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La letteratura lega il giurista alla
comunità più ampia della quale fa parte.
James Boyd White
Gli schemi del diritto nelle trame della letteratura:
un legame sinallagmatico
Il movimento “Diritto e letteratura” nasce nel 1973, anno di pubblicazione dell’opera
di James Boyd White The Legal Imagination1. Nell’opera l’autore sostiene che lo studio
della letteratura sarebbe fondamentale per il curriculum di studi del giurista in quanto «gli
studi letterari avrebbero qualcosa di particolare da dire sul diritto e sull’interpretazione
giudiziale»2.
Dunque, gli studi sul rapporto fra diritto e letteratura, fioriti soprattutto in area
anglosassone, da qualche anno interessano molto anche i giuristi italiani.
Autorevole dottrina sostiene che le letture di testi letterari, segnatamente quelli avente
ad oggetto come tema principale, questioni di giustizia, affini la sensibilità del giurista,
sviluppi il senso stesso della giustizia nell’uomo di legge, nei momenti più rilevanti
dell’esercizio della sua professione.
Non si intende propugnare la superiorità di una categoria concettuale sull’altra, ma la
perfetta osmosi del mondo del diritto, dei suoi schemi, delle sue rigide formulazioni nelle
trame dei testi letterari.
Claudio Magris così scrive:
La letteratura non giudica né dà voti di condotta alla vita, che scorre al di là
o al di qua del bene e del male; se rappresenta una rosa, sa — come diceva
un gesuita e grande poeta mistico tedesco del Seicento, Angelus Silesius —
che la rosa non ha perché e fiorisce perché fiorisce3.
1 J.B. WHITE, The Legal Imagination: Studies in the Nature of Legal Thought and Expression, Boston, Little,
Brown & Co., 1973. 2 G. MINDA, Teorie postmoderne del diritto, Il Mulino, Bologna, 2001, p.247.
3 C. MAGRIS, Il cuore freddo degli scrittori, in Corriere della Sera, 21/10/2007.
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Analizzando i due punti di vista, quello del mondo letterario e quello del mondo del
diritto, si intende dimostrare, senza alcuna pretesa, un assunto: il diritto e la letteratura
possono congiungersi, di qui il loro legame necessariamente «»sinallagmatico»4.
Ritenere diversamente pare più che altro retaggio di certe dottrine del passato, che, nel
campo del diritto, si rifacevano a quella scuola di pensiero tecnico-giuridico, secondo cui
diritto e letteratura apparterrebbero a sfere del tutto antitetiche e scarsamente comunicanti.
Una concezione, invero, assai lontana dalla tradizione culturale dell’Occidente, per la
quale i due saperi, nell’ambito degli studi umanistici, hanno sempre costituito realtà
parallele, tuttavia intimamente connesse dal fluire in esse della condizione umana.
Claudio Magris, con riferimento alla poesia, ha sostenuto che :
L’avversione della poesia al diritto, nasce dal fatto che il regno del diritto è
la realtà dei conflitti e nella necessità di mediarli, mentre i rapporti
puramente umani non hanno bisogno del diritto, anzi, lo ignorano. Il diritto
appare dunque legato alla barbarie del conflitto necessario, ma come lo è
un’amputazione in una malattia o una difesa armata ad un attacco armato:
legge e diritto sanciscono dunque una sorta di peccato originale,
un’impossibilità dell’innocenza dell’esistere, che non è sempre gradevole
vedersi messa sotto gli occhi5.
Richard Posner, studioso del legame tra il diritto e la letteratura, ricorda come E. M.
Foster abbia presentato un personaggio del suo romanzo Casa Howard, Henry, nel cui
modo di esprimersi si coglieva la conoscenza di ragionamenti tipici del mondo del diritto,
come la sintesi del concetto espresso proprio nell’epigrafe al libro: «solo mettere in
4 Del rapporto tra Diritto e Letteratura come legame avvinto da sinallagma, si è discusso in occasione del
Convegno “Diritto e Letteratura. Tra Dostoevskij e Manzoni”, svoltosi nei giorni 29 e 30 giugno, 2015 nel
Palazzo di Giustizia di Potenza, con relatore unico il Dott. Andrea Galgano, Docente di Letteratura, poeta e
critico letterario. Per un resoconto delle due giornate di studio, mi sia consentito il rinvio alla lettura di
Diritto e Letteratura. Un inedito rapporto sinallagmatico. Il ruolo della letteratura nella formazione del
giurista, in Rivista Giuridica, Sezione Saggi, DIKE Editrice Roma, n. 6/2015.
