moto medio) delle molecole contenute nel volume elementare V. Per la sola direzione x:

221

x um1pV

= (1.13)

np

Se si considerano tutte le facce di un cubo elementare si ricava:

( )22221 wvum1p ++=

V (1.14)

1.8

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=^=^=^=^=^= Esercizio 1.6 Cosa si ritrova se si elimina l'energia media molecolare tra la definizione della temperatura e della pressione e si richiama la definizione data per la densità? Risp. L’equazione del gas p.c.p. =^=^=^=^=^= Molte sono le unità di misura per la pressione, ad esempio per l'aria in condizione standard:

=

inch) squareper (pound psi 14.7foot) squareper (pound psf 8.2116

acqua) di (metri OmH 1.10mercurio) di i(millimetr mmHg 760

l)(kiloPasca kPa .3101)(atmosfera atm 1

p2

Molte volte in calcoli ingegneristici si usano valori di pressioni misurati rispetto all'atmosfera (pgage) , altre volte ancora pressioni differenziali di un punto rispetto ad un'altro (pdiff).

Ne discendono le definizioni di: pressione assoluta, gage, vuoto, relativa. • pressione assoluta è usata in termodinamica ed è riferita alle condizioni limite per cui T→ 0 K, • pressione gage è quella che si misura con un manometro, è riferita alle condizioni ambientali in condizioni di sovra-pressione, • pressione di vuoto è quella che si misura con un vacuometro, è riferita alle condizioni ambientali in condizioni di depressione (misura l’entità di vuoto!), • pressione relativa misura la differenza tra due condizioni di pressione.

p(kPa)

101

201

51

0

pressione atmosferica s.l.m.

sovra pressione

depressione

vuoto assoluto

assolutasovrapressione

depressione(vuoto)

p = 0gage

p = 0vuoto

p = -50gage

p = 50vuoto

p = 100gage

p = -100vuoto

p = 150diff

p = -101gage

p = 101vuoto

Ricorda che in termodinamica si deve usare sempre la pressione assoluta (pabs). 1.6.4 Equazioni di stato

Pressione, densità e temperatura sono proprietà termodinamiche di un fluido, che sono collegate da un'opportuna equazione di stato. Per gas a temperature moderatamente alte e pressioni moderatamente basse (relativamente al punto critico) vale la equazione di stato del gas perfetto:

T R = p gasρ (1.15)

1.9

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dove la costante del gas Rgas = ℜ/ è pari alla costante universale dei gas ℜ divisa la massa molecolare La costante universale dei gas ℜ è pari a 8314.3 J/(kmole K). Per l'aria la massa molecolare media è 28.97 kg/kmole, per cui:

Raria = 287 J/(kg K) ovvero 1717 ft lb/(slug °R) (1.16) Per altri gas:

Gas γ Rgas

J/(kg K) cp

J/(kg K) Rgas

ft lb/(slug

R)

cp ft lb/(slug R)

Aria 1.40 287 1004 1717 6003 Anidride carbonica 1.30 189 841 1130 5028 Elio 1.66 2077 5225 12419 31240 Idrogeno 1.40 4124 14180 24677 84783 Metano 1.31 518 2208 3098 13783 Azoto 1.40 297 1039 1776 6212 Ossigeno 1.40 260 910 1555 5440

MEMO: l’equazione (1.15) è applicabile solo ai gas in condizioni lontane dai punti critici, non è

applicabile quindi ai vapori, né tanto meno ai liquidi! Altre proprietà termodinamiche di interesse sono l'energia interna u, l'entalpia h = u + p/ρ , l'entropia s, i calori specifici cp e cv. In condizioni statiche (particelle ferme) la sola energia che una sostanza fluida può incamerare è l'energia interna u (collegata all'energia cinetica delle molecole) che è proporzionale alla temperatura (assoluta) mediante un coefficiente che dipende dai possibili modi energetici molecolari. In definitiva a livello macroscopico u = u(T) è la relazione di stato energetica. Questa relazione implementa il sistema di equazioni di stato che completa la definizione termodinamica del gas. Ad esempio per un gas piuccheperfetto risulta:

u = urif + cv T (1.17)

dove cv è una costante del gas che coincide con il calore specifico a volume costante:

tcosvv T

uc=

∂∂

≡ (1.18)

Il calore specifico a pressione costante, cp:

tcospp T

hc=

∂∂

≡ (1.19)

risulta collegato al cv , per il modello di gas piuccheperfetto, dalla relazione

vp ccR −= (1.20) Per questo modello di gas (p.c.p.) risulta che anche l'entalpia termodinamica dipende esclusivamente dalla temperatura, infatti:

)T(hRT)T(upuhstatodi.eq

=+=ρ

+≡ (1.21)

sicché dalla definizione del cp risulta:

1.10

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h = urif + cp T (1.22)

Altri parametri termodinamici, di interesse, sono le cosiddette "velocità del suono" definite come:

.tcosT

2N

pa=∂ρ

∂≡

.tcoss

2L

pa=∂ρ

∂≡ (1.23)

La prima (a temperatura costante) è chiamata Newtoniana, la seconda (ad entropia costante) è detta Laplaciana. In effetti i piccoli disturbi (tra cui il suono) si propagano con la velocità del suono Laplaciana (e questo rappresenta una delle cantonate di Newton [nessuno è perfetto], che aveva predetto invece la velocità isoterma). Per un gas perfetto le espressioni delle due velocità sono:

RTa;RTa LN γ== (1.24) Per l’aria:

T20TRL ≅γa = [ T in Kelvin, a in m/s] (1.25)

Il rapporto dei calori specifici, γ :

( )Taa

cc

2N

2L

v

p γ===γ (1.26)

per i gas piuccheperfetto è costante. Ragioni di stabilità impongono che il rapporto dei calori specifici non può essere inferiore all'unità : 1≥γ .

Per l'aria:

°==−γ

γ=

°==−γ

=

)Rs/(ft6010)kgK/(J10041

Rc

)Rs/(ft4298)kgK/(J7171

Rc

4.1

22p

22v (1.27)

Le equazioni di stato dei liquidi (perfetti) tengono in conto della quasi indipendenza della densità dalla pressione e dalla temperatura:

ρ = costante cp = cv = c dh = c dT (1.28) Nei casi in cui si deve tenere conto della variazione della densità si assume: • per la dipendenza dalla temperatura una relazione lineare:

( )[ ]oo TT1 −β+ρ=ρ (1.29) • per la dipendenza dalla pressione una relazione empirica del tipo:

B)1B(pp

n

aa−

ρρ

+= (1.30)

dove B ed n sono parametri adimensionali e pa e ρa i valori standard. Per l'acqua B=3000, n=7.

1.11

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L'acqua del mare è definita in termini della salinità s, definita come il rapporto tra la massa del sale disciolto in un certo volume di acqua e la massa dell'acqua contenuta nello stesso volume. La salinità media dell'acqua di mare è 0.0035 cioè del 3,5 per mille. 1.6.5 Viscosità

Un solido [cfr. teoria dell’elasticità] sottoposto ad uno sforzo tangenziale (di taglio) τ reagisce con una deformazione γ (angolo) moltiplicata per una costante (parametro termodinamico) chiamata modulo di elasticità flessionale , G : γ=τ G . Un fluido sottoposto ad una velocità di deformazione reagisce con uno sforzo tangenziale (di taglio) τ collegata da un parametro termodinamico chiamato viscosità dinamica "µ". Consideriamo la figura:

d θ dθ

dy

dudt du

dx

τ ∝ d θ/dt

τ

y

u(y)

du

dy

τ=µ du/dy

profilo di velocità

flusso

Se la superficie superiore di una particella fluida si muove con una velocità du rispetto a quella inferiore l'angolo di deformazione dθ crescerà continuamente con il tempo fino a quando lo sforzo τ è applicato. Per fluidi Newtoniani (acqua, olio, aria) risulta una proporzionalità tra lo sforzo τ e la velocità di deformazione dθ/dt

dtdθ

∝τ (1.31)

Ma dalla geometria della figura risulta (per piccoli angoli) :

( )dy

dtdudtand =θ≈θ (1.32)

per cui al limite infinitesimale risulta

τ∝=θ

dydu

dtd

. (1.33)

La costante di proporzionalità è la viscosità dinamica µ (lettera greca, si pronuncia “mu” o “mi”):

dydu

xy µ=τ (1.34)

Il pedice (xy) richiama il fatto che lo sforzo τ si riferisce alla velocità di scorrimento du (componente della velocità nella direzione x) rispetto alla faccetta di normale nella direzione dy.

E’ ovvio quindi, che si possono definire in tutto nove scorrimenti e nove sforzi come combinazione, a due a due, degli assi x,y,z

1.12

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C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 1 - Introduzione

Dalla definizione (dovuta a Newton nel 1687) si ricava (stante l’omogeneità dimensionale) la dimensione della viscosità dinamica pari a quelle di uno sforzo diviso un gradiente di velocità ovvero

==µtL

ML/V

L/F 2

(1.35)

Nel SI le unità naturali per la viscosità dinamica µ sono kilogrammi/ (metro-secondo), nel BG slug/(foot-second). In seguito vedremo che in Fluidodinamica il parametro principale che determina quanto importanti sono gli effetti convettivi rispetto a quelli della viscosità in un campo di moto (i.e. quanto un regime può essere considerato viscoso o no) è il numero (adimensionale) di Reynolds:

ν=

µρ

=VLVLRe (1.36)

in questo numero compare il rapporto della viscosità con la densità, a questo rapporto viene il nome di viscosità cinematica : ν = µ / ρ (lettera greca si pronuncia “ni”) le cui dimensioni sono ν=L2/T, le cui unità naturali nel SI sono metri quadrati al secondo, nel BG foot quadri al secondo. E' strano verificare che comunemente si confondono i concetti di densità, di viscosità dinamica e cinematica. Per aiutare a verificare la classifica dei fluidi per densità, per viscosità dinamica e per viscosità cinematica offriamo all'attenzione dello studente la seguente tabella che confronta tali parametri per fluidi di interessi, ordinati per densità crescente, in condizioni di 1 atm e 20 °C

Fluido ρ kg/m3

µ kg/(m s)

µ/ µ(Η2) ν m2/s

ν/ ν(Hg)

Idrogeno 0.084 8.9 10-6 1.0 1.06 10-4 910 Aria 1.225 1.79 10-5 2.1 1.46 10-5 130 Benzina 680 2.9 10-4 33 4.27 10-7 3.7 Alcol etilico 789 1.2 10-3 135 1.51 10-6 13 Olio SAE 30 933 0.26 29700 2.79 10-4 2430 Acqua 1000 1.0 10-3 114 1.01 10-6 8.7 Glicerina 1263 1.5 168000 1.19 10-3 10200 Mercurio 13540 1.5 10-3 170 1.16 10-7 1.0

=^=^=^=^=^= Esercizio 1.6 Olio SAE 30 a 20°C scorre in una intercapedine di altezza h tra una lastra infinita fissa ed un'altra che si muove con velocità U. Supponendo che lo sforzo viscoso sia costante nel film di olio (Moto alla Couette):

• assumendo un profilo di velocità lineare (condizioni di no-slip) u(y) = U (y/h) • calcolare lo sforzo se U=3 m/s, h=2 cm 39 Pa

Questa soluzione è verificata fino a che il numero di Reynolds basato sull'altezza h e sulla velocità U è minore di 2300 (i.e. ρ U h / µ ≤ 2300). Per valori maggiori del numero di Reynolds il flusso diventa turbolento ed il profilo di velocità diventa molto più appiattito del tipo u/U=(y/h)1/7- Verificare il Re. =^=^=^=^=^= 1.6.5.1 Variazione della viscosità con la temperatura

In teoria la viscosità dinamica è una variabile termodinamica: µ=µ(p,T); in pratica la dipendenza dalla pressione è debole, molto più importante la dipendenza dalla temperatura.

1.13

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C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 1 - Introduzione

Nei gas la viscosità aumenta con la temperatura. Due sono le approssimazioni usate:

• la legge di potenza n

oo TT

=

µµ (1.37)

• la legge di Sutherland ( )

STST

TT o

2/3

oo ++

=

µµ (1.38)

dove µo è la viscosità alla temperatura To. Per l'aria n = 0.67 e S = 110 K (199 °R) Nei liquidi la viscosità dinamica diminuisce quasi esponenzialmente con la temperatura. Un buon fitting (± 1%) è fornito dalla relazione:

2

ooo TTc

TTbaln

+

+=

µµ per l'acqua a = -1.94, b = -4.80, c = 6.74 (1.39)

1.6.6 Conducibilità termica

La conducibilità termica λ , correla il (vettore) flusso di calore jq al (vettore) gradiente di temperatura ∇T secondo la

legge di Fourier: Tjq

∇λ−= (1.40)

Il segno ( - ) indica che il calore è energia che fluisce da zone ad alta temperatura verso zone a bassa temperatura. La conduttività termica λ è una proprietà termodinamica che varia in modo molto simile alla viscosità dinamica. In condizioni standards (15 °C, pressione atmosferica):

per l'aria λ = 0.02436 J/(m s K) (1.41)

per l'acqua λ = 0.579 J/(m s K)

Si vedrà in seguito che queste proprietà sono correlate dal numero (adimensionale) di Prandtl:

Pr =cp µ

λ (1.42)

• per gas Pr è di ordine unitario (Pr=0.738 per l'aria); • per liquidi Pr è di uno o più ordini di grandezza (Pr=7.23 per l'acqua).

1.14

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C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 1 - Introduzione

1.6.7 Fluidi non-newtoniani In questo corso considereremo soltanto fluidi newtoniani. Vi sono fluidi non-newtoniani in cui la relazione sforzo/velocità di deformazione è di tipo non lineare. Questi fluidi interessano il campo della reologia. E' opportuno, in questo contesto, conoscere almeno le definizioni dei comportamenti. Fluidi alla Bingham possono anche esibire profili non lineari.

Sforzo, τ

Velocità di deformazione, dθ/dt

Sforzoresiduo

Bingham plastico(ideale)

plastico dilatante

Pseudoplastico

newtoniano

Ovviamente quanto presentato è soltanto illustrativo. 1.6.8 Tensione superficiale Un liquido in presenza di un altro liquido o di un gas presenta un’interfaccia sulla quale, a causa delle forze di attrazione molecolari dei due fluidi che sono differenti, si crea una tensione superficiale (forza/lunghezza) denominata σ. Questa tensione può essere considerata termodinamicamente come energia per unità di superficie dell'interfaccia (Excess energy). In fluidodinamica le interfacce più comuni sono quelle tra aria ed acqua e tra aria e mercurio. Per un’interfaccia pulita (ed è molto difficile mantenerla tale negli esperimenti!) a temperatura standard di 20 °C si ritrova:

=σlbf/ft) (0.033 mercurio -ariaper N/m 0.48lbf/ft) (0.0050 acqua-ariaper N/m 073.0

(1.43)

Questi valori cambiano radicalmente se sull’interfaccia sono presenti impurità, in special modo sostante surfatanti (quali i detersivi). In genere la tensione superficiale decresce con la temperatura, per cui su superfici non-isoterme la variazione della tensione superficiale induce dei moti superficiali (effetto Marangoni).

L R

2RL p∆

σ

(a)

σ

π R p 2

R

R 1 R2

dL2dL 1

σ

dA p∆

(b) (c)

Se l'interfaccia è curva una semplice analisi di equilibrio di forze mostra (in condizioni statiche) che, per bilanciare tali tensioni, deve esistere una differenza di pressione tra i due lati dell'interfaccia (pressione maggiore sulla faccia concava). L'analisi della figura per il caso (a) , interfaccia cilindrica, fa rilevare che per l'equilibrio deve essere:

pRL2L2 ∆=σ ovvero R

p σ=∆ (1.44)

Nel caso (b), interfaccia sferica, risulta:

1.15

Page 27: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 1 - Introduzione

σπ=∆π R2pR 2 ovvero R2p σ

=∆ (1.45)

Questo risultato, che vale per una goccia di fluido, può essere usato per calcolare la differenza di pressione tra l'interno e l'esterno di una bolla di sapone che contiene aria ed è immersa nell'aria. La bolla ha quindi due interfaccie, per cui

R4p2p gocciabolla

σ=∆=∆ (1.46)

Il caso (c) mostra una generica interfaccia con le due curvature principali R1 ed R2. Per questo caso il bilancio delle forze normalmente all'interfaccia impone:

pdA2

sinL22

sinL2 21

12 ∆=

θ+

θσ (1.47)

ovvero

pLLR2LL2

R2LL2 21

2

21

1

12 ∆=

+

σ (1.48)

da cui si ricava la cosiddetta equazione di Laplace:

+σ=∆

21 R1

R1p (1.49)

che generalizza le prime due [caso (a) R2 = ∞, caso (b) R1 = R2 ]. Un secondo importante effetto della tensione superficiale per le gocce è l'angolo di contatto θ che l'interfaccia della goccia forma con una superficie solida. In questo caso il bilancio delle forze deve tenere in conto di quest'angolo e pertanto anche la differenza di pressione dipende da esso.

θ

Solido

liquido gas

Se θ è minore di 90° si dice che il fluido bagna la superficie, se θ è maggiore di 90° si dice che il fluido non bagna la superficie. Come σ anche l'angolo θ dipende dalla purezza dell'interfaccia ed è una proprietà termodinamica. Per l'interfaccia aria-mercurio-vetro θ=130°. Per l'interfaccia aria-acqua-vetro θ=0° La tensione superficiale provoca il fenomeno di innalzamento capillare del fluido in un tubo, cosa che deve essere tenuta in conto nella manometria a capillare. =^=^=^=^=^= Esercizio 1.7 Derivare una espressione dell'innalzamento capillare h in un tubo capillare cilindrico di raggio R in cui esiste un fluido con tensione superficiale s che forma un angolo di contatto q con la superficie del tubo. [ ]Rgcos2=h .Risp ρθσ

2Rθ

hSe R=1mm, il tubo è di vetro determinare l'innalzamento capillare nel caso di:

• aria-acqua (Risp. 1,5 cm) • aria-mercurio (Risp. -4.6 mm.)

Memo densità del mercurio 13600 kg/m3.

1.16

Page 28: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 1 - Introduzione

=^=^=^=^=^= 1.6.9 Tensione di vapore La tensione di vapore è la pressione con cui un liquido è in equilibrio con il suo vapore (i.e. in cui inizia il fenomeno del cambiamento di fase). La tensione di vapore è una grandezza termodinamica che dipende dalla temperatura. Se un liquido è posto ad una pressione (assoluta) maggiore della pressione di vapore l'unico scambio tra fase liquida e fase di vapore può avvenire sull'eventuale interfaccia presente tra la fase liquida e la fase gassosa. Se un liquido è posto ad una pressione (assoluta) minore della pressione di vapore, bolle di vapore possono formarsi nell'interno del liquido.

1. Se tale fenomeno deriva da un aumento della tensione di vapore causato da un aumento di temperatura (pressione costante) si parla di ebollizione.

2. Se invece tale fenomeno è causato da una diminuzione della pressione per effetto dinamico (pressione di vapore costante) si parla di cavitazione.

Il parametro adimensionale che descrive il fenomeno della cavitazione è il numero di cavitazione Ca (da alcuni denotato anche con σ):

221

v

VppCa

ρ−

= (1.50)

Per esservi cavitazione tale numero deve essere maggiore di un valore che dipende da vari fattori, tra gli altri: dalla forma del corpo e, fortemente, anche dalla presenza di nuclei di vaporizzazione. Per fluidi puri il numero di cavitazione Ca varia, per un dato corpo, essenzialmente con Re. Per un cilindro con bordo arrotondato (con cp min=|0.44|) Ca varia

• da 0.75 per Re = 0.1 10-5 • fino a 2.0 per Re = 3.0 10-5.

NOTA: In genere la cavitazione è da evitare in applicazioni marinare (specialmente per l'estradosso delle

eliche). Oggigiorno sta risorgendo nuovo interesse per questo soggetto, sia per le eliche supercavitanti e di superfici sia, da un punto di vista completamente opposto, per applicazioni in cui la cavitazione è provocata, ad arte, per ridurre la resistenza di attrito [sostituendo l’interfaccia solido/vapore a quella solido/liquido].

1.17

Page 29: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 1 - Introduzione

1.7 CHECK-OUT In un’ottica di una formazione a crediti ogni capitolo rappresenta un piano dell’edificio culturale rappresentato dal corso di insegnamento. Quando si finisce un piano occorre collaudarlo, il che richiederà un accertamento (test) e prima di questa prova è consigliabile verificare se tutti i mattoni sono stati ben collocati [e ben digeriti]. Tale è lo scopo di questo paragrafo che sarà costantemente presente alla fine di tutti i capitoli degli appunti delle lezioni. In questo primo caso, lo studente diligente dovrebbe essere capace di rispondere a domande tipo quelle che seguono: 1 Dimensioni ed unità (definizioni, cambiamenti di sistemi) 2 Proprietà termo-fluidodinamiche di fluidi di interesse in ingegneria (aria-acqua) (definizioni,

dimensioni, unità, ordini di grandezza, variazioni). 3 Familiarità con la termodinamica (appendice B) Se qualcuna di queste domande virtuali vi creasse difficoltà:

i. accertatevi di aver capito in cosa consiste la domanda, (considerazione generale) ii. accertatevi di aver capito in quale contesto (logico e/o fisico degli appunti) si deve trovare la risposta

(è la cosa più importante!), iii. rivedere il contesto, iv. in caso di ulteriori problemi contattate il docente per tutoraggio ed aiuto

! !

1.18

Page 30: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

Capitolo 2

Elementi di Meccanica del Continuo

Scopo del capitolo La Meccanica del Continuo è la scienza madre di molte discipline che spaziano dalla teoria dell’elasticità a quelle che studiano il trasporto della quantità di moto, dell’energia e delle masse. L’introduzione a tale disciplina è quindi doverosa per un corso di Fluidodinamica, ma la presentazione è complicata dalla intrinseca sofisticatezza delle metodologie analitico-matematiche tradizionali degli argo-menti della meccanica dei mezzi continui e dai formalismi di algebra e calcolo tensoriali che, ad un primo approccio, possono risultare alquanto pesanti. In questo contesto, la presentazione è fatta ad un primo livello di approfondimento, ma con un certo rigore che richiede l’uso di concetti e di metodologie di calcolo vettoriale e tensoriale, i cui richiami sono raggrup-pati nell’Appendice A. Questa non deve essere considerata come componente secondaria di un contesto, ma rappresenta, insieme agli esercizi, una componente propedeutica ed essenziale del processo di formazione. La presentazione del capitolo è atipica: fatta con un’alternanza di considerazioni fisico-pragmatiche frammi-ste a momenti di rigore analitico, sperando che questi ultimi siano veicoli di infezione per una curiosità scientifica che possa motivare futuri approfondimenti. In ogni caso l’applicabilità dei risultati è sempre sottolineata e, comunque, richiesta e dimostrata negli esem-pi e/o esercizi proposti.

Indice del Capitolo Paragrafo pagina 2.1 La Meccanica del continuo 2 2.2 Scalari, vettori e Tensori 3

2.2.1 Scalari 4 2.2.2 Vettori 4 2.2.3 Tensori 7

2.3 Rappresentazioni Euleriana – Lagrangiana 12 2.4 Velocità 15 2.5 Velocità Angolare di particelle fluide 18 2.6 Accelerazione (lineare) 19 2.7 Dilatazione 21 2.8 Velocità di dilatazione 22 2.9 Teorema del trasporto di Reynolds 24 2.10 Il tensore di deformazione 27 2.11 Il tensore velocità di deformazione 28

.2.11.1 Significati delle componenti del tensore di deformazione 30 2.12 Il tensore degli sforzi 31 2.13 Flussi e portate 34 2.14 Teoremi di Gauss 36 2.15 Vorticità 38 2.16 Potenziale di velocità 39 2.17 Circolazione – Teorema di Stokes 39 2.18 Linee di flusso 40

2.18.1 Traiettorie 40 2.18.2 Linee di corrente 41 2.18.3 Linee di fumo 41

2.19 Sintesi del Capitolo - Check-Out 42

2.1

Page 31: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

2.1 LA MECCANICA DEL CONTINUO La Meccanica del Continuo studia il comportamento dei sistemi fisici continui sotto l'azione di forze. In par-ticolare è di interesse la descrizione del campo di moto, nei limiti di una trattazione macroscopica della mate-ria. Come parte della fisica la meccanica è tradizionalmente divisa in cinematica e dinamica. La cinematica è la descrizione dell’atto di moto in sé, senza tenere in conto le forze che lo hanno generato; la dinamica a-nalizza gli effetti di queste ultime sul moto. La prima necessità di base della cinematica è di descrivere matematicamente il moto di un punto. Questa descrizione sarà completamente differente a seconda che si stia considerando un punto fisico, un pun-to massa, una particella di un solido deformabile o una particella fluida. L’analisi del moto di un corpo solido è fatta molto semplicemente concentrando tutta la massa nel baricentro (lumped mass system), sicché l’analisi cinematica si limita alla descrizione:

• del moto di uno o più punti massa (baricentri con masse concentratevi): traslazione • del moto attorno al baricentro (rispetto cui è misurato il momento d’inerzia del corpo) : rotazione.

Le due descrizioni sono indipendenti l’una dall’altra (equazioni non accoppiate) se la massa è costante.

traslazione

deformazionedilatazione

rotazioneL’analisi di un solido deformabile è più complicata. L’atto di moto della particella elementare può essere scom-posto in vari componenti che sono raffigurate nella figura a lato [per ragioni di grafiche ci si limita ad un rappresenta-zione piana]. Ogni componente dell’atto di moto è riconducibile (vecchia teoria di Cauchy) al mantenimento/cambiamento di: posi-zione, volume, forma, orientamento:

1. traslazione: cambia solo la posizione 2. rotazione: cambia solo orientamento 3. dilatazione: cambia solo volume 4. deformazione: cambia forma

Nota: la dilatazione e la deformazione sono talora trattate

unitariamente. Di queste: le prime due (traslazione e rotazione) sono simili a quelle del corpo rigido: ed ovviamente non concor-

rono e/o non dipendono dallo stato tensionale generato nella particella dal sistema di forze superficiali cui è sottoposto il corpo [ovviamente possono concorrere o dipendere dall’azione di forze di massa quali, campi gravitazionali, accelerazioni non inerziali (di Coriolis o centripete) … ecc]. le seconde due (dilatazione e deformazione) sono rappresentabili puntualmente da campi tensoriali: Per solidi, la teoria dell’elasticità (Cauchy ) provvede a collegare lo stato tensionale [tensore degli

sforzi] a quelli di dilatazione e di deformazione [tensore delle deformazioni] medianti relazioni fenomenologiche che dipendono dallo specifico modello di solido [ad esempio il solido (lineare) di Hooke]. Per fluidi (liquidi e gas) l’analisi di Cauchy rimane essenzialmente valida (con qualche ap-

profondimento/modificazione) se si considerano i ratei temporali (velocità) di: traslazio-ne, rotazione, dilatazione, deformazione. Per analogia con i solidi, per i fluidi lineari, solo i ratei temporali di dilatazione e di deformazione [tensore velocità di deformazione] concor-reranno allo stato tensionale locale [tensore degli sforzi] e tra questi si stabiliranno delle re-lazioni fenomenologiche che dipendono dal modello di fluido [ad esempio il modello (line-are) di fluido Newtoniano].

2.2

Page 32: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

Ovviamente esisteranno alcune sostanze (di frontiera) dove sono importanti sia i cambiamenti che le velocità dei cambiamenti (presentano contemporaneamente le caratteristiche di solidi e di fluidi, il cui mix di solito dipende dalla temperatura). Per estrapolazione, quindi le particelle di tali sostanze presenteranno stati tensio-nali collegati sia ai tensori di dilatazioni e di deformazioni che ai tensori dei loro ratei temporali. La tratta-zione di tali fenomenologie (invero alquanto complicata) è bene al di fuori dello scopo di questo corso.

Ricordiamo che per noi una particella fluida è una particella materiale: la materia contenuta in un volume finitesimo V* tanto piccolo da essere localmente in equilibrio termo-dinamico con l’ambiente e tanto grande da consentirne una descrizione macroscopica, stati-sticamente significativa nell’ipotesi di un continuum. Il che significa che potremo continuare ad usare i risultati del calcolo infinitesimale, laddo-ve i limiti per distanze, superfici o volumi che tendono a zero, saranno considerati validi ed intesi tendere alle dimensioni caratteristiche di V* che, per semplicità, considereremo co-me un parallelepipedo di lati dx1,dx2,dx3 in un sistema di riferimento cartesiano. Ovviamente quanto ritrovato sarà valido in ogni sistema di riferimento; il vero obiettivo è di arrivare sempre a raffigurazioni vettoriali o tensoriali, laddove ne è il caso)

2.2. SCALARI, VETTORI, TENSORI La cinematica e la dinamica del continuo richiedono l’uso di modelli e di algoritmi matematici per la descri-zione dell’evoluzione di proprietà materiali collegate alle particelle (fluide o solide) del mezzo. Il linguaggio naturale per la descrizione dei mezzi continui e di tutte le teorie di campo è il calcolo tensoriale. Una raccolta di argomenti di calcolo tensoriale è contenuta nell’Appendice “A”, che vuole rappresentare un punto di riferimento nei momenti di bisogno, ovvero un’utile base di verifica. Ma, come ogni lingua è molto più della sua grammatica, così anche il linguaggio del calcolo tensoriale è molto più di semplici notazioni e relazioni; il suo scopo è di poter applicare formulazioni di algebra e calcolo matematico a concetti fisici. Ma questo può causare disfunzione e confusione [quasi pirandelliana] tra l’essere fisico e la sua rappresentazione. In altre parole le definizioni di vettore e tensore, che sono quantità fisiche dovrebbero essere distinte con le definizioni di vettore (tripletta di fun-zioni di numeri reali) o di matrici (per fortuna solo quelle quadrate) dell’algebra lineare. Con la grande differenza che l’entità fisica (il tensore) deve rimanere invariante rispetto al sistema di coordinate, nel mentre la sua descrizione ma-tematica (tramite le componenti di una matrice quadrata) varia con il sistema di riferimento. Le modalità dei cambiamenti (relazioni di trasformazione) delle componenti necessarie per rappresentare sempre la stessa entità fisica, possono ser-vire a definire il tensore fisico. Con una ardita similitudine: queste relazioni di trasformazione rappresentano la sintassi necessaria a definire un linguaggio.

A parte le considerazioni tra il numero di scalari (o di componenti ) necessario per la definizione delle quan-tità fisiche, contenute nell’Appendice A.1, vogliamo qui proporre considerazioni e da queste derivare la ne-cessità e le tipologie di relazioni di trasformazioni delle componenti in funzione del cambiamento di riferi-mento.

y’

Y Y’

X’

β

x’

X

y

xP

i

jj’ i’

Nel seguito considereremo cosa accade ad una proprietà fisica definita in un punto usando sistemi di riferimento differenti. Per semplicità di rappresentazione grafica ci limiteremo a due sistemi di riferimento cartesiani piani Σ(O,X,Y) e Σ’(O,X’,Y’) con la stessa origine, ruotati, l’uno rispetto all’altro, di un angolo β. Consideriamo proprietà definite nel punto (materiale) P , comune ai due sistemi di riferimento. Il punto sarà rap-presentato:

2.3

Page 33: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

• nel sistema Σ (O,X ,Y ) come ( ) jyixy,xP +=

• nel sistema Σ’(O,X’,Y’) come ( ) 'j'y'i'x'y,'xP += Fermo restando le considerazioni di carattere trigonometrico derivabili tra i versori e le componenti, ci chie-deremo come devono variare le descrizioni di grandezze fisiche associate al punto P, in relazione all’uso dei due riferimenti.

Per semplicità di trattazione considereremo campi stazionari,

non vi sarà quindi la dipendenza dal tempo. 2.2.1 Scalari Vi sono molte grandezze fisiche cui può essere associato solo il concetto di quantità (valore della sua misura in una certa scala). Per esempio la temperatura nel punto P è descritta da un numero che rappresenta il valore della temperatura in un certo sistema di misura, sia ad esempio il sistema Kelvin. E’ abbastanza ovvio che la temperature nel punto P di 288 K rimarrà la stessa sia se il punto P è individuato nel sistema di riferimento Σ , P(x,y), sia nel sistema Σ’, P(x’,y’). Tali grandezze sono definite scalari, e sono specificate da una sola funzione reale, che ne esprime il valore in un certo sistema di misura [campi di temperatura, massa, densità, energie, volume, concentrazioni di spe-cie…]. 2.2.2 Vettori Vi sono altre quantità fisiche, associate con il punto massa P, cui sono associate oltre alla misura della loro grandezza anche una direzione. Tali quantità sono definite vettori e sono specificate:

ovvero dalle proiezioni del vettore sugli assi coordinati (componenti scalari del vettore); in totale quindi è specificato da 3 o 2 funzioni reali a seconda delle dimensioni fisiche dello spazio in cui è definito il campo, dal modulo (grandezza, i.e. un numero reale) e dal versore della direzione [che in uno spazio 3D è

rappresentato dai coseni di due angoli; in uno spazio 2D dai coseni di un solo angolo]. In totale quindi un campo vettoriale è specificato da 3 o da 2 numeri reali a seconda delle dimensioni fisiche dello spazio (3D o 2D) in cui è definito.

Quindi una grandezza vettoriale è descritta da tante funzioni reali quante sono le dimensioni dello spazio fi-sico in cui è definito (numeri che potranno avere significati, dimensioni e ruoli diversi). Sfortunatamente il termine vettore è usato sia dai fisici che dai matematici, per cui dovremo aggettivare. Se ci limitiamo a considerare la descrizione di vettori fisici per componenti: un vettore fisico (3D) è descri-vibile da un vettore matematico nello spazio R3 , mentre un vettore fisico planare (2D) è descrivibile da un vettore matematico nello spazio R2.

La domanda critica è la seguente, ma tutti i campi vettoriali matematici nello spazio R2 o R3 [coppie o tri-plette di funzioni reali] rappresenteranno dei campi vettoriali fisici ? Ovviamente solo se rispettano prerogative inerenti le caratteristiche fisiche delle proprietà. Tra queste certamente si devono preservare il modulo del vettore V e la sua direzione nella trasformazione di coordinate.

2.4

Page 34: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

L’esempio della figura si riferisce ad un vettore V nel piano [spazio 2D] descritto in Σ dalle componenti Vx e Vy, ed in Σ’ dalle componenti V’x e V’y . Ci si chiede come devono variare le componenti V’x e V’y rispetto alle componenti Vx e Vy ed all’angolo di rotazione α, per mantenere le caratte-ristiche fisiche (modulo e direzione) di V.

Vy’

Y

Y’

X’

α

Vx’

X

Vy

Vx P

V

β

θX-V

θX’-V

Da banali considerazioni trigonometriche si deriva-no le relazioni di trasformazioni:

β+β= sinVcosVV yx'x (2.1)

β+β−= cosVsinVV yx'y E’ facile dimostrare che con queste trasformazioni il modulo del vettore V nei dei sistemi Σ ed Σ’ sarà con-servato. Infatti:

[ ] [ ]

[ ] [ ] 2y

2x

222y

2x

22yyx

22x

22yyx

22x

2yx

2yx

2'y

2'x'

2

2y

2x

2

VVsincosVV

cosVcossinVV2sinVsinVsincosVV2cosV

cosVsinVsinVcosVVVV

VVV

+=β+β+=

=β+ββ−β+β+ββ+β=

=β+β−+β+β=+=

+=

Σ

Σ

(2.2)

Per la conservazione della direzionalità , riferendoci alla figura deve essere:

V'XVX −− θ−α=θ ovvero: V'XVX −− θ−θ=α (2.3)

Notando che:

=θ −

− VVtan x1

VX

=θ −

− VVtan 'x1

V'X angoli compresi tra [0,2π] (2.4)

e ricordando l’identità trigonometrica: ( ) ( )

δγ+δ±λ

=δ±γ −−−

1tantantan 111

Si ritrova:

[ ] [ ][ ] [ ]

[ ] [ ][ ] [ ]

[ ] [ ][ ] [ ]

β=

αα

=

=

α++α

α−−α=

α+α−+α+α

α+α−−α+α=

=

α+α−+α+αα+α−−α+α

=

+−

=

=

+

=

=θ−θ=β

−−

−−

−−−−−

cosVsinVtan

cosVcosVsinVsinV

tancosVsinVVsinVVcosVcosVVsinVsinVcosVV

tan

cosVsinVVsinVcosVVcosVsinVVsinVcosVV

tanVVVVVVVV

tan

VV

VV1

VV

VVtan

VVtan

VVtan

2

21

2y

2x

2x

2y1

2yxyyx

2x

yx2x

2yyx1

yxyyxx

yxxyxy1

'yy'xx

x'yy'x1

'y

'x

y

x

'y

'x

y

x1

'y

'x1

y

x1V'XVX

(2.5)

Quindi anche la direzionalità è conservata. In sintesi il modulo e la direzionalità del vettore V saranno preservate, in una rotazione di sistema di coordi-nate, se le componenti del vettore sono trasformate con la legge:

2.5

Page 35: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

( ) ( ) ( ) ( )( ) ( ) ( ) ( ) yxyx'y

yxyx'x

Vj'jVi'jVjVi'jV'jV

Vj'iVi'iVjVi'iV'iV

•+•=+•=•=

•+•=+•=•= (2.6)

che si può rappresentare come

••••

=

y

x

'y

'x

VV

j'ji'jj'ii'i

VV

(2.7)

Ma considerando la figura a lato si vede che se indichia-mo con θ m n l’angolo necessario per riportare, in senso antiorario, il generico asse K m sul generico asse K n’ risulterà:

y’

Y Y’

X’

β

x’

X

y

xP

i

jj’ i’

β=•=θ − cosi'icos 'xx ( ) β=π+β=•==θ − sincosj'icos 2

3'xy

(2.8) ( ) β−=π+β=•=θ − sincosi'jcos 2

1'yx β=•==θ − cosj'jcos 'yy

Con la notazione per i coseni direttori: [ ])y,x(n,)'y,'x(mcos nmnm ≡≡θ=α la (2,6) sarà rappre-sentabile come:

αααα

=

2

1

2221

1211

2

1

V

V'V'V

(2.9)

La (2.9) si può scrivere come:

2,1j,V'V iij2,1i

j =∀α= ∑=

(2.10)

Ovvero, seguendo l’idea di Einstein, abolendo le sommatorie e intendendo implicita la sommatoria, sul nu-mero di dimensioni del campo, allorquando gli indici sono ripetuti, la (2.3) diventa:

iij'j VV α= (2.11)

Che è la definizione di campo vettoriale in notazione indiciale [chiaramente valida per 2D e 3D] NOTA: Facciamo la verifica del conto della lavandaia per la notazione indiciale. Nel termina a destra della (2.11) per uno spazio fisico 3D:

1. l’indice “i” è ripetuto (significa somma dei termini contenenti l’indice da uno tre) 2. l’indice “j” è singolo : significa tre componenti scalari 3. ergo: la (2.11) rappresenta una quantità vettoriale 4. Similmente: la forma Aij rappresenta un tensore del secondo ordine, la forma Aii rappre-

senta uno scalare, la forma ei j k aj bk rappresenta un vettore

NOTA: l’uso della notazione indiciale è molto comoda perché abbrevia di molto la scrittura delle rappresentazioni scalari di vettori e tensori [è una specie di stenografia tensoriale] e la dimo-strazione di identità.

Ma essa è valida soltanto per rappresentazioni in coordinate cartesiane. Al punto che molti testi parlano e trattano esclusivamente tensori cartesiani.

Senza voler “relegare o limitare” le notazioni dei fisici matematici, è ovvio che per gran parte di applicazioni pratiche (che usano naturalmente coordinate cilindriche, sferiche, curvilinee…) l’uso dei tensori cartesiani deve essere esteso considerando un tensore metrico (che contiene i fattori di scala degli assi coordinati). Per sistemi di riferimento non ortogonali la trattazione

2.6

Page 36: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

si complica ulteriormente con l’introduzione del riferimento reciproco e delle componenti con-trovarianti e covarianti (vedi Appendice A)

Per questi motivi è conveniente sempre accoppiare ad ogni relazione indiciale (laddove essa è usata) l’equivalente relazione vettoriale.

NOTA: La α i j rappresenta, in notazione indiciale, una matrice di rotazione: la sua inversa sarà i-

dentica alla trasposta: [ α i j ]-1 = α j i (2.12) 2.2.3 Tensori Vi sono in fisica delle grandezze che, definite in ogni punto del continuo, dipendono da due direzioni e che sono quindi descrivibili (caso 3D) da 32=9 funzioni scalari corrispondenti alle 32=9 possibili combinazione delle basi dei due versori. In uno spazio a 2D tali proprietà saranno descrivibili da 22=4 funzioni scalari. Come detto per i campi vettoriali, i tensori devono essere (fisicamente) invarianti rispetto al cambiamento degli assi, per cui occorre imporre alle componenti scalari della matrice [che rappresenta il tensore nel parti-colare sistema di riferimento] di trasformarsi adeguatamente. La legge di trasformazione delle componenti scalari dei tensori è ottenuta molto semplicemente considerando il tensore più semplice possibile, quello definito dal prodotto (tensoriale o diadico) di due vettori a e b. Ricordiamo che dati due vettori a e b in uno spazio 3D cartesiano:

kajaiaa zyx ++= , kbjbibb zyx ++= (2.13)

possiamo fare, tra questi, tre tipi di prodotto: scalare: notazione scalare

[ ] [ ]

zzyyxx

zzyzxzzyyy

xyzxyxxx

zyxzyx

bababa

kkbajkbaikbakjbajjba

ijbakibajibaiiba

kbjbibkajaiaba

++=

=•+•+•+•+•+

+•+•+•+•=

=++•++=•

(2.14)

notazione indiciale iijjii bababa =δ=• jiij ee •=δ (2.15)

vettoriale: notazione scalare

[ ] [ ]

( ) ( ) ( )kbabajbabaibaba

kkbajkbaikbakjba

jjbaijbakibajibaiiba

kbjbibkajaiaba

xyyxzxxzyzzy

zzyzxzzy

yyxyzxyxxx

zyxzyx

−+−+−=

=∧+∧+∧+∧+

+∧+∧+∧+∧+∧=

=++∧++=∧

(2.16)

notazione indiciale: ikjijk ebaba ε=∧ ( ) kjiijk eee •∧=ε (2.17)

tensoriale: notazione scalare

[ ][ ]kkbajkbaikbakjbajjbaijbakibajibaiiba

kbjbibkajaiaba

zzyzxzzyyyxyzxyxxx

zyxzyx

++++++++=

=++++= (2.18)

notazione indiciale

2.7

Page 37: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

kjkj eebaba = (2.19) notazione matriciale

=

xzyzxz

zyyyxy

zxyxxx

bababababababababa

ba (2.20)

E’ ovvio che la quantità [ a b ] ha 9 componenti in uno spazio 3D ed è rappresentabile dalla matrice quadra-ta 3x3 di cui alla (2.20). Applicando la legge di trasformazione di vettori ai singoli vettori a e b risulta:

mimi a'a α= njnj b'b α= (2.21) per cui per il tensore diadico a b deve aversi:

nmjnimji ba'b'a αα= (2.22) Ovvero l’invarianza di un generico tensore

→→

333213

232212

312111

ji

AAAAAAAAA

AA (2.23)

è garantita se le sue componenti scalari si trasformano con la legge:

nmjnimji A'A αα= (2.24) In altre parole se ciò accade:

Aij e A’ij rappresentano, rispettivamente in Σ ed in Σ’, lo stesso tensore A . Esempi di tensori: simbolo di Kronecker “δ i j “ è la forma più semplice di tensore del secondo ordine. La sua rappresentazione matriciale è il tensore unitario:

=

100010001

U

flusso di quantità di moto se a = ρ V e b = V , la forma diadica a b = ( ρ V ) V rappresenta il flusso di quantità di moto (tensore del secondo ordine). In particolare : la componente ( ρ Vx ) Vy rappresenta la componente “y” della quantità di moto [per unità di massa] (Vy) i.e. trasportata dal flusso di massa nella direzione “x “ ( ρ Vx ). Forme quadriche (ellissoidi), tensori (momenti) d’inerzia, ecc Ogni tensore fisico è rappresentabile in uno spazio 3D da una matrice 3x3 a 9 componenti scalari. Possiamo applicare ai tensori tutte le proprietà delle matrici quadrate:

2.8

Page 38: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

→→

333213

232212

312111

ji

AAAAAAAAA

AA (2.25)

Tensore unitario

=→δ

100010001

Uij (2.26)

Tensore trasposto

ij

332313

322212

312111

jitt A

AAAAAAAAA

AA =

→→ (2.27)

Tensore simmetrico

jiij

332313

132212

131211

jiss AAche tale;

AAAAAAAAA

AA =

→→ (2.28)

Tensore anti-simmetrico

jiij

2313

1312

1312

jiaa AAche tale;

0AAA0AAA0

AA −=

−−−→→ (2.29)

Tensore diagonale

→δ=→

33

22

11

ijijiid

A000A000A

AAA (2.30)

Tensore inverso T• a = b Ti j aj = bi

↓ (2.31) a = T-1 • b ai = T-1

i j bj Analisi spettrale dei tensori: considera il tensore T ed il vettore a, in genere T • a = b

Ci si pone il problema di ricercare un particolare vettore a tale che:

T • a =λ a ovvero T • a -λ a = 0 ovvero [ T -λ U] • a = 0 (2.32)

Tij aj = λ ai ovvero Tij aj - λ ai =0 ovvero [Tij - λ δij] ai =0 (2.33)

• equazione caratteristica necessaria, se a è non nullo, è la cubica (se 3D):

[ T -λ U] = 0 ovvero det | T -λ U| = 0 ovvero [Tij - λ δij] =0 (2.34)

• valori caratteristici (eigenvalues) sono i tre valori assunto da λ : λ1, λ2, λ3 • assi principali, ovvero direzioni principali, ovvero vettori caratteristici, ovvero autovettori (ei-

genvectors) sono i tre valori di ai (a meno di una costante) che si ottengono usando i λi Se le componenti del tensore A soddisfano la (2.24 ) il tensore è invariante. Ma questo cosa comporta? Per uno scalare (tensore di ordine 0) l’invarianza era costituita dalla costanza del suo valore (1 invariante) Per un vettore (tensore di ordine 1) l’invarianza costituiva la costanza del modulo e della direzione (2 inva-rianti)

2.9

Page 39: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

Per un tensore del secondo ordine devono esistere 3 invarianti che sono collegati alla equazione caratteristica della matrice che deve essere invariante:

( ) 00Adet 32ijij =λ−Θλ+Φλ−Ψ→=δλ− (2.35)

dove, svolgendo il determinante, si ritrova: Invariante lineare: somma dei termini sulla diagonale principale:

( ) 321332211 ATrAAA λ+λ+λ==++=Θ (2.36) Invariante quadratico: somma dei tre minori principali:

[ ] [ ] [ ]

3231212221

1211

1113

3133

3332

2322

211222111331113323323322

AAAA

AAAA

AAAA

AAAAAAAAAAAA

λλ+λλ+λλ=++=

=−+−+−=Φ

(2.37)

Invariante cubico: valore del determinante della matrice:

321

333213

232212

312111

ji

AAAAAAAAA

Adet λλλ===Ψ (2.38)

In pratica i valori di Θ,Φ,Ψ del generico tensore Aij non mutano al variare del sistema di coordinate in cui è descritto Aij . La cosiddetta regola del quoziente permette di verificare l’invarianza tensoriale in modo semplice. Data una matrice Aij , siano b e c dei vettori indipendenti: se si verifica che per ogni vettori b esiste un vetto-re c tale che:

A • b = c ovvero Aij bj = ci (2.39) Allora la matrice Aij rappresenta un tensore fisico La dimostrazione è molto semplice e si basa sulle trasformazioni di vettori e tensori ritrovate prime. Riportiamo la dimostrazione come esempio di utilizzazione della notazione indiciale. [ovviamente una volta dimostrata la relazione in un riferimento cartesiano, essa sarà valida in ogni altro sistema.] Le condizioni di invarianza per i vettori b e c sono le trasformazioni

b’q = bj αj q e c’p = ci αi p (2.40)

A’p q b’q = c’p = c i α i p =A i j bj α i p = A i j α j q b’ q α i p (2.41) Ovvero:

[A’p q - A i j α i p α j q ] b’ q = 0 e quindi

A’p q = α i p A i j α j q (2.42) Che mostra la richiesta trasformazione per l’invarianza di Aij che è quindi un tensore. Accertata la definizione fisica del tensore A , potremo considerare il prodotto del tensore A con il generico vettore n :

2.10

Page 40: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

tensoredirezionen direzione nella sinistra

e vettorialcomponenteAnb •= (2.43)

per definirne la componente vettoriale: nella fattispecie b è la componente vettoriale sinistra di A nella dire-zione n [analogamente si può definire la componente destra]. procedimento scalare:

kkAjkAikAkjAjjAijAkiAjiAiiAA

knjninn;kbjbibb

zzzyzxxzyyyxxzxyxx

zyxzyx

++++++++=

++=++= (2.44)

[ ] [ ] [ ]kAnAnAnjAnAnAniAnAnAn

kAnjAniAnkAnjAniAnkAnjAniAnAn

zzzyzyxzxzyzyyyxyxzxzyxyxxx

zzzzyzzxzxzyyyyyxyxzxxyxxxx

++++++++=

=++++++++=•(2.45)

esempio notazione pedestre:

zzzyzyxzxz

zyzyyyxyxy

zxzyxyxxxx

AnAnAnb

AnAnAnb

AnAnAnb

++=

++=

++=

(2.46)

esempio notazione matriciale:

=

z

y

x

zzyzxz

zyyyxy

zxyxxx

z

y

x

nnn

AAAAAAAAA

bbb

(2.47)

ovvero

[ ] [ ]

=

zzzyzx

yzyyyx

xzxyxx

zyxzyx

AAAAAAAAA

nnnbbb (2.48)

esempio notazione indiciale: jiji Anb = (2.49)

Come per i vettori, in queste note distingueremo attentamente il tensore come entità fisica dalla matrice delle sue componenti riferita ad un certo sistema di riferimento. Alcuni saggisti, anche autorevoli, parlano di una struttura diadica le cui componenti formano il tensore. Noi preferiamo mantenere ben netta la distinzione tra tensore (entità fisica) e le sue componenti (strut-tura matematica) che hanno un significato soltanto se riferite ad un sistema di riferimento. In natura si incontrano molto raramente proprietà tensoriali di ordine maggiore di 2 [pochi i tensore di ordi-ne 3 in fisica], e nelle strutture di trasformazioni raramente si trovano tensori di ordine maggiore a 4.

2.11

Page 41: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

.2.3 RAPPRESENTAZIONI EULERIANA – LAGRANGIANA Il campo di moto di un fluido viene comunemente rappresenta-to da particelle che ad ogni istante di tempo, t , occupano varie posizioni, x , dello spazio. Nella figura a lato sono raffigurate le posizioni e le traiettorie di tre particelle (in uno spazio 2D: x1-x2 ), solo per agevolare la rappresentazione grafica. Il primo problema è di decidere come distinguere le varie particelle fluide. Bocciata l’idea di ricorrere al Codice Fiscale, o peggio ancora alle impronte digitali, notiamo che una buona possibilità è di distinguerle in base alle posizioni che esse as-sumono al tempo iniziale to [di male in peggio: si distingue in base al luogo di origine].

Posizioni al tempo to

Particella1

Particella3

Particella2

Posizioni al tempo t

ξ21 x2

1

x11

ξ31

ξ11

x31

x32

x22

x12

ξ12

ξ22

ξ32

x2

X1

Senza ledere alcunché, porremo to=0, e denoteremo le posizioni iniziali con ξ .

Ne segue che il campo di moto sarà descritto dalla relazione:

)t,(xx ξ= ovvero x 3,2,.1i)t,,,(x 321ii =∀ξξξ= (2.50)

Ovviamente sarà, per definizione, ξ=ξ )0,(x .

La (2.50) si legge come la posizione spaziale x occupata dalla particella ξ al tempo t [in pratica rappresenta l’equazione parametrica delle traiettorie delle particelle ξ (con t come parametro)].

Nota: Abbiamo già palesemente violato il concetto della teoria cinetica per cui le posizioni e le velocità delle particelle [molecole, atomi, ioni, elettroni….] sono random, non de-terminabili singolarmente se non accoppiate probabilisticamente; ma abbiamo già am-piamente commentato che la nostra fluidodinamica si limita ad una descrizione nell’ambito (mediato) macroscopico del continuo.

Definiamo (contro il parere di Truesdell):

• coordinata materiale o Lagrangiana: la posizione iniziale della particella ξ [ al punto da identifica-re/chiamare la particella stessa con ξ ]

• coordinata spaziale o Euleriana: la posizione x della particella al tempo t [ praticamente la sua posizione spazio-temporale ]

Chiaramente ne discendono due metodologie di rappresentazione: Lagrangiana ed Euleriana.

Un esempio pratico delle due metodologie potrebbe venire dal considerare le varie possibili problematiche del controllo del traffico aereo su di una grande città: • può essere fatto dalle apparecchiature di un AWACS, che è capace di individuare coi

suoi radar di bordo, istante per istante, e per ogni punto dello spazio aereo sorvegliato, gli aerei in volo e le loro velocità: descrizione Euleriana del volume di controllo (rappresentato dallo spazio monitorato dai radar)

• sarà fatto (in un futuro non molto lontano) dal sistema informatico di un grande fratello che riceve e registra continuamente, da ogni aereo di una flotta, oltre al suo codice di i-dentificazione, i dati di posizione, velocità e quota rilevati a bordo di ogni aeromobile con tecnologia GPS o derivata: descrizione Lagrangiana di una massa di controllo (rappresentata da tutti gli aeromobili della flotta)

2.12

Page 42: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

Per procedere alla modellistica delle descrizioni/rappresentazioni, dobbiamo fare delle ipotesi:

1. il campo di moto è continuo e differenziabile (almeno tre volte per accontentare Serrin) 2. la relazione (2.50) è invertibile, i.e. esiste l’inversa:

)t,x(ξ=ξ ovvero 3,2,.1i)t,x,x,x( 321ii =∀ξ=ξ (2.51)

3. le relazioni (2.50) e (2.51) sono ad un singolo valore (biunivoche)

NOTA: le tre ipotesi non creano problemi per regioni continue e mono-connesse, ma oc-corre qualche cautela in presenza di corpi immersi, pareti , scie eccetera…...

Ben consci dell’ermeticità delle assunzioni della fisica matematica, chiariamo che:

1. la prima ipotesi vuole significare che le particelle disposte, ad un dato tempo, su di un arco di curva, ad un tempo successivo, non possono essere disposte su tratti di curve disgiunte; ovvero che particelle che stanno vicine, dovranno rimanere vicine (per tutta l’eternità:…molto romantico…ma poco credibile; pensa, tra l’altro alla Nota di cui immediatamente sopra per una possibilità di divorzio),

2. la seconda ipotesi implica la possibilità di identificare una particella per ogni punto dello spazio e per ogni tempo (ispezione e controllo dell’identità sono garantite: il questore sarà contento),

3. la terza ipotesi significa che una particella non può occupare la spazio di altre due, o che due par-ticelle non possono occupare lo spazio di una particella (mero atto di democrazia o, se volete, di buona educa-zione).

Le (2.50) e (2.51) rappresentano, in effetti, una trasformazione di coordinate e la sua inversa.

A tal proposito Vi sarà stato già detto e dimostrato che la condizione necessaria e sufficiente per l’esistenza della funzione inversa di una trasformazione è che lo Jacobiano della trasformazione (determinante della matrice delle derivate parziali) sia non nullo:

( )( ) 0

xxx

xxx

xxx

,,x,x,x

J

3

3

2

3

1

3

3

2

2

2

1

2

3

1

2

1

1

1

321

321 ≠

ξ∂∂

ξ∂∂

ξ∂∂

ξ∂∂

ξ∂∂

ξ∂∂

ξ∂∂

ξ∂∂

ξ∂∂

=ξξξ∂

∂= (2.52)

Nell’ipotesi del continuo (quindi della particella fluida come punto materiale finitesimo) e nell’ipotesi dell’equilibrio evolutivo (particella fluida in equilibrio con il suo ambiente) ad ogni particella fluida si po-tranno associare proprietà termo-fluidodinamiche quali: densità, pressione, temperatura, entalpia ecc. .

Ad.esempio: la dizione di temperatura in un certo punto ad un dato tempo deve es-sere intesa come la temperatura della particella fluida che transita per quel certo punto al dato tempo [cioè quella temperatura misurata da un osservatore che viaggia a cavalcioni della particella].

Nell’ambito di validità delle ipotesi prima descritte, si potranno così estendere allo spazio fisico le relazioni trovate, tra le proprietà, nell’ambito della termodinamica.

Ad esempio per un gas perfetto termodinamicamente valgono le relazioni di stato:

p = ρ ℜ T e = cv T + eo (2.53)

2.13

Page 43: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

Queste relazioni possono essere differenziate per fornire nel piano termodinamico la variazione della pressione (dp) in funzione delle variazioni di temperatura (dT) e della densità (dρ) e la variazione dell’energia interna (e) in funzione della temperatu-ra (T)

dTT1d1dp

p1

+ρρ

= dTcde v= (2.54)

L'ipotesi dell'equilibrio evolutivo permette di asserire che le relazioni delle variazio-ni nel piano termodinamico si applicano anche alle variazioni nel piano fisico e so-no rette dalle stesse forme di relazioni. Ad esempio considerando le variazioni nel tempo delle proprietà associata ad una particella fluida, ferma nel piano fisico, risulta:

4847648476876 dT

dttT

T1

d

dtt

1

dp

dttp

p1

∂∂

+

ρ

∂ρ∂

ρ=

∂∂

tTc

te

v ∂∂

=∂∂ (2.55)

ovvero

tT

T1

t1

tp

p1

∂∂

+∂ρ∂

ρ=

∂∂ (2.56)

Analogamente si ricava xT

T1

x1

xp

p1

∂∂

+∂∂ρ

ρ=

∂∂

xTc

xe

v ∂∂

=∂∂ ecc...

Nota: paradossalmente anche la posizione, la velocità e l’accelerazione della particella pos-sono essere annoverate tra queste proprietà termo-fluidodinamiche: sono quindi tutte proprietà particellari.

Quanto sopra detto si traduce nel definire ogni generica grandezza termofluidodinamica ℑ(ξ,t) come una proprietà lagrangiana che, sfruttando la (2.51), può essere rappresentata in una descrizione euleriana:

[ ]t),t,x()t,x( ξℑ=ℑ (2.57)

Mentre per la generica grandezza termofluidodinamica ℑ, la descrizione lagrangiana è :

[ ]t),t,(x)t,( ξℑ=ξℑ (2.58)

Associate con queste due descrizioni [ricorda le regole di derivazione di funzioni a più variabili] si possono definire due derivate temporali:

Derivata locale: derivata rispetto al tempo tenendo x costante:

( ) ( )tt tcosx ∂

∂=

∂∂

=

oo (2.59)

Derivata materiale (o sostanziale): derivata rispetto al tempo tenendo ξ costante:

2.14

Page 44: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

( ) ( )

eulerianazionerappesenta

alagrangianazionerappresent

tcos tDD

to

43421

o=

∂∂

(2.60)

Ne discendono quindi le simbologie (non universalmente accettate):

• t∂

∂ℑ sarà la variazione nel tempo della proprietà ℑ misurata da un osservatore che sta fermo in un

punto x del volume di controllo (detta derivata locale o instazionaria),

• tD

Dℑ sarà la variazione nel tempo della proprietà ℑ misurata da un osservatore che si muove con la

particella di un massa di controllo (detta derivata materiale, sostanziale, particellare o totale) rap-presentata in modo euleriano.

Con il simbolo td

df denoteremo la solita derivata ordinaria della funzione f(t) rispetto al parametro t.

.2.4 VELOCITA’

La velocità di una particella fluida è definita come la derivata materiale della sua posizione. E’ una proprietà lagrangiana: ponendo )t,(x)t,( ξ=ξℑ risulta essere:

[ ] ( ) ( ) ( ) 232123211321tcostcos

et,x,x,xwet,x,x,xvet,x,x,xutx

t)t,(x

V ++=∂∂

=∂ξ∂

==ξ=ξ

(2.61)

che si legge: la velocità in un certo punto x ad un dato tempo t è la velocità della particella fluida che si trova nel certo punto x al dato tempo t (coerente con misure sperimentali per mezzo di tecniche LDV o PIV).

Nota: Senza volere essere troppo allarmisti o sofisti dobbiamo, per onestà di cronaca, far notare che questa definizione di velocità non è, invero, l’unica possibile. • Per campi fluidi ad un solo componente (una sola massa ed una sola densità) la velo-

cità di massa definita come V=(ρV)/ρ [per la quale il flusso convettivo di massa (ρV) è pari al flusso totale, (definizione che sarà introdotta tra breve)] non creerà problemi se il campo di moto è incomprimibile (ρ = costante nel tempo e in tutto il campo).

• Potrebbero sorgere difficoltà, non secondarie, in campi di moto comprimibili, special-mente se turbolenti [per i quali si devono fare statistiche o mediare le fluttuazioni di densità e delle componenti di velocità]. Complicazioni che coinvolgono non solo la de-rivazione delle equazioni e le definizioni delle correlazioni, ma anche le relative varie tecniche di misura (LDV, Filo caldo, PIV, Pitot ) che potrebbero, singolarmente, fornire valori differenti.

• Per campi fluidi a più componenti (ad es. miscele reagenti a più masse m1, m2,…. ) le difficoltà diventano ancora più serie [dobbiamo definire più velocità e come? la velocità della media delle masse e le velocità di ogni massa, mi , relativa a quella media ?]

Ma ci sarà tempo, al momento giusto, per gli approfondimenti di un concetto che sembrava tanto banale.

2.15

Page 45: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

L’aver definito la velocità, ci permette di ricercare la connessione tra le due rappresentazioni (2.57) e (2.58) delle derivate temporali di una generica proprietà ℑ. In realtà, quella che interessa maggiormente è la rappresentazione euleriana della derivata totale di ℑ.

