Giovanni Pisano

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GIOVANNI PISANO (Pisa, 1245 c. - Siena, dopo il 1314)

Giovanni Pisano fece certo le sue prime esperienze insieme al padre Nicola lavorando

forse, ancora giovanissimo, al pulpito di Pisa e, sicuramente, a quello di Siena. La sua cultura si

forma dunque sulle orme del padre, anche se, già a partire dai rilievi pisani, Giovanni dimostra la

sua predilezione per raffigurazioni caratterizzate da una vitalità veemente. Autonomamente,

infatti, egli indirizzerà la sua ricerca proprio in direzione delle componenti culturali più gotiche

del padre.

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Questo secondo pulpito di Nicola Pisano fu realizzato tra il 1265 e il 1268 per il Duomo di Siena. In esso troviamo diverse varianti stilistiche rispetto al pulpito di Pisa, che fanno pensare ad una più attiva collaborazione sia del figlio Giovanni sia di Arnolfo di Cambio. In particolare il pulpito appare meno

classicheggiante ma più gotico. La differenza tra "classico" e "gotico", in questo caso come in molti casi analoghi, riguarda la perdita di compostezza a favore di una accentuazione espressionistica delle azioni e

delle figure. In pratica l’artista cerca non più la sola armonia formale, ma vuole comunicare l’intensità di un sentimento di partecipazione dolorosa: quel sentimento che definiamo "pathos", ovvero partecipare,

commovendosi, al dolore altrui.I termini "classico" e "gotico" sono sempre stati considerati antitetici: il primo esprime la visione apollinea di una bellezza che si dà senza altro aggiungere; la seconda esprime il gusto nordico di una deformazione, fino al grottesco, che accentui il sentimento di sofferenza o dolore. Questa componente stilistica di matrice

gotica viene in genere definita "patetismo gotico". Ed è ciò che troviamo in questo pulpito di Siena, così come nelle opere successive di Giovanni Pisano. Non è da dimenticare, del resto, che questo pulpito viene

realizzato per una città, quale Siena, nella quale il gusto gotico era sicuramente più accentuato che in altre città toscane, o italiane in genere.

Pulpito di Siena Pulpito di Pisa

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Il dinamismo tipicamente gotico è evidente nelle sculture che eseguì per la facciata del duomo di Siena tra il 1284 e il 1298, rappresentanti Profeti e Sibille.

Ma non tutte le statue sono di sua mano, infatti appartengono a Giovanni Pisano: Abacuc, Maria di Mosè, Isaia, Argo, David , Sibilla, Platone e Simeone

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Anche nelle figure più raccolte quali la Sibilla e l'Abacuc, la quiete pensosa o la calma profonda della meditazione, sembrano incrinarsi repentinamente per un inatteso fremito, che genera nel volgare pausato dei piani plastici, senza sbalzi o forzature, una sottile tensione; che evidenzia, con acuta precisione, tra fidenti abbandoni e brucianti contrasti, la complessa psicologia dei personaggi

Abacuc nella storia…

ABACUC

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ABACUC NELLA STORIA

Abacuc fu un profeta ebraico, ottavo dei profeti minori.Ha lasciato una profezia di 56 versetti in tre capitoli, in cui tratta dell'ingiustizia umana e preannuncia la teofania. Gli accenni alla conquista babilonese e allo stato della società giudaica porterebbero la data della composizione ai primi del VII secolo AC.Il nome Abacuc compare nel racconto apocrifo di Daniele 14:33-39. In questo racconto Abacuc aveva preparato una minestra e stava portandola in campagna ai mietitori. Un angelo lo afferrò per i capelli e con la velocità del vento lo trasferì in Babilonia e lo posò sull'orlo della fossa dei leoni dov'era confinato Daniele. Gridò Abacuc: “Daniele, prendi il cibo che Dio ti ha mandato!”. Daniele si sfamò, mentre l'angelo di Dio riportava subito Abacuc in Giudea.

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Se la trama compositiva che legava tra loro le statue, in rispondenze ritmiche e in sapienti contrapposizioni, è per noi smarrita (per la distruzione di alcune sculture e per la rimozione della più parte delle altre per ripararle nel Museo dell'Opera) inalterata è la comprensione della poetica giovannesca, che sfoggia nelle statue senesi un repertorio spettacolare di geniali