Ivi, p 168. 5 C. MAGRIS, Letteratura e diritto Strade opposte davanti al male, Corriere della Sera, 16 aprile 2006.
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relazione», only connect. Nella visione dello scrittore inglese, la classica mentalità
legalistica era identificata con un’incapacità di porre in relazione il cuore e la mente6.
Iosif Brodskij, premio nobel per la letteratura, nel rivolgersi in una famosa lettera al
presidente della Repubblica Ceca Vaclav Havel, peraltro anch’egli scrittore, lo invitava a
promuovere nel suo popolo «l’uguaglianza di fronte alla cultura», meta assai più importante
e ambiziosa della semplice «uguaglianza del popolo di fronte alla legge»7.
L’immagine che i letterati nutrono dei giuristi sembra essere quella di uomini non
perfettamente addestrati a quegli studi, o comunque diseducati a una comprensione umana,
incapaci di abbracciare la dimensione emozionale dell’individuo, del suo essere, al di là dei
rigidi schemi razionalistici e formalistici, tipici del mondo giuridico.
Invero il giurista lavora la stessa materia prima dello scrittore e del letterato. Le
narrazioni, le storie, i personaggi, le loro passioni, frutto della genialità e della capacità
inventiva degli scrittori, spesso si rinvengono nella vita reale e con questo particolare
all’interno dell’universale, il giurista è chiamato inevitabilmente a confrontarsi.
In altre parole, le trame letterarie conducono il lettore nei frastagliati territori di una
diversità che è sinonimo di una straordinaria ricchezza, di infinita bellezza del pensiero e
delle capacità creatrice dell’essere umano. Il diritto, invece, sospinge il lettore a rimanere
saldamente ancorato entro i rigidi schemi, tipici del mondo legale.8
Se il punto di osservazione del giurista o, meglio, il suo angolo visuale, il suo sguardo
è ampio grazie all’ambizioso interrogativo su un senso della giustizia, ricercato anche oltre
gli steccati del diritto e della norma, non meno ampio è la visuale, lo sguardo che si tenta di
seguire nella letteratura. Si tratta di rinvenire, attraverso alcuni grandi archetipi della
letteratura qualche aiuto, qualche spunto di riflessione per tracciare, semmai fosse possibile,
linee di demarcazione tra la giustizia perpetrata da sé e quella resa dal terzo istituzionale, tra
la giustizia ufficiale, l’equità, il perdono, la vendetta9.
6 G. FORTI, Introduzione, in Giustizia e Letteratura I, p. XIII.
7 Ibidem.
8 C. MAZZUCATO – A. VISCONTI, Guida alla lettura, Uno sguardo all’intelaiatura, tra trama letteraria e
ordito giuridico, e al “backstage” di «Giustizia e Letteratura I», p. XXIII. 9 G. FORTI, Introduzione, in Giustizia e Letteratura I, p. XIII.
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Robert Musil, sulla letteratura, così scrive:
[…] la letteratura mondiale è un grandissimo negozio di confezioni dove
milioni di anime si vestono di generosità, rabbia, orgoglio, amore, sarcasmo,
gelosia, nobiltà e bassezza. Parrebbe difficile per il giurista districarsi in tali
oceani imperi di carta e scegliersi una guida affidabile10.
La possibilità di relazionarsi ed entrare in stretto contatto con la letteratura, non
costituisce solo una forbita esercitazione per una ristretta cerchia di accademici. La sua
rilevanza la si coglie anche da altro punto di vista: le narrazioni, i suoi personaggi, le sue
storie, costituiscono, un momento importante per il giurista, quasi salvifico, perché evita il
rischio che, attraverso la tecnica della sussunzione del caso concreto nella fattispecie
astratta, possa ed arroccarsi su posizioni precostituite e in qualche caso, preconcette dello
stare decisis.
La sensibilità alla parola, il giusto approccio con alcuni grandi testi della letteratura
possono forse sottrarre l’operatore del diritto, avvocato o magistrato che sia, al rischio
paventato da Pietro Calamandrei, di trasformarsi in un contabile di anime vuote, cadendo
vittima della assuefazione, della indifferenza burocratica e della irresponsabilità anonima.
Per il giurista che soccomba a questa insidia, gli uomini «cessano di essere persone vive e
diventano numeri».11
Come ricorda Claudia Mazzucato:
[…] la realtà vissuta, il come stanno le cose intorno a dolenti esperienze
attraversate in prima persona, perché provocate o subite, sembra a volte
dicibile – e dunque narrabile – solo in forma poetica12
.
