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GIUSEPPE ALLAMANO a cura di suor MARIA LUISA CASIRAGHI

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G I U S E P P EA L L A M A NO

a cura di suor MARIA LUISA CASIRAGHI

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INTRODUZIONE

Torino ha voluto dedicare all’Allamano un Corso, quello che collegaalle Tangenziali, agli svincoli e agli imbocchi delle autostrade; lagiunta comunale, forse senza averne l’intenzione ha fatto centro,perché questo Sacerdote, mai uscito da Torino, ha indicato vie e

percorsi, come le varie segnaletiche stradali disseminate su Corso Allamano,per raggiungere Paesi e culture diverse intrecciando la promozione umana,con l’annuncio della Buona Notizia. L’intuizione missionaria del Beato Allamano, non ha sofferto l’usura deltempo, anzi continua a conservare il sapore dell’audacia e della profezia, perquesto il Superiore Generale, padre Stefano Camerlengo e la madre Gene-rale, suor Simona Brambilla, in una lettera inviata ai Missionari e alle Missio-narie della Consolata, in occasione dell’anno (2014), che i due Istituti hannodedicato alla figura del loro Fondatore, invitano a riscoprire la sua ereditàumana e spirituale, la sua fantasia creatrice e il coraggio di osare, per “la-sciarsi affascinare dalla sua santità” spicciola, ma al contempo profonda e ra-dicata nella volontà di Dio.Affinché la persona, la vita, la spiritualità del Beato Allamano non arricchiscae affascini solo i Missionari e le Missionarie della Consolata, ma parli al cuoredella gente, offriamo questa breve biografia maneggevole e alla mano, chestuzzichi nei lettori il desiderio di approfondire la figura di un Sacerdote to-rinese, incardinato nella sua chiesa locale, ma che ha saputo guardare “oltre”e indicare orizzonti sempre più vasti per annunciare il Regno. Un Sacerdote,aperto alle problematiche sociali del suo tempo, ma che con la fondazionedi due Istituti missionari, si è proiettato al di là del suo tempo e ha raggiuntoaltri Paesi, popoli e continenti. Descrivere con parole ed immagini un’esistenza significa racchiudere inuno spazio angusto e limitato il ricco fluire di una vita. Nel nostro caso, poi,narrare in poche pagine, in maniera sintetica e stringata la figura complessa,ricca d’intuizioni e creativa del Beato Giuseppe Allamano, può apparire in-completo e riduttivo, tuttavia, gli elementi portanti della sua vita e del suocarisma missionario ci sono tutti. n

Introduzione

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A CASTELNUOVO…

Giuseppe Allamano: basta fare il suo nome, ricordare il suo paese,Castelnuovo, dove è nato il 21 gennaio 1851, quarto figlio dei co-niugi Allamano per entrare in una storia, in una geografia, in unalogica, perfino in una parentela di santità. Castelnuovo è la patria

di San Giovanni Bosco. A Castelnuovo è nato san Giuseppe Cafasso, zio ma-terno dell’Allamano. Castelnuovo è il paese natale di un mons. Bertagna,noto insegnante di teologia morale al Convitto ecclesiastico di Torino e delcardinal Cagliero. Dunque, non c’è che l'imbarazzo della scelta. Giuseppe Allamano, dalla sua famiglia, contadina, semplice, ma profonda-mente cristiana, attinse lo spirito forte e audace, che lo sosterrà per tutta lavita. Ricevette la sua educazione dalla mamma Maria Anna Cafasso (sorelladi san Giuseppe Cafasso), donna coraggiosa, laboriosa, sapiente e salda

› Castelnuovo don Bosco: paese natale di Giuseppe Allamano.

