Giugno 2010

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Mensile di informazione, politica e cultura dell’Associazione Luciana Fittaioli - Anno II, n. 6 - Foligno, giugno 2010 San Giovanni di Spello, la cui configurazione urbanistica evoca l’origine dell’incasella- mento di epoca alto medioe- vale con edifici a schiera serra- ti a corte, ha una collocazione ad una quota di 636 s.l.m. ai confini del parco del Monte Subasio. E’ un piccolo borgo, quasi invi- sibile al mondo, arroccato e compatto nel suo silenzio che sa di mistero tanto che chiun- que ci arrivi, anche di passag- gio, finisce per fermarsi. E’ un luogo di pace, tradizione e amicizia, un “paradiso di pie- tra rosa”, simbolo e crocevia di un turismo paesaggistico, am- bientale e spirituale al quale mostra quel caratteristico colo- re rosa delle pietre del Subasio, quel monte che protegge o che è protetto da San Giovanni ren- dendolo ancora più unico. E’ un borgo che dopo i gravi danni subiti dal terremoto del 1997, l’anno scorso è tornato a nuova vita in seguito ad una grande opera di recupero ar- chitettonico che ha consentito la riapertura del paese e della Chiesa dedicata a San Giovan- ni Battista. Il programma integrato di re- cupero “San Giovanni” è stato finanziato con Deliberazione di Giunta Regionale n°2030 del 2003 che ha riconosciuto alla frazione di San Giovanni particolare valenza dal punto di vista storico, ambientale e architettonico in quanto ubi- cata in prossimità di parchi naturali e ricompresa in pro- getti turistico-recettivi attuati da enti istituzionali presenti nel territorio con utilizzo di ri- sorse regionali, nazionali e dell’Unione Europea. Ma la motivazione più forte e importante che ha permesso la ristrutturazione di questo “paradiso di pietra rosa”, è stata la decisa volontà dei pro- prietari delle abitazioni di re- cuperare le residenze lasciate in eredità dai loro padri, per- ché fare memoria significa an- dare alla ricerca delle proprie radici oltre che dare dignità a un passato che segna il nostro futuro. Gli interventi hanno visto il recupero degli edifici nel ri- spetto dei contenuti formali originari e delle regole inse- diative preesistenti, oltre che degli equilibri e dei rapporti funzionali storicamente con- solidatesi. San Giovanni conserva quindi tutte le caratteristiche di un vero castello medioevale e, proprio in quel periodo stori- co, fu varie volte teatro di con- tese per la sua vicinanza con il Comune di Assisi. La prima devastazione avven- ne a causa della Rocca Paida, luogo ambìto sia dal comune di Spello che da quello di Assi- si. Era il 24 novembre 1227, quando il conte Egidio Becca- rio di Spello, vendette la rocca agli Assisiati; ne nacque una lunga vertenza che fu chiusa solo nel 1295, quando il Car- dinale di Santa Maria in Tra- stevere, rettore del Ducato di Spoleto, sentenziò a favore di Assisi e ordinò la riparazione del Castello ad un impresario di Perugia. Nel 1376 il Castello di San Gio- vanni subì una seconda deva- stazione: il motivo si ignora, ma quasi sicuramente è da at- tribuirsi sempre alla Rocca Paida che in quell’anno tornò di proprietà del comune di Spello. E poiché non esistevano le mu- ra castellane, il Comune fece costruire una torre di vedetta ed esentò dalle tasse, per dieci anni, quei cittadini che. a pro- prie spese avessero riparato le loro case. Rocca Paida si trova vicino a San Giovanni ed è costruita sopra una roccia in località detta ap- punto “Macchia Paida”. Il nome Paida,dal greco Pai- deia (fanciulla) fa pensare che la rocca sia stata fatta costrui- re da qualche famiglia prove- niente dal Sud Italia, ma di ori- gini greche, che si era insedia- ta in zona per sfuggire alle in- vasioni da parte dell’impero romano. Di questa rocca ora sono visibili soltanto le fonda- menta. I Signori di questa Rocca, che nei secoli XII e XIII dominava- no tutta la zona, erano molto amici di San Francesco che spesso saliva alla Rocca re- standovi come ospite. Duran- te una sua visita a San Giovan- ni, nel 1213, si narra che diede la vista a una ragazza, sorella del guardiano del castello, cie- ca dalla nascita. Come ringra- ziamento la giovane si fece suora nel monastero di Valle- gloria. Religiosamente i fedeli di San Giovanni erano assistiti dai monaci camaldolesi di San Sil- vestro i quali nel sec XI vi edi- ficarono una chiesetta dedi- candola a San Giovanni evan- gelista e apostolo dal quale anche il paese prese il nome. Precedentemente si chiamava Villa di Margiano, sotto la si- gnoria degli Offreducci Targa- rini Olorini. Nel 1610, il vesco- vo di Spoleto, durante una vi- sita pastorale, eresse San Gio- vanni parrocchia autonoma, dietro richiesta dei fedeli e per la lontananza da Collepino. La festa principale del paese era quella di San Giovanni Evangelista ma, ricorrendo il 27 dicembre periodo poco fa- vorevole per lemanifestazione popolare, un parroco dei primi del ‘900 la sostituì con quella di San Giovanni Battista che ri- corre il 24 giugno. Nel circondario di questo pae- sino, presso la confluenza dei torrenti Ranno e Anna, è anco- ra in funzione un vecchio mu- lino costruito negli ultimi anni dello Stato Pontificio; gli attua- li proprietari fanno ancora pa- ne cotto nel forno a legna. Il borgo di San Giovanni, da molti anni, vede al suo interno anche la presenza di due co- munità parrocchiali Resana (TV) e Camposanpietro (PD) che agli inizi degli anni ’80 hanno acquistato degli immo- bili per poter offrire a gruppi di persone, sia giovani che adulte, la possibilità di vivere esperienze di fraterna condi- visione in un ambiente di pu- ra semplicità in cui il silenzio riesce a esprimere la sua profonda dimensione. L’acquisto, da parte di queste due parrocchie venete, è stato il frutto di una serie di espe- rienze che molti giovani aveva- no fatto negli anni precedenti nei vari eremi del Subasio sot- to la guida spirituale di Fratel Carlo Carretto che amava chia- mare queste zone “le colline della speranza”. In particolare la comunità di Camposampiero, proprietaria di due immobili: “eremo della speranza” ed “eremo della pa- ce”, dopo un rapido restauro ha potuto garantire ai suoi parrocchiani un importante punto di riferimento e forma- zione. La continua e costante presenza ha favorito il conso- lidamento di rapporti di ami- cizia con gli abitanti del borgo creando sempre più numero- se occasioni di condivisione e scambi culturali e turistici che si sono ampliati tanto da coin- volgere anche i Comuni di Spello e Camposampiero con la sottoscrizione del Patto d’Amicizia, ufficializzato il 2 dicembre 2007 alla presenza dei due sindaci Sandro Vitali e Marcello Volpato. Il Patto sottoscritto costituisce uno strumento di azione in- terculturale fra regioni diver- se, favorendo lo sviluppo dei rapporti di amicizia, di colla- borazione e di scambi di pro- getti al fine di promuovere e incentivare l’attivazione di forme culturali e socio-econo- miche tra le comunità locali per una maggiore integrazio- ne a livello nazionale. Il borgo di San Giovanni L’evasione e l’ambulanza Socialismo o barbarie ECONOMY 4 pagine di inserto MORENO LANDRINI La “porta” del Subasio: dal recupero della storia e della memoria ai nuovi “patti di amicizia” all’interno Fondazioni bancarie a pagina 2 Il notaio: società, mercato, regole a pagina 3 Come uccidere la scuola pubblica a pagina 5 Pomiglano: il NO della FIOM a pagina 7 La tessera del tifoso a pagina 8 Società e Obesità a pagina 9 Festival Canti e Discanti a pagina 11 D a lungo tempo, si po- trebbe dire da sempre, sentiamo dire (e alla fi- ne tutti facciamo il coro) che un male endemico, qua- si epidemico, dell’Italia è l’e- vasione fiscale (una volta si diceva anche il lavoro “som- merso”, ma questo “indice” economico è da un po’ di tempo scomparso dal lessi- co politico-economico, chis- sà perché). In Italia si pagano tasse (im- poste!) esageratamente ele- vate che penalizzano lo svi- luppo economico e la ge- stione della “macchina” pubblica, colpa dell’evasio- ne che se fosse efficace- mente combattuta porte- rebbe nelle casse dello Sta- to più risorse. Più risorse, certo, ma da de- stinare come e a cosa? Non all’aumento dei servizi pubblici in senso lato, non alla sanità, non alla scuola (pubblica), non alla ricerca (pubblica), non alle pensio- ni o allo stato sociale in ge- nere, voci tutte da “tagliare” drasticamente per abbatte- re il così detto “disavanzo pubblico”. E allora a cosa? Ad abbatte- re il carico fiscale alle im- prese, a finanziare le impre- se, a finanziare e sostenere l’economia privata. Ma in cosa si sostanzia in verità l’evasione fiscale? Esattamente nella stessa co- sa, denaro delle imprese (grandi, medie e piccole, an- che piccolissime artigianali e commerciali) che, evaden- do le imposte, di fatto, al- meno in parte, reinvestono il “prodotto” dell’evasione nel sostegno alle proprie at- tività. Vero questo, cosa c’entra la lotta all’evasione fiscale con lo sviluppo economico? Nulla! La lotta all’evasione fiscale assolve a un principio etico, di equità e onestà e, sostan- zialmente, è diretta a soste- nere i fabbisogni della “macchina” pubblica (è al- meno dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino della rivoluzione francese del 1700 che il concetto di imposte è lega- to alla sostegno della spesa pubblica). Un problema etico, dunque, e non economico. Perché confondere i due ter- mini, perché imputare alla immoralità fiscale (sia chia- ro: un crimine gravissimo) ciò che invece è legato a un altro fenomeno? Perché imputare alla catti- va morale di tutti i cittadi- ni quello che invece è il prodotto di una, a voler giudicare bene, incapacità di una classe imprendito- riale cialtrona e contoterzi- sta, a volerla giudicare “meglio”, a una distrazione a fini personali da parte dei signori di quella classe de- gli utili prodotti dalle pro- prie imprese industriali e commerciali? Serve a confondere le idee, a depistare l’attenzione e l’intelligenza dei lavoratori dal vero “male endemico” della nostra economia capi- talista fatta da capitalisti senza capitali, da speculato- ri senza imprese, da cialtro- ni che vivono di sovvenzio- ni pubbliche (delle tasse pa- gate dagli altri, appunto) per farne ricchezza perso- nale sempre più grande, sempre più concentrata. La confusione è divenuta tanto grande che persino quei politici che dovrebbero combatterla l’hanno assor- bita fino a farne bandiera dei loro progetti di riforma devastatrice dei principi stessi dello stato moderno, etico e sociale. “Non gli mandiamo l’ambu- lanza” (a chi non paga le “tasse”) ha detto un “certo” leader della opposizione! Ma sì, togliamo i diritti fon- damentali della persona umana, quelli chiamati di- ritti “naturali”. E intanto smantelliamo lo stato sociale, smantelliamo i servizi pubblici, smantel- liamo l’industria pubblica, quella a cui si deve “real- mente” il “miracolo” econo- mico dell’Italia del dopo- guerra. Aveva ragione Rosa Luxem- burg quando diceva “socia- lismo o barbarie”, il socialismo è stato abiura- to, stiamo andando verso la barbarie. Il giornale è “on line” al sito www.piazzadelgrano.org

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Mensile d'informazione politica e cultura dell'Associazione comunista "Luciana Fittaioli", via del Grano 11-13 Foligno (PG) Italia

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Mensile di informazione, politica e cultura dell’Associazione Luciana Fittaioli - Anno II, n. 6 - Foligno, giugno 2010

San Giovanni di Spello, la cui

configurazione urbanistica

evoca l’origine dell’incasella-

mento di epoca alto medioe-

vale con edifici a schiera serra-

ti a corte, ha una collocazione

ad una quota di 636 s.l.m. ai

confini del parco del Monte

Subasio.

E’ un piccolo borgo, quasi invi-

sibile al mondo, arroccato e

compatto nel suo silenzio che

sa di mistero tanto che chiun-

que ci arrivi, anche di passag-

gio, finisce per fermarsi.

E’ un luogo di pace, tradizione

e amicizia, un “paradiso di pie-

tra rosa”, simbolo e crocevia di

un turismo paesaggistico, am-

bientale e spirituale al quale

mostra quel caratteristico colo-

re rosa delle pietre del Subasio,

quel monte che protegge o che

è protetto da San Giovanni ren-

dendolo ancora più unico.

E’ un borgo che dopo i gravi

danni subiti dal terremoto del

1997, l’anno scorso è tornato

a nuova vita in seguito ad una

grande opera di recupero ar-

chitettonico che ha consentito

la riapertura del paese e della

Chiesa dedicata a San Giovan-

ni Battista.

Il programma integrato di re-

cupero “San Giovanni” è stato

finanziato con Deliberazione

di Giunta Regionale n°2030

del 2003 che ha riconosciuto

alla frazione di San Giovanni

particolare valenza dal punto

di vista storico, ambientale e

architettonico in quanto ubi-

cata in prossimità di parchi

naturali e ricompresa in pro-

getti turistico-recettivi attuati

da enti istituzionali presenti

nel territorio con utilizzo di ri-

sorse regionali, nazionali e

dell’Unione Europea.

Ma la motivazione più forte e

importante che ha permesso

la ristrutturazione di questo

“paradiso di pietra rosa”, è

stata la decisa volontà dei pro-

prietari delle abitazioni di re-

cuperare le residenze lasciate

in eredità dai loro padri, per-

ché fare memoria significa an-

dare alla ricerca delle proprie

radici oltre che dare dignità a

un passato che segna il nostro

futuro.

Gli interventi hanno visto il

recupero degli edifici nel ri-

spetto dei contenuti formali

originari e delle regole inse-

diative preesistenti, oltre che

degli equilibri e dei rapporti

funzionali storicamente con-

solidatesi.

San Giovanni conserva quindi

tutte le caratteristiche di un

vero castello medioevale e,

proprio in quel periodo stori-

co, fu varie volte teatro di con-

tese per la sua vicinanza con il

Comune di Assisi.

La prima devastazione avven-

ne a causa della Rocca Paida,

luogo ambìto sia dal comune

di Spello che da quello di Assi-

si. Era il 24 novembre 1227,

quando il conte Egidio Becca-

rio di Spello, vendette la rocca

agli Assisiati; ne nacque una

lunga vertenza che fu chiusa

solo nel 1295, quando il Car-

dinale di Santa Maria in Tra-

stevere, rettore del Ducato di

Spoleto, sentenziò a favore di

Assisi e ordinò la riparazione

del Castello ad un impresario

di Perugia.

Nel 1376 il Castello di San Gio-

vanni subì una seconda deva-

stazione: il motivo si ignora,

ma quasi sicuramente è da at-

tribuirsi sempre alla Rocca

Paida che in quell’anno tornò

di proprietà del comune di

Spello.

E poiché non esistevano le mu-

ra castellane, il Comune fece

costruire una torre di vedetta

ed esentò dalle tasse, per dieci

anni, quei cittadini che. a pro-

prie spese avessero riparato le

loro case.

Rocca Paida si trova vicino a San

Giovanni ed è costruita sopra

una roccia in località detta ap-

punto “Macchia Paida”.

Il nome Paida,dal greco Pai-

deia (fanciulla) fa pensare che

la rocca sia stata fatta costrui-

re da qualche famiglia prove-

niente dal Sud Italia, ma di ori-

gini greche, che si era insedia-

ta in zona per sfuggire alle in-

vasioni da parte dell’impero

romano. Di questa rocca ora

sono visibili soltanto le fonda-

menta.

I Signori di questa Rocca, che

nei secoli XII e XIII dominava-

no tutta la zona, erano molto

amici di San Francesco che

spesso saliva alla Rocca re-

standovi come ospite. Duran-

te una sua visita a San Giovan-

ni, nel 1213, si narra che diede

la vista a una ragazza, sorella

del guardiano del castello, cie-

ca dalla nascita. Come ringra-

ziamento la giovane si fece

suora nel monastero di Valle-

gloria.

Religiosamente i fedeli di San

Giovanni erano assistiti dai

monaci camaldolesi di San Sil-

vestro i quali nel sec XI vi edi-

ficarono una chiesetta dedi-

candola a San Giovanni evan-

gelista e apostolo dal quale

anche il paese prese il nome.

Precedentemente si chiamava

Villa di Margiano, sotto la si-

gnoria degli Offreducci Targa-

rini Olorini. Nel 1610, il vesco-

vo di Spoleto, durante una vi-

sita pastorale, eresse San Gio-

vanni parrocchia autonoma,

dietro richiesta dei fedeli e per

la lontananza da Collepino.

La festa principale del paese

era quella di San Giovanni

Evangelista ma, ricorrendo il

27 dicembre periodo poco fa-

vorevole per lemanifestazione

popolare, un parroco dei primi

del ‘900 la sostituì con quella

di San Giovanni Battista che ri-

corre il 24 giugno.

Nel circondario di questo pae-

sino, presso la confluenza dei

torrenti Ranno e Anna, è anco-

ra in funzione un vecchio mu-

lino costruito negli ultimi anni

dello Stato Pontificio; gli attua-

li proprietari fanno ancora pa-

ne cotto nel forno a legna.

Il borgo di San Giovanni, da

molti anni, vede al suo interno

anche la presenza di due co-

munità parrocchiali Resana

(TV) e Camposanpietro (PD)

che agli inizi degli anni ’80

hanno acquistato degli immo-

bili per poter offrire a gruppi

di persone, sia giovani che

adulte, la possibilità di vivere

esperienze di fraterna condi-

visione in un ambiente di pu-

ra semplicità in cui il silenzio

riesce a esprimere la sua

profonda dimensione.

L’acquisto, da parte di queste

due parrocchie venete, è stato

il frutto di una serie di espe-

rienze che molti giovani aveva-

no fatto negli anni precedenti

nei vari eremi del Subasio sot-

to la guida spirituale di Fratel

Carlo Carretto che amava chia-

mare queste zone “le colline

della speranza”.

In particolare la comunità di

Camposampiero, proprietaria

di due immobili: “eremo della

speranza” ed “eremo della pa-

ce”, dopo un rapido restauro

ha potuto garantire ai suoi

parrocchiani un importante

punto di riferimento e forma-

zione. La continua e costante

presenza ha favorito il conso-

lidamento di rapporti di ami-

cizia con gli abitanti del borgo

creando sempre più numero-

se occasioni di condivisione e

scambi culturali e turistici che

si sono ampliati tanto da coin-

volgere anche i Comuni di

Spello e Camposampiero con

la sottoscrizione del Patto

d’Amicizia, ufficializzato il 2

dicembre 2007 alla presenza

dei due sindaci Sandro Vitali e

Marcello Volpato.

Il Patto sottoscritto costituisce

uno strumento di azione in-

terculturale fra regioni diver-

se, favorendo lo sviluppo dei

rapporti di amicizia, di colla-

borazione e di scambi di pro-

getti al fine di promuovere e

incentivare l’attivazione di

forme culturali e socio-econo-

miche tra le comunità locali

per una maggiore integrazio-

ne a livello nazionale.

Il borgo di San Giovanni

L’evasione e l’ambulanzaSocialismo o barbarie

ECONOMY4 pagine di inserto

MORENO LANDRINI

La “porta” del Subasio: dal recupero della storiae della memoria ai nuovi “patti di amicizia”

all’interno

Fondazioni bancarie a pagina 2

Il notaio: società, mercato, regole a pagina 3

Come uccidere la scuola pubblica a pagina 5

Pomiglano: il NO della FIOM a pagina 7

La tessera del tifoso a pagina 8

Società e Obesità a pagina 9

Festival Canti e Discanti a pagina 11

Da lungo tempo, si po-

trebbe dire da sempre,

sentiamo dire (e alla fi-

ne tutti facciamo il coro)

che un male endemico, qua-

si epidemico, dell’Italia è l’e-

vasione fiscale (una volta si

diceva anche il lavoro “som-

merso”, ma questo “indice”

economico è da un po’ di

tempo scomparso dal lessi-

co politico-economico, chis-

sà perché).

In Italia si pagano tasse (im-

poste!) esageratamente ele-

vate che penalizzano lo svi-

luppo economico e la ge-

stione della “macchina”

pubblica, colpa dell’evasio-

ne che se fosse efficace-

mente combattuta porte-

rebbe nelle casse dello Sta-

to più risorse.

Più risorse, certo, ma da de-

stinare come e a cosa?

Non all’aumento dei servizi

pubblici in senso lato, non

alla sanità, non alla scuola

(pubblica), non alla ricerca

(pubblica), non alle pensio-

ni o allo stato sociale in ge-

nere, voci tutte da “tagliare”

drasticamente per abbatte-

re il così detto “disavanzo

pubblico”.

E allora a cosa? Ad abbatte-

re il carico fiscale alle im-

prese, a finanziare le impre-

se, a finanziare e sostenere

l’economia privata.

Ma in cosa si sostanzia in

verità l’evasione fiscale?

Esattamente nella stessa co-

sa, denaro delle imprese

(grandi, medie e piccole, an-

che piccolissime artigianali

e commerciali) che, evaden-

do le imposte, di fatto, al-

meno in parte, reinvestono

il “prodotto” dell’evasione

nel sostegno alle proprie at-

tività.

Vero questo, cosa c’entra la

lotta all’evasione fiscale con

lo sviluppo economico?

Nulla!

La lotta all’evasione fiscale

assolve a un principio etico,

di equità e onestà e, sostan-

zialmente, è diretta a soste-

nere i fabbisogni della

“macchina” pubblica (è al-

meno dalla Dichiarazione

dei diritti dell’uomo e del

cittadino della rivoluzione

francese del 1700 che il

concetto di imposte è lega-

to alla sostegno della spesa

pubblica).

Un problema etico, dunque,

e non economico.

Perché confondere i due ter-

mini, perché imputare alla

immoralità fiscale (sia chia-

ro: un crimine gravissimo)

ciò che invece è legato a un

altro fenomeno?

Perché imputare alla catti-

va morale di tutti i cittadi-

ni quello che invece è il

prodotto di una, a voler

giudicare bene, incapacità

di una classe imprendito-

riale cialtrona e contoterzi-

sta, a volerla giudicare

“meglio”, a una distrazione

a fini personali da parte dei

signori di quella classe de-

gli utili prodotti dalle pro-

prie imprese industriali e

commerciali?

Serve a confondere le idee,

a depistare l’attenzione e

l’intelligenza dei lavoratori

dal vero “male endemico”

della nostra economia capi-

talista fatta da capitalisti

senza capitali, da speculato-

ri senza imprese, da cialtro-

ni che vivono di sovvenzio-

ni pubbliche (delle tasse pa-

gate dagli altri, appunto)

per farne ricchezza perso-

nale sempre più grande,

sempre più concentrata.

La confusione è divenuta

tanto grande che persino

quei politici che dovrebbero

combatterla l’hanno assor-

bita fino a farne bandiera

dei loro progetti di riforma

devastatrice dei principi

stessi dello stato moderno,

etico e sociale.