Del resto, è innegabile che i due saperi, nel grande orizzonte degli studi umanistici,
hanno sempre costituito realtà parallele, anche perché, com’è noto, la letteratura ha sempre
trovato un suolo fertile nel terreno di competenza del giurista e ciò deriva dalle affinità tra le
10
Ivi, p. XVI. 11
Ivi, p. XIV. 12
Ibidem.
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due discipline. Gli artisti, sensibili a queste affinità, inseriscono personaggi, temi e strutture
giuridiche nelle loro opere, dimostrando ciò che da secoli gli scrittori avevano percepito:
non solo la compatibilità, ma addirittura il carattere connaturale di due ambiti intellettuali
apparentemente distinti.
Si tratta di una buona premessa per supportare una tesi: diritto e letteratura si
coniugano perfettamente, saremmo di fronte ad un ritorno a quel rapporto sinallagmatico
affievolitosi nel corso degli anni.
Infatti, il rapporto fra queste due discipline vanta un intreccio culturale che risale
all’Antica Grecia. Le più antiche tradizioni letterarie, infatti, si sono da sempre preoccupate
di riservare particolare attenzione alle questioni giuridiche. L’Orestea di Eschilo,
l’Antigone di Sofocle, in Grecia, Le mille e una notte nella tradizione letteraria araba e così
via fino alla seconda metà del XIX secolo, in cui la formazione giuridica costituiva una
parte centrale degli studi umanistici in un rapporto di interscambio disciplinare dai contorni
innovativi.
Su Antigone di Sofocle, in modo particolare, da sempre si concentrano l’attenzione e
l’interesse di giuristi, studiosi di letteratura e filosofi. L’anno della prima rappresentazione è
il 442 a.C.: da allora Antigone affascina e spinge alla ricerca, per orizzonti che superano il
mito, la tragedia, lo spettacolo. Da una parte la regola statuita, la legge, con Creonte;
dall’altra l’imperativo che il singolo, Antigone, sente forte nella propria coscienza. Da una
parte lo Stato, dunque, dall’altra l’individuo.
Al riguardo Gustavo Zagrebelsky ha affermato:
Antigone rappresenta il fondamento della riflessione sul diritto, senza tempo,
e anche un grande testo filosofico e naturalmente una delle somme opere
dell’ingegno letterario di tutti i tempi»13.
Antigone è uno dei testi fondativi della nostra civiltà giuridica occidentale,
specialmente laddove si collochi lo scontro tra Antigone e Creonte nella realtà storica
dell’Atene del V secolo.
13
G. ZAGRELBESKY, Presentazione del libro "Giustizia e Letteratura". Incontro promosso dal Centro Studi
"Federico Stella, 19 aprile 2013, visibile su: in https://youtu.be/CygBP8TKcNs
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La lotta tra Antigone e Creonte metteva i cittadini di Atene, riuniti nella
rappresentazione, di fronte all’irrisolto contrasto politico che, a quel tempo, divideva gli
animi e le fazioni, tra resistenze arcaicizzanti e tensioni modernizzanti.
Come è stato osservato da Gustavo Zagrebelsky:
da una parte si collocavano le radici tradizionali della città, lo ius non scritto
e non mutabile, che non è di ieri né di oggi, ma da sempre, di cui è ignota la
rivelazione; lo ius che vale per le cerchie umane vincolate da comunanza di
sangue con al centro la famiglia, che si richiama perciò alla struttura
gentilizia originaria della polis, che è radicato nei legami vitali e quindi nel
culto dei morti ed è cementato dal senso dell’onore e della fedeltà
particolare, di cui è depositario l’elemento femminile della società; dall’altra
parte, invece, la forza innovatrice di una società-stato proiettata a divenire
potenza egemone del mondo greco, fondata su leggi che esigono ubbidienza
uniforme e incondizionata, spezzano l’unità dei legami interpersonali e
familiari, travolgono eros, amore coniugale, sentimento paterno, fraterno e
filiale, ignorano la contiguità del sangue e sono garantire dall’elemento
maschile della società, il re, unico supremo legislatore.14
Proprio sulla base di tale caratteristica, la vicenda di Antigone può assurgere a
paradigma delle conseguenze che si determinano, all’interno dell’ordinamento, laddove ius
e lex iniziano progressivamente a discostarsi l’uno dall’altra.15
Sempre Zagrebelsky:
Quando il diritto profondo e stabile dei legami sociali, impersonato da
Antigone, e dall’artificiale e mutevole legge pubblica dello Stato,
impersonata da Creonte, si pongono in rapporto di disconoscimento
reciproco, ciò che ne consegue è un esito radicale di morte fisica, per
14
G. ZAGREBELSKY , Antigone e la legge che smentisce il diritto, in La Repubblica, 25 giugno 2003. 15
F. D’ALESSANDRO, Limite, trasgressione e responsabilità: la tragedia antica e le sue riscritture moderne,
nella prospettiva del giurista, in Giustizia e Letteratura II, (a cura di) Gabrio Forti, Claudia Mazzucato,
Arianna Visconti, Vita e Pensiero, Milano, 2014, p. 31.