Da un punto di vista puramente analitico si ritrova abbastanza semplicemente, applicando soltanto la metodologia della derivazione parziale di funzioni di funzioni ai formalismi trovati, che:

( )[ ]t

Vxtt

xxt

t,t,xtD

D

xttcos ∂ℑ∂

+•∂

ℑ∂=

∂ℑ∂

+∂∂

•∂

ℑ∂=

∂ξℑ∂

=ℑ

ξ=ξ

(2.62)

ovvero in forma più tradizionale:

( )

convettivaderivata

localederivata

materialederivata

VttD

Dℑ∇•+

∂ℑ∂

=ℑ (2.63)

Per coloro che sono allergici ai formalismi matematici, fornia-mo un esempio pragmaticamente dolciario: Consideriamo un panettone posto su di un tapis roulant che si muove, con velocità U=dx/dt, nell’interno di un forno a river-bero a gradiente termico fissato. Si vuole conoscere il rateo temporale della temperatura T(x,t) subito dal panettone per va-lutare l’efficacia del lievito sulla qualità di cottura. Dalla definizione (alla Gâteaux) di derivata temporale si ricava:

[ ] [ ]t

TTTlim

DtDT ttt

0t ∆

−∆+== ∆+

→∆ (2.64)

x x+∆x

t t+∆t

U

T T+∆T

Tfinale

Tiniziale

Se ∆t è piccolo ed assumiamo continuità e differenziabilità ad libitum, potremo espandere in serie la T(x,t) e valutare:

[ ] [ ] [ ]

[ ] ( )

[ ]

( )[ ] tt

tt T

22

t

T

2

tt

tttttt

x,xt,tOxxTtOt

tTT

TTTT

∆+∆+

∆ →←

→←

∆+∆+∆+

∆∆∆∆+∆

∂∂

+∆+∆

∂∂

+≈

≈∆+=∆+

(2.65)

Sostituendo la (2.65) nella (2.64) si deriva:

( ) UxT

tTx,x,tO

tx

xT

tTlim

DtDT 2

0t ∂∂

+∂∂

=

∆∆∆+

∆∆

∂∂

+∂∂

==→∆

(2.66)

Ovviamente in un caso multi-dimensionale T(x,y,z,t), si ritroverà analogamente la (2.63):

( )

convettiva derivata

--------------------localederivata

convettiva derivata locale

derivatamaterialederivata

TVtT

zTw

yTv

xTu

tT

tDTD

∇•+∂∂

=∂∂

+∂∂

+∂∂

+∂∂

=

−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−

(2.67)

2.16

Page 46: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

Esercizio 2.1 Considera le equazioni delle traiettorie delle onde di Gerstner (2-D):

( )[ ] ( )[ ]ctakcosk

eby,ctaksink

eaxbkbk

+−−=++=−−

• Correla i parametri alla posizione iniziale, • Mostra che le traiettorie sono circonferenze, • Trova le velocità, • Mostra che il modulo dell’accelerazione è unitario, • Mostra che lo Jacobiano è unitario.

Esercizio 2.2

Mostra che la superficie di un fluido f(x,t)=0 contiene le stesse particelle se 0fVtf

=∇•+∂∂

Esercizio 2.3 Mostra che se f(x,t)=0 non è una superficie materiale e si muove con una velocità U differente dalla velocità

delle particelle fluide V, deve aversi: ( )DtDf

f1nUV

∇=•− con n la normale alla superficie

Il campo di velocità euleriano è un campo vettoriale che può essere espresso come somma delle sue compo-nenti scalari per i versori coordinati. Per un sistema cartesiano x,y,z con versori i, j, k le componenti coordinate della velocità V saranno u,v,w:

( ) )t,z,y,x(wk)t,z,y,x(vj)t,z,y,x(uit,z,y,xV ++= (2.68)

E' da notare che nel sistema cartesiano i versori coordinati non variano al variare del punto. Per un sistema cilindrico (r, θ, z) con vettori ir, iθ, iz, le componenti coordinate saranno Vr,Vθ,Vz:

( ) )t,z,,r(Vi)t,z,,r(Vi)t,z,,r(Vit,z,,rV zzrr θ+θ+θ=θ θθ (2.69) E' da notare che per questo sistema di riferimento (così come per tutti i sistemi di riferimento curvilinei) i versori coordinati variano da punto a punto, cosa che occorre tenere in mente nelle operazio-ni che richiedono differenziazione. Nel seguito considereremo soltanto i sistemi cartesiani, ovviamen-te quanto ritrovato sarà valido in ogni altro sistema di riferimento, pur se le componenti scalari saranno diverse. Il passaggio da un sistema all'altro, che comporta la trasformazione delle coordinate scalari, sarà oggetto dell' analisi vettoriale.

θ

r

z

V

V θ

V r

V z

Nota: per campi potenziali incompressibili, la conoscenza del campo di velocità è praticamente fondamenta-

le in quanto permette addirittura la determinazione del campo di pressione per tramite del teorema di Bernoulli:

costantegzVp 221 =++

ρ (2.70)

il valore della costante può essere determinato in ogni punto del campo dove sono note le proprietà.

2.17

Page 47: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

.2.5 VELOCITÀ ANGOLARE DI PARTICELLE FLUIDE La velocità angolare di rotazione di una particella fluida è definita come la media delle velocità angolari di ogni coppia di direzioni mutuamente perpendicolari della particella. La velocità angolare di una particella fluida è quindi un vettore definito, in queste note, con il simbolo di Ω In generale una particella in un campo di moto tridimensionale potrà avere una velocità angolare con com-ponenti lungo i tre assi coordinati, ad esempio:

kji zyx Ω+Ω+Ω=Ω (2.71)

Il senso positivo di rotazione è dato, per terne levogire, dalla classica regola della mano destra. Per considerare come queste componenti di velocità angolari dipendono dal campo delle velocità, conside-riamo una particella fluida in moto nel piano x-y con componenti di velocità u(x,y) e v(x,y). Definiremo come Ωz [componente della velocità angolare nella direzione dell’asse z (normale al piano del moto x.y)] la media ( )OBOA2

1z Ω+Ω=Ω della velocità angolare ΩOA del segmento OA e della velocità an-

golare ΩOB del segmento OB. Ovviamente dall’assunta continuità e derivabilità del campo di velocità:

• la componente verticale della velocità nel punto A sarà stimata come

( ) ( ) ( )2xOxxvOvAv ∆+∆

∂∂

+=

• la componente orizzontale della velocità nel punto B sarà stimata come

( ) ( ) ( )2yOyyuOuBu ∆+∆

∂∂

+=

Dalla geometria della figura è facile derivare la velocità di rotazione della linea OA:

x

α

B

O A∆x

∆ξ

∆η

∆y

[ ]

( )xvxOtx

xv

x1

t1lim

xt)O(v)A(v

t1lim

xt1lim

tlim

2

ot

ot

ototOA

∂∂

=

∆+∆∆∂∂

∆∆=

=∆

∆−∆

=

=∆

η∆∆

=∆α∆

η∆

→∆

α∆

→∆

α∆

→∆→∆

444 3444 21

44 344 21

Egualmente facile è derivare la velocità di rotazione della linea OB:

[ ] ( )yuyOty

yu

y1

t1lim

yt)O(u)B(u

t1lim

yt1lim

tlim 2

ototototOB ∂∂

−=

∆+∆∆

∂∂

−∆∆

=∆

∆−−∆

=∆

ξ∆−∆

=∆

β∆=Ω

ξ∆

→∆

α∆

→∆

α∆

→∆→∆4444 34444 21444 3444 21

Il segno meno è stato qui introdotto per permettere che ΩOB sia orientato positivamente se antiorario. Ne segue:

∂∂

−∂∂

=Ωyu

xv

21

z ,

analogamente si troverà:

2.18

Page 48: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

∂∂

−∂∂

=Ωzv

yw

21

x e

∂∂

−∂∂

=Ωxw

zu

21

y

In definitiva la velocità angolare di una particella fluida è:

( ) ω=∧∇=

=

∂∂

−∂∂

+

∂∂

−∂∂

+

∂∂

−∂∂

=Ω+Ω+Ω=Ω

21

21

21

zyx

V

kyu

xvj

xw

zui

zv

ywkji

(2.72)

ovvero la velocità angolare della particella fluida, Ω , è pari alla metà del rotore della velocità ovvero della vorticità ω . NOTA: In altre letterature si usano simbologie differenti per la velocità angolare Ω e per la vorticità ω .2.6 ACCELERAZIONE (LINEARE) E’ una proprietà particellare. L’accelerazione è definita come la derivata materiale della velocità di una particella fluida L’applicazione della (2.63 ) con ℑ= V , porta pedissequamente a:

( )convettiva

oneaccelerazilocale

oneaccelerazimateriale

oneaccelerazi

VVtV

tDVDa ∇•+

∂∂

== (2.73)

δ/δt=0

Posizione di una particella a differenze di tempi uguali

L

Nota: anche se il campo di moto è stazionario: ∂V/∂t=0 la particella può co-

munque subire una accelerazione che deriverà dal termine convettivo [V•∇ V]. Vedi il caso della figura a destra.

Poni ad esempio U(x)=Uo sin( 2 π x / L) e calcola a(x,t) Se osserviamo bene l'espressione dell’accelerazione convettiva nella (2.73), notiamo che essa può essere e-spressa sia come l’operatore scalare (V•∇)(.) che agisce su V che come il prodotto vettoriale della velocità V e del gradiente della velocità ∇V:

[ ] ( ) ( ) Vz(.)w

y(.)v

x(.)uVVVV

zVyVxV

w,v,uzVw

yVv

xVu

∂+

∂∂

+∂

∂=∇•=∇•=

∂∂∂∂∂∂

•=∂∂

+∂∂

+∂∂ (2.74)

Per cui, in termini di operatori differenziali vettoriali, la definizione della derivata sostanziale applicato ad una proprietà ( diventa: )×

( ) ( ) ( ) (×∇•+∂

)×∂≡

× VtDt

D (2.75)

2.19

Page 49: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

Esercizio 2.4 Dato il campo di velocità V = 3t i + xz j + ty2 k , trovare l'accelerazione particellare.

Risp. a = 3 i + (3tz + txy2) j + (2xyzt + y2 ) k

Nota che la derivata sostanziale di un campo vettoriale, nella fattispecie della velocità, può essere espressa in termini delle componenti scalari:

( )

( ) ( ) ( )

∂∂

+∂∂

+∂∂

+∂∂

+

∂∂

+∂∂

+∂∂

+∂∂

+

∂∂

+∂∂

+∂∂

+∂∂

=

=

∇•+

∂∂

+

∇•+

∂∂

+

∇•+

∂∂

=

=++=∇•+∂∂

zww

ywv

xwu

twk

zvw

yvv

xvu

tvj

zuw

yuv

xuu

tui

wVtwkvV

tvjuV

tui

DtDwi

DtDvi

DtDuiVV

tV

DtVD

(2.76)

Si ritrovano in tutto 12 componenti scalari di cui i 3 termini dell'accelerazione locale sono lineari, gli altri 9 termini convettivi sono non-lineari (per la velocità). Ovviamente tutti i problemi in cui è necessario considerare effetti convettivi saranno problemi non lineari, più difficili da risolvere.

Esercizio 2.5 Il flusso stazionario di un fluido in un ugello convergente viene analizzato in una teoria uni-dimensionale come u=u(x). Per un ugello lineare si ritrova u(x)=Uo(1+2 x/L). • Determinare l'espressione dell'accelerazione di una particella che attraversa l'ugello

Risp. a(x) = [2(Uo)2 / L] (1+2 x/L) • Ponendo Uo=10 m/s, L=1m, determinare l'accelerazione ad x=0 e ad x=L.

Risp. a(0)=200 m/s2 , a(L)=600 m/s2

Nota: con l’uso di identità vettoriali la (2.73) può essere riscritta come:

( )ionedelladirez

iazionevardella rateo

ensitàint'delliazionevar

della rateolocale

oneaccelerazimateriale

oneaccelerazi

VV2

VVtV

tDVDa ∧∧∇+

∇+∂∂

== (2.77)

.2.7 DILATAZIONE

x

x = x ( ξ ,t)

dVo=dξ1dξ2dξ3

dV=dx1dx2dx3

Considereremo soltanto la dilatazione volumetrica [quelle super-ficiali e lineari sono semplici casi particolari, talora si trova la defi-nizione di espansione] La dilatazione Θ è il rapporto tra il volume elementare (usiamo per semplicità coordinate cartesiane) di una particella fluida ele-mentare (al tempo t) rispetto a quello elementare di riferimento iniziale (t=to=0):

2.20

Page 50: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

321

321

ddddxdxdx

dd

ξξξ==Θ

oVV (2.78)

Abbiamo già commentato che la (2.50) può essere considerata come una trasformazione tra sistemi di coor-dinate dalla coordinata lagrangiana ξ a quella euleriana x . In tal caso dovrebbe esserVi familiare che il rapporto dei volumi elementari di una trasformazione è pari al valore dello Jacobiano della trasformazione:

( )( ) J

,,dx,x,xd

dd

321

321 =ξξξ

=oV

V (2.79)

Le assunzioni sull’invertibilità della rappresentazione lagrangiana/euleriano richiede che sia lo Jacobiano J che il suo inverso J-1 devono essere non nulli, ovvero che 0 < J < ∞ .

------------------------------------------------------inciso--------------------------------------------------- Per chi avesse qualche problema nel ricordare/ritrovare la dimostrazione della (2.79) notiamo che, per uno spazio 3D cartesiano, deve verificarsi: Trasformazione (2.50) dalle coordinate lagrangiane ξ a quelle euleriane x

)t,(xx ξ= ovvero x = (2.80) 3,2,.1i)t,,,(x 321ii =∀ξξξDefinizione di differenziale (di più variabili):

3,2,.1idxdxdxdx 33

i2

2

i1

1

ii =∀ξ

ξ∂∂

+ξξ∂

∂+ξ

ξ∂∂

= (2.81)

Definizione di volume elementare 321 dxdxdxd =V (2.82)

Pedestremente si può sostituire la (2.81) nella (2.82), e raggruppare. Ovvero, per risparmiare spazio, ricordando la definizione vettoriale del volume elementare in notazione indiciale, ritroviamo facilmente:

( ) ( ) ( )[ ]

[ ] [ ] oV

V

dJdddJdddxxx

dxdx

dxedxedxedxd

3213213

k

2

j

1

iijk

33

k2

2

j1

1

iijk222211

=ξξξ=ξξξ

ξ∂

∂ξ∂

∂ξ∂

∂ε=

=ξξ∂

∂ξ

ξ∂∂

ξξ∂

∂ε=∧•=

(2.83)

Ovviamente l’avverbio “facilmente” vale solo se ricordiamo la notazione indiciale del determi-nante [Jacobiano]:

( )( ) 2

i

2

i

1

iijk

matrice di tedeterminanper

indiciale notazione

3

3

2

3

1

3

3

2

2

2

1

2

3

1

2

1

1

1

321

321 xxx

xxx

xxx

xxx

,,x,x,xJ

ξ∂∂

ξ∂∂

ξ∂∂

ε=

ξ∂∂

ξ∂∂

ξ∂∂

ξ∂∂

ξ∂∂

ξ∂∂

ξ∂∂

ξ∂∂

ξ∂∂

=ξξξ∂

∂= (2.84)

---------------------------------------------fine inciso-----------------------------------------------

2.21

Page 51: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

.2.8 VELOCITÀ DI DILATAZIONE La dilatazione è di fondamentale importanza nella teoria dell’elasticità. Di interesse in fluidodinamica è la nozione di velocità di dilatazione:

( ) ( )[ ]tD

d/dDtD

DJtD

D oVVG ==

Θ= (2.85)

Questa è definita come la derivata materiale dello Jacobiano e rappresenta il rateo temporale della dilatazione per una particella fluida in moto. In pratica dovremo fare la derivata temporale (a ξ costante) della (2.78). Molto semplice se vi ricordate l’algebra differenziale delle matrici, altrimenti richiamando la (2.84), che per puro caso appare poco prima su questa stessa pagina, si vede che dobbiamo svolgere il compitino:

[ ]tcos2

k

2

j

1

iijk

matrice di tedeterminanper

indiciale notazione

tcos3

3

2

3

1

3

3

2

2

2

1

2

3

1

2

1

1

1

xxxt

xxx

xxx

xxx

tJ

tDD

ξ∂

∂ξ∂

∂ξ∂

∂ε

∂∂

=

ξ∂∂

ξ∂∂

ξ∂∂

ξ∂∂

ξ∂∂

ξ∂∂

ξ∂∂

ξ∂∂

ξ∂∂

∂∂

= (2.86)

Ovviamente esiste la possibilità o di procedere scalarmene (molti passaggi ma semplice algebra) oppure di considerare la forma in notazione indiciale. In ogni caso ci dovremo trovare di fronte ad un raggruppamento somma di tre termini:

tcostcos2

k

2

j

1

iijk

tcos2

k

tcos2

j

1

iijk

tcos2

k

2

j

1

iijk

tcos2

k

2

j

1

iijk

xt

xxt

xxt

xt

xxxt

xxxt

=ξ=ξ=ξ=ξ

=ξ=ξ

ξ∂

∂∂∂

ξ∂∂

ξ∂∂

ε∂∂

+

ξ∂∂

ξ∂

∂∂∂

ξ∂∂

ε∂∂

+

+

ξ∂∂

ξ∂∂

ξ∂

∂∂∂

ε=

ξ∂

∂ξ∂

∂ξ∂

∂ε

∂∂

(2.87)

Le derivate materiali (a ξ costante) basate su generici indici (m,n) sono semplici a farsi:

n

m

velocitàdiedefinizion

tcos

m

ncostante aderiviamo

tcosn

m Vt

xxt ξ∂

∂=

∂ξ∂∂

=

ξ∂

∂∂∂

=ξξ=ξ

(2.88)

Ovvero ricordando la (2.51)

)t,x(ξ=ξ ovvero 3,2,.1n)t,x,x,x( 321nn =∀ξ=ξ (2.89) risulta:

n

p

p

m

indicialenotazione

n

3

3

m

n

2

2

m

n

1

1

m

n

m xxVx

xVx

xVx

xVV

ξ∂∂

∂∂

=ξ∂

∂∂∂

+ξ∂

∂∂∂

+ξ∂

∂∂

∂=

ξ∂∂

(2.90)

in cui si è introdotto un ulteriore indice p=i,j,k. Si deriva quindi combinando (2.86 - 2.90):

2.22

Page 52: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

ξ∂∂

∂∂

ξ∂∂

ξ∂∂

ε+

ξ∂∂

ξ∂∂

∂∂

ξ∂∂

ε+

ξ∂∂

ξ∂∂

ξ∂∂

∂∂

ε=3

p

p

k

2

j

1

iijp

3

k

2

p

p

j

1

iipk

3

k

2

j

1

p

p

ipjk

xxVxxxx

xVxxxx

xV

tDJD (2.91)

ovvero permutando l’indice “p” nell’unica possibilità (di componente non nulla) consentita dall’operatore ε i j k e cioè:

1. in “ p = i = 1 ” per il 1° termine della (2.91), 2. in “ p = j = 2 ” per il 2° termine, della (2.91), 3. in “ p = k = 3 ” per il 3° termine, della (2.91),

La (2.91) si scrive quindi:

( JVxxxxV

xV

xV

tDJD

3

k

2

j

1

iijk

3

3

2

2

1

1 •∇=

ξ∂

∂ξ∂

∂ξ∂

∂ε

∂∂

+∂∂

+∂∂

==G ) (2.92)

che fornisce una interpretazione della divergenza della velocità come:

[ ]DtDJ

J1V =•∇ (2.93)

La ( 2.93) è talora chiamata formula di espansione di Eulero Ovviamente se ∇•V=0 dovrà essere J=costante , i.e. durante il moto il volume elementare della particella fluida non cambia. Talora la (2. 93) è pessimamente rappresentata come

[ ]Dt

)Jln(DV =•∇ (2.94)

con la quale si può perdere il significato fisico. .2.9 TEOREMA DEL TRASPORTO DI REYNOLDS Richiamando la (2.85) la formula di espansione di Eulero (2.93) diventa:

[ ] ( ) ( )( ) ( ) [ ] ( )

( ) [ VDtdD

d1V

DtddD

dd1V

DtDJ

J1

•∇=⇒•∇=⇒•∇=V

VVV

VV0

0

] (2.95)

Questa forma descrive come varia il volume elementare (dV ) di una particella fluida durante il suo moto. Definendo Volume materiale V m come il volume di controllo (finito) che contiene sempre la stessa massa di fluido (i.e. le stesse particelle fluide, da alcuni definito come sistema), si può pensare di estendere la for-mula di espansione di Eulero ritrovata per il solo volume elementare. Questo è l’argomento del teorema di Reynolds. Sia ℑ(x,t) una qualsiasi proprietà termo-fluido-dinamica trasportata dalle particelle fluide contenute nel vo-lume materiale V m (t) [volume che si muove con il fluido e che contiene sempre le stesse particelle],

2.23

L’integrale di volume:

Page 53: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

VFV

d)t,x()t()t(m

ℑ= ∫∫∫ (2.96)

è ovviamente una funzione soltanto del tempo. L’obiettivo è di considerare la derivata della (2.96) che è a massa costante:

ℑ=

∂∂

∫∫∫=

=ξV

F

VM

d)t,x(td

dt

)t(

)t(tcostcos

m

(2.97)

e rappresentarla in un sistema euleriano. Ovviamente poiché il volume V m (t) varia nel tempo, non è possibile veicolare la derivata attraverso l’operatore integrale e farla operare direttamente sull’integrando. Sono possibili diverse metodologie. La prima metodologia usa le trasformazioni prima descritte tra le rappresentazioni lagrangiane e euleriane. Se consideriamo:

• che la D( )/Dt è una derivata rispetto al tempo tenendo costante ξ cioè a particelle (massa) costante, • che il volume materiale V m (t) è per definizione un volume a particelle (massa) costante. • di rappresentare la proprietà ℑ(x,t) in modo lagrangiano : ℑ[ x (ξ,t),t] • di rappresentare il volume elementare (al tempo t) dV in funzione di quello elementare al tempo 0 :

dV = dVo J Ne consegue che il volume di integrazione V (t) diventerà costante e pari a V o, , si può scambiare la derivata materiale con l’operatore integrale e farla operare direttamente sull’integrando. La logica di quanto detto sopra rappresentata dai seguenti passaggi:

[ ]

( ) ( ) VV

VV

VVF

Vo

V

oV

oV

oVV

dVtD

DdJVtD

D

dtD

DJJtD

DdJtD

D

dJt),t,(xtd

dd)t,x(td

dt

)t(

)t(

)t(tcos

mo

oo

om

•∇ℑ+

ℑ=

•∇ℑ+

ℑ=

=

ℑ+

ℑ=ℑ=

=

ξℑ=

ℑ=

∂∂

∫∫∫∫∫∫

∫∫∫∫∫∫

∫∫∫∫∫∫=ξ

(2.98)

Poiché vale la ( 2.63)

( )

convettivaderivata

localederivata

materialederivata

VttD

Dℑ∇•+

∂ℑ∂

=ℑ (2.99)

e vale l’identità vettoriale: ( ) ( ) ( ) ( ) ℑ∇•+•∇ℑ=•ℑ∇+•∇ℑ=ℑ• VVVVV∇ La (2.98) si può rappresentare in vari modi tra cui, uno dei più interessanti, è:

2.24

Page 54: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

[ ] VVV

VF

VVV

V

d)V(dt

d)V(t

d)t,x(td

dt

)t(

)t()t()t(

)t(tcos m

ℑ•∇+

∂∂ℑ

=

ℑ•∇+

∂∂ℑ

=

=

ℑ=

∂∂

∫∫∫∫∫∫∫∫∫

∫∫∫=ξ (2.100)

Applicando all’ultimo termine del lato destro della (2.100) il teorema di Gauss della divergenza si ottiene la forma più usata del Teorema del Trasporto di Reynolds:

[ SVVF

SVV

d)Wn(dt

d)t,x(td

dtd

)t(d

)t()t()t(m

•ℑ+

∂∂ℑ

=

ℑ= ∫∫∫∫∫∫∫∫ ] (2.101)

dove:

S(t) è la superficie materiale del volume (materiale) V(t) W è la velocità delle particelle fluide rispetto alla superficie S(t).

Ne deriva che:

se l’elemento di superficie dS si muove con velocità U, risulterà W = V - U. se la dS è ferma (U=0) sarà W=V

Il Teorema del Trasporto di Reynolds si legge:

il rateo di variazione temporale della proprietà ℑ contenuta in un volume materiale V(t) è pari all’integrale volumetrico del rateo temporale di ℑ nel volume V(t)

più la portata netta di ℑ attraverso la superficie S(t) di V(t) Riconsiderando la rilettura del Teorema del Trasporto di Reynolds ci accorgiamo che abbiamo sprecato tante formule e tanti passaggi per arrivare a certi risultati che si possono dedurre da logiche e naturali consi-derazioni per il bilancio/conservazione di proprietà estensive. La seconda metodologia si basa nel considerare l’integrale volumetrico come prodotto di integrali lineari. Per ognuno di questi si dovrà considerare un integrale monodimensionale del tipo:

V(t)=x2(t)-x1(t)

x n2=in1=-i

W1

x1 x2

W2

dx)t,x(bdtdd)t,x(b

dtd

)t(x

)t(x)t(

2

1

∫∫ >VV

(2.102)

In questo caso il volume di controllo è l’intervallo x2-x1, che può variare nel tempo, la superficie S è rappresentata dai due punti x1 ed x2 di normali, rispettivamente n1=–i e n2= +i , nei quali punti le velocità sono rispettivamente W1=dx1/dt e W2=dx2/dt:

dtdx)t,x(b

dtdx)t,x(bdx)t,x(

tbdx)t,x(b

dtd 1

12

2

)t(x

)t(x

)t(x

)t(x

2

1

2

1

−+∂∂

= ∫∫ (2.103)

2.25

Page 55: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

E’ abbastanza agevole rilevare che questa relazione rappresenta proprio il famoso teorema di Leibnitz (del-la derivazione sotto il segno di integrale) studiata nei corsi di Analisi Matematica di base, di cui il teorema di Reynolds rappresenta l’estensione a più di una dimensione. La terza ed ultima metodologia si basa nel considerare, pedestremente, la derivata facendo il limite del rap-porto incrementale dell’integrale. Occorre un poco di fantasia per riconoscere i vari termini nella raffigura-zione dei volumi materiali a due istanti di tempo. Consideriamo un volume di controllo che si muove in modo arbitrario nel tempo. Definiamo:

Volume di controllo (VdC linea continua) Sistema (Sis linea tratteggiata) inteso come il volume che contiene la massa di controllo, anche detto

Volume materiale. Consideriamo che al tempo t il VdC ed il sistema Sis coincidono. Nella figura cerchiamo di rappresentare cosa accade al tempo t+dt Nota:

VdC

Sis t t+dt

b

a

b’

c

at tempo t la massa di controllo è contenuta nel si-stema che coincide con il Volume di controllo [b] al tempo t+dt il sistema è contenuto nei volumi [b’=b-a] e [c]

La variazione di una generica proprietà C associata al campo di moto contenuto nel sistema (c=C/M, ρ=M/V) è data da:

tb'dttcb'SisSis dcdcdcCC

tdtt

ρ−

ρ+ρ=− ∫∫∫∫∫∫∫∫∫

++

VVV (2.104)

Sommando e sottraendo al termine a destra l’integrale si ottiene: dtta

dc+

ρ∫∫∫ V

dttac

tb'dttab'SisSis

dcdc

dcdcdcCCtdtt

+

+

ρ−ρ+

+

ρ−

ρ+ρ=−

∫∫∫∫∫∫

∫∫∫∫∫∫∫∫∫+

VV

VVV

(2.105)

Facendo il limite per dt →0 si ottiene:

dt

dc

dt

dc

dt

dcdcdc

dtCC

dttadttc

tb'dttab'SisSis tdtt

++

+

ρ

ρ

+

+

ρ−

ρ+ρ

=−

∫∫∫∫∫∫

∫∫∫∫∫∫∫∫∫+

VV

VVV

(2.106)

il termine a sinistra diventa:

dtdCSis (2.107)

[Nota il sistema contiene sempre la stessa massa, i.e. la derivata temporale è lagrangiana]

2.26

Page 56: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

il primo termine a destra si riferisce allo stesso volume in quanto è [b]t=[b’+a]t+dt per cui il limite

diventa la derivata locale dell’integrando:

( )V

V

dtc

)t(∂ρ∂

∫∫∫ (2.108)

Poiché la superficie possiede velocità assoluta (U) la velocità con cui il fluido (che possiede velocità assoluta V) attraversa la superficie (relativa) è W=V-U : il secondo integrale a destra rappresenta la portata della proprietà trasportata dal fluido attraverso la interfaccia b’-a . + ( ) a

aS

dWcn Sρ•∫∫∂=

Analogamente il terzo integrale rappresenta la portata attraverso la interfaccia b’-c: ( ) b

bS

dWcn Sρ•− ∫∫∂=

In definitiva quindi è:

( ) ( ) ( ) SVVVVV

dWcndctdt

dCdcdtd

S)t(

Sis

)t(

ρ•+ρ∂∂

==ρ ∫∫∫∫∫∫∫∫∂=

(2.109)

.2.10 IL TENSORE DI DEFORMAZIONE Considera due punti materiali P e Q molto prossimi l’uno all’altro, identificati quindi da coordinate materiali ξ e ξ+dξ. Supponiamo che al tempo t le particelle materiali si trovino nei punti euleriani x(ξ,t) ed x(ξ+dξ,t). In base alla continuità del mezzo sarà:

( )2j

j

iii dOdx)t,(x)t,d(x ξ+ξ

ξ∂∂

+ξ=ξ+ξ (2.110)

Al limite del continuo i termini di ordine superiore possono essere trascurati e la (2.110) si scrive

ξξ∂

∂=ξ−ξ+ξ= dx)t,(x)t,d(xxd (2.111)

ovvero:

jj

ii dxdx ξ

ξ∂∂

= (2.112)

che può essere invertita per avere:

ii

jj dx

xd

ξ∂=ξ (2.113)

La proprietà tra parentesi quadra è definita da 3x3=9 componenti scalari e rappresenta un tensore. Questo tensore, che è alla base della teoria dell’elasticità, è chiamato tensore (gradiente) di deformazione.

NOTA: nella teoria dell’elasticità si usano talora simbologie e notazioni diverse.

2.27

Page 57: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

.2.11 IL TENSORE VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE Come visto nel paragrafo 2.11.3, un fluido è definito come un corpo che reagisce a velocità di deformazio-ni. Ne segue che in fluidodinamica l’interesse sta nel derivare lagrangianamente la (2.112). Se V è la velocità, la velocità relativa della particella fluida ξ+dξ rispetto a quella ξ è fornita dal suo diffe-renziale dV:

ξξ∂

∂=ξ

∂∂

ξ∂∂

ξ∂∂

∂∂

==ξξ=ξ

dVdtxdx

tVd

tcos

derivate lecommutare possocostante atcos

(2.114)

Usando la (2.113) si ottiene:

[ ] xdVxdxVxd

xddVVd ∇=

∂∂

ξ∂∂

= ovvero: jj

ii dx

xVdV

∂∂

= (2.115)

E’ evidente il carattere tensoriale della proprietà tra parentesi quadra, che viene definita tensore gradiente di velocità ∇V. Notiamo velocemente alcune proprietà di tale tensore. Osserviamo per prima che se una particella è soggetta ad una pura traslazione rigida sarà:

dt)t(Uxt

0∫+ξ= (2.116)

il tensore gradiente di velocità è identicamente nullo. Analogamente se la particella è soggetta ad un atto di moto consistente in una rotazione rigida Ω sarà:

xdVd ∧Ω= (2.117)

il tensore gradiente di velocità è identicamente nullo (Ω=costante nel campo). Se ne conclude, a priori, che gli atti di moto che contemplano traslazione e rotazione rigida non hanno influenza sul tensore velocità di deformazione. Il tensore velocità di deformazione può essere scritto come somma di due tensori uno simmetrico ed uno an-tisimmetrico:

2.28

Page 58: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

[ ] [ ]

Ω+=

∂∂

+∂∂

∂∂

−∂∂

∂∂

−∂∂

∂∂

−∂∂

∂∂

−∂∂

∂∂

−∂∂

+

∂∂

∂∂

+∂∂

∂∂

+∂∂

∂∂

+∂∂

∂∂

∂∂

+∂∂

∂∂

+∂∂

∂∂

+∂∂

∂∂

=

=∇−∇+∇+∇=

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

=∇

S

0xV

xV

xV

xV

xV

xV0

xV

xV

xV

xV

xV

xV0

xV

xV

xV

xV

xV

xV

xV

xV

xV

xV

xV

xV

xV

xV

xV

VVVV

xV

xV

xV

xV

xV

xV

xV

xV

xV

V

2

3

3

221

1

3

3

121

2

3

3

221

1

2

2

121

1

3

3

121

1

2

2

121

3

3

2

3

3

221

1

3

3

121

2

3

3

221

2

2

1

2

2

121

1

3

3

121

1

2

2

121

1

1

t21t

21

3

3

2

3

1

3

3

2

2

2

1

2

3

1

2

1

1

1

(2.118)

Ovvero in notazione indiciale:

jijii

j

j

i

S

i

j

j

i

j

i SxV

xV

21

xV

xV

21

xV

jiji

Ω+=

∂∂

−∂∂

+

∂∂

+∂∂

=∂∂

Ω44 344 2144 344 21

(2.119)

Dove è chiara la simbologia usata per la parte antisimmetrico del tensore velocità di deformazione che ha come componenti le velocità angolare di rotazione rigida Ω = ω /2 = [∇∧V] / 2

ΩΩ−Ω−Ω−

ΩΩ=Ω

00

0

xy

xz

yz

ovvero Ω i j = ε i j k ωk /2 (2.120)

MEMO: dimenticavamo l’operatore ε i j k = ei ∧ ej • ek è un tensore del terzo ordine!

Quindi la parte antisimmetrica del tensore velocità di deformazione rappresenta una rotazione rigida:

rrr 21 ∧ω=∧Ω=Ω• (2.121)

MEMO: chicca per finire: state attenti alle forme vettoriali/tensoriali che contengono il prodot-

to vettoriale (∧) perché ad esser pignoli rappresentano pseudi-tensori, ovvero sono quantità che non rispettano pienamente i criteri di invarianza rispetto alla rotazione degli assi (quelle dette in verità trasformazioni improprie). Nota in gergo potreste tro-vare anche delle notazioni tipo tensori/vettori assiali. La citazione cade al momento giu-sto perché sia Ω che ε i j k cadono in questa categoria. tanto che ε i j k è chiamato anche pseudo-tensore unitario ovvero simbolo di Ricci.

2.29

Page 59: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

.2.11.1 Significati delle componenti del tensore di deformazione. Per questo si può rifare l’analisi del tensore velocità di deformazione con-siderando, da un punto di vista geometrico l’atto di moto di due particelle fluide P e Q contigue. Sia λ il versore tangente alla traiettoria:

sri

∆∆lim

srlim

0siindicialenotaz.0s

=λ→∆∆

=λ→∆→∆

(2.122)

Dove ∆s è la lunghezza del vettore infinitesimo ∆r :

( ) ii2 rrrrs ∆∆=∆•∆=∆ (2.123)

r

r+∆r ∆r P

Q ∆s

Ricerchiamo l’espressione della Velocità di Deformazione [VdD] definita come derivata temporale della variazione di lunghezza per unità di lunghezza. Dalla definizione e dalla (2.123) sarà:

( )( )

( )( )

( )

∆∆

∆=

∆∆

=

∆ →∆→∆→∆ dtrd

sr2

21lim

dtsd

s1

21lim

dtsd

s1lim i

2i

0s

2

20s0s (2.124)

Ma dalla figura e dalla definizione di velocità (2.61) è:

( ) ( ) ( ) ( )i

iiiii V

dtrd

dtrd,QQrr ∆=∆=

∆−=∆ (2.125)

Considerando il campo di velocità essere continuo, possiamo svilupparlo in serie:

( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) jj

i2jj

j

iiii

2jj

j

iii r

xVxOx

xVPVQVVxOx

xVPVQV ∆

∂∂

≈∆+∆∂∂

=−=∆→∆+∆∂∂

+= (2.126)

Considerando la componente della VdD nella direzione λj :

( ) ( ) ( ) ( ) ( ) λ•∇•λ=λ∂∂

λ=

∆∆

∂∂

∆∆

=

∆∆

∂∂

∆∆

=

∂∂

∆∆

→∆→∆→∆V

xV

sr

xV

srlim

sr

xV

srlimr

xV

srlim j

j

ii

j

j

ii0s

j

j

ii0sj

j

i2

i0s

(2.127)

Con questo è possibile dare un significato anche alle componenti delle parti simmetriche ed antisimmetriche del tensore gradiente di velocità. Considerando che:

λ•Ω•λ+λ••λ=λ•∇•λ SV (2.128) dove:

=

∂∂

∂∂

+∂∂

∂∂

+∂∂

∂∂

+∂∂

∂∂

∂∂

+∂∂

∂∂

+∂∂

∂∂

+∂∂

∂∂

=

333231

232221

131211

3

3

2

3

3

221

1

3

3

121

2

3

3

221

2

2

1

2

2

121

1

3

3

121

1

2

2

121

1

1

SSSSSSSSS

xV

xV

xV

xV

xV

xV

xV

xV

xV

xV

xV

xV

xV

xV

xV

S (2.129)

Si vede che le componenti sulla diagonale principale, S i i , rappresentano i ratei di elongazione (stretching puro, i.e. velocità di allungamento/costrizione per unità di lunghezza) lungo i rispettivi assi coordinati.

2.30

Page 60: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

La loro somma rappresenta la divergenza della velocità che coincide con l’invariante scalare del tensore stes-so. Rifacendo il discorso fatto paragrafo 2.4 è immediato vedere che le componenti fuori diagonale, S i j , i≠j , sono pari alla metà della velocità media con cui varia l’angolo formato da segmenti allineati lungo i rispettivi assi coordinati i e j prima della deformazione. Ad abbundantiam si nota che:

[ ] 022

121

21

21

iijiji

iijjjjiijjiijjiijjii =Ω+Ωλλ

=λΩλ+λΩλ=λΩλ+λΩλ=λΩλ→λ•Ω•λ (2.130)

che significa che la VdD non dipende dall’atto di moto relativo alla rotazione rigida: .2.12 IL TENSORE DEGLI SFORZI Uno sforzo, o una tensione t è definita come il rapporto infinitesimale tra la forza dF che agisce su di un elemento di superficie orientata dS :

tSdFdlim

0dA=

→ (2.131)

Il concetto di superficie orientata deriva dal fatto che nella pratica F e t di-pendono da come è orientata la dS. Usando il versore normale n alla superficie dS per definirne l’orientamento, sarà dS = n dS , ovvero per la (2.131):

tnFd

dS1lim

0dA=

→ (2.132)

per piccoli dS la (2.132) si approssima come:

tnF

S1

≈ (2.133)

n2

t2

t1

n1 A A’

B’B

solido

t’2

t’1

n’1

n’2

Taglio #1

Taglio #2

Notiamo l’assurdità di quanto espresso formalmente dalla (2.133) che prevede la divisione tra due vettori, cosa non prevista. Commentiamo soltanto di passaggio che il rapporto della tensione t dai due vettori F ed n deve comunque esistere ed essere regolato in qualche modo . Considerando la generica struttura elastica nella figura a lato, è ben ovvio che facendo nella stessa sezione due tagli (#1 e #2) con normali differenti n1 ed n2, per mantenere l’equilibrio, dovremo applicare delle forze differenti F1 ed F2. Ovvero, a parità di area elementare dS ritrovare sulle die facce delle tensioni differenti t1 e t2 che, per il principio di azione e reazione, devono essere della stessa intensità ma di verso contrario (con il segno cambiato) In pratica dovrà essere:

11 'tt −= 11 'nn −= ; 22 'tt −= 22 'nn −= (2.134) Da cui si evince la necessaria dipendenza della tensione t :

)locale e tensionalstato ,punto,n(t)locale e tensionalstato ,punto,n(t −−= (2.135)

2.31

Page 61: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

ovvero, in un punto la tensione t deve dipendere linearmente dalla normale n per mezzo di una entità che rappresenta lo stato tensionale locale che operando su n fornisca un vettore:

[ ]4444 34444 21

?????

le tensionastato entitànt •= (2.136)

Ovvero: una relazione che può rappresentare la definizione fisica del tensore degli sforzi

sforzi degli tensoredirezionetensionent τ•= (2.137)

NOTA: in certa letteratura, tipicamente di origine matematica si usa una notazione differente:

nt •τ= (2.138) con il prodotto scalare a destra. Ovviamente una rappresentazione è la trasposta dell’altra, e le due definizioni saranno coincidenti se il tensore τ è simmetrico, quale è il caso della fluidodinamica dei fluidi newtoniani. Quindi le ironiche accuse di tensorialità di destra o di sinistra hanno senso solo per la reologia di fluidi non newtoniani.

La (2.137) rappresenta una possibile definizione vettoriale del tensore degli sforzi.

V

S=δV

L E’ forse doveroso fare riferimento all’analisi scalare fatta, a proposito, da Cauchy che è solitamente riportata nei corsi che trattano la teoria dell’elasticità. Consideriamo prima che per una particella di fluido di massa M, le con-dizioni di equilibrio (newtoniane) impongono che:

massa.erfsupii

FFaFa +=→= ∑ MM (2.139)

Ovvero considerando che: la (2.139) si può scrivere: 2

sup3

vol ; LSLV α∝α∝

[ ] [ ] [ ] SL

LSLSVS

2S

3

S

dt1fadtfadtFfa nmassanmassan.erfsupmassa ∫∫∫∫∫∫ =ρ−ρ→=ρ−ρ→==ρ−ρ

ne segue che facendo il limite per L→0 deve essere:

[ ] 0dt1lim0falim n0massa0=

==ρ−ρ ∫∫→→S

LL

S2LL

(2.140)

Che si legge come il principio dell’equilibrio locale degli sforzi superficiali (valido qualunque sia S e V)

2.32

Page 62: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

Con questo in mente Cauchy considera un volu-metto particolare di forma tetragonale [O,A,B,C], con tre faccette orientate secondo i piani coordina-ti cartesiani:

X

C

B

A

Z

Y

O

O

O

A

A

A

B

B

B

C

C

C

n

-i - j

- k

faccia area normale

ABC ∆A

n

OBC ∆A (n•i)

-i

OAC ∆A (n•j)

-j

OAB ∆A (n•k)

-k

Per questo volume la (2.140) si scrive:

( ) ( ) ( )[ ] 0tknAtjnAtinAtA1lim

0dt1lim

)k()j()i()n(0

n0

=

•∆+•∆+•∆+∆

∆=

==

−−−→

→ ∫∫

A

SL

L

S2L

(2.141)

Dividendo la (2.141) per ∆a e facendo il limite:

( ) ( ) ( ) 0tkntjntint )k()j()i()n( =•+•+•+ −−− (2.142)

ovvero ricordando il principio di azione e reazione:

)k()k()j()j()i()i( tt,tt,tt −=−=−= −−− (2.143)

si ricava: ( ) ( ) ( ) 0tkntjntint )k()j()i()n( =•+•+•= (2.144)

che è l’equivalente forma vettoriale della relazione tensoriale (2.138). Nota la (2.140) e la (2.144) implicano che il risultante F degli sforzi superficiali agenti su di una particella è:

( )τ•∇≈τ•∇=τ•= ∫∫∫∫∫ →∂=

→VVS

V*VV

VS*VV

dlimdnlimF .erfsup (2.145)

Come ogni altro tensore il tensore degli sforzi avrà una analisi spettrale che ne individuerà gli assi (direzioni) principali e i rispettivi autovettori.

2.33

Page 63: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

Il problema di collegare la causa: tensore degli sforzi all’effetto tensore velocità di deformazione

è l’argomento della modellistica (relazioni fenomenologiche sforzi/ratei di deformazione) del particolare fluido, e sarà considerata al momento opportuno (paragrafo 5.3.3). .2.13 Flussi e Portate Immaginiamo di considerare una superficie immaginaria S attraversata da fluido, vogliamo determinare la portata massica e la portata volumetrica attraverso questa super-ficie di controllo (ovvero quanta massa e quanto volume di fluido passa attraverso S nell'unità di tempo?). Ovviamente la quantità di volume che passa attraverso una superficie elementare dS dipende dalla componente normale della velocità, cioè dalla velocità puntuale V e dall'angolo θ che questa forma con la normale n (se θ fosse 90° la velocità sarebbe puntualmente parallela alla superficie e non passerebbe nulla!), per cui dell'u-nità di tempo dt passa il volume di fluido d :

n n

dSV

θ

S

d = V dt dS cos θ = Vn dS dt = (n • V) dS dt (2.146)

Si definisce flusso (convettivo) di volume, ϕv , la quantità di volume che passa per unità di superficie e per unità di tempo, ϕv = d / (dS dt) cioè:

Vnv •≡ϕ (2.147)

E' immediato verificare che le dimensione del flusso di volume sono Volume/(Area tem-po)=Lunghezza/tempo Analogamente si può definire il flusso (convettivo) di massa, ϕm , come la quantità di massa che passa per unità di superficie e di tempo. Le dimensioni di ϕm devono essere [Massa/(Superficie tempo)] = [Massa/Volume ] [Volume/(Superficie tempo)] ovvero [Densità Lunghezza/ tempo]. In definitiva si ritrova:

( )Vnm ρ•≡ϕ (2.148) Tale concetto si può generalizzare per una qualsiasi altra proprietà, ad esempio il flusso convettivo di ental-pia sarà pari all'entalpia specifica (Entalpia per unità di massa (h) per il flusso convettivo di massa)

(ϕh n h V≡ • )ρ , ecc.. Si è parlato di flusso convettivo in quanto è quello che dipende dalla convezione, cioè dalla velocità V. In seguito introdurremo un flusso che non dipende dalla velocità, che è chiamato diffusivo (es. Calore, lavo-ro reversibile (fatto da pressioni), lavoro irreversibile (fatto da sforzi viscosi)). Ovviamente il flusso diffusivo è definito come la differenza tra il flusso totale e quello convettivo. La definizione di portata Q (la quantità che passa attraverso una superficie S nell'unità di tempo) è sempli-cemente ricavabile integrando il flusso sulla superficie considerata:

Portata di volume ( )∫∫ •=S

V dSVnQ (2.149)

Portata di massa ( )∫∫ ρ•=•

=S

m dSVnmQ (2.150)

2.34

Page 64: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

Esercizio 2.6 Dato il campo di velocità V = 3t i + xz j + ty2 k , e la superficie piana i cui vertici sono (0,1,1), (0,1,2), (2,1,2),(2,1,1) determinare: • La portata di volume (Risp. 3) • La velocità media (Risp. 1.5)

Esercizio 2.7 Per il moto in un tubo dell’Es. 1.8, ritrovare • l' espressione della velocità media Risp. Umedia=umax/2 • il flusso di volume per R=3 cm, umax=8 m/s Risp. Qv= 0.0113 m3/s • il flusso di massa per l'acqua Risp. Qm= 11..3 kg/s

Prima di definire le altre proprietà cinematiche di interesse (gradiente, divergenza, rotore, circolazione), conviene richiamare come questi operatori possono essere alternativamente espressi con prodotto (formale di vario tipo) dell'operatore (vettore) nabla [ ∇(•)] e la specifica proprietà, ad esempio:

• gradiente del campo scalare f : grad(f) ∇f vettore • divergenza del campo vettoriale V div(V) ∇ •V scalare • rotore del campo vettoriale V rot(V) ∇ ∧V vettore

Una volta avuta la definizione dell'operatore nabla nel sistema considerato queste definizioni permettono la determinazione degli altri operatori.

Esercizio 2.8

L'espressione dell'operatore nabla in coordinate cartesiane è: ( ) ( ) ( ) ( )z

ky

jx

i∂

•∂+

∂•∂

+∂

•∂≡•∇

determinare le espressioni: • del gradiente di un campo scalare f, • della divergenza di un campo vettoriale V • del rotore di un campo vettoriale V,

Esercizio 2.9

L'espressione dell'operatore nabla in coordinate cilindriche (r,θ,z) è: ( ) ( ) ( ) ( )z

ir1i

ri zr ∂

•∂+

∂θ•∂

+∂•∂

≡•∇ θ

determinare le espressioni: • del gradiente di un campo scalare f, • della divergenza di un campo vettoriale V • del rotore di un campo vettoriale V,

.2.14 Teoremi di Gauss n

S

dS I teorema di Gauss (generalizzati) sono un utile strumento per la determinazione di im-portanti operatori integro/differenziali/vettoriali . Dato un campo vettoriale definito in un volume , delimitato da una superficie S con normale n uscente , se i campi scalari f(r) e vettoriali V(r) sono differenziabili e conti-nui valgono i seguenti teoremi:

2.35

Page 65: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

dSfn=df

SV ∫∫∫∫∫ ∇ V teorema del gradiente (2.151)

dSVn=dVS

V ∫∫∫∫∫ ••∇ V teorema della divergenza (2.152)

dSVn=dVS

V ∫∫∫∫∫ ∧∧∇ V teorema del rotore (2.153)

Se pensiamo di considerare volumi molto piccoli gli integrali volumetrici possono essere espressi come il valore medio dell'integrando per il valore del volume:

dSfn=fdfS

V ∫∫∫∫∫ ∇≈∇ VV (2.154)

( ) dSVn=VdVS

V••∇≈•∇ ∫∫∫∫∫ VV (2.155)

( ) dSVn=VdVS

V∧∧∇≈∧∇ ∫∫∫∫∫ VV (2.156)

Facendo tendere il volume a zero, in modo uniforme rispetto alle tre dimensioni, si ottengono le definizioni integrali:

∇ ∫∫→dSfn1lim=f

S0V V

definizione integrale di gradiente (2.157)

( )

••∇ ∫∫→dSVn1lim=V

S0 VV

definizione integrale di divergenza (2.158)

( )

∧∧∇ ∫∫→dSVn1lim=V

S0 VV

definizione integrale di rotore (2.159)

Queste definizioni integrali sono ovviamente una generalizzazione, infatti non richiedono la differenziabilità delle funzioni di campo ma soltanto la loro integrabilità (ma questa è un'altra storia). La definizione integrale permette di fornire una diversa interpretazione alla divergenza della velocità: se si considera infatti che l'integrale

dtdQdSVn v

S

V==•∫∫ (2.160)

rappresenta la portata volumetrica attraverso una superficie chiusa, e quindi equivale alla variazione di Vo-lume per unità di tempo, ne discende:

V

VV

M=ρ

ρρ

−==•∇ ,DtD1

DtD1V (2.161)

la divergenza della velocità è interpretabile come variazione di volume per unità di volume e di tempo di una particella fluida. Ne discende quindi che se un campo di moto può essere considerato incompressibile, cioè a densità costan-te, deve verificarsi necessariamente

0V=•∇ (2.162)

cioè il campo di velocità deve essere solenoidale. Analogamente per campi comprimibili e stazionari, se consideriamo la divergenza del flusso di massa ϕ ρm V= deve verificarsi

2.36

Page 66: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

( ) 0V =ρ•∇ (2.163)

cioè il flusso di massa deve essere solenoidale. Infine La definizione integrale permette di fornire una diversa interpretazione alla divergenza del tensore degli sforzi. Richiamando la (2.145) ed il teorema della divergenza (1.252)

VSVVS

ddnF .erfsup τ•∇=τ•= ∫∫∫∫∫∂=

(2.164)

Nota: l’importanza e la coerenza della definizione di prodotto a sinistra nella (2.137)

per il tensore degli sforzi. Richiamando la (2.158) si ottiene:

V0V

.erfsup

d

Flim

→=τ•∇ (2.165)

che si legge:

La divergenza del tensore degli sforzi rappresenta il risultante degli sforzi superficiale per unità di volume della particella.

Esercizio 2.10 Verificare, per confronto delle componenti scalari in 2D, l'identità vettoriale:

( ) ( )VVVVVV 21 ∧∇∧−•∇=∇•

che è molto utile in fluidodinamica in quanto mostra che l'accelerazione convettiva è composta di due termi-ni, il primo dipende dalla variazione del modulo della velocità nello spostarsi da una posizione ad un'altra, il secondo rappresenta la variazione della direzione della velocità che ruota con il suo rotore.

.2.15 Vorticità In fluidodinamica il rotore della velocità è comunemente denominato come vorticità:

V∧∇≡ω (2.166) Nota che, a causa delle proprietà del prodotto vettoriale, se il campo di velocità è piano V = V(x,y) la vorti-cità si riduce ad una vettore con una sola componente lungo l'asse z : ω = k ζ [si parla di vorticità ζ come uno scalare] Abbiamo già visto vedere il collegamento tra la vorticità e la rotazione di una particella. Consideriamo un campo di moto a rotazione rigida: V = iθ Ω r = Ω ∧ r , se facciamo il rotore di questo campo (ovviamente in coordinate cilindriche) otteniamo: Ω

v(r)= rΩ

k

( ) ( ) k2k

rr

r1k

rVr

r1 2

Ω=∂

Ω∂=

∂∂

=ω θ (2.167)

da cui si vede che un campo di moto a rotazione rigida è rota-zionale e che la vorticità è pari al doppio della velocità angola-re.

2.37

Page 67: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

Ma consideriamo un altro campo di moto con velocità esclusivamente tangenziale. Uragani, trombe d'aria e il vortice di scarico di un lavandino presentano velocità tangenziali che aumentano all'avvicinarsi al centro, in pratica un campo di moto del tipo:

rKiV θ= (2.168)

dove K è una costante dimensionale. Facendone il rotore risulta:

( ) ( ) 0krK

r1k

rVr

r1

=∂

∂=

∂∂

=ω θ (2.169)

Questo campo è quindi irrotazionale (in tutti i punti ad esclusione dell’origine) e prende il nome di vortice potenziale (il cui potenziale è ). θ=ϕ K

Esercizio 2.11 Dato il campo di velocità V = 3xy i + xz j + y2 k determinare il vettore vorticità,

Esercizio 2.12 Dato il campo di velocità V = 3xy i + y2 j determinare il vettore vorticità,

.2.16 Potenziale di velocità Un campo vettoriale che ha rotore nullo si dice irrotazionale. Campi irrotazionali sono molto interessanti perché ammettono un potenziale. Un campo di velocità irrotazionale V=V(x,y,z,t) ammette un potenziale di velocità tale che: )t,z,y,x(ϕ=ϕ

ϕ∇=V (2.170)

Un campo irrotazionale e solenoidale è armonico (determinabile dalla risoluzione di una equazione di La-place):

( ) 0V

0V 2 =ϕ∇=ϕ∇•∇⇒

ϕ∇==•∇

(2.171)

Richiamando il teorema della divergenza si ottiene una definizione integrale dell'operatore di Laplace:

( )

∂∂ϕ

ϕ∇→

••∇ ∫∫∫∫ →→dS

n1lim=dSVn1lim=V

S0V

2

S0V VV

(2.172)

Esercizio 2.13 Verificare, per confronto delle componenti scalari in 2D, l'identità vettoriale:

( ) ( )∇ = ∇ ∇ • − ∇ ∧ ∇ ∧2 V V V

Esercizio 2.14 Dato il campo di velocità V = 3t i + xz j + ty2 k verificare se è incompressibile (solenoidale) e/o irrotaziona-le.

Risp. SI , NO

2.38

Page 68: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

.2.17 Circolazione – teorema di Stokes

Per poter comprendere meglio la nomenclatura conviene richiamare un'altra proprietà cinematica dei campi vettoriali, la circolazione (o circuitazione) del campo V attorno ad una curva chiusa C con versore tangente t:

∫ •=ΓC

dcVt (2.173) A

C= δ A

n

t

ed il teorema di Stokes che considera una superficie A di normale n che si appoggia su di una curva C con versore tangente t

( ) dAndAVndcVtAAAC∫∫∫∫∫ ω•=∧∇•=•=Γ

∂=

(2.174)

Calcolando la circuitazione di un vortice potenziale attorno ad un cerchio di raggio r che comprende il centro di ottiene:

K2drrKdcVt

2

0C

π=θ=•=Γ ∫∫π

(2.175) r1r2

a

b c

d

∆θ v(r)

θ

Da cui si deduce il valore di K = Γ / 2π sicché il vortice potenziale si scrive di solito come:

r1

πΓ

θ 2V = (2.176)

Ma se calcoliamo la circolazione attorno alla curva a-b-c-d che non contiene l'origine si ottiene:

nucleor

v(r) vortice potenzialevortice a rotazione rigida

r

00K0KdR0drrKdr0dr

rK

dcVtdcVtdcVtdcVtdcVt

1r

1r

1R

2R

a

d

d

c

c

b

b

aC

=−θ∆−+θ∆=+θ−+θ=

=•+•+•+•=•=Γ

∫ ∫ ∫ ∫

∫∫∫∫∫θ∆+θ

θ

θ

θ∆+θ

(2.177

) Ne deriva che nel vortice potenziale il campo è irrotazionale o-vunque tranne nell'origine, che rappresenta un nucleo rotazionale. La struttura di un vortice reale è in genere composta di un nucleo interno rotazionale (di tipo moto rigido) e da un nucleo esterno che tende ad un vortice potenziale.

Esercizio 2.15 Dimostra che un campo potenziale ad un solo valore avrà sempre circolazione nulla.

.2.18 Linee di flusso La visualizzazione della struttura di un campo di moto (sia sperimentale che numerico) può essere fatta in molti modi. Tra questi le linee di flusso di base sono:

1. traiettoria: è l'insieme di posizioni assunte da una singola particella al variare del tempo

2.39

Page 69: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

2. linea di corrente: è una linea tangente in ogni punto al vettore velocità ad un dato tempo 3. linea di fumo: é il luogo delle posizioni, all’istante t, delle particelle che nell’intervallo [0,t] sono pas-

sate per un dato punto. Notare che:

le linee di corrente sono facilmente generabili matematicamente, le altre sperimentalmente, le linee di corrente sono linee istantanee, le altre sono generate al passare del tempo, la traiettoria può essere generata da una fotografia, a lunga esposizione, di una particella colorata che

si muove nel fluido, le linee di fumo sono generate dall'osservare l'evoluzione del getto del fumo rilasciato da un tubicino

in un determinato punto del campo, le linee di corrente possono essere generate immettendo nel fluido un gran numero di particelle colo-

rate, notare la direzione del loro moto durante un breve intervallo di tempo, e raccordare i vettori ve-locità istantaneamente trovati.

Come si vede la situazione è alquanto complicata, essa si semplifica nel caso di moto stazionario (che non varia nel tempo), in questo caso:

A

A

1

2

Le linee di corrente, le traiettorie e le linee di fumo sono coincidenti in un campo di moto stazionario

Notare che se si traccia nel flusso una linea chiusa ideale e si considerano le li-nee di corrente che passano per tutti i punti della curva, si ottiene un tubo di flusso che ha la particolarità di contenere idealmente lo stesso fluido(i.e Q1 = Q2 ), infatti per definizione la velocità sarà sempre parallela alle pareti di questo tu-bo per cui non vi è flusso attraverso la superficie laterale. .2.18.1 Traiettorie La traiettoria è il luogo dei punti occupati, nel tempo da una particella. E’ il risultato dell’integrazione delle equazioni differenziali che definiscono le velocità di ogni particella in un riferimento euleriano:

)t,z,y,x(wdtdz,)t,z,y,x(v

dtdy,)t,z,y,x(u

dtdx

===

Esercizio 2.16*

Dato il campo di moto piano: 0w,t21

yv,t1

x=

+=

+=u determinare la traiettoria della par-

ticella che passa per il punto (xo,yo,0) al tempo to. Risp. ( )1xx21 oo −+yy =

.2.18.2 Linee di corrente Le linee di corrente sono facilmente calcolabili in una rappresentazione euleriana, dove le componenti della velocità (u,v,w) sono funzioni note della posizione (x,y,z). Per definizione la velocità V = i u + j v + k w ,deve essere parallela alla linea, cioè al vettore elementare dr = i dx + j dy + k dz; quindi il prodotto vettoriale V ∧ dr deve essere nullo.

( ) ( ) ( ) 0vdxudykudzwdxjwdyvdzidrV =−+−+−=∧ (2.178)

2.40

Page 70: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

Questo implica che devono esser nulle tutte le componenti scalari da cui:

wdz

vdy

udx

udx

vdy,

vdy

wdz,

vdy

udx

==⇒=== (2.179)

Per capire a cosa è eguale il rapporto, è agevole notare che:

( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )

( ) ( )Vdr

vdywvu

vdydzdydx

dyvwdydy

vudydydxdy

vwdz,dy

vudx

2222

2222

22

222

2

2222

=⇒++=++⇒

⇒++=++⇒== (2.180)

per cui in definitiva

dsVdr

wdz

vdy

udx

==== (2.181)

Il parametro ds ci permette di scrivere le tre equazioni parametriche che determinano l’equazione della linea di corrente:

wdsdz;v

dsdy;u

dsdx

=== (2.182)

Sistema di equazioni che può essere integrato rispetto ad “s”; parametro che può essere successivamente eli-minato per ottenere l’equazione della linea di corrente.

Esercizio 2.17

Dato il campo di moto piano: 0w,t21

yv,t1

x=

+=

+=u determinare la linea di corrente che

passa per il punto (xo,yo,0) al tempo to. Risp. ( ) t21t1

oo xx ++

yy =

.2.18.3 Linee di fumo La linea di fumo é il luogo delle posizioni, all’istante t, delle particelle che nell’intervallo [0,t] sono passate per un dato punto. Per la sua determinazione occorre integrare le equazioni delle traiettorie, determinare le costanti di integrazioni in funzione di uno pseudo parametro temporale τ<t , trovare le soluzioni ed elimina-re tra queste il parametro τ.

Esercizio 2.18*

Dato il campo di moto piano: 0w,t21

yv,t1

x=

+=

+=u determinare la linea di fumo che

passa per il punto (xo,yo,0) al tempo to. Risp. ( )1xx211yy oo −+=

2.41

Page 71: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

Paragonando le varie linee di flusso ritrovate negli esercizi precedenti ne derivano andamenti come in figura:

Linea di corrente

traiettoria

Linea di fumo y

x

Come si può notare le tre linee non coincidono essendo il campo di mo-to instazionario. Se si prova con un esempio di campo di moto stazionario si può age-volmente verificare che le tre linee coincideranno.

Esercizio 2.19** Dato il campo di moto piano: u 0w;xy2v;yx 22 =−=−=determinare la linea di corrente, la traiettoria e la linea di fumo che passa per il punto (xo,yo,0) al tempo to. [Risultato : .tcos3yyx 32 =− ]

Da notare che vi sono campi instazionari in cui le linee di corrente coincidono con le traiettorie.