“Non gli mandiamo l’ambu-

lanza” (a chi non paga le

“tasse”) ha detto un “certo”

leader della opposizione!

Ma sì, togliamo i diritti fon-

damentali della persona

umana, quelli chiamati di-

ritti “naturali”.

E intanto smantelliamo lo

stato sociale, smantelliamo

i servizi pubblici, smantel-

liamo l’industria pubblica,

quella a cui si deve “real-

mente” il “miracolo” econo-

mico dell’Italia del dopo-

guerra.

Aveva ragione Rosa Luxem-

burg quando diceva “socia-

lismo o barbarie”,

il socialismo è stato abiura-

to, stiamo andando verso la

barbarie.

Il giornale è “on line” al sito www.piazzadelgrano.org

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Leggi e diritti21

Era mia intenzione, dopoaver concluso l’argomentodel mutuo, dedicarmi aduna serie di articoli riguar-danti i titoli di credito ed inparticolare l’assegno. Ho ri-tenuto opportuno rimanda-re “l’assegno” a numeri suc-cessivi per dare qualche im-mediata indicazione in me-rito alla normativa entratain vigore D.L. 78/2010, dicui si riassumono gli artico-li più rilevanti.Art. 1 - E’ vietato il trasferi-mento di denaro contante odi libretti di deposito al por-tatore o di titoli al portatoreeffettuato a qualsiasi titolotra soggetti diversi quando ilvalore è pari o superiore adeuro 5.000. Il trasferimentoè vietato anche se effettuatocon più pagamenti inferiorialla soglia che appaiano arti-ficiosamente frazionati. Iltrasferimento può tuttaviaessere eseguito per il trami-te di banche, istituti di mo-neta elettronica e Poste Ita-liane spa.Art. 5 - Tutti gli assegni perimporti pari o superiori ad eu-ro 5.000 devono recare l’indi-cazione del beneficiario o del-la ragione sociale e la clausoladi non trasferibilità.(nota, attenzione: l’assegnocon clausola non trasferibiledeve riportare una e una solagirata. L’apposizione di piùgirate, divieto già previstodalla normativa sull’assegno,rientra nella elusione dellanormativa con le relative san-zioni).

Il rapporto tra la politica ele Fondazioni è tornato allaribalta negli ultimi mesi conuna serie di interventi daparte di autorevoli espo-nenti della Lega che hannoannunciato una sorta discalata alle risorse gestitedalle Fondazioni bancarie. Ultima in ordine di tempo ladichiarazione del neo go-vernatore del Piemonte Ro-berto Cota: “Abbiamo difronte scelte importanti, an-zitutto il rilancio del lavoro,per questo ed altro siamopronti a battere cassa allefondazioni bancarie”.Di fronte ad una discussio-ne che è destinata sicura-mente a svilupparsi, anchein considerazione delle di-verse prese di posizionicontrarie manifestate inambiti politici e bancari,proviamo a dare al lettoreuna serie di notizie utili, inconsiderazione del fattoche anche nella nostra cittàopera la Fondazione Cassadi Risparmio di Foligno laquale svolge un ruolo diprimaria importanza nelrapporto con la società civi-le e nel sostegno allo svilup-po del territorio.Le Fondazioni bancarie han-no origine dalle antiche Cas-se di risparmio, associazioniprivate nate intorno al XIX se-colo, quando si manifestò ilbisogno di sostenere lo svi-luppo produttivo dei ceti me-dio-piccoli. L’attività delleCasse di risparmio era diver-sa dall’attività bancaria vera epropria in quanto raccoglie-vano capitali con una sotto-scrizione iniziale e poi consuccessivi depositi, mentre lebanche nascevano su iniziati-va di gruppi ristretti ed han-no fini commerciali e specu-lativi. Le Casse svolgevano at-tività di assistenza e benefi-cenza per poi diventare, neglianni, un sistema articolato ediffuso in ambito locale a so-stegno dello sviluppo dellapiccola e media impresa e delrisparmio.A partire dagli anni ottanta,la Comunità Europea (oggiU.E.) ha innescato un forteprocesso di liberalizzazio-ne e privatizzazione dell’e-conomia, facendo dei prin-cipi della libera concorren-za, della libera circolazionedelle merci e delle persone ivalori fondanti del nuovoprocesso di unificazione de-gli Stati europei.In recepimento di tali princi-pi (direttive comunitarie) illegislatore interno ha varatouna serie di norme ancheper il settore bancario, pro-cedendo sostanzialmente al-la privatizzazione delle Cas-se di risparmio.La soluzione fu individuatanel separare in due diverse en-tità le funzioni di diritto pub-blico da quelle imprenditoria-li, cioè scorporare le fondazio-ni dalle banche ex pubbliche(s.p.a.)Con la legge delega n.218/1990 veniva dispostoche gli enti bancari diven-tassero società per azioni,sotto il controllo delle Fon-dazioni, le quali successiva-

mente avrebbero dovutocollocare le proprie azionisul mercato. Tale processoha interessato anche la loca-le Fondazione che ha ven-duto a un gruppo bancarioprivato (Banca Intesa /S.Paolo) il pacchetto di mag-gioranza della Cassa di Ri-sparmio di Foligno, rima-nendo in posizione di sociodi minoranza. In tale posi-zione la Fondazione investegli utili che gli derivano dal-la partecipazione al capita-le della banca. I settori isti-tuzionali ove opera la Fon-dazione sono, in sintesi: fa-miglia, formazione giovani-le, volontariato, sviluppo lo-cale, salute pubblica, sport,ricerca ambiente, arte, cul-tura etc. Si realizza in talmodo una netta divisionetra la Banca ( imprenditoreprivato) e la Fondazione(ente no- profit) che svolgeuna funzione di utilità so-ciale. Se questa è la storiapassata e recente, molto an-cora si discute sul ruolo e lafunzione delle Fonazionibancarie e soprattutto sullaloro natura. A tal propositovarrà segnalare una recentepronuncia del Consiglio diStato, sez. VI, n. 1255 del 3maggio 2010 che ha affron-tato il tema dell’accesso agliatti ai sensi della legge sulprocedimento amministra-tivo (L. 241/90). In tale deci-sone il massimo organo digiustizia amministrativasembra sovvertire i consoli-dati orientamenti circa lanatura delle Fondazioni. Inparticolare, in riforma dellasentenza del TAR Emilia Ro-magna che aveva ricono-sciuto il diritto di accessoagli atti ad un socio ad otte-nere copia alla delibera chedisponeva la cessione dellabanca, il Giudice di appelloha escluso la qualificazionedelle Fondazioni quali orga-nismi di diritto pubblico.Secondo i Giudici di PalazzoSpada, la qualificazione diorganismo di diritto pubbli-co che farebbe ricadere leFondazioni nel novero deisoggetti privati operantinormalmente secondo mo-duli riconducibili all’alveopubblicistico, sarebbe posi-tivamente smentita dal di-sposto normativo di cui al-l’art. 1, comma 10 ter, delDL n. 162 del 23 ott. 2008(comma inserito dalla legge

di conversione n. 201 del 22dic. 2008), a mente del qua-le “ai fini dell’applicazionedella disciplina di cui alD.lgs. n. 163/2006, nonrientrano negli elenchi degliorganismi e delle categoriedi organismi di diritto pub-blico gli enti di cui al D.lgs.n. 153 del 17 maggio 1999 egli enti trasformati in asso-ciazioni o in fondazioni,sotto la condizione di nonusufruire di finanziamentipubblici o altri ausili pub-blici……”.Peraltro osservano gli stessigiudici, anche in assenza del-la norma di diritto positivosopra citata, in ogni caso laFondazione non avrebbe po-tuto essere qualificata orga-nismo di diritto pubblico, ciòsulla base dell’assenza dei trepresupposti cumulativi chesono richiesti ( a livello dinormativa comunitaria) perl’individuazione della figuradell’organismo di diritto pub-blico.Infatti, nella fattispecie esa-minata in sentenza, la Fon-dazione in questione (ma ilragionamento può essereparimenti esteso alla localeFondazione Cassa di Ri-sparmio di Foligno) non ri-sulta fruire di alcun finan-ziamento pubblico, né loStato, né altri enti di dirittopubblico esercitano sullastessa alcun controllo sullagestione, né risulta infineche gli organi di ammini-strazione, direzione o vigi-lanza debbano essere costi-tuiti da soggetti designatidalla mano pubblica in mi-sura pari ad almeno la metàdei componenti; Infine, ag-giunge il Consiglio di Stato,la Fondazione rientra tra isoggetti dell’organizzazio-ne delle libertà sociale enon svolge funzioni pubbli-che (C. Cost. n. 3000 del 29settembre 2003).Invero per il Consiglio di Statoalla Fondazione va riconosciu-to carattere di utilità sociale,ma tale carattere non può es-sere confuso con le attività dipubblico interesse disciplina-te dal diritto nazionale e co-munitario.Si tratta sicuramente di unaricostruzione destinata aprovocare notevoli conse-guenze sul piano politico epratico visto il numero e larilevanza delle Fondazionibancarie nel nostro paese.

SALVATORE ZAITI

ROBERTO FRANCESCHI

MARCO MARIANI

FOLIGNOGIUGNO 2010

Antiriciclaggio e lotta all’evasione fiscale

Manovra “anticrisi”La natura delle Fondazioni bancarieIstituzioni di utilità sociale, non riconducibilialle attività di pubblico interesse disciplinate daldiritto nazionale e comunitario

I lagunari sbarcano a Venezia

Nuove limitazioni all' uso del contante e dei titoli al portatore

Il Decreto Legge 31 maggio2010, n. 78, meglio conosciu-to come decreto anticrisi,giunge a conclusione di unpercorso che ha visto qualeprotagonista in un ruolo, que-sta volta sì, passivo il lavorato-re pubblico. Nei suoi confron-ti si erano avviate ormai datempo campagne generalizza-te e denigratorie fondate sul-l'assioma, forse più corretta-mente, sul dogma secondo ilquale il dipendente pubblico èun lavoratore che vive sullespalle di chi lavoratore lo èdavvero.Non meraviglia, quindi, più ditanto se poi il Governo, sul-l'onda di una contingenza(non prevedibile?) finanziariainternazionale, abbia decisodi intervenire con una mano-vra basata in gran parte sultrattamento economico eprevidenziale dei pubblici di-pendenti.Certo, la necessità di ridur-re la spesa pubblica dovevapur abbattersi su una dellesue componenti (la retribu-zione del pubblico impie-go), ma con motivazioni esecondo modalità più avve-dute e corrette.Affermare, nell'intento di giu-

po i benefici economici indi-retti che tutte le categorie, so-prattutto imprenditoriali, au-spicano.Quanto alle risorse finanziarievere e proprie, sia in fase di en-trata che di spesa, queste nonpossono prescindere da unasana ed integra visione politicache deve caratterizzare l'azioneamministrativa.Per favorire lo sviluppo e lacorrezione dell'andamentodei conti pubblici occorre ope-rare scelte, sì coraggiose, mapure coerenti ed eque nel loroinsieme, soprattutto se rivoltealla Pubblica Amministrazio-ne.Viene allora da chiedersi qua-le sia la logica che presiede alconferimento, in favore delMinistro per la pubblica am-ministrazione e l'innovazione,delle funzioni... in materia disalvaguardia di Venezia e del-la sua laguna.Per chi voglia approfondirel'argomento, il riferimento è ilDPCM 14 maggio 2010 pub-blicato nella Gazzetta Ufficia-le n.132 del 9 giugno 2010.

stificare i provvedimenti, cheil lavoratore pubblico ha con-seguito un incremento di red-dito maggiore di quello delprivato e che, a differenza diquest'ultimo, gode del privi-legio di non essere licenziatoo posto in cassa integrazione,significa proprio collocarsi inuna ottica diametralmenteopposta a quella tesa, invece,a risolvere i problemi reali delPaese.E poi, delle due l'una: o i rinno-vi contrattuali sono stati rico-nosciuti perché congrui oppu-re hanno rappresentato unabenevola concessione da par-te di chi oggi li nega.E ancora: o la funzione pubbli-ca può subire interruzioni ocessazioni oppure è e restacontraddistinta da quei carat-teri di continuità e preminen-za che ne rappresentano ilfondamento stesso.Sarebbe stato, allora, più op-portuno rivolgere maggiore at-tenzione su come si impieganole risorse pubbliche sia sul ver-sante del personale che suquello c.d. produttivo.Quanto al primo è indubbioche una AmministrazionePubblica proiettata verso il ri-sultato e la performance siaorganizzativa che individua-le possa migliorare di granlunga i servizi resi al cittadi-no, assicurando nel contem-

Art. 8 - Può essere richiestoper iscritto il rilascio di asse-gni senza la clausola di nontrasferibilità per assegniemessi per importo inferioreai 5.000 euro.Art. 12 - Il saldo dei libretti dideposito al portatore nonpuò essere pari o superioread euro 5.000. Entro il 30 giu-gno 2011 tutti i libretti ecce-denti il predetto importo do-vranno essere estinti e/o ri-dotti alla soglia di euro4.999,99.La modifica sostanziale del-l’attuale decreto legge, chemodifica l' art.58 D.Lgs231/2007, verte sull’impor-to che precedentemente erafissato in euro 12.499,99 esull’inasprimento delle san-zioni amministrative pecu-niarie che brevemente rias-sumiamo:- la sanzione non può comun-que essere inferiore ad euro3.000- violazione dei commi 1, 5, 6(assegni a me medesimo), cheriguardano importi superioriad euro 50.000 la sanzioneminima è di euro 15.000.- le violazioni dei commi 14

(trasferimento libretti al por-tatore) 18 (trasferimento amezzo money transfer) cheriguardano importi superioriad euro 50.000 la sanzioneminima e di euro 15.000.Ho dato ovviamente rilievo aipunti più significativi e di dove-rosa immediata conoscenzacon particolare riferimento atutte quelle operazioni di mag-giore correntezza.L’applicazione del decretolegge è stata emanata con de-correnza immediata e ri-marrà in vigore fino allaeventuale definitiva conver-sione in legge.Occorrerà fare la massimaattenzione per non incorre-re nelle sanzioni previste,salvo ovviamente che i com-portamenti siano di ancoramaggiore gravità con impli-cazioni di carattere penale.Alla minima perplessità rivol-getevi alla vostra banca di ri-ferimento o ad ogni ufficiopostale o se lo credete oppor-tuno potete come sempre in-viare le vostre domande allae-mail della redazione [email protected]

www.piazzadelgrano.org

Sede della Cassa di Risparmio di Foligno

Page 3: Giugno 2010

Politica ed Etica 31FOLIGNO

Un appuntamento a cui sono

particolarmente affezionato

nell’esercizio della mia atti-

vità professionale è quello

che ogni anno, grazie ai diri-

genti del liceo classico “Frez-

zi” di Foligno, ho con un

gruppo di studenti del penul-

timo anno i quali, forse per lo-

ro curiosità, forse per-chè

spinti dai genitori e/o dai pro-

fessori o, forse per chiudere

l’anno scolastico con qualche

giorno d’anticipo, frequenta-

no per due settimane il mio

studio. Lo scopo è quello di

far loro conoscere il mondo

del lavoro e nel mio caso la

professione notarile. Devo

preliminarmente un ringra-

ziamento agli studenti che ho

avuto il piacere di incontrare

in quanto il loro modo di fare

e di essere ha costituito per

me l’occasione per dare uno

sguardo diretto al loro mon-

do e mi ha consentito di com-

prendere, almeno un pò, il lo-

ro modo di essere e di vedere

le cose, le loro aspettative, le

loro speranze.

Devo, poi, riconoscere a tutti

un’eccellente preparazione e

una viva curiosità che spesso

mi è stata di stimolo nell’ap-

profondimento di argomenti

che, forse un pò affrettata-

mente avevo dato per sconta-

ti, ma che tali non sono, co-

me dimostra una certa super-

ficialità nell’uso del termine

“notarile” anche da parte di

qualificati rappresentanti del

mondo giornalistico e la cir-

costanza che il ruolo e l’atti-

vità del notaio sono spesso

oggetto di luoghi comuni lon-

tani dalla realtà di una pro-

fessione che negli ultimi anni

si è notevolmente evoluta

adattandosi alle mutate esi-

genze della società.

Le domande che, sistematica-

mente, mi sono state poste

sono nell’ordine: a cosa serva

il notaio, quale sia la sua col-

locazione nel mondo delle

professioni e come si diventa

notai.

Cercherò in queste brevi no-

te di riassumere, nel modo

più semplice possibile, le ri-

sposte che, spero, possano

rendere comprensibile l’atti-

vità notarile.

Il notaio, istituito per ricevere

gli atti tra vivi (compravendi-

te, permute, donazioni, costi-

tuzioni e modifiche societarie

ecc.) e di ultima volontà (testa-

menti) attribuendovi pubblica

fede, è un pubblico ufficiale

che, con organizzazione pri-

vatistica, garantisce sicurezza

al si-stema giuridico, tributa-

rio e al mercato, senza costi

per lo Stato. La pubblica fede

è una particolare forza proba-

toria che rende l’atto notarile

inconfutabile, fino a querela

di falso, e la qualifica di pub-

blico ufficiale si caratterizza

nello svolgimento di funzioni

che potrebbero essere svolte

alternativamente solo da ma-

gistrati. Il notaio è al tempo

stesso consulente le-gale e

giudice precontenzioso, ga-

rantisce al livello del cliente la

legalità, la legittimità e la sta-

bilità della transazione con-

clusa tra le parti ed al livello

del sistema economico-giuri-

dico l’affidabilità dei dati inse-

riti nei Pubblici Registri (Im-

mobiliari, Societari, dello Sta-

to Civile).

Tali funzioni presuppongono

la sua terzietà e imparzialità

verso i contraenti e l’assoluta

lealtà all’ordinamento che ga-

rantisce, al pari del giudice, la

tutela del contraente più de-

bole, dell’interesse pubblico e

della collettività. Tutti questi

aspetti hanno fatto individua-

re, già negli anni 50, da parte

del famoso giurista Francesco

Carnelutti la funzione del no-

taio nella famosa frase “Tan-

to più notaio, tanto meno giu-

dice”. In tutti gli stati ove ope-

ra il notariato – definito latino

– si riscontra un carico di con-

tenzioso nelle materie riser-

vata a questa attività di gran

lunga inferiore a quello esi-

stente nei paesi di cultura an-

glosassone che non cono-sco-

no questo tipo di professioni-

sta al punto che recentemen-

te anche la Cina e lo Stato del-

la Florida negli Stati Uniti d’A-

merica si stanno convertendo

al notariato di tipo latino del

quale studiano ed apprezza-

no i pregi.

Valga per tutti il dato nell’am-

bito delle transazioni immobi-

liari che il contenzioso, laddo-

ve interviene il notaio, riguar-

da annualmente circa 50 casi

su oltre 1.700.000 pari a circa

lo 0,003% delle transazioni.

L’accesso alla professione ri-

chiede la laurea in giurispru-

denza, il compimento di diciot-

to mesi di pratica presso uno

cora di più da quello stesso

Parlamento nel quale erano

fortemente maggioritarie le

forze liberali e popolari: fece

approvare la nuova legge elet-

torale che prevedeva che alla li-

sta che avesse ottenuto più del

25% dei voti, sarebbero stati as-

segnati i 2/3 dei seggi, il terzo

restante sarebbe stato distri-

buito proporzionalmente agli

altri partiti.

Mussolini vinse a sorpresa (di

coloro che avevano voluto e vo-

tato quella legge esagerata-

mente maggioritaria) le succes-

sive elezioni e solo allora i par-

titi liberale e popolare reagiro-

no abbandonando il Parlamen-

to, dando vita alla secessione

dell’Aventino, sperando nell’in-

tervento del re.

Ma era oramai troppo tardi.

Il “boia” che la casa reale e la

borghesia industriale e agraria

avevano ingaggiato per porre

fine alle rivendicazioni popola-

ri nate con i Consigli di fabbri-

ca di Torino ed estese ad am-

pie aree anche dell’impiego

Il notaio, la società, il mercato, le regole

La rappresentanza di interessi di classe e di casta ha origini lontane, così comel’avversione alla democrazia parlamentare e l’inclinazione al presidenzialismo

Una questione etica da non dimenticare

SANDRO RIDOLFI

LUIGI NAPOLITANO

GIUGNO 2010

Con i pochi deputati eletti alla

Camera Mussolini non avrebbe

mai potuto formare un proprio

governo.

Fu solo grazie alla connivenza

dei maggiori esponenti dei par-

titi liberale e popolare, inseriti

con incarichi di sottosegretari

nella futura compagine gover-

nativa, che il 19 novembre del

1922 la Camera votò con larga

maggioranza la fiducia al pri-

mo governo Mussolini.

Fra coloro che votarono a fa-

vore, figuravano nomi di spic-

co della politica liberale e po-

polare quali: Giolitti, Salandra,

Facta, Bonomi, Orlando, e an-

che due personaggi destinati

a divenire molto importanti

nel futuro del Paese: Gronchi,

futuro presidente della Re-

pubblica Italiana, e Alcide De

Gasperi, futuro Presidente del

Consiglio.

La fiducia venne accordata no-

nostante Mussolini, in occasio-

ne della presentazione alla Ca-

mera del nuovo esecutivo,

avesse minacciato i deputati

affermando che, se solo avesse

voluto, avrebbe potuto facil-

mente ottenere con la forza la

fiducia del Parlamento.

Tutto ciò avvenne senza che

l’allora Presidente della Came-

ra, Enrico De Nicola, che di-

verrà in seguito il Capo provvi-

sorio dello Stato della neonata

Repubblica Italiana, intervenis-

se, anzi egli diede il proprio vo-

to al nuovo Governo.

Mussolini, non ancora soddi-

sfatto, il 24 novembre chiese e

ottenne da quello stesso Par-

lamento i pieni poteri per un

anno.

Le ragioni della connivenza

delle forze politiche liberali e

popolari con l’emergente Capo

manipolo del fascismo appare

chiaramente dal contenuto dei

primi decreti del nuovo gover-

no, sfacciatamente piegati agli

interessi di coloro che ne ave-

vano sostenuto l’ascesa al po-

tere: gli industriali e i ricchi

possidenti terrieri.

Venne infatti subito abolita la

nominatività dei titoli aziona-

ri, alla quale fecero seguito le

privatizzazioni e la soppres-

sione della tassa di successio-

ne familiare.

Vennero quindi ridotte l’impo-

sta sugli immobili, e sulla ric-

chezza mobile.

I possidenti terrieri vennero

premiati con lo sblocco dei fit-

ti e con l’abbandono di ogni

progetto di riforma agraria.

Lo stesso Vaticano ottenne il

salvataggio della sua banca, il

Banco di Roma, il cui disavan-

zo venne assunto a carico del-

lo Stato e di conseguenza degli

italiani. Per ingraziarsi ulterior-

mente le gerarchie vaticane,

venne resa obbligatoria la pre-

senza del crocifisso in tutti gli

edifici e uffici statali, e vennero

concessi aumenti di rendite ai

parroci e ai vescovi. Inoltre se-

minaristi e sacerdoti vennero

esentati dagli obblighi militari.