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Antigone, e di morte spirituale per Creonte, rigettato dai suoi concittadini e
ripudiato perfino in casa propria.16
Lo studioso ha da sempre sostenuto che nella letteratura si trovano le grandi alternative
nelle quali si svolge la vita degli individui e quella della società. Innanzitutto il rapporto tra
bene e male, che può essere sviluppato anche come tra verità e inganno o come il rapporto
tra bello e brutto, amore e tradimento17
.
Altro grande tema è la libertà e la necessità del comportamento degli essere umani.
Quest’ultimo è diventato un aspetto di grande interesse nella letteratura a partire dallo
sviluppo del positivismo della seconda metà del diciannovesimo secolo. Questi anni vede il
fiorire di tutta quella letteratura che ha cercato di reagire all’idea dell’essere umano
inglobato della struttura sociale, costituendone un pezzo della stessa. L’idea si basa su una
visione del mondo che vede individuo inglobato in una entità superiore che crea la
necessità, e sparisce così, la sua responsabilità personale.
La cultura giuridica e quella letteraria condividono, quindi, una storia comune.
L’origine stessa dell’arte retorica si fa risalire all’instaurazione di veri e propri processi
giudiziari istituiti per rivendicare la proprietà di terreni in seguito alla caduta della
tirannia. Senza contare poi la lunga e consolidata tradizione greco-romana che vede
intellettuali come Aristotele, Cicerone e Quintiliano combinare costantemente nelle loro
opere la sfera giuridica e quella letteraria.
La rottura si ebbe con l’avvento del positivismo giuridico che convertì il diritto in un
oggetto scientifico di studio e ridusse le operazioni di interpretazione e applicazione dello
stesso in meri esercizi formali, privi di arte e umanità.
Ed è proprio in risposta al formalismo positivista che negli Stati Uniti, quasi
quarant’anni fa, nacque il movimento chiamato “Law and Literature” il cui maggior
esponente fu James Boyd White che con l’opera The legal Immagination,pubblicatanel
197318
, consacrò un legame, quello fra diritto e letteratura, che ancora oggi, è oggetto di
16
G. ZAGREBELSKY , Antigone e la legge che smentisce il diritto, cit. 17
Ibidem. 18
B.WHITE, The Legal Imagination: Studies in the Nature of Legal Thought and Expression, Boston, Little,
Brown & Co., 1973.
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studi e inserito nei programmi delle Law School con una risonanza mediatica in grado di
arrivare fino alle prime pagine del New York Times.
White sosteneva che diritto e letteratura sono uniti da una visione del linguaggio inteso
come comunità di discorso tra particolari mondi culturali e che la letteratura lega il giurista
alla comunità più ampia della quale fa parte. “La vita del diritto è oggi dunque la vita di
un’arte: l’arte di creare significato nel linguaggio intersoggettivo”19
:
Scriveva White:
Il diritto è un sistema culturale e nel suo ragionamento vedeva l’azione
dell’immaginazione e della creatività propri del mondo letterario20
.
Ma a questo punto viene da porsi una domanda. Diritto e letteratura, insieme, il loro
studio congiunti a cosa serve? Quale rapporto intercorre tra la letteratura e il mondo del
diritto, chiamato per sua stessa natura a tracciare le linee di demarcazione tra il giusto e
l’ingiusto e quindi, sia pure trasversalmente o tangenzialmente, tra il bene e il male?
Una, tra le possibili risposte, potrebbe essere quella fornita da Gustavo Zagrebelsky:
Diritto e letteratura servono a fa pensare, e pensare è qualcosa di
importante. Può sembrare una ovvietà, ma pensare significa produrre idee e
di manifestarle21
.
Non si può non condividere tale assunto, vero in ogni tempo. Se si considera che nella
storia dell’uomo, pensare, ideare, manifestazione, non hanno mai costituito dei postulati
quanto piuttosto delle conquiste.