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nella fede. La morte del marito fu un durocolpo per lei che a distanza di un mese do-veva dare alla luce il figlio Ottavio, mentreil maggiore aveva solo dodici anni e Giu-seppe non aveva ancora compiuto i treanni. Don Bosco, che accolse l’Allamano a To-rino, per gli studi superiori, posò gli occhisu di lui e lo invitò: “Non ti piacerebbe fartisalesiano?”. Il giovane rispose di no. Avevagià maturato la sua vocazione: sacerdotesì, ma nella diocesi e, per sottrarsi al fa-scino di Don Bosco, una domenica, insalu-tato ospite, lasciò Valdocco.A Castelnuovo, quando rivelò il desideriodi entrare in seminario, i fratelli si oppo-sero e gli suggerirono di frequentareprima il liceo nelle scuole pubbliche e poi di decidere il suo futuro! L’Alla-mano accettò la proposta, ma mentre si prepara agli esami di ammissione alliceo, si sentì quasi folgorato da un’ispirazione: “Il Signore mi chiama oggi, michiamerà ancora domani, fra due, o tre anni?”. E decise di entrare subito nelseminario di Torino, dove l’11 ottobre 1866 ricevette l’abito clericale. In seminario trovò un buon Rettore, il Canonico Giuseppe Soldati, forte e ma-gnanimo. Ma, soprattutto, vide l’esempio del grande Arcivescovo, Mons. Ga-staldi, che era solito far vita di comunità con i seminaristi. Quell’ambiente, per-meato dalla generosità e dall’entusiasmo, fu decisivo per la sua formazione. L’Allamano, malgrado la debole salute, studiò con impegno e passione, masoprattutto, si dedicò alla preghiera e ad affinare la vita spirituale. Duranti glianni del seminario scrisse un libretto con i riassunti delle meditazioni, i con-sigli ricevuti e i propositi fatti: un regolamento di vita frutto di un intenso la-vorio interiore. Alla sua formazione sacerdotale contribuirono lo studiodella Sacra Scrittura, specialmente le Lettere di San Paolo, l’amore per l’Eu-caristia, la devozione alla Madonna, la passione per la Chiesa e per le anime.Giuseppe Allamano fu ordinato sacerdote nel 1873, dall’Arcivescovo Mons.Gastaldi; da allora e per tutta la vita, la Messa divenne “il sole” della sua gior-nata, divisa dalla celebrazione in un tempo di preparazione e in un tempo diringraziamento. n

A Castelnuovo…

› Marianna Cafasso, mam-ma di Giuseppe Allamano.

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FORMATORE

Dopo tre anni dall’ordinazione, trascorsi in Seminario come Assi-stente, nel 1876, mons. Gastaldi lo chiamò e gli disse: “Ti ho nomi-nato Direttore spirituale del Seminario di Torino”. “Veramente - re-plicò don Giuseppe - io sognavo di trascorrere alcuni anni come

vice-parroco, poi, lavorare in una piccola parrocchia…“Va bene! Ti do la parrocchia più importante delladiocesi: il Seminario”.“Ma sono troppo giovane…”, obiettò confusoil giovane prete, “con molti seminaristi siamostati compagni e ci diamo del tu…”.

› Cortile interno del Seminario di Torino, al tempo dell’Allamano.

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“Ma ti vogliono bene”.“Allora, Monsignore… mi be-nedica”.A soli 25 anni, Giuseppe Alla-mano assunse il delicato uffi-cio di Direttore spirituale.Quel pretino pallido, dall’ariaun po’ smarrita, che entrò inSeminario, dipinto dagli stessistudenti: “Sottile come unostecco, che sembrava non po-tersi reggere in piedi…”, sceltodall’Arcivescovo nonostante lasua giovane età, lo conosce-vano tutti. Senza dubbio, la scelta dell’ar-civescovo doveva avere sbalor-dito molti. Comunque, l’ammi-razione, lo stupore, il dubbio simescolavano insieme e si fon-devano in un senso di curiosità generale. Tutti attendevano la presenta-zione ufficiale del nuovo Direttore spirituale, ma non avvenne. “Che cosa avrei dovuto dire? - spiegò poi l’Allamano - E a che cosa sarebbevalso perdersi in scuse sulla propria incapacità? I superiori mi avevanomesso, dunque ci pensassero loro”. Così, il nuovo Direttore spirituale comin-ciò a lavorare, in quel delicato ufficio, come non avesse fatto altro nellavita… Ovviamente, avvertiva la pesante responsabilità. Confidandosi conun Confratello, confessava di aver tremato più volte al pensiero che “l’avve-nire della Diocesi dipende dal seminario da me diretto”. E lo scongiurava dipregare, perché non avesse a rimanere sul candelabro, dove il Signore l’a-veva posto “a fare fumo”, ma piuttosto, ad illuminare. Certo, le presentazioni ufficiali sarebbero state superflue, don Giuseppe Al-lamano aveva l’abitudine di presentarsi da solo, con i fatti, non con le parole.Le credenziali se le sarebbe acquistate, pazientemente, a poco a poco, nellosvolgimento della sua attività. Lui preferiva spiegarsi con le azioni, non conle cerimonie. Gli altri avrebbero capito chi era vedendolo all’opera. n

Formatore

› Il giovane Giuseppe Allamano, diret-tore del Seminario.