Nel 1924 Mussolini ottenne an-

La globalizzazione dei mercati alla luce del nuovo millennioLa cultura della legalità garanzia di sviluppo e pace sociale

pubblico (primi i ferrovieri che

pagarono pesantemente la lo-

ro opposizione) aveva preso il

sopravvento sui suoi padroni

(o almeno sui “fattori” dei veri

padroni).

Nel 1925 venne soppressa la

libertà di stampa con il con-

trollo delle testate, venne eli-

minata la separazione dei

poteri tramite l’approvazio-

ne della legge sulle preroga-

tive del Capo del Governo

con cui il Parlamento smise

di esercitare ogni potere ef-

fettivo in quanto nessun ar-

gomento poteva essere di-

scusso dalle camere senza

l’autorizzazione del Capo

del Governo, responsabile

solo davanti al re.

Di lì a poco gli unici veri oppo-

sitori al fascismo emergente, i

socialisti e i comunisti, venne-

ro progressivamente eliminati:

Giacomo Matteotti fu ucciso,

Antonio Gramsci fu incarcera-

to a vita, nonostante fossero

ambedue coperti dalla immu-

nità parlamentare.

Infine con la firma dei Patti La-

teranensi dell’11 febbraio 1929

Mussolini si assicurò l’appog-

gio definitivo della Chiesa pro-

clamando il cattolicesimo reli-

gione ufficiale.

Liberali, democratici, popola-

ri, a quel punto, non serviva-

no più.

studio notarile ma, soprattutto

una solida cultura giuridica e

tributaria. Il concorso si svolge

in tre giorni di prove scritte,

ognuno dei quali articolati in

tre sotto prove ed una prova

orale alla quale accedono solo

coloro che hanno superato le

scritte.

Mi preme rilevare un dato che

in sè, forse, non è fortemente

indicativo, ma che se rap-por-

tato ad altre professioni dimo-

stra una forte valenza di inter-

scambio nella professione: so-

lo il 17% dei notai in attività so-

no figli di notai.

Da tutte le cose dette per co-

noscenza diretta e che, sicu-

ramente, con diverse prospet-

tive hanno valenza anche per

le altre attività professionali,

a me appare quanto meno

miope l’atteggiamento di quei

politici che vedono in una li-

beralizzazione selvaggia del

mercato la panacea dei mali

che affliggono l’economia

mondiale.

Pur essendo il nuovo millen-

nio caratterizzato dalla glo-

balizzazione dei mercati che

ha contribuito ad abbattere

barriere e a ridurre distanze,

non credo possano esistere

mercati senza regole il cui fi-

ne è la tutela dell’equilibrio

complessivo della società e

l’interesse generale dei citta-

dini.

Un’ampia letteratura econo-

mica dimostra, infatti, che la

deregolamentazione dei ser-

vizi professionali non com-

porta necessariamente effet-

ti positivi per la collettività.

Né appare condivisibile la

proposta di legge che vorreb-

be introdurre nel nostro ordi-

namento la possibilità di co-

stituire società professionali

www.piazzadelgrano.org

Alcide De Gasperi

interdisciplinari che, snatu-

rando la personalità della

prestazione, consentirebbero

l’ingresso nella compagine

sociale di soci di capitali.

Tale evento potrebbe costitui-

re, in determinate condizioni,

l’asservimento delle attività

professionali, interpreti del

rapporto tra regole, mercato e

società, al capitale che, con la

sua forza, avrebbe gioco faci-

le nel piegarne l’indipenden-

za. Né sembra accettabile l’im-

posizione di una sorta di pen-

siero unico che sottende un’e-

gemonia economica e giuridi-

ca nella quale l’unico parame-

tro di legittimità è l’esigenza

del profitto.

Tuttavia al fine di sgombrare

il campo da equivoci mi piace

riportare le parole del premio

Nobel per l’economia

Amartya Kumar Sen che ha

affermato

”Sarebbe sciocco dire: fer-miamo la crescita economi-ca o aboliamo l’economia dimercato. Ben vengano tuttele misure che aiutano l’e-spansione economica, pur-ché si capisca che sarebbeun errore immenso dimenti-care l’educazione, l’istruzio-ne, lo sviluppo sociale, le ca-pacità individuali. Il denaronon è la principale misuradella ricchezza. I più ricchisono quelli che vivono più alungo e nelle migliori condi-zioni. La povertà non dipen-de solo da quanto si guada-gna. L’individuo è più riccoquando è più libero, quandopuò realizzare tutte le suecapacità.”Parole che riecheggiano l’in-

soddisfazione per una unità

di misura come il PIL, che do-

vrebbe poter contenere oltre

ad elementi puramente eco-

nomici, anche rilievi di feli-

cità e di giustizia e che lascia

ben sperare in una cultura

della legalità quale condizio-

ne per garantire il buon fun-

zionamento dei servizi pub-

blici e competitività al siste-

ma sociale ed economico del

Paese in un contesto di pace

sociale.

Page 4: Giugno 2010

le proprie imposte non donadunque nulla, ma imponeuna destinazione personalee discrezionale a una partedei fondi dello Stato.Paradossalmente, e questa èla gravità “morale” dell’ “im-broglio”, la possibilità con-cessa al singolo cittadino didestinare le proprie impostea un soggetto diverso dalloStato viola un principio co-stituzionale assoluto e plu-ricentenario: quello di con-correre alle spese dello Sta-to in misura proporzionalealle proprie capacità, affin-ché quest’ultimo possaprovvedere ad assicurare atutti, indifferentemente dal-le loro capacità e potenzia-lità, la soddisfazione dei di-ritti fondamentali della per-sona umana: istruzione, sa-nità, giustizia, servizi, casa elavoro.Indirizzare la destinazionedel proprio obbligo costitu-zionale in percentuale aipropri redditi dichiarati, equindi con maggiore rilevan-za/efficacia da parte di chiha redditi maggiori, significasottrarre agli altri, a quellicon minori disponibilità emaggiori bisogni, la dignitàdi diritti sociali per ricon-durli nella carità.Carità è infatti quella cheviene consentita e sollecita-ta con la “donazione” dell’8per mille, che nulla ha chevedere né con la solidarietà,

che compete allo Stato, nécon il volontariato, che com-porta la donazione del veroe unico bene che può essere“donato”: se stessi, il propriotempo, le proprie energie fi-siche o mentali, il proprioimpegno personale e direttoe non il denaro (tanto più sedello Stato).Il piano sostanziale, spesso,è ancora più grave.Se si fa eccezione di piccolerealtà di volontariato diret-to, le grandi organizzazioni,tutte quelle “ufficiali” e mol-

te anche di quelle non istitu-zionali, consumano quotepercentuali impressionantidei fondi che riescono a rac-cogliere per sostenere la lo-ro organizzazione e funzio-namento.Sappiamo (chi ha visto unarecente trasmissione di “Re-port” ha conosciuto anche iprecisi dati numerici) che laChiesa Cattolica trattieneper sé ben l’80% dei fondiraccolti con l’8 per mille; loStato, addirittura, li utilizzaper finanziare missioni mili-

A ridosso della scadenza perla compilazione della dichia-razione dei redditi s’intensi-fica il martellamento per sol-lecitare le “donazioni” dell’8per mille.Volantinaggi, e-mail, costo-sissimi spot televisivi “recla-mizzano” (purtroppo è il ca-so di usare questo termine)le opportunità, le necessità egli effetti delle donazioni ri-chieste.Con la “brutalità” che solola “verità” richiede e giusti-fica, bisogna denunciare l’“imbroglio” che sostiene ilprogetto e la retorica dell’8per mille: un “imbroglio”anzitutto morale e moltospesso, purtroppo, anchesostanziale.Iniziamo da quello “morale”.Va detto con estrema, masemplice, chiarezza che ladestinazione dell’8 per millenon costituisce una donazio-ne, ma una “distrazione” didenaro pubblico.L’importo dell’8 per mille,infatti, non è più nella di-sponibilità di colui che neindica la destinazione, ma ègià patrimonio dello Statoin quanto si tratta di impo-ste dovute (già pagate conritenute o acconti o da pa-gare a saldo).Chi “dona” l’8 per mille del-

tari sfrontatamente vestiteda operazioni umanitarie (!).Si potrebbe dire ancora mol-to sulla “filosofia” delle On-lus, Ong, organizzazioni diutilità sociale, fondazionibenefiche, ecc. che, di fatto,svolgono funzioni di sostitu-zione delle incombenze pro-prie dello Stato “pescando”le risorse (o almeno una par-te rilevante delle stesse) dasgravi e agevolazioni fiscale,quindi, sempre dalle cassedello Stato.L’argomento è di grande im-portanza e merita approfon-dimenti con il contributo cri-tico di quanti realmente “do-nano” le proprie energie e ri-sorse alla solidarietà.Appare importante chiude-re questo articolo con unaavvertenza: qualunque sia lavostra scelta, compilate

sempre la sezione della di-

chiarazione dei redditi rela-

tiva alla destinazione dell’8

per mille, infatti, per un per-verso meccanismo normati-vo (non crediamo affatto “in-consapevole”), le quote nondestinate, che superano il60% del totale delle dichiara-zioni, vengono automatica-mente ripartite tra i soggettiindicati da coloro che hannosottoscritto la destinazione,sicché questi soggetti si tro-vano a ricevere oltre il dop-pio di quanto effettivamenteloro spetterebbe per espres-se scelte dei propri “donan-ti”.Ciò è estremamente graveperché in questo modo è loStato a destinare somme im-portanti delle proprie entra-te fiscali (come detto più deldoppio del “dovuto”) a sog-getti che i cittadini non han-no affatto indicato.

La distribuzione del gettito

Le ultime comunicazioni uffi-ciali e definitive si riferisconoincredibilmente alle dichiara-zioni dei redditi del 2004 (red-diti 2003).Questa la distribuzione:89,81% Chiesa Cattolica7,74% Stato1,43% Valdesi0,37% Comunità Ebraiche0,26% Luterani0,20% Avventisti del settimo giorno0,19% Assemblee di Dio in ItaliaSu oltre trenta milioni di con-tribuenti solamente il 39,52%ha espresso un’opzione..la Conferenza Episcopale hadisposto nel 2007 di contribu-ti per 991 milioni di euro.Come vengono spesi

CHIESA CATTOLICA!l’80% alsostentamento del clero e alle“esigenze di culto” e solo il 20%alle missioni umanitarieSTATO!E’ l’unico che non fapubblicità. Gli ultimi contribu-ti sono stati utilizzati ancheper finanziare la missione diguerra in Afganistan.CHIESA VALDESE!Rifiuta di de-stinare i fondi ottenuti al so-stentamento del clero.LUTERANI!Una parte dei fondiviene utilizzata per il sostenta-mento dei pastori.COMUNITÀ EBRAICHE!I fondisono utilizzati per «solidarietàsociale, attività culturali, re-stauro patrimonio storico, so-stegno ad attività giovanili,strutture ospedaliere per la cit-tadinanza, cultura della me-moria, lotta a razzismo e pre-giudizio».CHIESE AVVENTISTE!Rifiutanodi destinare i fondi ottenuti alsostentamento del clero.ASSEMBLEE DI DIO !I fondisono destinati esclusiva-mente alle missioni e allabeneficienza.

America Latina, dopo anni didittature, rivoluzioni, morti,torturati, scomparsi e via di-cendo, sta vivendo una situa-zione politica molto ricca evaria da paese a paese. Par-lerò di alcuni, senza che ciò si-gnifichi che quelli di cui nonparlo, per ragioni di spazio,siano meno importanti e inte-ressanti.Il Messico, dopo oltre 60 an-ni di governo del PRI (Parti-to Rivoluzionario Istituzio-nale) che si rifaceva alla ri-voluzione zapatista per farfinta che era popolare, haun governo di destra natoda una gigantesca frodeelettorale che all’inizio stavaper provocare una guerra ci-vile, ma che poi è stata ac-cettata anche da tutti i Parti-ti d’opposizione. A cambiodi cosa? E’ facile immaginar-lo dato che i “santi” soldi inquel paese sono alla base ditutto. Da sempre.In Guatemala hanno smesso ufficialmente di faremassacri di indigeni e nonindigeni. Nella realtà questimassacri continuano sottoforma di miseria estrema.ingiustizia, segregazione,

razzismo, ecc. ecc. Nessunodei militari assassini è finitoin galera. Neanche quelli chehanno ammazzato suore epreti.Su El Salvador ho scritto unarticolo mesi fa e mi sembrache è l’unica realtà veramen-te positiva che fa sognare(per il momento solo sogna-re) che ci potrebbe essereuna via alternativa a tuttequelle finora sperimentateche potrebbe, ripeto “po-trebbe”, creare le condizioniper un futuro molto miglio-re per quel paese. Se lo per-

mettono le difficoltà esternee soprattutto interne prove-nienti dai settori di destra,ma anche da una sedicentesinistra, che non sono altroche dei vecchi fossili stalini-sti che non hanno imparatoniente della storia recente.In Honduras, dopo la“buffonata” di Zelaya che,contro il parere del Con-gresso, la Corte Suprema eil suo stesso Partito, volevarealizzare un falso referen-dum per perpetuarsi al po-tere con l’appoggio del suomentore Hugo Chavez, c’è

un governo nato da elezioninelle quali hanno avuto unastragrande maggioranza. Ilpresidente è Porfirio Lobosil quale, nella non lontanagioventù, era del partito Co-munista ed era andato astudiare nell’URSS. Quandoè tornato ha scelto di diven-tare milionario e di destra.In Nicaragua c’è come Presi-dente Daniel Ortega e, cosamolto importante, la sua am-biziosa insaziabile moglie,anche su questo paese hoscritto un articolo mesi fa.Nei ultimi mesi nessuna no-vità, oltre che le “squadracce”sulle quali si appoggia il go-verno che sono ogni giornopiù agguerrite. Della spintarivoluzionaria dei anni 80sembra tutto finito.Costa Rica ha una democra-zia che fa chiamare questopaese “la Svizzera d’Ameri-ca”. E da oltre 50 anni che lìnon succede niente di spetta-colare. Nel bene e nel male,tanto che è in quel paese chevanno molti pensionati nor-damericani a passare gli ulti-mi anni della loro vita. Perchéil sole del Costa Rica costa dimeno.Panamà è stato, lo è adessoe sembra che lo sarà permolti anni, il “supermerca-to” del centroamerica e dei

quel paese campano del nar-cotraffico e le lotte internesono semplicemente per ilcontrollo di questo. Il giornoche si metteranno d’accordole diverse frazioni e si divi-deranno il controllo, sarà unpaese dove regnerà la pace.Il resto dei problemi socialinon se ne parla adesso e me-no se ne parlerà dopo. Nean-che Garcìa Màrquez aprebocca su questi temi.In Ecuador c’è un governo disinistra che sembra non tan-to estremista. Fa accordi congli Americani e riceve soldida Chavez. Pragmatismo pu-ro. Il resto delle cose, com-preso la situazione socialedevastante e il problema in-digeno, le tengono a “bagno-maria”, almeno per il mo-mento.

segue nel prossimo numero

Corrispondenze dal Mondo41 FOLIGNOGIUGNO 2010

America LatinaUno sguardo ad un immenso e variegato subcontinentetanto reclamizzato ma così poco conosciuto e studiato

“False” donazioni di imposte dello Stato per finanziare“false” iniziative di solidarietà

L’ “imbroglio” dell’8 (e del 5) per mille

OSVALDO GUALTIERI

ALESSANDRO RICORDI

Caraibi. Sopratutto per i con-trabbandieri e per chi ha sol-di neri da nascondere. Cosache sembra abbastanza co-mune, anche dalle nostreparti.Venezuela merita un discorsoseparato per la complessitàdel personaggio che lì gover-na, il costo del petrolio che glipermette di fare politiche po-puliste/demagogiche, i meto-di che usa per sbarazzasi deioppositori, gli interessi e lamentalità di questi e tante al-tre cose. Non si può scriveredue righe su questo paesesenza cadere in analisi super-ficiali. Sarebbe un tema da di-scutere in altre sedi più ap-profonditamente. Colombia è in mano alle vec-chie oligarchie, ai paramilita-ri di destra e ai narco/terro-risti della FARC travestiti darivoluzionari. Molti settori in

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Page 5: Giugno 2010

Cultura/e 5 1FOLIGNO

GIUGNO 2010

Prendimi adesso baby qui come sonoStringimi forte, prova a capire

Il desiderio è forte è il fuoco che respiroL'amore è un banchetto sul quale ci sfamiamo

Avanti ora prova a capireCome mi sento quando sono nelle tue mani

Prendi la mia mano, vieni al riparoLoro non possono ferirti ora

Non possono ferirti ora non possono ferirti oraPerché la notte appartiene agli amantiPerché la notte appartiene al desiderioPerché la notte appartiene agli amanti

Perché la notte appartiene a noiHo dubbi quando sono sola

L'amore è uno squillo, il telefonoL'amore è un angelo travestito come desiderio

Qui nel nostro letto finché mattino arrivaAvanti adesso prova a capire

Come mi sento sotto il tuo comandoPrendi la mia mano mentre il sole tramonta

Loro non possono toccarti oranon possono toccarti ora, non possono toccarti ora

perché la notte appartiene agli amantiCon l'amore dormiamo

Con dubbio il circolo viziosoGira e brucia

Senza di te non posso viverePerdona, questo desiderio acceso

Io credo che sia ora, troppo vero di sentireCosi toccami ora, toccami ora, toccami ora

Perché la notte appartiene agli amantiPerché stanotte ci sono due amantiSe crediamo nella notte, ci fidiamo

Perché stanotte ci sono due amanti……

L’esame di maturità è il pri-mo vero traguardo, espe-rienza comune per la qualetutti passano, i nostri genito-ri prima di noi e molti altridopo, ma in fondo che cosasignificano quei giorni dimaturità, prima gli scritti epoi il fatidico orale così tre-pidamente atteso? I giorni precedenti sonomassacranti, un tour de for-ce estenuante, giornatechiusi a casa a studiare conl’estate che intanto avanza,imperterrita, indifferenteagli infelici maturandi chela vedono arrivare da den-tro casa, sovrastati da libri,vocabolari e appunti.La maturità è il primo pun-to fermo, la fine delle scuo-le superiori e l’inizio diqualcos’altro. Ma cosa?Esperienze nuove, univer-sità che aspettano con i lorotest d’ingresso? O la primaesperienza di lavoro?O la vita di sempre? All’ultimo anno di superiorisi sogna, come non mai, ci

si immagina come sarà lanostra vita fuori da lì, sipensa a cosa si vorrebbe es-sere, si sogna di partire, an-darsene lontano, in altrecittà e stare a vedere cosa lavita ci riserva. In questo groviglio di emo-zioni, ce ne è una che a vol-te si fa sentire, ovvero lapaura, il senso di vertigineche si prova prima di salta-re nell’ignoto, la paura discoprire che forse era me-glio prima, quando si erapiccoli alle prese con voca-bolari troppo pesanti. Ri-

cordo con tenerezza unafrase della mia amata pro-fessoressa di latino e greco,che un giorno, vedendocialle prese con scelte univer-sitarie vacillanti, ci disse : “Mi fate tenerezza, ormaisiete consegnati alla vita”;in quel momento non erachiaro cosa volesse dire,pensavamo che in fondonon sarebbe cambiato nul-la, ma quelle parole le scris-si ugualmente sul diario,convinta che mi sarebberotornate utili in futuro, unpo’ come tutte le sue perle

Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intel-

ligenza.

Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entu-

siasmo.

Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra

forza.

La cultura è organizzazione, disciplina del proprio io inte-riore; è presa di possesso della propria personalità, e con-quista di coscienza superiore, per la quale si riesce a com-prendere il proprio valore storico, la propria funzione nel-la vita, i propri diritti, i propri doveri.

(Antonio Gramsci)Impegnatevi, a vostra volta, a lavorare sempre più e meglio,per accrescere le vostre file, per portare dappertutto la pa-rola nostra liberatrice, per diffondere con slancio semprenuovo la grande speranza e la certezza del socialismo.

(Palmiro Togliatti)Non dovete avere paura di discutere, di battervi, di dire lavostra opinione di fronte a chiunque; dovete avere paura diuna cosa soltanto di non essere davvero dei combattenti co-munisti.

(Giancarlo Pajetta)Fate che, grazie al vostro lavoro e ai vostri sacrifici, graziealla lotta solidale di tutti, già da adesso la vita dei giovanisia meno dura, più gaia, più promettente.

(Luigi Longo)Se i giovani si organizzano, si impadroniscono di ogni ra-mo del sapere e lottano con i lavoratori e gli oppressi, nonc'è scampo per un vecchio ordine fondato sul privilegio esull'ingiustizia.

(Enrico Berlinguer)

L a r g o a n o i !