Esercizio 2.20** Dimostrare che (Eringen) le linee di corrente coincidono con le traiettorie se il vettore velocità è parallelo al vettore accelerazione locale : 0tVV =∂∂∧ Usare a tale scopo il campo di moto nell'intorno del punto di ristagno di un corpo piano che accelera: [ ]yjxi)t(AV −= (A(t) funzione dimensionale) Risp. Equazione delle traiettorie e delle linee di corrente (eliminando il tempo ) xy = costante

I metodi correnti di visualizzazione sperimentale sono:

• immissione nel fluido di fumo, inchiostro o generazione di bolle, • immissione sulle superfici liberi di un liquido di polveri, • immissione nel fluido di particelle neutre (con la stessa densità), • attaccare fili di lana (tufts) alla superficie solida, ovvero cospargere la superfici con oli o grassi , • tecniche ottiche di varia sofisticazione che misurano o reagiscono alle variazioni di densità: shado-

wgraph (metodo delle ombre), schlieren, interferometria. 2.18 SINTESI DEL CAPITOLO e CHECK-OUT Considerando le oltre 180 formule contenute in questo capitolo, questo paragrafo sarà insolitamente esteso e servirà sia per riepilogare le conclusioni ed i concetti più importanti sia per la solita funzione di Check-Out. La Meccanica del Continuo tratta la descrizione del moto di mezzi continui. Per descrivere gli atti di moto di particelle fluide è conveniente l’uso di concetti di algebra tensoriale. Tra le varie possibili notazioni, tra cui quella indiciale è molto comoda ma limitata ai tensori cartesiani. Si definiscono proprietà scalari (tensore di ordine 0), vettoriali (tensore di ordine 1), e tensoriali (tensore di ordine 2), e si pone il problema di distinguere logicamente le proprietà fisiche dalle loro rappresenta-zioni scalari [che hanno un significato soltanto per il sistema di riferimento usato].

2.42

Il principio di invarianza della generica proprietà fisica richiede delle modalità di trasformazioni tra le componenti scalare coordinate, queste trasformazioni possono servire a definire i vettori e i tensori.

Page 72: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

In uno spazio 3D un tensore del secondo ordine è rappresentato da una matrice 3x3, quindi da 32=9 com-ponenti scalari. Al tensore si applicano, per estensione, tutti i concetti dell’algebra lineare delle matrici e la relativa analisi spettrale. Una trattazione sintetica degli elementi di algebra e calcolo tensoriale è contenuta in Appendice A.

Nel caso di fluidi si dovrebbe parlare di Meccanica e Termodinamica dei mezzi continui. La Meccanica del Continuo si basa su due fondamenti:

1. Principio dell’equilibrio termodinamico 2. Definizione (lemma) di continuo.

Da questi discende la definizione di un punto materiale come la massa contenuta in un volumetto ele-

mentare tanto piccolo da garantire l’equilibrio e da consentire l’uso del calcolo differenziale, e tanto grande da definire proprietà locali statisticamente significative.

Tutte le proprietà locali sono associate alla massa contenuta nel volumetto, e sono quindi proprietà termodinamiche.

Intrinsecamente, quindi, la Meccanica del Continuo si basa su di una descrizione lagrangiana (per un insieme di particelle in moto). Ingegneristicamente siamo portati a considerare una descrizione eule-riana (volume fisso, punti e proprietà spazio/temporali).

La base della cinematica richiede la descrizione del moto della particella. Ma anche la posizione e la ve-locità sono proprietà del punto materiale (e quindi paradossalmente proprietà termodinamiche e lagran-giane).

Il passaggio tra le due descrizioni (lagrangiana/euleriana e viceversa, che è la definizione di traiettoria): )t,(xx ξ= ovvero: 3,2,.1i)t,,,(xx 321ii =∀ξξξ=

si può intendere come una trasformazione di coordinate. Per la descrizione euleriana di una generica proprietà ℑ ne discendono diverse possibilità di derivate

parziali rispetto al tempo:

• t∂

∂ℑ sarà la variazione nel tempo della proprietà ℑ misurata da un osservatore che sta fermo in un

punto x del volume di controllo (detta derivata locale o instazionaria)

• tD

Dℑ sarà la variazione nel tempo della proprietà ℑ misurata da un osservatore che si muove con la

particella di un massa di controllo (detta derivata materiale, sostanziale, particellare o totale)

• Con il simbolo td

df denoteremo la solita derivata ordinaria della funzione f(t) rispetto al parametro t.

Tra le tante possibili, si assume, come definizione di velocità materiale la derivata lagrangiana della

posizione del punto massa:

[ ] ( ) ( ) ( ) 232123211321tcostcos

et,x,x,xwet,x,x,xvet,x,x,xutx

tt),t,(x

V ++=∂∂

=∂ξ∂

==ξ=ξ

Ne discende la definizione di derivata sostanziale D/Dt di una proprietà F:

( )

convettivaderivata

localederivata

materialederivata

VttD

Dℑ∇•+

∂ℑ∂

=ℑ

Quanti sopra rappresentano gli ingredienti di base della Meccanica dei mezzi continui. Per la fluidodinamica le altre quantità di interesse sono:

2.43

Page 73: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

velocità angolare di una particella che è collegata al rotore della velocità

( ) ω=∧∇=

=

∂∂

−∂∂

+

∂∂

−∂∂

+

∂∂

−∂∂

=Ω+Ω+Ω=Ω

21

21

21

zyx

V

kyu

xvj

xw

zui

zv

ywkji

l’accelerazione lineare

( )convettiva

oneaccelerazilocale

oneaccelerazimateriale

oneaccelerazi

VVtV

tDVDa ∇•+

∂∂

==

che è composta di una parte locale e una parte convettiva

( )ionedelladirez

iazionevardella rateo

ensitàint'delliazionevar

della rateolocale

oneaccelerazimateriale

oneaccelerazi

VV2

VVtV

tDVDa ∧∧∇+

∇+∂∂

==

la velocità di dilatazione

( ) JVxxxxV

xV

xV

tDJD

3

k

2

j

1

iijk

3

3

2

2

1

1 •∇=

ξ∂

∂ξ∂

∂ξ∂

∂ε

∂∂

+∂∂

+∂∂

==G

che fornisce una interpretazione della divergenza della velocità come: [ ]DtDJ

J1V =•∇

e che è talora chiamata formula di espansione di Eulero il Teorema del Trasporto di Reynolds:

[ ] SVVF

SVV

d)Wn(dt

d)t,x(tD

DtD

)t(D

)t()t()t(m

•ℑ+

∂∂ℑ

=

ℑ= ∫∫∫∫∫∫∫∫

che si legge: il rateo di variazione temporale della proprietà ℑ contenuta in un volume materiale V(t) è pari all’integrale volumetrico del rateo temporale di ℑ nel volume V(t) più la portata netta di ℑ attraverso la superficie S(t) di V(t)

Il tensore velocità di deformazione che coincide con il gradiente di velocità e che può essere scritto

come somma di due tensori uno simmetrico ed uno antisimmetrico:

[ ] [ ] Ω+==∇−∇+∇+∇=

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

=∇ SVVVV

xV

xV

xV

xV

xV

xV

xV

xV

xV

V t21t

21

3

3

2

3

1

3

3

2

2

2

1

2

3

1

2

1

1

1

=

∂∂

∂∂

+∂∂

∂∂

+∂∂

∂∂

+∂∂

∂∂

∂∂

+∂∂

∂∂

+∂∂

∂∂

+∂∂

∂∂

=

333231

232221

131211

3

3

2

3

3

221

1

3

3

121

2

3

3

221

2

2

1

2

2

121

1

3

3

121

1

2

2

121

1

1

SSSSSSSSS

xV

xV

xV

xV

xV

xV

xV

xV

xV

xV

xV

xV

xV

xV

xV

S

2.44

Page 74: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

Le componenti sulla diagonale principale, S i i , rappresentano i ratei di elongazione (stretching puro, i.e. velocità di allungamento/costrizione per unità di lunghezza) lungo i rispettivi assi coordinati.

La loro somma rappresenta la divergenza della velocità che coincide con l’invariante scalare del tenso-re stesso.

Le componenti fuori diagonale, S i j , i≠j , sono pari alla metà della velocità media con cui varia l’angolo formato da segmenti allineati lungo i rispettivi assi coordinati i e j prima della deformazio-ne.

Ad abbundantiam si nota che:

[ ] 022

121

21

21

ijijji

ijijjijijijijijijiji =Ω+Ωλλ

=λΩλ+λΩλ=λΩλ+λΩλ=λΩλ→λ•Ω•λ

che significa che la VdD non dipende dall’atto di moto relativo alla rotazione rigida: lo stato tensionale locale dipende dal punto, dall’orientazione della superficie (normale n) e da una

quantità tensoriale [ ]

4444 34444 21?????

le tensionastato entitànt •=

Ovvero la definizione fisica del tensore degli sforzi

sforzi degli tensoredirezionetensionent τ•=

Flusso (convettivo) di volume, ϕv , è la quantità di volume che passa per unità di superficie e per unità

di tempo, ϕv = d / (dS dt) cioè: Vnv •≡ϕ Flusso (convettivo) di massa, ϕm , è la quantità di massa che passa per unità di superficie e di tempo:

( Vnm )ρ•≡ϕ Tali concetti si possono generalizzare per una qualsiasi altra proprietà, ad esempio il flusso convettivo

di entalpia sarà pari all'entalpia specifica (Entalpia per unità di massa (h) per il flusso convettivo di massa) (h n h V≡ • )ρϕ , ecc..

Si definisce la portata Q di una proprietà (la quantità che passa attraverso una superficie S nel-

l'unità di tempo) integrando il flusso sulla superficie considerata:

Portata di volume ( )∫∫ •=S

V dSVnQ Portata di massa ( )∫∫ ρ•=•

=S

m dSVnmQ

I teorema di Gauss (generalizzati) sono un utile strumento per la determinazione di importanti operato-ri integro/differenziali/vettoriali. Dato un campo vettoriale definito in un volume , delimitato da una superficie S con normale n uscente , se i campi scalari f(r) e vettoriali V(r) sono differenziabili e con-tinui valgono i seguenti teoremi:

dSfn=df

SV ∫∫∫∫∫ ∇ V teorema del gradiente

dSVn=dVS

V ∫∫∫∫∫ ••∇ V teorema della divergenza

dSVn=dVS

V ∫∫∫∫∫ ∧∧∇ V teorema del rotore

1. Da questi si ricavano le definizioni integrali:

∇ ∫∫→dSfn1lim=f

S0V V

definizione integrale di gradiente

( )

••∇ ∫∫→dSVn1lim=V

S0 VV

definizione integrale di divergenza

2.45

Page 75: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA : Fluidodinamica Capitolo 2 – Elementi di Meccanica del Continuo

( )

∧∧∇ ∫∫→dSVn1lim=V

S0 VV

definizione integrale di rotore

La definizione integrale permette di fornire una diversa interpretazione alla divergenza della velocità:

se si considera infatti che l'integrale dt

dQdSVn vS

V==•∫∫ rappresenta la portata volumetrica attraverso

una superficie chiusa, e quindi equivale alla variazione di Volume per unità di tempo, ne discende:

VV

VM

=ρρ

ρ−==•∇ ,

DtD1

DtD1V ovvero: la divergenza della velocità è interpretabile come varia-

zione di volume per unità di volume e di tempo di una particella fluida. Se un campo di moto può essere considerato incompressibile, cioè a densità costante, deve verificarsi

necessariamente 0V=•∇ La divergenza del tensore degli sforzi rappresenta il risultante degli sforzi superficiale per

unità di volume della particella V0V

.erfsupFlim

→=τ•∇

In fluidodinamica il rotore della velocità è comunemente denominato come vorticità: V∧∇≡ω Un campo vettoriale che ha rotore nullo si dice irrotazionale. Campi irrotazionali sono molto interessanti perché ammettono un potenziale. Un campo di velocità irrotazionale V=V(x,y,z,t) ammette un potenziale di velocità )t,z,y,x(ϕ=ϕ

tale che: ϕ∇=V Un campo irrotazionale e solenoidale è armonico (determinabile dalla risoluzione di una equazione di

Laplace): ( ) 0V

0V 2 =ϕ∇=ϕ∇•∇⇒

ϕ∇==•∇

Richiamando il teorema della divergenza si ottiene una definizione integrale dell'operatore di Lapla-ce:

( )

∂∂ϕ

ϕ∇→

••∇ ∫∫∫∫ →→dS

n1lim=dSVn1lim=V

S0V

2

S0V VV

la circolazione (o circuitazione) del campo V attorno ad una curva chiusa C con versore tangente t è definito come l’integrale chiuso (nota la direzione): ∫ •=Γ

C

dcVt

Il teorema di Stokes considera una superficie A di normale n che si appoggia su di una curva C con versore tangente t: ( ) dAndAVndcVt

AAAC∫∫∫∫∫ ω•=∧∇•=•=Γ

∂=

le linee di flusso di base sono: • traiettoria: è l'insieme di posizioni assunte da una singola particella al variare del tempo • linea di corrente: è una linea tangente in ogni punto al vettore velocità ad un dato tempo • linea di fumo: é il luogo delle posizioni, all’istante t, delle particelle che nell’intervallo [0,t] sono

passate per un dato punto.

2.46

Page 76: [Golia] Fluidodinamica (2005)

GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido

Capitolo 3

Campi di Pressione in un Fluido

Scopo del capitolo Lo scopo di questo capitolo è la determinazione dei campi di pressione, che sono di massimo interesse in applicazioni ingegneristiche. In particolare esamineremo i casi in cui un fluido è in quiete in un campo gravitazionale, oppure è in un atto di moto rigido, accelerato linearmente ovvero in un atto di moto rotatorio; in tutti questi casi il campo di velocità è noto. Infine in tutti i casi in cui il campo di moto è determinabile, descriveremo come risalire al campo di pressione.

Indice del capitolo Paragrafo pagina .3.0 Premessa 2 .3.1 Idrostatica 3 .3.2 Campi idrostatici 5 .3.2.1 Pressione idrostatica in liquidi 6 .3.2.2 Pressione idrostatica in gas 7 .3.3 Manometria 9 .3.4 Spinte su superfici piane 10 .3.5 Spinte su superfici curve 12 .3.6 Campi di pressione in fluidi stratificati 13 .3.7 Galleggiamento e Stabilità 14 .3.8 Campi di pressione in atti di moto rigido 16 .3.8.1 Accelerazione lineare uniforme 17 .3.8.2 Rotazione rigida 19 .3.9 Campi di pressione in flussi irrotazionali: Teorema di Bernoulli 19 .3.10 Campi di pressione in flussi arbitrari 19 .3.11 Misuratori di pressione 20 .3.12 Check-Out 24

_ _ 3.1

Page 77: [Golia] Fluidodinamica (2005)

GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido

.3.0 PREMESSA In genere le equazioni da usare per la determinazione del campo di moto in flussi incompressibili, si derivano dalla legge di Newton (condizione di equilibrio):

[ ] [ ]∑ ++===≡i massadiforze

gerficialisupforze

vpi FFFFFDt

VDmam (3.1)

In fluidodinamica conviene esprimere questa equazione in termini specifici per unità di volume:

∑ ++===ρ≡ρi

gvpi fffffDt

VDa (3.2)

laddove f è il risultante delle forze esterne per unità di volume che è composto da: • forze di tipo superficiali derivanti da:

fp campo di pressione: fv campo viscoso

• forze di massa per unità di volume, fg , derivanti campi gravitazionali, campi elettromagnetici ecc. Nel seguito considereremo soltanto campi gravitazionali, ed assumeremo

Fg = m g , fg = ρ g dove g è l'accelerazione di gravità. Ora a livello planetario l'accelerazione di gravità varia con la distanza dal centro della Terra con la legge:

2o

o RR

)R(g)R(g

= (3.3)

dove Ro è il raggio della superficie terrestre mediamente pari a circa 6384 km e go è l'accelerazione di gravità sulla superficie del pianeta. Dall'analisi di questa equazione si vede che la variazione dell'accelerazione di gravità nel più profondo degli abissi marini (circa z = -11 km) o alla massima quota di un aereo supersonico (circa z = +20 km) varia rispetto a quella superficiale di (6384/6404)2 ovvero di circa lo 0.9%, per cui nel seguito ometteremo di considerare tale variazione ed assumeremo sempre l'accelerazione di gravità costante e pari al valore al livello del mare

9.807 m/s2 [32.19 ft/s2]. (3.4) Ovviamente se il campo di velocità è nullo o è costante l'accelerazione a sarà nulla. Dimostreremo in seguito che,

pf p ∇−= (3.5) per un flusso incompressibile, il contributo viscoso fv dalla divergenza del gradiente della velocità [fv = µ ∇2V in coordinate cartesiane],

( ) VVf 2v ∇=∇•∇µ= (3.6)

e che quindi tale contributo sarà nullo se il campo di velocità è nullo o costante.

_ _ 3.2

Page 78: [Golia] Fluidodinamica (2005)

GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido

.3.1 Idrostatica Per definizione le condizioni idrostatiche sono quelle in cui il campo di velocità è nullo, per cui l'equazione di equilibrio si riduce a:

gp ff0 += (3.7)

n

dS

S

pg

Abbiamo già visto l'espressione del contributo gravitazionale. Per poter determinare l'espressione del contributo che deriva dal campo di pressione, conviene riferirci ad un volume di massa , delimitato da una superficie S avente normale uscente n. La forza che si esercita sulla superficie elementare dS, è (- n p) dS (il segno meno deriva dal fatto che per antica consuetudine la pressione è definita essere diretta in senso contrario alla normale uscente), il risultante delle forze di pressione è quindi:

∫∫−=S

p dSpnF (3.8)

lo stesso per unità di volume è

∫∫−=S

p dSpn1fV

. (3.9)

L'equilibrio del corpo è quindi regolato dall'equazione:

gdSpn10S

V

M

V+−= ∫∫ (3.10)

Per avere l'equazione di equilibrio valida per una particella occorre fare il limite per → 0. Ma avevamo visto che, in queste condizioni, il limite del primo termine (quello di pressione) coincide con la definizione integrale del gradiente, mentre il secondo termine tenderà alla definizione puntuale di densità, per cui molto semplicemente si ricava l'equazione di equilibrio di una particella fluida in condizioni idrostatiche:

gp ρ=∇ (3.11)

-.-.-.-.-.-.--.-.- inserto -.-.-.--.-.-.-.-.-.- In un momento di euforia notiamo che, in pratica, siamo già in grado di scrivere l'equazione di equilibrio di una particella fluida per flussi incompressibili con viscosità costante, infatti l'equazione di equilibrio (3.2):

gvp fffDt

VD++=ρ (3.12)

diventa:

gfpVVtV

v ρ++∇−=

∇•+

∂∂

ρ (3.13)

Se, anticipando i tempi, assumiamo che il contributo viscoso è, per fluidi incompressibile esprimibile come

Vf 2v ∇µ= siamo in grado di scrivere la (3.13) come equazione di Navier-Stokes:

gVpVVtV 2 ρ+∇µ+∇−=

∇•+

∂∂

ρ (3.14)

Inoltre se si ricordano (vedi appendice A) le identità vettoriali per l'accelerazione convettiva e per il Laplaciano della velocità:

_ _ 3.3

Page 79: [Golia] Fluidodinamica (2005)

GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido

( ) ( )VVVVV 221 ∧∇∧−∇=∇• (3.15)

( ) ( )VVV2 ∧∇∧∇−•∇∇=∇ (3.16)

l'equazione di Navier-Stokes (3.14) può essere riscritta, in modo più generale, come:

( ) ( ) ( ) ( )[ ] gVVpVVVtV 2

21 ρ+∧∇∧∇−•∇∇µ+∇−=

∧∇∧−∇+

∂∂

ρ (3.17)

Ma se il campo di velocità è solenoidale, 0V =•∇ ed irrotazionale 0V =∧∇ il contributo del termine viscoso sparisce e l’equazione si può scrivere come:

( ) gpVtV 2

21 ρ+∇−=

∇+

∂∂

ρ (3.18)

che è detta equazione di Eulero.

Ma ricordiamo che il campo gravitazionale g , essendo conservativo, ammette un potenziale:

( )zg - = g ∇−=Ψ∇ (3.19)

dove “g” è il modulo dell'accelerazione di gravità e “z” un'altezza rispetto ad una superficie di riferimento (di solito il livello del mare). Inoltre anche il campo di velocità, essendo irrotazionale ammette un potenziale ϕ: V=∇ϕ, il cui gradiente può essere scambiato con l'operatore di differenziazione temporale (in un riferimento euleriano fisso):

∂∂ϕ

∇=∂

ϕ∇∂=

∂∂

→ϕ∇=ttt

VV (3.20)

Tutti i termini dell'equazione di Eulero sono quindi potenziali, inoltre poiché la densità è costante tutti i termini si possono mettere sotto il segno di gradiente:

0zgpVt

221 =

ρ++

+

∂∂ϕ

ρ∇ (3.21)

Essendo il gradiente nullo ne deriva che il suo operando deve essere costante:

costantezgpVt

221 =ρ++

+

∂∂ϕ

ρ (3.22)

Abbiamo così derivato il teorema di Bernoulli come integrazione dell'equazione di equilibrio, sotto le ipotesi di campo incompressibile ed irrotazionale. Se il campo di moto è stazionario il teorema si semplifica:

o2

21 p=costantezgpV =ρ++ρ (3.23)

Il valore della costante, che ha le dimensioni di una pressione, può essere calcolato in un punto qualsiasi del campo in cui si hanno valori noti dei vari termini.

La (3.23) è la forma preferita dai fluidodinamici. Gli idraulici che odiano le pressioni ed amano le altezze, dividono tutti i termini del teorema per il prodotto (ρ g) ed ottengono per la (3.23) la forma: _ _

3.4

Page 80: [Golia] Fluidodinamica (2005)

GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido

o2 h=costantez

gpV

g21

=+ρ

+ (3.24)

in cui tutti i termini hanno le dimensioni di una altezza. Lo studente non si preoccupi troppo dell'introduzione brusca del termine viscoso in quanto ritorneremo, in seguito, con maggiori dettagli sulla relativa modellistica.

-.-.-.-.-.-.--.-.-. fine inserto -.-.-.--.-.-.-.-.-.- Essendo il nostro compito, al momento, quello di determinare il campo di pressione, riscriviamo l'equazione (3.11) come:

( ) )t,z,y,x(Bagp ≡−ρ=∇ (3.25)

dove B(x,y,z,t) è un campo vettoriale che presupporremo noto. Il campo di pressione può essere quindi risolto come integrazione delle componenti coordinate fornite dalla (3.25) che rappresenta tre equazioni differenziali del primo ordine:

( ) ( ) ( t,z,y,xBzp,t,z,y,xB

yp,t,z,y,xB

xp

zyx =∂

)∂=

∂∂

=∂∂ (3.26)

Il sistema delle (3.26) può essere risolto analiticamente [se il campo B è irrotazionale]:

)t(fdz)t,z,y,x(Bdy)t,z,y,x(Bdx)t,z,y,x(B)t,z,y,x(p yyx +++= ∫∫∫ (3.27)

La funzione incognita f(t è una costante se il campo è stazionario, ovvero può essere determinata in un qualsiasi punto (xo,yo,zo) dove è nota la pressione po(t). Se la risoluzione analitica è relativamente semplice, quella numerica, pur sembrando ancora più semplice è complicata dall'errore di troncamento implicito nell'analisi numerica. Partendo da un punto ed integrando lungo una linea che ritorna allo stesso punto non si ritroverà mai lo stesso valore di pressione assunto nel punto di partenza (in pratica il campo B numericamente non è irrotazionale), per cui occorrono correzioni, a volte semplicistiche (prendere la differenza riscontrata e distribuirla in modo equanime e proporzionale sull'arco di curva) ovvero imporre derivate su condizioni di chiusura integrale (molto più complicate che si basano nel considerare che facendo la divergenza si ritrova il campo di pressione essere governato da una equazione di Poisson :

Bp2 •∇=∇ (3.28) .3.2 Campi idrostatici Per questi (a = 0) la (3.25) si riduce a:

gp0 ρ+∇−= (3.29) ovvero

gp ρ=∇ (3.30) Da notare che l'equazione dell'idrostatica (3.25) e (3.30) non contiene la viscosità ma soltanto la densità, per cui è la stessa per tutti i fluidi che hanno la stessa densità se si tratta di un campo stazionario.Di solito si assume un riferimento cartesiano con l'asse "z" rivolto verso l'alto, ne discende che l'accelerazione di gravità sarà rivolta verso il basso, e si ritrovano, per la (3.30) per le tre componenti coordinate:

gzp,0

yp,0

xp

ρ−=∂∂

=∂∂

=∂∂ (3.31)

_ _ 3.5

Page 81: [Golia] Fluidodinamica (2005)

GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido

Le prime due equazioni ci dicono che la pressione sarà indipendente da "x" e da "y", per cui la derivata parziale per ∂p/∂z diventa totale:

gdzdp

ρ−= (3.32)

che può essere integrata per dare la soluzione

dzgpp2

112 ∫ ρ−=− (3.33)

Per effettuare l'integrale occorre conoscere la dipendenza della densità dalla quota ρ = ρ(z); i fluidi ed i gas saranno quindi trattati differentemente. Vediamo come possiamo leggere1 la soluzione dell'equazione dell'idrostatica (3.30):

• In un fluido uniforme ed in condizioni statiche la pressione varia soltanto con la altezza ed è quindi indipendente dalla forma dell'eventuale contenitore, • In una massa continua di uno stesso fluido, la pressione è la stessa in tutti i punti che giacciono nello stesso piano orizzontale (legge di Pascal), • La pressione aumenta con la profondità.

3.2.1 Pressione idrostatica in liquidi

Potendo considerare, per i liquidi, la densità essere costante, ed avendo pure assunto l'accelerazione di gravità costante, l'integrazione dell'equazione dell'idrostatica è elementare:

( )1212 zzgpp −ρ−=− (3.34) che gli idraulici amano scrivere come:

gp

gpzz 12

21 ρ−

ρ=− (3.35)

La quantità p/(ρ g) è chiamata altezza di pressione e la quantità (ρ g) è chiamata peso specifico del fluido; questo ha le dimensioni di una forza per unità di volume. per l'acqua, a 20 °C, il peso specifico (ρg), è pari a 9.79 103 N/m3 ovvero 62.3 lbf/ft3, per l’aria, in condizioni atmosferiche, il peso specifico (ρ g) è pari a 11.8 N/m3 ovvero 0.0752 lbf/ft3. La tabella che segue riporta i valori del peso specifico per fluidi di interesse a 20°C, pressione atmosferica.

N/m3 Lbf/ft3 Aria (1 atm) 11.8 0.0752 Alcool etilico 7.733 49.2 Olio (0.8) 7 848 49.5 Acqua 9 790 62.4 Acqua marina 10 050 64.0 Glicerina 12 360 78 Tectracloruro di carbonio 15 570 99.1 Mercurio 133 100 846

Esercizio 3.1 Un lago di montagna ha una profondità di 60 m, ed a quell'altezza della montagna la pressione atmosferica è pari a 91 kPa.

_ _ 3.6

1 Leggere un’equazione, in senso fisico-matematico, significa dedurne tutte le implicazioni [logiche, numeriche, dimensionali, vettoriali, fisiche] che ne discendono.

Page 82: [Golia] Fluidodinamica (2005)

GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido

Calcolare la pressione assoluta alla massima profondità (Risp. 678 kPa)

Considerando la figura sottostante e le considerazioni prima fatte dovrebbe essere chiaro che i punti a,b,c,d essendo alla stessa quota ed essendo interconnessi dallo stesso fluido (acqua) sono alla stessa pressione p = patm+ ρacqua g z1 ; i punti A,B,C sono allo stesso livello ma hanno una pressione maggiore p = patm+ ρacqua g z2 che è però inferiore a quello del punto D per il quale l'integrazione dell'equazione deve essere fatta per tratti, per l'acqua da 0 ad 3 e per il mercurio tra 3 e 2, per ottenere infine: p = patm+ ρacqua g z3 + ρmercurio g ( z2 - z3 )

pelo libero a pressione atmosferica

acqua

mercurio

-z1

-z2

a b c d

A B C D

-z3

0

3

2

.3.2.2 Pressioni idrostatiche nei gas

Nei gas la densità varia con la pressione e la temperatura, per questo l'integrazione dell'equazione dell'idrostatica può essere fatta soltanto facendo uso di un modello termodinamico (equazione di stato). Se si usa il modello del gas perfetto:

p = ρ R T (3.36) l'equazione da integrare diventa:

gTR

pgdzdp

−=ρ−= (3.37)

ovvero separando le variabili

Tdz

Rg

pdp

−= (3.38)

che può essere integrata per fornire:

∫∫ −==2

1

2

1 1

2

)z(Tdz

Rg

ppln

pdp (3.39)

Per completare l'integrazione occorre fornire un modello per la variazione della temperatura con la quota. Misure sperimentali per l'atmosfera terrestre mostrano che tra zero e 11 km (troposfera), la temperatura diminuisce mediamente in modo lineare con la quota: T(z) = To - B z, dove:

• To è la temperatura media al livello del mare 288.15 K (15 °C) ovvero 518.67 °R • B è il rateo termico che è posto pari a 0.0065 K/m (=6.5 K/km) ovvero 0.003566 °R/ft

con questi valori nella:

troposfera ( )

metri 11000<z<0 zTB1p)z(p

g/(RB

oa

−= (3.40)

Il valore di (g/RB) è per l'aria 5.26 _ _

3.7

Page 83: [Golia] Fluidodinamica (2005)

GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido

Al limite superiore della troposfera la pressione vale

p(11000)= ptrop=22.5 kPa (3.28 psi). Nella bassa stratosfera ( da 11 km a 20.1 km) si ritrova per l'atmosfera una temperatura costante Tstr = 216.66 K=-56.5°C. In questa zona l'integrazione dell'equazione è ancora più semplice:

stratosfera: metri 20100<z<11000 )zz(RT

gexppp troptrop

trop

−−= (3.41)

il valore della costante (g/(R Ttrop) è pari a 0.000158 (1/m)

=^=^=^=^=^= Esercizio 3.2 Calcolare la pressione atmosferica alla quota di 3000 m Risp. 70.07 kPa

=^=^=^=^=^=

Per avere la variazione della densità con la quota basta considerare l'equazione di stato: )z(TR

)z(p)z( =ρ

La figura sottostante mostra gli andamenti qualitativi:

-80 -60 -40 -20 0 200

10

20

30

40

50

quota (km)

T (°C)

15 °C

-56.5 °C

20.1 km

11.0 km

troposfera

p (kPa)0 40 80

quota (km)

0

10

20

30

40

50

22.5

Per quote maggiori di 30 km di solito si assume pressione nulla.

_ _ 3.8

Page 84: [Golia] Fluidodinamica (2005)

GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido

.3.3 MANOMETRIA Dalla soluzione dell'equazione idrostatica (eq. 3.34) si vede che ad una variazione di altezza (z2-z1) di un liquido in un condotto corrisponde una differenza di pressione pari a (p2-p1)/(ρliq.g).

z , p1 1

ρliq

p=p1

z p=p2 a

apertopa

Az , pA AρA

Ne deriva che colonne statiche di uno o più liquidi possono essere usate per calcolare la differenza di pressione tra due punti. Se si usassero più fluidi con densità differenti , la formula sarà spezzettata a tratti per ogni segmento di fluido. La figura a lato mostra un semplice manometro aperto da un lato all'atmosfera capace di misurare la pgage di un ambiente (A) in cui scorre un fluido con densità ρA . Conviene applicare l'equazione due volte, la prima da zA a z1, la seconda volta da z1 a z2 :

( ) ( ) zzgpp zzgpp 21liq211AA1A −ρ−=−−ρ−=− (3.42) Trascuriamo il piccolo contributo della colonna d'aria compresa tra z2 e l'apertura perché si assume che ρa << ρ2 da cui deriva che pliq ≈ pa . Sommando le due equazioni sopra scritte, si cancella p1 e si ritrova il risultato:

( ) ( ) zzg zzgpp 21liq1AAaA −ρ−−ρ−=− (3.43)

Ovviamente se ρA << ρliq l'equazione si semplifica: ( ) zzgpp 21liqaA −ρ−≈− (3.44)

Esercizio 3.3 Per il manometro come nella figura precedente, se il fluido A è acqua ed il fluido monometrico è mercurio, essendo zA=7 in. , z1 è 4 in., z3= 13 in. Determinare: • la pressione pA Risp. 2735 lbf/ft2 • l'altezza z2 , per la stessa pA se il fluido monometrico fosse glicerina Risp. 101 in.

Per semplificare le procedure è consigliabile applicare l'equazione ( )inizfinfluidoinizfin zzgpp −ρ−=− ripetute volte a tratti partendo dalla pressione incognita e saltando sopra i gomiti che presentano lo stesso fluido (i.e. applicare la legge di Pascal). La figura sotto mostra un esempio che illustra tale consiglio: si richiede di determinare la differenza di pressione tra il tubo B e quello A:

salto n.3

salto n.2

salto n.1

Az ,pA A

z ,p1 1

z ,p2 2

z ,p3 3

z ,pB B

Bρ1

ρ2

ρ3

ρ4

_ _

3.9

Page 85: [Golia] Fluidodinamica (2005)

GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido

( )1A11A zzgpp −ρ−=− ( )21221 zzgpp −ρ−=− ( )32332 zzgpp −ρ−=− ( )B34B3 zzgpp −ρ−=−

sommando: ( ) ( ) ( ) ( ) B343232121A1BA zzzzzzzzgpp −ρ+−ρ+−ρ+−ρ−=−

Esercizio 3.4 Trovare per la configurazione come nella figura sopra la differenza di pressione pA-pB se: zA = 1.6 m z1 = 0.7 m z2 = 2.1 m z3 =0.9 m zB = 1.8 m i fluidi 1 e 3 sono acqua, i fluidi 2 e 4 sono mercurio Risp. 285 kPa

NOTA: In tutti questi esempi abbiamo omesso di considerare l'innalzamento capillare che, per

un dato fluido, è maggiore quanto più piccolo è il raggio del tubo. 2.3 Spinte su superfici piane Un problema comune in ingegneria è la determinazione della forza risultante e del suo punto di applicazione su di una superficie che ha un lato in contatto con un fluido. Tale problema s’incontra nel calcolo delle dighe, di serbatoi, di carene ecc. Consideriamo prima il caso in cui la superficie è piana. Se trascuriamo la variazione di densità del fluido l'equazione da applicare è:

( )inizfinfluidoinizfin zzgpp −ρ−=− ( )finaleinizfluidoinizfin zzgpp −ρ+=→ (3.45) questa stabilisce che la pressione varia linearmente con la profondità. Riferendoci alla figura che segue, notiamo un pannello piano di forma in pianta qualsiasi immerso in un fluido con angolo θ. La figura rappresenta la vista laterale che è proiettata sulla pianta del pannello, su cui è riportata la posizione del Centro di Figura CF, da questo si dipartono gli assi coordinati "x,y,z" orientati in modo che il piano "y,z" contiene la verticale.

Superfice libera p=p a

θ

liquido

dA=dx dy CP

CF

x

y

y z

F=p(CF) A

h(CF)

h(x,y)

ξ= θ h/sin

y(CP)

g

_ _ 3.10

Page 86: [Golia] Fluidodinamica (2005)

GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido

Consideriamo un generico elemento dA = dx dy posto nel punto (x,y) rispetto al CF; su di questo si esercita una pressione p(x,y) = pa + ρ g h(x,y), la forza totale F sul pannello è data dall'integrale:

( ) dAhgApdAhgpdApFA

aA

aA

∫∫∫∫∫∫ ρ+=ρ+== (3.46)

Introduciamo ora la variabile h= ξ sin θ che rappresenta la distanza dell'elemento di area dalla superficie libera misurata nel piano (y,z) lungo la direzione del pannello. Notiamo che, per definizione di centro di figura, la distanza del CF dalla superficie libera (ξCF) è:

dAA1

ACF ∫∫ξ=ξ (3.47)

Ne deriva che essendo l'angolo θ = costante , per tutta la piastra:

AsingApdAsingApdAhgApF CFaA

aA

a ξθρ+=ξθρ+=ρ+= ∫∫∫∫ (3.48)

Infine notando che: si ottiene dalla (3.48): CFCF hsin =θξ

AhgApAsingApF CFaCFa ρ+=ξθρ+= (3.49) ovvero:

ApF CF= (3.50) Risultato sorprendentemente semplice: la forza su di un lato di un pannello piano sommerso è pari alla pressione idrostatica che insiste nel baricentro del pannello moltiplicata la superficie del pannello stesso. Ne consegue quindi che:

• la forza F non dipende dalla forma del pannello, • la forza F non dipende dall'angolo θ che il pannello forma con l'orizzontale.

Per trovare il punto in cui è applicata tale forza (cioè il Centro di Pressione: CP) occorre determinarne le coordinate (xCP , yCP) che possono essere ritrovate facendo l'equilibrio dei momenti rispetto al CF: Per la yCP si ritrova:

( ) ( ) dAygdAsingydApydAsingpydApyyFAA

nulloA

aA

aA

CP ∫∫∫∫∫∫∫∫∫∫ ξρ=θξρ+==θξρ+== (3.51)

(Nota l'integrale è nullo per la proprietà del centro di figura) Se introduciamo la variabile ξ = ξCF – y otteniamo:

( )

−ξθρ=−ξθρ=ξθρ= ∫∫∫∫∫∫∫∫ dAydAysingdAyysingdAysingyFA

2

nulloA

CGA

CGA

CP (3.52)

ovvero essendo il primo integrale nullo dalla definizione di baricentro,:

xxCP IsingyF θρ−= (3.53)

dove Ixx è il momento d'inerzia principale attorno all'asse x.

_ _ 3.11

Page 87: [Golia] Fluidodinamica (2005)

GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido

La distanza yCP del centro di pressione dal centro di figura è allora [memo F=pCF A]:

FIsing

ApIsingy xx

CG

xxCP θρ−=θρ−= (3.54)

analogamente si ricava per la xCP :

FI

singAp

Isingx xy

CG

xyCP θρ−=θρ−= (3.55)

Notare che:

Ixy = momento di girazione = ∫ ∫ (x y) dA yCP e yCP dipendono dall'angolo di inclinazione θ e dalla forma del pannello (tramite i momenti di

inerzia) il valore negativo di yCP (memo Ixx > 0) significa che il centro di pressione è sempre più in basso del

centro di figura.

Esercizio 3.5

A

8 ft

6 ft

15 ft

pelo libero pa

g

Acqua di mare

Un portellone di forma rettangolare, largo 5 ft contenente acqua di mare, è incernierato nel punto B ed è a contatto con la parete del serbatoio nel punto A. Con i dati della figura calcolare: •la forza che si esercita sul portellone

Risp. 38400 lbf •la forza orizzontale che si esercita nel punto A

Risp. 29300 lbf •le forze di reazioni nel punto B (Bx , By) B

Risp. Bx= 6300 lbf ; By=30700 lbf

Esercizio 3.6 Un serbatoio d’olio ha un fondo laterale che presenta un pannello di forma triangolare come in figura. olio

11 m30°

5 m

6 m12 m

Trascurando la pa , trovare: • la forza che si esercita su tale pannello

Risp. 2.54 MN • la posizione del centro di pressione

.Risp. xCP = 0.111 m, yCP = -0.44 m

.3.4 Spinte su superfici curve Il risultante delle pressione idrostatica su superfici curve è facilmente determinato separando le componenti della forza in orizzontale Fo e in verticale Fv. Per calcolare queste forze consideriamo la colonna di fluido che insiste sulla superficie e suddividiamola in tre parti:

Fv

Fo

aria

W2

W1

Wa

Fv

FoFo

F1 F1

a

c b

d e

1. quella irregolare (a,b,c) che insiste sulla superficie, 2. quella relativa al fluido (b,c,d,e) 3. quella relativa all'atmosfera (d,∞,∞,e).

_ _ 3.12

Page 88: [Golia] Fluidodinamica (2005)

GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido

Notiamo che tutte le forze a sinistra nella figura possono esser calcolate con la formula delle superfici piane (θ=90°) e quindi sono note, la F1 non è di interesse, la Fo a sinistra è uguale alla Fo a destra:

le componenti orizzontali di forze idrostatiche su superfici curve sono uguali alla forza sulla superficie piana proiezione nel piano verticale della superficie curva

Per la determinazione della componente verticale si nota che per l'equilibrio:

Fv = W1 + W2 + Wa:

le componenti verticali di forze idrostatiche su superfici curve sono uguali al peso dell'intera colonna di fluido (liquido ed atmosfera) che insiste sulla superficie curva

Il calcolo di Fv quindi è molto semplice con l'unica complicazione, forse, della determinazione del volume (a,b,c).

Esercizio 3.7

acqua

pa=0

x

z

24 ft

10 ft

CPFo

Fv Una diga ha un profilo parabolico z/zo=(x/xo)2 come mostrato in figura, con xo =10ft, zo=24 ft, la larghezza (estensione asse y) è 50 ft. Il fluido è acqua, si ometta la pressione atmosferica. Calcolare: • le componenti delle forze Fo e Fv Risp. Fo=899999 lbf, Fv= 499000 lbf

• la posizione del CP Risp: xcp= 5.43 ft, zcp= 7.07 ft

.3.5 CAMPI DI PRESSIONE IN FLUIDI STRATIFICATI

Le formule per superfici piane e curve sono valide soltanto per fluidi con densità uniformi. Se il fluido è stratificato (differenti densità come in figura) una sola formula non è capace di risolvere il problema perché per ogni fluido cambia la pendenza della distribuzione delle pressioni. Occorre quindi risolvere il problema per ogni strato e sommarli. Per la forza:

( ) ii

iCFi

i ApFF ∑∑ == (3.56)

fluido (1)

fluido (2)

z1,p1

z2,p2

pa

p=pa- gzρ1

p=pa- gzρ2

g

dove pCF è la pressione nel centro di figura per lo strato i-esimo. Le coordinate del centro di pressione per ogni strato, rispetto al relativo centro di figura sono:

( )( ) ( )

( ) iiCG

ixyiiiCP Ap

Isingx

θρ−= ( ) ( ) ( )

( ) iiCG

ixxiiiCP Ap

Isingz

θρ−= (3.57

Per il centro di pressione totale “xCP” (relativo all’intera superficie) si ricava facendo il momento risultante rispetto ad un punto O:

( ) ( )iCPi

iCP xFxF ∑= , ( )iCPi

iCP zFzF ∑= (3.58)

_ _ 3.13

Page 89: [Golia] Fluidodinamica (2005)

GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido

Esercizio 3.8

z=0

8 ft

14 ft

18 ft

7 ft

olio

acquamercurio

Un serbatoio alto 20 ft e largo 7 ft è riempito (a partire dal basso) da uno strato di mercurio alto 4 ft, da uno strato di acqua alto 8 ft, da uno strato di olio (p.s.55) alto 8 ft (ovviamente i fluidi con densità maggiori devono essere in basso per ragioni di stabilità statica). Calcolare: • la forza totale idrostatica che si esercita sulla faccia laterale Risp. 108000 lbf • il centro di pressione totale Risp. 13.95 ft sotto la superficie

.3.6 GALLEGGIAMENTO E STABILITÀ Gli stessi principi usati per l'idrostatica si usano per calcolare le forze su corpi sommersi o galleggianti. I risultati sono le due leggi del galleggiamento scoperte da Archimede nel III secolo B.C.:

corpo

liquido

n

pdA

1. un corpo sommerso in un fluido riceve da questo una spinta verso l'alto pari al volume del fluido

spostato,

La dimostrazione è oggi immediata; considerando la figura si vede che la forza che il fluido esercita sul corpo è determinata considerando la superficie fluida che contorna il volume del corpo, su cui la normale n entra nel corpo, sicché occorre cambiare il segno:

dislocatoliquido pesogliquidog

Vliquido

Vliquido

idrstaticaequazione

Vgradiente delteorema

Sfluido

Wi-Mgi-=VgVdg

=Vdg=VdpdSpnFcorpo

=ρ−=ρ−=

ρ−∇−=−=

∫∫∫

∫∫∫∫∫∫∫∫ (3.59

2. un corpo galleggiante disloca un fluido pari al suo peso. E' ovviamente un caso particolare del primo teorema, basta ripeterlo considerando soltanto la parte immersa e trascurando (ovviamente) la spinta dell'atmosfera

Esercizio 3.9 La spinta di galleggiamento può essere usata per determinare la densità di corpi. Un blocco di cemento peso 100 lbf in aria. Quando sommerso in acqua si misura un peso apparente di solo 60 lbf. Calcolare il peso specifico del cemento Risp. 156 lbf/ft3 .

_ _ 3.14

Page 90: [Golia] Fluidodinamica (2005)

GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido

_ _ 3.15

Stabilità al galleggiamento Si noti che la forza di galleggiamento Fb, non solo è eguale al peso, ma è diretta verso l'alto; essa è applicata in un punto B che è in genere differente dal baricentro CG del corpo. In condizioni di simmetria le due forze sono collineari, sicché non si esercita alcun momento. In condizioni di non simmetria si genera un momento che può essere stabilizzante (tale da generare una rotazione che annulla la condizione d’asimmetria) ovvero destabilizzante (tale da far aumentare la condizione di asimmetria).

corpo

liquido pdAn

disl.

WFb

CG

B

Questo è uno dei problemi d’interesse per l'architettura navale.

Per esaminare tale problema di stabilità esaminiamo la figura in cui si applica, ad un corpo galleggiante, un piccolo disturbo: 1. Il caso (a) si riferisce alle condizioni di simmetria, la forza peso W e la forza di galleggiamento Fb sono collineari, non si esercita alcun momento. 2. Il caso (b) si riferisce ad una condizione di piccolo rollio θ, il peso W e la forza di galleggiamento Fb formano un braccio che genera un momento. In questo caso il Metacentro M, punto di intersezione della forza Fb con l'asse di simmetria (che è indipendente da θ per piccoli disturbi) è posto al di sopra del baricentro del corpo G, si capisce che il momento generato tende ad annullare l'angolo di rollio θ : ergo la configurazione è stabile.

(a) (b) (c)

B B

G

G

Fb W

W

Fb

θ

M M

θ

G

B

Fb

W

3. Il caso (c) si riferisce ad una configurazione in cui la posizione del metacentro è sotto la posizione del baricentro G, il momento generato tende ad aumentare l'angolo di rollio θ , ergo la configurazione è instabile. Se ne evince che la posizione del Metacentro è molto importante per la stabilità di una nave; ovviamente noi abbiamo considerato solo un caso bidimensionale piano. Per navi che hanno carene con sezioni variabili la determinazione di M può essere alquanto complicata, ma questo è un problema degli ingegneri navali!

Esercizio 3.10 Una chiatta ha una carena di sezione rettangolare come mostrata in figura.

HG

L L

Assumendo che il baricentro G sia esattamente all'altezza del pelo libero, determinare: • l'altezza metacentrica (distanza dal baricentro) per piccoli angoli di rollio Risp. MG=L2/(3H) - H/2

• il valore del rapporto L/H per cui la chiatta è stabile Risp. L/H > 1.225

Page 91: [Golia] Fluidodinamica (2005)

GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido

3.7 CAMPI DI PRESSIONE PER ATTI DI MOTO RIGIDO Consideriamo un atto di moto rigido (traslatorio o rotatorio), cioè quello in cui non vi è moto relativo tra tutte le particelle fluide. In tale caso la divergenza, il gradiente ed il Laplaciano della velocità sono tutti nulli, sicché gli sforzi viscosi saranno nulli e l'equazione per il campo di pressione diventa:

( )agp −ρ=∇ (3.60) dove l'accelerazione a è assunta nota. Se ricordiamo le proprietà vettoriali del gradiente, possiamo leggere tal equazione come segue:

il gradiente di pressione è parallelo al risultante della differenza dei vettori g - a . le linee a pressione costante sono normali al risultante

della differenza dei vettori g - a . Se il campo fluido presenta un'interfaccia sarà agevole determinarne la forma. Per determinare l'accelerazione di un generico atto di moto di un corpo che trasla con velocità Vo e ruota con velocità angolare Ω rispetto ad una terna inerziale XYZ, lo studente ricorderà la derivazione delle seguenti relazioni che forniscono la Velocità e l'accelerazione di un Punto P posto ad una distanza r rispetto al riferimento (non inerziale) fisso rispetto al corpo:

X Y

Z

riferimento inerziale

x y

z

O

rP

V

a

Ω

Corpo rigidoche trasla e ruota

Vo

rotatoriarelativavelocità

relativavelocitàbaricentro del

velocitào r

dtrdVV ∧Ω++= (3.61)

( )

relativaoneaccelerazi

2

2

Coriolisid oneaccelerazi

riainstazionaoneaccelarazi

centripetaoneaccelerazi

baricentro deloneaccelerazi

dtrd

dtrd2r

dtdr

dtVda +

∧Ω+∧

Ω+∧Ω∧Ω+= (3.62)

Se il corpo è rigido la derivata dr/dt (misura la variazione della distanza di un punto da baricentro) è nulla. Con questo in mente siamo in grado di esaminare i vari casi. .3.7.1 Accelerazione lineare uniforme.

contenitore in quiete

contenitore che accelera

a

g

g-ag

adp/dn

ax

az

θ

In questo semplice caso a = costante è assegnata, il risultante delle accelerazioni (g-a = n G) , può essere calcolato: le isobare per la (3.60) sono perpendicolari a tale risultante, il campo di pressione varia nella direzione n come

dp/dn = G. L'esempio chiarirà le idee. Nel caso in esame il vettore risultante per le accelerazioni (g-a) ha risultante G pari a:

( )2z

2x agaG ++= (3.63

_ _ 3.16

Le superfici a pressione costanti sono inclinate rispetto alla orizzontale di un angolo

Page 92: [Golia] Fluidodinamica (2005)

GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido

+

=θ −

z

x1

agatan (3.64)

La pressione varia nella direzione normale a θ , con il rateo

dp/dn = ρ G (3.65)

Esercizio 3.11 Un pilota distratto beve il suo caffè da una tazza in posizione orizzontale alla partenza di un Gran Premio, dove la sua Ferrari riesce ad accelerare a 7 m/s2 . La tazza è profonda 10 cm, ha un diametro di 6 cm e contiene (prima della partenza) 7 cm di caffè. Si chiede:

• dopo la partenza il caffè esce dalla tazza ? Risp.NO • quale sarà il punto della tazza dove la pressione è massima e quanto vale la pgage ?

Risp. 906 Pa nel fondo della tazza in direzione opposta al moto

.3.7.2 Rotazione rigida Ci limitiamo al caso in cui la velocità di rotazione Ω è costante nel tempo. E' praticamente tutto come prima, ma si devono usare coordinate cilindriche (r,θ,z). L'asse "z" si pone di consuetudine verso l'alto, in direzione contraria alla gravità. Assumiamo quindi la velocità angolare Ω diretta lungo l'asse "z", rotazione nel piano orizzontale. Ovviamente in condizioni stazionarie non vi sono variazioni lungo l'anomalia θ .

Ω

ki r

g

a

g-a

p=pa

dp/dn=G

( ) r

2r irra,rir,k Ω−=∧Ω∧Ω==Ω=Ω (3.66)

( ) ( ) ( )zpk

rpipkgiragG,gkg rr

2

∂∂

+∂∂

=∇=ρ−Ωρ=−ρ=−= (3.67)

Le equazioni da risolvere sono:

( ) ( gzp,r )

rp 2 ρ−=

∂∂

Ωρ=∂∂ (3.68)

che forniscono la soluzione:

zgr21pp 22

o ρ−Ωρ+= (3.69)

ovviamente po è la pressione nel punto r=z=0. L'equazione delle curve isobare (a pressione costante) si ottiene semplicemente ponendo la pressione pari ad una costante , sia ad esempio p1 :

22

b

2

a

o rbarg2g

ppz +=

Ω+

ρ

−= (3.70)

_ _ 3.17

Page 93: [Golia] Fluidodinamica (2005)

GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido

Le superfici isobare sono quindi paraboloidi di rivoluzione, concavi verso l'alto con il minimo sull'asse di rotazione, la cui pendenza è pari a:

gr

drdz 2

tcosp

Ω=

=

( )[ ] 2

b

rg2az43421

Ω+= (3.71)

Le superfici gradienti, invece, sono quelle tangenti al campo definito dal gradiente di pressione (memo linee di corrente?) e sono date da:

( ) ( ) pdn

zpdz

rpdr

∇=

∂∂=

∂∂ (3.72)

ovvero sostituendo i valori

2tcosGrad r

gdrdz

Ω−=

=

(3.73)

Che può essere integrata per fornire l'equazione delle linee gradienti:

Ω−=

gzexpCostr

2

(3.74)

Confrontando le pendenze delle linee isobare (p = costante) e di quelle gradienti (parallele al ∇p ) si ricava:

p

Gdrdz

1drdz

−= (3.75)

Esercizio 3.12 che cosa significa questa relazione?

Esercizio 3.13 Si dimostri che la relazione sopra trovata implica che le linee isobare sono puntualmente ortogonali alle linee gradienti. Ergo tale relazione è valida per tutti i campi l'uno normale all'altro.

Esercizio 3.14 La stessa tazza di cui all'Esercizio 2.11 viene posta su di una tavola rotante. Determinare: • la massima velocità di rotazione prima che il caffè trabocchi

Risp. 345 giri/min • la massima pressione nella tazza

Risp. pgage=990 Pa

Considerazione di igiene alimentare: basta con gli esercizi con il caffè: ci rende troppo nervosi!

_ _ 3.18

Page 94: [Golia] Fluidodinamica (2005)

GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido

.3.8 CAMPI DI PRESSIONE IN FLUSSI IRROTAZIONALI - TEOREMA DI BERNOULLI Abbiamo già visto che in campi di velocità solenoidali (∇•V=0) ed irrotazionali (∇∧V=0) l'equazione di equilibrio del campo di moto può essere integrata, per fornire il teorema di Bernoulli (1738) che per campi stazionari si scrive:

o2

21 p=costantezgVp =ρ+ρ+ (3.76)

Da questo ovviamente si ricava immediatamente l'equazione dell'isobara ponendo la pressione pari al valore costante che si desidera, sia ad es. p1:

g2)z,y,x(V

gpp

=z2

1o −ρ−

(3.77)

Esercizio 3.15 Una classica soluzione , stazionaria, incompressibile non viscosa è il campo di moto nell'intorno di un punto di ristagno (posto a x=0, z=0): ( ) ( ) zLVw;xLVu oo −== , gz=-g dove Vo/L è un opportuno gradiente di velocità di riferimento. Assumendo: L= 2 m, Vo=7 m/s , fluido con ρ=1200 kg/m3 e che la pressione nel punto (0,L) sia 200000 Pa: si calcolino, considerando la gravità : • la pressione nel punto di ristagno Risp. 252944 Pa • la pressione nel punto (L,2L) Risp. 58856 Pa

NOTA: L’equazione di Bernoulli può essere usata anche per problemi con superfici libere, se

irrotazionali, in questo caso conviene assumere per la pressione di riferimento quella del pelo libero.

Esercizio 3.16

La soluzione del vortice potenziale: 0V;r1

2V;0V zr =

πΓ

== θ

è valida oltre che per vortici atmosferici (cicloni trombe d'aria) anche per vortici di scarico di un serbatoio, in quest'ultimo caso determinare l'equazione della superficie libera

z

Risp z=Cost.-Γ2/(8πgr2)

.3.9 CAMPI DI PRESSIONE IN FLUSSI ARBITRARI Per un campo di moto generico (rotazionale e viscoso) l'equazione di Bernoulli non è (in genere) un integrale dell'equazione del moto per cui non può essere usata per determinare il campo di pressioni. Questo deve essere determinato (per moti stazionari) integrando il sistema di equazioni in coordinate cartesiane:

( )

( )

( ) ∇µ+ρ+∇•ρ−=

∂∂

∇µ+ρ+∇•ρ−=∂∂

∇µ+ρ+∇•ρ−=

∂∂

wgwVzp

vgvVyp

uguVxp

2z

2y

2x

(3.78)

_ _ 3.19

Page 95: [Golia] Fluidodinamica (2005)

GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido

dove gx,gy,gz sono le componenti coordinate della gravità . Ovviamente a questo stadio si deve assumere che il campo di velocità sia noto (nel seguito si vedrà come ricavarlo!).

Esercizio 3.17

z

u(z)

g2h

La soluzione del moto viscoso in un canale piano è: ( ) 0w;0v;zhzKu ==−=

Assumendo che po = p(0,0,0), determinare il campo di pressione. Risp. p(x,y,z) = po - 2 µ K x - ρ g z

.3.10 MISURATORI DI PRESSIONE Esaminando il teorema di Bernoulli:

totalepressione

o

aidrostaticpressione

dinamicapressione

221

statica pressione

pzgVp =ρ+ρ+ (3.79)

definiamo i vari termini come: • pressione statica • pressione dinamica • pressione idrostatica • pressione totale.

Laddove il termine idrostatico sia trascurabile, la pressione totale è anche detta pressione di ristagno. Vi sono molti apparati per la misura delle pressioni (sia in fluidi statici che in fluidi in moto) tutti fanno uso del fatto che la pressione applicata ad una piccola area di un materiale, causa una forza, uno sforzo ed uno spostamento del materiale. Questi effetti meccanici possono essere quantizzati in vario modo:

1. come bilancio di forze 2. come altezza di un fluido (manometro a fluido) 3. come misura diretta di un spostamento 4. come misura indiretta (elettrica) di una spostamento

Bilance di forze sono comunemente usati soltanto per la calibrazione di strumenti di misura, essi sono poco pratici per uso corrente Manometri a fluido sono gli strumenti più semplici ed economici, essi si basano sulla misura dell'altezza di un fluido in un tubo che bilancia una differenza di pressione. Sono strumenti senza parti meccaniche e di basso prezzo che possono essere costituiti per misurare campi di pressioni diversi variando il fluido (mercurio, acqua, alcool) e l'inclinazione del tubo.

x

∆z ∆z

flusso

p - assoluta p - gage

∆z

flusso

p-differenziale

flusso

Per la misura della pressione statica il modo migliore è di praticare un buco di piccolo diametro (di solito 1 mm) avendo cura di togliere le sbavature. In condizioni statiche non vi sarà moto di fluido nel tubo, per cui il

_ _ 3.20

Page 96: [Golia] Fluidodinamica (2005)

GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido

flusso principale non è disturbato. Se però il flusso è instazionario le fluttuazioni di pressioni creano delle oscillazione del livello di fluido che causa, in genere, un grande errore a causa della risposta dinamica del tubo, in questo caso conviene usare altri sistemi (piezoelettrici). I manometri a fluido possono essere usati per varie misure di pressioni:

circa 8 D

D

da 4 ad 8 foriprese statiche

presa dinamica

θ

ps

poh

V

0

20°10°0°

10%

-10%

Errore %ps

po

(i) assolute, (ii) gauge, (iii) differenziali

come schematicamente mostrato in figura. In molte applicazioni fluidodinamiche il tubo di Pitot è usato per la misura diretta della velocità: esso è un manometro differenziale una cui estremità è connessa ad una presa di pressione dinamica e l'altra alla presa di pressione statica. La sonda di pressione statica può essere posta sulla parete, in certi casi viene posta direttamente sul tubo di misura, come mostrato in figura. L'applicazione del teorema di Bernoulli porta a:

( ) o2

21

os2

s21

s gz0pgzVp ρ+ρ+=ρ+ρ+ (3.80)

da cui:

( ) ( )soso

s zzgpp

2VV −+ρ−

=≈ (3.81)

In molte applicazioni di fluidodinamica il termine g(zo-zs) è piccolo rispetto a 2(po-ps)/ρ , per cui può essere trascurato e la formula di calibrazione prende la forma solita:

( )ρ−

=≈ sos

pp2VV (3.82)

Questa è la formula di Pitot (1732) che vale per flussi incompressibili. L'accuratezza dipende dall'allineamento della sonda con il flusso. Se l'angolo θ non è piccolo la Vs comincia a differire dalla V e si verificano errori nelle misure di pressione [ a θ ≅ 10° ps 2% alta, po 3% bassa, per la differenziale (po-ps) 5% di errore].

Esercizio 3.18 Un tubo di Pitot come in figura usa mercurio come liquido barometrico. Posto in un flusso di acqua si legge una differenza di altezza h=8.4 in. Trascurando gli errori di allineamento quanto vale la velocità? Risp. 24.7 ft/s

Altri tipi di strumenti sono basati su tubi curvi di sezione piatta (tubi di Bourdon) che si aprono quando internamente la pressione è maggiore a quella ambientale. Sono adatti per p-gage. La deflessione dell'estremità può essere letta per mezzo della rotazione di un ago (manometri commerciali con accuratezze fino a ± 0.1 % del fondo scala) o se collegati ad un trasformatore differenziale per mezzo di un misuratore di pressione elettrica.

_ _ 3.21

Page 97: [Golia] Fluidodinamica (2005)

GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido

Altri tipi misurano la deflessione di una lamina (posta tra due ambiente a pressione diversa) su cui è incollata una strain-gage cioè una lamina sottilissima composta da resistenze elettriche opportunemente intrecciate la cui resistenza varia con la deformazione. Ideali per p-gage e per p-diff. Altri ancora si basano su trasduttori potenziometri cioè sulla deflessione di una capsula che causa una variazione di resistenza, adatti per p-gage e per p-diff. Infine per campi di pressione oscillanti, si preferisce usare i cosiddetti trasduttori piezo-elettrici, basati sul principio scoperto dai Curie (1880) che certi cristalli di quarzo generano un campo di cariche elettriche quando posto sotto sforzi meccanici. Questi trasduttori reagiscono immediatamente alle variazioni di pressione, con una risposta dinamica eccellente. Gli schemi funzionali di questi trasduttori sono riportati nelle figure che seguono.

Manometro inclinato con lente Micro-manometro con lettore elettrico

Manometro con tubo di Boudron per lettura ottica

_ _ 3.22

Page 98: [Golia] Fluidodinamica (2005)

GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido

a: manometro di Bourdon con lettura elettrica b: trasduttore a membrana con lettura a strain-gage c: trasduttore di pressione a potenziometro d: trasduttore piezo-elettrico

_ _ 3.23

Page 99: [Golia] Fluidodinamica (2005)

GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 3: Campi di pressione in un fluido

.3.12 CHECK-OUT A questo punto lo studente diligente dovrebbe essere confidente con i seguenti argomenti: 1. le equazioni dell’idrostatica e loro inserimento nelle leggi più generali del moto di fluido, 2. primo approccio alle equazioni di equilibrio: Navier-Stokes, Eulero e derivazione del teorema di

Bernouilli, confidenza nelle sue varie forme, 3. analisi dei campi idrostatici in fluidi, 4. confidenza e derivazione delle leggi di Pascal e di Stevino, 5. integrazione dell’equazione dell’idrostatica per liquidi, 6. integrazione dell’equazione dell’idrostatica per gas, 7. confidenza nell’atmosfera standard, 8. praticità nelle applicazioni di manometria, 9. spinte su superfici solide a contratto con fluidi: determinazione del sistema di forze (risultante e punto di

applicazione) per superfici piane e curve. Praticità nelle applicazioni 10. galleggiamento e concetti di stabilità al galleggiamento: definizione e concetto di Metacentro. 11. determinazione delle forme delle interfacce e dei campi di pressione in fluido posti in atti do moto rigido:

casi lineare e rotazione rigida, familiarità nella derivazione delle equazioni delle superfici isobare e gradienti

12. Concetti dei principi delle strumentazioni per la misura di pressione

_ _ 3.24

Page 100: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio

Capitolo 4

Equazioni Integrali di Bilancio

Scopo del Capitolo

La risoluzione di problemi ingegneristici richiede la descrizione del problema fisico mediante un modello fisico/matematico che produrrà un set di equazioni (più o meno complicate) da ri-solvere. Nei corsi di Fisica vi sono state presentati delle “leggi”. Senza volere dissacrare il concetto di legge, in questo capitolo si vuole dimostrare come queste leggi rappresentano in effetti delle equazioni di bilancio/conservazione di proprietà estensive, che valgono per un certo sistema di controllo, e come queste devono essere modificate se si considerano sistemi aperti, tipici di applicazioni fluidodinamiche. Ne discendono così le equazioni integrali di bilancio/conservazione delle proprietà estensive del sistema. Si sottolineerà, ovviamente, che non si possono formulare equazioni integrali di bilan-cio/conservazione di proprietà intensive [ad es. quali pressione e temperatura], ma, per queste, ri potranno scrivere solo equazioni (condizioni) di equilibrio. Nel corso della descrizione di queste equazioni, verrà dimostrato la potenza dell’uso di queste metodologie integrali, capaci di fornire, sia pure ad un primissimo livello di analisi, delle stime di risultati per problemi fisici di notevole complicazione. Tali esempi applicativi sono contenuti negli esercizi del capitolo, che assumono, come al solito, funzione sinergica, non secondaria al testo, per la formazione.