Vi è un’altra considerazione da fare. Quando esaminiamo la maggior parte dei testi
letterari, non sfugge la circostanza che sono tutti collocati in una particolare fase storica. Per
esempio, nel Il mercante di Venezia di William Shakespeare, centrale è la figura negativa di
19
J.B.White, Heracles’Bow, Madison, University of Wisconsin Press, 1985, p.XII. 20
Ibidem. 21
M.P. DI BLASIO, Lo sguardo del giurista, in Diritto e Letteratura:un inedito rapporto sinallagmatico, cit.,
p. 180.
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Shylock, ebreo usuraio e crudele. Se non si considera il contesto storico di riferimento,
sarebbe difficile, oggi, comprendere questi testi fino a fondo.
Prezioso si rivela al riguardo, l’insegnamento di Zagrebelsky, il quale, afferma:
Sarebbe auspicabile cercare di collocare questi testi nell’epoca in cui sono
stati scritti e non presentarli in modo astratto. Si tratta quasi sempre di testi
storicamente determinati dalle circostanze che li hanno prodotti22
.
Poi, nella sua analisi prosegue:
Prendiamo ad esempio l’uomo del sottosuolo di Dostoevskij, rappresentato
dallo scrittore come un essere abietto, è invece, un personaggio positivo,
l’eroe che si ribella a ciò che sta nel sottosuolo, cioè la civiltà industriale, la
Londra della seconda esposizione universale del 1861. Dostoevskij la
descrive come una città piena di persone tutte uguali, tutte mosse dalla
stessa forza, provenienti da tutto il mondo, che visitano questi padiglioni di
vetro e cemento, senza sapere esattamente il perché. Ecco il “sottosuolo”,
fatto da questa folla indifferenziata di individui, tutti uguali, omologati, che
si muovono secondo una legge che è cogentissima, di cui loro stessi non
hanno consapevolezza ma non sanno chi è l’autore. Chi ha spinto questi due
milioni e mezzo di visitatori dell’esposizione universale a Londra? Un
numero fantastico per l’epoca. Ed allora l’uomo del sottosuolo, per
manifestare la sua originalità e la sua indipendenza, è costretto ad essere un
uomo abietto, rispetto agli stili di vita e alla mentalità degli appartenenti al
soprasuolo. 23
E’ evidente che non sarebbe possibile leggere un’opera letteraria senza calarsi nel
contesto storico in cui è stata scritta. Eppure è un’operazione indispensabile, in quanto
darebbe la possibilità al lettore di depurare tutta quella parte caduca, legata al suo tempo e di
lasciare la parte universale. Poiché, molto spesso, com’è noto, i grandi capolavori della
letteratura hanno anche quelle caratteristiche che li rendono universali, senza tempo. Questo
22
Ibidem. 23
Ibidem.
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evita il rischio di prendere tutto per buono o il rischio opposto, cioè affermare che tutto
quello che è stato scritto è storicamente superato24
. In verità, nei grandi testi letterari,
soprattutto quelli classici, si rinvengono sia gli uni che gli altri, e per non confondere le due
cose sarebbe utile procedere ad un’opera di selezione del testo.
Rudolf Bultmann»25
– ricorda Gustavo Zagrebelsky:
utilizzava il termine “demitizzazione” per indicare l’eliminazione di tutto
ciò che è il frutto del tempo, della mentalità, della cultura del tempo e
quindi caduco da ciò che è il nucleo fondamentale26
.
Una vecchia storia dunque. Forse la più vecchia di tutte. Perché il rapporto tra diritto e
letteratura inizia più o meno quando inizia la nostra civiltà. I miti e il teatro dell’antica
Grecia sono le basi fondanti della storia letteraria occidentale e dell’idea di diritto e di
giustizia. Antigone infatti, è un’opera letteraria che affronta il problema del rapporto tra
individuo e potere ed è costruita come un processo, con tanto di introduzione preliminare
che spiega l’antefatto, con la difesa (Antigone), l’accusa (Creonte) e addirittura con
l’opinione pubblica (il coro).
Tra Giustizia e Letteratura quindi c’è un rapporto antico, non sempre lineare, a volte
addirittura conflittuale, viziato da una serie di pregiudizi reciproci che ha scavato un solco
tra letterati e giuristi.