Come uccidere la scuola pubblica:finanziare quella privata, eppure...Costituzione, art. 33: “Enti e privati hanno diritto di istituire scuole edistituti di educazione senza onere per lo Stato”

L’esame di maturità e la nuova vita ancora tutta da costruire

ARIANNA BOASSO

PIERO CALAMANDREI

Quando la scuola pubblica ècosa forte e sicura, allora, maallora soltanto, la scuola pri-vata non è pericolosa. Allora,ma allora soltanto, la scuolaprivata può essere un bene.Può essere un bene che forzeprivate, iniziative pedagogi-che di classi, di gruppi reli-giosi, di gruppi politici, di fi-losofie, di correnti culturali,cooperino con lo Stato ad al-largare, a stimolare, e a rinno-vare con varietà di tentativi lacultura.Ma rendiamoci ben conto chementre la scuola pubblica èespressione di unità, di coe-sione, di uguaglianza civica,la scuola privata è espressio-ne di varietà, che può volerdire eterogeneità di correntidecentratrici, che lo Stato de-ve impedire che divenganocorrenti disgregatrici. Lascuola privata, in altre paro-le, non è creata per questo.La scuola della Repubblica, lascuola dello Stato, non è lascuola di una filosofia, di unareligione, di un partito, di unasetta.Quindi, perché le scuole pri-vate sorgendo possano esse-re un bene e non un pericolo,occorre:!- che lo Stato le sorvegli e lecontrolli e che sia neutrale,imparziale tra esse. Che nonfavorisca un gruppo di scuo-le private a danno di altre,- che le scuole private corri-spondano a certi requisiti mi-nimi di serietà di organizza-

zione.Ci siano pure scuole di parti-to o scuole di chiesa. Ma loStato le deve sorvegliare, ledeve regolare; le deve tenerenei loro limiti e deve riuscirea far meglio di loro. La scuo-la di Stato, insomma, deve es-sere una garanzia, perchénon si scivoli in quella che sa-rebbe la fine della scuola eforse la fine della democraziae della libertà, cioè nellascuola di partito.Come si fa a istituire in unpaese la scuola di partito? Sipuò fare in due modi.Uno è quello del totalitarismoaperto, confessato. Lo abbia-mo esperimentato, ahimè.Credo che tutti qui ve ne ri-cordiate, quantunque moltagente non se ne ricordi più.Lo abbiamo sperimentatosotto il fascismo. Tutte le scuole diventanoscuole di Stato: la scuola pri-vata non è più permessa, malo Stato diventa un partito equindi tutte le scuole sonoscuole di Stato, ma per questosono anche scuole di partito.Ma c’è un’altra forma per ar-rivare a trasformare la scuoladi Stato in scuola di partito odi setta.Facciamo l’ipotesi, cosìastrattamente, che ci sia unpartito al potere, un partitodominante, il quale però for-malmente vuole rispettare laCostituzione, non la vuoleviolare in sostanza. Non vuolfare la marcia su Roma e tra-sformare l’aula in alloggia-mento per i manipoli; mavuol istituire, senza parere,

una larvata dittatura.Allora, che cosa fare per im-padronirsi delle scuole e pertrasformare le scuole di Statoin scuole di partito?Si accorge che le scuole diStato hanno il difetto di esse-re imparziali. C’è una certaresistenza; in quelle scuolec’è sempre, perfino sotto ilfascismo c’è stata. Allora, il partito dominantesegue un’altra strada (è tuttaun’ipotesi teorica, intendia-moci). Comincia a trascurarele scuole pubbliche, a scredi-tarle, ad impoverirle.Lascia che si anemizzino ecomincia a favorire le scuoleprivate. Non tutte le scuoleprivate. Le scuole del suopartito, di quel partito. Ed al-lora tutte le cure comincianoad andare a queste scuoleprivate. Cure di denaro e diprivilegi.Si comincia persino a consi-gliare i ragazzi ad andare aqueste scuole, perché in fon-do sono migliori si dice diquelle di Stato. E magari sidanno dei premi, come ora vidirò, o si propone di dare deipremi a quei cittadini che sa-ranno disposti a mandare iloro figlioli invece che allescuole pubbliche alle scuoleprivate.A “quelle” scuole private gliesami sono più facili, si stu-dia meno e si riesce meglio.Così la scuola privata diventauna scuola privilegiata.Il partito dominante, non po-tendo trasformare aperta-mente le scuole di Stato inscuole di partito, manda inmalora le scuole di Stato per

dare la prevalenza alle suescuole private.Attenzione, amici, in questoconvegno questo è il puntoche bisogna discutere. Atten-zione, questa è la ricetta. Bi-sogna tener d’occhio i cuochidi questa bassa cucina.L’operazione si fa in tre mo-di: ve l’ho già detto:!- rovinare le scuole di Stato.Lasciare che vadano in malo-ra. Impoverire i loro bilanci.Ignorare i loro bisogni.!- attenuare la sorveglianza eil controllo sulle scuole priva-te. Non controllarne la se-rietà. Lasciare che vi insegni-no insegnanti che non hannoi titoli minimi per insegnare.Lasciare che gli esami sianoburlette.!- dare alle scuole private de-naro pubblico. Questo è ilpunto. Dare alle scuole priva-te denaro pubblico!!Quest’ul-timo è il metodo più pericolo-so.Questo dunque è il punto, è ilpunto più pericoloso del me-todo. Denaro di tutti i cittadi-ni, di tutti i contribuenti, ditutti i credenti nelle diversereligioni, di tutti gli apparte-nenti ai diversi partiti, che in-vece viene destinato ad ali-mentare le scuole di una solareligione, di una sola setta, diun solo partito […].Per prevedere questo perico-lo, non ci voleva molta furbe-ria. Durante la Costituente, aprevenirlo nell’art. 33 dellaCostituzione fu messa que-sta disposizione: “Enti e pri-vati hanno diritto di istituirescuole ed istituti di educazio-ne senza onere per lo Stato”.

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di saggezza sanno fare,con la loro potente caricachiarificatrice nei momentipiù confusi. Ora mi rendo conto diquanto siano vere quelle pa-role. Se è vero che “Homofaber fortunae suae”, che siè artefici del proprio desti-no, si deve iniziare a co-struire da soli la propria vi-ta, accumulando esperienzesu esperienze e cogliere alvolo le occasioni che si pre-sentano. Ora tocca a noi affrontarela vita. Sta a noi districarcinelle quotidiane difficoltà,affrontare esperienze uni-versitarie o scontrarsi congli scogli del mondo del la-voro senza rassicurantiprofessori che ci sostenga-no, catapultati in una nuo-va dimensione spazio- tem-porale a volte troppo stret-ta o spesso troppo largaper andare bene, con la va-ga impressione di esserecresciuti e di non essereancora pronti per esseregià grandi.L’esame di maturità è que-sto, una linea di demarca-zione. La vita ci sta soloaspettando.

Page 6: Giugno 2010

Lavoro6 1 FOLIGNOGIUGNO 2010

Sono 170 i tavoli di crisiaperti al ministero delloSviluppo economico. A ri-schio 200-250mila postiI numeri della crisiLa mappa della crisi vedealcuni settori particolar-mente in sofferenza, co-me quello dei call center,con circa 20mila posti arischio. A quota 15mila ilavori in bilico nella cera-mica, soffre il distrettodel mobile imbottito fraPuglia e Basilicata, che ri-schia un ridimensiona-mento nell'ordine di 5mi-la posti su un totale di15mila. Fra le situazionidi maggior rilievo, ilgruppo Merloni, con 4mi-la posti a rischio in Um-bria, Marche ed Emilia econ il recente annunciodella volontà di chiuderedue stabilimenti Indesit,nelle province di Berga-mo e Treviso.I 170 tavoli aperti riguar-dano aziende che hannoin torale 400mila dipen-denti. È pari a uno suquattro il numero di colo-ro che rischiano di perde-re il posto, per un totaledi circa 109mila persone.Ma da questo monitorag-gio sono escluse le picco-le e medie aziende (i ta-voli aperti riguardano im-prese coon almeno 150-200 addetti). Fra l'altro,non ci sono neanche levertenze relative ai gran-di gruppi, seguite dall'in-sieme del ministero, co-me Fiat, Telecom, Eni, e

le aziende in amministra-zione straordinaria. Percui, secondo i calcoli diGiampiero Castano, il re-sponsabile dell'unità dicrisi, si arriva a 200-250mila posti a rischio.Geograficamente, la Re-gione più esposta è laLombardia, con 3.777 po-sti a rischio, seguita dalPiemonte, a quota 3370,e dalla Puglia, a 3120.Con un numero di postifra i 2mila e i 3mila, Ve-neto, Lazio, Toscana e

I dati dello sciopero degliscrutini, indetto dai CO-BAS, sono sbalorditivi, atestimonianza dell’enormemalcontento per il massa-cro della scuola pubblica:abbiamo raggiunto i 25mila scrutini bloccati, condecine di migliaia di scio-peranti “diretti” e decine dimigliaia di docenti ed Atache hanno contribuito alleCasse di Resistenza. Losciopero ha dilagato so-prattutto nel Lazio con (ci-fre arrotondate al centi-naio più vicino) 2700 scru-tini bloccati (1600 a Ro-ma), in Sicilia con 2400,1600 in Emilia-Romagna,1500 in Campania e Lom-bardia, 1300 in Piemonte eSardegna, 1200 in Tosca-na, 1100 in Veneto.Lo sciopero delle attivitàsi è diffuso in tutti gliordini di scuola, quellodegli scrutini ha strari-pato nelle superiori, do-ve sono stati fermatiquasi 19 mila scrutini.Le classi da scrutinareerano 93 mila e in mediagli scrutini erano “spal-mati” su 6 giorni: dun-que, nei due giorni di

sciopero si tenevano cir-ca 31 mila scrutini, dacui vanno tolte le classi“terminali” non coinvol-te: cosicchè, abbiamobloccato circa 19 milaclassi su circa 27 mila,con una percentuale del70%. Il movimento di lot-ta, promosso dai COBASe dai precari organizzati,chiede che si cancellino i41 mila tagli di posti dilavoro e la Finanziaria-massacro, il blocco degliscatti “di anzianità” e deicontratti, il furto delle li-quidazioni e l’allunga-mento dell’età pensiona-bile; e reclama l’assun-zione dei precari/e, mas-sicci investimenti nellascuola pubblica, l’annul-lamento della “riforma”delle superiori, la resti-tuzione a tutti/e del di-ritto di assemblea.Solo la ministra dormienteGelmini non si è accorta diniente, e risvegliatasi d’im-provviso, ha delirato su“iniziative isolatissime” ac-cusando – Berlusconi, suomentore e protettore, do-cet – centinaia di agenziedi stampa, giornali, TV e

radio, che hanno registra-to il successo straordina-rio dello sciopero, di “com-plotto” contro il governo.Molti docenti volevano pro-seguire ma, purtroppo,gran parte del diritto di

che del Gruppo Miroglioo di Golden Lady.Per non parlare dell'infor-mation technology, chefra ex Eutelia, OmniaNetwork, Phonemedia ealtri vede circa 20milapersone rischiare di per-dere il lavoro. Circa 4500i posti a rischio nella chi-mica di base, con verten-ze come quella dellaVinylis di Porto Torres, icui operai nei mesi scorsihanno occupato l'Asinararibattezzandola Isola dei

disoccupati. Altri 4milalavori in bilico nella far-maceutica, Oltre tremilanella componentisticaauto, con le crisi di Er-gom, dove 500 personerischiano di perdere ilposto in Piemonte, Cam-pania e Lombardia, Oer-likon, 1200 posti, o dellaGrimeca di Rovigo.�( Fon-te: ManagerOnline -Barbara Weisz)l ricorso alla cassa inte-grazione a maggio segna,ancora una volta, il dato

più alto di sempre concirca 117 milioni di orerichieste mentre irrompecon tutto il suo peso laCassa integrazione in de-roga - lo strumento cheestende gli ammortizza-tori sociali ai lavoratoriche finora non erano tu-telati - segnando, da ini-zio anno a maggio, un au-mento del 629,68% suiprimi cinque mesi del2009, per un totale di120.759.864 ore di Cigd.E' quanto si apprende dauna nota diffusa oggi (21giugno) da Corso Italia.Ad aggravare la situazio-ne c’è sicuramente lamancanza del ministro diriferimento, dato che ildicastero per lo SviluppoEconomico risulta ancoravagante, provocando unvuoto incolmabile perquelle aziende che si so-no affidate al governo edalle istituzioni per con-cordare il percorso persuperare la fase di crisinel modo più indolore..L’interim del presidentedel Consiglio doveva du-rare pochi giorni e, inve-ce, dal 4 maggio, giornodelle dimissioni di Clau-dio Scajola, è passato unmese e mezzo. Speriamoche finalmente venga in-dividuato una figura di ri-ferimento, fondamentaleper poter portare a termi-ne vertenze così impor-tanti per la nostra econo-mia e per le miglliaia difamiglie coinvolte.

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Campania. Intorno a quo-ta mille Sardegna, Abruz-zo, Basilicata ed EmiliaRomagna. Quanto ai set-tori, non si salva nemme-no il Made in Italy, peresempio con le crisi diMariella Burani, in ammi-nistrazione controllata,che riguarda mille e cin-quecento persone, o di It-tierre, l'azienda di It Hol-ding che sarà in venditaentro l'estate, con unavertenza che riguarda1500 lavoratori, ma an-

I numeri della crisi170 i tavoli di crisi aperti al ministero dello Sviluppo economico. A rischio 200-250mila posti

25 mila scrutini bloccatiLa Gelmini grida al complotto dei mass-media, ma dopo lo straordinario successola lotta proseguirà anche durante gli esami di maturità

sciopero ci è stato sottrattoventi anni fa con la antico-stituzionale legge 146 del’90, chiamata anti-COBAS,scritta o approvata da queisindacati monopolisti, inprimis la Cgil, che per de-

cenni denunziarono ogni li-mitazione al diritto di scio-pero come “fascista” mache, di fronte ai nascentiCOBAS, che mettevano indiscussione il sindacalismodi mestiere, preferirono

cancellare la “materia pri-ma” per la lotta.La lotta continuerà neiprossimi giorni, durantegli esami di maturità.

Piero Bernocchi portavocenazionale COBAS

Page 7: Giugno 2010

Lavoro 7 1FOLIGNO

Repubblica Italiana

Art. 42.

La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad

enti o a privati.

La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i

modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione

sociale e di renderla accessibile a tutti.

Art. 41

L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità

sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.

La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economi-

ca pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.

Marchionne:

“Lunedì scorso lo stabilimento di Termi-

ni Imerese è andato in sciopero e l'uni-

ca ragione era che stava giocando la na-

zionale italiana. Cerchiamo di smetterla

di prenderci per i fondelli: come lo fan-

no a Termini, l'hanno fatto a Pomigliano

e lo fanno in tutti gli stabilimenti italia-

ni. O facciamo il nostro lavoro seria-

mente o la Fiat non è interessata. L'Ita-

lia non avrà un futuro manifatturiero,

l'industria non esisterà più. Se la voglia-

mo ammazzare me lo dite, lo facciamo,

sono disposto a fare quello che voglio-

no gli altri".

Marcegaglia:

“Il no della Fiom all'accordo con Fiat

sullo stabilimento è inaccettabile. Non

si può dire di no per difendere alcuni la-

voratori grandi assenteisti che si metto-

no in falsa malattia. Chiediamo alla Fiat

di ripensare la sua posizione e di coglie-

re questa sfida".

Brunetta:

“L’intesa tra Fiat e sindacati è un accor-

do straordinario mentre poco straordi-

nario è il contrasto di una parte sinda-

cale minoritaria, che di fatto difende

fannulloni e opportunisti. I fannulloni

sono gli assenteisti finti per malattia, e

tutti sanno che l’assenteismo in quell’a-

rea, per doppio o triplo lavoro, è non so-

lo storicamente rilevante ma poco con-

trastato anche dagli stessi sindacati, che

sono stati messi in minoranza dagli as-

senteisti. C’è poi l’opportunismo di pro-

clamare scioperi più o meno individuali

per non fare i turni. A coprire tutto que-

sto la Fiom invocando la Costituzione,

lo Statuto dei lavoratori, il diritto di

sciopero, ma chi attacca il diritto di

sciopero sono gli opportunisti: quelli

che usano in maniera opportunistica,

per altri fini, un diritto fondamentale

dei lavoratori. In realtà questa è la so-

stanza del contendere. E perché c’è

qualche decina o centinaia di opportuni-

sti o fannulloni, un’intera area deve ri-

nunciare a 15mila posti di lavoro e 700

milioni di euro di investimenti? Suvvia,

siamo seri. È ora di finirla con gli oppor-

tunisti e i fannulloni, ovunque essi si

collochino, un po’ come è successo ne-

gli anni 80 con la marcia dei 40mila”.

Il no della FIOM per il Lavoro,

per i Diritti e per la Dignità

“Lavoratrici e lavoratori di Pomigliano, sul-

le vostre spalle pesa in questi giorni un ter-

ribile ricatto. Da un lato la minaccia di chiu-

sura dello stabilimento, dall’altro i diritti

fondamentali garantiti dal Contratto nazio-

nale, dallo Statuto dei lavoratori, dalla Costi-

tuzione. L’accordo che la Fiom non ha sotto-

scritto porta indietro di più di 50 anni le

condizioni e i diritti del lavoro. Cambiano i

turni, le pause, l’organizzazione del lavoro.

Con un aggravio pesantissimo per la salute

delle lavoratrici e dei lavoratori. Ma, oltre a

questo, per la prima volta in Italia si scrive

che per le lavoratrici e i lavoratori di Pomi-

gliano non varrà più il Contratto nazionale

sugli orari di lavoro, sul trattamento di ma-

lattia, sulle qualifiche. Per le lavoratrici e i la-

voratori di Pomigliano non ci saranno più le

regole e i diritti scritti sul contratto e validi

finora per tutti. Ma in più, oltre a questo, si

toglie ai lavoratori e al sindacato il diritto al-

la difesa contro i soprusi dell’azienda. Que-

sto è un punto di una gravità senza prece-

denti, mai sottoscritto in nessun accordo.

Infatti al punto 15 dell’accordo separato la

Fiat scrive che tutte le parti contenute nel-

l’accordo diventano una sorta di nuovo con-

tratto individuale di lavoro e che il lavorato-

re che viola questo nuovo contratto è passi-

bile di provvedimenti disciplinari fino al li-

cenziamento. In questo modo i lavoratori di

Pomigliano dovrebbero perdere la tutela

dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e

della stessa Costituzione.

La Fiom ha detto di no a un accordo che non

solo peggiora le condizioni di lavoro, ma che

se applicato impedisce qualsiasi possibilità

di migliorarle. La Fiom ha dato la disponibi-

lità a trattare e discutere sulle pesanti con-

dizioni di lavoro chieste dalla Fiat, ma non a

rinunciare ai diritti personali e indisponibi-

li delle lavoratrici e dei lavoratori. Ora a Po-

migliano si dovrebbe scegliere tra il posto di

lavoro e i diritti sacrosanti garantiti dalla

Costituzione. È una scelta vergognosa che la

Fiom respinge. La Fiom non accetta e non

accetterà mai di cancellare i diritti fonda-

mentali delle lavoratrici e dei lavoratori. Per

questo, comunque vada un referendum che

è assolutamente immorale e illegittimo, la

Fiom continuerà a dire NO all’accordo e a tu-

telare in tutte le sedi i diritti delle lavoratri-

ci e dei lavoratori di Pomigliano”

Repubblica Popolare Cinese

Art. 15

Lo stato attua un'economia pianificata, sulla base della proprietà pubblica so-

cialista. Lo stato, mediante l'equilibrio complessivo della pianificazione econo-

mica e la funzione ausiliare regolante del mercato, garantisce uno sviluppo pro-

porzionato e coordinato dell'economia nazionale.

Art. 11

L'economia individuale dei lavoratori urbani e rurali, entro l'ambito delle norme

di legge, è un complemento dell'economia di proprietà pubblica socialista. Lo

stato protegge i diritti e gli interessi legittimi dell'economia individuale.

Lo stato dirige, aiuta e sorveglia l'economia individuale attraverso misure am-

ministrative.

GIUGNO 2010 www.piazzadelgrano.org

Diritti dei lavoratori, libertà d’impresa,sviluppo economico

Assalto ai principi costituzionali dell’economia etica e sociale

Assalto ai diritti costituzionali dei lavoratori

“Bisogna riformare l'articolo 41 della Costituzione. Quando la libertà di impresa sarà riconosciutaci saremo liberati di lacci e laccioli che sono stati pensati da democristiani e comunisti. Sono passa-ti 62 anni dall'entrata in vigore della Carta Costituzionale e le cose sono cambiate.” (Berlusconi)

Crescita PIL 2010: “0”

Produzione Fiat maggio 2009/2010: “-22,7%”

Dividendo Fiat 2009 “250 milioni”

Stipendio Marchione “+40%) “7 milioni annui”

Disoccupazione Italia maggio 2010 “10,2%”

Stipendi operai Fiat:

300 euro Serbia, 500 euro Polonia, 1.100 euro Italia

Crescita PIL 2010: “+10”

Page 8: Giugno 2010

Enti locali e servizi8 1 FOLIGNOGIUGNO 2010

Il tifo organizzato si è di-

chiarato contrario e nei so-

cial network la parola

chiave è “no alla tessera

del tifoso!”.

Ma in realtà, di cosa si

tratta?

Secondo la definizione resa

dagli organi del Governo, la

Tessera del tifoso è “una

card dedicata a tutti i tifosi

di calcio e rappresenta il

segno della appartenenza;

fornisce servizi e vantaggi

per coloro che vanno allo

stadio; vuole essere uno

strumento di fidelizzazio-

ne fra i tifosi e le squadre.

La tessera è rilasciata, su

richiesta, dalla società

sportiva dopo il 'nulla

osta' della questura com-

petente”.

Apparentemente, dunque,

sembra offrire molteplici

vantaggi per gli

utenti/tifosi, come accede-

re allo stadio anche nei ca-

si di partite soggette a re-

strizioni o attraverso var-

chi dedicati (una sorta di

corsia preferenziale).

Procedure snellite sono

previste anche per l’ac-

quisto dei biglietti, ove

sostituirà il documento di

identità.

Chi ha la carta usufruirà

delle eventuali ulteriori pro-

mozioni e opportunità of-

ferte dalle società calcisti-

che in esclusiva (diritto di

prelazione per l’acquisto di

biglietti, accumulo di punti,

convenzioni con altre so-

cietà private come Ferrovie

dello Stato, Autogrill e altri

partner e sponsor).

L’attività degli organi di po-

lizia si limita all’esclusivo

accertamento di eventuali

motivi ostativi e solo per il

tempo necessario. Infatti,

per ottenere il nulla osta

della Questura che autoriz-

za le società a rilasciare la

carta, è necessario non es-

sere sottoposti a D.A.SPO.

(cioè al Divieto di Accedere

ai luoghi ove sono in corso

manifestazioni SPOrtive) e

condanne per “reati da sta-

dio” negli ultimi 5 anni.

Dopo le verifiche, i dati

personali dei tifosi saranno

conservati dalle società

sportive e non dalla Que-

stura.

Ora, tralasciando ogni ri-

flessione su eventuali re-

strizioni a diritti fondamen-

tali come le libertà costitu-

zionalmente garantite, la

parola chiave, in ogni caso,

rimane “Fidelity Card”, stru-

mento che nel ramo del re-

tail ai consumatori pare

LORENZO BATTISTI

CRISTIANO DELLA VEDOVA

Nell’antichità la cortesia era

chiamata in vari modi: Urba-

nitas perché si contrappone-

va alla rozzezza e alla ruvi-

dezza del «villano», di colui

che abitava nella villa; civili-

tas per sottolineare che l’af-

fabilità era tipica del «civis»

consapevole della sua di-

gnità di cittadino romano; e

infine humanitas, forse il

termine latino più felice per

definire quell’intreccio di

amabilità, benevolenza, edu-

cazione e cultura.

Nell’affrontare una tematica

come questa, il rischio di

sforare nella retorica o di di-

ventare protagonisti di un

inutile moralismo è certa-

mente molto elevato. Riten-

go, tuttavia, senza alcuna

presunzione, che molto

spesso lo scopo di una paro-

la scritta o sentita sia sem-

plicemente quello di stimo-

lare un pensiero, un esame

con noi stessi.

Se mi chiedessero di colora-

re il concetto di cortesia, lo

farei utilizzando il rosso: un

rosso “condivisione” acceso,

arguto e sapiente. Associo la

nozione di cortesia ad un’

idea di passione per ciò e

per chi ci sta intorno, ed in

sostanza ad un’ idea di ten-

sione verso la vita di cui il

nostro contorno fa parte.

Nell’insegnamento delle lin-

gue straniere, in primis l’in-

glese, le espressioni di salu-

to, ringraziamento ecc. so-

no regolarmente presentate

all’interno di brevi dialoghi

fin delle primissime unità

didattiche: testimonianza

che la cortesia è ritenuta

una condizione fondamen-

tale della convivenza civile

e un aspetto rilevante dello

studio linguistico, sicché

non desta meraviglia l’am-

pia fioritura di lavori scien-

tifici sull’argomento e la

particolare attenzione rivol-

ta, nell’ultimo trentennio e

soprattutto in area anglo-

sassone, al fenomeno della

politeness. Cortesia, una

questione di cultura.

Talvolta mi risulta veramen-

te difficile capire: qual è la

differenza tra il proporsi

con una “faccia negativa” e il

proporsi, invece, con una

“faccia positiva”? Nessuna.

Assolutamente nessuna. E il

tutto è totalmente gratuito.