Indice del Capitolo Paragrafo pagina 4.1 Generalità 2 4,2 Il teorema di Reynolds (detto del trasporto) 4 4.3 Equazioni Integrali valide per un Volume di Controllo 5

4.3.1 Equazioni integrale per la conservazione della massa 6 4.3.2 Equazione integrale per il bilancio della quantità di moto 8 4.3.3 Equazione integrale per il bilancio della quantità di moto in un riferimento non inerziale 11 4.3.4 Equazione integrale del momento della quantità di moto 13 4.3.4.1 Considerazioni per l’analisi di turbomacchine 14 4.3.5 Equazione integrale dell'energia 18 4.3.5.1 Forma ingegneristica per l’equazione integrale dell’energia 22

4.4 Coefficienti di correzione 24 4.5 Fluidodinamica dei sistemi propulsivi (eliche e rotori) (teoria del disco attuare) 25 4.6 Sintesi e Chek-Out 32

4.1

Page 101: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio

4.1 GENERALITÀ’ Consideriamo l’analisi di sistemi fluidodinamici sviluppando, in questo capitolo, relazioni in forma inte-grale che potranno essere usate per la formulazione fisico-matematica di problemi di interesse in fluidodi-namica. Ricaveremo così una modellistica valida globalmente per il sistema in oggetto. Ovviamente occorre definire cosa si intende per sistema. Sono possibili due alternative:

• assumere come sistema una Massa di Controllo (MdC) • assumere come sistema un Volume di Controllo (VdC)

Si comprende immediatamente come l’uso di una MdC come sistema porterà ad una formulazione lagrangiana mentre l’uso di un VdC porterà ad una formulazio-ne euleriana.

In entrambi i casi occorre ritrovare delle equazioni che definiscono come variano nel tempo le proprietà ter-mo-fluidodinamiche globali, di tipo estensivo, del sistema. Definiamo:

A

A+B

B • proprietà estensive quelle che dipendono (ovviamente) dalla estensione

del sistema, cioè dalla quantità di fluido in esso contenuta; • proprietà intensive quelle che non dipendono dalla estensione del si-

stema. Per poter meglio comprendere queste importanti definizioni consideriamo due sistemi A e B ed il sistema composto dalla loro somma A+B. E’ facile verificare che se consideriamo proprietà quali la Massa M , il Volume V, la quantità di Moto MV2/2, l’energia E, ecc… risulta Ma+b = Ma+Mb , V a+b = V a+ V b, ecc.. Ovvero tutte le proprietà che risultano essere additive sono proprietà estensive. Nel mentre per proprietà quali la Temperatura T, la pressione p, gli sforzi viscosi τ, alcuni potenziali (ad e-sempio quelli elettrochimici µe) ecc.. non si verifica la proprietà di additività; Ta+b ≠ Ta + Tb , pa+b ≠ pa+pb ecc…., ergo queste sono proprietà intensive. Nota Bene: si possono formulare equazioni di bilancio/conservazione soltanto per proprietà estensive.

Per le proprietà intensive si potranno formulare soltanto equazioni di equilibrio in quanto le lo-ro variazioni (invero i loro gradienti) generano flussi di proprietà estensive. Ad esempio diffe-renze di temperature generano flussi di calore, differenze di pressione generano flussi di volume ecc..; quindi le equazioni di equilibrio termo-fluidodinamico di un sistema (i.e. assenza di flussi e di produzioni) sono esplicitate attraverso equazioni tra proprietà intensive.

Nota Bene: è quasi sempre comodo effettuare un’analisi delle proprietà specifiche del sistema, tipicamen-

te un’analisi valida per unità di massa o di volume. In questo caso si devono definire proprietà specifiche che sono rapporti tra proprietà estensive. Di consuetudine per la generica proprietà estensiva B, la proprietà estensiva per unità di massa b=B/ M è rappresentata dalla lettera minuscola, mentre la proprietà estensiva per unità di volume b*=B/V è rappresentata di solito come prodotto della proprietà specifica rispetto alla massa, moltiplicata per la densità (di mas-sa): b+=( M/V) ( B/M ) = ρ b.

Ovviamente le quantità specifiche (quelle rispetto alla massa e quelle rispetto al volume) sono collegate a quelle estensive attraverso integrali rispetto alla massa di controllo (MdC) e rispetto al volume:

4.2

Page 102: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio

∫∫∫∫∫∫∫∫∫ =ρ==VV

VVMM d)t,r(bd)t,r(bd)t,(b)t(B *

MdC

(4.1)

Le equazioni integrali valide per una massa di controllo (rappresentazione lagrangiana) sono ovviamente zero–dimensionali in quanto le proprietà globali del sistema possono variare soltanto rispetto al tempo. Queste sono state analizzate nei corsi di Fisica e di solito si riferiscono a problemi del tipo come nella figura a lato, per i quali si definiscono: la conservazione della massa (non si considerano reazioni chimiche ed ef-fetti relativistici):

[ ] 0ddtd

dtd

MdCsistema =

= ∫∫∫ MM (4.2)

pa

V(t)

Calore Qin

Lavoro Win

attrito

L’equilibrio delle forze con la variazione della quantità di moto (legge di Newton a massa costante):

[ ] volumelisuperficiai

est,iMdC

sistema FFFdVdtdV

dtd

+==

= ∑∫∫∫ MM (4.3)

Le forze esterne sono classificabili come forze superficiali (pressioni sforzi viscosi, tensioni superficiali, ecc..) e come forze di volume (derivanti da accelerazioni gravitazionali, da potenziali elettro-magnetici ecc..) L’equilibrio dei Momenti di forze con la variazione del momento della quantità di moto

[ ] ( )[ ] meccanicivolumelisuperficiai

oMdC

sistemaosistemao TTTTdVrdtdVr

dtd

dtd

++==

∧=∧= ∑∫∫∫ MMH (4.4)

To sono momenti di forze rispetto al polo O. L’equazione dell’energia totale ( i.e Prima legge della termodinamica)

[ ]

•−=

= ∫∫∫

ambientesull' sistema dal fatto Lavoro

sistema al ambientedall' ceduto Calore

MdCsistema WQde

dtdE

dtd

M (4.5)

dove: “e” è l’energia totale specifica, somma di tutte le forme energie che si ritengono essere di interesse per il problema:

altreVuepotenziale

energiacineticaenergia

221

inamicamodterenergia

specificaenergia

+ψ++= (4.6)

Le altre forme di energia potrebbero essere: energia elettrostatica, elettromagnetica, energia elastica, energie chimiche (per processi di combustione), ecc.. In questo contesto ometteremo di considerare tali forme. L’energia potenziale è esprimibile in termini dell’accelerazione di gravità moltiplicata con un’altezza h rispetto ad una quota di riferimento (si verifichino le dimensioni !)

ψ

( ) ψ=→+ψ= →ψ∇−=−= hgChgigg z a rispetto integrando

z (4.7)

4.3

Page 103: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio

Nota Bene:

• che nell’integrazione si è assunto che l’accelerazione di gravità sia diretto verso il basso e l’asse “z” sia diretto verso l’alto (sicché il segno meno scompare)

• che ovviamente si è assunto g costante con h L’equazione dell’entropia (i.e. Seconda legge della termodinamica)

[ ]TQds

dtdS

dtd

MdCsistema

= ∫∫∫ M (4.8)

ovvero:

[ ]positiva

MdCsistema S

TQds

dtdS

dtd •

+=

= ∫∫∫ M (4.9)

4.2 TEOREMA DI REYNOLDS (detto del Trasporto) L’uso della Massa di Controllo (MdC) come sistema non è, in genere, ideale per l’analisi di sistemi fluidodi-namici, per i quali, di solito, si preferisce usare un Volume di Controllo (VdC). La formulazione delle equazioni integrali per un VdC è agevolmente derivata da quelle per una MdC facen-do uso del teorema di Reynolds (1895) dimostrato nel paragrafo (2.9) che consente di collegare la formula-zione lagrangiana (che considera un sistema che contiene sempre le stesse particelle di fluido, per cui la massa totale è ovviamente costante) ad una formulazione euleriana (che considera un sistema definito da un volume di controllo che contiene, a tempi diversi, particelle fluide diverse che vi transitano, causa la dinamica fluida). Ovviamente il sistema è definito da un volume V, separato dall’ambiente, esterno al volume, da una superficie S che sarà attraversata da flussi di proprietà estensive B che vi transitano con campi di velocità V. Per ogni punto della superficie S, detta n la normale uscente e U la veloci-tà relativa alla superficie, possiamo definire flusso convettivo della pro-prietà B,

bφ , il vettore (se B è scalare; se B è vettoriale il flusso sarà un tensore del secondo ordine) diretto

nella direzione della velocità (di massa) rappresentando la quantità di B che passa nell’unità di tempo attra-verso dS nella direzione della Velocità locale superficiale U: Ub

bρ=φ .

V

n S

V

Sicché la portata totale di B che passa attraverso tutta la superficie S è data dall’integrale:

( ) dSUbnS∫∫ ρ• (4.10)

Se consideriamo una Massa di Controllo M , ed il volume di Controllo V(t) che, al tempo t, contiene la Massa M (a volte detto volume materiale, ovvero sistema), per una generica proprietà B, vale il teorema di Reynolds (capitolo 2.9):

[ ] [ ] ( ) ( ) dSUbndtbdb

DtDB

DtDB

DtD

t))t(S)t(MdCControllo di Massasistema ∫∫∫∫∫∫∫∫

∂=

ρ•+∂ρ∂

=

==

(VV

VM (4.11)

dove U è la velocità relativa alla superficie S.

4.4

Page 104: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio

Nota che se il generico volume V non varia con il tempo (i.e. è fisso e non cambia forma) la derivata tempo-rale instazionaria [nel primo integrale volumetrico a destra] si può portare fuori dall’integrale di volume e la velocità U viene a coincidere con la usuale velocità di massa V:

( ) ( ) dSVbndbdtddb

DtD

SMdC∫∫∫∫∫∫∫∫

∂=

ρ•+

ρ=

VV

VM (4.12)

Preferiamo attardarci ulteriormente sulla lettura dello stesso, con considerazioni grossolane ma che danno una idea del significato. L’ultimo termine a destra della (4.11) fornisce la variazione della proprietà che si trova nel volume di con-trollo, al tempo generico. E’ abbastanza ovvio che la due variazioni devono coincidere. Ma se consideriamo un volume di controllo che è attraversato da flussi convettivi di massa [flussi che tra-sportano quindi la proprietà B associata alla massa, cioè b] è ovvio che la B contenuta nel volume può varia-re per due motivi: • perché vi è una variazione instazionaria rispetto al tempo [data dal termine ∂(ρb)/∂t] • perché vi è uno sbilancio tra quello che entra e quello che esce, cioè vi è globalmente una portata non

equilibrata [data dall’integrale del flusso convettivo sulla superficie ρbUn, e che la velocità di attraver-samento U è quella delle particelle relativamente alla superficie].

4.3 EQUAZIONI INTEGRALI DI BILANCIO VALIDE PER UN VOLUME DI CONTROLLO Notiamo che tutte le equazioni integrali ritrovate per una massa di controllo possono essere scritte nella for-ma:

[ ] avolumetricproduzione

diffusivoerficialesupsistemaMdC BBBB

dtd •••

+== (4.13)

Questa in pratica ci dice che la variazione della proprietà estensiva B(t) della Massa di controllo, può deriva-re:

• da effetti superficiali di tipo diffusivi (sulla superficie S) • da effetti di produzioni di B nel volume V.

L’uso del teorema di Reynolds ci permette di derivare la forma generale per una equazione integrale di bi-lancio valida per un volume di controllo:

( ) ( )

volumedicontributo

avolumetricproduzione

lesuperficiadiffusivo contributo

diffusivoerficialesup

lesuperficiaconvettivo contributo

)t()t(S

VdC nel Bdi variazione

)t(

BBdSUbnb ••

∂=

+=ρ•+∂ρ∂

∫∫∫∫∫VV

Vdt

(4.14)

nel seguito ricaveremo le equazioni integrali di bilancio per tutte le proprietà estensive di interesse in fluidodi-namica valide per un Volume di Controllo.

SV

Vin

Vout Vn=0

n n

n

Vt

Calore

Lavoro

Assumeremo, a meno di specificare esplicitamente il contrario, che il volume sia fisso rispetto ad un riferi-mento inerziale. Il problema tipico è come in figura.

4.5

Page 105: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio

4.3.1 Equazione Integrale per la conservazione della Massa Consideriamo un sistema con una sola specie; in questo caso: B=M, b=1 ed i termini diffusivi (definizione di velocità come velocità di massa dell’unica specie considerata) e di produzione sono nulli (nei limite delle i-potesi di assenza di reazioni chimiche e di fenomeni relativistici) e si ritrova:

l’equazione di continuità: ( ) 0dSVnS

=ρ•+∂ρ∂

∫∫∫∫∫∂= VV

dVt

(4.15)

Nota che in molti problemi di interesse ingegneristico, l’applicazione di questa equazione viene fatta ipotiz-zando, per i termini convettivi, moti uni-dimensionali, il che consente di calcolare l’integrale superficiale con il teorema della media nella forma:

( ) ( ) ( )∑∑∫∫ ρ−ρ≈ρ•∂=

innoutnS

SVSVdSVnV

(4.16)

in quanto la normale n è pensata diretta verso l’esterno e le parti di superfici impermeabili al flusso di massa danno un contributo nullo alla portata convettiva; le quantità (ρVn) sono i valori medi del flusso di massa sul-la superficie convettiva. Ne discende che l’equazione di continuità si può scrivere nella forma semplificata:

( ) ( ) 0SVSV innoutn =ρ−ρ+∂ρ∂ ∑∑∫∫∫

V

Vdt

(4.17)

Ovviamente se si può assumere che la densità sia costante nel tempo [vedremo in seguito che varia di poco se il numero di Mach è basso (i.e. M<0.3)] l’integrale di volume è nullo, ovvero trascurabile, per cui ci si ri-duce alla ovvia equazione:

( ) ( )∑∑ ρ=ρ innoutn SVSV (4.18) cioè alla conclusione che quello che entra è pari a quello che esce (se non si produce massa).

Esercizio 4.1

2

1

4

3

30°

60°Considera il sistema in figura, attraverso cui scorre acqua. Le superfici sono: A1=0.2 m2 ; A2=0.5 m2 La portata di acqua uscente attraverso A3 è di 400 kg/s, quella volumetri-ca uscente attraverso A4 è di 1 m3/s, la velocità entrante attraverso A1 è di 3 m/s. Determinare V2. [V2=1.6 entrante]

Esercizio 4.2 Un serbatoio ha un volume pari a 0.05 m3 e contiene aria compressa a pabs=800kPa, alla temperatura di 15 °C. Al tempo t=0+ si apre una valvola avente una superficie equivalente fluida di 65 mm2, attraverso cui si misu-ra un getto di aria con V=311 m/s e r=6.13 kg/m3. Determinare la variazione di densità dell’aria nel serbatoio al tempo t=0+. [-2.48 kg/(m3s)]

4.6

Page 106: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio

Esercizio 4.3 Considera il modello di una strato limite su di una lastra piana come in figura. Il fluido è aria in condizioni standard. La lastra ha una profondità di 0.6 m. Calcolare la portata di massa di aria attraverso la su-perficie BC, se:

2yy2Uu

δ−

δ= laminare

7/1yUu

δ= turbolento

A

BC

D

U=30 m/s

δ=5 mm

Esercizio 4.4 Il profilo di velocità assiale attraverso un tubo di raggio R è del tipo:

m

o Rr1U)r(u

−=

laminare turbolento

r

dove l’esponente m dipende dal regime di moto: m=1/2 moto laminare m=1/7 moto turbolento

Se si assume la densità ρ=costante determinare: • la velocità media

[0.53 Uo lam. ; 0.82 Uo turb.] Se si assume che la densità varia come:

−+ρ=ρ

n

o21

Rr11)r( (simula gas in tubi con pareti riscaldate)

ponendo n=m calcolare: • la densità media [0.77 ρo lam. ; 0.91 ρo turb.] • il flusso di massa medio [0.367 ρoUo lam. ; 0.719 ρoUo turb.]

Esercizio 4.5

x

z

L

L

O

Considera il campo di moto incompressibile (ρ=cost): u=Vo(x/L) ; v=0 ; w=-Vo(z/L) Considerando il volume di controllo come in figura, calcolare le portate di volume at-traverso le tre facce e verificare se la massa è conservata. Calcolare infine la divergenza della velocità.

Esercizio 4.6 Un serbatoio come in figura è riempito di acqua a 20°C da due con-dotte.

Aserb

Hh 1

2

At tempo t=0 il livello dell’acqua è pari ad “h”. Determinare l’espressione di dh/dt Determinare a tale istante l’espressione di dh/dt se: D1=1 cm ; D2=3cm V1= 3.12 cm/s ; V2= 2.12 cm/s Aserb= 2 122 cm2.

4.7

Page 107: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio

4.3.2 Equazione Integrale per il Bilancio di Quantità di Moto In questo caso B=MV, b=V l’equazione ha carattere vettoriale (può essere decomposta nelle componenti sca-lari proiettandola sugli assi coordinati); i termini diffusivi derivano da forze superficiali ed hanno carattere tensoriale, quelli di produzione di volume derivano da campi di forze per unità di massa (campi di accelera-zione):

( ) ( ) ∑∑∑∫∫∫∫∫ +==ρ•+∂ρ∂

volumedi produzioneisuperfical diffusiveS

FFFdSVVndtV

VV

(4.19)

dove si è posto il termine convettivo ( ) ( )VVnVVn ρ•=ρ• I termini superficiali derivano dalla diffusione microscopica della quantità di moto che può essere decompo-sta in una componente normale reversibile (pressione, p) ed in una componente derivante dagli effetti viscosi fv (tensore degli sforzi viscosi τ):

( ) ( ) ( ) ( ) dSndSpndSnpndSUpnFSSSS

sup. diff. τ•+−=τ•+−=τ+−•= ∫∫∫∫∫∫∫∫ (4.20)

Nota che il segno meno deriva dal fatto che la pressione è atavicamente assunta essere nel senso contrario a quello della normale assunta uscente, e che si è fatto uso dell’identità tensoriale: nUn =• , con U il tensore unitario. Il termine di produzione volumetrica deriva dai campi di accelerazione presenti, nel nostro caso considere-remo soltanto l’accelerazione gravitazionale g = -∇ψ = -∇(gz):

( ) VV

dgF ca volumetriproduzione ρ= ∫∫∫ (4.21)

In definitiva:

( ) ( ) ( ) ( ) VVVV

dgdSfdSpndSVVndtV

vSSS

ρ++−=ρ•+∂ρ∂

∫∫∫∫∫∫∫∫∫∫∫∫ (4.22)

Nota che, come fatto per la massa, è possibile esprimere le accelerazioni convettive assumendo moti mono-dimensionali per gli in/out flows, sicché applicando il teorema della media, si suole usare la forma:

( ) ( )[ ] ( )[ ]

( ) ( ) V

V

V

V

dgdSfdSpn

SVVSVVdtV

vSS

innoutn

ρ++−=

=ρ−ρ+∂ρ∂

∫∫∫∫∫∫∫

∑ ∑∫∫∫ (4.23)

Esercizio 4.7

2 patm

g

1

In un ugello entra 1 kg/s acqua alla pressione assoluta di 3 atm e scarica o-rizzontalmente nell’ambiente (a pressione atmosferica). Sia D1=3 cm e D2=1 cm: determinare la spinta sull’ugello, trascurando gli effetti dissipativi. E’ il problema ben posto?

4.8

Page 108: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio

Nota che in condizioni stazionarie ed in assenza di campo gravitazionale, scompaiono i contributi volumetri-ci e l’equazione integrale si riduce ai soli contributi superficiali:

( ) ( ) dSfdSpndSVVn vSSS∫∫∫∫∫∫ +−=ρ• (4.24)

Se si considerano separatamente le superfici solide da quelle fluide (immateriali attraversate da massa), S=Ssolida+Sfluida, e si trascurano i flussi dissipativi sulle superfici attraversate da fluido (i.e. si considera soltan-to il temine di pressione sulla superficie attraversata da massa) si ricava:

( ) ( ) ( ) solida.supvSSSS

FdSfdSpndSpndSVVnsolidasolidafluidafluida

=+−=+ρ• ∫∫∫∫∫∫∫∫ (4.25)

Essendo la normale n è uscente al volume di controllo, la Fsup.solida è la forza che la superficie solida esercita sul volume di fluido (attraverso sforzi di pressione e viscosi). Essa sarà quindi pari e contraria alla forza esercitata dal fluido sul corpo Fc. Ne discende il teorema globale di Eulero:

( )[ ]dSpnVVnFfluidaS

c +ρ•−= ∫∫ (4.26)

Se si ha l’accortezza di usare volumi di controllo con superfici fluide attraversate da massa poste normal-mente alle velocità di in/out (i.e. V=Vn n) e si usa il teorema della media, ne discende una comoda rappre-sentazione ingegneristica per la determinazione della forza esercitata dal fluido su di un corpo:

[ ] [ ] SnISnpVFfluidafluida SS

2nc ∑∑ −=+ρ−= (4.27)

La funzione scalare I = ρVn

2 + p (4.28)

è chiamata funzione impulso specifico normale [talora si usa la funzione impulso totale normale: F = I S ]

Esercizio 4.8

x

y

1

2

Acqua scorre attraverso un condotto a gomito come in figura. Siano: A1=0.01 m2 , A2=0.0025 m2 P1,abs= 221 kPa , V2=16 m/s Determinare la spinta (componenti Rx ed Ry) esercitata sul gomito trascurando effetti di attrito e gravitazionali.

Esercizio 4.9 Considerare il convogliatore di sabbia (ρ=3000 kg/m3) come in figu-ra. Trascurando gli effetti di attrito, determinare la tensione nella cin-ghia, all’avvio ed a regime, se:

4.9

1Tensione T?

30 m

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C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio

Vsabbia=5 m/s Aboccaglio=0.1 m2 Vcinghia = 3 m/s [-4.5 kN, -22.5 kN]

Per problemi che presentano superfici liberi può essere di aiuto usare volumi di controllo con superfici coincidenti con tubi di flusso. Questi sono definiti come superfici ideali (superfici fluide) che sono, per ogni punto, tangenti alle linee di corrente. Ovviamente su tali superfici la velocità normale è nulla per definizione, esse quindi non sono attraversate da flusso di massa e quindi da flusso convettivo di quantità di moto. Ergo la massa che entra deve essere necessariamente pari a quella che esce. Per quanto riguarda i flussi diffusivi, dovendo essere la superficie fluida in e-quilibrio con l’ambiente non vi può essere un salto di pressione tra le due facce del tubo di flusso; quindi se uno dei lati è esposto all’ambiente in quiete, la pressione sulla superficie del tubo di flusso dovrà essere ne-cessariamente costante e pari a quella ambientale, fornendo quindi contributo globalmente nullo (assurdo, ma ben accettato); i flussi diffusivi derivanti da effetti di attrito (strato limite su discontinuità di contatto) ven-gono di solito trascurati.

n V

n•V=0

τ=0 ; ∆p=0

In questi casi se il tubo di flusso interagisce con una superficie, in condizioni stazionarie ed in assenza di contributo gravitazionale, la determinazione della forza agente sul corpo è data dalla semplice relazione:

( inoutcorpo VVmF −−=•

) (4.29)

ovvero: outincorpo VVm

F−=• (4.30)

i.e. la forza per unità di portata massica è data dalla differenza di due vettori (basta fare un semplice trian-golo di velocità)

Esercizio 4.10

Rx

gAcqua esce da un idrante, la cui bocca è di 0.01 m2, con una velocità di 15 m/s e col-pisce orizzontalmente e normalmente una barricata eretta da facinorosi di area fron-tale A=10 m2.

A

Rx

Rx

Calcolare la spinta Rx sulla barricata e discutere l’influenza dell’area A. [2.25 kN]

Esercizio 4.11 Un getto di acqua ( Vj ed portata massica (dm/dt) dati) impinge su di un deflettore fis-so che devia la corrente dell’angolo θ. θ

Determinare l’espressione della forza che si esercita sul deflettore. [Rx= Vj (dmj/dt) (1- cosθ) ; Rz=-(dm/dt) Vj sinθ]

Esercizio 4.12 Acqua esce da un idrante e colpisce orizzontalmente e normalmente ostacolo, di area frontale A, posto si di un carrello che si muove con velocità costante Vc.

Vc

Vj

θ

Dati: Aj= 3 cm2 Vj=20 m/s

4.10

Page 110: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio

Vc=15 m/s Calcolare la spinta sull’ostacolo e l’angolo di deviazione del getto [Rx=7.5 N, Ry=0, θ=18.4°]

Esercizio 4.13 Un getto di acqua ( V ed portata massica (dm/dt) dati) impinge su di un deflettore fisso che devia la corrente dell’angolo θ. Il deflettore è posto su di un carrello che si muove con velocità Vc costante. Determinare l’espressione della forza che si esercita sul deflettore. [Rx= (Vj-Vc) (dm/dt) (1-cos θ) ]

Esercizio 4.14 Dato un modello di strato limite, come in figura, su di una parete piana di profondità b. Determinare l’espressione della forza resistente D noto il profilo di velocità u/Uo=f(y/δ) calcolare il coefficiente di resistenza CD=2D/(ρUo

2Lb) per i profili di velocità:

2

o

yy2Uu

δ−

δ= tipico di Strato Limite laminare

7/1

o

yUu

δ= tipico di Strato Limite turbolento

se L=1 m, δ=1 cm [CD= 0,00027 lam. 0.004 turb]

4.3.3 Equazione di bilancio della quantità di moto in un riferimento non inerziale In molte applicazione è necessario usare un volume di controllo in un rife-rimento non inerziale. Per questo riferimento la legge di Newton non è valida, e quindi occorre ri-cercare una nuova forma per una corretta formulazione dell’equazione di bi-lancio della quantità di moto. Consideriamo la trasformazione tra un riferimento inerziale OXYZ ed uno non inerziale Oxyz la cui origine si muova con moto vario Ro(t) e che sia do-tato di velocità angolare Ω(t). La posizione della generica particella fluida posta nel punto r(t) nel riferimento Oxyz, ha nel riferimento i-nerziale una posizione data da:

)t(r)t(i)t(R)t(r)t(R)t(R roo +=+= (4.31) Nota abbiamo espresso il vettore r(t) come prodotto della sua direzione (versore) ir(t) ed il suo modulo r(t) (che possono variare entrambi nel tempo). Differenziando rispetto al tempo, otteniamo la velocità della particella nel sistema inerziale:

( )angolarevelocità

misuratavelocità

ntotrascinamevelocità

orr

oass )t(rt)t(V

dt)t(Rd

dt)t(id)t(r)t(i

dt)t(dr

dt)t(Rd

dt)t(Rd)t(V ∧Ω++=++=≡ (4.32)

Uo

L

δD

yUo

Rx

θ

V

Y

X

Z

y

x

zΩ(t)

Ro(t)

O

r(t)

4.11

Page 111: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio

Nota

l’elaborazione del termine: [ ] [ ] )t(r)t()t(r)t(i)t()t(i)t()t(rdt

)t(id)t(r rr

r ∧Ω=∧Ω=∧Ω=

ricorda che la derivata temporale di un versore equivale ad una velocità di rotazione.

Una seconda derivazione rispetto al tempo, fornisce l’accelerazione della particella nel sistema inerziale:

(centripeta

oneacceleraziCoriolis

oneaccelerazi

angolareoneaccelerazi

relativaoneaccelerazi

rel

ntotrascinameoneaccelerazi

2o

2ass

inerz

assass rV2r

dtd

dtVd

dtRd

dt)t(Vda ∧Ω∧Ω+∧Ω+∧

Ω++=≡ ) (4.33)

questa relazione si può scrivere:

arecomplementrelinerz

ass adtdV

dtVd

+= (4.34)

laddove:

(centripeta

oneacceleraziCoriolis

oneaccelerazi

angolareoneaccelerazi

ntotrascinameoneaccelerazi

2o

2

plomc rV2rdtd

dtRd

a ∧Ω∧Ω+∧Ω+∧Ω

+≡ ) (4.35)

e quindi nel sistema inerziale vale (la massa è uno scalare):

( ) ( ) ∑=+= Fadt

VddtVd

complrelinerz

ass MMM (4.36)

ovvero si può scrivere: ( )

complrel

aFdt

VdM

M−= ∑ (4.37)

Da questa si deduce abbastanza facilmente che, per un riferimento non inerziale, il bilancio della quantità di moto può prendere la forma:

( ) ( ) ( )∫∫∫∫∫∫∫∫∫∫∫∫ −ρ+τ•+−=ρ•+∂ρ∂

VSV

VV dagdSndSpndSVVndtV

plomcSS

(4.38)

Dalla (4.38) si nota che basta semplicemente sottrarre (vettorialmente) all’accelerazione di gravità g, quella complementare acompl per tenere conto della non-inerzialità del riferimento.

Esercizio 4.15 Riconsidera l’Esercizio 4.12 sotto l’ipotesi che il carrello si muova di moto proprio (vario). La massa del car-rello è 3 kg. Derivare l’equazione per la velocità del carrello VC(t) ed il tempo necessario per accelerare il carrello da fermo al 95% della velocità del getto. Trascurare attrito e resistenza.

[ ( )jj

c95

2c

2j

c

jc

VAm19t;VV

mA

dtdV

ρ=−

ρ= ]

4.12

Page 112: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio

Esercizio 4.16 Riconsidera l’Esercizio 4.13 supponendo che il deflettore sia posto su di un carrello in moto proprio. La mas-sa del carrello è 75 kg. Trascurare attrito.

Determina la legge U(t). [ ( )θ−ρ

=+

cos1mA

VK;Kt1

K)t(c

jjj= VU ]

Esercizio 4.17

Vj, -dm/dt

g

VUn missile con massa iniziale 400 kg, portata del getto di 5 kg/s, velocità del getto 1500 m/s, ugello espanso alla pressione ambiente, è lanciato verticalmente. Trascurando la resistenza atmosferica determinare la legge di accelerazione e la veloci-tà dopo 10 secondi.

[ s/m102)10(U =;gtmm

mV)t(

in

j −−

= •

a ]

4.3.4 Equazione Integrale del Momento della Quantità di Moto In questo caso è ( ) V

V

dVrHB ∧ρ== ∫∫∫ ( )Vrb ∧=

L’equazione integrale di bilancio è:

( ) ( ) ∑∫∫∫∫∫ =ρ∧•+ρ∧∂∂ TdSVVrndVrt

S

VV

(4.39)

I momenti esterni sono dovuti alle forze esterne considerate nel bilancio della quantità di moto, più un mo-mento torcente eventualmente presente nel Volume di Controllo derivante da un meccanismo ruotante (Tshaft):

( ) ( ) shaftdgrdSnpnrFrT T+ρ∧+τ•+−∧=∧= ∫∫∫∫∫∑ ∑ VV

(4.40)

Nel caso, molto frequente, di uso di Volume di Controllo in riferimento non inerziale, basta considerare l’accelerazione complementare:

( ) ( )( ) shaftcompl dagrdSnpnrFrT T+−ρ∧+τ•+−∧=∧= ∫∫∫∫∫∑ ∑ VVS

(4.41)

Anche se tale equazione appare come un sotto argomento, essa è di grande interesse per l’analisi di macchine rotanti.

Esercizio 4.18

1

2

h2

h1

AT

Considerare il condotto sagomato come in figura, imperniato nel punto A. Determinare l’espressione della coppia esercitata attorno al punto A.

[ ]

+

111 VmA

+

+−=

12222 phVmAphT

4.13

Page 113: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio

Esercizio 4.19 Considerare lo schema di mulinello come in figura, attraverso cui passa una portata volumetrica Q di fluido, ed è soggetto ad una coppia di attrito Tattr.

Tattr ω

Vj=Vo-Rω

x

y

z

R

Vo

Determinare l’espressione della velocità angolare(stazionaria).[ 2attro

QRT

RV

ρ−=ω ]

4.3.4.1 Considerazioni per l’analisi di turbomacchine. Una turbomacchina è una macchina che somministra o estrae energia dal fluido. Se la macchina somministra energia è detta pompa/compressore/ventilatore, se estrae energia è detta tur-bina. Il prefisso turbo viene dal latino e significa che la macchina ha elementi rotanti; cosa che in genere è vero, ma vi sono pompe dove non esiste alcun elemento rotante. Le turbomacchine sono classificate, in funzione alla direzione del flusso principale, come: assiali, radiali, miste.

assiali radiali miste

Discorso a parte meritano le turbine ad impulso (dette Pelton) per le quali valgono le considera-zioni del bilancio della Q.d.M. paragrafo 3.3.2. Per le considerazioni che vogliamo fare, faremo riferimento ad una pompa centrifuga radiale di tipo radiale L’equazione generale si ottiene combinando la (4.39) con la (4.40):

( ) ( ) ( ) ( ) shaftdgrdSnpnrdSVVrndVrt

T+ρ∧+τ•+−∧=ρ∧•+ρ∧∂∂

∫∫∫∫∫∫∫∫∫∫ VVVV S

(4.42)

4.14

Page 114: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio

Con le ipotesi di : • moto stazionario • trascurare effetti gravitazionali • trascurare effetti viscosi e di pressione la (4.42) si semplifica notevolmente e, in coordi-nate cilindriche, fornisce:

[ 1t12t2shaft VrVrmT −=•

] (4.43) Che si legge: la coppia all’asse dipende:

• dalla portata massica, • dai raggi di ingresso (1) e di uscita (2) • dalle componenti tangenziali delle relative velocità

assolute. Per la determinazione di queste componenti di velocità, così co-me per avere una idea dell’influenza delle forme delle palettature, occorre considerare i triangoli di velocità (all’ingresso ed all’uscita) in cui si raffigura la relazione tra:

• velocità assoluta del fluido,V , • velocità relativa alla pala Vrb , • velocità di trascinamento della pala U .

Ovviamente sappiamo che deve essere V = Vrb + U e che tale relazione è una somma vettoriale.

La velocità assoluta V è scomponibile in Vn componente assiale (normale al moto di rotazione della pale) ed in Vt componente tangenziale (al moto della pala).

• La Vn componente assiale della velocità assoluta determinerà la portata volumetrica del fluido: Q=VnS e quindi quella massica moltiplicando la portata volumetrica per la densità

U=ωR

Vrb2

Vrb1

β1

β2

Vt2

Vn2V2

Vn1

Vt1

V1

α1

α2

pala• Le Vt componenti tangenziali e della velocità assoluta de-termineranno la coppia all'as-se tramite la (4.43).

Consideriamo, per esemplifica-zione, tipici triangoli di velocità in cui sono riportati gli angoli di ve-locità definiti come:

α = angolo tra l’asse della macchina e la velocità assoluta V :

Vn=V cosα , Vt=V sinα (Nota: α=0 , Vn =V , Vt = 0)

β = angolo che la velocità relativa alla pala, Vrb , forma rispetto al piano del moto della pala.

Ovviamente, in condizioni di progetto, β è pari all’angolo della tangente di ingresso/uscita alla pala .

4.15

Page 115: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio

Nota: lo scopo principale è, di solito, la determinazione della Vn,per il calcolo della portata volumetrica e delle Vt1 e Vt2 per il calcolo del Momento torcente.

Dall’analisi di questi triangoli e dalle definizioni degli angoli α e β, si può risalire, in base ai parametri noti a risolvere il problema.

Esercizio 4.20 Considera lo schema di una pompa radiale come in figura

C di l

Vt

Vt

Vn

Vn

R1

R2

ω

Q

bDetermina l’espressione della coppia

( ) ( ) 22

π=ρ=

−ωρ=−ρ=•

2Vnbr2mQ

rrQVrVrQT

2

121t12t2

Dati r1=0.2 m , r2=0.5 m ; b=0.15 m Ngiri= 600 giri/min fluido acqua Q=portata volumetrica = 2.5 m3/s Calcolare la potenza idraulica [207 MW]

Esercizio 4.21

Vt Vn

R2

ω

Q

V2 b Considera lo schema di una pompa mista come in figura: Dati: Q=portata volumetrica = 150 gal./min D2=4 in. N= 3450 giri/min Vn=10 ft/s fluido acqua Calcolare la potenza idraulica in cavalli [4.27Hp]

Esercizio 4.22 Considera lo schema compressore assiale (acqua) come in figura, funzionante in condizioni ideali:

z

ω

21

ωr

1 2

z

β1

β2

tiphub

V|pala1

V|pala2

Triangolovelocitàrelativa allapala

Dati: Dtip=1.1 m Dhub=0.8 m N=1200 giri/min α1=30° β1= 30° β2=60° Determinare: • il triangolo di velocità INLET • il triangolo di velocità OUTLET • Coppia [253.9] • Potenza fluida richiesta [31.9]

Esercizio 4.23 Una pompa commerciale centrifuga reca in targhetta i seguenti dati:

potenza = 98 kw, Q=0.22 m3/s N=1440 rpm. Fluido acqua

4.16

Le caratteristiche geometriche risultano essere:

Page 116: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio

r1=0.1 m r2=0.18 m b1=b2=0.045m β1=30° β2=20° Assumendo che le condizioni di progetto si riferiscono a α1=90°, verificare le prestazioni.

Nel seguito presentiamo, per agevolare la fantasia dello studente, schemi e foto, più realistici, di turbomac-chine. turbina radiale Francis pompa radiale turbina Kaplan

Rotore di una turbina Kaplan a pale aggiu-

stabili: 18270 kW, 100 rpm, H=12.5 m

Rotore di una turbina ad impulso: 8.5 in diametro, 300 rpm, H=2200 ft , 56000 HP

4.17

Page 117: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio

4.3.5 Equazione Integrale per l’Energia Facendo riferimento allo schema a lato, considereremo l’energia specifica (e) come somma di tre contributi:

• energia interna (u), • energia cinetica (V2/2) • energia potenziale gravitazionale (gz),

trascurando cioè le altre forme di energia (elettrostatiche, magne-tiche, chimiche ecc.):

gzVue 221 ++= (4.44)

Calore

Wme

IN OUT

attrito

Vhpρ

Ne discende, ••

−= WQdtdE :

( ) ( )••

−=ρ•+ρ∂∂

∫∫∫∫∫∫ WQdSVendet

S

VV

(4.45)

dove:

•Q è la cosiddetta potenza termica (calore per unità di tempo) trasferita dall’ambiente al sistema •

W è la cosiddetta potenza meccanica (lavoro per unità di tempo) fatta dal sistema sull’ambiente, che, per comodità ingegneristica, conviene suddividere in 4 parti:

•••••

+++= altreviscpressmecc WWWWW (4.46) dove

W mecc è quella fatta dal sistema sull’ambiente tramite apparati meccanici (corpi immersi..) •

W press è quella derivante dagli sforzi di pressione sulle superfici, essa è del tipo:

( ) dSVpnVFWS

presspress •=•−= ∫∫•

(4.47)

•W visc è quella derivante dagli sforzi viscosi sulle superfici, essa è del tipo:

dSVfdSVfVFW n,vS

n,vS

viscvisc •−=•−=•−= ∫∫∫∫•

(4.48)

•W altre è quella derivante da altre forme, che coerentemente non considereremo.

Ne discende:

( ) ( ) dSVfdSVpnWQdSVendet n,v

SS

mecc

S

•+•−−=ρ•+ρ∂∂

∫∫∫∫∫∫∫∫∫••

VV

(4.49)

Conviene trasportare il termine diffusivo di pressione a sinistra dell’equazione, per ottenere la forma:

( )[ ] dSVfWQdSVpgzVundgzVut n,v

S

mecc2

21

S

221 •+−=

ρ

+++ρ•+++ρ∂∂

∫∫∫∫∫∫∫••

VV

(4.50)

4.18

Page 118: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio

Richiamando la definizione di entalpia termodinamica, h=u+p/ρ , ne deriva l’equazione di bilancio dell’energia nella forma adatta a sistemi aperti:

( )[ ] ( )[ ] dSVfWQdSVzgVhndzgVut n,v

S

mecc2

21

S

221 •+−=++ρ•+++ρ

∂∂

∫∫∫∫∫∫∫••

VV

(4.51)

Ovvero definendo Entalpia totale H:

gzVhH 221 ++= (4.52)

(nota l’eccezione alla regola, H è entalpia totale per unità di massa ma è scritta con lettera maiuscola!)

si può scrivere l’equazione di bilancio energetico in un modo più compatto:

( ) ( ) dSVfWQdSVHndte

n,vS

mecc

S

•+−=ρ•+∂ρ∂

∫∫∫∫∫∫∫••

VV

(4.53)

Come al solito, in molte analisi ingegneristiche i contributi convettivi sono determinati considerando ipotesi

mono-dimensionale , i.e. con il teorema della media, sicché ne deriva la forma [memo ]: SVm nρ=•

( )[ ] ( ) ( ) viscmecc

221

IN

221

OUT

221

WWQgzVhmgzVhmdt

gzVu •••••−−=++−+++

∂++ρ∂ ∑∑∫∫∫ V

V

(4.54)

ovvero una comoda forma per le applicazioni ingegneristiche:

[ ] ( ) ( ) viscmecc2

21

IN

221

OUT

WWQgzVhmgzVhmt

e •••••+−=++−+++

∂∂ ∑∑M

(4.55)

Q=?

1 2

PotMecc

Esercizio 4.24 Una portata di 10 kg/s di aria entra, in moto stazionario, in un compressore con

p1=1 atm, T1= 25 °C, V1=0 e ne esce con:

p2=4 atm, T2 = 40 °C, A2=0.1 m2. La potenza assorbita dal compressore è di 500 kW. Trascurando attriti ed effetti gravitazionali, determinare il calore trasferito dall’ambiente al compressore.

Esercizio 4.25 Stiamo per caricare un serbatoio avente un volume di 0.1 m3 , collegandolo ad una linea ad aria compressa [T=20°C, p= 2.0 Mpa]. Subito dopo l’apertura della valvola, si registra nel serbatoio un rateo di aumento di temperatura di 0.05 °C/s. Trascurando gli scambi termici, determinare la portata di massa che entra nel serbatoio all’istante iniziale.

[ s/gr103.0dtdT

RTMcm v ==

•]

La forma dell’equazione integrale dell’energia, per un sistema con una entrata (1) ed una uscita (2) è:

4.19

Page 119: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio

( ) ( ) viscmecc12

21

22

21 WWQgzVhmgzVhm

dt]e[d

12

•••••−−=++−+++

M (4.56)

In condizioni stazionarie deve essere: , per cui la (4.56) si può scrivere: •••

== mmm 22

( ) ( ) •

•••

•••−−

=−⇒+−

=++−++m

WWQHHm

WWQgzVhgzVh viscmecc12

viscmecc1

221

22

21 (4.57)

ovvero:

viscmecc12 wwqHH −−=− (4.58) Che si legge:

la variazione dell’entalpia totale specifica H deriva dal calore e dal lavoro scambiati per unità di portata massica.

Se non vi sono scambi, il volume di controllo diventa, in pratica, un tubo di flusso, e ne discende che H deve rimanere costante lungo il tubo di flusso, ne discende:

Teorema di Crocco Crocco2

21 CostantegzVhH =++= (4.59)

Questa è una forma del teorema di Crocco, alternativa al teorema di Bernoulli, che era stato ritrovato per moti stazionari, irrotazionali ed incompressibili:

Teorema di Bernoulli Bern.2

21 CostantegzVp

=++ρ

(4.60)

La figura mostra le zone di validità dei due teoremi (in grigio le zone dove non sono validi)

Scia viscosa

validi

Schema tunnel a vento

flusso

Strati limite

validi

Validi conNuova costante

Schema veltolaintubata

validi

Validi Con nuove costanti

Schema caminetto

4.20

Page 120: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio

Schema di un turboreattore

validi

Validi con nuove costanti

calore

Potenza meccanica

Schema turboreattore

Tubo di flusso

turbina

compressore

Il teorema di Crocco è una estensione, al moto compressibile, del teorema di Bernoulli, infatti richiamando l’espressione dell’entalpia per gas perfetti: h(T) = u(T) + p/ρ , il teorema di Crocco diventa:

Crocco2

21 CostantegzVp)T(uH =++

ρ+= (4.61)

ovvero:

BernCrocco2

21 Costanteu(T)CostantegzVp

=−=++ρ

(4.62)

Dal che si evince che il teorema di Bernoulli è un caso particolare di quello di Crocco, valido, per moti in-compressibili, su linee di corrente isoterme o isentropiche. Infatti se consideriamo le relazione di Gibbs per l’entalpia:

ρ

−=⇒ρ

+=dpdhTdsdpTdsdh (4.63)

si ricava che in condizioni isentropiche e densità costante è:

0tcosCostphdpdh

==ρ+

ρ=⇒

ρ= . (4.64)

Ma quando è possibile assumere moto incompressibile, ovvero che la densità sia costante? Consideriamo una rappresentazione termodinamica del gas di tipo: h=h(s,p) In condizioni isentropiche sarà ovviamente h=h(p) da cui:

222s

2

2

s a1

dpd1

dphd;1

dpdh

ρ−=

ρρ

−=ρ

= (4.65)

dove a2 è la velocità del suono. Dato uno stato di riferimento (pedice o) vale:

Croccoo2

o21

o2

21 CostantegzVhgzVh =++=++ (4.66)

4.21

Page 121: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio

Vogliamo determinare le condizioni per cui h si discosti di poco rispetto ad ho, facendo un sviluppo in serie:

( ) ( ) ( ) ( )( )

( ) ( ) ( ) ( ) ..VMVpp

21pph..V

aV

Vpp

21pph

...app

21pph...

2pp

dphdpp

dpdhhh

2o

2o

2

2oo

o

o

oo

2o

2

0

o2

2oo

o

o

oo

2

o

o

o

oo

2o

o2

2

oo

o

+

ρ−

−ρ−

+=+

ρ−

−ρ−

+=

=+

ρ−

−ρ−

+=+−

+−

+=

(4.67)

sostituendo nell’equazione (4.61) si ricava:

( )o

2o

2

2oo

o2o

o

o2

ozgM

Vpp1

2Vpzg

2Vp

+

ρ−

++ρ

≅++ρ

(4.68)

da cui si vede che per Mo

2 <<1 (tipicamente Mo<0.3) il gas si comporta come se fosse incomprimibile (ρ=cost=ρo) ed il teorema di Crocco diventa simile al teorema di Bernoulli. 4.3.5.1 Forme ingegneristiche dell’equazione dell’energia. Avevamo ritrovato

( ) ( )

••

===ρ=

+−=++−++

m

Ww;m

Ww;m

Qq;SVm:con

wwqgzVhgzVh

viscvisc

meccmeccn

viscmecc12

21

22

21

(4.69)

Per recuperare una forma simile al Bernoulli, si usa la definizione di h(T)=u(T)+p/ρ, sicché si pone:

( )

++−−+

++

ρ=

++

ρviscmecc12v

2

221

1

221 wwqTTcgzVpgzVp (4.70)

In molto problemi pratici è consuetudine suddividere la potenza meccanica trasferita dal sistema all’ambiente in una potenza derivante da turbine (positiva) ed in una potenza derivante da pompe (negativa): wmecc=wturb-wpomp , e di portare la potenza derivante da sistemi pompanti a sinistra dell’equazione per ottenere la forma:

( ) visc12vturb

2

221pomp

1

221 wqTTcwgzVpwgzVp

+

−−++

++

ρ=+

++

ρ (4.71)

Ogni termine di questa equazione ha le dimensioni di una energia per unità di massa. Gli idraulici amano pe-rò considerare termini aventi le dimensioni di altezze, chiamate “prevalenze”, il che significa che essi divi-dono ogni termine dell’equazione (4.71) per l’accelerazione di gravità, ottenendo:

fturb2

222

pomp1

211 hhz

g2V

gphz

g2V

gp

++++ρ

=+++ρ

(4.72)

avendo definito:

4.22

Page 122: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio

==mg

Wg

wh pomppompomp prevalenza fornita da pompe (Nota: Potenza per portata ponderale di fluido)

==mg

Wg

wh turbturbturb prevalenza fornita da turbine (Nota: Potenza per portata ponderale di fluido)

( )

gw

g

qTTch visc

12v

f +

−−

= perdite di prevalenza (attrito, calore ccc.)

Nota :

La perdita di prevalenza localizzata è di solito definita dal coefficiente di perdita (adimensionale) “kf “:

≡ 2ff V

g2hk (4.73)

Le perdite di attrito diffuse in tubi/condotti sono espresse dal coefficiente di attrito (alla Darcy) “f”:

2f Vg2

LDhf = (4.74)

In genere hf ed f dipendono dal numero di Reynolds, dalla scabrosità superficiale ed ovviamente dalle geo-metrie. Il coefficiente di attrito “f” è ricavabile dall’abaco di Moody. Ovviamente per hpomp = hturb = hf = 0 si ritorna al teorema di Bernoulli.

4.23

Page 123: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio

Esercizio 4.26

100

1

2

turbina

Una centrale idroelettrica opera su 30 m3/s di acqua che viene introdotta con un dislivello di 100 m, in una turbina che scarica con una velocità di 2 m/s. La perdita di prevalenza viscosa è hf=20 m. Calcolare la potenza (fluida) della turbina. [ 23.5 MW]

Esercizio 4.27 Una pompa fornisce 0.3 m3/s di acqua ad una macchina posta 7 metri al di sopra del pelo libero del serbatoio.

D2= 7 cmP2,gauge=1.2

P=1 atm

pompa

7 mLa condotta ha un coefficiente di perdita totale di kf=0.075 Determinare la potenza del motore necessaria per azionare la pompa, as-sumendo un rendimento del 80%. [15.3 MW]

Esercizio 4.28 Trovare la relazione tra la velocità di scarico e l’altezza del pelo libero rispetto allo scarico, assumendo un coefficiente di scarico pari a Cd=0.8 (di solito Cd = 0.6-0.9).

A2,V2

A1,V1=0

h

[ gh2CV d≅ ]

Esercizio 4.29 Considerare il condotto in figura. Trascurando le perdite e gli effetti gravitazio-nali, determinare l’espressione della portata di massa in funzione delle pressio-ni misurata alle stazioni (1) e (2).

P1D1

P2D2[ ( )

( )412

212 DD1

pp2Am−

−ρ=

•]

4.4 Coefficienti di correzione Finora abbiamo assunto l’uso del teorema della media per il calcolo degli integrali superficiali convettivi:

per la massa: ( )•

=ρ≈ρ•∫∫ mVSdSVnS

3.75)

per la quantità di moto: ( ) VmSVdSVVn 2

S

•=ρ≈ρ•∫∫ (4.76)

per l’energia cinetica: ( ) 2213

21

S

221 VmSVdSVVn

•=ρ≈ρ•∫∫ (4.77)

In tutte queste espressione abbiamo tacitamente pensato di usare come velocità media e come densità media quelle calcolate facendo le medie sulla superficie:

∫∫=A

media dAVA1V (4.78)

4.24

Page 124: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio

∫∫ρ=ρA

media dAA1 (4.79)

Ovviamente ci si accorge che qualcosa non funziona e che, a rigore, occorrerebbe introdurre dei fattori di correzione.

Assumeremo che la densità sia costante, in tal caso, per la massa non occorre alcuna correzione. Per la quantità di moto e per l’energia cinetica introduciamo rispettivamente i coefficienti di correzione “β” ed “α”:

∫∫

≡β

A

2

mediadA

Vu

A1 (4.80)

∫∫

≡α

A

3

mediadA

Vu

A1 (4.81)

Per stimare il valore di questi coefficienti per problemi reali, esaminiamo tipici profili di velocità u(r) in tubi di raggio R, per regimi laminari e turbolenti:

laminare:

−≅

2

media Rr1

V)r(u ⇒ β = 4/3 = 1.33 α = 2

turbolento: 7/1

media Rr1

V)r(u

−≅ ⇒ β = 1.020 α = 1.077

Dall’analisi di queste stime risulta che per problemi reali il flusso è quasi certamente turbolento ed i valori dei coefficienti di correzione sono pressoché unitari e quindi in pratica possono essere ignorati. Per regimi laminari (abbastanza rari in pratica), ovviamente ciò non accade, e quindi occorrerebbe tenere conto dei fattori di correzione. 4.5 Fluidodinamica dei sistemi propulsivi (eliche e rotori) - Teoria del disco attuatore

La propulsione fluidodinamica si può realizzare con apparati che aumentano la quantità di moto di una parte del fluido in direzione opposta alla trazione che si realizza per reazione.ò Esempi tipici: eliche (aeronautiche e marine), rotori di elicotteri, turbogetti, fan-jet, ram-jet, macchine a cu-scino d’aria ecc.). Laddove non esiste un mezzo fluido (i.e. nel vuoto) la propulsione può essere prodotta soltanto mediante va-riazione di massa del sistema: i.e. per mezzo di razzi o di propulsori non endotermici (elettrici, ecc.). La (classica) teoria di Froude considera il bilancio globale di quantità di moto per un disco attuatore : di-scontinuità attraversata da massa capace di fornire idealmente energia e quantità di moto [mediante un in-cremento di pressione] al fluido che lo attraversa. Si suppone che:

1. il carico di spinta sul disco sia uniforme (caso limite di numero infinito di pale), 2. il disco attuatore non imponga velocità di rotazione al fluido (pale contro-rotanti), 3. un tubo di flusso separa, dall’ambiente, il fluido che passa attraverso il disco con una interfac-

cia non viscosa 4. all’infinito (a monte ed a valle) la pressione è pari a quella ambiente.

4.25

Page 125: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio

Consideriamo la superficie di controllo di raggio R molto grande, con stazioni molto lontane dal disco, A è l'area del disco attuatore, come raffigurata nella figura che segue. Per la continuità vi deve essere un flusso attraverso la superficie laterale:

( ) ( )o222

o22

o2

2 VVrRVrRVrVQ −π=π−−π+π= (4.82) Per grandi valori di R le linee di corrente, a grande distanza dal di-sco attuatore, sono pa-rallele all’asse. Il flusso entrante attra-verso le superfici late-rali fornisce un contri-buto nella direzione dell’asse pari a (ρ Vo Q), per cui il bilancio della quantità di moto nella direzione assiale diventa (in condizioni stazionarie, moto uni-dimensionale)

R

Vopo

p p+dp

A

r

poVo

V2 , po

V1=Vo+w

superfice di controllo Q

V1

tubo di flusso

T = [portata di quantità di moto uscente] - [portata di quantità di moto entrante]

( )[ ] [ ] ( )

lateraleerficesupcontributoo02

22o

22o

2222

2 VVVrVrVrRVrT −ρπ−ρπ−ρ−π+ρπ= (4.83)

ovvero semplificando: ( )

easintotichvelocità le tra differenzao2

flussoditubomassicaportata

22

aintspVVVrT −πρ= (4.84)

Che si legge:

la spinta è pari al prodotto della portata massica che attraversa il disco per la differenza di velocità asintotiche che si realizza (come doveva essere)

Ovviamente la spinta T può essere espressa anche in termini della differenza di pressione sul disco:

T pA ∆=

In questo caso il ∆p si può ricavare dall’equazione di Bernoulli che vale a monte ed a valle del disco (ma non attraverso il disco attuatore):

( ) ( ) ( o2o2212

o222

12

1212

221

o

212

12o2

1o VVVVVVp

pVpVp

VpVp+−ρ=−ρ=∆⇒

∆+ρ+=ρ+

ρ+=ρ+ ) (4.85)

ovvero: ( )( )AVVVVT o2o22

1 +−ρ= (4.86) Ma dalla continuità:

122 VAVr =π (4.87)

4.26

Page 126: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio

Per cui confrontando le due espressioni ottenute per la spinta T si ricava:

2VVV 2o

1+

= (4.88)

Ovvero in termini della velocità indotta sul disco:

o1 VVw −= ; w2VV o2 =− (4.89) che si legge:

l’incremento di velocità indotta sul disco attuatore è pari alla metà di quello asintotico

L’espressione della spinta prende quindi la seguente forma:

( )indotta velocità diasintotico incremento

disco il attraversomassa diportata

oaintspw2wVAT +ρ= (4.90)

Per ricercare un’espressione per il rendimento, definiamo la potenza fluida “Pf“ come prodotto della portata massica per l’incremento di energia cinetica specifica:

( ) ( )[ ] ( ) ( ) ( )wVTwVw2wVAVw2VwVAP ooo2o

2o2

1of +=++ρ=−++ρ= (4.91)

Questa potenza fluida “Pf“ risulta essere somma :

della Potenza utile “Putile” (alla propulsione): outile VTP = (4.92)

della Potenza indotta "Pind": wTPindotta = (4.93) Per cui il rendimento propulsivo ideale “ηi” è definibile come:

ofutile

utile

f

utilei Vw1

1PP

PP

P+

=+

=≡η (4.94)

Il rendimento propulsivo ideale è quindi funzione solo del rapporto di velocità w/Vo

Per eliche in moto si definiscono i seguenti coefficienti adimensionali:

2o2

1T AVTC

ρ≡ (4.95)

da cui:

( )1C1Vw

T21

o−+= (4.96)

3o2

1i

P AVPC

ρ≡ (4.97)

da cui

( )1C12

CVw1CC T

T

oTP ++=

+= (4.98)

Per eliche a punto fisso (Vo =0) queste definizioni non hanno significato, in tali casi si ritrova:

4.27

Page 127: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio

A2Tw o

o ρ= (4.99)

A2TP

4/3o

o,fρ

= (4.100)

Da queste relazioni, eguagliando le due espressioni date per la Pf , può essere di interesse ricavare come la spinta di un’elica varia con la velocità di avanzamento V (pedice “o” per elica a punto fermo):

ρ++=

ρ AT2VV

2T

A2T 2

4/3o (4.101)

ovvero:

+

+=

4/3

o

2

ooo TT4

wV

wV

TT

211 (4.102)

Da quest’ultima si nota la diminuzione della spinta con la velocità di avanzamento [ memo. wo = (To/2ρA)1/2]

Esercizio 4.30 Necessita un’elica che produca una spinta di 4000 N ad una velocità di volo di 120 m/s al livello del mare. Se il diametro è D=2.5 m., stimare la potenza ideale assorbita. Risp. 491 kW.

Nota in genere la potenza reale è del 15% superiore a quella ideale.

Esercizio 4.31 Considera un elicottero in hovering (fermo ad una certa quota) a 1000 metri di quota. Sia D=6 m il diametro del rotore e M= 500 kg la massa dell’elicottero. Quanto vale la potenza minima richiesta al motore dell’elicottero per mantenere l’hovering?

NOTE: • La spinta è pari al prodotto della massa d’aria che passa nel disco attuatore per la variazione glo-

bale di velocità. • L’espressione del rendimento può essere messa nella forma: 1o VV=η • Cioè come rapporto della velocità di moto per la velocità di attraversamento (o di scarico). • Si noti inoltre che la teoria di Froude, anche se pensata per un’elica, è applicabile ad ogni siste-

ma propulsivo, idealizzabile mediante il concetto di disco attuatore. Da queste notazioni si pos-sono dedurre delle interessanti conclusioni.

• In pratica si possono pensare a due casi limite: • Una grande massa (grande diametro) accelerata di poco → rendimento alto • Una piccola massa (piccolo diametro) accelerata di molto → rendimento basso. • Un’elica è vicina al caso (1), un turbogetto è vicino al caso (2) [in realtà ad alte velocità di volo

gli effetti della compressibilità impediscono l’uso di eliche, normalmente si limita la velocità dell'estremità della pala a M<0.8; nel caso di propulsori marini la limitazione del numero di giri dipende dal fenomeno della cavitazione]

• L’ideale, per un mezzo che debba volare in un campo di velocità molto ampio, sarebbe di com-binare le due caratteristiche: è questo il principio del turbo-fan in cui una parte del flusso di aria passa attraverso eliche intubate di grande diametro che le accelerano con grande efficienza, ed

4.28

Page 128: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio

un’altra massa passa invece attraverso il motore a getto che l’accelera a grandi velocità. Per cui il rendimento propulsivo si mantiene alto in tutto il campo di velocità di volo.

• La teoria di Froude è molto semplice, ma capace di fornire utili indicazioni • Per l’analisi approfondita dell’elica sono disponibili teorie più sofisticate quali la teoria

dell’elemento di pala, in cui ogni tronco della pala è considerato come un profilo alare che ge-nera una forza aerodinamica che, opportunamente scomposta, genera un contributo di trazione ed uno di coppia; dall’integrazione su tutta la pala si risale alle prestazioni. Complicazioni deri-vano per la determinazione della velocità indotta dalla finitezza della pala e delle perdite di e-stremità. Questa teoria fornisce buoni risultati ma sarebbe ottima per una pala isolata

Per tenere in conto invece che di pale ne esistono almeno due e del fatto che i vortici rilasciati dalle estremità seguono traiettorie a spirale che possono indurre campi di velocità molto impor-tanti, specialmente se l’elica avanza di poco [come nel caso di elicotteri a punto fermo], si sono ideate delle teorie vorticose capaci di modellare completamente tali fenomeni.

Ovviamente tutti questi approfondimenti sono riservati a specialisti Ma il rude ingegnere deve scegliere un’elica in base a dati tecnici; ed è questo aspetto che cercheremo di de-scrivere nel seguito. Un’elica è identificata da dati geometrici ed operativi [tra cui il numero di giri che non compare nella teoria di Froude] e da dati prestazionali che derivano da prove sperimentali su prototipi e su modelli. Come per le turbopompe, si definiscono coefficienti adimensionali.