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LA CONSOLATA

Il Santuario della Consolata, fin dal secolo XI è stato per Torino e per ilPiemonte un vivo centro di pietà mariana e punto di riferimento per lapopolazione, nei loro avvenimenti lieti e tristi, ma ai tempi dell’Alla-mano, il Santuario era in forte decadenza sia come fabbricato, che come

centro di spiritualità. Per ridargli vita, l’Arcivescovo l’aveva offerto a due sa-cerdoti assai noti nella diocesi, ma entrambi avevano rifiutato l’Ufficio diRettore. Non restava che l’Allamano, con la sua tenacia e la sua fede. Nel 1880, l’Arcivescovo Gastaldi lo chiamò e gli disse: “Ti ho nominato Ret-tore del Santuario della Consolata”. “Monsignore, sono troppo giovane!”, replicò l’Allamano.

› L’effigie della Vergine e il Santuario della Consolata, Torino, Italia.

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“Se è solo per questo - incalzòl’Arcivescovo - la giovinezza èuna malattia che si guariscecon l'età”. E don Giuseppe, ancora unavolta ripeté: “Ebbene, Monsi-gnore, mi benedica!”. Rimarrà al Santuario per 46anni. Con il consenso dell’Arci-vescovo, scelse come collabo-ratore il Teologo can. GiacomoCamisassa, sacerdote fervo-roso, disponibile e con ungrande senso pratico, strin-gendo con lui un’amiciziasalda e fraterna, che durerà neltempo e nelle prove, sino allamorte.All’Allamano fu affidato il re-stauro globale del Santuario.Nei restauri materiali dell’edifi-cio impegnò, in primo luogo, ilproprio denaro e poi quello deibenefattori. Con il rapido svi-luppo della città, anche il Santuario divenne angusto. I piani del Rettore peringrandirlo furono oggetto di critica: ma egli non si scoraggiò, trattandosidell’onore della Madonna: per Lei, non si doveva fare economia. Il Santuario, così come appare oggi, ricco di marmi, di ori, decorato di pre-ziosi dipinti, è opera dell’Allamano. Come per lo splendore estetico del Santuario, il Rettore, con fermezza etatto, lavorò intensamente per la ripresa del fervore spirituale. Ministro diCristo e “tesoriere “ della Consolata, come amava chiamarsi, contribuì a tra-sformare il Santuario nella casa della grazia di Dio. Le cronache dell’epoca ri-feriscono di grandi folle che accorrevano alla Consolata per prendere partealle iniziative devozionali che venivano celebrate e, in particolare, per ascol-tare l’approfondimento della Parola di Dio e per accostarsi al sacramentodella riconciliazione. n

La Consolata

› Interno del santuario. In fondo l’altaremaggiore con l’effigie della Consolata.

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IL CONVITTO

All’Allamano toccò un’altra impresa: il “restauro” spirituale e cultu-rale dei giovani Sacerdoti. Fin dal 1817, a Torino, esisteva il Con-vitto Ecclesiastico, per la preparazione dei giovani sacerdoti al mi-nistero. Dopo l’ordinazione, infatti, questi si dedicavano per un

biennio allo studio ed all’esercitazione della pastorale, della catechesi edella liturgia, mentre prendevano i primi contatti con il ministero. Il Convittoaveva avuto il suo vertice di sviluppo e di prestigio, per opera di San Giu-seppe Cafasso, presso la Chiesa di San Francesco d’Assisi. Nel 1871, ricuperato il Convento, già dei Cistercensi, attiguo al Santuariodella Consolata, Mons. Gastaldi vi aveva trasferito il Convitto, ma per diver-genze di idee, circa l’insegnamento, l’Arcivescovo chiuse il Convitto pressola Consolata, trasferendolo nel Seminario, alle sue dirette dipendenze. L’Al-lamano ne soffriva e, vivendo alla Consolata, pensò di farsi intermediario perriportarvi il Convitto.

› Ufficio dell’Allamano al Convitto della Consolata.