Mi capita spesso di frequen-

tare uffici pubblici, e quasi

sempre il funzionario o l’im-

piegato che sta al di là del

vetro, esegue l’operazione ri-

chiesta senza nemmeno co-

noscere il viso di chi ha ap-

pena “servito”. Testa bassa,

sguardo fisso, e … avanti il

prossimo. Non un saluto,

non un sorriso, nessun cen-

no. Mi rattrista pensare che

l’uomo da secoli si impegna

e lotta in tutte le forme per

arginare e distruggere le ini-

quità, ma ancora, in tantissi-

Da diversi anni a questa

parte si sente parlare sem-

pre più spesso di “danno da

vacanza rovinata”. Tale vo-

ce di danno consiste sostan-

zialmente nel pregiudizio di

tipo psicologico subito dal

vacanziere per il mancato o

non completo godimento

del viaggio organizzato,

considerato dal medesimo

come meritata occasione di

riposo, piacere e svago.

La Corte di Cassazione, in

una recentissima sentenza

(n. 5189/2010 del

04.03.2010) fissando il

principio secondo cui “il de-

pliant illustrativo costitui-

sce parte integrante dell’of-

ferta contrattuale”, ha riba-

dito che “con il contratto

avente ad oggetto un pac-

chetto turistico all inclusi-

ve, sottoscritto dall’utente

sulla base di un’articolata

proposta contrattuale,

spesso basata su un de-

pliant illustrativo, l’organiz-

zatore o il venditore assu-

mono specifici obblighi, so-

prattutto di tipo qualitativo,

riguardo a modalità di viag-

gio, sistemazione alberghie-

ra, livello dei servizi, etc..,

che vanno esattamente

adempiuti; pertanto, ove la

prestazione non sia esatta-

mente realizzata, sulla base

di un criterio medio di dili-

genza ex art. 1176, com-

ma1, c.c. (da valutarsi in se-

de di fase di merito), si con-

figura responsabilità con-

trattuale, tranne nel caso in

cui, organizzatore o vendi-

tore non forniscano ade-

guata prova di un inadem-

pimento ad essi non impu-

tabile”.

Già il D. Lgs. 11/1995, che

dava attuazione nel nostro

Paese alla direttiva n.

90/314/CEE, disciplinava il

contratto di vendita dei

“pacchetti turistici”. L’art. 5

di tale direttiva CEE è stato

oggetto di una pronuncia

interpretativa della Corte di

Giustizia CE del 12.03.2002

(C-168/00), la quale ha af-

fermato che il consumatore

ha diritto al risarcimento

del danno morale derivante

dall’inadempimento o dalla

cattiva esecuzione delle

prestazioni fornite in occa-

sione di un viaggio “tutto

compreso”.

Tale sentenza ha finito per

condizionare la giurispru-

denza italiana ed anche la

legislazione di settore con-

fluita nell’art. 93 del Codice

del Consumo.

Dunque, in caso di inadem-

pimento contrattuale da par-

te dell’organizzatore del

viaggio possono derivare al

viaggiatore un danno patri-

moniale (essenzialmente

danno emergente per ina-

dempimento contrattuale e

eventuali spese necessarie

per l’utilizzo di servizi alter-

nativi a quelli non fruiti) e un

danno non patrimoniale, os-

ELISA BEDORI

Cortesia, una questione di cultura

La tessera del tifoso

Il quotidiano viaggio nel mondo dei servizi e della burocrazia:basterebbe, talvolta, un sorriso per rendere qualsiasi ufficiopubblico più efficiente e a misura d’uomo.

Altre vie per consumare i l calcio La responsabilità del tour operator nella giurisprudenza

Il danno da vacanza rovinata

mi casi, non è in grado di

compiere il più semplice e

innato gesto di cortesia. Ri-

peto, completamente gratui-

to. La distanza che si avver-

te nel salutare e non ricevere

alcuna risposta è frustrante.

Ma certamente è più frustra-

to chi non lo fa. E non esisto-

no giustificazioni di alcun ti-

po per negare perfino lo

sguardo a chi ti sta di fronte.

Scortesia, una questione di

ignoranza. Chi non potrebbe

condividere che una disposi-

zione positiva verso l’utente

o il cliente, un approccio be-

nevolo nei confronti di chi ti

chiede delucidazioni su que-

sto o su quell’argomento,

porterebbe a risultati di gran

lunga migliori anche in ter-

mini di efficienza. Senza vo-

ler assolutizzare il concetto,

siamo di fronte ad un au-

mento di efficienza che non

costa assolutamente nulla.

Potremmo risparmiare sem-

plicemente con un “buon-

giorno”, con un sorriso o

con una briciola in più di pa-

zienza?! E non esiste avviso

a caratteri cubitali che possa

sostituire la cordialità anche

di una sola parola. Cortesia,

un questione di umiltà.

Ritengo che questo atteg-

giamento positivo sia molto

più importante della chia-

rezza perché, mentre la vio-

lazione della chiarezza può

compromettere la compren-

sione, se violiamo le “rego-

le” della cortesia compro-

mettiamo il rapporto con

l’interlocutore.

In questa eclissi quotidiana

della cortesia, mi sorgono

alcuni interrogativi: perché

mai un sorriso rivolto a

uno sconosciuto in un ne-

gozio, in un bar, o un

“buongiorno” caloroso op-

pure l’impegno a mettere a

suo agio uno straniero ca-

pitato nel tuo stesso ufficio

dev’essere segno di servili-

smo o di ipocrisia? Predi-

sporre l’animo altrui alla

benevolenza e al buon

umore è invece un atto di

suprema civiltà e cultura.

Cortesia come collante e

cooperazione, cortesia co-

me modalità sociale d’azio-

ne. Tanti input, tante consi-

derazioni, tanta semplicità;

non occorre citare un filo-

sofo come Schopenhauer

che ha trattato anche del

concetto in parola: mi pia-

ce citare Corrado, uno di

noi: “Chi dà per cortesia dà

con allegria. Non costa nul-

la a chi la usa, procura pia-

cere a chi la riceve”.

www.piazzadelgrano.org

piaccia moltissimo. Del re-

sto è lo stesso sito ufficiale

della Lega Calcio (Serie C)

che già la descrive anche co-

me “una carta di pagamen-

to ricaricabile”. In altre pa-

role, la vera anima della tes-

sera del tifoso sembra esse-

re quella commerciale, che

si maschera – ma non trop-

po – dietro presunte neces-

sità di pubblica sicurezza.

E allora, se il “microcip”

identificativo applicato alla

grande distribuzione è una

scelta tecnologica per velo-

cizzare i servizi dedicati

agli utenti finali, perché nel

calcio è vista con tanto so-

spetto?

La sensazione è che al tifo-

so interessi essere tifoso e,

almeno per una volta,

smettere di apparire con-

sumatore.

sia il c.d. “danno da vacanza

rovinata” da alcuni ricondot-

to al c.d. “danno esistenzia-

le”, determinato da nervosi-

smo, ansia e frustrazione

sopportato a causa dell’ine-

satta esecuzione della pre-

stazione promessa.

Il turista, per vedersi ricono-

sciuto il danno, deve conte-

stare tempestivamente sul

luogo di villeggiatura i disa-

gi e le difformità riscontrate

nell’esecuzione del contrat-

to, al fine di mettere l’opera-

tore turistico nella condizio-

ne di porre rimedio ai di-

sguidi creati.

In ogni caso, entro 10 giorni

dal ritorno dalla vacanza, il

turista dovrà inviare all’o-

peratore turistico una for-

male contestazione, conte-

nente un preciso elenco dei

disguidi subiti, provveden-

do ad allegare tutta la docu-

mentazione comprovante

tali disagi.

Entro e non oltre un anno

dal rientro nel luogo di par-

tenza, il turista dovrà espe-

rire l’azione risarcitoria

contro il tour operator con-

siderato responsabile

Page 9: Giugno 2010

Salute 9 1FOLIGNO

È una zanzara diffusasi inEuropa dagli anni 90, pro-babilmente giunta dall’Asiaal seguito di pneumaticiusati (Genova).È lunga dai 2 ai 10 mm, è ti-grata bianco e nero.A differenza delle altrezanzare la tigre è attiva an-che di giorno, non solo altramonto e all’alba. La zanzara tigre punge ra-pidamente, riuscendo cosia fuggire facilmente.Depone le uova in conteni-tori con piccole quantità diacqua (vasi, sottovasi, fo-gnature otturate, gron-daie).Le uova resistono alla sic-cità, per cui possono so-pravivere fino alla ricom-parsa dell’acqua.Hanno un raggio d’azionedi circa 200 metri.Pur provenendo da regionitropicali, si sta adattandoanche a climi più freddi;mentre ai tropici è attivatutto l’anno, da noi solo neimesi caldi.La femmina di zanzaratigre ha bisogno di san-gue per la produzionedelle uova. Essa oltre apungere l’uomo pungeanche gli animali, per cuiè un importante vettoredi malattie tra diversespecie.

Pericoli per la saluteLa principale caratteri-stica della zanzara tigreè la sua aggressività, ilfatto di essere in attivitàsia di giorno che di not-te, inoltre una forte resi-stenza ai veleni comuni,oltre ad una eccezionalecapacità di adattamentoambientale.Essa trasmette patogeni evirus come il virus dellafebbre del Nilo, la febbregialla, l’encefalite di S.Louis, del dengue ecc..Nel 2005-2007 fu respon-sabile di una epidemia divirus chikungunya (febbre,mal di testa, dolori artico-

lari, eruzione cutanea pru-riginosa, ecc) nell’isolafrancese di Riunione(266.000 persone contagia-te, 248 morti). In Europa una sola epide-mia nel 2007, in provinciadi Ravenna con il contagiodi circa 200 persone, unapersona anziana deceduta.La zanzara tigre è impor-tante anche nella medicinaveterinaria. Per esempio, le zanzare ti-gre sono vettori di dirofila-ria immitis, un verme pa-rassitario che causa la ladirofilariosi cardiovascola-re in cani e gatti.

Controllo e soppressionePer evitare la diffusione el’insediamento della spe-cie e necessario un moni-toraggio e sorveglianzasoprattutto di negozi conpiante importate, carichidi copertoni, punti di rin-fresco sulle autostrade estazioni ferroviarie. Im-portante è la distruzionedell’abitat dove depongo-no le uova (pozzanghere,grondaie, copertoni vec-chi, sifoni per fogne, sot-tovasi). Per evitare che le zanzaredepongano le uova è consi-gliabile riempire di sabbiao ghiaia vasi, sottovasi, bu-chi di alberi.Molto importante è scopri-re la presenza della zanza-ra tigre. Questo può essere realiz-zato con una specie ditrappola (OVITRAP) dove lezanzare depositano le uovache possono essere ricono-sciute. Più difficile è l’usodi trappole per zanzareadulte.

I funghi nell'uomo si com-portano come “saprofiti”(insieme a batteri e ad altrimicrorganismi provvedonoalla importantissima fun-zione di degradazione dellesostanze organiche), “op-portunisti” (normalmente sicomportano come saprofiti,ma in presenza di particola-ri condizioni, possono pro-vocare la comparsa di ma-lattia), “patogeni” (arrivatisull'uomo determinano lamalattia).Le infezioni micotiche nonsono malattie pericolose masono fastidiose e non belle

da vedersi.Le infezioni micotiche piùcomuni sono: “dermatofi-zie” o “tigne” (Tinea Corpo-ris, colpisce la cute priva dipeli; Tinea Pedis, o pieded'atleta, si manifesta conmaggiore frequenza neglispazi interdigitali del pie-de; Tinea cruris, inizia tipi-camente da una plica ingui-nale; Tinea ungulum è unonicomicosi che si manife-sta soprattutto alle unghiedei piedi); “pitiriasi versi-color” che colonizza la cu-te del tronco e del capello;le “candidosi” sono provo-cate soprattutto dalla Can-dida Albicans, che è unfungo opportunista per ec-cellenza, presente come sa-

profita a livello della muco-sa o della cute, è semprepronto a trasformarsi inpatogeno non appena lecondizioni locali o sistemi-che lo permettono. I fattori che influenzano leinfezioni funginee sono:“microtraumi” che alteranola flora resistente, le secre-zioni, o il mantello idratan-te-acido; “terapie” che ridu-cono le difese immunitarie;“macerazione cutanea” in-dotta da frequentazione diambienti caldo-umidi, cal-zature inadeguate, indu-menti sintetici; “squilibriodella flora resistente” in se-guito a trattamento anti-biotico.PrevenzioneParticolare attenzione deveessere riservata a elementa-ri norme igieniche:1) lavarsi le mani con sapo-

Questo slogan che è statomolto in voga, soprattuttonegli Stati Uniti, diversi an-ni fa è forse oggi poco at-tuale, o meglio lo è alle no-stre latitudini. Ancora oggiinfatti in alcune popolazio-ni o ceti sociali o addirittu-ra in alcune razze permaneuna valutazione del sogget-to ricco di grasso diametral-mente opposta a quella del-la nostra società. Tutti sanno come neglistessi Stati Uniti le personeobese siano molte e assolu-tamente inserite nel conte-sto sociale, ma pochi sannoforse che la razza nera pre-senta nelle donne una per-centuale di sovrappesomaggiore che nella razzabianca e che nell'uomo ciòè vero solo nell'età tra 35 e50 anni. In una popolazio-ne di Indiani d'America,chiamati Pimas, esisteun'altissima percentuale dipersone in sovrappeso (33.7 % per i maschi e 40.3%per le donne ) e questo ri-veste un titolo di grandeprestigio nell'ambito dellaloro comunità. Già nell'infanzia l'obesità intutte le popolazioni si mani-festa con chiarezza anchein relazione al contesto fa-miliare. Bambini obesi ven-gono spesso da genitoriobesi e saranno adulti obesisulla base di consuetudinilegate al tipo di alimenta-zione e di abitudini di vitadella famiglia stessa. Addirittura l'obesità mostrauna correlazione con la si-tuazione sociale ed econo-mica del soggetto.E' stato infatti dimostrato

in uno studio su larga scalacome questi fattori sianostrettamente connessi conrisultati opposti addiritturanei due sessi: negli uominidi fascia sociale elevata èmaggiore infatti la presenzadell'obesità contrariamentea quanto succede per ladonna dove nelle fasce so-ciali elevate l'obesità viene

vista come uno spauracchioda evitare ad ogni costo edimpera lo status della don-na alta, bella e magra conl'imperversare di ogni tipodi trattamento per il mante-nimento della forma fisica. Nei Paesi a sviluppo indu-striale più recente, peresempio, l'obesità va gra-dualmente aumentando difrequenza. Anche il tipo divita legato alla sede di resi-denza e all'attività lavorati-va sono importanti. Nelle zone di campagna peresempio l'obesità è più dif-fusa nelle donne che negliuomini anche se la semprecrescente meccanizzazionedell'attività agricola sta por-tando gli uomini versoun'attività più sedentaria equindi ad un aumento del-l'obesità. Sul piano stretta-mente sociale, le personeobese, che lo si voglia o no,difficilmente ottengono unimpatto positivo nei rap-porti umani. E' luogo comune che l'obesosia meno attivo, meno vo-lenteroso, meno efficace sulpiano lavorativo, una perso-na nel complesso carentesotto il profilo caratteriale.E' tipico che l'obeso debbaessere necessariamente"simpatico" per ottenerel'attenzione altrui ed evitar-ne il distacco. Le persone in questione so-no di parere assolutamentecontrario e si descrivonotutt'altro che poco attivema da una recente indagineè emerso che solo una pic-cola parte dei loro medicicuranti si sentono di con-fermare questa tesi. Sul piano lavorativo è inne-gabile inoltre che esista nel-la nostra società una vera epropria discriminazione neiconfronti di questi soggetti:si va dalla quasi impossibi-lità di essere assunti peresempio come commesseper il sesso femminile, inparticolare nel campo del-l'abbigliamento, all'assegna-zione di territori di venditameno competitivi per il ses-so maschile. Addirittura in alcuni con-

Il conflitto tra Società ed Obesità

Micosi superficiali

Zanzara tigre

LEONARDO MERCURI PARIDE TRAMPETTI

MARIO ANTONIO ZOCCO

GIUGNO 2010

ni acidi (Saugella, Balta,Soagen),2) asciugarsi accuratamentedopo essersi lavati per eli-minare l'umidità residua,3) evitare indumenti che im-pediscono una regolare eva-porazione del sudore, facili-tando la macerazione dellacute (abiti attillati, scarpechiuse con suola di gomma),4) non camminare a piedinudi sui bordi delle vasche,negli spogliatoi, nelle doccedelle piscine.TrattamentoPer il trattamento delle mi-cosi i farmaci a disposizio-ne sono:1) preparati magistrali (tin-tura rubra di Castellani, vio-letto di genziana, blu di me-tilene, eosina) hanno unabuona azione antimicotica,però hanno l'inconvenienteche macchiano la cute e di

conseguenza i vestiti,2) l'acido undecilenico, que-sto medicamento è attivosolo su infezioni da derma-tofiti.3) antimicotici azolici: (clo-trimazolo, econazolo, mico-nazolo, ketoconazolo, bifa-zolo, terbinafina, fenticona-zolo) questa classe di far-maci ha un’azione sovrap-ponibile e funzionano be-

nissimo su tutte le infezionimicotiche.Posologia e durata del trat-tamentoGli antimicotici usualmentesi applicano due volte algiorno sulla pelle infettacon un margine di 2 cm sul-la pelle sana. Il trattamentodeve durare almeno unasettimana dopo la guarigio-ne delle lesioni.

corsi pubblici può essereconsiderato criterio diesclusione l'essere obeso oa volte anche semplicemen-te in sovrappeso.L'immagine femminile in

particolare, proposta in tut-ti i campi, allo stato attualerisponde a canoni oppostialle caratteristiche delledonne in sovrappeso o peg-gio ancora obese. Questo fa sì che esista inqueste persone un'aspetta-tiva legata al dimagramentoassolutamente discordanterispetto alla classe medica.Questa infatti punta a ridur-re i problemi di salute deri-vanti da tale condizione,mentre l'aspettativa femmi-nile è senz'altro più di tipoestetico a prescindere dallasalute di cui a volte poco cisi rende conto. Come accen-nato, malgrado in Italia lalegge non ammetta discri-minazioni di sorta nel cam-po del lavoro, l'esperienzadi tutti i giorni ci dice l'esat-to contrario.Contrariamente ai portatoridi handicap per esempio, ri-tenuti dalla società non col-pevoli della loro condizione

e quindi ovviamente giustifi-cati ed aiutati, la personaobesa viene ritenuta respon-sabile e si ritiene essa stessaresponsabile della propriacondizione e dell'impossibi-lità a modificarla e come ta-le viene penalizzata e si au-to-penalizza. Molti obesi, infatti, vivonoin una condizione di peren-ne frustrazione e di scarsaconsiderazione di se stessache li porta spesso ad unasituazione personale sem-pre più compromessa. Ciò si ripercuote natural-mente su tutti i campi diinteresse della vita e spes-so anche su quello senti-mentale in cui questa per-sona si sente quasi "noncompetitiva", incapace disuscitare interesse e di po-ter incontrare l'attenzionedel sesso opposto, tenden-do a chiudersi sempre piùin se stessa fino a condur-re una vita ritirata al difuori di sguardi indiscreti equindi, in definitiva, dipossibili ulteriori rifiuti epenalizzazioni da parte diuna società che si definiscein piena evoluzione.

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Con l’estate torna il pericolo;controllo e soppressione

La grande ipocrisia dello slogan “grasso è bello!”L’obesità ha una correlazione sociale ed economica

Page 10: Giugno 2010

Pensieri e Parole101 FOLIGNO

GIUGNO 2010

1/4 della gelatina. In unostampino versare un primostrato di gelatina e lasciarerapprendere, aggiungere leverdure disposte e tagliatecome si desidera, alternan-

do i colori, dando la formadi un petalo di fiore ecc. eancora gelatina, far rap-prendere, aggiungere la cre-ma di prosciutto, lasciaresempre rapprendere ed infine chiudere con uno stra-to di gelatina. Mettere in fri-go per alcune ore. Per sfor-mare i piccoli aspic immer-gere la base degli stampiniper pochi istanti in acquacalda e poi rovesciarli sulpiatto di portata.Le dosi di questa ricetta so-no per la preparazione dicirca 10 stampini. Gli aspic

Aspic di prosciutto e verdure

Ingredientigr 400 prosciutto cotto, n 2dadi gelatina salata, verduremiste bollite q.b., l 1/2 salsabesciamella.ProcedimentoScogliere i dadi di gelatinain acqua e a piacere aroma-tizzare con limone, aceto,vino Porto ecc. Frullare ilprosciutto, incorporarlo al-la besciamella e aggiungere

LA RICETTA DEL MESE - ASPIC DI PROSCIUTTO E CREPES

INRICORDODIPEPPINOIMPASTATO

Qualche mese fa è apparsauna notizia secondo cui in unpiccolo comune bergamasco, un sindaco leghista ha “elimi-nato” una targa celebrativa inonore di Peppe Impastato persostituirla con una targa in me-moria di un sacerdote locale.Chi era in realtà Peppe Impa-stato?Impastato nasce a Cinisi (Pa-lermo) nel 1948 da una fami-glia di origine mafiosa; tutti isuoi parenti, compreso il pa-dre erano mafiosi.Peppino cresce in una realtàche non considera giusta e giàall’età di 17 anni comincia adavere i primi problemi con ilpadre che lo caccia di casa.A partire da quella data si im-pegna attivamente nella lottadi sinistra; diventa attivistadei gruppi di nuova sinistra econduce le lotte dei contadinisfrattati, degli edili, degli ope-rai e dei disoccupati.In seguito costituisce il grup-po musica e cultura, ma rag-giunge l’apice con le sue ini-ziative nel 1976 quando fon-da radio “AUT”.Radio “AUT” era una radio li-bera, autofinanziata, che ave-va come scopo quello di de-nunciare pubblicamente i ma-fiosi di Cinisi e Terrasini.Storico fu il programma “on-da pazza a mafiopoli” dove in-sieme a due compagni sbef-feggiava mafiosi e politici masoprattutto Tano Badalamen-ti capo della mafia locale.Questi comportamenti moltocoraggiosi e al tempo stesso

giusti gli costarono la vita.Peppe Impastato “si uccise” lanotte tra l'8 e 9 maggio 78.Inizialmente infatti, secondola stampa e le forze dell’ordi-ne si fece saltare in aria volon-tariamente. Solo alcuni anni dopo “si sco-pri” che la causa era di originemafiosa, e solo nel 2002 ven-ne riconosciuto Tano Badala-menti colpevole come man-dante dell’omicidio, ben 24anni dopo.Questa è la storia di Peppe Im-pastato riassunta in qualcheriga.Di lui infatti si conosce benpoco perché quella notte l'Ita-lia venne scossa da un delittomolto più “grande”, quellastessa notte venne ritrovato ilcorpo di Aldo Moro, brutal-mente ucciso, forse, dalle Bri-gare Rosse.Ovviamente la stampa nonnominò quasi minimamente ilpovero Peppino.La sua colpa è stata ovviamen-te quella di cercare di cambia-re le cose, e nel Bel Paese certecose non si possono dire, tan-to meno provare a fare.Il problema però è che tuttoraquasi nessuno conosce chi eraPeppe Impastato, perché quel-la notte il martire fu solo AldoMoro?Perché oggi nelle scuole si in-segnano solo i versi di D'An-nunzio e nessuno nomina mi-nimamente Impastato?La risposta è semplicissima:forse è giusto così, forse è giu-sto che un sindaco tolga un ri-cordo o meglio un riconosci-mento ad un uomo, anzi unragazzo, che ha peccato di in-

non sono difficili da prepa-rare ma richiedono solo unpo’ di pazienza per la rea-lizzazione; sono indicati ol-tre che come antipasto fred-do anche inseriti nel menùdi un buffet

Apparecchio per crèpes

Ingredienti4 uova, gr 200 farina, salefino q.b. gr 50 burro, lattemezzo litro.ProcedimentoIn un contenitore, montarela uova, aggiungere il sale, ilburro fuso e chiarificato, la

ILPOLLONELPIATTO: UNAQUESTIONEETICA?

