Giuseppe Penone Anafora - La Venaria Reale€¦ · Anafora Dal 24 marzo 2016 Grotte del muro...
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La Venaria Reale
2016
Giuseppe Penone
Anafora
Dal 24 marzo 2016
Grotte del muro castellamontiano
della Reggia di Venaria
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Giuseppe Penone - Anafora
L’artista Giuseppe Penone (1947, Garessio. Vive e lavora a Torino e Parigi) ritorna dopo
quasi dieci anni alla Reggia di Venaria.
Nell’ambito di una virtuosa continuità di “dialogo” e “sintonia” con le altre sue imponenti
installazioni già presenti ne Il Giardino delle Sculture Fluide allestito nel 2007 quale prima
collaborazione tra il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea e la Reggia di Venaria,
l’artista ha posto una nuova serie di sette opere più piccole nelle adiacenti e da poco
restaurate Grotte del muro castellamontiano nel Parco basso.
Nella storia del complesso della Reggia di Venaria il Parco basso rappresentava, nella
poetica del giardino seicentesco, lo spazio più elaborato: ricco di fontane, apparati
scultorei, aiuole composte secondo elaborati disegni e caratterizzato dalla presenza della
struttura muraria di contenimento della Corte d'onore, impreziosito da grotte e nicchie in
esso contenute.
Nel corso del 2015 sono stati completati gli interventi di restauro del paramento murario e
di sistemazione dell'area antistante rendendo così completamente fruibili gli spazi delle
sette Grotte del Parco basso. Le grotte, un tempo, decorate con conchiglie ed elementi
lapidei e allestite con vasche d'acqua e statue, sono diventate il luogo in cui ambientare un
percorso espositivo affidato a Giuseppe Penone.
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Camminando sotto le terrazze, lungo il muro di sostegno, si scorgono opere in spazi
discreti, come segreti socchiusi. Le grotte si susseguono lungo il muro di mattoni che
delimita il giardino inferiore. Intitolando questo nuovo intervento nel suo insieme
Anafora, dal greco ἀναφορά, anaphorá, da aná, "di nuovo", e phéro, "io porto", l’artista
indica una ripetizione all’inizio della frase, per sottolineare un concetto o una realtà. Le
sette nicchie nelle quali sono poste le nuove sculture in bronzo, legno fossile e altri
materiali quali filo spinato o una falce, scandiscono la passeggiata dei visitatori nella
ripetizione dell’incontro con ogni scultura lungo il viale. Una dopo l’altra, le sculture
legano la presenza degli alberi a varie attività umane e confondono le tracce delle loro vite
con quelle degli uomini: è un graffio; è una cicatrice; è un'impronta; è una crescita; è una
leggenda; è un segno; è una pelle. Le sette nuove sculture rappresentano porzioni di
alberi sottoposti a interventi umani forti quali tagliare, falciare, o recintare, e
costituiscono nel loro insieme una anafora, una ripetizione dell’intervento originario
dell’artista in questi luoghi. Esse guardano dalle grotte verso le grandi opere fluide in
marmo e bronzo del 2007 come sentinelle che apostrofano, ripetono e ricordano
l’intervento precedente. L’insieme della mostra pone al centro dell’esperienza una
riflessione sul rapporto tra natura e cultura, ma anche sul tempo e il suo passaggio, dal
2007 al 2016.