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Nel 1882 fece la proposta all’Arcivescovo, che gli disse: “Tu vuoi ristabilire ilConvitto alla Consolata? Va bene, ma sarai tu responsabile delle conferenzedi Teologia Morale”.L’Allamano era imbarazzato, ma Mons. Gastaldi, inflessibile: “O così, o niente”. Il Canonico accettò, ma non senza chiarire, immediatamente, senza troppecautele diplomatiche un particolare piuttosto delicato: “Monsignore, as-sumo la scuola, ma non adotterò i suoi trattati come libri di testo!” “Non importa - replicò monsignor Gastaldi - fa come credi… Di te mi fido!” E il Convitto tornò alla Consolata. L’Allamano curò soprattutto la serietà dell’insegnamento scegliendo do-centi qualificati per cultura, esperienza pastorale e formazione sacerdotale. Alle tradizionali materie di studio: Sacra Scrittura, Morale, Liturgia, Ascetica,Catechetica, Eloquenza, aggiunse anticipando i tempi anche lezioni di so-ciologia e, nel 1920, un corso di Azione Cattolica.Si preoccupò di preparare “sacerdoti santi”, “veri ministri del Vangelo”, “uo-mini di Dio” consapevoli della loro missione.Nel Convitto, come già nel Seminario, li guidò in primo luogo con l’esempio,continuando poi i buoni rapporti con loro, anche quando erano sparsi nellevarie parrocchie della Diocesi ed impegnati direttamente nel lavoro pasto-rale. Il Rettore era diventato loro amico e consigliere. n

Il Convitto

› Camera da letto dell’Allamano al Convitto della Consolata.

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ATTENTO ALLA SOCIETÀ

L’Allamano non si accontentò di aver reso il Santuario della Consolataun centro per il rinnovamento della vita cristiana, ma dal Santuariopartirono anche numerose iniziative di promo- zione sociale. Innan-zitutto, aprì alla gente comune l’antica “Compagnia della SS. Conso-

lata”, fino ad allora composta solo da persone appartenenti all’aristocrazia e, inpochi anni, i membri iscritti alla Compagnia superarono i cinquantamila. Seguì con interesse i movimenti laici che andavano aumentando in seno allaChiesa: siamo all’epoca della celebre Enciclica Rerum Novarum, di Leone XIII. Si interessò del mondo del lavoro: delle operaie dei Tabacchi del Regio, delletessitrici della fabbrica Brass e di quelle del cotonificio Poma. Delle frutti-vendole di Porta Palazzo, delle erbivendole di Borgo Dora, dei tranvieri e

› L’Allamano e il Camisassa con una famiglia probabilmente alla cascina“La Morra”, nel comune di Moncucco (TO).

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delle “sartine”. Di queste ultime l’Allamano s’interessò, in maniera diretta,quasi fino al termine della sua vita. Quella delle “sartine” era una categoria particolarmente sfruttata: guada-gnava poco, faceva orari logoranti e lavorava in condizioni ambientali pes-sime. Nel 1899, l’Allamano sostenne e aiutò le “sartine” ad unirsi e ad iniziareil “Laboratorio della Consolata”, che per loro, segnò un miglioramento pro-fessionale e un rapido sviluppo.Il Rettore del Santuario e i sacerdoti del Santuario si mantenevano in con-tatto con numerose persone, attraverso un apostolato capillare di promo-zione non solo cristiana, ma anche sociale. Gli studiosi non esitano a classificare l’Allamano come un “benemerito”, anzi,un “pioniere del giornalismo”. Egli non fu uno scrittore: non ne aveva né iltempo né l’inclinazione. Ma appoggiò i giornali cattolici, spesso in manieradeterminante e favorì in ogni modo l’editoria cattolica, come mezzo per laformazione dell’opinione pubblica cristiana. Fu presidente del comitato per la fondazione del nuovo giornale “L’ItaliaReale” e, nel 1883, il suo intervento fu decisivo per mantenere in vita la “Vocedell’Operaio” (nel 1933 divenne “La Voce del Popolo”). Il giornale doveva fareda collegamento delle varie Unioni Operaie Cattoliche, ed essere non solo ri-volto agli operai, ma anche redatto da un operaio; un giornale, che avrebbedato voce, con un taglio cristiano, al mondo del lavoro e alle giuste rivendica-zioni dei diritti dei lavoratori. L’Allamano sostenne il settimanale il “Risveglio Cattolico” di Mondovì nelsuo difficile inizio. Appoggiò l’iniziativa di Padre Paul Bailly, di iniziare, a Parigi, la pubblicazionedi quello che diventerà il famoso quotidiano cattolico francese “La Croix”.Altro merito dell’Allamano fu quello di aver sostenuto e incoraggiato il Fon-datore della Pia Società San Paolo per la Buona Stampa, Don Alberione, adavviare la sua opera.In un momento storico, nel quale pochi compresero l’importanza dellastampa cattolica, l’Allamano, nel 1899, fondò il Bollettino “La Consolata”; ilfine era di rafforzare la devozione alla Consolata e, al contempo, mentre ini-ziavano i restauri del Santuario, di suscitare una cerchia di persone che so-stenessero la sua opera. Con la nascita dell’Istituto dei Missionari della Consolata nel 1901, la rivista am-pliò gli orizzonti e il suo timbro missionario le consentì di aumentare l’interessedei lettori tanto che, nel 1904, si potevano contare 19.000 abbonati. n