Coefficienti di spinta 42T DnT

ρ=C (4.103)

Coefficienti di coppia 52C DnC

ρ=C (4.104)

Coefficienti di potenza C5353P C2DnCn2

DnP

π=ρ

π=

ρ=C (4.105)

Rapporto di avanzamento Dn

VJ = (n= numero di giri) (4.106)

Da questi, ne deriva

Rendimento: JCCJ

CC

21

Cn2VT

P

T

C

T =π

≡η (4.107)

Il passo geometrico “p” di un’elica è definito come l’avanzamento ideale (av-vitamento perfetto senza slittamento) per un giro. Ne deriva per l’angolo di passo “β” la relazione:

r2ptanπ

=β (4.108) 2 r π

Tutti i calcoli di un’elica si fanno ad un determinato raggio, di solito 0.75 R

[alcuni usano valori differenti quali 0.65 R, fare attenzione!]. Se l’elica fosse progettata con passo costante con il raggio. l’angolo di passo varierebbe con x=r/R come:

π

=β −

xDptan 1 (4.109)

Di seguito alcune figure che descrivono un’elica (geometricamente) e le sue prestazioni.

4.29

Page 129: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio

Il progetto di un'elica richiede, in linea di massima che la spinta massima a punto fisso (Vo=0) e che il ren-dimento sia massimo in crociera. In applicazioni di basso costo si usano eliche a passo fisso, che quindi non saranno ottimizzate né per la cro-ciera né per il punto fisso ma con un compromesso. Il controllo della spinta avviene mediante la variazione del numero di giri. In applicazioni più sofisticate si usano eliche a passo variabile, che funzionano essenzialmente a numero di giri costante. Il controllo della spinta avviene mediante la variazione del passo. Per queste ultime la logica del controllo automatico di spinta porta a soluzione ottimali che consentono di ot-tenere la massima spinta a punto fisso (J=0), spinta che diminuisce all'aumentare del rapporto di avan-zamento J. Per poter stimare la variazione della spinta con la velocità è utile l'uso di diagrammi tipici elaborati all'uo-po in relazione all'elica ed al sistema di controllo, quali quelli che seguono. Un esempio semplifica le idee. Ovviamente essendo la maggior parte dei fornitori anglo-americani-canadesi, si usano quasi sempre dimen-

sioni anglosassoni. Consideriamo un'elica a passo variabile tipica di un velivolo dell'aviazione generale:

Diametro D = 6.2 ft , Potenza assorbita, Pot = 200 Hp Numero di giri RpM=2700 , Velocità di volo V = 50 mph ( 22.4 m/s, 74.7 ft/s )

Il carico di potenza sul disco è Potenza/Area = 200/(π D2/4) = 4.9 [Hp/ft2] Dal primo diagramma ne deriva che per la spinta statica (V=0) e To/Potenza = 4.9 [lb/Hp] ovvero To = (4.9) (200) = 980 [lb]

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1

0 20 40 60 80 100 120

elica_avanzamento

45678

T/To

V (ft/s)

7

Hp/A (Hp/ft2)

4.30

Page 130: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio

Dal secondo diagramma si ricava che per:

To/Pot=4.9 deriva:

T = (T/To)V=74.7 To = (0.715) (980)=700 [lb]

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1

0 20 40 60 80 100 120

elica_avanzamento

45678

T/To

V (ft/s)

7

Hp/A (Hp/ft2)

4.31

Page 131: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo 4 - Equazioni Integrali di Bilancio

.4.6 SINTESI e CHECK-OUT Chiave di volta per la derivazione delle equazioni integrali di bilancio sono:

la definizione di sitema (Volume di Controllo o Massa di controllo), individuazione delle proprietà estensive (che si possono bilanciare) e di quelle intensive (che non si possono

bilanciare ma soltanto equilibrare),

teorema di Reynolds (del trasporto) che individua la derivata temporale di una generica proprietà materiale (definita per un sistema) e la esprime per un volume di controllo.

Il teorema di Reynolds permette di riscrivere le classiche leggi della fisica (derivate per masse di controllo) in una forma adatta alla fluidodinamica. Con la introduzione di concetti di flussi diffusivi superficiali (non collegati a flussi di massa) e di produzioni volumetriche, è infatti semplice formulare le equazioni integrali per sistemi aperti. Queste vengono anche esplicitate nell’ipotesi di un solo ingresso una sola uscita, per i quali si usa, comunemente, il teorema della media per la determinazione degli integrali superficiali.

equazione integrale per la conservazione della massa,

equazione integrale per il bilancio della quantità di moto, permette la determinazione della spinta globale sul sistema fermo o in moto costante,

equazione integrale per il bilancio della quantità di moto in un riferimento non inerziale, permette la

determinazione della spinta globale su sistemi in moto vario,

equazione integrale per il bilancio del momento della quantità di moto: è logicamente un sottocaso del bilancio della quantità di moto ma è di grandissimo interesse perché permette l’analisi preiliminare delle prestazioni delle turbomachine (coppia e potenza),

equazione integrale per il bilancio dell’energia: storicamente è l’argomento che può generare confusione

perché polidromo: tante sono le forme di energia da considerare nel loro insieme (energia totale) o separatamente. Come sottoprodotto ne derivano ieoremi di Crocco e di Bernoulli (ancora lui! ma stavolta con una veste diversa) che sono casi particolari l’uno dell’altro a seconda della comprimibilità del moto che si dimostra dipendere dal numero di Mch, rapporto tra la velocità del fluido e quellla del suono.

Le perdite viscose per attrito su parete solide vengono quantificate mediante coefficienti di perdite localizzate

o di attrito (per perdite diffuse), questi ultimi sono leggibili dall’abaco di Moody.

L’uso del teorema della media per la determinazione degli integrali superficiali porta a degli errori tanto maggiori quanto più curvi sono i profili di velocità nelle sezioni di ingresso e di uscita. Ne segue la necessità di usare dei coefficienti di correzione, che sono prossimi all’unità per regimi di moto turbolenti.

Cenni alla fluidodinamica dei sistemi propulsivi descrivono la semplice teoria che deriva dall’uso del concetto

di disco attuatore. Si arriva così alla stima semplice della Spinta, della Potenza richiesta e del rendimento per sistemi propulsivi in moto o a punto fermo (definizioni differenti!) e si conclude con la descrizione dei coefficienti adimensionali che, industrialmente, definiscono le prestazioni di tali apparati.

4.32

Page 132: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale

Capitolo 5

Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale

Scopo del Capitolo

L’uso delle equazioni integrali di bilancio consente una analisi limitata ad un livello globale. Talora questo può essere un vantaggio, per la semplicità di applicazione, ma ovviamente è limitativo in quanto, già ad un primo approfondimento, si richiedono informazioni dettagliate e particolareggiate. Per poter fare questo secondo tipo di analisi approfondita occorre dettagliare le equazioni di bilancio per ogni punto materiale (particella fluida elementare) del volume di controllo, si derivano così le equazioni di bilancio in forma differenziale [equazioni a derivate parziali]. A questo livello, la risoluzione analitica del poderoso sistema di equazioni a derivate parziali, che ne deriva, è limitata a pochissimi casi di pratico interesse. Purtuttavia la comprensione delle equazioni sarà fondamentale allorquando, in successivi approfondimenti, Vi saranno richieste modellistiche con vari livelli di sofisticazione/semplificazione e/o relative soluzioni numeriche.

Indice del Capitolo

Paragrafo_ ______ ____pagina 5.1 Generalità 2 5.2 L'equazione di continuità (conservazione della massa) 2

5.2.1 La funzione di corrente 3 5.3 Equazione Differenziale di Bilancio per la Quantità Di Moto 6

5.3.1 Le relazioni fenomenologiche per il tensore degli sforzi 7 5.3.2 Le equazioni di Navier-Stokes e quelle di Eulero 12

5.4 L’equazione Differenziale di Bilancio per La Vorticità 14 5.4.1 Velocità indotta da un volume vorticoso 18 5.4.2 Risoluzione analitica dell’equazione vettoriale di Poisson per la vorticità (*) 19 5.4.3 Velocità indotta da un filamento vorticoso – formula di Biot-Savart 21

5.5 Equazione differenziale di bilancio del Momento della quantità di moto 25 5.6 Equazione Differenziale di Bilancio per L’energia 27

5.6.1 Equazione dell’energia totale 28 5.6.2 Equazione dell’entalpia totale 29 5.6.3 Equazione dell’energia interna 30 5.6.4 Equazione dell’entalpia termodinamica 31 5.6.5 Condizioni al contorno per la temperatura 32 5.6.6 Ricapitolazione delle forme dell'equazione dell'energia 32

5.7 Equazione Differenziale del Bilancio per l’entropia 33 5.8 Azioni dinamiche 34 5.9 Approssimazione di Boussinesque 34 5.10 Sintesi e Check-Out 36

5.1

Page 133: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale

5.1 GENERALITÀ Le quazioni di Bilancio in forma differenziale saranno derivate, per la generica proprietà B, dalle corrispondenti forme integrali (vedi Capitolo 4) nella forma:

volsup BBDtDB ••

+= (5.1)

Ovvero, richiamando il teorema di Reynolds (paragrafo 3.2), la (5.1) sarà considerata dettagliatamente come:

( ) ( ) volumedi

contributo)t(

lesuperficiadiffusivo contributo

b)t()t(S

lesuperficiaconvettivo contributo

r)t()t(S

VdC nel Bdi variazione

)t(

bdSndSVbnb∫∫∫∫∫∫∫∫∫∫

∂=∂=

ρ+ϕ•−=ρ•+∂ρ∂

VVVV

VV ddt

(5.2)

Ricercando l’equazione di bilancio valida per una singola particella fluida, dovremo considerare il volume di controllo fisso e farlo tendere a zero (nei limiti del continuo). Il che comporta che conviene esprimere tutti i termini come integrali di volume. Questo viene fatto utilizzando il teorema della divergenza di Gauss, per i flussi convettivi e diffusivi, nelle forme:

( ) ( ) VdVbdSVbnVVS

ρ•∇=ρ• ∫∫∫∫∫∂=

(5.3)

VddSnb

VVSb

ϕ•∇=ϕ• ∫∫∫∫∫∂=

(5.4)

In tal caso tutti i termini dell’equazione (5.2) possono essere portati sotto uno stesso segno di integrale:

( ) ( ) 0dbVbtb

bV

=

ρ−ϕ•∇+ρ•∇+

∂ρ∂ •

∫∫∫ V (5.5)

Poiché l’eguaglianza deve mantenersi durante il processo di riduzione del volume a quello di una particella (praticamente a zero), deve necessariamente annullarsi il valore dell’integrando […] della (5.5), da cui si ricava l’equazione di bilancio in forma differenziale, valida per la generica grandezza estensiva B, che sarà la forma di base per le successive analisi:

( ) ( )•

ρ+ϕ•∇−=ρ•∇+∂ρ∂ bVbtb

b (5.6)

dove si è posto:

b

ϕ flusso diffusivo superficiale

produzione volumetrica di B ( variazione temporale di B per unità di massa) •

ρ b•b

5.2 EQUAZIONE DI CONTINUITÀ (conservazione della massa) Poiché nelle nostre ipotesi la massa (b=1) non ha flussi diffusivi (la velocità è la velocità di massa), né produzioni, dalla (5.6) ne discende molto semplicemente:

equazione di continuità: ( ) 0Vt

=ρ•∇+∂ρ∂

(5.7)

Da notare che:

5.2

Page 134: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale

Espandendo la divergenza del secondo termine:

( ) 0VDtDVV

tV

t=•∇ρ+

ρ=•∇ρ+ρ∇•+

∂ρ∂

=ρ•∇+∂ρ∂

(5.8)

si ricava:

( )Dt

VolumeDVolume

1DtD1V =

ρρ

−=•∇ (5.9)

[cfr. la formula di espansione di Eulero per lo Jacobiano (2.93) e la (2.95)] cioè un’interpretazione fisica della divergenza della velocità come diminuzione di densità per unità di densità (ovvero variazione di volume per unità di volume). Se ne deduce che in tutti i casi in cui è possibile assumere moto incompressibile (densità ρ= costante), ovvero quando è M2<<1 [cfr. (4.68)], il campo di velocità è solenoidale:

0V=•∇ (i.e. a divergenza nulla) (5.10)

Per moti comprimibili ma stazionari il flusso di massa deve essere solenoidale

( ) 0V =ρ•∇ (5.11)

Esercizio 5.1 Considera un campo incomprimibile di velocità, piano e stazionario; sia u(x,y)=a x2 - b (x – a y) Determina la più semplice espressione per la componente v(x,y) [-2axy+by]

Esercizio 5.2 Considera il campo comprimibile instazionario: [ ] ( )tkexpjyxbixaV −+=ρ Calcola la variazione della densità nel tempo nel punto x=3, y=2, al tempo t=0

Esercizio 5.3 Sotto quali condizioni il campo di velocità:

V(x,y,z) = (a1x+b1y+c1z) i + (a2x+b2y+c2z) j + (a3x+b3y+c3z) k È incomprimibile?

5.2.1 La funzione di corrente La funzione di corrente ψ è una funzione potenziale (potenziale scalare di Stokes) che esiste per ogni campo vettoriale solenoidale a due dimensioni (piano e non). La sua esistenza è garantita dal fatto che, per definizione, la divergenza di un rotore è identicamente nulla, per cui se k è il versore normale al piano in cui è definito il campo vettoriale A, il potenziale scalare di Stokes ψ è definito come:

( ) ( )[ ] 0kAkA ≡ψ∧∇•∇=•∇⇒ψ∧∇= (5.12)

Nota altre notazioni usate: ψ∇=∧ψ∇=ψ∇∧= .trasvA;kA;kA Ritornando ad un mondo scalare, ne discende per il familiare campo incompressibile bidimensionale di velocità nel piano cartesiano di normale k (lungo la z)

V(x,y) = u(x,y) i + v(x,y) j (5.13)

5.3

Page 135: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale

0yv

xuV =

∂∂

+∂∂

=•∇ (5.14)

se poniamo :

xv,

yu

∂ψ∂

−=∂ψ∂

= (5.15)

risulta

0xyyx

V22

=∂∂ψ∂

−∂∂ψ∂

=•∇ (5.16)

e quindi la funzione di corrente ψ esiste se

xyyx

22

∂∂ψ∂

=∂∂ψ∂ (5.17) A

CB

y

x

dxdy

V

uvdr

ψa=ψc

ψb

ovvero se è valido il teorema di Schwartz. Proprietà della funzione di corrente Consideriamo un campo piano, la curva ψ=costante è linea di corrente in quanto, se consideriamo il prodotto vettoriale tra il generico segmento della linea di corrente dr = dx i + dy j e la velocità V= u i + v j , risulta:

( ) ( ) costante0dkdyy

dxx

kudyvdxkVrd0 =ψ⇒=ψ−=

∂ψ∂

−∂ψ∂

−=−=∧= (5.18)

Quindi non vi può essere componente della velocità normale alla curva ψ=costante.

Ne discende che la portata di flusso attraverso due linee di corrente con valori ψa e ψb deve dipendere

soltanto da questi valori e non dai punti o dalle traiettorie usate per calcolare la portata dSVnQb

aba •≡ ∫− .

Considerando la figura: calcoliamo la portata di volume QA-B:

AB

y

y

y

yBA ddy

ydyuQ

B

A

B

A

B

A

ψ−ψ=ψ=∂ψ∂

== ∫∫∫ψ

ψ− (5.19)

Calcoliamo, ancora, la portata di volume QB-C:

( ) ABC

x

x

x

xCB ddx

xdxvQ

C

CB

C

B

C

B

ψ−ψ=ψ−ψ−=ψ−=∂ψ∂

−== ∫∫∫ψ

ψ− B (5.20)

Come doveva essere la portata volumetrica è la stessa nei due casi, dal che se ne prova l’indipendenza dalla curva usata e che l’entità della portata è pari alla differenza tra i due valori assunti dalla funzione di corrente nei due punti A e B. Negli altri casi di moto 2D: • Per un campo compressibile piano: V(x,y)=u i + v j

5.4

Page 136: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale

( ) ( ) ( ) 0vy

ux

V

xy

=ρ∂∂

+ρ∂∂

=ρ•∇

∂ψ∂

−∂ψ∂

(5.21)

Per soddisfare la continuità la funzione di corrente sarà ovviamente definita come:

x

1v,y

1u∂ψ∂

ρ−=

∂ψ∂

ρ= (5.22)

• Per campo piano in coordinate polari [ polari (r,θ), da Cilindriche a z=costante]:

V(r,θ)=Vr ir + Vθ jθ (5.23)

( ) ( ) ( ) 0VrVrr

1Vr

rVr1V

r

rr =

θ∂∂

+∂∂

=

θ∂∂

+∂

∂=•∇

∂ψ∂

−θ

θ∂ψ∂

θ (5.24)

Per soddisfare la continuità la funzione di corrente sarà ovviamente definita come:

r

V,r1Vr ∂

ψ∂−=

θ∂ψ∂

= θ (5.25)

• Per campi assial-simmetrici [(r,z) da Cilindriche con (.)θ e d(.)/dθ=0]:

V(r,z)=Vr ir + Vz k (5.26)

( ) ( ) 0)rV(z

rVrr

1z

Vr

rVr1V

r

z

z

rzr =

∂∂

+∂∂

=∂

∂+

∂∂

=•∇

∂ψ∂

−∂ψ∂

(5.27)

Per soddisfare la continuità la funzione di corrente sarà ovviamente definita come:

rr

1V,zr

1V zr ∂ψ∂

−=∂ψ∂

= (5.28)

Nota: per campi piani comprimibili (cartesiani, polari) le dimensioni della funzione di corrente sono quelle

del prodotto di una densità ed di una velocità per una lunghezza, per campi piani incomprimibili (cartesiani, polari) le dimensioni della funzione di corrente sono

quelle di una velocità per una lunghezza, per campi assialsimmetrici incomprimibili (cilindrici) le dimensioni della funzione di corrente sono

quelle di una velocità per il quadrato di una lunghezza (superficie)

Esercizio 5.4 Considerando il collegamento tra funzione di corrente e portate, commentare le Note di cui sopra

Esercizio 5.5 Considerate le espressione per le funzioni di corrente Ψ = a (x2 – y2) ψ=3 a x2 y – a y3 Determinare le espressioni delle componenti di velocità, la divergenza, ed il laplaciano di ψ.

5.5

Page 137: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale

Esercizio 5.6* Dato il campo di velocità: u = x2 - y2 v = - 2 x y Determinare le linee di corrente e quella per cui è ψ=0

Esercizio 5.7* Data l’espressione della funzione ψ = r3 sin (3 θ) determinare le Vr e Vθ sulla linea di corrente ψ=0. Calcolare le equivalenti componenti u,v in coordinate cartesiane.

5.3 EQUAZIONE DIFFERENZIALE DI BILANCIO PER LA QUANTITÀ DI MOTO In questo caso la B =M V , b = V dalla (5.6) discende un’equazione vettoriale:

( ) ( ) [ ] gUpVVtV

ρ+τ+−•∇=ρ•∇+∂ρ∂

(5.29)

ovvero svolgendo la divergenza a destra della (5.29) si ottiene l’equazione di bilancio della quantità di moto (nella forma cosiddetta conservativa o di divergenza):

( ) ( ) gpVVtV

ρ+τ•∇+∇−=ρ•∇+∂ρ∂

(5.30)

dove p è la pressione (media degli sforzi normali se il moto è incomprimibile), τ il tensore degli sforzi, g l’accelerazione di campo (gravitazionale). Se svolgiamo il termine a sinistra della (5.30) notiamo che:

( ) ( ) ( ) ( )[ ] ( ) ( )[ ] ( )

( ) ( )[ ]Dt

VDVt

VVVtV

VVVVt

VtVVV

tVVV

tV

ρ=

ρ•∇+

∂ρ∂

+

∇•+

∂∂

ρ=

=•∇ρ+ρ•∇+∂ρ∂

+∂

∂ρ=ρ•∇+

∂ρ∂

=ρ•∇+∂ρ∂

(5.31)

in quanto il termine tra parentesi graffa è nullo essendo pari all’equazione di continuità (5.7). Ne discende che, considerando la continuità, l’equazione di bilancio della quantità di moto diventa un’equazione di equilibrio per la quantità di moto:

gpDt

VDρ+τ•∇+∇−=ρ (5.32)

Questa, Dividendo ogni termine per la densità, può essere messa nella forma che prende il nome di equazione di Navier-Stokes:

g1p1Dt

VD+τ•∇

ρ+∇

ρ−= (5.33)

Da cui si ricava che l’accelerazione particellare (che compare a sinistra) è bilanciata dai risultanti, per unità di massa, delle forze superficiali (derivanti dal gradiente di pressione e dal tensore degli sforzi) e dall’accelerazione di campo (nella fattispecie quella di gravità). Le condizioni al contorno usabili per questa equazione sono l’annullarsi della velocità sul corpo. Se sono trascurabili gli effetti viscosi (derivanti dal tensore degli sforzi) ne deriva l’equazione di Eulero:

5.6

Page 138: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale

gp1Dt

VD+∇

ρ−= (5.34)

Le condizioni al contorno usabili per questa equazione sono l’annullarsi sul corpo della sola componente normale della velocità (la componente tangenziale non può annullarsi perché non è considerato l’attrito). 5.3.1 Le relazioni fenomenologiche per il tensore degli sforzi Per esplicitare completamente l’equazione di Navier-Stokes occorre un modello per il tensore degli sforzi viscosi τ. In condizioni di flusso laminare, il modello più semplice utilizzato in fluidodinamica è quello di fluido newtoniano, che generalizza la relazione derivante dallo storico esperimento del flusso tra due piastre di cui una in movimento (moto alla Couette):

yu

xy ∂∂

µ=τ (5.35)

y L

U

τxy ∝ µU/Lx

Questa relazione dice che lo sforzo viscoso tra le due piastre (in questo caso costante) è proporzionale al rapporto tra la differenza delle velocità e la loro distanza, il fattore di proporzionalità è il coefficiente di viscosità dinamica µ (lettera greca si pronuncia “mu” o "mi"). Nel caso più generale occorre modellare la dipendenza tra (l’effetto) il tensore degli sforzi τ (che è un tensore del secondo ordine) ed una causa che deve essere necessariamente (per motivi di omogeneità tensoriale) un tensore del secondo ordine. Il modello di fluido newtoniano assume una relazione lineare tra il tensore degli sforzi τ (effetto) ed il tensore gradiente di velocità ∇ V (causa). La ricerca di questa relazione è fatta sotto certe ipotesi:

• Linearità, • assenza di sforzo residuo, • assenza di direzioni privilegiate (isotropia), • necessità per la relazione τ = f [ ∇ V ] di essere invariante rispetto al riferimento.

E’ pensabile che il tensore degli sforzi T sia dipendente da:

[ ]icatermodinam,V,VfT ∇= (5.36) Con la condizione che una relazione tensoriale, se valida, deve essere invariante, cioè frame independent, ovvero deve essere la stessa qualunque sia il sistema di riferimento. Scegliamo un riferimento fisso rispetto alla particella fluida; per questo sistema è V=0 , D = ∇V = S + Ω Ma, poiché la parte antisimmetrica Ω del tensore velocità di deformazione non contribuisce alla velocità di deformazione (2.130) ma sola alla rotazione rigida, il tensore degli sforzi T deve dipendere esclusivamente dalla parte simmetrica S , in definitiva quindi deve essere:

[ ]icatermodinam,SfT = (5.37)

Vogliamo derivare la forma di questa relazione funzionale per il modello di fluido Newtoniano. Il Modello ipotizza:

5.7

Page 139: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale

1. per fluido in quiete UpT −= , dove p è la pressione (isotropa), per cui denotiamo in genere:

τ+−= UpT , ovvero in notazione indiciale: jijiji pt τ+δ−=

2. fluido isotropo (non esistono direzioni privilegiate) 3. fluido omogeneo (la relazione è funzionalmente la stessa per tutti i punti) 4. la relazione fenomenologia è di tipo lineare (non esistono sforzi pre-esistenti o residui) 5. tensore degli sforzi simmetrico (come S)

Nota il modello di fluido con relazione non lineare si chiama modello di Stokes. ----------------------------------------------- inizio analisi di primissimo livello-----------------------------------------

- Si considera un campo di moto incomprimibile

In questo caso la (5.9) impone la solenoidalità del campo di velocità, ovvero che 0V =•∇ . Da questo deriva:

Dal paragrafo (2.7) che la velocità di dilatazione della particella è nulla Dalla (2.129) che la traccia del tensore S (primo invariante) deve essere nulla

Logicamente, il tensore degli sforzi, non potendo dipendere dalla velocità di dilatazione, deve dipendere soltanto dalla velocità di deformazione pura ovvero (A.108 e A.109) dalla parte deviatorica di S cioè dalla parte a traccia nulla di S :

( )UVSS 310 •∇−= ovvero ji

k

k31

ji0ji x

VSS δ∂∂

−= (5.38)

Sorvoliamo sul fatto che se il campo è incomprimibile sarà S=So

Richiamando la necessaria invarianza della relazione tensoriale (5.33) e l’esperimento di Newton (5.35) si deriva, con una certa ingenuità che la relazione (5.35) deve valere qualunque sia la coppia di assi normali (x,y), (x,z),(y,z) e che deve esistere un solo coefficiente di viscosità. Generalizzando la (5.35) si arriva alla relazione fenomenologica di fluido newtoniano incomprimibile:

oS2µ=τ (5.39) ovvero in una rappresentazione cartesiana:

∂∂

+∂∂

+∂∂

−∂∂

∂∂

+∂∂

∂∂

+∂∂

∂∂

+∂∂

∂∂

+∂∂

+∂∂

−∂∂

∂∂

+∂∂

∂∂

+∂∂

∂∂

+∂∂

∂∂

+∂∂

+∂∂

−∂∂

µ=

τττττττττ

zw

yv

xu

zw

zv

yw

xw

zu

zv

yw

zw

yv

xu

yv

xv

yu

xw

zu

xv

yu

zw

yv

xu

xu

2

31

21

21

21

31

21

21

21

31

xxxxxx

xxxxxx

xxxxxx

----------------------------------------------fine analisi di primissimo livello------------------------------------------ Consideriamo ora anche campi comprimibili

---------------------------------------- inizio analisi di primo livello pedestre------------------------------------------ Le ipotesi 1)…5) del modello di fluido Newtoniano, portano a ricercare una relazione lineare tra τ ed S. Ma τ ed S , essendo simmetrici hanno, ognuno, 6 componenti scalari, per cui la relazione lineare deve esser rappresentata da una supermatrice di viscosità C che deve contenere 6 x 6 = 36 coefficienti di viscosità:

5.8

Page 140: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale

( ) ( ) ( )

=

ττττττ

zx

yz

xy

zz

yy

xx

6661

44

1611

zx

yz

xy

zz

yy

xx

SSSSSS

C....C........C...............

C....C

(5.40)

Nota: il semplice esperimento di Newton yu

xy ∂∂

µ=τ (moto alla Couette) corrisponde a yuC 2

144xy ∂

∂=τ

Le ipotesi di invarianza (2.24) implicano delle eguaglianze tra i 36 coefficienti C11…C66 che si possono ottenere imponendo scalarmene delle rotazione (indipendenti). Imponiamo 5 rotazioni tra di loro indipendenti:

1. Rotazione di 180° attorno all’asse z: necessita che sia: C15=C16=C25=C26=C35=C36=C45=C46=C51=C52=C53=C54=C61=C62=C63=C64=0

2. Rotazione di 180° attorno all’asse X: necessita che sia: C14=C24=C34=C41=C42=C43=C56=C65=0

3. Rotazione di 90° attorno all’asse z: necessita che sia: C13=C12 , C33=C22, C31=C21, C32=C23, C66=C44

4. Rotazione di 90° attorno all’asse X: necessita che sia: C12=C21 , C22=C11, C23=C12, C55=C44

5. Rotazione di 45° attorno all’asse z: necessita che sia: C11= C44 + C12

Alla fine dei conti l’invarianza implica che 24 coefficienti devono essere nulli e i rimanenti 12 (36-24) devono soddisfare 10 (9+1) equazioni. Ne risulta quindi che la relazione sforzi/velocità di deformazione è esprimibile per mezzo di solo 2 coefficienti indipendenti di cui:

Il primo è il famoso C44 = 2 µ viscosità dinamica il secondo è il meno famoso C12 = λ viscosità di volume (bulk viscosity)

ovvero:

τij =λ (s11+s21+s31) + 2µ sij τ = λ [∇•V] +2µ S (5.41)

---------------------------------- fine analisi di primo livello pedestre -------------------------------------

-.-.-.- ----------------------------------------------- inizio analisi di secondo livello---------------------------------------

basta conoscere bene il calcolo tensoriale per sapere che una relazione lineare ed invariante tra due tensori del secondo ordine dipende solo da due coefficienti scalari !

----------------------------------------------- fine analisi di secondo livello------------------------------------------ -.-.-.-

----------------------------------------------- inizio analisi di terzo livello---------------------------------------

La relazione lineare tra τ e S impone che le direzioni principali dei due tensori devono coincidere. Poiché τ e S sono simmetrici esiste certamente un riferimento (principale) in cui essi hanno una rappresentazione diagonale. Ovviamente questo riferimento è lo stesso sia per τ che per S. Le rappresentazioni, rispettivamente, di τ ed S in questo riferimento siano ti ed si che ne rappresentano le diagonali

5.9

Page 141: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale

La ricerca della relazione: [ ]icatermodinam,Sf=τ Diventa quindi:

[ ] jijii sAicatermodinam,sft == (5.42) E vogliamo ricercare le condizioni per cui tale relazione sia frame independent. Premettiamo, soltanto per semplicità esplicativa, che alcune rotazioni sono equivalenti a permutazioni: ad esempio consideriamo un riferimento in cui S ha la rappresentazione (s1,s2,s3) e τ ha la rappresentazione (t1,t2,t3), è facile verificare che se operiamo una trasformazione ortogonale che tramuti la rappresentazione di S in (s3,s1,s2) e τ avrà necessariamente (stesse direzioni principali) la rappresentazione (t3,t1,t2). Scrivendo in esteso si ottiene per il generico riferimento (s1,s2,s3)→ (t1,t2,t3):

3132121111 sAsAsAt ++= 322221212 sAsAsAt ++= (5.43)

3332321313 sAsAsAt ++= Per il riferimento (s3,s1,s2)→ (t3,t1,t2) deve valere:

2131123113 sAsAsAt ++= 2231223211 sAsAsAt ++= (5.44)

2331323312 sAsAsAt ++= Ovvero devono valere le relazioni:

3132121111 sAsAsAt ++= = 223122321 sAsAsA ++ 3232221212 sAsAsAt ++= = A 233132331 sAsAs ++ (5.45)

3332321313 sAsAsAt ++= 213112311 sAsAsA ++= Da cui si deduce che deve essere:

A11=A22 ; A12=A23 ; A13=A21 A21=A32 ; A22=A33 ; A23=A31 (5.46)

A31=A12 ; A32=A13 ; A33=A11 In conclusione ne deriva che:

A11=A22 =A33 ; A12=A21=A23=A32=A13=A31 (5.47)

Ne discende che necessariamente esistono solo due valori indipendenti per la matrice A che possiamo denotare con λ e con 2µ: sicché si ha:

per la rappresentazione diagonale: ti =λ (s1+s2+s3) + 2µ si = λ [∇•V] +2µ si (5.48)

per la rappresentazione non diagonale: τij =λ (s1+s2+s3) + 2µ sij = λ [∇•V] +2µ sij (5.49)

----------------------------------------------- fine analisi del terzo livello------------------------------------------ -.-.-.-

----------------------------------------------- inizio analisi di quarto livello------------------------------------------ Le ipotesi 1)…5) del modello di fluido Newtoniano, portano a ricercare una relazione:

S:AT = ovvero: pqijpqij SAT = (5.50)

5.10

Page 142: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale

Dove, Aijpq è un tensore isotropo del quarto ordine, la cui espressione generale è1 (A.109):

[ ] [ ] [ ]jpiqjqip3jpiqjqip2pqij1ijpq AAAA δδ−δδ+δδ+δδ+δδ= (5.51)

Nota: δij è l’unico tensore isotropo del secondo ordine, è intuibile che tutti gli altri tensori isotropi di ordine superiore siano esprimibili in termine di δij.

Ma poiché T è simmetrico, (Tij=Tji) ne deriva che il terzo termine deve sparire, ne consegue:

[ ] [ ]jpiqjqip2pqij1ijpq AAA δδ+δδ+δδ= (5.52) La doppia contrazione di A con S porta:

[ ] [ ] ij2ijpp1pqjpiqjqip2pqpqij1pqijpq S2ASASASASAS:A +δ=δδ+δδ+δδ== (5.53)

In definitiva A1 ed A2 rappresentano gli unici due coefficienti di viscosità compatibili con la frame independence, la relazione fenomenologica del modello Newtoniano si scrive:

( ) S2VUpUpT µ+•∇λ+−=τ+−= (5.54) ovvero:

ijo

iiijiiijijiiijij S2S32S2S,S2SpT µ+

µ+λ=µ+λ=τµ+λ+δ−=

(5.55) ----------------------------------------------- fine analisi di quarto livello------------------------------------------

-.-.-.- Tutti questi livelli di considerazioni sono più che sufficienti per concludere che matematicamente la relazione (5.37) deve dipendere da solo due coefficienti di proporzionalità:

( ) UV32S2 o •∇

µ+λ+µ=τ (5.56)

dove: µ è il coefficiente di viscosità dinamica, e λ è il coefficiente di viscosità di volume (o di dilatazione ovvero “ bulk viscosity”) ed S il tensore di velocità di deformazione (parte simmetrica di ∇ V ), U tensore unitario. In pratica questa relazione ci dice che il tensore degli sforzi dipende da due termini: • il primo rappresenta la dipendenza dalla sola deformazione derivante dall’atto di moto, cioè solo da S, e

non da Ω che è l’atto di moto rigido derivante dalla rotazione della particella, • il secondo termine rappresenta l’effetto derivante dalla eventuale velocità di dilatazione della particella

(memento: il significato della divergenza della velocità come velocità di variazione di volume per unità di volume).

La teoria cinetica mostra che, per gas mono-atomici, deve verificarsi necessariamente la cosiddetta relazione di Stokes:

µ−=λ32

(5.57)

5.11

1 Cfr: ARIS: Vector, Tensor and the Basic Equation of Fluid Dynamics, pag. 33-34

Page 143: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale

Sebbene tale relazione non è rigorosamente valida, in generale, per tutti gas, essa viene normalmente usata in quasi tutta la Fluidodinamica, diventando quindi l’ipotesi di Stokes (in effetti i casi in cui non è accettabile sono ben pochi: la struttura di un’onda d’urto, la velocità del suono per l’elio liquido ecc..). Notiamo che per tutta la fluidodinamica incompressibile 0V =•∇ l’ipotesi di Stokes è inessenziale in quanto l’influenza della bulk viscosity sullo tensore degli sforzi viene ad annullarsi comunque in quanto

0V =•∇ . Il termine a destra della relazione ( )UVS2 •∇λ+µ=τ è simmetrico, per cui ne deriva che anche il tensore degli sforzi deve essere simmetrico [5.a ipotesi del modello di un fluido newtoniano], quindi esso ha soltanto sei componenti scalari che, sotto l’ipotesi di Stokes, in una rappresentazione cartesiana, sono:

( )zw

32

yv

32

xu

34V

32

xu2xx ∂

∂µ−

∂∂

µ−∂∂

µ=•∇µ−∂∂

µ=τ (5.58)

( )zw

32

yv

34

xu

32V

32

yv2yy ∂

∂µ−

∂∂

µ+∂∂

µ−=•∇µ−∂∂

µ=τ (5.59)

( )zw

34

yv

32

xu

32V

32

zw2zz ∂

∂µ+

∂∂

µ−∂∂

µ−=•∇µ−∂∂

µ=τ (5.60)

yxxy xv

yu

τ=

∂∂

+∂∂

µ=τ (5.61)

zxxz xw

zu

τ=

∂∂

+∂∂

µ=τ (5.62)

yzzy zv

yw

τ=

∂∂

+∂∂

µ=τ (5.63)

5.3.2 Le equazioni di Navier-Stokes e quelle di Eulero Ovviamente le componenti scalari delle equazioni di Navier-Stokes, per un fluido newtoniano sotto l’ipotesi di Stokes, si ricavano proiettando sugli assi coordinati il sistema:

( )

( ) gUV32S21p1

DtVD

0Vt

+

•∇µ−µ•∇

ρ+∇

ρ−=

=ρ•∇+∂ρ∂

(5.64)

Se il campo di moto è stazionario ed incompressibile (ρ=costante) il sistema si semplifica notevolmente:

( ) gS2p1VV

0V

+ν•∇+∇ρ

−=∇•

=•∇ (5.65)

dove è stata introdotta la viscosità cinematica ν=µ/ρ . E’ agevole dimostrare che la divergenza del tensore velocità di deformazione può essere espressa, in coordinate cartesiane come:

( ) ( )[ ] ( )[ ] V21VVVVS 2

0Vse2

21t

21 ∇=•∇∇+∇=∇+∇•∇=•∇

=•∇ (5.66)

5.12

Page 144: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale

per cui in definitiva risulta, sotto l’ipotesi di densità e viscosità costante, il sistema che rappresenta le equazioni di Navier-Stokes, in coordinate cartesiane è:

gVp1VV

0V

2 +∇ν+∇ρ

−=∇•

=•∇ (5.67)

In una rappresentazione cartesiana le equazioni di Navier-Stokes presentano quindi le seguenti componenti scalari:

z2

2

2

2

2

2

y2

2

2

2

2

2

x2

2

2

2

2

2

gzw

yw

xw

zp1

zww

ywv

xwu

gzv

yv

xv

yp1

zvw

yvv

xvu

gzu

yu

xu

xp1

zuw

yuv

xuu

0zw

yv

xu

+

∂∂

+∂∂

+∂∂

ν+∂∂

ρ−=

∂∂

+∂∂

+∂∂

+

∂∂

+∂∂

+∂∂

ν+∂∂

ρ−=

∂∂

+∂∂

+∂∂

+

∂∂

+∂∂

+∂∂

ν+∂∂

ρ−=

∂∂

+∂∂

+∂∂

=∂∂

+∂∂

+∂∂

(5.68)

Questo sistema di equazioni deve essere risolto imponendo l’annullarsi delle componenti della velocità sulla parete (uw=vw=ww=0). Nel mentre le equazioni di Eulero sono:

gp1VV

0V

+∇ρ

−=∇•

=•∇ (5.69)

che in una rappresentazione cartesiana diventano:

z

y

x

gzp1

zww

ywv

xwu

gyp1

zvw

yvv

xvu

gxp1

zuw

yuv

xuu

0zw

yv

xu

+∂∂

ρ−=

∂∂

+∂∂

+∂∂

+∂∂

ρ−=

∂∂

+∂∂

+∂∂

+∂∂

ρ−=

∂∂

+∂∂

+∂∂

=∂∂

+∂∂

+∂∂

(5.70)

Queste equazioni devono essere risolte imponendo l’annullarsi sulle pareti della sola componente normale della velocità (ad es. se la parete ha normale z, occorre porre ww=0, i.e. corpo linea di corrente). Nota: che nelle equazioni di Eulero non compaiono le derivate del secondo ordine per le componenti

di velocità! 5.4 L’EQUAZIONE DIFFERENZIALE DI BILANCIO PER LA VORTICITÀ Consideriamo le equazioni di Navier Stokes prima trovate:

5.13

Page 145: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale

gVp1VVtV

0V

2 +∇ν+∇ρ

−=∇•+∂∂

=•∇ (5.71)

e, ricordando l’identità vettoriale ( ) ( ) VVVVVV 2

1 ∧∧∇+•∇=∇• [memento: la scomposizione dell’accelerazione convettiva come variazione dell’intensità e rotazione del vettore velocità] scriviamo:

( ) ( ) gVp1VVVVtV

0V

221 +∇ν+∇

ρ−=∧∧∇+•∇+

∂∂

=•∇ (5.72)

Facendo il rotore di questa equazione, e introducendo il vettore vorticità V∧∇≡ω risulta

( )[ ] [ ] [ ] [ ] gp1VVVt

0

221

ovvia

∧∇+ω∇ν+∇∧∇ρ

−=∧ω∧∇+•∇∧∇+∂ω∂

=ω•∇ (5.73)

Notiamo che il rotore di un gradiente deve essere identicamente nullo: questo rende nulli i termini contenente la parte di accelerazione convettiva relativa alla variazione di modulo della velocità, la pressione (ρ=costante) e l’accelerazione di gravità (che è esprimibile come gradiente di un potenziale), per cui rimane:

[ ] [ ]ω∇ν+=∧ω∧∇+∂ω∂ 2Vt

(5.74)

ricordando l’identità vettoriale,

( ) ( ) ( ) ( ) (00VVVVV

==•∇ω+∇•ω−ω∇•+ω•∇−=∧ω∧∇ ) (5.75)

si ricava l’equazione di Helmholtz, per il vettore vorticità:

[ ] ω∇ν=∇•ω−ω∇•+∂ω∂

=ω•∇

2VVt

0 (5.76)

ovvero della forma:

[ ] ω∇ν+∇•ω=ω

=ω•∇

2VDtD

0 (5.77)

Nota che il termine che compare immediatamente a destra della (5.77), [ω•∇]V, detto termine di stretching, è nullo se il campo di moto è piano o assialsimmetrico (infatti se V giace in un piano di normale n, ω sarà normale al piano [ ω = ω n ] e quindi avrà componente nulla lungo la direzione di ∇V che deve giacere nel piano. Con le ipotesi di campo non viscoso si ricava:

5.14

Page 146: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale

[ ]VDtD

0

∇•ω=ω

=ω•∇ (5.78)

Con le ipotesi di campo piano [ ω = ω n ] e non viscoso si ricava:

( )

0DtD

0n

=ω•∇ (5.79)

Nota l’equazione di Helmholtz diventa scalare.

E’ interessante, per capire la connessione tra la dinamica della vorticità e gli sforzi viscosi riscrivere le equazioni di Navier Stokes evidenziando laddove possibile la vorticità ed appaiarle a quella di Helmholtz:

Navier-Stokes: ( ) [ ] ( )gzp1VVVtV

0V

21 ∇−ω∧∇ν−∇

ρ−=∧ω+•∇+

∂∂

=•∇ (5.80)

Helmholtz: [ ] ω∇ν+∇•ω=ω

=ω•∇

2VDtD

0 (5.81)

Nota: nella (5.80) si è fatto uso della identità: ( ) ( ) ω∧∇−=∧∇∇−•∇∇==•∇ 0Vse

2 VVV∇

Si può notare che in assenza di termini viscosi la vorticità si conserva "particellarmente", quindi se il moto è inizialmente irrotazionale la vorticità sarà e rimarrà nulla in tutto il campo (invero non è così a valle di Onde d’urto oblique, che esistono però solo in campi compressibili). In caso di moti irrotazionali la N-S diventa:

( ) ( )gzp1VVtV

0V

21 ∇−∇

ρ−=•∇+

∂∂

=•∇ (5.82)

introducendo il potenziale di velocità ϕ : V=∇ϕ , (che esiste in quanto il campo è irrotazionale) e notando

che ( )

∂ϕ∂

∇=ϕ∇∂∂

tt e l’equazione (5.82) si può integrare per ricavare (ancora una volta ma dalla quantità di

moto) il teorema di Bernoulli (nella forma instazionaria):

( ) ( ) )t(fgzp1VVt

0gzp1VVt 2

121 =−

ρ+•+

∂ϕ∂

⇒=

ρ+•+

∂ϕ∂

∇ (5.83)

Ma in questo caso la velocità non deve necessariamente annullarsi sulla parete, nascono i paradossi (niente resistenza, niente portanza,…ci si può muovere solo perdendo massa …, insomma l’apoteosi di D’Alambert). Se il moto è viscoso l’annullarsi della velocità sulla parete genera uno strato viscoso, che crea vorticità, questa si diffonde nel campo fluido secondo le equazioni di Helmholtz, rendendolo instabile e quasi certamente turbolento. Sfortunatamente in questo caso il teorema di Bernoulli non è più valido.

5.15

Page 147: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale

Definiamo, in uno spazio tridimensionale, linea vorticosa come curva (immateriale) inviluppo dei vettori vorticità, tale cioè da essere tangente, per ogni punto, al campo vorticoso: 0rd =ω∧ ovvero

zyx

dzdydxω

(5.84)

ω

Tubo divorticoso

Linea divorticosa

ω

n

S1

S2

n1

n2

C

Ovviamente se prendiamo una curva chiusa, C, nello spazio e consideriamo il volume rappresentato dalle linee vorticose che si appoggiano a tale curva, ne deriva il concetto di tubo vorticoso. Nota che per definizione la superficie laterale del tubo vorticoso è caratterizzata dal fatto che su di essa la componente normale della vorticità è nulla: ω • n = 0 Ma la vorticità deve essere solenoidale ovvero 0=ω•∇ , dal che deriva che se consideriamo il teorema di Gauss della divergenza su di un tratto di volume del tubo vorticoso deve essere:

( ) ( ) ( ) ( ) 0dSndSndSnd0

Gauss didivergenzateorema

=ω•+ω•−=ω•=ω•∇= ∫∫∫∫∫∫∫∫∫21 SSSV

V (5.85)

Ovvero: ( ) ( ) Γ=•==ω• ∫∫∫ dCtVcostantedSn

CStokes diteorema

iS

(5.86)

Cioè il tubo vorticoso non può iniziare/terminare in un campo di velocità, esso quindi o è chiuso su se stesso, o inizia/finisce sulla frontiera del domino (sul corpo o all’infinito). La sua intensità [portata di ω attraverso S, ovvero: ( ) dSn ω•∫∫

iS

] è costante e pari alla circolazione della

velocità attorno ad una curva che lo circonda. In realtà poiché la vorticità è nulla al di fuori del tubo vorticoso, l’intensità del tubo vorticoso è pari alla circolazione della velocità attorno ad un qualunque circuito che lo avvolga una sola volta (a patto, ovviamente, che non avvolga qualche altro tubo vorticoso). Abbiamo in pratica dimostrato i due teoremi di Helmholtz sui vortici: 1° teorema di Helmholtz : L’intensità di un tubo vorticoso è la stessa in tutte le sue sezioni

trasversali. 2° teorema di Helmholtz: La circolazione attorno a due circuiti che avvolgono un vortice/tubo

vorticoso è la stessa ed è pari all’intensità del vortice/tubo vorticoso altri teoremi di interesse sulla vorticità: teorema di (sir William) Thomson: per flussi non viscosi ed incompressibili l’intensità di un tubo

vorticoso rimane costante,(una superficie vorticosa si mantiene tale) da cui discende::

teorema di Kelvin 0DtD

=Γ ovvero la vorticità particellare è costante.

La dimostrazione del terzo teorema sui vortici discende direttamente dall’equazione di Helmholtz valida sotto le ipotesi fatte.

5.16

Page 148: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale

Nota che in regime supersonico, in presenza di Onde d’urto Curve, tale proprietà non è valida, ma in questo caso il moto è comprimibile, quindi tutta un’altra storia.

Per poter illustrare i fondamenti della dinamica della vorticità, regolata dall’equazione di Helmholtz, facciamo le seguenti considerazioni. Se usiamo il teorema della media, possiamo considerare che per un tubo vorticoso deve essere:

costanteAn =Γ=ω (5.87)

Cioè deve valere una situazione come in figura:

Ao A1=Ao/2 A2=2 Ao

ωoω2=ωo/2ω1=2 ωo

Lo L1=? L2=?

La solenoidalità della vorticità genera una situazione simile alla pattinatrice che fa una piroetta, il tratto di tubo vorticoso se si restringe fa aumentare la vorticità, se si allarga la fa diminuire.

Ma cosa ne deriva per la lunghezza ? Ovviamente la risposta sta nel termine di stretching (da cui ne deriva il nome). Per poter comprendere fisicamente cosa succede, faremo un’analisi approssimata per un segmento di un tubo vorticoso. Consideriamo (come nella figura a lato) un tratto, lungo h = B-A (non molto grande), di tubo vorticoso rettilineo che si estende nella direzione n , immerso in un campo di velocità tri-dimensionale, e consideriamone le posizioni al tempo t=0 ed ad un tempo di poco superiote t=∆t.

h+dhh

A A’

BB’

ω=ω n

VA ∆t

VB ∆t

Cerchiamo di determinare le condizioni derivanti dall’allungamento del tratto di tubo

vorticoso facendo un’analisi infinitesimale. Essendo h molto piccola la velocità nel punto B è collegata a quella nel punto A da uno sviluppo in serie (troncato al primo ordine):

( hVnVhnVVV AAB ∇•+=

∂∂

+= ) (5.88)

Al tempo ∆t, le estremità (A e B) del tratto di tubo si saranno spostate nei punti (A’ e B’):

tVrr AA'A ∆+= (5.89) ( )[ ] thVnVrtVrr ABBB'B ∆∇•++=∆+= 5.90)

Da cui possiamo stimare la differenza della lunghezza del tratto di tubo vorticoso:

( ) ( ) ( )[ ] thVnrrrrhn AB'A'B ∆∇•=−−−=∆ (5.91) ovvero:

5.17

Page 149: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale

( ) ( ) ( )tnh

h1

trrrr

h1Vn AB'A'B

∆∆

=∆

−−−=∇• (5.92)

Nota che la differenza tra le due parentesi tonde è proprio la differenza di lunghezza ∆h nella direzione n. Passando al limite per ∆t→0 si ottiene:

( ) [ ]dt

nhdh1Vn =∇• (5.93)

Moltiplicando scalarmente per l’intensità della vorticità ω si ricava l’espressione del termine di stretching:

( ) ( )dt

nhdh

V ω=∇•ω (5.94)

Se si assume che la normale n non varia con il tempo, il significato fisico del termine di stretching appare ora chiaro: esso è pari al prodotto dell’intensità della vorticità (ω) e di una velocità di elongazione per unità di

lunghezza

dtdh

h1

[Nota: questo secondo fattore ricorda la variazione del volume specifico della particella che

deriva dalla continuità :

•∇= V

dtdv

v1

].

In un reale campo tridimensionale il versore n varierà, quindi il tubo vorticoso sarà soggetto ad una complessa dinamica composta da:

• traslazione e rotazione (in quanto proprietà particellare, la vorticità segue la dinamica della particella fluida)

• variazione di ω , allungamento/accorciamento e conseguente ispessimento/assottigliamento (a causa della solenoidalità e del termine di stretching)

• diffusione viscosa (a causa del termine ω∇ν 2 ) il tutto regolato dall’equazione di Helmholtz accoppiata alla Navier-Stokes.

ω(r’)

ω=0

r

s

r’

V’

5.4.1 Velocità indotta da un volume vorticoso In molte applicazioni si considera una regione limitata dello spazio di volume V’, in cui è concentrata la vorticità, al di fuori della quale si può assumere vorticità nulla. Il problema che ovviamente ci poniamo è di conoscere la velocità indotta dalla regione vorticosa in un punto esterno alla regione stessa. Ovviamente sappiamo che:

ω=∧∇=•∇ V,0V (5.95) Per risolvere questo problema usiamo un potenziale vettore di Stokes, B (del tipo funzione di corrente, che è una funzione scalare per campi piano di velocità, e vettorialmente ha direzione normale al piano), cioè poniamo BV ∧∇= e sostituendolo nelle due equazioni, ritroviamo:

5.18

Page 150: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale

( )( ) ( ) ω=∇−•∇∇ω=∧∇∧∇

=∧∇•∇

BBi vettorialidentità ricordandoB

e vettorialidentità una èO.K ,02

B (5.96)

Poiché ∇•B è arbitraria, assumiamolo B essere solenoidale, cioè ∇•B=0 in modo tale che il campo B è soluzione del problema di Poisson:

ω−=∇ B2 (5.97) Cerchiamo di riflettere su cosa vogliamo fare:

: ω(r’) è assegnata (e quindi nota) in una regione limitata dello spazio V, : B(r) è il campo vettoriale incognito che vogliamo determinare al di

fuori di V. : una volta noto il campo B(r) la velocità V(r) sarà calcolata

facendone il rotore V(r) = ∇ ∧ B(r).

Ovviamente per risolvere una equazione differenziale di tipo ellittico (quale è il problema di Poisson in questione) occorre definire condizioni su un contorno chiuso. Nel nostro caso assumiamo che la velocità debba annullarsi all’infinito.

r

r'

s

s = r – r'

V

Andando a spulciare in qualche buon testo di analisi matematica avanzata, ritroviamo che l’equazione di Poisson con queste condizioni al contorno ammette una soluzione molto semplice (invero è proprio per questo che abbiamo introdotto il potenziale vettore !). Ponendo s = r – r’ ( s è il vettore che va dal nucleo vorticoso posto in r' al generico punto r dove si vuole determinare la velocità indotta), si ritrova:

( ) ( ) ( ) )(r')(r'''

VVVV

d'rr

'r41d

s'r

41rB

−ω

π=

ωπ

= ∫∫∫∫∫∫ (5.98)

5.4.2 Risoluzione analitica dell’equazione vettoriale di Poisson per la vorticità (*) Per prima cosa formuliamo il problema di Poisson (5.97) come problema integrale. Ricordiamo che il Laplaciano è la divergenza del gradiente: ( ) ( )∇•∇=2∇ e che quindi l'equazione di Poisson ω−=∇ B2 si può scrivere come ( ) ω−=∇•∇ B , al che ci sembra logico integrare sul volume V' dove è definita la ω per avere:

( ) (r)(r) VVVV

ddB''

ω−=∇•∇ ∫∫∫∫∫∫ (5.99)

Usando il teorema di Gauss per la divergenza otteniamo:

( ) )r(ddBn''S

VV

ω−=∇• ∫∫∫∫∫ S (5.100)

Dobbiamo ora calcolare il gradiente di B(r) dato dalla soluzione:

5.19

Page 151: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale

( )( ) ( ) ( )

( ) ( ) ( ) )()()(

)()('

'rdss'r

41'rd

'rr'rr'r

41'rd

'rr1'r

41

'rd'rr

'r41'rd

'rr'r

41rB

33 VVV

VV

VVV

VV

∫∫∫∫∫∫∫∫∫

∫∫∫∫∫∫

ωπ

−=−

−ω

π−=

−∇ω

π=

=

−ω

∇π

=

−ω

π∇=∇

(5.101)

Nota:

il nabla è definito nello spazio r per cui non può operare su ω(r') ma solo sul termine 1/|r-r'| lo stesso volume V è descritto, a seconda dei casi dal vettore posizione r o dal vettore r'.

Ci ritroviamo quindi a dover dimostrare l'identità:

( ) VVVV

ddr'dss'r

41n 3

S

ω=

ω

π• ∫∫∫∫∫∫∫∫ S)(

'

(5.102)

A questo punto scambiamo l'ordine dei due integrali:

VVVV

dddssn)'r(

41

3S

ω=

•ω

π ∫∫∫∫∫∫∫∫ 'S (5.103)

e notiamo che siss

= è il versore del vettore s , e che ϖ= dsdS

2 è l'angolo solido visto dal punto P(r)

( ) [ ] VVVV

dddin'r41

s)(S

ω=

ϖ•ω

π ∫∫∫∫∫∫∫∫ϖ

' (5.104)

resta infine da capire quanto vale il termine : [ ]

ϖ•∫∫

ϖ

din s)(S

Consideriamo la figura in cui è rappresentato un volume sferico (ma il ragionamento vale per ogni forma): Si verifica che: • se il punto P(r) è esterno a V'

l'integrale è nullo in quanto esisteranno sempre due posizioni della superficie su cui l'integrando ha valori opposti.

n

• se P(r) è interno allora il prodotto scalare sarà sempre positivo, e dal triangolo si ritrova che 2α = 180 - ϖ ovvero α = π/2 - ϖ/2 , ovvero cosα = - sin(ϖ/2) sicchè:

P(r)

n

is

n

is

α

α

• is=-cosα

n • is=cosα

SϖP esterno a V'

V'

n

isis

n • is=cosα

α α

ϖ

P(r)

P interno a V'

V'

[ ] ( ) ( ) π=π=ββπ=ααπ=ϖϖ−=ϖα=ϖ• ∫∫∫∫∫∫∫∫ππ

ϖϖϖ

422dsin2d)2/sin(d2/sindcosdin0

2

0)(S)(Ss

)(S

(5.105) La dimostrazione è praticamente conclusa in quanto:

5.20

Page 152: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale

( ) [ ] ( )[ ] VVVVVV

dd'r441ddin'r

41

's

)(S

ω=ωππ

=

ϖ•ω

π ∫∫∫∫∫∫∫∫∫∫∫ϖ

)(r')(r' Q.E.D. (5.106)

Verifichiamo infine che le ipotesi fatte sono state rispettate: All’infinito, per r → ∞ è ovvio che s = r - r’ → ∞ ( in quanto r’ è finito) e si ritrova B→ 0 O.K.

Resta da verificare se B è solenoidale, se cioè: ∇•B = 0. Un gioco da ragazzi (si fa per dire) se si considera che la divergenza opera su r :

( ) ( ) ( ) ( )

( ) ( ) ( ) ( ) ( ) 0'rd'rrn'r

41'rd

'rr'r

41

'rd'rr

'r41d

'rr'r

41rB

S

'r

rfissovolumerr

=

•ω

π−=

−ω

•∇π

−=

=

−ω

•∇π

=−

ω•∇

π=•∇

∫∫∫∫∫

∫∫∫∫∫∫

S

)(r'

V

VV

V

VV 5.107)

5.4.3 Velocità indotta da un filamento vorticoso – formula di Biot-Savart Resta da determinare il campo di velocità, al di fuori del Volume vorticoso, per definizione:

( ) ( ) ( )

( ) '

''

V

VV

V

VV

ds

'rs41

ds

'r41d

s'r

41rBV

3

rfissovolumerr

ω∧

π−=

=

ω

∧∇π

∧∇π

=∧∇=

∫∫∫

∫∫∫∫∫∫ (5.108)

Ovviamente il risultato di sopra fa inorridire perché abbiamo appena visto che, causa la solenoidalità un campo vorticoso deve estendersi all’infinito. Notiamo, quindi umilmente, che quello che ci serve veramente è la velocità dV indotta da un volume vorticoso elementare dV che sarà (teorema della media):

( )3s

d'rs41Vd Vω∧π

−= (5.109)

Se consideriamo infatti un tubo vorticoso (che contiene vorticità) e lo pensiamo molto sottile e di sezione dA introduciamo il concetto di filamento vorticoso (che è materiale, composto da particelle in cui è pensata concentrata la vorticità, concetto che è diverso da quello di linea vorticosa che era immateriale definita come inviluppo del campo di vorticità).

V

A

ζ=ωdA

h

In tal caso, il volume elementare di un tratto “h” del filamento vorticoso è dV= dA h, se ad ogni ascissa h calcoliamo l’intensità del filamento risulta che h

dA

edAn Γ≈•ω∫∫ e, a causa della solenoidalità, la

circolazione Γ deve essere costante (nota si considera un filamento vorticoso isolato, al di fuori di esso la vorticità è nulla).

5.21

Page 153: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale

Sicché per determinare la velocità indotta da un nucleo di filamento vorticoso di lunghezza dh, possiamo usare la formula

( )3s

d'rs41Vd Vω∧π

−= (5.110)

e riscriverla come:

dhs

es4

Vd 3h∧

πΓ

= (5.111) dz

dove eh è il versore tangente al filamento all’ascissa h, ed abbiamo considerato ω = ω eh . Nota: il segno cambiato deriva dal fatto che per antica

consuetudine la circolazione è considerata positiva se destrorsa.

x

y

z k

-Vθ

R

Γ

h2

h1 Per cui la velocità indotta da un filamento vorticoso che si estende da h1 ad h2 è data dall’integrale:

dhs

es4

)r(V 3h

h

h

2

1

∧π

Γ= ∫ (5.112)

Applicheremo ora questa formula per determinare la velocità indotta da un filamento vorticoso rettilinea nella direzione k (Legge di Biot-Savart). Facendo riferimento alla notazione in figura risulta:

dzs

cos4

dzs

ks4

)r(V 2

h

h3

h

h

2

1

2

1

βπ

Γ−=

∧π

Γ= ∫∫θ (5.113)

che può essere integrata con la sostituzione:

β=

cosRs β= tanRz β

β= d

cosRdz 2 (5.114)

per ottenere:

[ 21 sinsinR4

dcosR4

)r(V2

1

β−βπΓ

−=ββπΓ

−= ∫β

βθ ] (5.115)

Se il filamento si estende da –∞ a +∞ risulta: 2/,2/ 12 π−→βπ→β sicché la velocità Vθ (positiva se antioraria) diventa:

R2)R(V

πΓ

−=θ (5.116)

Esercizio 5.8 Dato il campo di velocità: u= a (x2-y2) v= -2 a x y w = 0 gx=0 gy=0 gz=-g Determinare se il campo di moto è incomprimibile e se è una soluzione delle N-S. In caso affermativo determinare il campo di pressione. (Sugg. Conviene vedere se è irrotazionale e se Bernoulli è applicabile).

Esercizio 5.9 Un’ala vola a 1000 metri di altezza (p=89.6 kPa, ρ=1.12 kg/m3) ad una velocità di 150 km/h (flusso non viscoso).

5.22 O

M

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Trovare la pressione nel punto di ristagno O (velocità nulla)e nel punto di massimo scorrimento M (velocità massima) in cui si ritrova V=1.5 V∞. Calcolare il coefficiente di pressione

Esercizio 5.10

V(t)D=0.15 m

3m

P atmosferica

6 m

Un serbatoio molto largo è collegato ad un condotto chiuso come in figura. Trascurando attriti e l’abbassamento di livello, determinare l’espressione di come varia La velocità di scarico nei primi attimi dopo l’apertura della Valvola. (applicare il Bernoulli instazionario)

Esercizio 5.11

Un flusso incompressibile ha il seguente campo di moto: ( )[ ]kzyx2jyixLUV 2

2 +−+=

Determinare il vettore vorticità ed il tensore di velocità di deformazione S.

Esercizio 5.12 Il campo potenziale attorno ad un cilindro di raggio R rotante con velocità angolare Ω è (coordinate cilindriche):

222

r R2,r2

sinrR1UV,cos

rR1UV Ωπ=Γ

πΓ

+−=θ

−= θ

Determinare il tensore di velocità di deformazione S.

Esercizio 5.13 Un vortice potenziale è definito da un campo di velocità (coordinate cilindriche):

0V;r2

V;0V zr =πΓ

−== θ

verificare se soddisfa la continuità e la N-S. In caso affermativo determinare il campo di pressione e confrontare con Bernoulli.