Inoltre Cicerone e Seneca erano avvocati; filosofi, letterati ed uomini di stato come
Tommaso Moro, Bacone e Montesquieu avevano una preparazione giuridica. Dickens fece
il garzone di studio (e poi il cronista giudiziario); nel novecento Jorge Amado, un poeta
come Wallace Stevens, John Luther Long (l’autore di Madama Butterfly) o Bernardo
Guimaraes, il creatore della Schiava Isaura, erano tutti giuristi.
24
Ibidem. 25
R. K. BULTMANN , teologo tedesco. «Non ci si può servire della luce elettrica e della radio, o far ricorso in
caso di malattia ai moderni ritrovati medici e clinici e nello stesso credere nel mondo degli spiriti e dei
miracoli propostici dal Nuovo Testamento» (Da Il manifesto della demitizzazione). 26
G. ZAGRELBESKY, presentazione del libro "Giustizia e Letteratura", cit.
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Ed ancora, tra Duecento e Trecento numerosi sono gli scrittori italiani che sono anche
o innanzitutto giuristi: si va dal caposcuola dei Siciliani, Jacopo da Lentini detto appunto il
Notaro, a Pier delle Vigne, a Guido Guinizelli, a Cino da Pistoia27
.
La dottrina più accorta, per lo più di stampo positivista, ritiene, non a torto, che il
giurista, grazie alla letteratura possa sviluppare quella capacità di orientarsi e di guardare i
problemi del diritto con occhi diversi, con modalità discorsive idonei a costituire veri e
propri strumenti per ideare e applicare in modo originale e innovativo, e soprattutto giusto,
molti degli istituti non solo del diritto penale e del diritto processuale penale, ma di ogni
altro ramo dell’ordinamento giuridico.
Nella letteratura, quantomeno una certa letteratura, quella criminalistica, in modo
particolare, si innervano questioni estreme. E’ quanto rilevato da Andrea Galgano:
La letteratura si impianta, molto spesso, su questioni estreme, si rinvengono
concetti forti, come quello di pena, crimine, delitto, colpa, perdono e la giustizia in
generale e come questa viene amministrata. Delitto e castigo di Dostoevskij, per
esempio, attraverso la vicenda tormentata di Raskòlnikov, spinge la domanda sulla
colpa ai suoi estremi confini, in quella zona indistinta dove bene e male, orrore e
compassione, si intrecciano in una vertiginosa spirale.28
I testi letterari si prestano a ricordare al giurista il concetto di giustizia. Da questo
punto di vista, la letteratura svolge anche una funzione rammemorativa, in quanto ricolloca
il diritto nella posizione dalla quale tende ad allontanarsi, vale a dire dal suo fondamento
ontologico29
.
Sul tema Vincenzo Vitale scrive:
Perché mentre il diritto vorrebbe oggi contentarsi del finito, la letteratura lo
induce a sensibilizzarsi verso l’infinito, mentre il diritto vorrebbe chiudersi
27
G. FORTI – A. VISCONTI. - C. MAZZUCATO (a cura di), Giustizia e letteratura II, con il Gruppo di Ricerca
del Centro Studi “Federico Stella” sulla Giustizia penale e la Politica criminale, Vita Pensiero, Milano 2014,
p. 39. 28
M.P. DI BLASIO, Lo sguardo di un letterato: Delitto e castigo di F.M. Dostoevskij, in Diritto e Letteratura:
un inedito rapporto sinallagmatico cit. p. 170. 29
V. VITALE, Diritto e Letteratura. La giustizia narrata, Sugarco Edizioni, 2012.
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nella asfitticità dell’analisi del linguaggio giuridico, la letteratura lo induce
ad affacciarsi sul mondo, mentre il diritto vorrebbe preservarsi puro e
incontaminato, la letteratura lo induce a sporcarsi le mani, mentre il diritto
vorrebbe dimenticarsi di sé, la letteratura lo induce a ricordarsene, mentre
il diritto vorrebbe sempre appiattirsi sulla forma, la letteratura lo salva dal
formalismo, mentre il diritto vorrebbe identificarsi con la pura logica, la
letteratura lo salva dal logicismo, mentre il diritto è pieno di paure, la
letteratura lo induce ad osare, mentre il diritto non vorrebbe avere nulla a
che fare con gli uomini, la letteratura lo costringe a patirne le vicende,
mentre il diritto vorrebbe esaurirsi tra articoli e massime, la letteratura lo
induce a registrare l’esperienza umana, mentre il diritto vorrebbe
estinguersi divenendo altro da sé, la letteratura lo induce a rinascere ogni
volta30
.