Afferma la curatrice Carolyn Christov-Bakargiev: “Passo dopo passo, anno dopo anno, si
camminava lungo il viale adiacente al giardino dove le sculture, quelle del Giardino delle
Sculture Fluide, si susseguono in maniera cortese: tutte differenti, esse creano un percorso
di riconoscimento attraverso la differenza, dove ogni elemento percepito scandisce il
tempo, un tempo sempre diverso. I passi che ci portano invece lungo il muro in mattone,
adiacente a quel giardino, fuori da esso, sono più sicuri, vicini al muro, un muro scandito
dalla similitudine, grotta dopo grotta, confortanti nella loro ripresa. Eppure qualcosa,
anche nella ripetizione della struttura, è sempre diverso, grotta dopo grotta; ramo, bronzo,
tronco pietrificato, gesto, filo spinato – è un tempo agghiacciante, che si ripete violento,
fatto di rami spezzati e indistinti confini. Quel tempo sincopato di interruzioni è fatto di
acromia, di realtà negata, che ci avvolge di fossili e di ossa che roteano ma comunque di
alloro e di metamorfosi; è quello dei testimoni, di sculture che guardano come soldati dalle
loro nicchie verso quell’altro tempo gentile e lineare, il tempo prima del tempo, più
semplice in fondo, di chi passeggiava nel parco, prima delle tempeste e dei fulmini;
entrambi i tempi definiscono la vita. Correva l’anno 2007, ma ora è 2016 e Dafne fugge,
trasformandosi in rami.”
La visita ad Anafora è compresa in tutti i biglietti d’ingresso della Venaria Reale.
Per informazioni:
www.lavenaria.it
tel.: +39 011 4992333
A cura di Carolyn Christov-Bakargiev
Direttore Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea
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Giuseppe Penone
Attivo dalla fine degli anni Sessanta, inizialmente nell’ambito dell’Arte povera, Penone
focalizza le sue opere sull’incontro tra l’intervento umano e la natura attraverso gesti e
azioni che interagiscono con la materia, nell’ottica di un pensiero ecologico che non
privilegia l’umano sopra la natura. Nelle parole dell’artista, che si riferisce ai primi anni della
sua attività artistica, “La scelta di lavorare con elementi naturali era la conseguenza logica
di un pensiero che escludeva il prodotto della società e che ricercava delle relazioni di
affinità con la materia. La volontà di un rapporto paritario tra la mia persona e le cose è
l’origine del mio lavoro”. La sua arte è profondamente empirica e focalizza i gesti umani
quali toccare, prendere un’impronta, o plasmare nel rispetto profondo dei processi naturali
presenti in natura.
Dal 1969 l’artista ha creato opere nel paesaggio stesso intervenendo sugli alberi vivi o
interferendo con l’energia delle rocce e dei ruscelli, così come ha realizzato una serie di
opere per interni legate a gesti fondamentali come respirare e toccare. La sua pratica
scultorea indaga una relazione empatica con l’ambiente e tutte le forme di vita sul pianeta,
osservando e servendosi dei processi naturali lenti e a volte invisibili come la crescita,
l’erosione, la germinazione, il respiro, in una visione che abbraccia gli eventi della vita
vegetale con gli eventi della vita personale. Se l’albero in bronzo che dal 2007 sostiene una
grande pietra nel Giardino delle Sculture fluide evidenzia il peso dei rami capace di
sospendere la gravità della pietra sollevata da terra, le porzioni di alberi troncati che oggi
costituiscono la base delle nuove opere nelle nicchie o Grotte, evidenziano invece la
violenza dei gesti umani subiti dall’albero e forse, più in generale, dalla natura e dal mondo
attuale.
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Tra le recenti mostre personali dell’artista segnaliamo Giuseppe Penone. Regards croisés,
Musée Cantonal des Beaux-Arts, Lausanne (2015), Giuseppe Penone. Being the River,
Repeating the Forest, Nasher Sculpture Center, Dallas (2015), Giuseppe Penone - Breath Is A
Sculpture, Beirut Art Center (2014), Giuseppe Penone, Musée de Grenoble (2014), Giuseppe
Penone. Prospettiva vegetale, Forte di Belvedere e Giardino di Boboli, Firenze (2014),
Penone Versailles, Château de Versailles (2013), Giuseppe Penone, Kunstmuseum
Winterthur (2013), Giuseppe Penone: Ideas of Stone, Madison Square Park, New York
(2013) e Giuseppe Penone: Spazio di Luce Whitechapel Gallery (2013).