Esercizio 5.14 Un vortice a spirale è definito da un campo di velocità (coordinate cilindriche):

0V;r2

V;r2

QV zr =πΓ

−=π

−= θ

verificare se soddisfa la continuità e la N-S. In caso affermativo determinare il campo di pressione. Verificare se il campo è potenziale e se Bernoulli è applicabile

Esercizio 5.15 Considerare un anello vorticoso di raggio R e determinare le velocità indotte sull'asse.

Esercizio 5.16* Un vortice sferico di Hill è definito da un campo di velocità (coordinate cilindriche):

−=−== θ

22

z2r Rr2

Rz1UV;0V;

RrzUV

verificare se soddisfa la continuità e la N-S. In caso affermativo determinare il campo di pressione.

Esercizio 5.17* Un vortice alla Oseen è definito da un campo di velocità (coordinate cilindriche, campo instazionario):

0V;t4

rexp1r2

V;0V z

2

r =

ν−−

πΓ

−== θ

5.23

Page 155: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale

verificare se soddisfa la continuità e la N-S-. In caso affermativo determinare il campo di pressione e il tempo per il decadimento della massima velocità del 10%

Esercizio 5.18* Un vortice alla Taylor è definito da un campo di velocità (coordinate cilindriche, campo instazionario):

0V;t4

rexpt8rHV;0V z

2

2r =

ν−

πν−== θ

verificare se soddisfa la continuità e la N-S- e le dimensioni di H. In caso affermativo determinare il campo di pressione e il tempo per il decadimento della massima velocità del 10%

Esercizio 5.19* Derivare il campo di velocità per il vortice di Oseen come integrale dell'equazione della vorticità ipotizzando ω=ω(r,t).

Sugg. poni: ω=(k/νt) f(η), η=r/(νt)1/2, , drr2 ωπ=Γ ∫+∞

∞−

( ) drrVrr

0

ω= ∫θ

Esercizio 5.20**

Risolvere l'equazione (piano cartesiano) 2

2

yt ∂ω∂

ν=∂ω∂ per trovare il decadimento di una linea vorticosa

infinita che si estende lungo l'asse y, e che separa una regione con velocità U dall'altra con velocità –U, per ritrovare il risultato:

ν−

ν−=ω

t4yexp

tU 2

,

ν=ω= ∫

+∞

∞−t

yerfUdy)t,y(u

Sugg. assumi: ( )ην

−= ft

Uω ,

tyν

Esercizio 5.21* Dato il campo di velocità dell' "innominabile" : u = 2 x z , w = 1 – z2 + x2 trovare se soddisfa la N-S e se è potenziale, ed in caso affermativo trovare il campo di pressione e capire cosa può rappresentare.

P.S. L' innominabile è il sottoscritto che da studente, nel risolvere il vortice di Hill, fece l'errore imperdonabile di considerare coordinate cartesiane invece di quelle cilindriche; non riuscendo a risolverlo, pensò che vi fosse un errore (cosa possibile ma, in genere, improbabile) e costruì, nel piano cartesiano un campo che gli facesse più comodo.

Esercizio 5.22**

Verificare che la soluzione ( )

η

η−

π−= ∫

µ

d4

exp11Ut,yu2

0

t

rappresenta il campo di velocità su di una lastra piana infinita che accelera istantaneamente a t=0+ da 0 a U

Esercizio 5.23**

Verificare che la soluzione ( )

νχ

−χ

νχ

−= y2

tcos2

expUt,yu

rappresenta il campo (stazionario) di velocità su di una lastra piana infinita che oscilla con legge : ( ) ( tcosUt,0u χ= )Sugg. assumere (Schlicting) : ( ) ( ) ( )( )yftcosyFUt,yu −χ= e verificare che deve essere f(y)= λ y

5.24

Page 156: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale

5.5 EQUAZIONE DIFFERENZIALE DI BILANCIO DEL MOMENTO DELLA QUANTITÀ DI MOTO

L’equazione integrale di bilancio del Momento della Quantità di Moto era:

( ) ( ) ∑∫∫∫∫∫ =ρ∧•+ρ∧∂∂

oTdSVVrndVrt S

VV

(5.117)

I momenti a destra dell’equazione sono dovuti ai momenti delle forze esterne considerate nel bilancio della quantità di moto, più un momento torcente eventualmente presente nel Volume di Controllo derivante da un meccanismo ruotante (Tshaft):

( ) ( ) shaftS

o dgrdSnpnrFrT T+ρ∧+τ•+−∧=∧= ∫∫∫∫∫∑ ∑ VV

(5.118)

L’equazione differenziale esprime il bilancio considerando un volume infinitesimo. In questo caso è improbabile che esista un meccanismo meccanico capace di introdurre od estrarre una coppia torcente da un volume infinitesimo, ma più probabilmente potrebbe esistere un momento torcente interno generato a livello macro-molecolare (molecole lunghe che, caricate elettrostaticamente, rendono il fluido micro-polare se sono presenti campi elettro-magnetici): in questo caso il termine Tshaft diventa un Tmicropol.

Questo termine è di particolare interesse essenzialmente in processi chimici e reologici, per cui non sarà considerato a questo livello.

Considereremo quindi:

( ) ( ) VV

dgrdSnrdSpnrS

ρ∧+τ•∧+∧ ∫∫∫∫∫FrTS

o −=∧= ∫∫∑∑ (5.119)

Ro

r

R

O

G

Prima di procedere alla riduzione di tutti i termine ad un singolo integrale di volume, consideriamo il raggio vettore r, che va da un polo O alla posizione della generica particella fluida come somma del raggio vettore Ro=OG (che va dal polo O al baricentro G della particella) e del vettore R che va dal baricentro G alla posizione della particella:

r = Ro + R (5.120) In questo caso, poiché Ro è fisso (Memento il volume di controllo è fisso!) l’equazione si può scindere in due termini:

( ) ( )

( ) ( ) ∑∫∫∫∫∫

∑∫∫∫∫∫

∧−ρ∧•+ρ∧∂∂

=

=∧−ρ•∧+ρ∂∂

FRdSVVRndVRt

FRdSVVnRdVt

R ooo

S

S

V

V

V

V (5.121)

E’ agevole notare che il termine a sinistra di questa equazione altro non è che il bilancio della quantità di moto moltiplicato vettorialmente per il vettore Ro, per cui è identicamente nullo. Ci si riduce, quindi, all’analisi dell’equazione:

5.25

Page 157: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale

( ) ( )

( ) ( ) ( ) V

V

V

V

dgRdSnRdSpnR

dSVVRndVRt

ρ∧+τ•∧+∧−=

=ρ∧•+ρ∧∂∂

∫∫∫∫∫∫∫

∫∫∫∫∫

SS

S (5.122)

che può essere riscritta come:

( ) ( )

( ) ( ) ( ) V

V

V

V

dgRdSRndSpRn

dSVVRndVRt

ρ∧+•τ∧+∧=

=ρ∧•+ρ∧∂∂

∫∫∫∫∫∫∫

∫∫∫∫∫

SS

S (5.123)

L’uso dei teoremi di Gauss (della divergenza e del rotore) porta:

( ) ( )

( ) ( ) ( ) VVV

VV

VVV

VV

dgRdRdpR

dVVRdVRt

ρ∧+•τ∧∇+∧∇=

=ρ∧•∇+ρ∧∂∂

∫∫∫∫∫∫∫∫∫

∫∫∫∫∫∫ (5.124)

Notiamo che il vettore R è la distanza della particella rispetto al baricentro e che la direzione dell’accelerazione di campo g è costante, per cui i termini relativi alla pressione ed all’accelerazione si annullano (attesa la definizione di baricentro) sicché resta:

( ) ( ) ( ) VVVVVV

dRdVVRdVRt

•τ∧∇=ρ∧•∇+ρ∧∂∂

∫∫∫∫∫∫∫∫∫ (5.125)

ovvero:

( ) SdRndDtHD

S

g •τ∧= ∫∫∫∫∫ VV

(5.126)

Dove Hg è il momento della Quantità di moto rispetto al baricentro. Preferiamo ora fare un’analisi fisica, piuttosto che una vettoriale. Considereremo un bilancio rispetto all’asse z per una particella elementare di volume [dx dy dz], facendo riferimento alla figura

( )S

SVj

∆•τ∧=∆=∆ ∑∫∫τ RkMDtHD

S,G

g.j (5.127) τyx

τxy

dyyyx

yx

τ∂+τ

dxxxy

xy

τ∂+τ

x

y

n=in=-i

n=-j

n=j

dx

dy θ

La variazione del momento elementare della quantità di moto è:

( ) ( ) 2

222

2

22

z,G2

22

z,G2

2

z,Gz,G

dtd

12dydxdzdydx

dtdhdV

dtdhdM

dtddI

dtdHd θ

+ρ=

θρ=

θ=

θ= (5.128)

Il Momento derivante dal tensore degli sforzi sulle quattro facce è (notare i segni assunti per gli sforzi τxy e per l’anomalia θ):

5.26

Page 158: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale

[ ] [ ]2

dxdydz2

dydydzdyy2

dxdydzdxx2

dydxdzdM xyyx

yxxy

xyyx,G τ+

τ∂+τ−

τ∂+τ+τ−=τ (5.129)

Eguagliando la variazione del momento elementare della quantità di moto al Momento derivante dal tensore degli sforzi sulle quattro facce, e dividendo per il volume elementare (dx dy dz) si ricava:

( ) 2

222

dtddydx

121 θ

+ρ =

2dy

y21

21dx

x21

21

2xyyx

yxxy

xyyx τ

+

τ∂+τ−

τ∂+τ+

τ−= (5.130)

Se facciamo tendere il volume a zero, dx e dy tenderanno a zero, e quindi, escludendo la possibilità che si realizzi una accelerazione angolare infinita, si ricava:

xyyx0 τ+τ−= (5.131) ovvero

xyyx τ=τ (5.132) Facendo lo stesso ragionamento per l’equilibrio alla rotazione rispetto agli assi y ed x, si ricava ovviamente che:

yzzyxzzx ; τ=ττ=τ (5.133) ne discende che, se non vi sono momenti derivanti da coppie interne, l’equazione differenziale di bilancio del momento della quantità di moto fornisce come risultato che il tensore degli sforzi deve essere simmetrico.

Tanto rumore per nulla ! La simmetria di τ era stata implicitamente assunta nel modello di fluido newtoniano!

5.6 EQUAZIONE DIFFERENZIALE DI BILANCIO PER L’ENERGIA Riconsideriamo la forma integrale:

( )[ ] ( )( ) viscmecc2

21

S

221 WWQdSVgzVhndgzVu

t

•••−−=++ρ•+++ρ

∂∂

∫∫∫∫∫ VV

(5.134)

Dove era stata definita

Energia (speficica) totale e = gzVue 221 ++= (5.135)

Entalpia (speficica) totale H = gzVhH 2

21 ++= (5.136)

5.6.1 Equazione dell’energia totale Pensando di applicare tale bilancio ad un volume elementare è difficile immaginare un sistema capace di scambiare potenza meccanica con una particella infinitesimale, per cui porremo certamente Wmecc =0. Assumeremo inoltre che lo scambio di energia, dall’ambiente alla particella, sotto forma di calore, venga realizzato attraverso le superfici della particella mediante dei flussi di energia termica:

dSjnQq

S∫∫ •−=

• (5.137)

5.27

Page 159: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale

(nota: il segno meno deriva dal fatto che il versore n è diretto verso l’esterno, mentre la potenza termica è assunta positiva se va verso l’interno!). Ricordiamo infine che il lavoro fatto dagli sforzi viscosi è:

( ) dSVnWS

visc •τ•=− ∫∫•

(5.138)

Si ricava, quindi:

( ) ( ) ( ) dSfndSjndSVHndte

vS

qSS

•+•−=ρ•+∂ρ∂

∫∫∫∫∫∫∫∫∫ VV

(5.139)

Procedendo come al solito, usando il teorema della divergenza di Gauss, e considerando il volume arbitrariamente piccolo, risulta:

( ) ( ) ( VjVHte

q•τ•∇+•∇−=ρ•∇+

∂ρ∂ ) (5.140)

una equazione in forma mista, che considera

gzVue 221 ++= (5.141)

H = u + p/ρ + V2/2+gz = e + p/ρ (5.142) Questa si esplicita, per l'energia totale "e" come

( ) ( ) ( ) ( VjVpVete

q•τ•∇+•∇−•∇−=ρ•∇+

∂ρ∂ ) (5.143)

che rappresenta l’equazione differenziale di bilancio dell’energia totale “ gzVu 2

21 ++=e ”.

Ovvero considerando la continuità:

( ) ( ) ( VjVpDt

eDq

•τ•∇+•∇−•∇−=ρ ) (5.144)

La relazione fenomenologica più comune per il flusso di calore è data dal modello di fluido di Fourier:

Tjq

∇λ−= (5.145)

dove λ è il coefficiente di conducibilità termica, proprietà termodinamica del fluido necessariamente positiva. Ne discende che l’energia sotto forma di calore fluisce in direzione opposta al gradiente di temperatura, cioè va dalle zone più calde a quelle più fredde.

Vedremo in seguito che questo coefficiente è contenuto nel numero di Prandtl: λµ

= pcPr .

Il numero di Prandtl per i gas varia poco con la temperatura, mentre diminuisce di molto all’aumentare della temperatura per i liquidi. In condizioni ambiente, per l’aria è Pr=0.72, per l’acqua Pr=7. Da che ne discende: • per l’aria a 15°C λaria=0.0242 [j/(m s K)];

5.28

Page 160: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale

• per l’acqua a 20°C, λacqua=0.602 [j/(m s K)].

Nota che il flusso di calore può essere anche espresso come: hPr

TPr

cj

costante è c sep

q

p

∇µ

−=∇µ

−=

In definitiva, per fluidi fourieriani (λ costante), l’equazione differenziale di bilancio dell’energia totale “ gzVue 2

21 ++= ” è:

( ) ( VVpTDt

eD 2 •τ+−•∇+∇λ=ρ ) (5.146)

Idem est: l'energia totale varia a causa di flussi di calore e del lavoro di tutte le forze superficiali (di pressione e viscose). Nel seguito ricercheremo equazioni per altre forme di energia. 5.6.2 Equazione dell’entalpia totale "H"

Sommiamo a destra e a sinistra della prima forma di energia totale (5.140), il termine tp

∂∂ , e notiamo che:

( ) ( ) ( )[ ] [ Ht

gzVht

pgzVut

pett

pte 2

212

21 ρ

∂∂

=++ρ∂∂

=

ρ

+++ρ∂∂

=+ρ∂∂

=∂∂

+∂ρ∂ ] (5.147)

da cui la forma conservativa dell’equazione differenziale di bilancio per l’entalpia totale

gzVhH 221 ++= :

( ) ( ) ( VjtpVH

tH

q•τ•∇+•∇−

∂∂

=ρ•∇+∂ρ∂ ) (5.148)

Ovviamente, usando l’equazione di continuità (come fatto per l’equazione della quantità di moto) si può ritrovare la forma (non conservativa) dell’equazione differenziale di bilancio per l’entalpia totale

gzVhH 221 ++= :

( Vjtp

DtDH

q•τ•∇+•∇−

∂∂

=ρ ) (5.149)

che in pratica ci dice che l’entalpia totale associata al moto di una particella, in condizioni stazionarie (d/dt=0) varia soltanto a causa di scambi di calore o per cause viscose. Una forma più usata di questa equazione, deriva dall’uso della identità vettoriale:

( ) ( ) ( ) ( ) 2

nedissipazio viscosisforzi

degli risultantedal fatto lavoro

t VV:VV Φ+•τ•∇=∇τ+•τ•∇=•τ•∇ (5.150)

che esplicita lo scalare ( )V•τ•∇ come somma del lavoro del risultante degli sforzi viscosi: ( ) V•τ•∇ e

della funzione di dissipazione: ( ) oot2 S:S2V: µ=∇τ=Φ . Nota: il doppio prodotto scalare tra la diade ∇ V ed il tensore degli sforzi τ (in quanto simmetrici:

somma dei prodotti delle componenti) e la definizione del loro prodotto come funzione di dissipazione (necessariamente positiva) Φ2.

Ovviamente per fluidi newtoniano e moti incompressibile si ricava semplicemente:

5.29

Page 161: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale

( )

∂∂

+∂∂

+

∂∂

+∂∂

+

∂∂

+∂∂

+

∂∂

+

∂∂

+

∂∂

µ=

=∇τ=Φ

222222

2

zu

xw

yw

zv

yu

xv

zw2

yv2

xu2

V:

(5.151)

Con questo l’equazione si scrive, per fluidi fourieriani:

( ) ( )viscosa

nedissipazio

2

viscosisforzirisultantelavoro

calore delnetrasmissio

pressione dirioinstaziona

termine

totaleentalpiavariazione

VTtp

DtDH

Φ+•τ•∇+∇λ•∇+∂∂

=ρ (5.152)

Ovvero se λ è costante:

( ) 22 VTtp

DtDH

Φ+•τ•∇+∇λ+∂∂

=ρ (5.153)

5.6.3 Equazione per l’energia interna "u" L’equazione di bilancio per l’energia interna si ottiene sottraendo all’equazione per l’energia totale quelle per l’energia cinetica e per l’energia potenziale. Consideriamo l’equazione (vettoriale) per la quantità di moto:

gpDt

VDρ+τ•∇+∇−=ρ (5.154)

moltiplicandola scalarmente per la velocità, otteniamo l’equazione dell’energia cinetica:

( ) ( ) ( gVVpVDt

2VD 2

•ρ+τ•∇•+∇•−=ρ ) (5.155)

da cui possiamo estrarre il termine:

( ) ( ) ( gVpVDt

2VDV2

•ρ−∇•+ρ=τ•∇• ) (5.156)

che può essere sostituito nell’equazione di bilancio dell’entalpia totale:

( ) ( ) 22

2 gVpVDt

2VDTtp

DtDH

Φ+

•ρ−∇•+ρ+∇λ+

∂∂

=ρ (5.157)

ovvero, notando che (gz) è costante nel tempo, risulta formalmente:

( ) ( ) ( ) ( )gVgVt

gzDtgzD

0

•ρ−=•ρ−∂

∂ρ=ρ

=

(5.158)

in pratica l’energia potenziale di una particella aumenta nel tempo se la particella si sposta con una velocità avente componente nella direzione opposta a quella dell’accelerazione di gravità’

Raggruppando si ottiene:

5.30

Page 162: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale

( ) ( ) 222

TDtgzD

Dt2VD

DtDp

DtDH

Φ+∇λ+=ρ−ρ−−ρ (5.159)

ma notando che:

( ) ( VpDtDp1

DtDp

DtDp1

DtpD

continuitàmemo2 •∇

ρ+

ρ=

ρρ

−ρ

=ρ ) (5.160)

da cui ( ) ( VpDtpD

DtDp

•∇−ρ

ρ= ) (5.161)

sostituendo e ricordando che:

gzVhH 221 ++= = gzVp 2

21 ++

ρ+u (5.162)

si ottiene l’equazione di bilancio per l’energia interna u:

( ) 22TVpDtDu

Φ+∇λ+•∇−=ρ (5.163)

Di solito questa equazione viene scritta in termini della temperatura u=cvT, per cui risulta per cv=costante e moto incompressibile:

22v T

DtDTc Φ+∇λ=ρ (5.164)

Nota bene: questa è l’equazione di bilancio per l’energia interna espressa in funzione della temperature: non è l’equazione di bilancio della temperatura (che essendo una grandezza intensiva non si può bilanciare) 5.6.4 Equazione dell’entalpia termodinamica "h" Considerando la

( ) ( ) 222

TDtgzD

Dt2VD

DtDp

DtDH

Φ+∇λ+=ρ−ρ−−ρ (5.165)

scritta come: ( ) ( ) 22

2

TDtDp

DtgzD

Dt2VD

DtDH

Φ+∇λ+=ρ−ρ−ρ (5.166)

e ricordando che hzgVH 221 =−− si ricava immediatamente l’equazione di bilancio per

l’entalpia termodinamica h: 22T

DtDp

DtDh

Φ+∇λ+=ρ (5.167)

che espressa in termini della temperatura diventa (cp=costante):

22p T

DtDp

DtDTc Φ+∇λ+=ρ (5.168)

5.6.5 Condizioni per la temperatura su pareti

5.31

Page 163: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale

Le condizioni al contorno per l’equazione dell’energia su pareti sono di vari tipi: • temperatura di parete fissata: Tw=nota

• flusso termico normale di parete fissato: notonTj

ww,n,q =

∂∂

λ−=

• condizioni miste (o alla Robin): notonTbTa

ww =

∂∂

+

=^=^=^=^=^=^= Esercizio 5.22 Per un flusso incompressibile stazionario laminare di un fluido in un tubo cilindrico si ricava una

distribuzione di velocità del tipo: 0V,0V,Rr1UV r

2

z ==

−= θ

Se la parete è a temperatura costante, Tw, determinare l’espressione per la T(r). [ T(r)=Tw+(1-(r/R)4) (µU2/(4λ)) ]

Esercizio 5.23 D1=D2=0.1

D3=0.05

Calore

1 2Considerare il serbatoio e la condotta come in figura in cui scorre una portata di fluido dm/dt. Se la potenza termica è di 400 W/(kg/s), determinare l’aumento di temperatura T2-T1.

0.2 m

Nota questo è un modello di apparecchiatura per determinare la portata.

5.6.6 Ricapitolazione delle forme dell'equazione dell'energia Assumiamo: • Fluido fourieriano, → flusso di calore Tj

q∇λ−≡ (se λ costante)

• Fluido newtoniano, → dissipazione ( ) S:S2S:V22 µ=∇µ≡Φ

Energia totale: gzVue 221 ++= ( VVpT

DtDe 2 •τ+−•∇+∇λ=ρ ) (5.169)

Entalpia totale: gzVhH 221 ++= ( ) 22 VT

tp

DtDH

Φ+τ•∇•+∇λ+∂∂

=ρ (5.170)

Energia interna: u=cvT ( ) 22TVpDtDu

Φ+∇λ+•∇−=ρ (5.171)

Entalpia termodinamica: h=cpT 22TDtDp

DtDh

Φ+∇λ+=ρ (5.172)

5.32

Page 164: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale

Energia cinetica:V2/2 ( ) ( ) ( gVVpVDt

2VD 2

•ρ+τ•∇•+∇•−=ρ ) (5.173)

Energia potenziale: (gz) ( ) ( )gVDtgzD

•ρ−=ρ (5.174)

5.7 EQUAZIONE DIFFERENZIALE DEL BILANCIO DELL’ENTROPIA L’equazione di Gibbs valida nel piano termodinamico in condizioni di equilibrio:

ρ

+=1dpdudsT (5.175)

può essere estesa, sotto l’ipotesi di equilibrio evolutivo, al piano fisico (termo-fluidodinamico) permutando l’operatore differenziale, con operatori differenziali fisici, quali ad esempio la derivata particellare:

ρ

+=1

DtDp

DtDu

DtDsT (5.176)

Se ne ricava che l’equazione differenziale di bilancio dell’entropia è collegata alle equazioni differenziali dell’energia interna ed alla continuità:

( VpDtDu

DtDp

DtDu1

DtDp

DtDu

DtDsT 2 •∇+ρ=

ρρρ

−ρ=

ρ

ρ+ρ=ρ ) (5.177)

Usando l’espressione dell’equazione di bilancio dell’energia interna (λ costante):

( ) ( VpTVpDtDsT 22 •∇+Φ+∇λ+•∇−=ρ ) (5.178)

ovvero:

viscosanedissipazio

2

termicapotenza

2TDtDsT Φ+∇λ=ρ (5.179)

da paragonare alla seconda legge della termodinamica:

TQ

DtDs

≥ρ (5.180)

Ovviamente si ricava che l’entropia di una particella varia (per unità di volume) a causa di scambi termici e per dissipazione viscosa. 5.8 AZIONI DINAMICHE La fluidodinamica studia fondamentalmente le azioni tra corpi e fluido in moto relativo.

5.33

Queste azioni sono dovute, in genere, a sforzi superficiali (normali e tangenziali) che vengono a generarsi sul corpo. Esse dipendono in parte dal campo di pressione che si genera nel campo fluido in modo idrostatico, in parte dal campo fluidodinamico che si instaura a causa del moto relativo. In genere può convenire separare tali azioni.

Page 165: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale

Consideriamo l'equazione del moto, che per un moto viscoso si scrive (sotto l'ipotesi di Stokes e di proprietà costanti) come:

gpDt

VDρ+τ•∇+∇−=ρ (5.181)

Nel caso in cui non vi sia moto (condizioni statiche ) sarà ovviamente V=0 ; τ=0 (dipendendo il tensore degli sforzi dal gradiente della velocità); il campo di pressione che ne deriva è:

gp0 oh ρ+∇−= (5.182) dove il pedice "h" indica pressione idrostatica, ed il pedice "o" indica la densità in condizioni statiche.

Tale equazione detta idrostatica consente, come visto, di calcolare gli effetti ed i campi idrostatici, tra cui la spinta idrostatica su corpi (i.e. spinta archimediana)

Sottraendo l’equazione idrostatica dalla Navier-Stokes si otterrà:

( ) ( )gppDt

VDoh ρ−ρ+τ•∇+−∇−=ρ (5.183)

Ovvero indicando: hpp'p −= = supero di pressione (dovuto al moto) rispetto a quella idrostatica

oρ−ρ=ρ∆ = supero di densità (dovuto al moto) rispetto a quella idrostatica si ottiene:

g'pDt

VDρ∆+τ•∇+∇−=ρ (5.184)

La soluzione di problemi di fluidodinamica fatta con questa equazione determinerà soltanto gli effetti derivanti direttamente dal moto relativo : i.e. gli effetti dinamici. 5.9 APPROSSIMAZIONE DI BOUSSINESQUE Consideriamo ora flussi di moti dove gli effetti gravitazionali e quelli dissipativi (viscosi e termici) non sono trascurabili rispetto alle azioni dinamiche. Le equazioni che reggono tali moti sono:

( )

( ) ( ) 2TVpDtDu

g'pDt

VD

0Vt

Φ+∇λ•∇+•∇−=ρ

ρ∆+τ•∇+∇−=ρ

=ρ•∇+∂∂ρ

(5.185)

Per tali moti, le variazioni della densità possono derivare o dalla compressibilità del mezzo o da cause termiche, per cui considerando ρ = ρ(p,T) si può calcolare la ∆ρ come:

( ) TT

pp

T,p ∆∂∂ρ

+∆∂∂ρ

=ρ∆ (5.186)

Ma se consideriamo velocità basse rispetto a quella del suono(M2<<1) abbiamo dimostrato che la variazione della densità dovuta alla variazione di pressione è piccola

=∝ρ∆⇒=∂

∂ρ∝∆ 22

22

2 Ma

Va

1p;Vp per

cui risulta:

5.34

Page 166: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale

TTT

1TT o

poo ∆βρ−=∆

∂∂ρ

ρ−ρ−=∆

∂∂ρ

≅ρ∆ (5.187)

dove β denota il coefficiente di espansione termica del fluido. (per un gas piuccheperfetto β=1/T) Ne segue che, in tali ipotesi (M2<<1) , se gli effetti degli scambi termici sulla densità non sono trascurabili e se si trascurano le variazioni della densità nell'equazione di continuità, in quella dell'energia, e nel termine di accelerazione della quantità di moto vale l’ ipotesi di Boussinesque che tiene conto della variazione della densità soltanto nel termine di galleggiamento, Le equazioni di campo, per fluidi fourieriani, sono sotto questa ipotesi:

22vo

oo

TDtDTc

T'pDt

VD0V

Φ+∇λ=ρ

∆βρ−τ•∇+∇−=ρ

=•∇

g (5.188)

nel seguito, qualora si userà l'approssimazione di Boussinesque, si ometterà, per semplificazione di notazione, l'apice per la pressione che sarà implicitamente riferita come supero di quella idrostatica. E’ da notare che per la maggior parte dei fluidi, l’ipotesi di M2<<1 comporta la trascurabilità della funzione di dissipazione rispetto agli altri due termini.

5.35

Page 167: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo5 - Equazioni di Bilancio in Forma Differenziale

.5.10 SINTESI e CHECK-OUT Le equazioni di bilancio in forma differenziale si ricavano (semplicemente) dalle relative forme integrali riducendone l’applicazione ad un volume materiale finitesimo. Richiamando il teorema del trasporto di Reynolds e quello della divergenza di Gauss si ottiene una unica forma integrale [posta tutta sotto il segno di un solo integrale di volume]. Nel fare il limite del Volume a quello particellare (generico) ne discende che l’integrando deve essere necessariamente nullo: si ottiene così la forma generalizzata delle equazioni di bilancio in forma differenziale. Si ricavano quindi:

L’equazione di continuità (conservazione della massa): da cui discende l’esistenza di una funzione potenziale scalare chiamata funzione di corrente, con le relative proprietà, Le equazioni di bilancio della quantità di moto in forma differenziale con/senza termine viscoso, con

grande enfasi e discussione delle relazioni fenomenologiche per il tensore degli sforzi che, per il modello Newtoniano di fluido, deve essere collegato linearmente alla parte deviatorica del tensore velocità di deformazione, L’equazione della vorticità in forma differenziale che viene discussa parallelamente alla equazione di

Navier-Stokes per sottolineare il collegamento tra la produzione/trasporto/diffusione della vorticità e gli sforzi viscosi. Si ricavano i teoremi sui vortici, cenni sulla dinamica della vorticità, la velocità indotta da un volume vorticoso con la risoluzione analitica dell’equazione vettoriale di Poisson per la vorticità, e quindi il concetto di filamento vorticoso e la formula di Biot-Savart per un vortice rettilineo. L’equazione di bilancio del momento della quantità di moto in forma differenziale viene richiamata

soltanto per dimostrare che per fluidi non-micropolari il tensore degli sforzi deve essere simmetrico. Dell’ equazioni di bilancio dell’energia in forma differenziale vengono derivate le varie forme:

• energia totale • entalpia totale • energia interna • entalpia termodinamica • energia cinetica • energia potenziale di conseguenza si discutono le relazioni fenomenologiche per il flusso di calore e si ricava l’equazione dell’entropia

Il capitolo si conclude con la discussione della separazione delle azioni dinamiche da quelle idrostatiche presenti in assenza di moto] e le conseguenti approssimazioni di Boussinesque per i fenomeni di galleggiamento.

5.36

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C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini

Capitolo 6

Analisi Dimensionale e Similitudini

Scopo del Capitolo L’uso di formulazioni adimensionali è fondamentale non solo per la presentazione e la generalizzazione di risultati (teorico, sperimentali, numerici) ma anche per molti altre finalità di grande interesse quali: la pianificazione di prove sperimentali o numeriche, la teoria dei modelli, l’analisi - a priori - degli ordini di grandezza dei vari contributi fisici nella modellistica di un problema, e la semplificazione delle equazioni. Il tutto senza volerne diminuire il ruolo e l’utilità che l’analisi dimensionale ha avuto nella meccanica, nella fluidodinamica e nella fisica teorica. Lo scopo del capitolo è di presentare un approccio unitario, di una stessa metodologia, a tutte queste finalità. Per cui, anche se appare in coda ad una raccolta di appunti, deve essere considerato come punto di partenza per future professionalità e non meramente come accessorio conclusivo.

Indice del Capitolo

Paragrafo pagina 6.1 Generalità 2 6.2 Il principio di omogeneità dimensionale 3 6.3 Il teorema del PI (di Buckingham) 6 6.4 Il metodo di Taylor 7 6.5 Incongruenze 9 6.6 Adimensionalizzazione delle equazioni del moto 10

6.6.1 Numeri adimensionali della fluidodinamica 13 6.6.2 Altri parametri adimensionali di interesse in fluidodinamica 15 6.6.3 Criteri per l'adimensionalizzazione 16

6.7 Modelli e Similitudine 17 6.7.1 Similitudine geometrica 17 6.7.2 Similitudine cinematica 19 6.7.3 Similitudine dinamica 19 6.7.4 Discrepanze nella realtà 20

6.7.3.1 Modelli idraulici per prove con superfici libere. 20 6.7.4.2 Modelli aeronautici/automobilistici per prove in gallerie a vento. 20

6.8 Check-Out 26

6.1

Page 169: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini

6.1 GENERALITÀ L'analisi dimensionale, essenzialmente, è un metodo per ridurre il numero e la complessità delle variabili che influenzano un problema fisico, usando una sorta di compattamento logico. Ma ha inoltre molti altri benefici:

1. riduce di molto il numero di esperimenti o di simulazioni numeriche necessari per definire una fenomenologia e le sue dipendenze,

2. aiuta nel pianificare il piano di prove, 3. fornisce le leggi di scala per la similitudine e per la teoria dei modelli, 4. fornisce i criteri per la semplificazione delle equazioni da risolvere e per la determinazione "a

priori" dei vari regimi di moto. Vediamo in ordine tali benefici. Se un fenomeno fisico dipende da n variabili dimensionali, l'analisi dimensionale permette di esprimere il problema, in termini adimensionali, con un numero minore di variabili; se p è il numero delle dimensioni primarie (ovvero di base o fondamentali) del problema, i.e. in fluidodinamica saranno essenzialmente 4:

M = massa ; L = lunghezza ; T = tempo ; Θ =temperatura

l'analisi dimensionale esprime il problema in k = n - p gruppi (numeri) adimensionali. Questo reca molti vantaggi pratici: supponiamo ad esempio che vogliamo determinare la relazione generale per la resistenza di un corpo immerso in una corrente fluida (ad esempio una sfera). Il regime di moto è stazionario ed incomprimibile, per cui pensiamo che tale forza FD dipenda soltanto da una lunghezza caratteristica del corpo L (ad esempio il diametro D della sfera), dalla velocità V, dalla densità del fluido ρ, e dalla viscosità del fluido µ , per cui risulta n=5. In pratica stiamo dicendo che supponiamo una dipendenza funzionale del tipo: FD = f (L,V, ρ, µ) Se vogliamo determinare la relazione f (L,V, ρ, µ), sperimentalmente o numericamente, ed assumiamo che. per tracciare una curva in modo accurato occorrono almeno 10 punti, ricaviamo che per ottenere la rappresentazione della funzione f (L,V, ρ, µ) dobbiamo effettuare 10 prove facendo variare il diametro della sfera D, 10 prove facendo variare V, 10 prove facendo variare ρ , 10 prove facendo variare µ , cioè un totale di 104 prove ovvero 10000 prove. Pensando di effettuare 10 prove al giorno occorrono 1000 giorni (troppo tempo, senza contare il costo). L'analisi dimensionale riduce la dipendenza della forza dalle 4 variabili, facendo uso di una relazione adimensionale dove la forza opportunamente adimensionalizzata CD dipende da una ulteriore sola variabile adimensionale (in questo caso infatti la temperatura non è variabile fondamentale sicché, p = 3 per cui n - p = 5 - 3 = 2):

( ) ( D24

221

D2

21

DD RegVDg

DVF

SVF

C =

µ

ρ=

ρ=

ρ=

π) (6.1)

dove: • CD è il coefficiente di (forza) resistenza . • ReD è il numero di Reynolds riferito al diametro.

Ovviamente la determinazione della relazione CD=g (ReD) necessiterà dei soliti 10 punti che saranno determinati con dieci prove che potranno essere pianificate, in modo intelligente, facendo variare per ogni prova le variabili (L,V,ρ,µ) in modo da realizzare 10 valori del numero di Reynolds opportunamente differenziati e scalati. (Nota: per variare Re basta cambiare la velocità in un tunnel a vento o in una galleria ad acqua). La dipendenza adimensionale automaticamente definisce la similitudine della legge dei modelli.

6.2

Page 170: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini

Poiché non costruiremo un prototipo (pedice prot) del super Jumbo per vedere alla prima prova in volo che la superficie alare non è sufficiente per il suo decollo, programmeremo durante la fase di progetto delle prove in galleria su un modello (pedice mod) con il quale ritroveremo la relazione per la resistenza D del modello :CDmod=g (ReLmod). Se il numero di Reynolds del modello Remod sarà pari a quello del prototipo Reprot , necessariamente saranno pari i coefficienti di forza CDmod = CDprot , e dalla loro definizione discende:

ellomod2

21

prototipo2

21 SV

FSV

F

ρ=

ρ (6.2)

da cui: 2

mod

prot2

mod

prot

mod

prot

mod

prot2

mod

prot

mod

prot

mod

prot

DD

VV

SS

VV

FF

ρ

ρ=

ρ

ρ= (6.3)

Questa relazione definisce la legge di scala per la similitudine, ad.es. : se il modello in galleria è in scala 1:10 del prototipo, per ottenere la stessa forza si deve avere in galleria:

• Con la stessa densità del fluido di volo necessita una velocità 10 volte maggiore, • Con la stessa velocità necessita una densità 100 volte maggiore, • Con una velocità del modello pari ad 1/10 di quella del prototipo necessita una densità del fluido in

galleria 1000 volte maggiori (i.e. acqua), • ovvero ogni altra combinazione che realizzi lo stesso Re.

Esercizio 6.1 Si desidera calcolare la resistenza di un crostaceo microscopico di 1 mm. di diametro che nuota in acqua di lago. Si prova con un modello 100 volte più grosso, messo in galleria (glicerina) a V=30 m/s a 20°C, si ritrova una forza resistente pari a 1.3 N. Quali sono le condizioni similari per il prototipo? Risp. Vp=2.53 cm/s, Fp=7.31 10-7 N

Storicamente il primo a parlare di unità e dimensioni in merito a relazioni fisiche fu Eulero (1765), mentre Fourier (1822) nel suo libro sulla "Teoria analitica del calore" parlò di omogeneità dimensionale e sviluppò delle leggi di similitudine per il calore. Ma fu Sir John William Strutt, meglio noto come Lord Rayleigh [premio Nobel per la fisica nel 1904] che nel suo libro sulla "Teoria del Suono", (1877) propose esplicitamente in metodo di analisi delle dimensioni e fece alcuni esempi di analisi dimensionale. La prima razionalizzazione del metodo è attribuita a Buckingham (1914), che pubblicò quello che ora è chiamato Teorema Π (PI) di Buckingham per determinare i parametri adimensionali. 6.2 IL PRINCIPIO DI OMOGENEITÀ DIMENSIONALE Il Principio di Omogeneità Dimensionale (POD, in inglese PDH) è un assioma della fisica che dice:

una equazione che rappresenta una valida relazione tra le variabili in un processo fisico deve essere dimensionalmente omogenea,

i.e. ogni termine additivo di una equazione deve avere le stesse dimensioni fisiche

6.3

Page 171: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini

In pratica in una equazione fisica non si possono sommare termini che rappresentano rispettivamente patate, maiali ed accelerazioni.

Questo significa ad esempio che: • nell'espressione: 2

21

oo tgtVss ++= (che rappresenta lo spazio percorso da un grave in caduta libera nel vuoto) tutti i termini devono avere le dimensioni di una lunghezza,

• che nell'espressione: o2

21 pVp =ρ+ (che rappresenta una delle forme del teorema di Bernoulli)

tutti i termini devono avere le dimensioni di una pressione.

Questo consiglia vivamente l'uso di un consistente set di unità per determinare il risultato.

Nel passato set di unità ingegneristiche misuravano, ad esempio: la potenza termica in Calorie/ore, la potenza meccanica in Cavalli Vapore e la potenza elettrica in Watts,

e per convertirle si dovevano usare dei coefficienti che rendevano difficile la vita

Nota che le operazioni di derivazione, integrazione, ecc. mantengono la omogeneità dimensionale, ma alterano le dimensioni dell'equazione.

Ovviamente se si divide l'espressione per una grandezza di riferimento che ha le dimensioni dell'equazione, si otterrà una equazione adimensionale. Ad esempio per il corpo in caduta libera, dividendo per so si ha:

o

221

o

o

o stg

stV1

ss

++= (6.4)

In questa espressione, tutti gli addendi sono adimensionali. Ovviamente in questo caso si vede che so, Vo , e g sono dati del problema, e che se si definiscono due numeri adimensionali di riferimento:

o

o*

o

*

stV

t;ssS == (6.5)

la stessa espressione (6.4) si scrive in forma adimensionale come:

2*2o

o* tV

sg21*t1S

++= (6.6)

in questo caso il fenomeno, espresso in forma adimensionale dipenderà esclusivamente dal numero adimensionale Fr/1

Vsg2o

o =

che è una forma del cosiddetto numero di Froude (sarà definito tra

poco). E' chiaro che si potrebbe usare un'altra adimensionalizzazione, ad esempio usando:

o

**2o

**

Vtgt;

VsgS == (6.7)

si ottiene la forma adimensionale:

2****

2o

o** t21t

Vsg

++

=S (6.8)

6.4

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Si noti che cambia la forma adimensionale ma rimane la dipendenza dal numero di Froude. Quale delle due forme è più efficace? Risolvendo le due equazioni si otterrebbero grafici del tipo a lato. Si nota che per t*=0 la prima equazione fornisce S*(0)=1 per ogni valore di Fr, la seconda equazione fornisce invece S**(0) = Fr. Anche se ambedue equazioni sono valide, ovviamente la prima risulta più leggibile.

1

0 t*

S*

0 0 t**

S**

Fr Fr

Considerando invece la forma del teorema di Bernoulli,

2o2

1o

221 VpVp ρ+=ρ+ (6.9)

si vede che:

1. se si adimensionalizza rispetto alla pressione po si ottiene:

o

2o2

1

o

221

o pV

1p

Vpp ρ

+=ρ

+ (6.10)

relazione poco significativa.

2. se invece si adimensionalizza rispetto alla pressione dinamica di riferimento 2o2

1 Vρ si ottiene:

1V

pVV

Vp

2o2

1o

2

o2o2

1+

ρ=

+

ρ (6.11)

ovvero

1VV

Vpp

2

o2o2

1o =

+

ρ−

(6.12)

da cui si ricava la dipendenza del

coefficiente di pressione 2o2

1o

p VppC

ρ−

= (6.13)

dalla velocità:

2

op V

V1

−C = (6.14)

espressione comunemente usata in fluidodinamica incompressibile.

6.5

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6.3 IL TEOREMA DEL Π (DI BUCKINGHAM) Formulato nel 1914, usa il simbolo Π della produttoria [comune tra i matematici] in quanto i gruppi adimensionali trovati con questo teorema sono prodotti di gruppi adimensionali, Π1, Π2, ecc..., elevati a determinate potenze. Il teorema è espresso in due parti:

• se una espressione che descrive processo fisico (che deve soddisfare la omogeneità dimensionale) coinvolge n variabili dimensionali, questa può essere ridotta ad una relazione di solo k gruppi adimensionali di variabili (Πk). La riduzione p = n - k è pari al massimo numero p di variabili che non formano un gruppo adimensionale tra di loro, p è sempre minore od eguale al numero di dimensioni che descrivono le variabili in gioco.

• Per trovare i gruppi adimensionali (Πk) (si suggerisce la procedura):

1. Determinare il valore di p, 2. Selezionare p variabili che non formano un gruppo adimensionale tra di loro, 3. Ogni gruppo adimensionale (Πk) sarà il prodotto di potenze delle p variabili più una

addizionale variabile cui è assegnato un conveniente esponente non-nullo, 4. Ogni (Πk) così trovato è indipendente.

Per sfruttare questo teorema occorre usare un metodo di prodotti di potenze. Per poter chiarificare lo scenario procedurale è meglio riferirsi ad un esempio pedissequo; niente di meglio della resistenza della sfera già prima considerata. Tipicamente il processo prevede 6 passi: Passo 1: scrivere la funzione e contare le variabili: nella ( )µρ= ,,V,LfF vi sono 5 variabili (n=5)

F L V ρ µ M L T-2 L LT-1 ML-3 ML-1T-1

Passo 2: listare le dimensioni delle variabili: Passo 3: trovare k: Poiché nessuna delle variabili contiene la dimensione della temperatura Θ , p è minore o

uguale a 3 tra M L T. Poiché L, V, ρ non possono fisicamente formare un gruppo adimensionale, poniamo p = 3 per cui k = n - p = 5 - 3 = 2

Il teorema garantisce che esisteranno 2 gruppi adimensionali (Π1) e (Π2)

Passo 4: scegliere le p variabili: L, V, ρ vanno più che bene Passo 5: combinare L, V, ρ più una variabile addizionale (in due sequenze perché k=2) per trovare i due

gruppi adimensionali (Π1) e (Π2) Gruppo n.1 scegliamo F come variabile addizionale:

000

essere devealeadimension se

2c3b1a

lidimensiona terminiin

cba1 TLMMLTMLLTLFVL ==ρ=Π −−−

massa c +1 = 0 lunghezza a + b -3c +1 = 0 tempo - b - 2 = 0

Eguagliando le potenze:

Si trova la soluzione: a = -2 b = -2 c = -1

6.6

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Il gruppo adimensionale è: F22122

1 CLV

FFVL ≡ρ

=ρ=Π −−− i.d. il coefficiente di forza

Gruppo n.2 rimane la scelta della viscosità µ come variabile addizionale:

000

essere devealeadimension se

11c3b1a

lidimensiona terminiin

cba1 TLMTMLMLLTLVL ==µρ=Π −−−−

massa c +1 = 0 lunghezza a + b -3c - 1 = 0 tempo - b - 1 = 0

Eguagliando le potenze:

Si trova la soluzione: a = -1 b = -1 c = -1

Il gruppo adimensionale è: L

1112 Re

1VL

VL ≡ρ

µ=µρ=Π −−− i.d. l'inverso del numero di

Reynolds Nota se si fosse scelto come variabile addizionale µ−1 si sarebbe ricavato: L2 Re=Π

Passo 6 Scrivere le relazioni funzionali tra i due gruppi adimensionali: ( )L2F RegVLgSV

FC =

µ

ρ=

ρ=

Da notare che i numeri adimensionali dipendono da scelte fatte durante l'adimensionalizzazione. Ad esempio scelte differenti nell'esempio precedente potrebbero portare a relazioni del tipo:

( )L

2

F Re*gVL*gLV

LFVL

F*C =

µ

ρ=

µ=

µ=

che rapporta la forza per unità di superficie F/L2 ad uno sforzo viscoso µV/L. Ovviamente niente di nuovo sotto il solo se si considera che:

LFF22F ReCVLCVLLV

FVL

F*C =

µ

ρ=

µρ

ρ=

µ= ×

6.4 IL METODO DI TAYLOR (1974) E' molto simile al metodo di Buckingham, ma, in pratica, risolve il sistema di equazioni per le potenze con una tecnica di eliminazione. Meglio descriverlo applicandolo allo stesso esempio fatto precedentemente per la resistenza della sfera:

F = f ( ρ, V, D, µ )

Dopo aver usato il teorema di Buckingham per determinare il numero dei gruppi adimensionali, si formi una matrice nelle cui righe vi sono gli esponenti dimensionali delle variabili in gioco:

6.7

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M L T µ 1 -1 -1 ρ 1 -3 0 V 0 1 -1 D 0 1 0 F 1 1 -2

Scegliamo la colonna più semplice (in questo caso è la prima che corrisponde agli indici dimensionali relativi alla massa). Esponenti non-nulli risultano per la viscosità µ, la densità ρ e la forza F. Pensiamo di rapportare le variabili rispetto ad una, ad esempio, dividiamo la viscosità µ, e la forza F per la densità ρ (ovviamente la divisione porterà la sottrazione delle potenze). Ne deriva:

M L T µ/ρ 0 2 -1 ρ 1 -3 0 V 0 1 -1 D 0 1 0 F/ρ 0 4 -2

Notiamo che soltanto la densità ha tra le dimensioni la massa, per cui possiamo eliminare la riga corrispondente alla densità (perché questa non può concorrere a formare gruppi adimensionali con le altre variabili rimaste) e ovviamente non considereremo più la colonna corrispondente alla Massa:

L T µ/ρ 2 -1 V 1 -1 D 1 0 F/ρ 4 -2

Operando come prima, ed osservando la seconda colonna rapportiamo la riga della velocità V, rispetto alla prima riga (µ/ρ):

L T µ/ρ 2 -1 ρV/µ -1 0 D 1 0 F/µ 2 -1

Per eliminare la colonna del tempo dividiamo la quarta riga per la prima:

L T µ/ρ 2 -1 ρV/µ -1 0 D 1 0 ρF/µ2 0 0

Per quanto detto precedentemente possiamo eliminare la colonna del tempo che è non nulla soltanto per la prima riga, che quindi non sarà più considerata, perché non può più concorrere a formare numeri adimensionali con le quantità che compaiono nelle altre righe:

L ρV/µ -1

6.8

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D 1 ρF/µ2 0

Lo 0 in terza riga significa che la quantità Π1 = ρF/µ2 è il primo numero adimensionale. Moltiplicando la prima riga per la seconda riga:

L ρVD/µ 0 D 1 ρF/µ2 0

Si ottiene il secondo numero adimensionale: Π2 = ρVD/µ che coincide con il numero di Reynolds. Notare che il CF si ottiene dividendo Π1 per il quadrato di Π2.

Esercizio 6.2 A basse velocità la portata di volume Q attraverso un tubo di piccolo diametro (regime laminare) è funzione solo del raggio del tubo "R", della viscosità del fluido "µ", e del gradiente di pressione "dp/dx". Derivare la relazione Q = f( R, µ, dp/dx) in termini adimensionali Risp. Q µ /(r4 dp/dx) = costante (che vedremo vale π/8)

Esercizio 6.3 La velocità C delle onde gravitazionali sul mare è supposta essere funzione della densità ρ, della profondità h, dell'altezza dell'onda λ e dell'accelerazione di gravità g. Derivare la relazione C = f( ρ, h, λ, g) in termini adimensionali.

Risp: ( λ=λ

hggC ) la teoria mostra che ( )

λπ

π=λ

h2tanh21hg

Determinare se è stata fatta qualche assunzione sbagliata Risp. La densità non compare, quindi non può influenzare la velocità delle onde

Esercizio 6.4 Quando si getta un sassolino nello stagno si generano delle onde di piccola lunghezza cosiddette capillari, (ripples) la cui velocità di propagazione dipende dalla densità del liquido ρ, dalla tensione superficiale σ, e dalla lunghezza d'onda λ.

Derivare la relazione c = f (ρ , σ , λ) in termini adimensionali. Risp. ( )

. tcosc=

ρλσ

6.5 INCONGRUENZE Uno dei vantaggi della rappresentazione adimensionale di un fenomeno è il fatto che la soluzione è valida in ogni sistema di misura purché coerente. Ad esempio il coefficiente di resistenza della sfera (caso oramai famoso) CD, per bassi Re (moti alla Stokes, Re < 1) è data dalla relazione teorica:

( ) D2

42

21D Re

24DV

FC =ρ

(6.15)

relazione che può essere estesa (moti alla Oseen, Re <2) come:

+= D

DD Re

1631

Re24C (6.16)

6.9

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Trattandosi di relazioni adimensionali le (6.15) e (6.16) valgono sia nel Sistema Internazionale che nel sistema BG. Non così accade con alcune formule in cui compaiono coefficienti che, per rispettare il principio di omogeneità dimensionale, devono essere dimensionali e quindi cambiano rispetto al sistema di unità usato. Molte di queste formule compaiono in problemi di idraulica:

• Ad esempio la formula di Manning per la velocità dei canali aperti:

( ) 2/13/2h SRn49.1V =

dove n è un numero che dipende dalla scabrosità, Rh è il raggio idraulico ed S è la pendenza del canale. Tale formula non è formalmente dimensionale e la costante 1.49 non è adimensionale (dipende dal sistema di riferimento. Tale infatti formula è valida soltanto in unità anglosassoni. • Un altro esempio famoso è la formula di Hazen-Williams per la portata volumetrica Q attraverso un tubo liscio di diametro D:

( ) 54.063.2 dxdpD9.61Q =

formula molto usata negli USA; anche in questo caso la costante 61.9 è dimensionale.

Infine vi sono addirittura delle formule usate in ingegneria che non possono essere omogenee dimensionalmente, ad esempio:

• la relazione tra la durezza Brinnell, B, e la durezza Rockwell, R, dei metalli: R100

25000B−

=

• la conversione del peso specifico di un olio, S, alla "densità API": API130

140S+

=

• la conversione per la viscosità dei liquidi dai "gradi Engler, DE", ai "secondi Saybolt tR":

R

RE

E t172t26.0

D74.3D0147. −=−0

sono tutte relazioni utili tra specialisti, che non hanno niente a che fare con la dimensionalità. 6.6 ADIMENSIONALIZZAZIONE DELLE EQUAZIONI DEL MOTO L'adimensionalizzazione delle equazioni del moto oltre a generalizzare la validità di applicazione della soluzione, fornisce anche, attraverso l'ordine di grandezza dei gruppi adimensionali che vengono a moltiplicare i vari termini, delle linee guida per decidere sulla piccolezza di certi termini rispetto ad altri e quindi sulle semplificazioni delle equazioni stesse; il tutto esclusivamente in base a dati noti, cioè con considerazioni a priori [in essenza: il Metodo degli Ordini di Grandezza, O.M.A. di Napolitano] Consideriamo ad esempio le equazioni che si applicano ad un flusso incompressibile ρ=costante con viscosità µ e conducibilità termica λ costanti:

continuità 0V =•∇ (6.17)

equilibrio

∆βρ

ρ+∇µ+∇−=

∇•+

∂∂

ρgT

gVpVV

tV

o

o2o (6.18)

energia interna Φ+∇λ=

∇•+

∂∂

ρ TTVtTc 2

vo (6.19)

6.10

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C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini

dove la dissipazione, in coordinate cartesiane è:

∂∂

+∂∂

+

∂∂

+∂∂

+

∂∂

+∂∂

+

∂∂

+

∂∂

+

∂∂

µ=µ=Φ222222

xw

zu

zv

yw

yu

xv

zw2

yy2

xu2S:S2 (6.20)

Le condizioni al contorno sono: su superfici solide:

velocità (no-slip): 0V = (6.21)

temperatura:

λ−=

∂∂

=

assegnataq1nT

assegnataTT

c

w

(6.22)

su ingresso/uscita

Noti:

∂∂

nV

V ; p ;

∂∂

nT

T (6.23)

su superfici libere (z=η)

dtdw η

= (6.24)

+σ−=

yxa R

1R1pp (6.25)

Le prime due equazioni contengono variabili con dimensioni esprimibili in termini di Massa, Lunghezza, Tempo, per l'equazione dell'energia occorre aggiungere, alle tre dimensioni base, la temperatura. Per cui le prime due equazioni possono essere adimensionalizzate usando un tempo di riferimento t0, una densità ρο (supposta costante), una velocità di riferimento, Vo , (che può essere la velocità di avanzamento o quella asintotica), una lunghezza di riferimento, L (che può essere la corda del profilo o il diametro equivalente di un corpo tozzo o di un condotto), una temperatura di riferimento, To , ed una differenza di temperatura di riferimento, ∆To . Nota: • stiamo implicitamente considerando che la velocità di riferimento e la lunghezza di riferimento sono le

stesse per tutte le direzioni, consideriamo cioè condizioni di isotropia. Questo porterà per flussi veloci ad un paradosso, assenza di portanza e resistenza, paradosso che sarà superato con adimensionalizzazioni diverse per le componenti normali e tangenziali, da cui scaturisce il concetto di strato limite con le derivanti equazioni approssimate (equazioni di Prandtl)

• i casi (e sono molti) in cui non esistono, a priori, informazioni capaci di definire tutte queste grandezze

di riferimento saranno considerati in seguito. Siamo quindi in grado di formare tutte le variabili adimensionali (denotate da asterischi):

ooo

o2oo

*

o

*

o

*

o

*

o

*

o

*

TTT.e.iTTT;

Vpp;

VVV

Lzz;

Lyy;

Lxx;

ttt

∆θ+=∆−

=θρ

==

====

(6.26)

Essendo le grandezze di riferimento costanti, possono essere scambiate con le derivazioni, ad es.:

6.11

Page 179: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini

( )( ) *

*o

*o

*

xu

LV

LxVu

xu

∂∂

=

∂∂

≡∂∂ (6.27)

Possiamo procedere a sostituire le variabili nelle equazioni che saranno la somma di vari termini composti ognuno come prodotto di un gruppo adimensionale e di un gruppo dimensionale, contenuto tra parentesi quadre [.], che contiene le grandezze di riferimento. Per adimensionalizzare le equazioni occorre dividere tutti i termini per uno dei gruppi dimensionali che compare nell'equazione; poiché stiamo studiando la fluidodinamica, sembra logico dividere per il gruppo dimensionale relativo al termine convettivo.

Nota: questo fatto porterà ad incongruenze in tutti i processi diffusivi [dove il termine convettivo è nullo o trascurabile, i.e. moti alla Stokes (a bassissimo Re), moti in condotti completamente sviluppati ecc.].

Facendo questo processo si arriva alle seguenti equazioni:

continuità 0V** =•∇ (6.28)

equilibrio

θ

ρ∆βρ

+∇

ρ

µ+∇−=∇•+

∂∂

g2o

oo

g2o*2*

o

******

*

ook

VLgT

kVgL

VLV

pVVtV

VtL (6.29)

energia interna *

ov

o2*

ov

**

oo LTcV

LVcV

tVtL

Φ

∆ρ

µ+θ∇

ρ

λ=θ∇•+

∂∂θ

(6.30)

dove la dissipazione, in coordinate cartesiane è

∂∂

+∂∂

+

∂∂

+∂∂

+

∂∂

+∂∂

+

∂∂

+

∂∂

+

∂∂

=Φ2

*

*

*

*2

*

*

*

*2

*

*

*

*

2

*

*2

*

*2

*

*

*

xw

zu

zv

yw

yu

xv

zw2

yv2

xu2

(6.31) Le condizioni al contorno in forma adimensionale sono: su superfici solide:

velocità (no-slip) 0* =V (6.32)

temperatura:

∆λ−=

∂∂θ

==θ

assegnataqT

Ln

TTse0

co

*

ow

(6.33)

su ingresso/uscita

Noti:

∂∂

*

*

*

nV

V ; p* ;

∂∂θ

θ

*n (6.34)

6.12

Page 180: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini

su superfici libere (z=η):

*

*

oo dtd

tVL*w η

= (6.35)

+

ρσ

−=y

*x

*2o

a**

R1

R1

LVpp (6.36)

6.6.1 Numeri adimensionali della fluidodinamica Denotiamo i gruppi adimensionali che si ritrovano (omettendo i pedici):

Numero di Strouhal LVtSt = (6.37)

Proposto da V. Strouhal scienziato tedesco che studiò le fluttuazioni del vento nell'atmosfera e definì il numero nel 1878.

Misura l'importanza relativa della convezione rispetto alla instazionarietà: per St→∞ condizioni stazionarie.

In genere possono capitare due situazioni, o si considera una situazione transiente (si assume campo nullo a t=0 e a t=0+ si impongono condizioni di moto. In questo caso non esiste un tempo di riferimento esterno; si pone St=1 ed il tempo caratteristico sarà pari a L/V chiamato tempo di permanenza (o di percorrenza). Si possono anche considerare condizioni al contorno di tipo sinusoidale (ad es parte oscillante, U=Uo sin (ωt) in questo caso il tempo caratteristico è l'inverso della ω ed il numero di Stroual prende la forma St=V/(ωL) . Nota: qualche testo definisce il numero di Strouhal con l'inverso della notazione da noi data.

Numero di Reynolds ν

ρ=

VLVLReL (6.38)

Proposto da Osborne Reynolds (1842-1912) un ingegnere inglese che lo propose nel 1883 dopo il famoso esperimento della transizione laminare - turbolento nei tubi.

Misura l'importanza relativa della convezione rispetto alla diffusione viscosa: per Re→∞ condizioni di flusso non viscoso (con paradossi).

In molto fluidi la viscosità cinematica ν è molto piccola sicché Re è alto anche per velocità e lunghezze unitarie (ordine un milione), il trascurare degli effetti viscosi modifica la condizione per la velocità su pareti fisse, imponendo su di esse l'annullarsi soltanto della componente normale Vn (per pareti impermeabili). Il valore del numero di Reynolds determina le caratteristiche dello strato limite, la transizione dal laminare al turbolento è fissata dal Rex,critico

Numero di Eulero (o di Newton)

ilecomprimilb

2

bileincomprimi

2 ap

VpEu

ρ=

ρ=

321

(6.39)

Denominato in onore di Leonard Euler (1707-1783). E' raramente importante e di solito si assume unitario; a meno che la pressione è tanto bassa da causare cavitazione, in questo caso si usa il numero di cavitazione Ca=(p-pv)/(ρV2).

Numero di Froude gL

VFr2

= (6.40)

In onore di William Froude (1810-1879) un architetto navale inglese che, insieme al figlio Robert, propose le regole di similitudine per flussi con superfici libere.

Misura l'importanza relativa della convezione rispetto alla gravità. NOTA: alcuni definiscono il Fr come radice quadrata di quello da noi definito: LgVFr =

6.13

Page 181: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini

Numero di Grashof 2

3LgTGrµ

∆β= (6.41)

Misura l'importanza relativa degli effetti di galleggiamento rispetto a quelli viscosi. Si deve considerare quando si usa l'approssimazione di Boussinesque. Il valore del numero di Grashof determina le caratteristiche dello strato limite per convezione naturale e la transizione dal laminare al turbolento.

Numero di Prandtl αν

=

ρµ

λ

ρ=

λ

µ= pp cc

Pr (6.42)

Misura l'importanza della diffusione viscosa ν rispetta a quella termica α = λ/cp ρ

Numero di Pèclet Lpp RePrVLcVLcVLPé =

µρ

λ

µ=

λ

ρ=

α= (6.43)

Misura l'importanza relativa della convezione dinamica rispetto alla convezione termica.

Numero di Eckert Tc

VEcp

2

∆= (6.44)

Misura l'importanza relativa dell'energia cinetica rispetto a quella entalpica

Numero di Nusselt λ

=∆λ

=∆=

hLT

LqNuThq

c (6.45)

Misura l'importanza relativa della convezione termica rispetto alla conduzione

Numero di Weber σ

ρ=

LVWe2

(6.46)

Denominato in onore di Moritz Weber (1871-1951) uno scienziato del politecnico di Berlino che sviluppò le leggi di similitudini. Fu lui che propose i nomi dei numeri di Reynolds e di Froude.

Misura l'importanza relativa della convezione rispetto alla tensione superficiale. E' importante soltanto se è di ordine unitario o minore di uno.