Attento alla società

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CON LA MISSIONENEL CUORE

Lo zio dell’Allamano, San Giuseppe Cafasso, aveva ereditato dal suomaestro, don Luigi Guala, l’amore alle Missioni, e non tralasciava oc-casione di diffonderlo nel Convitto, con la lettura degli “Annali” dellaPropagazione della Fede, i volumi di “Storia delle Missioni” del ba-

rone Henrion; inoltre, l’argomento missionario tornava spesso nelle sueconversazioni.Ai tempi dell’Allamano, il Piemonte era caratterizzato da un forte risvegliomissionario, che cominciò con “L'Amicizia cristiana”, movimento fondato dal

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› Il card. G. Massaia (1809-1889), Vicario Apostolico dei Galla, in Etiopia.

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gesuita svizzero Nicolò Diessbach per l’apostolato cattolico, che raggrup-pava sacerdoti e laici. L’opera di evangelizzazione del Cappuccino Mons. Massaia, dal 1846 al1879, in Etiopia, aveva avuto vasta risonanza nella regione piemontese. Nel 1876, don Giovanni Bosco inviò in America Latina il primo drappello dimissionari Salesiani guidati dal futuro Cardinale Giovanni Cagliero, egli puredi Castelnuovo e grande amico dell’Allamano. Anche a Mondovì, il Vescovo, Mons. Ghilardi, aveva fondato le “Scuole Apo-stoliche per la preparazione di missionari”.Nasceva e si creava, così, quel clima che doveva fare dell’Allamano un ar-dente missionario. Già quando era seminarista, l’Allamano aveva presen-tato domanda per entrare nel Collegio delle MissioniBrignole Sale, di Genova. Ma le precarie condizionidi salute glielo impedirono. Inoltre, il cammino chela Provvidenza gli aveva riservato era diverso: do-veva restare a Torino e preparare missionari fon-dando un suo Istituto missionario. Questo progettoandava facendosi sempre più chiaro. n

Con la Missione nel cuore

› L’Allamano seminarista, questa è la prima fotografia che si possiede di lui.

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I MISSIONARIDELLA CONSOLATA

L’Allamano, mentre dirigeva il Convitto, incontrava sacerdoti inte-ressati alle Missioni. Per rispondere a questa esigenza ideò unaforma geniale di impegno missionario. Un servizio com-piuto dasacerdoti diocesani della provincia ecclesiastica di Torino e Ver-

celli, in collaborazione con una circoscrizione missionaria. Sacerdoti accura-tamente selezionati, dopo la debita preparazione, avrebbero dovuto partireimpegnandosi pastoralmente per un quinquennio. Restavano incardinatialle diocesi di origine, nelle quali potevano tornare dopo cinque anni, op-pure un periodo più lungo. L’Allamano aveva anticipato il documento Fideidonum col quale Pio XII, ed in seguito il Concilio Vaticano II, avrebbe aperto

› L’Allamano con i primi quattro missionari partenti, l’8 maggio 1902.

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alle Chiese locali la possibilità di una collaborazione corresponsabile in unadiocesi di missione. Il Rettore, però, sentiti vari pareri e consigli, decise di fondare una vera epropria Congregazione Religiosa, con un regola di vita che comprendesseanche la professione religiosa e i voti. Sottopose il progetto al nuovo Arci-vescovo di Torino, il Cardinale Agostino Richelmy, suo compagno di Semi-nario, che lo incoraggiò a realizzarlo, ma il Canonico non si sentiva prontoper fare questo passo. Un segno dal cielo gli diede l’ultima spinta. Il 18 gen-naio 1900, l’Allamano, chiamato ad assistere degli ammalati gravi, con-trasse una polmonite doppia, che lo ridusse in fin di vita. L’Arcivescovo sirecò a visitarlo. “Ebbene, don Giuseppe - gli disse amorevolmente - che facciamo?”. “Andiamo in Paradiso, Eminenza!”. Rispose l’Allamano. “Ma, e la fondazione dell’Istituto?…”, ribattè il Presule. “Ci penserà un altro!” esclamò il Rettore. “No, no! Tu non morirai. Si deve fondare l’Istituto, e devi fondarlo tu”. L’Allamano, così incoraggiato dall’Arcivescovo, fece una solenne promessa:se fosse guarito, avrebbe realizzato il progetto di fondare un istituto missio-nario. In pochi giorni, con un decorso inspiegabile dai medici, l’Allamano fudichiarato fuori pericolo, e il 24 aprile successivo, egli in-viò una lettera all’Arcivescovo di Torino esponendoglitutti i motivi che lo inducevano a fondare una nuovafamiglia missionaria e chiese di dargli un’ultimaconferma prima d’iniziare il progetto. Con decisione l’Arcivescovo rispose: “Questa operadevi iniziarla, perché Dio lo vuole”. Di fronte alla chiara manifestazione della vo-lontà di Dio, l’Allamano replicò: “Ebbene, Eminenza: sulla tua parola getteròle reti ”.Nel settembre del 1900, da PropagandaFide arrivò il via per la fondazione, ma se-condo la sua abituale riservatezza, solodopo due mesi, l’Allamano fece pubblicaresul periodico “La Consolata” un semplice an-nuncio con il quale comunicava alla popola-zione torinese l’avvenuta fondazione. n