Tra le rassegne collettive ricordiamo quelle al Musée des Arts Contemporains de la
Communauté Française de Belgique au Grand-Hornu (2015), Museum of Contemporary Art
Oslo (2015), Fundação Iberê Camargo, Porto Alegre (2014).
L’artista ha ricevuto numerosi premi tra cui recentemente il Praemium Imperiale
International Arts Award for Sculpture (2014) e ha realizzato una nuova scultura per la sede
della Banca Centrale Europea a Francoforte (2015). Ha partecipato a numerose edizioni
della Biennale di Venezia nonché a documenta 5 nel 1972, documenta 7 nel 1982 e
documenta 13 a Kassel e Kabul nel 2012.
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Le opere
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Indistinti confini – Casuentus
2012, marmo bianco di Carrara, bronzo e ferro
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Negazione
2014, bronzo e filo spinato
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Trattenere 8 anni di crescita (Continuerà a crescere tranne che in quel punto)
2004 – 2012, bronzo
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Struttura del tempo
1992, bronzo
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Albero e gesto
1985 – 1991, bronzo, falce
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Metamorfosi
2015, legno fossile
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Dafne
2014, bronzo
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Il muro castellamontiano nel Parco basso
Il Giardino basso seicentesco e il muro castellamontiano
Realizzato nel 1664, il Giardino basso si poneva a una quota intermedia fra il piano della
Corte d’onore e il livello della peschiera. Il vasto ripiano era ornato da statue e bacini
d’acqua, come documentato nel volume celebrativo pubblicato da Amedeo di
Castellamonte nel 1679 (La Venaria Reale Palazzo di Piacere e di Caccia).
Questo spazio era separato dal livello superiore del complesso dalla presenza di un'opera
muraria che, oltre a svolgere un ruolo funzionale e strutturale, risultava essere, con il suo
disegno modulato dall’alternanza di grotte paraste e nicchie, la quinta scenografica di
questo spazio.
Il restauro delle strutture murarie castellamontiane
Il recupero delle strutture murarie seicentesche di sostegno del Parco alto, realizzate su
progetto di Amedeo di Castellamonte, ha aggiunto un importante tassello nella lettura di
quei frammenti fondamentali per la comprensione della storia e delle trasformazioni dei
Giardini della Reggia di Venaria Reale.
I primi interventi hanno visto l'esecuzione di importanti lavori di scavo per ritrovare le
porzioni delle murature, in parte demolite e sotterrate nel corso dell'Ottocento, a cui
hanno fatto seguito operazioni di messa in sicurezza delle strutture portate in luce.
Al termine di questa prima fase, sono stati avviati i lavori di restauro, ricomponendo le linee
architettoniche principali, lasciando in situ e conservando il «rustico» degli apparati
decorativi ritrovati.
L’obiettivo finale è stato quello di “ridare” una funzione alle parti scoperte, con l’intento di
proporre un ruolo attivo nella lettura del giardino, in quanto nodo chiave nella costruzione
della storia di questo luogo e nella trasformazione del suo contesto.
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I restauri dal 2007 ad oggi
Questi primi interventi conclusi nel 2007, in occasione dell'inaugurazione del complesso,
hanno visto un ulteriore sviluppo negli anni successivi. Nella parte terminale del muro
castellamontiano, nella sede storicamente occupata dallo scalone di collegamento tra i
livelli del giardino, andato completamente perduto, è stata realizzata una struttura a
doppia rampa, una rilettura contemporanea dell'elemento architettonico originale.
Nel 2015 si è completato integralmente il recupero del muro castellamontiano, attraverso
un intervento nella porzione presente sotto la Corte d'onore. Il recupero dei livelli originali
degli accessi alle grotte e la sistemazione dell'area antistante rende ora possibile utilizzare
questi spazi quali luogo espositivo, andando così ad incrementare i punti di interesse per i
visitatori del complesso.
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