Usando queste definizioni le equazioni prendono la forma adimensionale:

continuità 0V** =•∇ (6.47)

equilibrio

θ+∇+∇−=∇•+

∂∂

g2

g*2*

L

******

*

kReGr

kFr1

VRe

1pVVtV

St1 (6.48)

energia interna *2***

ReEc

PrReV

tSt1

Φγ+θ∇γ

=θ∇•+∂∂θ (6.49)

dove la dissipazione, in coordinate cartesiane è

6.14

Page 182: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini

∂∂

+∂∂

+

∂∂

+∂∂

+

∂∂

+∂∂

+

∂∂

+

∂∂

+

∂∂

=Φ2

*

*

*

*2

*

*

*

*2

*

*

*

*

2

*

*2

*

*2

*

*

*

xw

zu

zv

yw

yu

xv

zw2

yv2

xu2

(6.50)

Le condizioni al contorno, in forma adimensionale, sono: su superfici solide:

velocità (no-slip) 0V* = (6.51)

temperatura:

∆λ−=

∂∂θ

==θ

assegnataqT

Ln

TTse0

co

*

ow

(6.52)

su ingresso/uscita

Noti:

∂∂

*

*

*

nV

V ; p* ;

∂∂θ

θ

*n (6.53)

su superfici libere (z=η):

*

*

dtd

St1*w η

= (6.54)

+−=

y*

x*a

**

R1

R1

We1pp (6.55)

6.6.2 Altri parametri adimensionali di interesse in fluidodinamica Numeri che non compaiono nelle equazioni della fluidodinamica presentate ma che sono di interesse nella termo-fluidodinamica e nella aerodinamica

Rapporto dei calori specifici 2N

2L

v

p

aa

cc

==γ (6.56)

definisce adimensionalmente un gas. Per ragioni di stabilità termodinamica γ > 1. E' massimo per elio γ = 1.66 (molecola mono-atomica) Aumenta con la temperatura.

Numero di Mach La

VM = (6.57)

In onore di Ernst Mach (1838-1916) fisico austriaco. Il suo quadrato misura gli effetti della compressibilità.

Per M2<0.1, i.e. M<0.3, il flusso si può considerare incompressibile (con un errore < 10%)

Numero di Stanton PrRe

NucVLT

LqVTc

qCh

Lp

c

p

c =µλ

ρµ

∆λ=

ρ∆= (6.58)

E' usato, in alternativa a Nusselt, per quantizzare l'importanza relativa della convezione termica rispetto a quella convetta dalla corrente. Nota questo numero a volte viene definito come: ( )VTcq rifpcCh ρ=

6.15

Page 183: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini

Numero di Knudsen L

Kn clml= (6.59)

E' il rapporto tra il cammino libero molecolare e la lunghezza caratteristica del corpo. misura la rarefazione del regime di moto .

per Kn < 0.01 regime continuo per 0.01< Kn < 0.1 regime di slip per 0.1< Kn < 3 regime di transizione per 3 < Kn regime di molecole libere

Nota essendo per un gas a

26.1clmν

γ≅l si ottiene: L

clm

ReM26.1

VV

L1

a26.1

LKn γ=

νγ≅=

l

Coefficiente di scabrosità rifL

k ε=ε (6.60)

misura l'importanza relativa della scabrosità (RMS) rispetto alla lunghezza di riferimento E' importante per flussi turbolenti.

Coefficiente di pressione dal numero di Eulero: 2212

21p Mp

ppUppc

γ−

−= ∞

∞∞

(6.61)

per fluidi incompressibili (da Bernoulli): 2

p UV1c

−=

(6.62)

Coefficiente (locale ) di attrito: 221

w

rif2

21

attritof USU

Fc∞∞∞∞ ρ

τ=

ρ= (6.63)

dipende dal regime di moto, dal corpo, dal Rex dal Mach e dalla scabrosità della parete kε.

Coefficiente di Portanza: rif

221

portanteL SU

Fc

∞∞ρ= (6.64)

La forza portante è definita come la componente della forza aerodinamica in direzione normale alla velocità asintotica. CL dipende dalla forma del corpo, dall'angolo di attacco, dal Rex dal Mach

Coefficiente di Resistenza: rif

221

resistenzaD SU

Fc∞∞ρ

= (6.65)

La forza resistente è definita come la componente della forza aerodinamica nella direzione della velocità asintotica. CD dipende dalla forma del corpo, dall'angolo di attacco, dal Rex dal Mach

Coefficiente di Momento: rifrif

221

oMo LSU

Mc∞∞ρ

= (6.66)

Il momento aerodinamico Mo è definito come il momento della forza aerodinamica rispetto al punto O In genere si sceglie O come il bordo di attacco o come il punto ad ¼ della corda (fuoco) del profilo(in aerodinamica i dettagli). CM dipende dalla forma del corpo, dall'angolo di attacco, dal Rex dal Mach

Allungamento (alare) rif

2

Sb

=ℜ (b=apertura) misura la snellezza dell'ala. (6.67)

6.16

Page 184: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini

6.6.3 Criteri per l'adimensionalizzazione Può accadere che un problema non ha disponibile, a priori, tutte le grandezze necessarie per definire i vari gruppi adimensionali.

(Abbiamo già commentato questo aspetto per quanto riguarda il numero di Strouhal)

In tale caso, una volta stabilita la causa più importante, si pone unitario il numero adimensionale relativo alla causa e che contiene la grandezza: questa ne viene quindi automaticamente definita. Un esempio chiarisce il concetto: se si studia il campo di moto lungo una lastra infinita lambita da una corrente con velocità asintotica V, mancherà la definizione della lunghezza e del tempo di riferimento. Se gli effetti viscosi sono la causa principale del fenomeno, ponendo ReL = UL/ν = 1, ri ricava la lunghezza di scala (viscosa) Lv = ν/U e quindi il tempo di scala (viscoso) (St = tU/L = 1) tv = Lv/U = ν/U2. Analogamente in un problema di scambio termico in cui è imposto un flusso di calore noto (la pentola della pasta sul gas) per determinare la differenza di temperatura di riferimento, necessaria per la adimensionalizzazione della temperatura, basta porre Nusselt unitario: Nu= L qc/(λ∆T)=1 per ricavare ∆T= L qc/λ . Ciò premesso dovrebbe essere possibile determinare in anticipo tutti i gruppi adimensionali che si trovano nelle equazioni. La grandezza di questi numeri determineranno l'importanza del termine in cui compaiono rispetto ad altri, si può quindi procedere, a priori, ad una semplificazione delle equazioni. Occorre fare attenzione sui possibili regimi di strato limite, cui abbiamo già accennato e che descriveremo approfonditamente nel seguito. 6.7 MODELLI E SIMILITUDINI

Le condizioni di flusso di un modello di prova sono completamente simili a quelle del prototipo se tutti i numeri caratteristici, rilevanti, hanno gli stessi valori per il modello e per il prototipo.

Questa è una buona definizione di una similitudine completa. Purtroppo tali condizioni sono difficilmente realizzabili (nella maggior parte delle volte non è possibile realizzarle) per cui si usa parlare di tipi di similitudine: geometrica, cinematica, dinamica, termica, ecc.... 6.7.1 Similitudine geometrica Questa è relativa a parametri che hanno le dimensioni di lunghezza L o di loro rapporti.

Un modello ed il prototipo sono geometricamente simili se e solo se

tutte le dimensioni, nelle tre coordinate, hanno lo stesso rapporto lineare di scala. Inoltre tutti gli angoli e tutte le direzioni dei flussi devono essere preservati.

Infine l'orientazione del modello e del prototipo rispetto all'ambiente deve essere lo stesso.

In pratica il modello deve essere una fotocopia rimpicciolita del prototipo, per cui potremo considerare come omologhi quei punti che sono proporzionalmente situati. La figura sottostante mostra la similitudine di un'ala.

6.17

r=

*

V α

r=0.015 *40

81

0.15

Prototipo =10°α Modello =10°α

0.8

0.1

punti omologhi

Page 185: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini

E' d'uopo descrivere come si genera un profilo alare. Questo è, di solito, descritto in modo adimensionale rispetto alla corda fornendo delle distribuzioni adimensionali di spessori t(x)/c che vengono sovrapposti ad una distribuzione di linea media f(x)/c opportunamente raccordati al bordo di attacco (L.E.).

r

Tali parametri vengono descritti adimensionalmente come:

x

c

LE

t max

fmax

==

τ=

cxg

c)x(t

max

δ=

cxh

c)x(f

max maxLE Costc

rτ×= (6.68)

Ogni famiglia di profili è descritta in termini delle distribuzioni g(x/c), h(x/c) e Cost. In tale modo una famiglia può generare profili descritti soltanto da τmax e δmax (ad.es. NACA 2412). Variando il valore della corda si genereranno sempre profili geometricamente simili. Ovviamente la similitudine per sfere o cilindri è molto semplice. Le due sfere nella figura sono simili ed in rapporto di scala 2:1 Invece le ellissi sottostanti, anche se, a prima vista, appaiono tali, non sono simili [ τ = 2/3 e τ = ¾ ]

6.7.2 Similitudine cinematica Tale similitudine richiede che il modello ed il prototipo abbiano lo stesso rapporto di scala sia per le lunghezze che per i tempi. In tale modo il rapporto di scale per le velocità tra il modello ed il prototipo sarà lo stesso. Si conferma così la definizione:

I campi di moto di due sistemi sono cinematicamente simili se e solo se

particelle omologhe stanno in punti omologhi in tempi omologhi. L'equivalenza dei rapporti di scala delle velocità, per geometrie simili, si differenzia per problemi con/senza superfici libere. Per problemi senza superfici libere si richiede, per regimi compressibili, l'equivalenza dei numeri di Reynolds e di Mach, per regimi incompressibili soltanto l'equivalenza dei numeri di Reynolds. Nel caso speciale di flussi incompressibili non viscosi non necessita alcun vincolo.

6.18

Page 186: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini

Per regimi incompressibili con superfici libere, in genere si richiede l'equivalenza dei numeri di Froude:

pp

2p

m

2m

m FrgLV

gLVFr === (6.69)

Poiché è difficoltoso variare l'accelerazione di gravità ne deriva che se il fattore di scala geometrica è pari ad α (alfa), risulta:

scala lunghezze: α=p

m

LL (6.70)

scala velocità: α==p

m

p

m

LL

VV (6.71)

scala dei tempi: α=α

α===

m

p

p

m

pp

mm

p

m

VV

LL

VLVL

tt (6.72)

Questo pone problemi nella similitudine cinematica di onde superficiali gravitazionali, infatti l'ampiezza H e la lunghezza d'onda λ si scala come α , mentre il periodo T e la velocità di gruppo C e le velocità particellari V si scalano come α

λ

ampiezza H

C

periodo T

V

6.7.3 Similitudine dinamica La similitudine dinamica esiste se il modello ed il prototipo hanno oltre alla stessa scala di lunghezze e tempo anche la stessa scala di forze (o equivalentemente di massa). Questa è assicurata se: 1. Flussi compressibili:

• Re, Ma, γ uguali nel modello e nel prototipo

2. Flussi incompressibili: • senza superfici libere Re uguale nel modello e nel prototipo • con superficie libera Re, Fr, ed eventualmente We e Ca uguali nel modello e nel prototipo

6.7.4 Discrepanze nella realtà La perfetta similitudine dinamica è più un sogno che realtà, laddove si considera che i fluidi di prova più comuni sono aria ed acqua. 6.7.4.1 Modelli idraulici per prove con superfici libere. L'uguaglianza di Froude porta, come visto precedentemente (6.70) e (6.71) a:

scala lunghezze: α=p

m

LL

6.19

Page 187: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini

scala velocità: α==p

m

p

m

LL

VV

L'uguaglianza ulteriore di Reynolds richiede inoltre:

p

pp

m

mm LVLVν

(6.73)

che implica:

scala viscosità: αα==νν

p

m

p

m

p

m

LL

VV (6.74)

Per α = 0.1 il rapporto delle viscosità cinematiche dovrebbe essere 0.032. Essendo indubbiamente il fluido del prototipo acqua, il fluido di prova per il modello dovrebbe avere una viscosità cinematica di quasi il 3 % di quella dell'acqua; impossibile! la ν del mercurio arriva solo ad 1/9 di quella dell'acqua. Per questi motivi in prove idrauliche si preferisce mantenere Fr costante in quanto parametro dominante le fenomenologie superficiali usando, per il modello valori di Re più piccoli (da 10 a 1000 volte). Ed usando estrapolazioni e correzioni per l'effetto di Re. 6.7.4.2 Modelli aeronautici/automobilistici per prove in gallerie a vento. In questo caso dovremo mantenere costanti i numeri di Reynolds e di Mach:

scala lunghezze: α=p

m

LL (6.75)

scala velocità: α==p

m

p

m

LL

VV (6.76)

L'uguaglianza di Reynolds implica:

scala delle velocità: αν

ν=

ν

ν=

1LL

VV

p

m

mp

pm

p

m (6.77)

L'uguaglianza di Mach implica:

scala delle velocità del suono: α==p

m

p

m

VV

aa (6.78)

Se il prototipo vola in aria, occorre un tunnel con fluido a bassa viscosità ed alta velocità del suono. L’idrogeno è un fluido ideale, ma poco pratico; azoto, a bassa temperatura, viene ora usato nel European Transonic Wind-Tunnel (ETW) impianto che, fruttando basse temperature e pressurizzazione riesce, unico al mondo, a garantire similitudine dinamica completa, pur con modelli piccoli ottenendo M fino ad 1.4 e valori di Re fino a 40 milioni.. L'ETW è basato sul fatto che la viscosità dinamica µ varia circa con la 0.7 potenza della temperatura assoluta, mentre la velocità del suono varia con la radice quadrata della temperatura assoluta, mentre la densità varia proporzionalmente con la pressione ed inversamente proporzionale con la temperatura:

5.07.1

7.0 Ta;p

T/T/pTp;T ∝∝ρµ=ν⇒∝ρ⇒ρ∝∝µ (6.79)

ne derivano le possibili scale:

p

m

p

m

T

T

V

V= (6.80)

6.20

Page 188: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini

m

p2.1

p

m

m

p7.1

p

m

m

p

p

m

m

p

p

m

pp

TT

pp

TT

TT

VV

LL

=

=

νν

==α (6.81)

piccoli modelli con scala 1:20, i.e. α = 0.05 possono essere provati sfruttando la bassa temperatura e l'alta pressione dell'azoto appena sopra la liquefazione. Molte discrepanze sono dovute ad effetti di scala spuri:

• nelle modellistiche idrauliche, oltre per la impossibilità di mantenere Re e Fr costanti, incongruenze derivano anche dal fatto che in modelli molto piccoli, gli effetti della tensione superficiale diventano molto importanti, ed a volte dominano la fisica del problema. • effetti di scala spuri si ritrovano anche in modellistica aeronautica in quanto su piccoli modelli non è possibile replicare esattamente le rugosità superficiali in modo da mantenere la turbolenza di galleria a quella atmosferica, tutti fattori di scala che influiscono notevolmente sulla transizione laminare/turbolenta e quindi sui risultati di prova.

Esercizio 6.5 Abbiamo visto che la dipendenza del coefficiente di resistenza di una sfera è CD = f ( ReD ) . La risoluzione analitica mostra che, in regime laminare, è:

( ) µρ

==ρ

≡π

DVRe,

Re24

DVFC D

D2

42

21D

Per ReD→0 la soluzione impone CD→∞ cosa molto strana. Ripensandoci sopra ricordiamo che il numero di Reynolds misura l’importanza relativa tra gli effetti convettivi e quelli diffusivi viscosi:

( ) µρ

=ρµ

ρ==

DVDV

viscososforzodinamica pressioneRe

2

D

Ora per velocità molto basse Re<1, gli effetti convettivi sono trascurabili rispetto a quelli viscosi, quindi l’adimensionalizzazione della forza F rispetto alla pressione dinamica moltiplicata l’area frontale non è più logicamente corretta, in quanto l’effetto principale non è quello dinamico ma quello viscoso. Mediante l’analisi dimensionale mostra una più corretta dipendenza. C’F = [F/(µ U D)] = f(ReD) : C’F=3π per, ReD→0 i.e. Re<1 C”F = [ρF/(µ2)] = f(ReD) : C”F=3πReD per ReD < 100 , C”F = 0.16 ReD

2 per ReD > 100

Esercizio 6.6 Il flusso turbolento tra due pareti infinite può essere descritto dall’equazione:

+ν=

dydu

dydu

dxd

dyud

dxdp 2

mix2

2l

Quali sono le dimensioni di lmix , ν , dydu2

mixl ?

Esercizio 6.7 Per flussi turbolenti nelle vicinanze di una parete solida (strato interno) si ipotizza che lo sforzo viscoso alla parete τw dipende dalla distanza dalla parete y , dalla velocità u, dalla densità ρ, dalla viscosità µ , e dalla scabrosità della parete ε. In tutto sono 6 variabili e quindi devono esistere 3 gruppi adimensionali. Con l’analisi dimensionale, trova i tre gruppi adimensionali.

6.21

Page 189: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini

Vedi se riesci a definire la dipendenza che si ritrova in letteratura

ε=

τττ ll,yf

uu e determina le espressioni

per la velocità di attrito uτ, e la lunghezza di attrito lt. ρ

τ=τ

wu , ρν

τ=

ν= τ

τ 2wu

l

Esercizio 6.8 Von Karman nell’analizzare strati limite turbolenti lontano dalla parete solida (strato esterno) ipotizza che il difetto di velocità u rispetto a quella esterna U dipende dallo sforzo viscoso alla parete τw dalla distanza dalla parete y , dallo spessore dello strato limite δ e dalla densità ρ (non dipende dalla viscosità µ e dalla scabrosità della parete ε): U - u = f ( τw , ρ , y , δ )

Trovare i tre gruppi adimensionali e se la dipendenza

δ=

τ

ygu

uU , ρ

τ=τ

wu è possibile.

Esercizio 6.9

Dimostrare che per uno strato limite turbolento 2

2w

f Uu

2U

2

=

ρ

τ= τc

Esercizio 6.10 Nelle immediatissime prossimità di una parete in flusso turbolento, si ritrova una sottostrato laminare il cui spessore è valutato essere δs.s.lam ≈7 lτ = 7 ν/uτ (i.e. y+ = y/lτ = 7) Sapendo che per uno strato limite turbolento su di una lastra piana si ritrova:

( ) 5/1xRe37.0

x=

δ ( ) 5/1

x2

wf

Re0592.0

U2

c =ρ

τ=

Determinare la percentuale dello spessore del sottostrato laminare rispetto allo spessore dello strato limite turbolento δ, per U=50 m/s, ν=1.46 10-5 , x=0.7373 m (i.e. Rex= Ux/v=3.425 106 appena dopo la transizione al turbolento). Risposta δs.s.lam≈2.9 10-3 (meno del 3 per mille)

Esercizio 6.11 In strato limite turbolento su parete, si ritrova una strato logaritmico il cui spessore è valutato essere δlog ≈350 lτ=350 ν/uτ (i.e. y+ = y/lτ = 350). Sapendo che per uno strato limite turbolento su di una lastra piana si ritrova:

( ) 5/1xRe37.0

x=

δ ( ) 5/1

x2

wf

Re0592.0

U2

c =ρ

τ=

Determinare la percentuale dello spessore del strato logaritmico rispetto allo spessore dello strato limite turbolento δ, per U=50 m/s, ν=1.46 10-5 , x=0.7373 m (i.e. Rex= Ux/v=3.425 106 appena dopo la transizione al turbolento). Risposta δlog ≈ 0.146 (meno del 15%)

Esercizio 6.12 La base della teoria dell'equilibrio universale di Kolmogorov per la turbolenza considera che, vicino ad una parete, la turbolenza è condizionata dall’equilibrio di due fattori: il rateo di dissipazione dell'energia cinetica per unità di massa: ( )

→ 3

22

tL

tempovelocità

tempomassaenergia

ε

la viscosità cinematica :

ρ

ρµ

→νt

Lvelocitàdigradientetensione 2

6.22

Page 190: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini

Determina le scale di lunghezza, tempo e velocità che si possono formare con questi due parametri. ( ) 4/13 εν=η ( ) 2/1εν=τ ( )= 4/1νεv

queste sono chiamate Scale di KOLMOGOROV ( anche dette scale interne). Verifica che il numero di Reynolds basato su queste scale è unitario.

[come deve essere coerentemente al concetto di bilanciamento degli effetti turbolenti con quelli viscosi)

Esercizio 6.13 Nell’analisi della turbolenza, la stima del rateo di dissipazione ε può essere fatta imponendo che il rateo con cui le grandi strutture vorticose forniscono energia cinetica (u2 ) a quelle piccole è proporzionale all’inverso della scala dei tempi delle grande strutture turbolente ( u/t u,t δ= ) dove δ rappresenta la dimensione tipica della grande struttura (dello stesso ordine dello spessore dello strato limite, scala esterna, o scala integrale) Determina la stima di ε.

Risposta: δ

≈δ

≈ε32 u

uu il rateo di dissipazione viene determinato dalla dinamica delle grosse strutture

turbolente (che non coinvolge la viscosità) . i.e la dissipazione è un processo passivo che procede con un rateo fissato dal comportamento non-viscoso delle grosse strutture vorticose

Esercizio 6.14 Determinare, per un flusso turbolento, le relazioni tra le scale interne "η , t , V" , quelle esterne " d, t , u" ed il Re turbolento esterno ( )νδ /u . Sugg. introdurre nelle scale di Kolmogorov il valore di "ε" . Risposta

4/34/3

Reu −−

=

νδ

=δη 2/1

2/1

.estReu

ut

tt −

=

νδ

≈ 4/14/1

Reuu

−−

=

νδ

≈V

Per Re>>1 :le scale (di lunghezza, tempo e di velocità) interne [delle microstrutture] sono più piccole di quelle esterne [delle grandi strutture vorticose]. La maggiore differenza tra due flussi turbolenti, con diversi Re e con stesse scale integrali (esterne) è la diminuzione delle scale interne.

Esercizio 6.15 Stimare la scala di vorticità in uno strato limite turbolento. Risp. la vorticità delle microstrutture turbolenti è proporzionale all'inverso della scala del tempo interno.

Esercizio 6.16 Con le stime fatte negli esercizi precedente dimostrare in quali condizioni la Turbolenza è un fenomeno continuo. Sugg. Basta dimostrare che le scale più piccole (ovviamente quelle interne) sono maggiori di quelle molecolari. Le scale molecolari sono definite da: cammino libero molecolare ξ e la velocità (media di agitazione) delle molecole proporzionale alla velocità del suono, a.

Risposta 4/1ReM

≈ηξ 2

2/1

MRe

at

≈ξ

Esercizio 6.17 Una semplice formulazione degli effetti turbolenti è di sommare alla viscosità (molecolare, i.e. termodinamica) ν, una viscosità turbolenta νt. Tra le varie si propone di mettere la viscosità turbolenta νt in relazione con l’energia (delle fluttuazioni) turbolenta (cinetica e specifica) k (dimensioni L2/t2) ed il suo rateo di dissipazione (specifico) ε che ha le dimensioni (L2/t2). Sviluppa una formula per νt = f (κ, ε).

Esercizio 6.18

6.23

Page 191: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini

Kolmogorov nel considerare l’analisi di Fourier di flussi turbolenti in funzione del numero d’onda delle fluttuazioni turbolente k (il numero d’onda è il rapporto tra 2π e la lunghezza λ dell’onda sinusoidale: κ=2π/λ, quindi k ha le dimensioni dell’inverso di una lunghezza (1/L), ha ipotizzato che lo spettro di energia turbolenta E(k) (dimensioni k/k=L3/t2) dipenda, in un intervallo di k chiamato, range inerziale, dal rateo di dissipazione (specifico dell’energia turbolenta) ε che ha le dimensioni (L2/t2) e dal numero d’onda k. Sviluppa una formula per la dipendenza di E(k) da ε e da k.

Esercizio 6.19 Per una convezione naturale su di una lastra piana verticale riscaldata, la differenza tra la temperatura della piastra e quella dell’aria ∆T dipende dalla temperatura ambiente Ta, dal calore specifico cp, dalla conducibilità termica del fluido λ, dalla densità del fluido ρ e dalla gravità g. Quanti gruppi adimensionali si possono formare e quali sono le loro forme?

Esercizio 6.20 Per una convezione naturale su di una lastra piana verticale riscaldata, la velocità ascensionale dipende dalla differenza tra la temperatura della piastra e quella dell’aria ∆T, dal calore specifico cp, dalla conducibilità termica del fluido λ, dalla densità del fluido ρ , dalla densità del fluido µ e dalla gravità g e dal coefficiente

di espansione termico del fluido dTd1 ρ

ρ=β

Quanti gruppi adimensionali si possono formare e quali sono le loro forme?

Esercizio 6.21 La capacità di carico W (peso i.e. forza) di un cuscinetto lubrificato idrodinamicamente dipende dal diametro del cuscinetto D, dalla sua lunghezza L, dal gioco ε , dalla velocità angolare Ω e dalla viscosità del lubrificante µ. Quanti e quali i gruppi adimensionali ?

Esercizio 6.22 Il decadimento della vorticità ω in un campo assialsimmetrico viscoso dipende dalla circolazione iniziale

∫ •=Γ sdV dal raggio r, dal tempo t e dalla viscosità cinematica ν.

Quanti e quali i gruppi adimensionali per organizzare un programma di prove?

Esercizio 6.23 La spinta di un’elica marina T (forza) si pensa dipenda dal diametro D, dalla sua velocità angolare Ω, dalla velocità di avanzamento U, dalla densità del fluido ρ, dalla viscosità cinematica ν e dall’accelerazione di gravità g. Quanti e quali i gruppi adimensionali per organizzare un programma di prove?

Esercizio 6.24 La spinta di un’elica aeronautica a grandi prestazioni T (forza) si pensa dipenda dal diametro D, dalla sua velocità angolare Ω, dalla velocità di avanzamento U, dalla densità del fluido ρ, dalla viscosità cinematica ν e dalla velocità del suono c. Quanti e quali i gruppi adimensionali per organizzare un programma di prove?

Esercizio 6.25 Trascurando la viscosità, la resistenza d’onda di una nave R (forza) dipende dalla densità dell’acqua ρ, dalla velocità di avanzamento U, da una dimensione caratteristica della nave L (∝lunghezza) e dalla gravità g. Quanti e quali i gruppi adimensionali per organizzare un programma di prove? In un modello in scala 1:36 che si muove a 1.2 m/s si misura una resistenza di 9 N. Quale la corrispondente velocità e resistenza del prototipo?

Esercizio 6.26

6.24

Page 192: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini

Si vuole analizzare il comportamento all’onda di una piattaforma petrolifera in una corrente con velocità 0.16 m/s, altezza d’onda 2.4 m, frequenza d’onda w=0.5 1/s. Si vuole provare in laboratorio su un modello in scala 1:16. Quali i gruppi adimensionali per la similitudine dinamica e quali i parametri di prova?

Esercizio 6.27 Si deve provare un modello in scala 1:5 di una pompa centrifuga che sarà usata in un reattore nucleare dove opererà su sodio liquido la cui viscosità cinematica è supposta essere 3.17 10-7 m2/s. La pompa del prototipo girerà a 1800 rpm e deve fornire una portata volumetrica di 0.0278 m3/s. Il fluido di prova del modello è acqua. Quali i gruppi adimensionali e le condizioni di prova per assicurare una similitudine dinamica?

Esercizio 6.28

La prevalenza ponderale portata

potenza

mg

Wh d ==•

(lunghezza) fornita da una turbopompa dipende dal diametro del

rotore d, dalla velocità N (rpm), dalla portata volumetrica Q, dalla viscosità cinematica ν e dalla gravità g. Quanti e quali i gruppi adimensionali per organizzare un programma di prove?

Esercizio 6.29 Il campo di moto nelle vicinanze di una parete rotante con velocità angolare Ω è il problema dello strato limite di Ekman, il cui spessore δ, dipenderà da Ω, dalla velocità U e dalla viscosità cinematica ν. Quanti e quali i gruppi adimensionali per organizzare un programma di prove?

Esercizio 6.30 Vogliamo studiare le condizioni per le quali gocce di liquido si rompono in una corrente gassosa. I parametri rilevanti sono il diametro della goccia D, la densità del gas ρ, la velocità U, la viscosità cinematica del gas ν, e la tensione superficiale σ. Quanti e quali i gruppi adimensionali per organizzare un programma di prove?

6.25

Page 193: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Capitolo6 - Analisi Dimensionale e Similitudini

.6.7 CHECK-OUT Lo studente diligente, a questo punto dovrebbe essere familiare con questi argomenti: 1. scopi, obiettivi, potenzialità e benefici dell’analisi dimensionale, 2. pianificazione prove, 3. presentazioni risultati, 4. teoria dei modelli, 5. semplificazione delle equazioni, 6. aiuto a ritrovare relazioni tra quantità fisiche, 7. prova del nove di relazioni fisiche, 8. principio di omogeneità dimensionale , teorema e metodo del Buckingham, metodo di Taylor e relative

applicazioni, 9. stare attenti alle incongruenze di formulazione e di alcuni risultati, 10. adimensionalizzazione delle equazioni e delle rispettive condizioni al contorno- problematiche di scale

diverse – fenomeni di strato limite, 11. numeri adimensionali della fluidodinamica, della termo-fluido-dinamica e dell’aerodinamica, 12. modelli, similitudini, relative applicazioni e limitazioni.

6.26

Page 194: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA – Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale

Appendice A

Richiami di calcolo vettoriale e tensoriale

Scopo dell’ Appendice

Ricapitolazione dell’algebra e del calcolo vettoriale e tensoriale e dei relativi teoremi di calcolo integrale Utile per riferimento.

Indice dell’Appendice

Paragrafo pagina

A.1 Generalità 2 A.2 Prodotti 3 A.3 Prodotti di tre vettori 6 A.4 Sistemi di riferimento 6 A.5 Differenziazione dei vettori 8 A.6 Calcolo differenziale 9

A.6.1 Operatore nabla 9 A.6.2 Fattori di scala 10 A.6.3 Gradiente 11 A.6.4 Divergenza di un campo vettoriale 11 A.6.5 Significato fisico della divergenza del campo di velocità 12 A.6.6 Rotore di un campo vettoriale 12

A.6.6.1 Significato fisico del rotore: 13 A.7 Operatori differenziali del secondo ordine 14

A.7.1 Laplaciano 14 A.8 Algebra tensoriale 16

A.8.1 Prodotto scalare tra un vettore ed un tensore 17 A.8.2 Doppio prodotto tra tensori 18 A.8.3 Analisi spettrale di tensori 18

A.9 Tensori di interesse in Fluidodinamica 20 A.9.1 Tensore degli sforzi 20 A.9.2 Gradiente della velocità 21

A.10 Elementi di calcolo integrale 26 A.11 Cenni sui sistemi di coordinate curvilinee non ortogonali 27 A.11.1 Assi reciproci 30 A.11.2 Componenti controvarianti e covarianti 32 A.11.3 Variazione delle componenti di un vettore in sistemi curvilinei ruotati 34 A.11.4 Il tensore metrico 36

A.1

Page 195: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA – Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale

A.1 GENERALITÀ Le grandezze fisiche in ogni punto R di uno spazio a n dimensioni (esempio n=3) si possono classificare come: • scalari (tensori di ordine 0) che sono determinati da n0=30=1 componente scalari • vettori (tensori di ordine 1) che sono determinati da n1=31=3 componenti scalari • tensori (tensori di ordine 2) che sono determinati da n2=32=9 componenti scalari Esempi di scalari sono i campi di temperatura, di densità,… che sono determinati, per ogni punto, soltanto dalla intensità, cioè da un numero, in questo contesto gli scalari saranno indicati da una lettera. Esempi di vettori sono i campi di forze, di velocità, ecc. che, per ogni punto, sono determinati da un’intensità e da una direzione, in questo contesto i vettori saranno indicati con lettere sottolineate ( a, V,F,…). Esempi di tensori sono i prodotti d’inerzia, il tensore degli sforzi, ecc.. che, per ogni punto, sono determinati da un valore di intensità, e da due direzioni (per il tensore degli sforzi sono tipicamente la normale al piano su cui agisce lo sforzo superficiale e la direzione dello sforzo superficiale), in questo contesto i tensori saranno indicati con simboli sottolineati due volte (τ , S , Ω …). I campi vettoriali e tensoriali sono spazi di Hilbert, cioè spazi normati in cui è definito un prodotto scalare, il quadrato della norma (intensità o modulo del vettore) è definito come il prodotto scalare di un vettore con se stesso aaa2 •= , in questo contesto il modulo di un vettore a è indicato con il simbolo non sottolineato:

aaa •= (A.1)

La direzione di un vettore a è data da un versore ea (cioè da un vettore di intensità unitaria) pari al rapporto del vettore sul suo modulo:

aaa

aaea

•== (A.2)

In definitiva si potrà rappresentare il vettore a come prodotto del modulo ”a” e della direzione “ea”:

( ) aaa eeaeaa •== (A.3)

b

a

b cosβ

β

a•b = a b cosβIn un comune spazio vettoriale ( a 3 dimensioni) il prodotto scalare a•b di due vettori a e b è definito come il prodotto dei moduli moltiplicato il coseno dell’angolo formato tra i due vettori. Due vettori sono ortogonali se il loro prodotto scalare è nullo. La componente di un vettore a lungo una direzione indicata dal versore n è data dal prodotto scalare di nan •≡a . Con tale bagaglio è immediato costruire la rappresentazione di vettori in un sistema coordinato. Noi considereremo soltanto sistemi ortogonali, cioè sistemi di riferimento definiti da tre direzioni ortogonali tra di loro.

A.2

Page 196: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA – Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale

x

z

yi

jk

a

az

ax

ay

Il più semplice è il sistema cartesiano, definito dai versori i,j,k che indicano rispettivamente le direzioni degli assi coordinati x,y,z. E' importante notare che queste direzioni coordinate, e quindi i versori sono gli stessi per tutti i punti dello spazio (cioè non variano nel campo). In questo sistema un vettore è indicato come somma delle componenti scalari lungo i tre assi coordinati moltiplicate i rispettivi versori:

( ) ( ) ( ) kajaiakkajjaiiaa zyx ++=•+•+•= (A.4)

E’ ovvio che la somma di vettori viene fatta con la regola del parallelogramma, da cui ne discende che la rappresentazione della somma di due vettori mediante le componenti coordinate è fatta sommando le rispettive componenti.

( ) ( ) ( )[ ] ( ) ( ) ( )[ ][ ] [ ] [ ] [ ] [ ] kbajbaibakbjbibkajaia

kkbjjbiibkkajjaiiaba

zzyyxxzyxzyx +++++=+++++=

=•+•+•+•+•+•=+ (A.5)

Ovviamente il prodotto di uno scalare “s” con un vettore “a” sarà pari al vettore le cui componenti scalari sono moltiplicate per “s”:

( ) ( ) ( ) [ ] [ ] [ ] ksajsaisakka zyxsjjasiiasas ++=• (A.6)

a b

a+b+•+•=

A.2 Prodotti I prodotti tra vettori a e b possono essere di tre tipi: • scalare (o interno) ba • • vettoriale ba ∧ • tensoriale (o diadico) ba

Attenzione: altre simbologie sono usate in letteratura per indicare tali prodotti!

Il prodotto scalare di due vettori, a e b , è stato già definito, in un comune spazio vettoriale (a 3 dimensioni) come lo scalare dato dal prodotto dei moduli dei due vettori moltiplicato per il coseno dell’angolo formato tra i due vettori. Il prodotto scalare di due vettori viene fatto, di solito, mediante somma dei prodotti delle componenti. In una rappresentazione cartesiana i prodotti scalari dei versori diversi tra di loro sono nulli (in quanto ortogonali), quelli dei versori con se stessi sono ovviamente unitari:

≠=

=δ=•jise0jise1

ee ijji (A.7)

A.3

Page 197: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA – Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale

ovvero:

1kk;0jk;0ik

0kj;1jj;0ij

0ki;0ji;1ii

=•=•=•

=•=•=•

=•=•=•

(A.8)

ne discende la comoda rappresentazione:

[ ] [ ][ ] [ ] [ ] [ ]

[ ] [ ] [ ] [ ] [ ][ ] [ ] [ ]

zzyyxx

zzyyxx

zzyzxzzyyy

xyzxyxxx

zyxzyx

bababa

bababa

kkbajkbaikbakjbajjba

ijbakibajibaiiba

kbjbibkajaiaba

++=

=++=

=•+•+•+•+•+

+•+•+•+•=

=++•++=•

(A.9)

E’ facile rilevare che il prodotto scalare: • È commutativo, i.e. abba •=• • E’ distributivo, i.e. [ ] cabacba •+•=+• • Non è associativo, i.e. [ ] [ ]cbacba •≠• Applicazioni tipiche del prodotto scalare in meccanica sono rappresentate dal calcolo del lavoro dL di una forza F a seguito di uno spostamento elementare ds: dL = F•ds ; ovvero dalla portata dQV di un campo vettoriale V attraverso una areola dA di normale n: d QV= V•n dA. Il prodotto vettoriale è definito come il vettore che ha come intensità il prodotto dei moduli per il seno dell’angolo formato ed è normale al piano formato dai due vettori, la direzione del prodotto vettoriale dipende dal segno usato per la terna, di solito levogira, il che significa che a , b , a x b sono orientati rispettivamente secondo il pollice, l’indice ed il medio della mano destra (ovvero regola cavaturaccioli).

a

b

axb

Ne discende che il prodotto vettoriale di due vettori paralleli è nullo. Il prodotto vettoriale di due vettori viene fatto, di solito, mediante somma dei prodotti delle componenti. In una rappresentazione cartesiana i prodotti vettoriali dei versori diversi tra di loro sono pari a ±1 a seconda dell’ordine della permutazione 123 (i,j,k), quelli dei versori con se stessi sono ovviamente nulli:

[ ][ ]

−+

=εε=•uguali sono indici duealmenose0

)132,213,321(disparinepermutazio una èkj,i,se1312) 231, 123,(parionepermurtazi una èk,j,ise1

;eee ijkkijkji (A.10)

ovvero:

0kk;ijk;0ik

ikj;0jj;kij

jki;kji;0ii

=∧−=∧=∧

=∧=∧−=∧

−=∧=∧=∧

(A.11)

A.4

Page 198: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA – Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale

ne discende la comoda rappresentazione:

[ ] [ ][ ] [ ] [ ] [ ]

[ ] [ ] [ ] [ ] [ ][ ] [ ] [ ]kbabajbabaibaba

kkbajkbaikbakjbajjba

ijbakibajibaiiba

kbjbibkajaiaba

xyyxzxxzyzzy

zzyzxzzyyy

xyzxyxxx

zyxzyx

−+−+−=

=∧+∧+∧+∧+∧+

+∧+∧+∧+∧=

=++∧++=∧

(A.12)

Formalmente vale la notazione:

zyx

zyx

bbbaaakji

ba =∧ (A.13)

E’ facile rilevare che il prodotto vettoriale: • È non commutativo, i.e. abba ∧−=∧ (è alternante) • E’ distributivo, i.e. [ ] cabacba ∧+∧=+∧ • Non è associativo, i.e. [ ] [ ]cbacba ∧≠∧ Un’applicazione semplificativa del prodotto vettoriale tipica della meccanica è la determinazione del momento M di una forza F

applicata in O rispetto ad un punto P: →

=∧= POr;FrM

F

PO

r Il prodotto tensoriale (o diadico) di due vettori è rappresentato dal semplice prodotto formale delle loro rappresentazioni:

[ ][ ][ ] [ ] [ ] [ ]

[ ] [ ] [ ] [ ] [ ] kkbajkbaikbakjbajjba

ijbakibajibaiiba

kbjbibkajaiaba

zzyzxzzyyy

xyzxyxxx

zyxzyx

+++++

++++=

=++++=

(A.14)

E’ ovviamente comoda la rappresentazione matriciale:

kji

zzyzxz

zyyyxy

zxyxxx

bababababababababa

kji

ba

= (A.15)

E’ facile rilevare che il prodotto diadico • È non commutativo, i.e. abba ≠ • E’ distributivo, i.e. [ ] cabacba +=+

A.5

Page 199: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA – Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale

A.3 Prodotti di tre vettori Doppio prodotto misto:

( )z

z

z

cba

yx

zx

yx

ccbbaa

dcba ==•∧ (A.16) c

a

b

d è pari al volume del parallelogramma rappresentato dai tre vettori. Vale l’indentità (permutativa):

( ) ( ) ( ) acbbaccba •∧=•∧=•∧ (A.17) Doppio prodotto vettoriale

( ) ( ) acbcbaocommutativnon

∧∧≠∧∧ (A.18) Valgono le indentità:

( ) ( ) ( baccabcba •−•=∧∧ ) ; ( ) ( ) ( ) 0bacacbcba =∧∧+∧∧+∧∧ (A.19) Nota: dato un vettore a ed una direzione n, il vettore si può scomporre come somma di due vettori di cui uno parallelo ad n ed un altro normale ad n, come segue:

( ) (n ad normalen ad parallelonannnaa ∧∧+•= ) (A.20)

A.4 Sistemi di riferimento Anche se abbiamo dimostrato l’algebra vettoriale per un sistema di riferimento cartesiano, essa si applica parimenti ad altri sistemi ortogonali, quali ad esempio il cilindrico e lo sferico. Sistema polare piano (r,θ)

x

y

r

θ

iθ ir

j

i

)(irR r θ= (vettore posizione)

(A.21) θθ+= iViVV rr (vettore velocità)

valgono le seguenti relazioni per il cambiamento di coordinate (rispetto al cartesiano)

θ+θ−=

θ+θ=

θ cosisini

jsinicosir

j (A.22)

θ=θ=

sinrycosrx

A.6

Page 200: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA – Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale

x

y

ρ

θ

eθ eρ

j

i

b

a

Sistema polare ellittico piano (ρ,θ) Esempio di sistema non ortogonale

)(eR θρ= ρ (vettore posizione) (A.23)

θθρρ += eVeVV valgono le seguenti relazioni per il cambiamento di coordinate (rispetto al cartesiano)

θρ=θρ=

sinbycosax

; ( )

[ ]

π∈θ

∞∈ρ

+

− 2,0;xy

batan

,0;by

ax

1

22

(A.24)

Sistema cilindrico (r,θ.z)

zr iz)(irR +θ= (vettore posizione)

zzrr iViViVV ++= θθ (A.25)

r

z

θ

i r

i z

i θ y

x

z

valgono le seguenti relazioni per il cambiamento di coordinate (rispetto al cartesiano)

=θ=θ=

zzsinrycosrx

=

θ+θ−=

θ+θ=

θ

ki

jcosisini

jsinicosi

z

r

(A.26)

Sistema sferico (r,θ,χ)

rirR =

χχθθ ++= iViViVV rr (A.27) r

χ

θi q

i χ

i r

x

y

z

valgono le seguenti relazioni per il cambiamento di coordinate (rispetto al cartesiano)

θ=χθ=χθ=

cosrzsinsinrycossinrx

χ+χ−=

θ−χθ+χθ=

θ+χθ+χθ=

χ

θ

jcosisini

ksinjsincosicoscosi

kcosjsinsinicossinir

(A.28)

A.7

Page 201: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA – Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale

A.5 Differenziazione dei vettori Data una rappresentazione di un vettore in un sistema ortonormale: 332211 eaeaeaa ++= la derivata di a rispetto ad una generica variabile “n” è data dal solito procedimento di derivazione:

[ ] [ ] [ ] [ ]

[ ] [ ] [ ] [ ] [ ] [ ]ne

aena

ne

aena

ne

aena

nea

nea

nea

eaeaeann

a

333

3222

2111

1

332211332211

∂∂

+∂

∂+

∂∂

+∂

∂+

∂∂

+∂

∂=

=∂

∂+

∂∂

+∂

∂=++

∂∂

=∂∂

(A.29)

Il problema è di determinare le derivate dei versori coordinati rispetto alla variabile. Ricordiamo che la derivata di un versore (vettore di modulo unitario) rappresenta la direzione verso cui il versore si sposta rispetto alla variazione derivata (rimane un versore).

Piano z=costante

r

θ θ+dθir(θ)

ir(θ+dθ)

iθ(θ)

iθ(θ+dθ)

iθ(θ)

iθ(θ+dθ)

ir(θ)

ir(θ+dθ)

Per un sistema cartesiano, i versori coordinati sono costanti, essi non variano con il punto e quindi tutte le rispettive derivate dei versori sono nulle. Così non è per i sistemi non cartesiani. Per le coordinate cilindriche vale:

0ri r =

∂∂ ; 0

ri

=∂∂ θ ; 0

riz =

∂∂

θ=θ∂

∂i

ir ; rii

−=θ∂

∂ θ ; 0iz =θ∂

∂ (A.30)

0zir =

∂∂ ; 0

zi

=∂∂ θ ; 0

ziz =

∂∂

Per coordinate sferiche vale:

0rir =

∂∂ ; 0

ri

=∂∂ θ ; 0

ri

=∂

∂ χ

θ=θ∂

∂i

ir ; rii

−=θ∂

∂ θ ; 0i

=θ∂

∂ χ (A.31)

χθ=χ∂

∂isin

ir ; χθ θ=χ∂

∂icos

i ; θχ θ−θ−=χ∂

∂icos.isin

ir

Piano χ=costanteir(θ)

ir(θ+dθ)iθ(θ)

iθ(θ+dθ)

θ+dθ

Iχχ+ dχ

Cosθ iχ(χ)

sinθ ir(χ)

A.8

Page 202: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA – Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale

Esercizio A.1 Rappresentare analiticamente una forza di intensità 10N in direzione 30° dall’asse delle x in un campo piano (x,y).

Esercizio A.2 Un’automobile percorre 3 km in direzione dell’asse y e successivamente 5 km a 45° rispetto agli assi x ed y. Rappresentare graficamente ed analiticamente tali spostamenti.

EsercizioA.3 Dati i vettori (rappresentazione cartesiana): a = 3xy i + 4zx j + yz k ; b = z2 i + y2x j + xyz k ; c = x2 i + y2 j +z2 k ed il campo scalare f = 3x2yz+3x+6 Determinare: il modulo e la direzione dei vettori a, b, c , f a e gli angoli tra di loro, nel punto (1,2,3) il vettore a + b – c nel punto (1,2,3) il vettore f a nel punto (1,2,3) il prodotto scalare a • b nel punto (1,2,3) il prodotto vettoriale a ∧ c nel punto (1,2,3) il doppio prodotto misto a • b ∧c nel punto (1,2,3)

Esercizio A.4 Dati i vettori (rappresentazione cilindrica): a = 3rz ir + 4z sinθ iθ+ z iz ; b = 3 r cosθ ir + 4 r iθ+ z sinθ iz ; c = r ir + 2 iθ+ z r iz

ed il campo scalare f = 3 r2 tanθ Determinare: il modulo e la direzione dei vettori a, b, c , f a e gli angoli tra di loro, nel punto (1, 30° ,6) il vettore f a nel punto (1,30°,6) il prodotto scalare a • b nel punto (1,30°,6) il prodotto vettoriale a ∧ c nel punto (1,30°,6) il doppio prodotto misto a • b ∧c nel punto (1,30°,6)

A.6 Calcolo differenziale

n

dS

V

A.6.1 Operatore nabla Il calcolo differenziale è’ regolato dall’operatore nabla (.) indicato come ∇

oppure come ( )r∂⋅∂ ; questo operatore ha un carattere sia vettoriale che differenziale.

( )⋅

E’ definito come (definizione integrale):

( ) ( ) dSn1limS

0 ∫∫∂=

→⋅=⋅∇

VV V

(A.32)

Quando l’operatore nabla opera su di un campo scalare “f”, ne discende il gradiente di f : denotato come grad(f) ovvero ∇f.

A.9

Page 203: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA – Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale

A.6.2 Fattori di scala Prima di ricavare le espressioni dell’operatore nabla, introduciamo il concetto dei fattori di scala, molto utile per sistemi di coordinate non cartesiane. Per un generico sistema (curvilineo ortogonale) ξ1, ξ2, ξ3, l’estensione dell’arco descritto dal vettore posizione allorquando si ha una variazione infinitesima delle coordinate ξ1, ξ2, ξ3, è dato da:

( ) ( ) ( )233

222

211

23

22

21

2 dhdhdhdsdsdsds ξ+ξ+ξ=++= (A.33) Ovviamente se si suppone la variazione di una sola coordinata, le altre due rimanendo costanti, si ottiene:

icostant,1

1 32ddsh ξξξ

= ; costanti,2

2 31ddsh ξξξ

= ; icostant,3

3 11ddsh ξξξ

= (A.34)

Calcoliamo l’espressione del gradiente in questo sistema,

332211221 efefefffff ∇+∇+∇=∇+∇+∇=∇ (A.35)

considerando separatamente le tre coordinate. Applicando la definizione integrale rispetto alla sola coordinata ξ1 (vedi figura) risulta:

[ ]

[ ]1

1

1

1110d

13322113322113322110V111

he

d)(f)d(flim

edhdh)(fedhdh)d(fdhdhdh

1limeff

1 ξξ−ξ+ξ

=

=ξξξ−ξξξ+ξξξξ

=∇=∇

→ξ

→ (A.36)

se la funzione f è differenziabile il limite esiste ed è pari alla derivata parziale, sicché:

111

1 efh1f

ξ∂∂

=∇ (A.37) dS

Analogamente si ricavano:

222

2 efh1f

ξ∂∂

=∇ (A.38) 333

3 efh1f

ξ∂∂

=∇

sicché, in definitiva, l’espressione dell’operatore nabla, e quindi del gradiente di un campo scalare “f” sono, per un qualsiasi sistema di coordinate ortonormali:

dV=h1dξ1 h2dξ2 h3dξ3

=h2dξ2 h3dξ3

ξ1 ξ1+dξ1

n=e1 n=−e1

ξ1

e1

( ) ( ) ( ) ( )3

332

221

11e

h1e

h1e

h1

ξ∂⋅∂

+ξ∂⋅∂

+ξ∂⋅∂

=⋅∇ 333

222

111

efh1ef

h1ef

h1f

ξ∂∂

+ξ∂∂

+ξ∂

∂=∇ (A.39)

Restano quindi da determinare i fattori di scala nei vari sistemi di riferimento. Risulta agevole verificare che:

Cartesiano (x,y,z): (A.40)

=

==

1h

1h1h

z

y

x

A.10

Page 204: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA – Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale

Cilindrico (r,θ,z): (A.41)

===

θ

1hrh1h

z

r

Sferico (r,θ,χ): (A.42)

θ===

χ

θ

sinrhrh1h r

A.6.3 Gradiente Ne derivano le espressioni del gradiente di f , ∇f:

Cartesiano(x,y,z): kzfj

yfi

xff

∂∂

+∂∂

+∂∂

=∇ (A.43)

Cilindrico(r,θ,z): zr izfif

r1i

rff

∂∂

+θ∂

∂+

∂∂

=∇ θ (A.44)

Sferico (r,θ,χ): χθ χ∂∂

θ+

θ∂∂

+∂∂

=∇ ifsinr1if

r1i

rff r (A.45)

Nota: data una direzione n, la derivata di f nella direzione n è data da:

fnnf

∇•=∂∂

(A.46)

da questa si deduce che:

il gradiente di f, ∇f , è un vettore che ha per modulo la massima variazione di f ed è diretto nella direzione di massima variazione che è normale alle isosuperfici f=costante.

A.6.4 Divergenza di un campo vettoriale V La definizione integrale è:

dSVn1limVS

0 ∫∫∂=

→•=•∇

VV V

(A.47)

Per determinarne le espressioni, preferiamo usare il calcolo simbolico (vettoriale-differenziale) sfruttando le relazioni trovate per i fattori di scala. Ne deriva l’espressione differenziale generale nel sistema ξ1, ξ2, ξ3 ; 332211 eVeVeVV ++= :

( ) ( ) ( )

ξ∂

∂+

ξ∂∂

+ξ∂

∂=•∇

3

321

2

231

1

132

321

VhhVhhVhhhhh

1V (A.48)

Ne derivano le espressioni della div( V) , ∇•V :

A.11

Page 205: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA – Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale

Cartesiano(x,y,z): zw

yv

xuV

∂∂

+∂∂

+∂∂

=•∇ (A.49)

Cilindrico(r,θ,z): ( )

zVV

r1

rrV

r1V zr

∂∂

+θ∂

∂+

∂∂

=•∇ θ (A.50)

Sferico (r,θ,χ): ( ) ( )

χ∂

θ+

θ∂θ∂

θ+

∂∂

=•∇ χθ Vsinr1sinV

sinr1

rVr

r1V r

2

2 (A.51)

A.6.5 Significato fisico della divergenza del campo di velocità Consideriamo la definizione integrale:

dSVn1limVS

0 ∫∫∂=

→•=•∇

VV V

(A.52)

Notiamo che:

Vn • è il flusso di volume [analisi dimensionale: tL

tLL

2

3

= ] nella direzione n

dSVnS∫∫

∂=

•V

è la portata di volume attraverso la superficie S che avvolge il volume V di

una particella Per cui:

dSVn1limVS

0 ∫∫∂=

→•=•∇

VV V

(A.53)

La divergenza della velocità rappresenta: • la portata di volume per unità di volume di una particella fluida , i.e. la variazione di volume per unità

di volume • ergo se 0V =•∇ il volume elementare della particella non cambia, ergo la densità rimane costante, ergo

il campo di moto è incompressibile A.6.6 Rotore di un campo vettoriale V Le definizioni integrali sono varie:

dal teorema di Gauss generalizzato:

dSVn1limVS

0 ∫∫∂=

→∧=∧∇

VV V

(A.54)

Per determinarne le espressioni dell’operatore prodotto vettoriale, preferiamo usare il calcolo simbolico (vettoriale-differenziale) sfruttando le relazioni trovate per i fattori di scala. Ne deriva l’espressione differenziale generale nel sistema ξ1, ξ2, ξ3 ; 332211 eVeVeVV ++= :

A.12

Page 206: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA – Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale

( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )3

2

11

1

22

212

1

33

3

11

311

3

22

2

33

32eVhVh

hh1e

VhVhhh1eVhVh

hh1V

ξ∂

∂−

ξ∂∂

+

ξ∂

∂−

ξ∂∂

+

ξ∂

∂−

ξ∂∂

=∧∇ (A.55)

Ne derivano le espressioni: rot( V) , ∇∧V: Cartesiano(x,y,z):

kyu

xvj

xw

zui

zv

ywV

∂∂

−∂∂

+

∂∂

−∂∂

+

∂∂

−∂∂

=∧∇ (A.56)

Cilindrico(r,θ,z):

( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )z

rzrr

z eV

rrV

r1e

rV

zV

ez

rVVr1V

θ∂

∂−

∂∂

+

∂∂

−∂

∂+

∂−

θ∂∂

=∧∇ θθ

θ (A.57)

Sferico (r,θ,χ):

( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )χ

θθ

χθχ

θ∂∂

−∂

∂+

θ∂−

χ∂∂

θ+

χ∂

∂−

θ∂θ∂

θ=∧∇ eV

rrV

r1e

rVsinrV

sinr1erVVsinr

sinr1V rr

r2 (A.58)

Altra definizione integrale della componente del rotore di V nella direzione n, deriva dal teorema di Stokes:

( ) ( )

•=•∧∇⇒•=•∧∇ ∫∫∫∫

∂=→

∂=

cdVS1limnVcdVdSnV

SC0S

SCS

(A.59)

A.6.6.1 Significato fisico del rotore: In coordinate cilindriche calcoliamo il rotore di un campo di moto rigido dotato di una velocità di rotazione Ω ez Sarà ovviamente Vr=0, Vθ=Ω r, Vz=0 da cui:

( ) 0V r =∧∇ , ( ) 0V =∧∇ θ , ( ) Ω=∧∇ 2V z (A.60) Ne discende , in generale, che il modulo del rotore della velocità corrisponde al doppio della velocità angolare della particella e la sua direzione è normale al piano del moto, con il verso coerente con la terna (regola cavaturacciolo)

Esercizio A.5 Dati vettori: a = 3xy i + 4zx j + yz k ; b = z2 i + y2x j + xyz k ; ed il campo scalare f = 3x2yz+3x+6 Determinare:

il gradiente di f ∇f la sua direzione ed il suo modulo nel punto (1,2,3) la divergenza di a ∇ • a nel punto (1,2,3) il rotore di b ∇ ∧ b la sua direzione ed il suo modulo nel punto (1,2,3)

Esercizio A.6 Dati i vettori (rappresentazione cilindrica): a = 3rz ir + 4z sinθ iθ+ z iz ; b = 3 r cosθ ir + 4 r iθ+ z sinθ iz

A.13

Page 207: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA – Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale

ed il campo scalare f = 3 r2 tanθ Determinare:

il gradiente di f ∇f la sua direzione ed il suo modulo nel punto (1,30°,60°) la divergenza di a ∇ • a nel punto (1,2,3) il rotore di b ∇ ∧ b la sua direzione ed il suo modulo nel punto (1,2,3)

Esercizio A.7 Dati i campi vettoriali: 1. V(r,θ,χ) = (k/r2) ir (in uno spazio 3D, coordinate cilindriche/sferiche) 2. V(r,θ) =(k/R) ir (in uno spazio 2D, coordinate polari/cilindriche) 3. V(r,θ,χ) = (k/r2) iθ (in uno spazio 3D, coordinate cilindriche/sferiche) 4. V(r,θ,χ) = (k/R) iθ (in uno spazio 2D, coordinate polari/cilindriche)

5. V(x,y) = ( ) ( )

++

+j

yxyi

yxxk 2

22

2 (in uno spazio 2D, coordinate cartesiane)

6. V(x,y) = ( ) ( )

++

+− j

yxxi

yxyk 2

22

2 (in uno spazio 2D, coordinate cartesiane)

7. V(r,θ) = k

θ

θiRsini

Rcos

2r2 (in uno spazio 2D, coordinate cilindriche)

8. V(x,y) = ( ) ( )

++

+

−− j

yx

xy2iyx

yxk 222

222

22 (in uno spazio 2D, coordinate cartesiane)

Determinare: le divergenze ed i rotori dei campi vettoriali nei rispettivi spazi coordinati

A.7 Operatori differenziali del secondo ordine A.7.1 Laplaciano La definizione integrale è:

( ) ( ) ( ) ( ) dSn.1limdS.n1lim.

S0

S0

2 ∫∫∫∫∂=

→∂=

→ ∂∂

=∇•=∇•∇=⋅∇V

VV

V VV (A.61)

Per determinarne le espressioni, preferiamo usare il calcolo simbolico (vettoriale-differenziale) sfruttando le relazioni trovate per i fattori di scala.

ξ∂∂

ξ∂∂

+

ξ∂∂

ξ∂∂

+

ξ∂

∂ξ∂∂

=∇33

21

322

31

211

32

1321

2 fhhhf

hhhf

hhh

hhh1f (A.62)

Ne derivano le espressioni del laplaciano di f: ∇2 f

A.14

Page 208: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA – Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale

Cartesiano(x,y,z):

2

2

2

2

2

22

zf

yf

xff

∂∂

+∂∂

+∂∂

=∇ (A.63)

Cilindrico(r,θ,z):

2

2

2

2

22

zff

r1

rfr

rr1f

∂∂

+θ∂

∂+

∂∂

∂∂

=∇ (A.64)

Sferico (r,θ,χ):

2

2

2222

22 f

sinr1fsin

sinr1

rfr

rr1f

χ∂∂

θ+

θ∂∂

θθ∂∂

θ+

∂∂

∂∂

=∇ (A.65)

Esercizio A.8 Date le funzioni: f(x,y,z) = 222 zyx ++ (distanza dall’origine in uno spazio 3D, coordinate cartesiane)

1. f(r,θ,χ) = r (distanza dall’origine in uno spazio 3D, coordinate sferiche) 2. f(x,y) = 22 yx + (distanza dall’origine in uno spazio 2D, coordinate cartesiane) 3. f(R,θ) = R (distanza dall’origine in uno spazio 2D, coordinate cilindriche) 4. f=Ln(R) = 22 yx +ln (in uno spazio 2D, coordinate cartesiane)

5. f=Ln(r) = 222 zyx ++ln (in uno spazio 3D, coordinate cartesiane) 6. F(x,y) =k( x2 - y2) (funzione in uno spazio 2D, coordinate cartesiane) 7. F(x,y) = k(xy) (funzione in uno spazio 2D, coordinate cartesiane) 8. F(x,y,z) =k(xyz) (funzione in uno spazio 3D, coordinate cartesiane) 9. F(r,θ) =k θ (funzione in uno spazio 2D, coordinate cilindriche)

10. F(x,y) =k

xytan 1 (funzione in uno spazio 2D, coordinate cartesiane)

11. F(R,θ) =Rα sin(αθ) (funzione in uno spazio 2D, coordinate cilindriche, α è un numero) 12. F(R,θ) =Rα cos(αθ) (funzione in uno spazio 2D, coordinate cilindriche, α è un numero) 13. f=1/R (R=distanza dall’origine in uno spazio 2D, coordinate cartesiane) 14. r=1/r (r=distanza dall’origine in uno spazio 23, coordinate cartesiane o sferiche)

Determinare: i gradienti ed i laplaciani delle funzioni nei rispettivi spazi coordinati

Esercizio: A.9 Verificare le identità

a) ( ) ( )AAA2 ∧∇∧∇−•∇∇=∇ b) ( ) 0A =∧∇•∇ c) ( ) 0f =∇∧∇ d) ( ) ( ) ( )VVVVVV 2

1 ∧∇∧−•∇=∇• e) ( )[ ] ( )( ) ( )( ) ( )[ ] ( )( )VVVVVVVVVV •∇∧∇+∇•∧∇−∧∇∇•+∧∇•∇−=∧∧∇∧∇

A.15

Page 209: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA – Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale

A.8 Algebra tensoriale Considereremo nel seguito soltanto rappresentazioni cartesiane. La rappresentazione algebrica del generico tensore A è:

iAkiAkiAk

iAjiAjiAj

kAijAiiAiA

zzzyzx

yzyyyx

xzxyxx

+++

++++

+++=

(A.66)

La rappresentazione matriciale del generico tensore A è:

kji

AAAAAAAAA

kjiA

zzzyzx

yzyyyx

xzxyxx

= (A.67)

Di solito si considera implicitamente il prodotto con i vettori contenenti i versori coordinati, per cui si conviene rappresentare il tensore A semplicemente con la sua matrice delle componenti scalari Aij:

zzzyzx

yzyyyx

xzxyxx

AAAAAAAAA

A → (A.68)

Il trasporto At del tensore è rappresentato dalla matrice trasposta, i.e. quella che si ricava sostituendo le righe con le colonne:

zzyzxz

zyyyxy

zxyxxxt

AAAAAAAAA

A → (A.69)

Ovviamente ( ) AAtt =

Un tensore si dice simmetrico se coincide con il suo trasposto, At = A , i.e. Aij=Aji ; esempio: 653542321

ovviamente un tensore trasposto è definito da solo 6 componenti scalari. Un tensore si dice anti-simmetrico se .