Non v’è chi ritenga che la letteratura, oltre a costituire un bagaglio di conoscenze
indispensabili per qualsiasi professionista, fornisca, in particolare, gli strumenti culturali e
umani, utili alla formazione del giurista, e in generale a tutti gli operatori e cultori del
diritto31
.
E’ fondamentale prima di tutto, per una maggiore capacità di prestare attenzione al
mondo, anche grazie a quella porzione di mondo reale che i letterati sono capaci di
restringere per riaffermare la specificità di ogni individuo, dare un nome e attribuire una
storia ad ogni volto umano. Lo scrittore presta attenzione al mondo, cerca di capire, di
assimilare le singole caratteristiche dei personaggi narrati, le loro storie, i loro drammi.
Andrea Galgano ha sostenuto con forza questa idea, nella ferma convinzione che il
rapporto tra diritto e letteratura costituisca un campo privilegiato, un terreno di coltura
ideale per un indagine della realtà. I rispettivi ambiti, solo prima face distinti, possono e
devono convivere, impreziosire le conoscenze del giurista, consentirgli di procedere a
confronti e ad analisi interpretative di tutta quella vasta gamma di questioni, che ruotano
30
Ibidem. 31
A. GALGANO, Convegno “Diritto e Letteratura. Tra Dostoevskij e Manzoni,cit.
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sostanzialmente intorno all’annoso concetto di «giustizia», prima ancora che in quello di
ius32
.
La letteratura, nella sua peculiarità, si oppone all’astrattezza, all’indeterminatezza
tipica delle norma attraverso il dono del concreto e del veritiero; conserva le tracce degli
esseri reali, i segni dell’individualità e dell’irriducibilità di ogni singolo vivente. Essa si
oppone, quindi, a quell’inclinazione tipica dell’approccio giuridico, ma ancor più della
prassi economica, per la quale gli individui cessano di essere persone vive e diventano puri
numeri, risorse da contabilizzare, fattori produttivi.
Narrando le ingiustizie, descrivendo le negazioni della persona, mostrando le
disumanizzazioni e i pregiudizi che emarginano i cittadini, la letteratura riafferma
l’individualità; permette di immaginare diversamente la realtà e di vedere, nel singolo fatto
disciplinato dalla legge, non soltanto l’astratta violazione di una norma, ma i destini di
individui concreti che soffrono e sperano33
.
I mondi del diritto e della letteratura potrebbero essere raffigurati come due sfere
parallele: entrambe annoverano tra i loro scopi quello di fornire, attraverso il linguaggio una
forma o meglio, una porzione di realtà, entrambe portano spesso i loro interpreti ad
un’attività che tende ad andare oltre la mera rilevazione del dato strettamente letterale del
testo.
Sia nell’affrontare questioni interpretative dai caratteri ambigui, sia nelle scelte
esegetiche volte a dare un significato alla parola, emerge chiaramente come schemi e istituti
di carattere giuridico siano utili nell’approfondimento di testi letterari e come, altresì,
approcci e punti di vista di carattere letterario possano ampliare lo studio della legge.
Per quanto il movimento Law and Literature vede la sua genesi negli ambienti
accademici statunitensi, negli ultimi anni non sono mancati, anche in Europa, esperienze
giusletterarie. Anche l’Italia non è immune. Numerose sono le associazioni nate per lo
studio della materia, come l’AIDEL - Associazioni Italiana di Diritto e letteratura e l’SIDL -
Socità Italiana di Diritto e Letteratura, e varie università hanno inserito nel piano di studi
insegnamenti giusletterari.
32
Ibidem. 33
P. MENZIO, Gabrio Forti, Claudia Mazzucato, Arianna Visconti (ed.), Giustizia e letteratura I.,
Enthymema, IX 2013, p. 420.
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Scopo precipuo è ricercare nella letteratura materiali grazie ai quali favorire e diffondere
tra giuristi, siano essi accademici o professionisti, comunque tra gli operatori del diritto, il
senso della giustizia, o meglio un etica della giustizia per operare e orientare le proprie
scelte. E ciò è tanto più importante nel campo del diritto penale e della sua applicazione, in
cui il momento decisorio – sanzonatorio, più che in altri rami dell’ordinamento, incidono
sulla cita delle persone34
.
Un simile approccio al mondo della letteratura consente all’operatore del diritto di
mettere da parte, seppur provvisoriamente quella forma mentis, tipica del giurista, basata su
ricostruzioni del “fatto storico” puramente e semplicemente, per far spazio alla ricerca di
quelle verità che toccano non solo gli aspetti procedimentali, ma l’umano, con le sue
debolezze, col suo essere caduco proprio come il diritto.