LODARESTEILVOSTROTFR AUNAIMPRESADECOTTA?

L!ESERCITODELSURF

Redazione: Via della Piazza del Grano 11

06034 Foligno (PG) tel. 0742510520

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Autorizzazione tribunale di Perugia n°

29/2009

Editore: Sandro Ridolfi

Direttore Editoriale: Sandro Ridolfi

Direttore Responsabile: Giorgio Aurizi

Direttore Sito Internet: Andrea Tofi

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di Castello

Chiuso in redazione il 22/06/2010

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Periodico dell’Associazione

”Luciana Fittaioli”

solenza cercando di far cono-sce e cambiare le cose.Forse è questo quello che cimeritiamo veramente, quelloche ci siamo meritati ieri, oggie anche domani.Questa è una poesia scritta daPeppino, e credo che valga piùdi mille parole sul nostro at-tuale e futuro interesse suquesti argomenti, che forse cipiacciono cosi.

E venne da noi un adolescentedagli occhi trasparentie dalle labbra carnose,alla nostra giovinezzaconsunta nel paese e nei bor-delli.Non disse una sola parolané fece gesto alcuno:questo suo silenzioe questa sua immobilità hanno aperto una ferita mor-talenella nostra consunta giovi-nezza.Nessuno ci vendicheràla nostra pena non ha testimo-ni.

Rimanendo in tema di acqua,una sera, surfando in internet,e più precisamente navigandoin uno di quei siti in cui si pos-sono vedere centinaia di filmgratis, mi sono scontrata unpo' titanicamente con l'ice-berg “L'onda” (Die Welle, nelloslang originale) di DennisGansel, durata 101 minuti.Subito il titolo mi ha rimanda-to, ammetto con una gocciadi nostalgia, ai giorni di sva-riati mesi fa in cui migliaia distudenti universitari, comeme, sono scesi nelle piazzedietro a uno striscione di co-lore blu o agitando sacchettidi plastica azzurri. Gli squalinon c'avranno mai. Così can-ta Piotta. I motivi di questainondazione studentesca nontrovano spazio né nelle cifredei tagli inferti alla pubblicaistruzione, né nella serie dicambiamenti che una riformaporterà. I motivi che spinserouna massa di giovani a torna-re nelle strade senza utilizza-re la demagogia politica tantocara alle vecchie generazioni,sono riassunti in questa fraseche ho letto su uno dei tanticartelli persi tra la fiumana digente: “anche l'operaio vuoleil figlio dottore”. Queste paro-le non mi hanno colpito per-ché sono il ricordo di una can-zone ascoltata, o perché han-no a che fare con un non soche di sinistra. Semplicemen-te sono anche io figlia di unoperaio. Semplicemente so cosa signi-fica per mio padre avere unafiglia laureata.Semplicemente so quanti sa-crifici costa quel “dottore” po-sto davanti al nome.

Per la prima volta la mia gene-razione, in quelle piazze ba-gnate dalla folla universitaria,ha capito tutto ciò che ho so-pra esposto. Ma non l'hannocapito solo i figli degli operai.E' stata un'intera microuma-nità, nata dall'inizio degli an-ni '80 in poi, a comprenderlo.Per le strade non c'erano slo-gan politici o vecchi ideaisbiaditi, incompresi, distanti,vuoti. Per le strade c'erano iragazzi e i loro sogni. C'eranoi figli di Prévert. C'erano quel-li che a 18 o 19 anni lascianosperduti paesini del Sud Ita-lia, lasciano la loro vita di ado-lescenti, gli amori, le famiglie,e corrono via per inseguire unfuturo tutto in salita. C'eranoquelli che tutti i giorni si alza-no alle 5 di mattina per pren-dere treni o autobus, i pendo-lari coraggiosi, che a casa cirientrano a sera inoltrata. C'e-rano quelli che abitano le to-paie affittate per 300, 400 eu-ro a stanza, spesso in nero,senza aiuti se non i soldi di fa-miglia, catapecchie dove nonalloggerebbe un animale e do-ve a volte si muore un po' perpoter vivere.Questi i ragazzi dell'Onda ita-

lica.Die Welle come avrete notatoè invece un film made in Ger-many. Girato nel 2008, pococ'entra con le proteste no-strane, ma pone al centro delsuo sviluppo narrativo unadomanda importante, quasifondamentale nell'indaginedella nostra società moder-na: oggi è ancora possibileche rinasca una dittatura inGermania?Il quesito non è posto a qual-che noioso convegno tra lumi-nari delle scienze politiche osociologiche ma a una classedi liceali bavaresi, durante ilcorso di “autocrazia” che sisvolge in una settimana a te-ma organizzata dalla scuola. Durante questa ora e mezzaabbondante, lo spettatore èpregato di mettersi scomodo,slacciarsi le cinture e accende-re possibilmente il contenutodella scatola cranica. Se pen-sate ancora che dittatura fac-cia rima con Hitler, Mussolini,Stalin etc. etc., preparatevi aessere sconvolti e a subireuna potente shakerata dellavostra limitatezza mentale.Magari non starete guardandoun capolavoro cinematografi-co. Ma attenti. Vi abbaglierà lo

farina setacciata e poco allavolta il latte mescolandocon una frusta. Passare ilcomposto allo chinois. Perla cottura utilizzare un pa-dellino antiaderente appenaunto di burro.Questa preparazione puòessere utilizzata sia in cuci-na che in pasticceria; pos-siamo farcire le crèpes conformaggi, funghi, asparagiuniti ad una salsa bescia-mella e a del parmigianooppure con crema pasticce-ra, crema al cioccolato, mar-mellata e frutta fresca.

La lettura dell’articolo “Laquestione morale di chi haancora il coraggio di mangia-re un “pollo””, mi ha suscita-to qualche perplessità. Premetto, onde fugare qual-sivoglia dubbio in merito al-le ragioni che mi hanno de-terminato a scrivere questobreve commento al citato ar-ticolo, che chi scrive ha“scelto” di non mangiare unpollo da oltre 10 anni.La scelta è avvenuta il giornoin cui ho percepito la soffe-renza degli animali che fini-vano nel mio piatto.Credo che questa sofferen-za sia nota ai più, eppurenon tutti sono in grado di

percepirla.Non per insensibilità né, ri-tengo, per superficialità.La percezione da parte delsingolo di ciò che è estraneoal proprio io è sempre mute-vole e irripetibile.Certo ci sono dei dogmi e deiprecetti morali, religiosi, digiustizia ecc., che induconociascuno di noi a distinguereciò che è “bene” da ciò che è“male”, così guidando i no-stri singoli comportamenti.Il mancato rispetto di dettidogmi e precetti può com-portare la condanna – mora-le, civile ecc. – del soggettoche non vi si attiene.Ma si può condannare, sic etsimpliciter, chi ha una perce-zione diversa dalla nostradel dolore altrui?

Certamente è lodevole ilcomportamento di chi, co-me l’autore dell’articolo cuisi sta replicando, cerca disollecitare l’attenzione ver-so temi che spesso attraver-sano lo sguardo o l’uditodelle persone senza, però,lasciare in essi alcun mini-mo segno dell’avvenuta per-cezione mentale o emotivadella realtà sottostante.Ma questo lodevole com-portamento deve esserelungi dal sottacere unaqualsivoglia implicita con-danna di chi, nonostantel’attenzione mostrata a det-te tematiche, non riesce apercepire il dolore dell’ani-male cui apparteneva il“pezzo” di carne che si tro-va nel piatto.

www.piazzadelgrano.org

In una recente trasmissione diBallarò, è stato affrontato l’argo-mento del possibile “migliore”utilizzo, del TFR dei lavori di-pendenti del settore privato.Tra un intervento e l’altro dipolitici da tribuna televisiva èstata trasmessa un breve “in-chiesta” sul tema: cosa sa, co-sa ha fatto e cosa farebbe delsuo TFR?L’inchiesta è stata articolata indue interviste: la prima a unacosì detta “persona della stra-da” e l’altra a un “onesto e labo-rioso” piccolo imprenditore inevidenti difficoltà.Dopo avere descritto “al volo” levarie possibili destinazioni daparte dell’INPS dei TFR incassa-ti dalle imprese private, l’inter-vistatore chiede alla “signoradella strada”: se lei sapesse cheil suo TFR viene utilizzato perpagare gli stipendi ai così dettiLavoratori Socialmente Utili, lolascerebbe all’INPS?

La domanda letta così potrebbepersino sembrare “encomiabi-le” per il senso di solidarietà chedovrebbe discendere propriodalla denominazione dei bene-ficiari: i Lavoratori SocialmenteUtili, se non fosse che il tonodella domanda presupponevaesattamente una lettura oppo-sta: disoccupati assistiti social-mente inutili!Ora sulla categoria dei LSU sipuò di tutto, ma non certamen-te sulle sue ragioni e finalità,quanto sull’uso deviato che neè stato fatto: prevalentemente aparcheggio di disoccupati, utilea creare delle riserve di voti elet-torali.E’ però chiaro che una cosa è di-re che il “progetto” è stato de-viato a uno scopo immorale, al-tro è dire che non aveva e nonha uno scopo altamente mora-le, solidale e di utilità sociale. Quello che a prima vista po-trebbe apparire uno “scivolo-

ne” culturale si svela nella suareale immoralità al momentodella seconda intervista al“bravo” imprenditore il quale,dopo avere candidamente di-chiarato di essere in difficoltàdi liquidità per le restrizionidel credito bancario, ipotizzadi poter “mettere le mani” sulTFR dei propri dipendenti perfinanziare senza costi la pro-pria azienda.“Rewind”. Immaginiamo dipoter riavvolgere indietro il“nastro” della trasmissione etorniamo alla “signora dellastrada” ponendole ora la do-manda in questi termini: leidarebbe il suo TFR, senza ga-ranzie e senza redditività, aun imprenditore in difficoltàal quale il gigantesco sistemadegli Istituti di Credito multi-nazionali, che oggi dichiaranodi produrre utili da capogiro,ha chiuso il proprio credito? Serve una risposta?

ROBERTO MATERAZZI IOLANDA TARZIA

SAMANTHA PASSERI

ANTONIETTA STADERINI

Page 11: Giugno 2010

Spettacoli ed eventi a cura di Piter Foglietta

Dall’8 al 28 luglio torna lanona edizione di “Canti eDiscanti”, il world festivaldi Foligno che anchequest’anno punta a dif-fondere e ad approfondire ilinguaggi artistici dellatradizione e delle culturedel mondo.Tra mostre in-ternazionali, concerti in es-clusiva, suggestive proie-zioni ed incontri con isapori, uno sguardo parti-colare sarà rivolto allaTurchia e al Salento.Margherita Hack, Ginevra DiMarco, Alessandro Mannar-ino, Malicanti, Vanessa Win-ship, George Georgiu, Mas-simo Liberatori, i Cantoridel Miserere di Colfiorito, laBanda di Annifo e PaoloCapodacqua alcuni degli os-piti dell’edizione 2010.Quest’anno saranno le

Due Oscar della fotografia aLuglio a Foligno, la sezione inPhoto di CantieDiscanti, cura-ta da Daniele Mattioli, ospitale personali di due importan-ti fotografi internazionali. Al Ciac Centro Italiano ArteContemporanea Mostra foto-grafica personale di VanessaWinship Sweet Nothings,alTrinci Gorge Georgiou conFault Lines : Turkey East WestLa mostra Sweet Nothing : Ru-ral Schoolgirls from the bor-derlands of Eastern Anatoliaè stata insignita dei più im-portanti premi internazionalitra cui Godfrey Argent Prize,Sweet Nothings, National Por-trait Gallery 2008, Nominatedfor Deutsche Borse, withSweet Nothings 2008, WorldPress Photo, First Prize, Por-trait Stories 2008, Sony WorldPhotography Awards, IrisD’or, Overall Winner, SweetNothings 2008. La mostraverrà inaugurata giovedì 8 Lu-glio ore 21.30. al Ciac.Vanessa Winship propone

una serie di ritratti di giova-ni scolarette fatte nei lorobanchi di scuola e nelle pros-simità dei loro villaggi. Ri-tratti spesso in coppia che cidanno una visione romanticaed antica di un paese in cuicoabitano mentalità moder-ne e tradizionali . Il progettoa cui Vanessa ha lavorato perdiverso tempo riscoprequella solennità e fragilitàdella adolescenza in Turchia.Nelle zone rurali infatti è an-cora bassa l’affluenza scola-stica per bambine e ragazze.Motivi legati a diversi fattoritra cui quello di essere legatia valori tradizionali che im-

“onde mediterranee” atrasportare un mare diemozioni tra musica, fo-tografia, scienza, cinema ecibi di terre vicine e lontane.Le onde di suoni, di immag-ini e di sapori del “marenostrum”, come elementoche unisce gli spettacoli del-la nona edizione, sarannoinfatti al centro di “Canti eDiscanti - Foligno WorldFestival”, che per il 2010 of-frirà uno sguardo partico-lare sulla Turchia e sulSalento. Grazie ad un’alter-nanza straordinaria di mu-sica - soprattutto quellalegata alle tradizioni popo-lari - e arti figurative, un fi-lo rosso si dipanerà tra i lu-oghi più suggestivi della cit-tà di Foligno e non solo(Largo Carducci di Piazzadella Repubblica, Palazzo

Trinci, Piazza del Grano, Fi-amenga, Basilica di Plestia aColfiorito) alla scoperta ditradizioni culturali di altriluoghi e Paesi.Infatti, diffondere e appro-fondire i linguaggi artisticidella tradizione e delle di-verse culture del mondocontinua ad essere l’obietti-vo di “Canti e Discanti -Foligno World Festival”, cheprosegue il suo processo dimulticulturalità attraversola contaminazione delle di-verse forme di espressioneartistica. Al centro della scena, dall’8al 28 luglio 2010, non saràquindi rappresentato solol’universo della musica, maanche quello della fo-tografia, quello cine-matografico e quello scien-tifico, passando inoltre at-traverso un percorsoenogastronomico teso a val-orizzare i sapori della terra. “Music”, “Photo”, “Film”,“Science”, “Kids – Nati perla musica” e “Food” sono lesezioni che sviluppano ilcartellone della nona edi-zione della rassegna folig-nate, che sarà pertanto at-tenta a dare ascolto e vocealle sonorità e alle arti chesanno in qualche modo rac-contare, emozionare e farsognare.

L’autore rivelazione artisticadell’anno si esibirà a LargoCarducci il 26 luglio e presen-terà il suo Bar della RabbiaDa stornellatore moderno ecantautore metropolitanoMannarino compone musi-che di confine, eclettiche econtaminate, ispirate ai suo-ni ed ai volti di una via Casili-na globalizzata dove Gabriel-

Tarantelle e Canti Tradizio-nali delle Puglie il 14 luglioLargo Carducci Ore 21.30Malicanti suona e canta lemusiche dei modi contadi-ni, soprattutto di due areedella Puglia: il Salento e ilGargano. Esegue repertoritradizionali del mondo con-tadino del Centro e Sud Ita-lia - in particolare della Pu-glia -, appresi in anni di con-vivenza e apprendistatocon alcuni anziani cantatorie suonatori. Il repertorio ècomposto soprattutto da ta-rantelle e pezzi che invo-gliano al ballo per larga par-

Canti e Discanti Foligno World Festival 8 - 28 Luglio

Photo

111FOLIGNO

GIUGNO 2010

Music

“Onde mediterranee” tra musica, fotografia, cinema,

scienza ed enogastronomia.

Margherita Hack e Ginevradi Marco con L'anima dellaTerra (vista dalle stelle) unospettacolo in esclusiva re-gionale.In collaborazione con il Lab-oratorio di Scienze Speri-mentaliMusica e /Scienza si incontra-no giovedì 22 Luglio a Palaz-zo Trinci, alle Ore 21.30Nuovi Eventi Musicali in col-laborazione con StazioniLunari - No Music presen-tano lo spettacolo “L’anima

della terra (vista dallestelle)”, un progetto origi-nale di parole e musica conla grande scienziataMargherita Hack, la can-tante Ginevra di Marco (ap-pena insignita della TargaTenco 2009) e lo scrittoreMarco Vichi. Questa nuovissima pro-duzione, che ha la direzioneartistica di Francesco Mag-nelli, indaga alcune tem-atiche sociali scottanti qualiimmigrazione/emigrazione,nuove energie, lavoro, cor-ruzione (per citarne solo al-cune) e lo fa secondo il pun-to di vista delle “due stelle”,Ginevra e Margherita ap-punto, impegnate in un per-corso di rinascita spiritualee di speranza contro i so-prusi e le debolezze umane. Sul palco, alcuni orologi scan-diranno un tempo musicaleed un tempo umano, senti-mentale, figurativo: un orolo-gio simboleggerà il tempoche avanza mettendo in lucei problemi che l'uomo ha cre-ato; un altro rappresenterà ilsuono della terra, la sua pan-cia la sua anima; un altro latradizione, le parole dei nos-tri avi, il susseguirsi della vi-

ta umana, e sarà quest’ultimoa scandire i passaggi tra letematiche (la scenografia èdello scultore AlessandroMarzetti).Ginevra interpreterà alcunetra le melodie tradizionalipiù belle su queste tem-atiche: brani densi di signi-ficati, valori e storia;Margherita alternerà allecanzoni i suoi testi di ap-profondimento, puntualiz-zando ed espandendo i con-cetti con la forza della suaimmensa esperienza ed ilsuo carisma; Marco Vichisarà l’anello di congiun-zione, la voce itinerante traGinevra e Margherita, incontraltare poetico con ledue stelle. Ingresso 10!Info www.cantiedsicanti.net– [email protected]

pediscono alla donna di ave-re responsabilità oltre alleclassiche mansioni domesti-che. La mostra sarà aperta alpubblico nei giorni venerdì ,sabato e domenica dal 9 lu-glio al 9 settembre. Ingresso mostra 5!.George Georgiou con FaultLines: Turkey East Westesplora il tema dell’ambi-guità dell’identità Turca,spesso ricchezza culturalema spesso dualismo ideolo-gico. Le foto riflettono grafi-camente queste linee di de-marcazione che esistono trale due culture che risiedononello stesso Paese. Le foto ri-traggono passaggi visivi ovesi possono scorgere le trac-cie di questo dualismo attra-verso segni grafici. La foto diun caseggiato con molte pa-rabole satellitari che punta-no in diverse direzioni forseè il riassunto culturale dellavoglia di modernità ed attac-camento ai valori tradiziona-li che il paese offre. La mostra verrà inauguratasabato 10 luglio nella Cortedi Palazzo Trinci. Ingressolibero.

FilmNella sezione Film, in occa-sione delle celebrazioni diIstanbul come capitale euro-pea della cultura, RobertoLazzerini (curatore della se-zione) propone un omaggioal regista turco Fatih Akin .

Soul Kitchen 12 luglio Piazzadel Grano Ore 21.30Leone d’argento all’ultimo Fe-stival del Cinema di Venezia,Soul Kitchen è la prima com-media di Fatih Akin, il registatedesco di origine turca cheha fatto del multiculturali-smo il suo marchio di fabbri-ca cinematografico. Questavolta, però, Akin abbandona itoni drammatici di La sposaturca (2004) e Ai confini delparadiso (2007) per confezio-nare una pellicola divertente,piena di ritmo e buona cuci-na. Il film narra la storia di Zi-nos, proprietario di un risto-rante ad Amburgo, il Soul Kit-chen, non rinomato ma conuna clientela fedele e soddi-sfatta, proprio come lo è ilprotagonista: fedele a Nadi-ne, la ragazza che ama, e sod-disfatto del suo locale.Ma il panorama muta quandolei lo lascia per andare a lavo-rare in Cina e un fortissimomal di schiena gli impediscedi seguire il ristorante. Unica

soluzione? Chiamare il fratel-lo, ex galeotto, a gestire ilSoul Kitchen e volare inOriente per riportare indietrol’amata.Tra medicina alternativa, me-nu speziati (talmente allet-tanti che alcuni blog italianidi cucina ne hanno ricreato lericette) e una colonna sonorache spazia dall’R’n’B alla mu-sica elettronica made in Ger-many, Fatih Akin mette inscena il suo mondo “alterna-tivo”, dove delle diversità (edella diversità, con la D maiu-scola) si può ridere – è pro-prio il caso di dirlo – di gusto!

Crossing the bridge. The

Sound of Istanbul (Germa-nia-Turchia 2005., col. 90’) 19luglio Piazza del Grano ore21.30Fatih Akin, regista rivelazio-ne con il suo folgorante Lasposa turca, Orso d'oro a Ber-lino, torna sui suoi passi ac-compagnando la ricerca delmusicista Alexander Hackein un viscerale, vibrante, libe-ro viaggio che conduce alcuore di una città pulsantecome Istanbul. Sulla via diConfucio, un viaggio che, par-tendo dalla musica comeespressione di integrazione,ci prende passione di integra-zione, ci prende per manoconducendoci a un futurosenza pregiudizi razziali.Ingresso libero

In Collaborazione con L’As-sessorato all’infanzia e LaLocomotiva il 9 luglio Pa-lazzo Paolo Capodacquapresenta Il Cantalibro Con-

certo – Laboratorio per

bambini

Dall’esperienza della lettu-ra possono nascere passio-ni, idee e…canzoni.Paolo Capodacqua hascritto molte canzoni perbambini(e non solo) tratteproprio da storie, racconti,poesie e filastrocche im-presse sulla carta stampa-ta. Il titolo di questa pre-sentazione potrebbe an-che essere “I libri cantati”.In questo incontro, infatti,Paolo parla dei libri, li ma-neggia, li mostra, li apre,legge qualche rigo, poiprende la chitarra e “licanta”... E non solo i bam-bini lo seguono, possiamogarantirvi che abbiamo vi-sto anche gli adulti, i geni-tori, gli insegnanti emo-zionarsi e lasciarsi coin-volgere con il piacere dicondividere una bellaesperienza insieme ai pro-pri bambini. Palazzo Trin-ci alle ore18.30

prenotazione:www.cantiediscanti.net)

Alessandro Mannarino

Malicanti

la Ferri passeggia con ManuChao e Domenico Modugnova a braccetto con CesariaEvora. Nei suoi testi, macchia-ti dai forti toni del surreali-smo, si vivono storie onirichee tragicomiche di pagliacci,ubriachi e zingari innamora-ti. Partendo dalle sonorità edai ritmi della musica popo-lare italiana Mannarino con-

Kids

disce il proprio mondo conelmenti di musica balcanica egitana, citazioni felliniane eevoluzioni circensi.Ingresso Libero

te del concerto, intervallatidai canti alla stisa e dai can-ti a tre o quattro voci, quel-

li che anticamente si faceva-no in campagna.Ingresso libero

Page 12: Giugno 2010

Ceccarelli, Michela Fratta,

Graziella Piermatti. Le loro

voci, il sentimento trasmesso

attraverso le parole e i silenzi,

le musiche e i ritmi coinvol-

genti, hanno raccontato sto-

rie di donne, fanciulle, ragaz-

ze, bambine. Vite spezzate da

morti improvvise, malattie,

fame, dolore ma anche gioie,

speranze, conquiste di li-

bertà, amore. «Abbiamo scel-

to di ritornare a sentire il

Canzoniere delle Donne – ha

precisato Sara Mirti - affinché

le loro parole, la loro musica,

la spontaneità del loro essere

restituisca alle nostre co-

scienze un po’ annebbiate lo

spirito critico, “la giusta pro-

spettiva” che gli serve per

non perdersi. Regazzine vi

prego ascoltate (titolo di una

canzone simbolo del gruppo

ma anche frase di presenta-

zione dell’evento) è infatti un

tentativo di riscoprire la sto-

ria della donna attraverso le

canzoni popolari, attraverso

le storie, private e sociali, e i

sentimenti in esse contenuti».