invenzioni formali

LA SIBILLA

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Nella mitologia greca e romana, era una qualsiasi donna dotata di poteridivinatori donatigli da Apollo. Le Sibille vivevano in grotte o nei pressi di corsid'acqua e vaticinavano in stato di inconsapevole frenesia, abitualmentescrivendo in esametri greci. Gli antichi scrittori greci citavano una sola Sibilla,probabilmente Erofile di Eritre, che aveva predetto la guerra di Troia. Circa ilsignificato della parola, sappiamo che rimane decisamente oscuro. La parola"Sibilla" potrebbe avere il significato di "VERGINE NERA", cioè la vergine odivinità che opera in un luogo oscuro, com'è l'antro nel quale la tradizione lacolloca nei momenti in cui pronuncia i suoi "VATICINI". La Sibilla, possedutadalla divinità, è una creatura sconvolta, che cerca di resistere ad una condizionedi sofferenza alla quale viene trascinata da una forza superiore: i suoi vaticinisono perciò duri e spesso angosciosi. Le leggende posteriori enumeravano noveSibille: "la CUMANA (denominata da altri autori DEIFOBE, EROFILE, AMALTEA,DEMIFELE), la DELFICA, la LIBICA, la SAMIA, l'ELLESPONTICA, la FRIGIA, laPERSICA, l' ERITREA, la TIBURTINA.

CHI E’ LA SIBILLA?

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Protesa, in uno scatto di passionale ardore, ad afferrare il senso misterioso della profezia, la profetessa s'attorce in una spirale tesa e fremente che culmina nella duttile mobilità del volto, di una intensità espressiva trepidamente cangiante, quasi dolorosa.Giovanni lavorò alla cattedrale senese fra il 1284 e il 1296, lasciando compiuta solo la parte bassa della facciata.

MARIA DI MOSE’

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Per la facciata del duomo senese, Giovanni Pisano ideò un unitario organismo figurativo in cui i Sapienti, i Profeti, gli Apostoli e le due più celebri vaticinatrici dell'Antichità, l'ebrea Maria di Mosè e la pagana Sibilla, dovevano formare le «note rilevate» di un complesso inno celebrativo della Vergine, acclamata regina di Siena dopo la battaglia di Montaperti.

SIMEONE

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Conseguentemente al caratteristico sincretismo della cultura medioevale, il grande filosofo greco è assimilato ai profeti di Israele che fra mille incertezze e contrasti coltivarono nei secoli la promessa messianica: e di quegli aspri predicatori gli si attribuisce l'assillante tensione e la calda veemenza.

PLATONE

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Il pulpito per la chiesa di S. Andrea a Pistoia è stato realizzato da Giovanni Pisano tra il 1297 e il 1301. In questopulpito ritroviamo molti degli elementi stilistici che differenziano la scultura di Giovanni da quella del padreNicola. In sintesi, mentre il padre è più classicheggiante, il figlio Giovanni aderisce con maggiore enfasi allo stilegotico che si stava affermando in quegli anni nell’Europa centro settentrionale. Ma il suo goticismo si ritrovasoprattutto nella ricerca di effetti di pathos: per il resto la pienezza della forma è ancora di matrice del tuttoclassicheggiante.

Pulpito della chiesa di S.Andrea

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Il pulpito è a pianta esagonale, sostenuto da archi gotici trilobati. Dei cinque pannelli che definiscono l’esagono del pulpito (il sesto era aperto per consentirne l’accesso) uno dei più interessanti è quello con la rappresentazione della Strage degli Innocenti. La composizione è giocata su una linea diagonale che parte dall’angolo in alto a destra, dove è posto re Erode, e giunge all’angolo opposto. Questa linea coincide con il braccio teso di re Erode, che ordina la strage di tutti i bambini al di sotto dei due anni. Come un sasso gettato in uno specchio d’acqua, da questo braccio teso si allargano una serie di archi concentrici sui quali lo scultore va a disporre i gruppi di figure. La scena si compone quindi di soldati che cercano di strappare i figli alle madri per ucciderli. Nella scena sono rappresentati, con grande varietà di registri espressivi, diversi momenti di questa strage. Vediamo il soldato che alza il bambino per i piedi, a testa in giù, dopo averlo ucciso; un altro soldato che infila un pugnale nel fianco di un altro bambino; un soldato cerca di strappare alla madre un bambino, afferrandolo per le gambe, mentre la madre cerca di stringerlo a se. In basso altre madri piangono disperate sui figli che sono già stati uccisi. Tutta la scena è animata da una forte carica di pathos, e lo spettatore non riesce certo a restare indifferente alla violenza così realisticamente rappresentata. La commozione che la scena suscita è un obiettivo che va decisamente oltre la ricerca della pura perfezione formale. In questo Giovanni Pisano dimostra di essere uno scultore decisamente consapevole dei propri mezzi espressivi, che lui piega alla ricerca del grande effetto drammatico.Anche nel pannello con la rappresentazione della Crocifissione, Giovanni Pisano cerca il grande effetto. Il Cristo sulla croce, non ha affatto una posizione statica, ma sembra quasi colto durante un movimento di ripiegamento su se stesso. Il peso del suo corpo, che pian piano perde le forze, lo porta a piegarsi in basso, e questo movimento sembra trasmettersi a tutta l’atmosfera circostante al punto che le figure al suo intorno vengono quasi schiacciate da questo movimento. Il senso del patetismo gotico si ritrova anche nella esasperata deformazione espressiva dei volti e dei gesti che assumono pose e fattezze quasi

teatrali. Ma di certo l’intera scena ha una tale carica di pathos che non si ritrova in altra opera coeva.