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I Missionari della Consolata

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MISSIONARIE VOLUTEDAL… PAPA

Nel 1909 la Piccola Casa della Divina Provvidenza, che da alcunianni inviava Suore in Kenya, per collaborare con i Missionari dellaConsolata nell’opera di evangelizzazione, non fu più in grado diinviare altre Religiose in missione.

L’Allamano ricevuto, nello stesso anno, in udienza da Pio X, espose al Papa ilbisogno di personale, anche femminile.“Bisogna - gli rispose il Papa -, che voi stesso diate inizio ad un Istituto diSuore Missionarie, come avete fondato quello dei Missionari. Così, avrete un

› Le prime novizie Missionarie della Consolata.

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maggior numero di personale a vostradisposizione e, intanto, l’uniformità dispirito potrà contribuire ad ottenererisultati anche maggiori”. Gli replicò l’Allamano: “Santità, vi sonogià tante Famiglie religiose femminili!”. “Sì - soggiunse il Papa - ma non esclu-sivamente per le Missioni”. “Ma io, Beatissimo Padre, non sento lavocazione di fondare delle Suore!”. Con determinazione Pio X rispose: “Senon l’avete, ve la do io”. Il Canonico Allamano, con la consuetafede, vide nel desiderio del Papa l’e-spressione chiara della volontà di Dioe con animo risoluto si accinse ad af-frontare la nuova fatica: nel gennaio1910, l’Allamano fondò l’Istituto delleSuore Missionarie della Consolata. Anche di questa fondazione, i Torinesi vennero a conoscenza, grazie a breviannunci di animazione vocazionale pubblicati, ripetutamente, sul bollettinodel Santuario. n

Missionarie volute dal… Papa

› Primo documento pontificio ri-guardante le Missionarie dellaConsolata.

› La “Consolatina” prima Casa Madre dei Missionari e poi delle Missionariedella Consolata.

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“PADRE” FEDELE

L’Allamano seguì e raggiunse i suoi Missionari e le sue Missionarieattraverso contatti personali, lettere, incontri formativi…, perchéera convinto che alla missione si doveva dare il meglio, per que-sto, insisteva più sulla qualità che sul numero. Voleva Missionari e

Missionarie preparati, “Santi in modo superlativo”, pronti a dare la vita per lamissione. Il suo motto era: “Prima santi, poi missionari”, intendendo quel“prima” come valore fondamentale assoluto.L’Allamano morì il 16 febbraio 1926, presso il santuario della Consolata. La sua salma riposa nella chiesa della Casa Madre dei Missionari della Conso-lata, in Corso Ferrucci, a Torino. Accanto alle sue spoglie riposano anche quelledel Camisassa, suo fedele collaboratore e Confondatore dei due Istituti. L’Allamano fu beatificato il 7 ottobre 1990 da Giovanni Paolo II. n

› Una spontanea e simpatica posa dell’Allamano anziano, seduto probabil-mente nel giardino della villa di Rivoli, in un momento di distensione.

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QUATTRO PILASTRI

Icardini, su cui poggiarono la vita e le opere del Beato Allamano, sonopochi, ma essenziali; restando fedeli ad essi, ancor oggi, i Missionari ele Missionarie della Consolata portano al mondo la buona notizia delRegno.

1. ricerca della santità

L’Allamano intraprese il cammino di perfezione, con una volontà ferma eforte, ponendo la sua speranza nel “Dio solo”, che lo chiamava alla santità,unico ideale di tutta la sua vita.