La volontà di ripercorrere le

storie di un mondo femmini-

le come simbolo di forza, co-

raggio e passione per la vita a

partire dalla storia di Luciana

Fittaioli acquista un valore

aggiunto nella società di oggi

in cui i valori del vivere sem-

brano perdersi nel marasma

di parole, immagini, suoni

che imperversano distorcen-

do il senso profondo del no-

stro essere, dello stare insie-

me e del condividere. Canti

popolari nati in un passato

che non ci appartiene più

(temporalmente parlando)

ma che ha molto da insegna-

re a una società che non si

sofferma più a pensare, che

scorre veloce senza osserva-

re, senza immergersi nella vi-

ta vera. Una società che guar-

da l’insieme e poco il detta-

glio, che corre lungo un filo

sottile senza osservare il

mondo sotto di sé che, inve-

ce, lo sorregge. Una società

troppo spesso superficiale

che rischia così di cadere im-

provvisamente nei problemi

della vita vera da lei stessa ge-

nerati ma da cui, con diffi-

coltà, riesce a rialzarsi perché

non ne conosce l’esistenza. In

questo senso, la consapevo-

lezza del vivere, la forza di ri-

cominciare e la capacità rige-

neratrice di quelle donne can-

tate con passione, diventano

stimolo e monito per un nuo-

vo approccio alla vita.

12 FOLIGNOGIUGNIO 2010

Nel giugno di tre anni fa se ne

andava per sempre Luciana

Fittaioli e con lei le passioni,

le emozioni e la tenacia di chi

vive in prima linea combat-

tendo con onestà, rispetto e

responsabilità per quei valori

veri che sorreggono stabil-

mente una società. Se ne an-

dava lei ma non il suo sguar-

do attento sulla vita, la riela-

borazione attenta della

realtà, la conoscenza profon-

da del vivere. Tutto questo è

rimasto nella mente e nelle

parole di chi l’ha conosciuta e

amata. Per lei, per gli sforzi

compiuti quotidianamente

nella difesa equilibrata dei di-

ritti e delle libertà delle don-

ne ma anche dei lavoratori e

delle categorie cosiddette

svantaggiate, si è mosso con

entusiasmo un gruppo di

donne, “amiche di Luciana”,

per ricordarla e ricordare, an-

che attraverso una foto che la

ritrae in età avanzata sempre

sorridente e fiera, quel tempo

passato ma sempre presente,

al di fuori e al di là delle lan-

cette dell’orologio, nel ram-

mentarci il senso profondo

del vivere. Per lei, sabato 19

giugno, le sue “amiche” han-

no organizzato una serata di

musica dai toni nostalgici e ri-

flessivi ma anche vitali ed

energici: sentori di fragilità e

determinazione come anche

di sensibilità e forza si sono

mescolati e ritrovati come so-

lo in un “corpo” femminile

può accadere. Per lei, dunque,

quattro donne, “amiche vici-

ne e lontane”, si sono incon-

trate dopo circa trent’anni

per ricostituire il gruppo di

canzoni popolari “Il Canzo-

niere delle Donne” che ha

aperto il concerto con il Can-

to degli italiani, meglio cono-

sciuto come Fratelli d’Italia o

Inno di Mameli, l’inno nazio-

nale della Repubblica italiana

adottato il 12 ottobre del

1946. Ad accogliere questo ri-

congiungimento con il passa-

to è stata la sala dedicata a

Luciana Fittaioli all’interno

della sede di questo mensile

in via di Piazza del Grano 13

e, ad ascoltare con attenzione

e sincera partecipazione, era-

no presenti tante delle perso-

ne che hanno avuto il piacere

di conoscerla, di parlare con

lei e vivere insieme e accanto

a lei. Alcuni, invece, proprio

come me che mi trovo qui a

raccontare quest’evento nella

sua ricchezza di particolari,

non l’hanno conosciuta, né

l’hanno ascoltata mai in vita.

Eppure, le parole e i senti-

menti espressi da chi le ha

vissuto accanto e ha parlato

di lei, del suo carattere, del

suo modo di essere, dei suoi

pensieri, hanno reso chiara-

mente il senso profondo del-

la sua persona. Una ragazza,

in modo particolare, si è pre-

sa la responsabilità di farcela

conoscere non tanto descri-

vendola nelle sue peculiarità

di donna, quanto piuttosto

delineando gli ambiti politici,

sociali, culturali entro cui si

muoveva con energia e deter-

minazione portando avanti

con “responsabilità e accora-

to sentimento” degli “ideali”

di libertà, uguaglianza e ri-

spetto che valgono sempre e

comunque e che ancora oggi

ricercano una aderenza stori-

ca. Questa giovane ragazza

“sensibile e vera” si chiama

Maria Sara Mirti ed è stata

un’allieva di Luciana. A diffe-

renza di quanto spesso acca-

de tra un alunno di Liceo clas-

sico e un’insegnate di mate-

matica, il loro rapporto for-

male e rigoroso si è andato

trasformando in una sincera

e reciproca amicizia cresciuta

nel tempo, negli anni, fino a

diventare, oggi, per Sara, una

luce ispiratrice. «Siamo qui

ancora una volta, e per molte

volte ancora ci saremo, non

per ricordare Luciana, lei non

amava le commemorazioni,

così come non le piacevano i

ricordi sterili, ma per ritrovar-

ci e insieme ritrovare, ancora

una volta insieme a Luciana, i

tesori più preziosi che abbia-

mo come singoli e come co-

munità: la memoria e la prati-

ca dei nostri ideali più belli,

del coraggio ereditato da chi

ci ha preceduto». Sono queste

le parole con cui Sara ha aper-

to la serata dedicata a Lucia-

na dalle sue “amiche di sem-

pre” e continuando a parlare

di lei ha esordito con una ci-

tazione per poi tratteggiarne

i lineamenti caratteriali con

più accuratezza. “Agnes Hel-

ler, usando il treno e i suoi

passeggeri come metafora,

ha scritto: “[…] mi è passato

davanti e sono tante volte sa-

lita consapevole e cosciente

che la storia non esige degli

svogliati e sonnolenti passeg-

geri, ma degli uomini attenti

ai mutamenti e alle esigenze

del proprio tempo, individui

consapevoli che l’orologio del

mondo non punta la sua lan-

cetta sulle ore, ma sui tempi,

sui tempi della vita” (da Per-

ché Hannah Arendt ora, in

Dove siamo a casa, Franco

Angeli, Milano, 1999). In

realtà, mentre il treno che fa

sempre le stesse tratte sem-

bra quasi andare da solo, i

passeggeri che conoscono la

destinazione sono pochissi-

mi: appartengono alla ristret-

ta cerchia degli individui ca-

paci di leggere la confusione

della realtà, e a coloro che

quei viaggi li pianificano e li

guidano, in buona e in mala

fede. Luciana aveva qualche

problema di vista e ne parla-

va con una certa noncuranza,

quasi con compiacenza: forse

sapeva di riuscire a vedere

più lontano e in profondità,

dentro i cuori e le attitudini

degli individui, lei di tutti i pa-

rolieri e gli affaristi, politici e

non, che oggi imperversano

nonostante la loro generale

miopia. Lei, invece, sapeva

dove guardare per vedere le

cose, sapeva quando non di-

stogliere lo sguardo, quando

tornare indietro per riparare

ad un errore o quando a quel-

l’errore era meglio riparare

guardando avanti. Sapeva co-

me voleva vedersi di fronte a

se stessa, quindi sapeva chi

voleva essere». Un’immagine

di donna sapiente e forte.

Non quella che non sbaglia

mai, al contrario, quella che si

sofferma a riflettere, che sa

mettersi in discussione e sa

ricominciare e rinascere an-

che quando tutto sembra per-

duto. Un esempio di vita che

diventa punto di partenza

per andare a conoscere e

ascoltare più da vicino il tene-

ro e ruvido mondo femminile

che, negli anni e con fatica e

sudore della fronte e dell’ani-

ma, ha lottato per conquista-

re una propria posizione in

questa società. Una posizione

intesa come sinonimo di

identità, coscienza e consape-

volezza. Questo mondo fem-

minile è stato cantato con

passione e sentimento dalle

quattro donne amiche di Lu-

ciana che hanno riportato in

vita il Canzoniere: Giovanna

“Gianna” Ceccarelli, Paola

Nostalgiadi LucianaLo scorso sabato 19 giugno si è svolta una serata

dedicata a Luciana Fittaioli, prima donna umbra

nel Parlamento italiano (nel secondo dopoguerra),

militante politica e grande combattente per i diritti

e le libertà delle donne e di tutti i lavoratori.

A tre anni dalla sua scomparsa, le sue “amiche”

di sempre, hanno voluto ricordarla e ricordare i valori

che ha sempre difeso, attraverso una serata di musica

e parole con la partecipazione del “Canzoniere delle

Donne” ricostituitosi per l’occasione dopo trent’anni

www.piazzadelgrano.org

MAURA DONATI

Il “Canzoniere delle Donne”: (da sinistra) Paola Ceccarelli, Graziella Piermatti, Michela Fratta, Giovanna Ceccarelli

Maria Sara Mirti

Page 13: Giugno 2010

I

supplemento al numero 6 - Anno II - giugno 2010 di Piazza del Grano - www.piazzadelgrano.org

New Economy

Si attribuisce a Lenin l’affer-

mazione secondo la quale

anche una cuoca potrebbe

assumere la carica di Capo

dello Stato.

Il padre del primo Stato de-

mocratico popolare della

storia dell’umanità intende-

va dire, non che “chiunque”

poteva aspirare a ricoprire

una carica tanto importante

solo per essere nato e vivere

in uno Stato liberato dalla

segregazione sociale impo-

sta da ristrette classi domi-

nati, ma proprio per l’essere

nato e vivere in un simile

Stato di uguali “chiunque”

(anche una “semplice” cuo-

ca) sarebbe stato posto nelle

condizioni di accedere ad

un percorso di conoscenza,

preparazione ed esperienza

che lo avrebbe potenzial-

mente reso in grado di svol-

gere egregiamente anche

quella alta funzione.

Due millenni e mezzo pri-

ma, un greco illuminato af-

fermava che, benché pochi

fossero in grado di “fare po-

litica”, cioè di essere prepa-

rati e capaci anche di assu-

mere la carica di Capo dello

Stato, tutti tuttavia erano in

grado di giudicare l’operato

degli esperti della politica.

La fine dell’ultimo secolo

sembra avere disperso sia

l’insegnamento ateniese,

che il progetto leninista.

Oggi pochi, molto pochi,

sanno “fare politica” e qua-

si nessuno è più in grado di

giudicarla (il che consente a

quei pochi di continuare a

fare ciò che non sono asso-

lutamente capaci di fare).

La perversa coniugazione

della mancanza di controllo

e di giudizio critico con l’ot-

tusità dell’ignoranza fa sì

che quei “pochi” siano per-

sino convinti di essere bra-

vissimi, anzi “geniali”.

In queste condizioni versa

oggi il governo dell’econo-

mia mondiale.

Pochi cialtroni, auto incen-

sati e pluridecorati di “ma-

ster” e titoli accademici

strepitosi scambiati tra loro

stessi come i famosi “panet-

toni d’oro massiccio e dia-

manti” degli amministratori

della multinazionale datri-

ce di lavoro di Fantozzi (il

personaggio inventato da

Paolo Villaggio, non il “bec-

chino” dell’Alitalia di Stato),

che si scambiavano tra di

loro regali di natale esage-

ratamente costosi ma asso-

lutamente identici rimanen-

do, alla fine, nelle stesse

condizioni di partenza,

hanno oggi l’arroganza e la

presunzione di governare

un’economia mondiale che,

invece, se ne va per la sua

strada come un tornado in-

controllato e imprevedibile.

Tanti, quasi tutti, restano a

bocca aperta a bere non ca-

lici, ma intere damigiane di

geniali cialtronerie rese ap-

parentemente “intelligenti”

dall’uso (abuso) di termini

inglesi, anglicizzati o persi-

no anglo-inventati (il termi-

ne “neologismo” è troppo

scientifico per essere utiliz-

zato in questo caso).

Futures, swap, rating, mib-

tel, dow jones, derivati (per

usare almeno una parola in

lingua italiana) riempiono

persino le cronache rosa

(oltre a quelle “nere” da co-

dice penale fiscale e valuta-

rio) e, allora, ecco soprag-

giungere altri termini: disa-

vanzo, pil, deficit e infine

manovra fiscale da “mille”

miliardi.

I mercati (finanziari ovvia-

mente, di quelli “reali” ci so-

no rimasti solo quelli “del-

l’antiquariato”), gli investi-

tori, o meglio la fiducia de-

gli investitori, sono i totem

sacri della new economy

globalizzata.

Gli investitori, soprattutto.

Ma chi sono gli investitori?

La cuoca di Lenin avrebbe

sicuramente un’idea e una

risposta tanto semplice

quanto chiara.

“Investitore” è qualcuno

che, dovendo o volendo da-

re fiducia a un bene o anche

a una persona, o a un pro-

getto o a un’idea, la studia,

la vigila, la segue nel suo

apparire ed evolversi per af-

scambiare quote percentua-

li ideali di un appartamento

che, sommate tutte assie-

me, risultano raggiungere

un valore anche di molto

superiore a quello reale (di

acquisto o vendita) dell’im-

mobile intero?

Probabilmente direbbe che

si tratta di investitori in-

competenti o pazzi, o am-

bedue le cose assieme.

Ma subito dopo, con la for-

za “granitica” del semplice

buon senso, direbbe che

non si tratta di “investitori”,

ma di “speculatori”, di

“sciacalli”.

E allora cosa sono i “merca-

ti” dove questi speculatori

scorrazzano saltando da un

titolo all’altro, da uno Stato

all’altro, senza eseguire nes-

suna seria valutazione, stu-

dio, approfondimento su ciò

che comprano o vendono,

affidano o distruggono?

Cosa sono questi “mercati”

dove un giorno si guadagno

cifre da capogiro e un altro

si “bruciano” (altro termine

“demenziale”) ricchezze

puramente immaginarie,

del tutto indipendenti dalla

realtà materiale alla quale

fingono di riferirsi?

Sono le “piazze virtuali” do-

ve si consumano alcuni dei

più grandi crimini contro

l’umanità, dove un ordine di

acquisto o di vendita può di-

struggere, e questo “real-

Il termine “new economy” è stato coniato nel 1998 dal saggista statunitense Kevin Kelly col best-seller “New Rules for a New Economy”

nel quale ha elencato le regole per affrontare i nuovi mercati: cogliere la corrente, massimizzare i profitti, cercare l'abbondanza,

scegliere la libertà, niente armonia tutto flusso, l'opportunità prima dell'efficienza.

“La new economy”,disse il Gatto, “offre la possibilità di operare in un mercato globale, abbattendo i costi di gestione econsentendo alle imprese di non essere vincolate a uno spazio definito e così creare uno stato di permanente crescita costante,bassa disoccupazione, e stabilità”. Ma come funziona?

"Te lo spiego subito", disse la Volpe. "Bisogna sapere che nel paese dei Barbagianni c'è un campo benedetto, chiamato da tutti ilCampo dei miracoli. Tu fai in questo campo una piccola buca e ci metti dentro per esempio uno zecchino d'oro. Poi ricopri la bucacon un po' di terra: l'annaffi con due secchie d'acqua di fontana, ci getti sopra una presa di sale, e la sera te ne vai tranquillamentea letto. Intanto, durante la notte, lo zecchino germoglia e fiorisce, e la mattina dopo, di levata, ritornando nel campo, che cosatrovi? Trovi un bell'albero carico di tanti zecchini d'oro, quanti chicchi di grano può avere una bella spiga nel mese di giugno."“Che brave persone!"pensò dentro di sé Pinocchio.

La Cuoca di Leninmente”, un intero raccolto

di soia, di mais, di zucchero,

o un intero anno di lavoro di

minatori di rame, di carbo-

ne, di petrolio, condannan-

do alla povertà, alla fame, al-

la carestia interi popoli.

Ma torniamo alla cuoca di

Lenin.

Di fronte agli schizzofrenici

“sobbalzi” di un titolo azio-

nario, ad esempio, di un’in-

dustria automobilistica che

sempre la stessa è e resta,

con i suoi stabilimenti, mac-

chinari, progetti e prodotti,

la cuoca di Lenin si porrebbe

la più semplice e più ovvia

delle domande: ma questa

industria è in grado realmen-

te di produrre qualcosa di

buono, di valido, di funzio-

nante, di appetibile, o no?

E se la risposta è no; che co-

sa si fa, che cosa si deve fa-

re “realmente” (“maglionci-

no girocollo” a parte) per ri-

sanarla e rilanciarla?

“Lanciare” un futures? Uno

swap? No!

Bisognerebbe (bisogna, su-

bito!) lavorare a un nuovo

progetto, un nuovo prodot-

to, un nuovo macchinario o

un intero nuovo sistema

produttivo.

Così si esce dalla crisi, da

qualsiasi crisi: con l’uso del-

le “mani” e non con gli “an-

glicismi”.

E la cuoca di Lenin è diven-

tata “manager”.

fidarla e/o esserne recipro-

camente affidato.

“Investitore” è qualcuno che

ragiona e valuta nel tempo

medio o persino lungo.

Nell’attuale mercato finan-

ziario i “nuovi investitori”

entrano ed escono spesso in

frazioni di secondo, affida-

no e abbandonano beni e

progetti che non hanno (non

possono avere) neppure

sommariamente valutato.

Nella loro irrazionalità, pa-

radossalmente, i “nuovi in-

vestitori” finiscono per es-

sere loro stessi i creatori

della “fiducia” (di una falsa

fiducia).

Non s’immagina neppure

quante sono le società quo-

tate alla borsa che hanno

un valore di scambio azio-

nario, cioè una sommatoria

aritmetica del prezzo dei

loro titoli, anche notevol-

mente superiore al valore

reale delle consistenze del

loro patrimonio aziendale,

incluse le pure astratte po-

tenzialità di crescita e di

sviluppo.

Cosa direbbe a questo pun-

to la cuoca di Lenin se ve-

desse gli odierni geni della

finanza investire (o meglio

fare investire agli altri) in

beni fittiziamente valutati

molto al di sopra del loro

valore reale?

Cosa direbbe la cuoca di Le-

nin se vedesse, ad esempio,

Inserto a cura di Sandro Ridolfi

Page 14: Giugno 2010

II

Nell’immaginario collettivo,e meglio potremmo dire nel-la retorica di regime, il PianoMarshall viene legato alleimmagini dei soldati ameri-cani che lanciano dai carriarmati sigarette e cioccolatead una popolazione affama-ta di cibo e di pace e alle na-vi granarie che scaricano neiporti italiani casse piene diogni “ben di Dio”.Il Piano Marshall è stato inverità molto di più e anchemolto di diverso.Passata l’euforia (o la sogge-zione) filo americana, oggidel Piano Marshall si dannodue letture, una politica euna economica, molto piùserie e veritiere.Quanto alla lettura politica,in questa sede dedicata all’e-conomia, ci limiteremo a ri-cordarne la funzione strate-gica per la sottomissionedell’intero continente euro-peo al nuovo gigante econo-mico e militare d’oltre ocea-

no, abilmente sostenuta an-che dalla minaccia, total-mente inventata dagli USA,della “guerra fredda” conl’antagonista “bolscevico”.Sotto il profilo politico-milita-re il Piano ha perfettamentefunzionato e ancora funzio-na non solo con la presenzadelle basi militari USA sparsenel continente europeo, maanche con l’evidente sotto-missione dell’Unione Euro-pea alle politiche imperialistedel (pre)potente alleato d’ol-tre oceano nell’aggressionealla Yugoslavia, nell’invasio-ne dell’Iraq e oggi nell’occu-pazione dell’Afganistan.Ben altra, e sotto un certopunto di vista persino“istruttiva” per i tempi cor-renti, è invece la lettura delprofilo economico di quellaenorme operazione di sussi-dio alle economie europeedistrutte nei cinque anni del-la guerra mondiale.Se per un verso, infatti, il Pia-

no Marshall (negli USA deno-minato “Foreing AssistanceAct”) rappresentò realmenteun enorme aiuto alla ricostru-zione delle economie dei Pae-si dell’Europa occidentale, peraltro verso rappresentò la piùcoraggiosa e intelligente ope-razione di rilancio dell’econo-mia americana, anch’essa for-temente provata dall’enormedispendio di risorse richiestodalla guerra mondiale.Il Piano Marshall ha realizza-to, forse, la più lucida appli-cazione del principio di basedell’economica capitalista:quello del mercato.Perché un sistema economi-co produca, dia occupazio-ne, realizzi ricchezza (ini-quamente ripartita è il se-condo principio del capitali-smo!) occorre che esista unmercato in grado di assorbi-re (comprare e consumare) iprodotti tanto dell’agricoltu-ra che dell’industria.Il sistema economico ameri-cano alla fine della guerraera entrato in una gravissi-ma crisi e nel 1946 si conta-vano negli USA circa 10 mi-lioni di disoccupati; finita laguerra occorreva riconverti-re l’industria bellica e nellostesso tempo trovare i mer-cati dove collocare le nuoveproduzioni civili.L’Europa, l’unico grande po-tenziale mercato, era di-strutta, occorreva finanziar-ne la rinascita per renderlacapace di assorbire le nuoveproduzioni americane.Il governo americano finan-ziò dunque la nascita deinuovi mercati dove colloca-re i propri prodotti ricorren-do a un procedimento estre-

mamente semplice: gli USAtenevano e gestivano i “cor-doni della borsa”, sicchéogni erogazione economicanasceva già destinata all’ac-quisto di prodotti americani.In sostanza l’intero finanzia-mento americano alla rico-struzione dell’Europa torna-va negli Stati Uniti sotto for-ma di esportazioni.In soli tre anni, tanto durò ilPiano Marshall, i disoccupa-ti negli USA scesero da 10 a2 milioni!La spesa pubblica, l’indebita-mento pubblico si era tra-sformato in consumo crean-do il mercato essenziale perlo sviluppo dell’economiadello stesso Stato “donatore”.Cinquanta anni più tardi inFrancia, in un contesto poli-tico-economico formalmen-te del tutto diverso, ma so-stanzialmente affatto ugua-le, è stato ipotizzato e tenta-to, ma in questo secondo ca-so non portato a termine, unprogetto similare.I mercati, o l’unico grandemercato globalizzato delmondo si stava saturando inmodi e per ragioni diverse, epersino opposte, ma sostan-zialmente convergenti quan-to agli effetti pratici.Da un lato la smisurata ag-gressività del capitalismooccidentale stava uccidendoogni potenzialità di sviluppodel mercato del terzo mon-do, da altro lato la vertigino-sa crescita dei sistemi pro-duttivi degli Stati emergentidell’estremo oriente stavainvadendo non solo i merca-ti del terzo mondo ma anchequelli dello stesso primomondo occidentale, da ulti-

mo l’enorme concentrazionedelle ricchezze all’internodegli stessi Paesi dell’occi-dente capitalista stava impo-verendo la propria popola-zione e quindi deprimendo imercati interni.La chiusura, o quanto menola contrazione dei mercatiavrebbe a breve avuto l’ine-vitabile conseguenza di col-pire la produzione.La risposta social-comunistafrancese, ben diversa daquella imperialista nordamericana, fu quella di im-maginare una vasta ridistri-buzione del reddito, sot-traendo (almeno in parte) laricchezza alle parassitarieaccumulazioni delle renditecapitalistiche per rimetterlanel ciclo della produzione.Lo strumento prefiguratodal primo ministro Lionel Jo-spin e dalla sua ministro dellavoro Martine Aubry fuquello della riduzione dell’o-rario di lavoro a 35 ore che,a parità di stipendio, avreb-be prodotto una maggioreoccupazione, trasferendo ailavoratori quota parte deiredditi delle imprese.Non c’era nulla di “sovversi-vo” in quella proposta chealla fine mirava a sostenerela sopravvivenza del sistemaeconomico capitalista.