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Opera di grande complessità, in questo pulpito, realizzato tra il 1302 e il 1310, Giovanni Pisano raggiunge il vertice della sua potenza espressiva. Il pulpito ha una pianta ottagonale, ma gli otto lati a grande curvatura realizzano in

pratica un cerchio. La grande complessità dell’opera si nota già negli archi che sorreggono i lati del pulpito: Giovanni Pisano è passato da una forma a sesto acuto ad una che sembra quasi barocca. Anche la struttura complessiva si è

arricchita di altre parti scultoree, sostituendo con figure alcune delle colonne di sostegno.In pratica l’intera opera è un virtuosistico esempio della grande padronanza dei mezzi espressivi raggiunta da

Giovanni Pisano. Nei pannelli il programma iconografico non si discosta molto dagli altri pulpiti, ma la complessità compositiva è ancora maggiore, così come gli effetti di grande drammaticità di ogni singola scena.

Pulpito per il Duomo di Pisa

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La strage degli Innocenti

La strage degli innocenti, ordinata a Betlemme da Erode, governatore della Giudea con lo scopo di uccidere il bambino Gesù, è un episodio biblico narrato nei nel Vangelo secondo Matteo.

Il racconto è divenuto un topos culturale che ha dato luogo nei secoli a moltissime rappresentazioni artistiche; esse possono essere esaminate come altrettante icone della crudeltà umana e dei soprusi del potere.

La strage degli InnocentiPistoia, S.Andrea1294-1301 d.C

La strage degli InnocentiPisa, Duomo1302-1310

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L'orrore folle che proietta i protagonisti della strage, vittime e persecutori, in un grottesco groviglio di passioni bestiali, giustifica tutte le esasperazioni stilistiche: i passaggi tra i pieni e i vuoti sono bruschi, dissonanti, brutale la deformazione, totalmente ignorata qualsiasi norma di proporzione, corroso, scarnito, il modellato plastico: incombente, una tumultuosa lancinante ansietà.

La strage degli innocenti a PistoiaLa strage degli innocentiDuomo di Pisa

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La strage degli InnocentiLa strage degli InnocentiPistoia, S.Andrea

Il rotto cozzare di masse plastiche prive di ogni continuità, il dissonante emergere delle figure dal fondo, in grovigli disarticolati, sferzati da irrazionali balenii di luce, vogliono essere la trascrizione letterale dell'impotente furore delle madri betalamite, rivissuto in uno spirito di allucinata drammaticità.

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Il profeta Geremia

Pur impeccabilmente serrati nel tessuto architettonico­decorativo del pergamo, i profeti e le altre figure angolari che separano l'uno dall'altro gli specchi narrativi, vivono di una loro personalità imperiosamente inquisita, così che la loro funzione, che avrebbe dovuto essere emblematica secondo lo schema dottrinario di fondo, cede ad una individuazione appassionata e perspicua.

Pistoia, S.Andrea1297-1301

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Il melodioso rincorrersi di profili ellittici e l'emergere calmo e lievitante delle superfici da profondi golfi d'ombra, assecondano in un arabesco di squisita fattura, eguagliata in eleganza solo dai migliori scultori delle cattedrali francesi, l'umanissima sensibilità di Giovanni, che qui piega la sua portentosa espressività ad accenti di commovente malinconia.

La NativitàPistoia, S. Andrea 1297- 1301

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La Sibilla Pistoia, S. Andrea1297-1301

Le raffinatissime Sibille che nel pergamo pistoiese pausano l'acuta tensione degli archetti gotici in affusolati ritmi lineari, di una musicalità pacata - accentuata dalla levigata trasparenza delle superfici - sono indubbiamente fra le creazioni più alte del Gotico italiano e rivelano nel Pisano una perfetta conoscenza della cultura artistica europea più avanzata. Le superfici, quasi morbida cera, sembrano plasmarsi solo in virtù del soffio della luce, che con il suo battito folgorante isola le immagini, accentuandone le straordinarie possibilità emotive.