Aij=-Aji ; es.032301210

−−− (A.70)

ovviamente un tensore trasposto è definito da solo 3 componenti scalari ( nota: le componenti diagonali di un tensore anti-simmetrico devono essere nulle). Il tensore unitario è U definito come:

100010001

U = (A.71)

A.16

Page 210: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA – Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale

La traccia di un tensore Tr(A) è lo scalare somma delle componenti sulla diagonale principale: Tr(A)=Axx+Ayy+Azz. La traccia del tensore unitario è pari a 3 ed è nulla per un tensore antisimmetrico. La traccia di un tensore diadico a b è pari al prodotto scalare delle componenti (sinistra e destra) Tr(a b) = a•b Ogni tensore può essere espresso come somma di un parte simmetrica e di una anti-simmetrica: A= A s+ A a:

[ ] [ ]t21t

21 AAAAA −++= (A.72)

( ) ( )( ) ( )( ) ( )

( ) ( )( ) ( )( ) ( ) 0AAAA

AA0AAAAAA0

AAAAAAAAAAAAAAA

AAAAAAAAA

A

yzzy21

xzxz21

zyyz21

xyyx21

zxxz21

yxxy21

zzyzzy21

xzxz21

zyyz21

yyxyyx21

zxxz21

yxxy21

xx

zzzyzx

yzyyyx

xzxyxx

−−−−−−

+++

++++

=

=→

(A.73)

Si definisce vettore di un tensore A , il vettore Av = εijk Aij ek. Esso è nullo per un tensore simmetrico e, per un tensore diadico ab è pari al prodotto vettoriale delle componenti (sinistra e destra) (a b)v = a^b A.8.1 Prodotto scalare tra un vettore n ed un tensore A E’ un vettore (nota il prodotto scalare abbassa di due unità la somma degli ordini tensoriali dei fattori) Prodotto scalare da destra:

nA • (A.74)

Espressione algebrica:

[ ]

[ ][ ][ ]xzzxzyxzx

xyzxyyxyx

xxzxxyxxx

algebral' svolgendo

zyxzzzyzx

yzyyyxxzxyxx

nAnAnAi

nAnAnAj

nAnAnAi

knjninkAkjAkiAk

kAjjAjiAjkAijAiiAinA

+++

++++

+++=

=++•

+++

++++++=•

(A.75)

Espressione matriciale:

z

y

x

zzzyzx

yzyyyx

xzxyxx

nnn

AAAAAAAAA

nA →• (A.76)

Prodotto scalare da sinistra: An • (A.77)

Espressione algebrica:

A.17

Page 211: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA – Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale

[ ]

[ ][ ][ ]knAnAnAi

jnAnAnA

inAnAnA

kAkjAkiAkkAjjAj

iAjkAijAiiAiknjninAn

xzzxzyxxz

xzyxyyxxy

xzxxyxxxx

algebral' svolgendo

zzzyzxyzyy

yxxzxyxxzyx

+++

++++

+++=

=

+++++

++++•++=•

(A.78)

Espressione matriciale:

zzzyzx

yzyyyx

xzxyxx

zyx

AAAAAAAAA

nnnAn →• (A.79)

Nota: • i due prodotti sono in genere diversi a meno che il tensore non sia simmetrico. • Vale infatti nAAn t •=• ; tAnnA •=• ; nnUUn =•=•

• Sfruttando la definizione di parte antisimmetrica di un tensore, Aa si ottiene V•A = A•V+Av ∧V • Valgono le seguenti identità Av ∧V = 2 V•Aa ∇ ∧ Av = -2 V•Aa A.8.2 Doppio prodotto scalare tra tensori Vale: A:B= Aij Bji NOTA: in alcuni testi si definisce A:B= Aij Bij Nota: il doppio prodotto scalare tra diadi non è associativo, i.e.

[ ] [ ] [ ] [ ]dcbacbdadc:ba ••≠••= A.8.3 Analisi spettrale di tensori Il prodotto scalare da destra di un tensore T con un vettore a è, in genere, un vettore b :

baT =• (A.80)

Poniamoci il problema di esaminare cosa accade se imponiamo che il vettore b sia parallelo ad a : che sia cioè b = λ a [nota: λ è uno scalare, e il modulo di a varia se λ ≠ ± 1] dovrà ovviamente essere per la (A.80):

aaT λ=• (A.81) ovvero:

[ ] 0aUT =•λ− ovvero: ikik aaT λ= ovvero ( ) 0aT kikik =λδ− (A.82)

Ovviamente le (A.81) e (A.82) soddisfano la soluzione banale: a = 0 . L’ analisi spettrale dei tensori analizza se esistono soluzioni non banali per le (A.82), in tal caso:

A.18

Page 212: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA – Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale

• i vettori a sono chiamati autovettori (ovvero vettori caratteristici ovvero eigenvectors) di T e i loro versori definiscono le direzioni principali del tensore,

• gli scalari λ sono chiamati autovalori (ovvero valori caratteristici ovvero eigenvalues) e rappresentano le componenti del tensore T lungo le direzioni principali.

Preferiamo considerare il problema di ridurre il generico tensore T ai suoi assi principali, procedendo con un esempio molto semplice: Consideriamo un sistema di 3 masse m1, m2, m3 poste in un piano x, y , di cui vogliamo analizzare il tensore d’inerzia:

=

2221

1211

IIII

I (A.83)

X

2

1

1

-1

m1

Y

m3

m2

2

X’

Y’

ϕ

siano: 3m;2m;1m 321 ===

(A.84)

( ) == ∑=

2jj

3

1j11 ymI 12 15 ( )=== ∑

=jjj

3

1j1221 yxmII 9 ( ) == ∑

=

2jj

3

1j22 xmI

La soluzione non banale delle (A.82)

yy22x22

xy21x11

aaIaI

aaIaI

λ=+

λ=+ (A.85)

richiede la soluzione del sistema di equazioni: ( )

( ) 0aIaI

0aIaI

y22x22

y21x11

=λ−+

=+λ− (A.86)

che ha soluzione no nulla solo se il determinante della matrice è nullo:

0II

II

2212

2111 =λ−

λ− (A.87)

ovvero se è soddisfatta l' equazione caratteristica:

( ) ( ) 0IIIIII 2112221122112 =−+λ+−λ (A.88)

che ha le radici:

( ) 21122

22112211

1 IIII21

2II

+−++

=λ ( ) 21122

22112211

2 IIII21

2II

+−−+

=λ (A.89)

per il caso analizzato: λ1=22.62 λ2= 4.376

Nota se I12=I21=0 risulta λ1 = I11 e λ2 = I22 e quindi il vettore a non è ruotato (gli assi x e y sono principali d’inerzia). In genere se I12 ≠0 e I21≠0 e si hanno due soluzioni reali cui corrispondono due vettori caratteristici

( ) 0IIII 21122

2211 >+−a(1) ed a(2) che sono indeterminati essendo la (A.82) e quindi la (A.85) un sistema

omogeneo.

A.19

Page 213: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA – Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale

Questi vettori sono quindi individuati a meno di una costante (di solito si impone arbitrariamente una componente e successivamente si normalizza il vettore ponendone il modulo unitario): ad esempio dalla (A.85)

yy22x21

xy21x11

aaIaI

aaIaI

λ=+

λ=+ (A.90)

ponendo ay=1 si ricavano le due forme equivalenti:

1a,

IIaaIaaI

1a,I

IaaIaaI

y21

22xy22yx21

y11

12xy21xx11

=−λ

=→−λ=

=−λ

=→−=λ− (A.91)

Ne segue che gli autovettori a(1) ed a(2) corrispondenti ai due autovalori λ1 ed λ2 sono:

1a,I

Ia

1a,I

Ia

y)2(

112

12x

)2(

y)1(

111

12x

)1(

=−λ

=

=−λ

= (A.92)

di modulo: ( ) ( )

( ) ( )

III

a

I

IIa

112

2112

212)2(

111

2111

212)1(

−λ−λ+

=

−λ−λ+

= (A.93

I due autovettori, normalizzati, diventano:

( ) ( )( )

( ) ( )

( ) ( )( )

( ) ( )

+−λ

−λ+−λ

=

+−λ

−λ+−λ

=

212

2112

112

212

2112

12

(2)

212

2111

111

212

2111

12

(1)

II

III

I

a

II

III

I

a (A.94

per il caso analizzato: 1) –0.646374 i + 0.76302 j 2) 0.76302 i + 64637 j E’ interessante fare il prodotto scalare di questi due autovettori:

( ) ( ) ( ) ( )( )

( ) ( )( )

( ) ( )( ) ( )( )

( ) ( ) ( ) ( )212

2112

212

2111

1121112

12

212

2112

1122

122

111

1112

122

112

122

122

111

12(2)(1)

IIII

III

II

I

II

I

II

I

II

Iaa

+−λ+−λ

−λ−λ+=

=+−λ

−λ

+−λ

−λ+

+−λ+−λ=•

(A.95

Sostituendo in questa relazione i risultati della (A.89) ne risulta:

0aa (2)(1) =• (A.96)

Ovvero gli autovettori sono tra di loro ortogonali

A.20

Page 214: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA – Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale

Questi vettori individuano le due direzioni principali del tensore d’inerzia I, che hanno, rispetto all’asse x, una inclinazione ϕ di:

12

111)1(

x

)1(y

1 II

aa

tan −λ==ϕ

12

112)2(

x

)2(y

2 II

aa

tan −λ==ϕ (A.97)

per il caso analizzato: φ1 = -49,7314° φ2 = 40.2686 sostituendo le espressioni degli autovalori (A.89) nelle (A.97) si ritrova che ϕ2 = ϕ1 + π/2 ovvero si conferma che le direzioni principali sono ortogonali l’una all’altra. Se gli autovettori sono reali e distintiti, formano, se normalizzati, una matrice di rotazione:

[ ]

== )2(

y)1(

y

)2(x

)1(x)2()1(

aaaa

aaR la cui inversa è

==−

)2(y

)2(x

)1(y

)1(xtrasp1

aaaa

RR (A.98)

L’applicazione di questa rotazione alla matrice originaria la trasforma in una matrice diagonale:

λ

λ=

=

=−

2

1

22

11)2(

y)1(

y

)2(x

)1(x

2221

1211)2(

y)1(

y

)2(x

)1(x1

00

'I00'I

aaaa

IIII

aaaa

RIR (A.99)

Nota:

I’11 + I’22 ≅ 22.6241 +4.3759 = 27 = 15+12 = I11 + I22 è invariato (A.100)

L’estensione al caso 3D di un generico tensore T è immediata. Il tensore è rappresentato dalla matrice:

=

333231

232221

131211

TTTTTTTTT

T (A.101)

L’equazione degli autovalori è:

0TTT

TTTTTT

det0UT

333231

232221

131211

=

λ−λ−

λ−==λ− (A.102)

L’equazione caratteristica si ricava svolgendo il determinante della (A.98):

( ) 0TTTTTTTTT

TTTT

TTTT

TTTT

TTT

333231

232221

131211

2221

1211

1113

3133

3332

2322332211

23 =−

++λ+++λ−λ (A.103)

L’equazione caratteristica deve essere invariante: quindi i suoi coefficienti rappresentano gli invarianti del tensore:

( )3322111 TTTInv ++= (A.104)

++=

2221

1211

3331

1311

3332

23222 TT

TTTTTT

TTTT

Inv (A.105)

A.21

Page 215: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA – Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale

333231

232221

131211

3

TTTTTTTTT

Inv = (A.106)

Nota: i tensori che hanno il primo invariante nullo: ( ) ( )TTrTTT 3322111Inv =++= =0 sono detti deviatorici. I tensori che hanno le componenti scalari invarianti rispetto ad arbitrarie rotazioni di assi sono detti isotropi.

Tutti i tensori di ordine zero (scalari) sono isotropi. Nessun tensore di ordine uno (vettore) è isotropo. La forma più generale di tensore isotropo di ordine due è il tensore unitario U ovvero

il simbolo di Kronecker: δij Tutti i tensori isotropi di ordine maggiore di due si possono esprime come combinazioni del tensore δij La forma più generale di tensore isotropo di ordine tre è rappresentato dal tensore di Ricci:

εiik =(ei ∧ ej) • ek La forma più generale di tensore isotropo di ordine quattro è rappresentato dalla forma (A,B,C costanti scalari):

ηiklm = A δik δlm+ B δil δkm+ C δim δkl Ovviamente ogni tensore può essere scritto come somma di un tensore deviatorico ed uno isotropo:

4342144 344 21

isotropo

ikmm

odeviatoric

ikikmm

D

ikmmikik T31DT

31T

31TT

ik

δ+=δ+

δ−= (A.107)

( )( )

( )( )

( )4342143421

isotropoodeviatoricD

U3TTr

DUUTrTTr

UUTrTTr

TT +=+−= (A.108)

A.9 Tensori di interesse in Fluidodinamica A.9.1 Tensore degli sforzi Il tensore degli sforzi τ è definito come una entità fisica tale che :

(A.109) dS

ntn

τ•= nt n

Dove la tensione dSFd

t sn =

Superfice

Forza

è lo sforzo viscoso dFs agente sull’areola dS di normale n.

Significato fisico della divergenza del tensore degli sforzi Dalla definizione integrale risulta:

VVVV VV

VVV

V

n0

S

n0

Sn0

S0

FlimdSdSFd1limdSt1limdSn1lim

→∂=

→∂=

→∂=

→≈==τ•=τ•∇ ∫∫∫∫∫∫ V

(A.110)

A.22

Page 216: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA – Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale

ergo la τ•∇ rappresenta il risultante degli sforzi superficiali viscosi, agente su di una particella fluida, per unità di volume. Calcolo della τ•∇ (coordinate cartesiane) Espressione algebrica:

kz

Ay

Ax

Ajz

Ay

Ax

Ai

zA

yA

xA

kAkjAkiAkkAjjAj

iAjkAijAiiAik

zj

yi

xA

zzyzxzzyyyxyxzxyxxalgebral' svolgendo

zzzyzxyzyy

yxxzxyxx

∂+

∂∂

+∂

∂+

∂+

∂∂

+∂

∂+

∂+

∂∂

+∂

∂=

=

+++++

++++•

∂∂

+∂∂

+∂∂

=•∇

(A.111)

Espressione matriciale:

zzzyzx

yzyyyx

xzxyxx

AAAAAAAAA

zyxA

∂∂

∂∂

∂∂

→•∇ (A.112)

Nota l’identità: ( ) ppUUpUp ∇=∇•+•∇=•∇ (A.113)

A.9.2 Gradiente della velocità Il Tensore diadico V∇ entra nell’analisi della velocità di deformazione di una particella fluida. Espressione algebrica:

[ ]

∂∂

+∂∂

+∂∂

+

∂∂

+∂∂

+∂∂

+

∂∂

+∂∂

+∂∂

=++

∂∂

+∂∂

+∂∂

=∇

kzwj

zvi

zukk

ywj

yvi

yujk

xwj

xvi

xui

kujviuz

ky

jx

iValgebral' svolgendo

(A.114)

Espressione matriciale:

zw

zv

zu

yw

yv

yu

xw

xv

xu

wvu

z

y

xV

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂∂∂

∂∂

→∇ (A.115)

E’ interessante calcolare le parti simmetriche ed antisimmetriche del Tensore diadico V∇

A.23

Page 217: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA – Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale

[ ] [ ]

0zv

yw

zu

xw

zv

yw0

yu

xv

zu

xw

yu

xv0

zw

yw

zv

xw

zu

zv

yw

yv

xv

yu

zu

xw

yu

xv

xu

SVVV

21

21

21

21

21

21

21

21

21

21

21

21

as

∂∂

+∂∂

∂∂

−∂∂

∂∂

−∂∂

∂∂

−∂∂

∂∂

−∂∂

∂∂

−∂∂

+

∂∂

∂∂

+∂∂

∂∂

+∂∂

∂∂

+∂∂

∂∂

∂∂

+∂∂

∂∂

+∂∂

∂∂

+∂∂

∂∂

=

=Ω+≡∇+∇=∇

(A.116)

NOTA CHE:

la traccia di S (che coincide con la traccia di ∇ V ) è pari alla divergenza della Velocità : Tr(S)=∇•V il vettore della parte antisimmetrica cioè di Ω (che coincide con il vettore di ∇ V ) è pari a Ωv=∇∧V che Ω è esprimibile in funzione delle tre componenti del rotore della velocità detto vorticità ω:

kjikyu

xvj

xw

zui

zv

ywV zyx ω+ω+ω=

∂∂

−∂∂

+

∂∂

−∂∂

+

∂∂

−∂∂

=∧∇=ω (A.117)

00

0

00

0

0zv

yw

zu

xw

zv

yw0

yu

xv

zu

xw

yu

xv0

xy

xz

yz

21

x21

y21

x21

z21

y21

z21

21

21

21

21

21

21

ω−ωωω−ω−ω

=ω−ω

ωω−ω−ω

=

∂∂

+∂∂

∂∂

−∂∂

∂∂

−∂∂

∂∂

−∂∂

∂∂

−∂∂

∂∂

−∂∂

→Ω (A.118)

Il vettore VV ∇• rappresenta l’accelerazione convettiva di una particella fluida. Per la sua determinazione si può considerarlo in due modi: Come prodotto a sinistra della velocità con la diade ∇V: ( )VV ∇• in tal caso risulta Espressione algebrica:

[ ] [ ]

kxww

ywv

xwuj

zww

yvv

xvui

zuw

yuv

xuu

kzwj

zvi

zukk

ywj

yvi

yuj

kxwj

xvi

xui

kwjviuVV

∂∂

+∂∂

+∂∂

+

∂∂

+∂∂

+∂∂

+

∂∂

+∂∂

+∂∂

=

=

∂∂

+∂∂

+∂∂

+

∂∂

+∂∂

+∂∂

+

+

∂∂

+∂∂

+∂∂

•++=∇•

(A.119)

Espressione matriciale:

[ ] [ ]

zw

zv

zu

yw

yv

yu

xw

xv

xu

wvuVV

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

→∇• (A.120)

A.24

Page 218: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA – Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale

Come prodotto dell’ operatore scalare ( )( ).V ∇• sulla velocità V:

( )VV ∇• (A.121) Espressione algebrica:

[ ] [ ] [ ]

[ ]

kxww

ywv

xwuj

zww

yvv

xvui

zuw

yuv

xuu

kwjviuz

wy

vx

u

kwjviukz

jy

ix

kwjviuVV

∂∂

+∂∂

+∂∂

+

∂∂

+∂∂

+∂∂

+

∂∂

+∂∂

+∂∂

=

=++

∂∂

+∂∂

+∂∂

=

=++

∂∂

+∂∂

+∂∂

•++=∇•

(A.122)

Espressione matriciale:

[ ] [ ]wvu

y

y

xwvuVV

∂∂∂∂

∂∂

→∇• (A.123)

Esercizio.A.10 Verifica l’identità vettoriale: ( )[ ]VVS 2

21 •∇∇+∇=•∇

Esercizio.A.11

Verifica l’identità vettoriale: ( ) VV2

VVV2

∧∧∇+

∇=∇•

Esercizio.A.12

Verifica l’identità vettoriale: Ω•+

∇=∇• V2

2VVV

2

Esercizio.A.13 Determina le componenti di Vn •τ• (rappresenta la potenza dissipata dallo sforzo viscoso agente su di una superficie)

Esercizio.A.14 Verifica l’identità ( ) ( ) ( )V:VV trasp ∇τ+•τ•∇=•τ•∇

(rappresenta la potenza dissipata dal risultante degli sforzi viscosi agente sulla superficie di una particella, per unità di volume)

Esercizio.A.15 Verifica le seguenti identità

( ) ( ) ( ) abbaba •∇+•∇=•∇ ( ) ( ) ( )baabba ∧∇•−∧∇•=∧∇

A.25

Page 219: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA – Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale

( ) ( ) ( ) ( ) ( )abbabbbaba ∇•+∇•−•∇−•∇=∧∧∇ ( ) ( ) ( ) abbaba ∧∇+∧∇=∧∇

( ) ( ) ( )bababa ∇•+•∇=•∇ ( ) ( ) ( )bababa ∇∧−∧∇=∧∇

A.10 Elementi di calcolo integrale Considerata la figura a lato, valgono i seguenti teoremi di Gauss:

del gradiente: (A.124) dSfndfS∫∫∫∫∫

∂=

=∇VV

V

della divergenza: dSVndV

S∫∫∫∫∫

∂=

•=•∇VV

V (A.125)

dSndS∫∫∫∫∫

∂=

τ•=τ•∇VV

V (A.126)

VS

n

del rotore: dSVndV

S∫∫∫∫∫

∂=

∧=∧∇VV

V (A.127)

Considerata la figura a lato vale il teorema di Stokes:

della circolazione: Γ=dC•=∧∇• ∫∫∫∂=∂=

VtdSVnSCS V

(A.128) S

C

V

nt

( )

A.26

Page 220: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA – Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale

A.11 Cenni sui Sistemi di Coordinate Curvilinee non Ortogonali Per poter presentare, nel modo più semplice che possiamo immaginare, gli argomenti di algebra e di calcolo tensoriale in coordinate curvilinee [tradizionalmente ostici], adotteremo una presentazione che farà riferimento sempre ad un sistema cartesiano, e faremo ampiamente uso delle trasformazioni tra sistemi di riferimento.

y

x

z

ξ2ξ1

ξ3

ξ3=c3

ξ1=c1ξ2=c2

y

x

z

Questo non è il percorso più breve, ma certamente il più agevole per la comprensione. Consideriamo che ogni punto (x,y,z) del sistema cartesiano Σ(x,y,z) può essere espresso come funzione di altre variabili (ξ1,ξ2,ξ3):

x=x(ξ1,ξ2,ξ3) y=y(ξ1,ξ2,ξ3) z=z(ξ1,ξ2,ξ3) (A.129)

Ovviamente il sistema di relazioni (A.129) dovrà essere invertibile (potrebbe non esserlo in certi punti singolari, ma questo non è un vero problema in quanto escluderemo semplicemente l’uso di tali punti) e capace di definire una corrispondenza univoca:

ξ1= ξ1 (x,y,z) ξ2= ξ2 (x,y,z)) ξ3= ξ3 (x,y,z) (A.130) Le (A.129) e (A.130) definiscono un sistema di coordinate (in generale non necessariamente ortonormale) curvilineo Σ(ξ1,ξ2,ξ3) e rappresentano anche la trasformazione tra il sistema cartesiano Σ(x,y,z) e quello curvilineo Σ(ξ1,ξ2,ξ3) e viceversa. Le superfici:

ξ1= ξ1 (x,y,z)=costante=c1, ξ2= ξ2 (x,y,z)=costante=c2, ξ3= ξ3 (x,y,z)=costante=c3, (A.131) sono le superfici coordinate del sistema Σ(ξ1,ξ2,ξ3) che passano per il punto (x,y,z) e le loro intersezioni definiranno gli assi curvilinei che passano per il generico punto (x,y,z):

[ξ2 =c2 ] ∩ [ξ3 =c3 ] → asse curvilineo ξ1 [ξ3 =c3 ] ∩ [ξ1 =c1 ] → asse curvilineo ξ2 (A.132)

[ξ1 =c1 ] ∩ [ξ2 =c2 ] → asse curvilineo ξ3 Ci si pone il problema di trovare i versori coordinati del sistema Σ(ξ1,ξ2,ξ3) e le componenti di un generico vettore a in questo sistema. Per ragioni puramente didattici, assumeremo il vettore a(ax,ay,az) noto nel sistema Σ(x,y,z) e cercheremo di esprimere le componenti di a nel sistema Σ(ξ1,ξ2,ξ3). Ovviamente questo varrà anche per il vettore posizione: r(x,y,z) che nel sistema curvilineo avrà una rappresentazione r(ξ1, ξ2, ξ3).

A.27

Page 221: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA – Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale

A scapito della generalità, ma a vantaggio della praticità, facciamo un esempio bidimensionale di un sistema non ortogonale molto semplice (cui faremo riferimento per esempi pratici) rappresentato da due assi rettilinei posti ad un generico angolo 0 < α < π. In particolare nella figura è rappresentato un sistema non ortogonale avente:

xξ1

y ξ2

x,ξ(1)

y

ξ(2)

ξ(2)

r α

ξ(1)

• l’asse ξ1 parallelo all’asse x, • l’asse ξ2 posto ad un angolo α rispetto all’asse x. Analizzando la figura notiamo, candidamente, che per il vettore posizione r, si possono concepire due modalità di componenti rispetto al sistema Σ(ξ1, ξ2):

le intercette con le parallele all’altro asse [che abbiamo indicato con indici: ξ(1) ξ(2) ] le intercette derivanti dalle proiezioni normali sull’asse [che abbiamo indicato con pedici: ξ(1)

ξ(2) ]

E’ ben ovvio che tale doppia modalità scompare (le due componenti coincideranno) se il sistema Σ(ξ1, ξ2) fosse ortonormale (α=π/2). Ed è altrettanto ovvio che i due tipi di componenti devono riferirsi a versori coordinati differenti.

Stiamo in pratica iniziando a scoprire i misteri delle componenti controvarianti e covarianti

Come in tutti i momenti di difficoltà osserviamo il consiglio del saggio: procedere con calma, metodo e seguire i fondamentali. • Il vettore posizione r(x,y,z) ha, nel sistema curvilineo Σ(ξ1, ξ2, ξ3), una rappresentazione r(ξ1, ξ2, ξ3). • Il vettore tangente alla coordinata curvilinea ξ1 (per cui ξ2 e ξ3 devono essere costanti) nel punto

P(x,y,z) è dato per definizione da:

1)1(

rEξ∂

∂= (A.133)

• Il versore tangente sarà:

( )( )

( )

( )

( )1

1

1

11 h

EEE

e == (A.134)

• Il fattore di scala relativo sarà:

( )1

1rh

ξ∂∂

== (A.135)

Ovviamente lo stesso vale per le altre componenti tangenti (2) e (3). Ma esiste un’altra possibilità: di considerare vettori normali alle direzioni coordinate. • Queste sono definite dal gradiente della generica ascissa coordinata ξi. • Ne discende quindi per il vettore normale alla ξ1:

( )1

1E ξ∇= (A.136) • Il versore normale sarà:

( )( )

( )

( )

( )1

1

1

11

hE

EEe == (A.137)

• Il fattore di scala relativo sarà:

A.28

Page 222: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA – Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale

( )1

1h ξ∇= (A.138) Ovviamente lo stesso vale per le altre componenti (2) e (3).

ξ1

ξ2

e (1 ) e (2 )

e (2 )

e (1 ) x

y A questo punto dovrebbe essere chiaro che i versori e(i) sono definiti paralleli agli assi coordinati mentre quelli e(i) sono definiti normali agli assi coordinati ξi : cioè appaiono come nella figura a lato (versione 2D). Prima di procedere ulteriormente, conviene applicare quanto ritrovato al semplice sistema di coordinate piane oblique e verificare quanto intuito. Nel dubbio che ci assale nell’esplicitare le relazioni delle coordinate del sistema obliquo rispetto a quello cartesiano, ricordando i fondamentali, adottiamo la regola del parallelepipedo e quindi definiamo questo sistema rispetto al cartesiano come:

αξ=αξ+ξ=

sinycosx

2

21 (A.139) y

α=ξ

α−=ξ

siny

tany

x

2

1 (A.140)

α

ξ1

ξ2

x

Nota: nella relazione inversa qualcosa sballa per α=0, ma non c’è problema: in questo caso i due assi ξ1=ξ2

coincidono e quindi il sistema di riferimento non è valido. Dalle (A.139) si ricava per il vettore posizione r(ξ1,ξ2) nel riferimento cartesiano:

( ) ( ) jsinicosjyixr 221 αξ+αξ+ξ=+= (A.141)

Ne discende per i vettori tangenti:

( ) irE1

1 =ξ∂

∂= ( ) ( ) 1Eh 11 == ( )

( )

( )i

hE

e1

11 == (A.142

jsinicosrE2

)2( α+α=ξ∂∂

= ( ) ( ) 1Eh 22 == ( )( )

( )jsinicos

hE

e2

22 α+α== (A.143)

e dalle (A.135) si ricava per l’altro set di vettori normali:

jtan

1iE 1)1(

α−=ξ∇= ( ) ( )

α=

α+==

sin1

tan11E

211h ( ) jcosisin1 α−αe = (A.144)

jsin

1E 2)2(

α=ξ∇= ( ) ( )

α==

sin1Eh 22 ( ) je 2 = (A.145)

E’ interessante fare i diversi prodotti scalari tra i vari vettori tangenti e normali trovati:

A.29

Page 223: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA – Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale

( )( ) ( ) 1ij

tan1iEE 1

1 =•

α−=•

( )( ) ( ) ( )

( )( )

( )( )

( )( )1

11

11

1

11

hh1

hhEE

sinijcosisinee =•

=α=•α−α=•

( )( ) ( ) 0coscosjsinicosj

tan1iEE 2

1 =α−α=α+α•

α−=•

( )( ) ( ) ( )

( )( )

( )( )

0hhEE

sincoscossinjsinicosjcosisinee2

12

1

21 =

•=αα−αα=α+α•α−α=•

( ) ( ) 0ijsin

1EE 12 =•

α=•

( ) ( ) ( )( )

( ) 0hhEE

ijee)1(

2)1(

2

)1(2 =

•=•=•

( )( ) ( ) 1jsinicosj

sin1EE 2

2 =α+α•

α=•

( )( ) ( ) ( )

( )( )

( )( )

( )( )2

22

22

2

22

hh1

hhEE

sinjsinicosjee =•

=α=α+α•=•

Dalle formule ricavate notiamo che vale:

( )( )

=≠

=δ=•jise1jise0

EE ijji (A.146)

x

e(1)

y ξ2

j , e(2)

i , e (1)

α e(2)

ξ1

Questa rappresenta una relazione universale tra i vettori tangenti e quelli normali. Nella figura a lato sono rappresentati questi versori nel piano. A.11.1 Assi reciproci Ma, ricordando i fondamentali, notiamo che la proprietà rappresentata dalla formula di cui sopra altro non è che una relazione che lega una certa terna di assi:

E(1), E(2), E(3)

alla sua terna reciproca: E(1), E(2), E(3)

Ma allora scopriamo che gli assi reciproci possono costruirsi, alternativamente, mediante i prodotti vettoriali degli assi di partenza, ad esempio per i=1:

A.30

Page 224: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA – Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale

( ) ( ) ( )

( ) ( ) ( )( )321

321

EEEEE

E∧•

∧= ( )

( ) ( )

( ) ( ) ( )( )321

32

1 EEEEEE∧•

∧= (A.147)

le altre relazioni si ottengono permutando gli indici [1-2-3] in senso positivo . Ma esiste, come sempre, una terza via, che preferiamo illustrare con un esempio di sistema curvilineo non ortogonale leggermente più complicato. Se consideriamo il sistema di coordinate curvilineo Σ(u1,u2) definito alle relazioni:

u1= x y ; u2=(x2+y2)/2 (A.148) (rappresenta un sistema di iperboli-circonferenze)

avremo difficoltà nel ricavare esplicitamente le relazioni inverse: x(u1,u2) e y(u1,u2). Per cui, nel mentre sarebbe semplice costruirsi i vettori normali:

jxiyjyui

xuuE

efattispecinella

111

)1( +=∂∂

+∂∂

==∇= (A.149)

jyixjy

uixuuE

efattispecinella

222

)2( +=∂

∂+

∂∂

=∇= (A.150)

Avremmo difficoltà nel ricavare le espressioni dei vettori tangenti:

( ) juy

iux

urE

1111 ∂

∂+

∂∂

=∂∂

= ( ) juj

iux

urE

2222 ∂

∂+

∂∂

=∂∂

= (A.151

Con un poco di attenzione ai fondamentali, osserviamo che abbiamo a disposizione le derivare parziali delle coordinate curvilinee rispetto a quelle cartesiane, cioè conosciamo lo jacobiano:

( )( )

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

=∂

∂=

yu

yu

xu

xu

y,xu,uJ

21

21

21 (A.152)

e vogliamo calcolare le derivate parziali delle coordinate cartesiane rispetto a quelle curvilinee, cioè le componenti della matrice che rappresenta l’inverso dello jacobiano di cui prima:

( )( )

1

21

22

11 Ju,uy,x

uy

ux

uy

ux

−=∂∂

=

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

(A.153)

Per trovare queste componenti basta, quindi, invertire la matrice jacobiana. Questa inversa è pari alla matrice aggiunta (composta dai complementi algebrici di ogni componente) divisa per il determinante. Nel caso semplice considerato (2D) abbiamo una matrice 2x2, per cui:

A.31

Page 225: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA – Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale

∂∂

∂∂

∂∂

−∂

=

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

xu

xu

yu

yu

)Jdet(1

uy

ux

uy

ux

12

12

22

11 (A.154)

Nel caso specifico si ricava quindi :

( )

−=

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

yxxy

xy1

uy

ux

uy

ux

22

22

11 (A.155)

da cui

( ) jxy

xixy

yurE 22221

1 −−

−=

∂∂

= (A.156

( ) jxy

yixy

xurE 22222

2 −+

−−=

∂∂

= (A.157

Ovviamente anche in questo caso si ritrova (prova del nove) la relazione:

( )( )

=≠

=δ=•jise1jise0

EE ijji (A.158)

Queste relazioni sono molto utili perché consentono, ricordando il significato del doppio prodotto misto tra vettori e l’espressione per lo jacobiano, di calcolare i volumi infinitesimi nelle due rappresentazioni di coordinate:

controvariante ( ) ( ) ( ) ( )( ) 321321321. dddhhhEdEdEdd ξξξ=∧•=V (A.159) covariante ( ) ( ) ( ) ( )( ) 321321321. dddhhhEdEdEdd ξξξ=∧•=V (A.160)

da cui discende la relazione:

( )( ) 1dd .

. =VV (A.161)

A11.2 Componenti controvarianti e covarianti A questo punto abbiamo tutti gli ingredienti per ricavare le definizioni delle componenti di un vettore a . Possiamo definirle

rispetto ai vettori coordinati (E) (di lunghezza non necessariamente unitaria) ovvero

rispetto ai versori coordinati (e) (di lunghezza certamente unitaria). Ne derivano: Componenti controvarianti: a(i):

A.32

Page 226: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA – Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale

( ) ( ) ( ) ( ) ( )i)i(

indicialenotazione

i)i(

3

1i3

)3(2

)2(1

)1( EAEAEAEAEAa ≡=++= ∑=

(A.162)

dove: ( )i)i( EaA •= (A.163)

ovvero

( ) ( ) ( ) ( ) ( )i)i(

indicialenotazione

i)i(

3

1i3

)3(2

)2(1

)1( eaeaeaeaeaa ≡=++= ∑=

(A.164)

dove: ( )i)i( eaa •= (A.165)

Componenti covarianti: a(i):

( )( )

( )( )

( )( )

( )( )

( )( )i

i

indicialenotazione

ii

3

1i

33

22

11 EAEAEAEAEAa ≡=++= ∑

=

(A.166)

dove: ( ) ( )ii EaA •= (A.167)

ovvero:

( )( )

( )( )

( )( )

( )( )

( )( )i

i

indicialenotazione

ii

3

1i

33

22

11 eaeaeaeaeaa ≡=++= ∑

=

(A.168)

dove: ( ) ( )ii eaa •= (A.169)

Andiamo quindi a verificare, con ordine, le componenti controvarianti e covarianti di un generico vettore a, per il nostro esempio di sistema di riferimento obliquo. Dalle definizioni e da quanto ritrovato discende molto semplicemente: Componenti (fisiche) controvarianti:

( )i)i( EaA •= (A.170)

( )α

−=

α−•+=

tana

ajtan

1ijaiaA yxyx

)1( (A.171)

( )α

=

α•+=

sina

jsin

1jaiaA yyx

)2( (A.172)

Componenti controvarianti: ( )i)i( eaa •= (A.173)

( ) ( ) α−α=α−α•+= cosasinajcosisinjaiaa yxyx)1( (A.174)

( ) ( ) yyx)2( ajjaiaa =•+= (A.175)

Componenti (fisiche) covarianti: ( ) (ii EaA )•= (A.176)

( ) ( ) ( ) xyx1 aijaiaA =•+= (A.177)

( ) ( ) ( ) α+α=α+α•+= sinacosajsinicosjaiaA yxyx2 (A.178)

A.33

Page 227: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA – Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale

Componenti covarianti:

( ) ( )ii eaa •= (A.179)

( ) ( ) ( ) xyx1 aijaiaa =•+= (A.180)

( ) ( ) ( ) α+α=α+α•+= sinacosajsinicosjaiaa yxyx2 (A.181)

xξ1

y ξ2

ax,a(1)

ay

a(2)

a(2)

a(1)

a

α

Queste componenti sono riportate nella figura a lato. A.11.3 Variazione delle componenti di un vettore in sistemi curvilinei ruotati. Dalle definizioni delle componenti controvarianti (A.170-172) e covarianti (A.176-178) discende che se consideriamo due sistemi Σ e Σ’, ruotati l’uno rispetto all’altro, e indichiamo con qi’

k il coseno dell’angolo formato dall’asse i’ e l’asse k ovvero:

)'i()k(

'ik EEq •= )k('

)i('k

i EEq •= (A.182)

risulta:

• per le componenti controvarianti: ( ) ( )k'i

k'i AqA = (A.183)

• per le componenti covarianti:

( ) ( )kk'i'i AqA = (A.184)

Il tipo di rappresentazione di un vettore rispetto ad un generico sistema curvilineo viene definito dal soddisfacimento della regola di variazione delle sue componenti:

• controvariante se si verifica l’osservanza delle (A.183), ovvero

• covariante se si verifica l’osservanza delle (A.184). Bada: ad essere pignoli, nell’esempio del sistema obliquo, le coordinate degli assi coordinati si dovrebbero

scrivere come ξ1 ed ξ2 in quanto il vettore posizione r ha una naturale rappresentazione controvariante come:

( ) ( )2)2(

1)1( EEr ξ+ξ= (A.185)

A.34

Page 228: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA – Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale

A.11.4 Il tensore metrico Consideriamo le rappresentazioni controvariante e covariante, e definiamo le quantità:

( ) ( )kiik EEg •= ( ) ( )kiik EEg •= (A.186) Ricordando le definizioni (A.173-175) e (A.179-181) e considerando i prodotti scalari:

( )( )

( ) ( )[ ikk

i eeaea •=• ] ( )( )

( ) ( )[ ]ikk

i eeaea •=• (A.187)

risulterà che le componenti controvarianti di un vettore a potranno essere espresse in termini delle componenti covarianti come:

( )( )k

iki aga = (A.188)

ed analogamente le componenti covarianti di un vettore a potranno essere espresse in termini delle componenti controvarianti come:

( )( )k

iki aga = (A.189)

Le nove (in uno spazio 3D) componenti gik (ovvero gik) formano un tensore detto tensore metrico G che, considerando i coefficienti metrici (o fattori di scala) hi si può esprimere come:

=

=

332313

322212

312111

333231

232221

131211

hhhhhhhhhhhhhhhhhh

ggggggggg

G (A.190)

ovviamente se il sistema curvilineo è ortogonale il tensore metrico sarà diagonale: per sistemi ortogonali:

( )( )

( )

=

=

23

22

21

33

22

11

h000h000h

g000g000g

G (A.191)

NOTA: Verificare che gik=0 per i≠k è un buon metodo per testare l’ortonormalità

di un sistema di riferimento curvilineo. Il tensore metrico (talora chiamato tensore fondamentale perché definisce la forma bilineare fondamentale o forma quadratica fondamentale della geometria algebrica) fornisce tutte le informazioni per “l’algebrizzazione “ del sistema. Una volta nota la base: E(1), E(2), E(3), l’elemento di arco tra due punti contigui sarà dato, per definizione, in base alle (A.133) , da:

( ) ( ) ( ) (A.192) kiik

22 ddgrdrdrdds ξξ=•== e l’elemento differenziale di volume dV sarà:

A.35

Page 229: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA – Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale

( ) ( ) ( ) ( )321 dddGdetd ξξξ=V (A.193)

NOTA: talora il determinante del tensore metrico G è denotato con G e la (A.159) si scrive:

( ) ( ) ( ) (A.194) 321 dddGd ξξξ=V Nel caso di un sistema ortogonale, i coefficienti metrici, necessari per la definizione degli operatori, saranno:

333222111 gh,gh;gh === (A.195) Come esempi: per il sistema di assi obliqui (2D) posti ad un angolo α si ritrova:

( )( )

α

α=

=

=

1coscos1

hhhhhh

gggg

G 2221

212

1

2221

1211 (A.196)

( ) α=α−= sincos1G 2 (A.197)

( ) ( ) ( ) 212

22

12 ddcos2ddds ξξα+ξ+ξ= (A.198)

21ddsind ξξα=A (elemento differenziale di area) (A.199)

Mentre nel caso dell’esempio considerato per il sistema (2D) iperboli/circonferenze si ritrova:

( )( )

( ) ( )

( ) ( )

+

−−

−−

+

=

=

=

222

22

222

222222

22

2221

212

1

2221

1211

xy

yx

xy

xy2xy

xy2

xy

yx

hhhhhh

gggg

G (A.200)

( )( ) 22222

22222

xy1

xy

yx4yxG

−=

−+= (A.201)

( ) ( ) ( ) ( )[ ] ( ) 21222

22

21222

222 dd

xy

yx4ddxy

yxds ξξ−

−ξ+ξ−

+= (A.202)

2122dd

xy1d ξξ−

=A (elemento differenziale di area) (A.203)

Ovviamente verificandosi, in entrambi i casi, che i coefficienti del tensore metrico fuori diagonale sono non nulli, ne deriva (come atteso) che i due sistemi saranno non ortogonali.

Esercizio A.1 Analizzare il sistema di riferimento polare-ellittico di cui alla (A.23)

Esercizio A.2

A.36

Page 230: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA – Fluidodinamica Appendice A - Richiami di Calcolo vettoriale e tensoriale

Analizzare il sistema di riferimento curvilineo (3D) x=u12+2, y=u1+u2, z=u3

2-1

Esercizio A.3 Esprimi il prodotto scalare tra due vettori a e b in termini delle loro componenti controvarianti e covarianti. Trovarne l’espressione nel riferimento obliquo.

Esercizio A.4 Esprimi il prodotto vettoriale tra due vettori a e b in termini delle loro componenti controvarianti e covarianti. Trovarne l’espressione nel riferimento obliquo.

Esercizio A.5 Date le basi: e1 = - 4 i +2 j e2= 3 i +3 j e3=2 k Trova le componenti controvarianti e covarianti del vettore che va dall’origine al punto (1,1,1).

A.37

Page 231: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA-:Fluidodinamica Appendice B - Richiami di termodinamica

Appendice B

Richiami di Termodinamica

Scopo dell’Appendice

Riferimento per la termodinamica di equilibrio di gas più che perfetti

Indice dell’Appendice Paragrafo pagina

B.1 RELAZIONI ENERGETICHE 2 B.2 MODELLO DI GAS PIUCCHEPERFETTO 3 B.3 RELAZIONI ENTROPICHE 3 B.4 RELAZIONI ISENTROPICHE 4

B.1

Page 232: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA-:Fluidodinamica Appendice B - Richiami di termodinamica

In condizioni di equilibrio termodinamico è possibile definire uno stato termodinamico per mezzo di relazioni tra un numero finito di grandezze che in generale possono essere di tipo estensivo e di tipo intensivo. La relazione tra grandezze estensive capace di definire lo stato termodinamico è detta relazione fondamentale, ad es. la relazione entropica è S=S(U,V,M) ed il numero di parametri necessari a definire la entropia S, in questo caso l’energia interna U, il volume V e la massa M è pari ai gradi di libertà del sistema termodinamico. In questo caso si tratta del più semplice caso di gas a tre gradi estensivi di libertà. Ovviamente un rappresentazione specifica (per unità di massa: s=S/M=s(u,v) avrà un grado di libertà minore di una unità; ergo il gas più semplice è a due gradi intensivi di libertà.

B.1 RELAZIONI ENERGETICHE

Consideriamo gas a due gradi intensivi di libertà Parametri estensivi specifici:

u = energia interna termodinamica (specifica, i.e per unità di massa), h = entalpia termodinamica (specifica, i.e per unità di massa), v = volume specifico

Parametri intensivi:

T = temperatura termodinamica p= pressione termodinamica µelchim = potenziale elettrochimico (moltiplicato la massa fornisce l’energia chimica)

La relazione fondamentale è

u = u(s,v) ovvero s = s(u,v) (B.1) Proprietà della funzione fondamentale è di essere una funzione omogenea di primo grado Per cui deve essere Relazione di Eulero:

u = u(s,v) = Ts-pv+µelchim (B.2)

Relazione di Gibbs: du = Tds-pdv (B.3)

Dove:

temperatura termodinamica .tcosvs

uT=

∂∂

= (B.4)

pressione termodinamica .tcossv

up=

∂∂

=− (B.5)

Definizione di entalpia termodicamica: h(s,p) = u+pv (B.6)

forme differenziali:

dh = Tds+vdp dsT

du pT

dv= +1

dsT

dh vT

dp= −1

(B.7)

B.2

Page 233: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA-:Fluidodinamica Appendice B - Richiami di termodinamica

B.2 MODELLO DI GAS PIUCCHEPERFETTO

L’uso delle equazione fondamentali è scomodo, in quanto le grandezze estensive sono di difficile misurazione, conviene descrive il gas con l’uso misto di grandezze estensive ed intensive, in questo caso occorrono tante equazioni di stato quanto sono i parametri estensivi, nel nostro caso occorrrono due equazioni di stato:

p = RTρ ; [u(T=0)=0] (B.8) u = c Tv

dove

.tcosvv T

uc=

∂∂

= (B.9)

da cui deriva

( ) T cTRcRTTcpupvu=h pvv =+=+=ρ

+=+ [h(T=0) = 0] (B.10)

calori specifici

vT

u

vTs

Tvc

∂∂

=∂∂

≡ pT

h

pTs

Tpc

∂∂

=∂∂

≡ = cv + R (B.11)

R = cp - cv γ = cc

p

vc =

-1p γγ

R c = 1-1

Rv γ (B.12)

Dove.

R = R(m )gas

o

gas Ro = 8314 J/(kmol °K) = 4.97 104 (ft lb)/(slugmol °R)

per l'aria:

maria = 29 kg/kmol Raria = 287 J/(kg °K) = 1716 (ft lb)/(slug °R) (B.13)

cv = 717.5 J/(kg °K) cp = 1001.7 J/(kg °K) γ = 1.4 B.3 RELAZIONI ENTROPICHE

Dalla relazione

dsT

du pT

dv c dTT

R dvv

gas p c p

v= + = +1 . . .

(B.14)

integrando:

s s cTT

Rvvv2 1

2

1

2

1− =

+

ln ln (B.15)

Dalla relazione

dsT

dh vT

dp c dTT

R dpp

gas p c p

p= − = −1 . . .

(B.16)

B.3

Page 234: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA-:Fluidodinamica Appendice B - Richiami di termodinamica

integrando:

s s cTT

Rppp2 1

2

1

2

1− =

ln ln (B.17)

Dalla relazione

ds cdTT

Rdpp

cdpp

dvv

Rdpp

cdvv

cdpp

gas p c p

p

gas p c p

p p= − = + v

− = +

. . . . . .

(B.18)

integrando:

s s cvv

cppp v2 1

2

1

2

1− =

+

ln ln (B.19)

B.4 RELAZIONI ISENTROPICHE

vv

TT

2

1

2

1

11

=

−γ

ovvero T v( )γ − =1 costante (B.20)

pp

TT

2

1

2

1

1

=

−γγ

ovvero T

p

γγ −

=1

costante (B.21)

pp

vv

2

1

2

1=

−γ

ovvero p vγ = costante (B.22)

ovvero

pp

TT

2

1

2

1

2

1

1

=

=

−ρρ

γγγ

(B.23)

Velocità del suono:

TRpppa 1

s

2 γ=ρ

γ=ρ

ργ=

∂ρ∂

≡γ

−γ : a R= γ T (B.24)

B.4

Page 235: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Appendice C - Tabelle di Conversione

Appendice C

Tabelle di Conversione

Scopo dell’Appendice

Nel 1872 il Congresso Internazionale di Parigi propose la Convenzione Metrica, firmata da 17 paesi (inclusi GB ed USA) in cui si scelse la base decimale per il sistema metrico. Per standardizzare il sistema metrico soltanto nel 1960 la Convenzione Generale di Pesi e Misure propose il Sistema di Unità Internazionale (SI) in cui 40 nazioni assunsero come dimensioni primarie (di interesse in fluidodinamica) la Massa M, la Lunghezza L, il Tempo T e la Temperatura Θ e come unità di misura rispettivamente il Kilogrammo (kg), il Metro (m), il Secondo (s) il grado Kelvin (K). In teoria quindi anche i paesi anglosassoni dovrebbero usare al posto del sistema britannico BG il sistema metrico SI. Purtroppo non è così, specialmente nella fluidodinamica dove molte costruttori di pompe, turbine, strumentazioni molte tabelle di riferimento sono riportate in unità del sistema BG. Un ingegnere deve conoscere il significato dei suoi prodotti, che spesso sono numeri che esprimono la quantizzazione di grandezze fisiche in unità di sistemi di misura. Sembra banale, ma se è faticoso parlare un’altra lingua, è addirittura frustrante muoversi la prima volta in un mondo non decimale. Questa appendice vuole porgere un primo piccolo aiuto per la realtà della vita di un ingegnere.

Indice dell’Appendice Paragrafo pagina C.1 Lunghezze 2 C.2 Aree 2 C.4 Angoli piani 2 C.5 Angoli solidi 3 C.6 Masse 3 C.7 Densità 3 C.8 Tempi 3 C.9 Velocità 4 C.10 Forze 4 C.11 Pressioni 4 C.12 Energie (lavoro e “calore”) 5 C.13 Potenza 5 C.14 Conducibilità termiche 6 C.15 Viscosità dinamica 6 C.16 Viscosità Cinematica 6

C.1

Page 236: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Appendice C - Tabelle di Conversione

C.1 Lunghezze cm m km in ft Miglio

(statutario) 1 centimetro 1 10-2 10-5 0.3937 3.281 10-2 6.214 10-6 1 metro 100 1 10-3 39.37 3.281 6.214 10-4 1 chilometro 105 1000 1 3.937 104 3281 0.6214 1 inch 2.540 2.540 10-2 2.540 10-5 1 8.333 10-2 1.578 10-5 1 foot 30.48 0.3048 3.048 10-4 12 1 1.894 10-4 1 miglio (stat.) 1.609 105 1609 1.608 6.336 104 5280 1

1 foot = 1200/3937 metri (m) 1 anno luce = 9.460 1012 km 1 metro = 3937/1200 ft 1 par sec = 3.084 1013 km 1 angstrom (A) = 1010 m 1 fathom = 6 ft 1 X unit = 1013 m 1 yard = 3 ft 1 micron (µ) = 106 m 1 rod = 16.5 ft 1 millimicron (mµ) = 109 m 1 mil = 103 in

1 miglio nautico (n.mil) = 1852 m = 1.1508 miglio statutario=6076.10 ft C.2 Aree m2 cm2 ft2 in2 circ.mil

1 metro quadrato 1 104 10.76 1550 1.974 109 1 centimetro quadrato 10-4 1 1.076 10-3 0.1550 1.974 105 1 foot quadrato 9.290 10-2 929.0 1 144 1.833 108 1 inch quadrato 6.452 10-4 6.452 6.944 10-3 1 1.373 106 1 circular mile 5.067 10-10 5.067 10-6 5.454 10-9 7.854 10-7 1 1 miglio quadrato = 27878400 ft2=640 acri , 1 acre= 43560 ft2, 1 barn= 10-28 m2

C.3 Volumi

m3 cm3 litro ft3 in3 1 metro cubo 1 106 1000 35.31 6.102 104 1 centimetro cubo 10-6 1 10-3 3.531 10-3 6.102 102 1 litro 10-3 1000 1 3.531 10-2 61.02 1 foot cubo 2.832 10-2 2.832 104 28.32 1 1728 1 inch cubo 1.639 10-5 16.39 1.639 10-2 5.787 10-4 1

1 litro (volume di 1 kg di H2O alla max densità) = 1000.028 cm3 1 US gallon = 4 US quarts = 8 US fluid pints = 128 US fluid onces = 231in3 = 3.78 litri 1 British Imperial gallon (volume di 10 lb di H2O @ 62°F) = 277.42 in3

C.2

Page 237: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Appendice C - Tabelle di Conversione

C.4 Angoli piani gradi minuti secondi radianti giri

1 grado 1 60 3600 1.745 10-2 2.778 10-3 1 minuto 1.667 10-2 1 60 2.909 10-4 4.630 10-5 1 secondo 2.778 10-4 1.667 10-2 1 4.848 10-6 7.16 10-7 1 radiante 57.30 3438 2.063 105 1 0.1592 1 giro 360 2.16 104 1.296 105 6.283 1

1 giro = 2 π radianti = 360° 1° = 60 ‘ = 3600” C.5 Angoli solidi

1 sfera = 4 π steradianti (12.57 steradianti) C.6 Masse* gm kg slug amu oz lb ton 1 grammo 1 0.001 6.852 10-5 6.024 1023 3.527 10-2 2.205 10-3 1.102 10-6 1 kilogrammo 1000 1 6.852 10-2 6.024 1026 35.27 2.205 1.102 10-3 1 slug 1.450 104 14.59 1 8.789 1027 514.8 32.17 1.609 10-2 1 amu 1.660 10-24 1.660 10-27 1.137 10-28 1 5.855 10-26 3.660 10-27 1.829 10-30 1 oncia 28.35 2835 10-2 1.943 10-3 1.708 1025 1 6.250 10-2 3.125 10-5 1 pound 453.6 0.4536 3.108 10-2 2.732 1026 16 1 0.0005 1 ton 9.072 10-5 907.2 62.16 5.465 1029 3.200 104 2000 1 * usare con cautela: alcune unità sono peso-equivalenti e dipendono dal valore assunto della gravità C.7 Densità* slug/ft3 kg/m3 km/cm3 lb/ft3 lb/in3

1 slu per foot3 1 515.4 0.5154 32.17 1.862 10-2 1 kilogrammo per metro3 1.940 10-3 1 0.001 6.243 10-2 3.613 10-5 1 grammo per centimetro3 1.940 1000 1 62.43 3.613 10+ 1 pound per foott3 3.108 10-2 16.2 1.602 10-2 1 5.787 10-4 1 pound per inch3 53.71 2.768 104 27.68 1728 1

* usare con cautela: alcune unità sono peso-equivalenti e dipendono dal valore assunto della gravità C.8 Tempi anni giorni ore minuti secondi 1 anno 1 365.2 8.766 103 5.259 105 3.156 107 1 giorno 2.738 10-3 1 24 1440 8.640 104 1 ora 1.41 10-4 4.167 10-2 1 60 360 1 minuto 1.901 10-6 6.944 10-4 1.667 10-2 1 60 1 secondo 3.169 10-8 1-157 10-5 2.778 10-4 1.667 10-2 1

1 anno (medio) = 365.24219879 giorni

C.3

Page 238: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Appendice C - Tabelle di Conversione

C.9 Velocità Ft/sec Km/h m/sec ml/hr cm/sec knot

1 foot per secondo 1 1.097 0.3408 0.6818 30.48 0.5925 1 kilometro per ora 0.9113 1 0.2778 0.6214 27.78 0.5400 1 metro per secondo 3.281 3.6 1 2.237 100 1.944 1 miglio per ora 1.467 1.609 0.4770 1 44.70 0.8689 1 centimetro per secondo 3.281 10-2 3.6 10-2 0.01 2.237 10-2 1 1.944 10-2 1 nodo 1.688 1.852 0.5144 1.151 51.44 1

1 nodo = 1 miglio nautico per ora; 1 miglio/minuto=88 ft/sec=60 miglie/ora C.10 Forze* dyne N lb pdl gr-f kg-f

1 dyne 1 10-5 2.248 10-6 7.233 10-5 1.020 10-3 1.020 10-6

1 Newton 105 1 0.2248 1.233 102.0 0.1020 1 pound 4.480 105 4.448 1 32.17 453.6 0.4536 1 poundal 1.383 104 0.1383 3.108 10-2 1 14.10 1.41 10-2 1 grammo-forza 980.7 9.807 10-3 2.205 10-3 7.093 10-2 1 0.001 1 kilogrammo-forza 9.807 105 9.807 2.205 70.93 1000 1

1 kgf= 9.80665 newton 1 lb = 32.17398 poundals * usare con cautela: alcune unità sono peso-equivalenti e dipendono dal valore assunto della gravità C.11 Pressioni atm dyne/cm2 in-H2O cm -Hg P (pascal) lb/in2 lb/ft2 1 atmosfera 1 1.013 106 406.8 76 1.013 105 14.70 2116 1 dyne per cm2 9.869 10-7 1 4.015 10-4 7.501 10-5 0.100 1.450 10+ 2.089 10-3

1 inch di acqua a 4 °C * 2.458 10-3 2491 1 0.1868 249.1 3.613 10-2 5.202 1 inch di mercurio a 0 °C * 1.316 10-2 1.333 104 5.353 1 1333 0.1934 27.85 1 Newton per m2 9.869 10-6 10 4.015 10-3 7.501 10-4 1 1.450 10-4 2.089 10-2

1 pound per inch2 (psi) 6.805 10-2 6.895 104 27.68 5.171 6.895 10-3 1 144 1 pound per footh2 4.725 10-4 478.8 0.1922 3.591 10-2 47.88 6.944 10-3 1

1 bar = 106 dyne/cm2

(*) con gravità pari a 9.80665

C.4

Page 239: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Appendice C - Tabelle di Conversione

C.12 Energie (lavoro e “calore”) Btu erg ft-lb HP-h J (joule)

1 Btu 1 1.055 10-10 777.9 3.929 10-4 1055 1 erg 9.481 10-11 1 7.376 10-8 3.725 10-14 10-7 1 foot-pound 1.285 10-3 1.356 107 1 5.051 10-7 1.356 1 cavallomotore-ora 2545 2.685 1013 1.980 106 1 2.685 106 1 joule 9.481 10-4 107 0.7376 3.725 10-7 1 1 caloria 3.968 10-3 4.186 107 3.087 1.559 10-6 4.186 1 kilowatt-ora 3413 3.600 1013 2.655 106 1.341 3.600 106 1 elettron-volt 1.519 10-22 1.602 10-12 1.182 10-19 5.967 10-26 1.602 10-19

1 kilogrammo forza - metro 8.521 1013 8.987 1023 6.629 1016 3.348 1010 8.96710-16 1 unità atomica di massa 1.41 10-13 1.492 10-3 1.100 10-10 5.558 10-17 1.492 10-10

1 kgf-metro = 9.807 joules 1 watt-sec = 1 joule = 1 newton-metro 1 erg = dyne-cm

cal kw-h ev kgf-m amu

1 Btu 252.0 3.930 10-4 6.585 1021 1.174 10-14 7.074 1012 1 erg 2.389 10-8 2.7780 10-14 6.242 1011 1.113 10-24 670.5 1 foot-pound 0.3239 3.766 10-7 8.464 1018 1.509 10-17 9.092 10-00

1 cavallomotore-ora 6.414 10-4 0.7457 1.676 1025 2.988 10-11 1.8001016 1 joule 2.389 2.778 10-7 6.242 1018 1.113 10-17 6.705 107 1 caloria 1 1.163 10-6 2.613 109 4.569 10-17 2.807 1010 1 kilowatt-ora 8,601 105 1 2.247 1025 4.007 10-11 2.414 1016 1 elettron-volt 3.827 10-20 4.450 10-26 1 1.783 10-36 1.074 10-9 1 kilogrammo forza - metro 2.147 1016 2.497 1010 5.610 1035 1 0.000 10-00

1 unità atomica di massa 3.564 10-11 4.145 10-17 9.310 108 1.660 10-27 1 1 elettron-volt è l’aumento di energia cinetica di un elettrone accelerato da una differenza di potenziale di 1 volt 1 unità di massa atomica rappresenta una unità di energia attraverso la relazione relativistica E=mc2 C.13 Potenza Btu-h Btu-sec Ft-lb-min Ft-lb-sec HP Cal-sec kw watt

1 Btu per ora 1 2.778 10-4 12.97 0.2161 3.929 10-4 7. 0 10-2 2.930 10-4 0.2930 1 Btu per secondo 3600 1 4.669 104 777.9 1.414 252.0 1.05 1.055 10-3

1 pound-foot per minuto 7.713 10-2 2.142 10-5 1 1.667 10-2 3.030 10-5 5.99 10-3 2.260 10-5 2.260 10-2

1 pound-foot per sec 4.628 1.286 10-3 60 1 1.818 10-3 0.3239 1.356 10-3 1.356 1 Cavallo vapore 2545 0.7069 3.300 104 550 1 178.2 0.7457 745.7 1 calorie per sec 14.29 0.3950 1.852102 3.087 3.613 10-3 1 4.186 10-3 4.186 1 kilowatt 34.13 0.9481 4.425 104 737.6 2546 238.9 1 1000 1 watt 3.413 9.481 10-4 44.25 0.7376 1.341 10-3 0.2389 0.001 1

C.5

Page 240: [Golia] Fluidodinamica (2005)

C.GOLIA: Fluidodinamica Appendice C - Tabelle di Conversione

C.14 Conducibilità termiche Cal/

(sec-cm-°C) Watt/

(m-°K) Watt/

(in-°C) Btu/

( hr-ft-°F) Btu/

( sec-in-°F) HP/

( ft-°F) 1 Cal per sec per cm per °C 1 418.5 10.63 241.9 5.600 10-3 9.503 10-2 1 watt per m. per °K 2.390 10-3 11 2.540 10-2 0.5781 1.338 10-5 2.271 10-4 1 watt per in per °C 9.407 10-2 39.37 11 22.76 5.269 10-4 8.939 10-3 1 Btu per h per ft per °F 4.134 10-3 1.730 4.394 10-2 1 2.315 10-5 3.929 10-4 1 Btu per sec per in per °F 1.786 102 7.474 10-00 1.898 104 4.320 104 1 16.97 1 HP per ft per °F 10.52 4403 111.8 2546 5.894 10-2 1

C.15 Viscosità dinamica centipoise poise (kgf-sec)/ m2 (lb-sec)/ft2 kg/(m-sec) lb/(ft-sec)

1 centipose 1 10-2 1.020 10-4 2.089 10-5 10-3 6.720 10-4 1 poise 100 1 1.020 10-2 2.089 10-3 0.100 6.720 10-2 1 kgforza-sec per metro 9.807 103 98.07 1 0.2048 9.807 6.590 1 poundforza-sec per m. 4.788 104 4.788 102 4.882 1 47.88 32.174 1 kgmassa per metro-sec 103 10 0.1020 2.089 10-2 1 0.6720 1 poundmassa per ft-sec 1.488 103 14.88 0.1581 3.108 10-2 1.488 1

1 poise = 1 dyne-sec/cm2 1 newton-sec/m2 = 1 poise C.16 Viscosità Cinematica centistokes stokes m2/sec ft2/sec

1 centistokes 1 10-2 10-6 1.076 10-5 1 stokes 100 1 10-4 0.000 10-3 1 m2/sec 106 104 1 10.76 1 ft2/sec 9.2900 104 929.0 9.290 10-2 1

1 stokes = 1 cm2/sec

C.6