› Cappella dove riposano le spoglie del Beato Allamano.

“Padre” fedele/Quattro pilastri

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Ai Missionari e alle Missionarie ripetevasovente, come un ritornello: “Sbaglie-rebbe chi dicesse: sono venuto perfarmi missionario/missionaria e basta!No, non basta affatto. Prima di tutto seiqui per farti santo/santa”. Ai suoi figli efiglie, come ogni padre, che desidera ilmassimo per loro, chiedeva il primatodella santità, unica garanzia per un’au-tentica evangelizzazione.

2. amoreall’eucarestia

Al centro della vita del Fondatore, c’eral’Eucarestia: la S. Messa, ma forse, piùancora, la Presenza reale, che gli per-metteva di essere in continua comu-nione con Gesù. Gesù nel Tabernacolo doveva essere ilcentro a cui far convergere tutti i cuori dell’Istituto e da cui attingere la forzaper sostenere l’evangelizzazione. “Gesù Sacramentato - ripeteva - dev’es-sere il centro attorno al quale continuamente ci aggiriamo, al quale, cometanti raggi, noi tendiamo; il centro da cui partono tutte le grazie per la Casae per l’Istituto, e a cui debbono rivolgersi i nostri pensieri ed affetti”.

3. devozione a maria consolata

L’Allamano nutriva una pietà filiale, tenera e viva, per la Madonna. Egli tuttosperava da Lei e, come Rettore del Santuario, sentiva di avere una missioneben precisa: diffondere e sviluppare la devozione verso la Consolata, checonsiderava “Fondatrice” dell’Istituto. Afferma l’Allamano: “La Consolata ideò il nostro Istituto, lo sostenne in tuttiquesti anni materialmente e spiritualmente… ed è sempre pronta a tutti inostri bisogni… Non c’è dubbio che tutto quello che si è fatto qui è opera

••• GIUSEPPE ALLAMANO

› Calice appartenuto a S. Giu-seppe Cafasso e lasciato in ere-dità all’Allamano.

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della Consolata”. E, ancora: “Ella hafatto per questo Istituto miracoliquotidiani; ha fatto parlare le pietre;ha fatto piovere denari… Se voi ste-ste attenti, vedreste e comprendere-ste che… lo stesso desiderio di farvibuoni, tutto, tutto è grazia della SS.Consolata”.

4. la missione

Lo sollecitudine per la salvezza del-l’umanità scaturisce dall’amore diDio. “Ci vuole fuoco - diceva l’Alla-mano - per essere apostoli”. Ma è ne-cessaria anche la capacità di chinarsisulle persone in difficoltà e, comeGesù, farsi servo di tutti, con una ca-rità senza confini.L’Allamano non trascorse nem-meno un giorno in Africa, nono-stante ciò, traccia un metodo di la-voro per i suoi figli e figlie, che anti-cipa i tempi. Infatti, alcune intuizioni dell’Allamano si ritrovano scorrendo icapitoli del Decreto Ad Gentes sull’attività missionaria, promulgato dal Con-cilio Vaticano II: stima e rispetto degli usi, costumi e tradizioni locali; apprez-zamento dei valori dei popoli, come vie per trasmettere il messaggio evan-gelico; studio delle lingue locali, per meglio dialogare con la gente; favoriree sostenere la nascita e lo sviluppo delle Chiese locali, formando catechisti,leader, famiglie cristiane…Annuncio del Vangelo e promozione umana, binomio importante per la cre-scita integrale delle persone. I Missionari e le Missionarie della Consolatahanno constatato i successi di questa combinazione e, al contempo, com-preso il senso delle parole di un “Padre”, che sapeva guardare oltre il Santua-rio della Consolata, dove visse per 46 anni: “…ameranno una religione cheoltre le promesse dell’altra vita, li rende più felici su questa terra”. n

Quattro pilastri

› La gloria della Consolata, in stilebarocco, progettata dall’archi-tetto F. Juvara nel XVIII secolo,come si ammira ancora oggi nelcelebre santuario di Torino.