Si narra del commercianteebreo che pur di fare l’ultimoaffare della sua vita vende lapistola al suo assassino.Questo stanno facendo i capi-talisti di tutto l’occidente che,pur di non perdere anche lesole briciole delle loro semprepiù grandi e superflue ric-chezze, tremano alla sola ideadi dover dividere almeno unaparte del mal tolto con le pro-prie vittime e così, facendomorire queste ultime, finiran-no per morire anche loro.Si narra ancora di un signorecol maglione giro collo chechiude uno stabilimento ita-liano licenziando tutti i di-pendenti per spostare laproduzione in un paese do-ve la manodopera costa mol-to meno e così fabbricare ipropri prodotti ad un prez-zo più basso. Bravo. Oraperò si tratta di venderli, me-no costosi ma comunque dapagare, venderli a chi? Nonai nuovi dipendenti tropposottopagati per permetterse-li, non ai vecchi dipendentidisoccupati, non in altri mer-cati poveri o invasi da unaconcorrenza ancora piùcompetitiva.Che ne farà dei propri pro-dotti meno costosi ma chenessuno può comprare?“Bang”

Muovendo dal principio chegli strumenti di gestione del-l’economia sono solo stru-menti e non hanno “colore” eche quello che conta è l’usoche ne viene fatto, Deng osòquello stesso esperimentopensato da Lenin aprendo al-la libertà d’iniziativa privatasia nelle campagne che so-prattutto nelle realtà urbanepiù ricche, tenendo ferma-mente nelle mani dello Statol’industria pesante, quellastrategica, il credito e le risor-se energetiche.Ciò che differiva tra le due si-tuazioni era il contesto inter-nazionale: la Cina non erasotto minaccia di attacco mi-litare, il crollo dell’Unione So-vietica aveva attenuato l’ag-gressività dei Paesi imperiali-sti, distratti anche da moltealtre situazioni di conflitto indiverse parti del Mondo.Il pericolo era tuttavia mol-to grande e questo spiega,al di fuori di ogni retorica

falso libertaria, la durezzadella reazione proprio daparte dell’ “innovatore”Deng alla rivolta di PiazzaTienanmen che rischiava difar fallire un progetto chepuntava a fare emergeredalla miseria e dalla famemillenaria centinaia di mi-lioni di cinesi.Il risultato della NEP cinese èsotto gli occhi di tutti ed è inprogresso.L’economia cresce vertigino-samente, ma dietro l’irruenzadell’arricchimento individua-le, si consolida e vigila un po-tente Stato centralizzato chenon solo contiene gli eccessidella deriva consumista, magiorno dopo giorno e annodopo anno sempre più drenala nuova ricchezza verso ilprogetto comunista dellacreazione di una società giu-sta, equa e solidale, dove ilbenessere è patrimonio co-mune e naturale della perso-na umana.

Dal Piano Marshall alle 35 ore di JospinSpesa pubblica e distribuzione dei redditisostengono lo sviluppo economico

La NEP, da Mosca a Pechino, da Lenin a DengGli strumenti del capitalismo al serviziodel comunismo

Lionel Jospin, primo ministro francese, e Martine Aubry,ministro del lavoro, autori della legge delle “35 ore

Al momento della rivoluzio-ne d’ottobre l’Impero Russoera nel pieno della primaguerra mondiale con circadieci milioni di soldati alfronte.Il primo atto del nuovo go-verno bolscevico fu la firmadel trattato di pace di Brest-Litosvk che, al costo di vasteperdite territoriali e di unanotevole parte delle risorseminerarie, pose comunquetermine alla guerra.La fine della guerra mondialenon fece però cessare gli at-tacchi da parte delle forzecontrorivoluzionarie che co-stituirono l’Armata Bianca,sostenuta da alcuni governioccidentali (Francia e Inghil-

terra), composta anche da ef-fettivi polacchi, ungheresi ececoslovacchi.L’Armata Rossa, creata e gui-data da Trotski, riuscì a tene-re testa e infine a sconfigge-re, dopo circa quattro anni diguerra, le forze controrivolu-zionarie.La situazione economica delPaese era però scesa ai mini-mi termini, con le campagnedevastate dagli attraversa-menti degli eserciti e le cittàin crisi di approvvigionamen-ti alimentari. Anche l’indu-stria era appena agli albori,totalmente convertita alleproduzioni belliche.Fu in quel disastroso conte-sto che Lenin decise quellache allora, lui stesso, definìuna “ritirata”.La “ritirata” era la NEP, Nuo-va Politica Economica, cheaprì il sistema economico so-vietico, statalizzato e centra-lizzato, a margini di iniziati-va privata, e ciò sia all’internodel Paese che con scambicommerciali e tecnologicicon i Paesi capitalisti.La svolta economica più rile-vante interessò l’agricoltura,con la concessione ai proprie-tari terrieri della libertà dicoltivazione alla condizione

del conferimento allo Stato diquota parte dei raccolti ne-cessari ad alimentare le cittàe la nascita della piccola im-prenditoria urbana, restandonelle mani dello Stato l’indu-stria pesante e l’energia.Il risultato fu sorprendente-mente positivo e nacquero inbreve tempo due nuove classiabbienti: i contadini ricchi det-ti “kulaki” e i piccoli imprendi-tori urbani detti “nepmany”che, con il loro crescente pote-re economico, iniziarono amettere in discussione i prin-cipi dello Stato socialista.Morto Lenin ancora nel pienodell’esperimento della NEPsarà Stalin a porre fine allastessa, riconducendo tuttal’economica, agricola e indu-striale, sotto il controllo del-lo Stato socialista.Era il 1929, in Germania laRepubblica di Weimar stavavivendo gli ultimi giorni e dilì a poco sarebbe salito al po-tere Hitler, in Italia era giàstabilmente al potere il fasci-smo, in tutti gli Stati europeie nell’estremo oriente monta-va un nuovo clima di guerrache individuava nell’UnioneSovietica il primo dei nemicida distruggere.Tramontata l’ipotesi trotkista

della espansione della rivolu-zione comunista in Europa,prevalse l’opzione stalinistadella difesa della “roccaforteassediata” che non potevapermettersi elementi di squi-librio interni, per prepararsial più presto alla inevitabileaggressione da parte dei nuo-vi nazionalismi europei.Un insegnamento tuttaviarestò dell’esperimento dellaNEP, quello della consapevo-lezza che la costruzione diuna società socialista avevala necessità di sviluppareun’economia in grado disoddisfare i bisogni popola-ri anche al costo di ricorrereagli strumenti dell’avversa-rio di classe.Sessanta anni più tardi que-sto insegnamento sarà ripre-so dal più grande Stato co-munista: la Cina.Fallito il progetto del “balzoin avanti” (dall’agricolturacollettivizzata all’industriapesante) prefigurato da Mao,il primo successore di Maoalla guida del Partito e delPaese, Deng Xiaoping, lanciòl’esperimento della NEP ci-nese con lo storico slogan“non importa il colore delgatto, l’importante è cheprenda il topo”.

Deng Xiaoping

Stalin, Lenin, Kalinin

Page 15: Giugno 2010

III

Per le cosiddette persone di“sinistra” Cuba è stata e re-sta ancora un faro di libertàe di speranza di cambiamen-to del mondo.Per le persone di “destra”,asservite al pensiero domi-nante dell’Impero nord ame-ricano, Cuba è la spina nelfianco che 50 anni di embar-go non hanno strappato eche ora guida il riscatto deipopoli del centro e del sudAmerica che si stanno af-francando dal giogo nordamericano.Sconfitti sul piano militaree su quello dello strangola-mento economico, gli impe-rialisti e i loro gregari oggiingiuriano Cuba con l’accu-sa di mancanza di democra-zia e di repressione del dis-senso.Se c’è un fondo di verità inqueste accuse è, semmai,proprio quello della possibi-lità a Cuba del formarsi diun dissenso che ha un pre-supposto essenziale: l’eman-cipazione della fame e dall’i-gnoranza.Solo chi mangia e studia puòesprimere consenso o dis-senso; lo schiavo (di diritto odi fatto) analfabeta non haneppure gli strumenti perpensare, può al più ribellarsicome una tigre in catene manon è in grado di progettareil proprio futuro.Di questo sono ben consape-voli le classi dominati che, intutta la storia dell’umanità,hanno sempre tenuto rigo-rosamente escluso il popolodall’accesso al sapere, ge-stendo ignoranza e povertàcome potenti strumenti digoverno.Se dunque oggi a Cuba c’è, oalmeno ci può essere, dis-senso è perché nei 50 anni di“tremendo” regime comuni-sta sono state create le con-dizioni economiche, sociali eculturali perché la popola-zione fosse in grado di pen-sare, magari anche dissen-

tendo dal potere costituito.Per analizzare, comprenderee, infine, giudicare l’econo-mia cubana bisogna però fa-re prima uno sforzo d’imma-ginazione che oggi, dopo irecenti eventi del terremotodi Haiti e la maggiore visibi-lità delle condizioni degliStati liberati del centro e sudAmerica, non è difficile.Cuba non è Europa né nordAmerica (Usa-Canada), Cubaè nel cuore del profondo etragico terzo mondo centro-sud americano.Cinquanta anni fa Cuba eranelle stesse condizioni eco-nomiche e sociali in cui sitrovano, ancora oggi, Haiti,Santo Domingo, le borgatedi Caracas o di Rio; oggi èimparagonabile (!)Un dato molto semplice ed’immediata comprensionepuò aiutare a comprenderel’abisso che oggi separa Cu-ba dal resto degli altri Paesicentro-sud americani: l’ac-qua, e precisamente la pota-bilità dell’acqua.L’acqua è il veicolo dal qualepassa oltre l’80% delle malat-tie del mondo, in altri termi-ni la potabilizzazione del-l’acqua potrebbe, da sola, far

scomparire l’80% delle ma-lattie nel mondo, ovviamen-te nel terzo mondo.Chiunque abbia avuto occa-sione di fare qualche viaggioanche nei più vicini Stati me-diterranei (medio oriente,nord Africa) ha sicuramenteavuto le istruzioni, e se le haviolate ne ha personalmentesubito le conseguenze, sullamassima attenzione da pre-stare all’acqua da bere.Ebbene a Cuba, in qualsiasiparte dell’isola, tutta l’acquaè potabile.Gli indici di mortalità, infan-tile e senile, di salute fisica elongevità, di esposizione amalattie in genere della po-polazione di Cuba sono no-tevolmente inferiori a quellidel più ricco Paese del mon-do, degli Stati Uniti.Ma Cuba batte ampiamentel’Impero nord americano an-che sul piano della istruzio-ne di massa, con indici didiffusione e di eccellenza,percentualmente alla pro-pria popolazione, imparago-nabili con quelli USA.Questo è il frutto di 50 annidi politica economica e so-ciale comunista.E’ esportando medicine e

medici, tecnologia di basee tecnici, dal Sud Africa diMandela al Venezuela diChavez, che Cuba oggisoddisfa i propri fabbiso-gni di petrolio e in generedi tutti quei beni che lascarsa produttività dellasua terra, estremamentelussureggiante ma pove-rissima di proteine e diminerali nobili, non è ingrado di produrre.Varrà di ricordare che oltre50 anni fa Avana, che all’e-poca era la Miami degli StatiUniti, veniva alimentata di-rettamente dalla Florida,non essendo l’intera isola diCuba in grado di sostenerequella che allora era una ve-ra e propria metropoli nordamericana, sede “prediletta”della mafia ebrea e USA.Premesso questo quadrostorico e di contesto ancheattuale, si può procedere al-l’esame e al giudizio sullecondizioni attuali dell’eco-nomia cubana.Cuba non è certamente ric-ca, anzi è sicuramente pove-ra nonostante i 50 anni di ot-timo governo comunista, maè viva ancora oggi a distanzadi 20 anni dal crollo dell’U-

nione Sovietica alla cui eco-nomia, o forse è meglio dire:“dalla” cui economia era di-pendente.Nei trenta anni di adesioneal sistema economico delcosiddetto “socialismo rea-le” Cuba ha ricevuto aiuti,proporzionalmente, im-pressionanti: si parla di cir-ca il doppio del proprio PILannuo (usiamo un terminecapitalista).Come ha investito questienormi aiuti è già detto nellerighe precedenti: emergendoda una condizione di sotto-sviluppo, arretratezza eco-nomica e culturale spavento-sa (all’inizio della rivoluzio-ne comunista, nel 1960, lapopolazione cubana erapressoché tutta analfabeta enell’oriente “nero” vigevanoancora forme di sostanzialeschiavitù).Oggi, come detto, l’acqua èpotabile e i laureati cubani“invadono” i paesi emergen-ti dall’oppressione degli im-peri occidentali.Alla dissoluzione dell’Unio-ne Sovietica Cuba si è trova-ta improvvisamente senzaquegli enormi aiuti che, oltrea consentirle di realizzare lestrutture di base di uno sta-to moderno (ospedali, scuo-le, abitazioni, infrastrutture,ecc.), le garantivano anche lastessa alimentazione dellapopolazione.Se proviamo a paragonarel’odierna, indubbiamentegravissima, crisi economicache ha colpito la Grecia altrauma economico subito daCuba 20 anni fa siamo lonta-ni, come si dice, “anni luce”.Eppure Cuba non solo è so-pravvissuta, ma ha anchecontinuato orgogliosamentea tenere testa al nemiconord americano, proseguen-do nel suo ruolo di faro di li-bertà per i popoli oppressidi tutto il (terzo) mondo(non solo nel sud e centroAmerica, ma anche nell’e-stremo oriente, dal Nepal al-l’India, Cuba è conosciuta eammirata).Questo è stato possibile gra-zie alla forte cultura socialee solidale che i 50 anni di

“feroce” governo comunistahanno sviluppato e fattocrescere nella popolazionecubana.Sotto la guida del Partito Co-munista la popolazione hasaputo non solo dividere econdividere l’improvvisapovertà, ma ha anche sapu-to scegliere a cosa rinuncia-re e cosa invece difendere atutti i costi per sperare nelfuturo.La crisi economica non hacolpito la sanità e la salutein genere, non ha colpito l’i-struzione e la scienza in ge-nere, ha colpito non certo il“lusso”, che non era mai ar-rivato a Cuba, ma almeno il“di più”.Gli alberghi e tutte le strut-ture ricettive, costruite ap-positamente per i cubani ne-gli “anni d’oro”, sono stateinteramente ed esclusiva-mente dedicate alla princi-pale risorsa del turismo, co-sì come (è solo un esempio,ma indicativo) le aragosteche i cubani hanno smessodi mangiare per esportarle ecosì scambiare un’aragosta,sufficiente a sfamare almassimo 4 persone, con 10polli, in grado di sfamare 40persone.Di questi esempi se ne po-trebbero fare mille, ma quel-li ora esposti possono daregià un’idea sufficiente percomprendere come è statopossibile che un “microbo”di Paese sotto attacco dellapiù grande potenza militaredella storia, è riuscito a so-pravvivere al tifone che hainvece polverizzato le assaipiù ricche economie dai Pae-si dell’est europeo.Lo stato sociale, la difesaostinata e irrinunciabiledello stato sociale ha sal-vato quel Paese e oggi,grazie anche al crescentenumero degli Stati delcentro e sub Americaemancipati dal giogo USA,Cuba ha più che ragione-voli aspettative di ripresae di rilancio della propriaeconomia, senza averemai dubitato dell’ideale edel progetto di una nuovasocietà comunista.

L’esperienza cubanaL’economia sociale che resiste alla crisi

La teoria marxiana(*) del “plusvalore”Come e da dove nasce il capitalismo

Il “capitale” non nasce nédalla circolazione dellemerci, né dalla sua variante-evoluzione circolazione deldenaro.La circolazione delle merci èsolo il punto di partenza delcapitale, ma è nel momento incui le merci mutano il loro va-lore da “consumo” a “scam-bio” e che il denaro da mezzodi “intermediazione” diventamerce di “scambio”, che iniziail percorso di formazione delcapitale.La circolazione delle merci, diper sé e per la natura propria

delle merci, non produce au-mento di valore (salvo la truf-fa) in quanto è destinata alconsumo e si scambia con al-tra merce parimenti destinataal consumo, e dunque il valore(di consumo) complessivo pa-reggia e torna a “zero”, sino al-la creazione di nuove merci dascambiare.Anche la circolazione del de-naro, che da mezzo di inter-mediazione (la merce si vendeper denaro ed il denaro ricava-to serve a comprare merce)può divenire il punto di par-tenza e di arrivo della sua

stessa circolazione (denaroper acquistare merce che vie-ne venduta per altro denaro),non muta la sua “quantità” al-la fine del ciclo perché equi-varrà sempre al valore dellamerce comprata e vendutache, come sopra detto, saràsempre “pari”.Perché alla fine della “circola-zione” (sia che si tratti di mer-ce-denaro-merce o denaro-merce-denaro) il denaro si ac-cresca ed ecceda il valore dellamerce scambiata, così diven-tando “capitale”, occorre che inquesto percorso intervenga

un’altra merce (più precisa-mente un ulteriore componen-te necessario per la produzio-ne della merce-prodotto finale)che viene acquistata a un valo-re inferiore a quello della suaproduzione.Questa merce, la sola che puòessere scambiata al di sottodel suo costo è la merce “for-za lavoro”.La merce (o meglio il prodottofinale che diviene il bene dascambiare o vendere) si com-pone di due parti: la prima so-no i mezzi e i materiali di ba-se che hanno un loro valore“costante”, nel senso di “ugua-le” a quello di acquisto (esclu-dendo sempre la truffa, la vio-lenza o l’usura); la seconda è illavoro umano che, utilizzan-do quei mezzi e materiali, litrasforma in un prodotto fina-le nuovo.Questa seconda componentedel processo di produzionenon ha un valore “costante”,perché è inesauribile e sempreabbondante.Questa componente dellaprodotto finale è l’unica chepuò essere acquistata, e poirivenduta incorporata nelprodotto finale, a prezzidifferenti.Facciamo un esempio: perprodurre un certo “bene” oc-

corre un determinato quan-titativo di materia prima,grezza o semilavorata, que-sta componente ha un valo-re “costante” in quanto sem-pre “pari” alle altre merciscambiate; occorre l’uso(usura) di macchinari, anchequesti a valore “costante”cioè “pari” nello scambiodelle merci; occorrono anco-ra risorse energetiche, servi-zi, uso di infrastrutture, ecc.,sempre a valore “costante” e“pari”; infine occorre l’ulti-ma risorsa che ha il compitodi coniugare tutte le altrecomponenti e di trasformar-le nel prodotto finale: questerisorsa è la “forza lavoro”.Quest’ultima risorsa, che poi èessa stessa “merce” da com-prare e vendere, è l’unica anon avere un valore “costan-te” perché dipendente dallecondizioni del contesto nelquale viene acquistata e ven-duta; può valere di più o dimeno a seconda del luogo di“acquisto”, dei rapporti di for-za politici e sociali, dei bisognidello stesso venditore della“forza lavoro”.“Economizzando” su questacomponente del prodotto fi-nale il proprietario dei mezzidi produzione, che è poi ilproprietario del denaro neces-

sario ad acquistare tali mezzie materiali, realizza una “dif-ferenza”, che costituisce il“plusvalore”.Il “plusvalore” sottratto al co-sto reale della “forza lavoro” èla sostanza del “capitale”.Non è dunque né la quantità,né la qualità, né la velocità dicircolazione delle merci o deldenaro che genera il “capitale”(o se vogliamo chiamarla: laricchezza).Il “capitale” nasce bensì in oc-casione del percorso dellaproduzione e circolazionedelle merci-denaro, ma è“dentro” lo sfruttamento chein tale percorso di produzio-ne e di scambio viene fattodella componente “merceforza lavoro”.Il capitalismo non nasce,non si fonda, non si svilup-pa dalla capacità di redditi-vità del “capitale-denaro”,che di per sé non produce“frutti” (vedi in prima pagi-na gli “zecchini” di Pinoc-chio), ma dallo sfruttamen-to del lavoro umano.Il capitalismo è lo sfruttamen-to dell’uomo sull’uomo.(*) Il termine “marxiano”identifica l’opera di Marx;“marxista” è l’ideologia chepoggia le sue fondamenta esviluppa il pensiero di Marx.

Los tres Presidentes: Ugo, Fodel, Evo

Page 16: Giugno 2010

IV

Inserto speciale di Piazza del Grano - Anno II - numero 6 - giugno 2010

I comunisti sdegnano di nascondere

le loro opinioni e le loro intenzioni.

Dichiarano apertamente che i loro fini possono

essere raggiunti soltanto col rovesciamento violento

di tutto l'ordinamento sociale finora esistente.

Le classi dominanti tremino al pensiero

d'una rivoluzione comunista.

I proletari non hanno da perdere che le loro catene.

Hanno un mondo da guadagnare.

PROLETARI DI TUTTI I PAESI, UNITEVI!