Spesso che il diritto, come insieme delle regole del nostro vivere insieme, è fatto dagli
uomini, che, per loro stessa natura possono sbagliare, e tale caducità non può che avere
riflessi involontari sulle norme. Altro aspetto è poi la caducità della sua applicazione e
quindi della ingiustizia o, se si vuole, della cattiva amministrazione della giustizia.
Ciò che la letteratura insegna al giurista, rispetto all’assetto astrattamente codificato
del diritto, è che nell' esperienza vissuta non esistono leggi generali, immutabili, valevoli
sempre, per tutti e per tutte le situazioni, perché i casi della vita sono sempre singolari e
irripetibili
A tale imperfezioni può e deve porsi rimedio. Il diritto non è assoluto e, per una usare
la felice espressione manzoniana «un’istituzione non si applica da sè». La giustizia, o
meglio, la sua amministrazione, è un’istituzione, condotta da uomini, perciò potenzialmente
caduca e esposta ad errori interpretativi ed applicativi.
Ed è altrettanto vero che una giustizia perfetta non esiste, o per lo meno, è
difficilissimo delineare i precisi contorni in grado di distinguere il giusto dall’ingiusto in
sede decisoria. Non esiste una definizione assoluta di giustizia che la differenzi da ciò che
giusto non è.
34
Anche questo aspetto è stato ampiamente trattato anche nel Convegno i cui dettagli sono contenuti nel
contributo DI BLASIO M. P.,“Diritto e Letteratura.Un inedito rapporto sinallagmatico. Il ruolo della
letteratura nella formazione del giurista, cit..
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Tuttavia, sarebbe riduttivo, oltre che privo di qualsivoglia utilità, arrestarsi innanzi ad
una costatazione tanto banale quanto ovvia. Se ci si limitasse ad una tale affermazione, non
avremmo detto nulla. Ma le cose non stanno esattamente così.
Non sì è preteso essere esaustivi e dire più di quanto non abbiamo scritto altri. A
parlare, in verità, sono stati l’autorevolezza degli studiosi che, in tema di diritto e del suo
legame fraterno con la letteratura, hanno detto molto, tanto. Per il loro tramite, a parlare
sono stati grandi autori, attraverso le loro opere. Il lettore – giurista non può non coglierne i
messaggi. Non si tratta di un semplice esercizio accademico ma di qualcosa che serve al
giurista per la propria formazione.
Alla luce di tutto quanto detto fin ora, si ritiene di poter affermare, e si spera di non
essere smentiti, che tra il diritto e la letteratura esiste un legame talmente stretto, che
potremmo definire “sinallagmatico”, come detto all’inizio, il nesso di reciprocità che
avvince questi due ambiti disciplinari costituisce un pò l’anello di congiunzione e la
condizione per la loro esistenza.
Ciò vuol dire che, non può un giurista ignorare i grandi insegnamenti dei testi letterari
senza avvertire smarrimento, disorientamento e, del pari, non può un letterato ignorare tutte
quelle esperienze di cui il giurista, suo malgrado, è spesso testimone. Perdere l’uno significa
perdere anche l’altro.
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BIBLIOGRAFIA
DI BLASIO M. P., Diritto e Letteratura. Un inedito rapporto sinallagmatico. Il ruolo della
letteratura nella formazione del giurista, in Rivista Giuridica, Sezione Saggi, DIKE Editrice
Roma, n. 6/2015.
G. FORTI – A. VISCONTI - C. MAZZUCATO (a cura di), Giustizia e letteratura II, con il
Gruppo di Ricerca del Centro Studi “Federico Stella” sulla Giustizia penale e la Politica
criminale, Vita Pensiero, Milano 2014
WHITE J.B., The Legal Imagination: Studies in the Nature of Legal Thought and Expression,
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White J.B., Heracles’Bow, Madison, University of Wisconsin Press, 1985.
MAGRIS C., Il cuore freddo degli scrittori, in Corriere della Sera, 21/10/2007.
MAGRIS C., Letteratura e diritto Strade opposte davanti al male, Corriere della Sera, 16
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VITALE V., Diritto e Letteratura. La giustizia narrata, Sugarco Edizioni, 2012
ZAGRELBESKY G., Presentazione del libro "Giustizia e Letteratura". Incontro promosso dal
Centro Studi "Federico Stella, 19 aprile 2013, visibile su: in https://youtu.be/CygBP8TKcNs
ZAGREBELSKY G., Antigone e la legge che smentisce il diritto, in La Repubblica, 25 giugno
2003