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ABBIAMO BISOGNO DI LUI…

Nel commemorare la figura del Beato Allamano, nel 48° anniversa-rio della morte, il 16 febbraio 1974, don Alessandro Pronzato cosìconcludeva: “La vita del canonico Allamano è intessuta da unosconcertante paradosso: uomo fedele ai propri sogni, ostinato

nel realizzarli a tutti i costi, eppure sempre pronto ad un’obbedienza che glicomanda… qualcos’altro. Tutta la sua esistenza è intrecciata da singolari ‘in-cidenti’ che sembrano bocciare i suoi progetti, dirottarlo su strade diverseda quella che intende seguire. Salvo poi ‘recuperare’, per vie impreviste e at-traverso deviazioni non programmate, il progetto e il sogno originale”. Non si può leggere, senza commozione, l’episodio delle chiavi. Erano giàpartiti i primi missionari. E il “Padre” pensava all’ulteriore sviluppo dell’Isti-tuto. Sembrava che le difficoltà più grosse fossero ormai superate e fossescoccata l’ora del raccolto. Gli scettici, però, continuavano ad avanzare buieprevisioni per il futuro e ad accusare l’Allamano addirittura di presunzione etemerarietà. A dar loro ragione si verificò un fatto, che ha dell’incredibile:l’abbandono del cammino intrapreso nell’Istituto, contemporaneamente,da parte di tutti coloro che erano rimasti per terminare la formazione. Era uncolpo che avrebbe stroncato chiunque. I commenti, poi, si sprecavano: “Lodicevo io…”“Avete visto?” “Era inevitabile”. “Doveva finire così”.

› Particolare del viso del Beato Giuseppe Allamano.

••• GIUSEPPE ALLAMANO

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Da parte sua, il “Padre” si limitò a chiudere la Casa Madre rimasta deserta. Simise le chiavi in tasca e se ne tornò alla Consolata. S’inginocchiò davanti al-l’immagine della Vergine e pregò così: “L’Opera è tua, pensaci Tu”. I frutti diquel dolore non tardarono… Il canonico Allamano era convinto che ogni opera, se vuol essere solida eduratura, deve subire questo impegnativo collaudo. La croce è una realtàche cambia, capovolge tutti i calcoli umani: il fallimento diventa successo, ladebolezza si traduce in forza e il buio si trasforma in luce.L’Allamano si può definire un uomo e un sacerdote “creativo”, non solo per-ché fondò l’Istituto dei Missionari e quello delle Missionarie della Consolata,ma anche perché trascorreva parecchio tempo in confessionale e, proprioattraverso questo ministero, ebbe la capacità di scoprire, di “ricreare” per-sone diverse. Era capace di vedere al di là dei difetti, dei peccati, delle mise-rie, l’essere vero, autentico, che sonnecchia in ciascuno e… risvegliarlo! Per questo, anche oggi, abbiamo bisogno dell’Allamano, perché ci dica ciòche possiamo essere! Ancor oggi, abbiamo bisogno che il Beato Allamano cisolleciti a non accontentarci di ciò che siamo, ma ci spinga ad andare oltre eci aiuti a credere di più, sperare di più, amare di più”. n

Abbiamo bisogno di Lui…

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Nostre presenze nel mondo

NOSTRE PRESENZE NEL MONDO

le missionarie della consolata

• Europa: Italia, Portogallo, Spagna;• Africa: Djibouti, Etiopia, Guinea Bissau, Kenya, Liberia, Mozambico, Tanzania;• America: Amazzonia, Argentina, Bolivia, Brasile, Colombia, Stati Uniti,Venezuela;

• Asia: Mongolia.

i missionari della consolata

• Europa: Italia, Gran Bretagna, Polonia, Portogallo, Spagna;• Africa: Costa d’Avorio, Etiopia, Kenya, Mozambico, Rep. Dem. del Congo,Sud Africa, Uganda, Tanzania;

• America: Argentina, Brasile, Colombia, Ecuador, Messico, Stati Uniti,Canada, Venezuela;

• Asia: Corea del Sud, Mongolia.

indirizzi

• Missionarie della Consolata Casa Madre: via Coazze, 1 - 10138 TorinoTel. 011/447.70.33

• Casa Generalizia: via Umiltà, 745 - 01036 Nepi VTTel. 0761/52.72. 53

• Sito: www.consolazione.org

• Missionari della Consolata Casa Madre: Corso Ferrucci, 14 - 10138 TorinoTel.011/440.0400

• Casa Generalizia: Viale delle Mura Aurelie, 11-13 - 00165 RomaTel. 06/393.821

• Sito: www.consolata.org

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Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

A Castelnuovo… . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

Formatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6

La Consolata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

Il Convitto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10

Attento alla società . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

Con la Missione nel cuore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

I missionari della Consolata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16

Missionarie volute dal… Papa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

“Padre” fedele . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

Quattro pilastri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

Abbiamo bisogno di lui… . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24

Nostre presenze nel mondo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27

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