Giovanni Paolo II - 1-15/16-30 Aprile 2011 - Anno XLV - NN. 107 - 108 - 109 - 110

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“S ei anni fa, al suo fune- rale - ha detto Ratzin- ger - noi sentivamo aleggia- re il profumo della sua san- tità. Per questo ho voluto, nel doveroso rispetto della normativa della Chiesa, che la beatificazione procedesse con discreta celerità. Ed ecco che il giorno atteso è arrivato, è arrivato presto, perché così è piaciuto al Si- gnore: Giovanni Paolo II è beato!”. Ma torniamo al sacro. Alla notizia che le celebra- zioni per la beatificazione di Karol Wojtyla si sarebbero tenute in concomitanza con la festa del primo maggio molti avevano storti il naso. Ci si chiedeva perché. Una decisione effettivamente strana perché anziché unire, divideva una serie di perso- ne che avrebbero potuto presenziare entrambi gli eventi e che perciò si sono trovati costretti a scegliere. In realtà il motivo era diver- so. Per l’occasione, infatti, si sarebbe riversata una marea di polacchi, per onorare uno degli uomini più impor- tanti della loro storia, appro- fittando di quello che in Po- lonia si chiama “dlugi wee- kend” – il weekend lungo. Scoperto l’arcano, appare evidente come la scelta di quel giorno e solo quello, non fosse animata dal desi- derio di sfidare chissà chi o che cosa, di dividere, an- dando a danneggiare l’altra manifestazione – tra l’altro ben connotata politica- mente. Si trattava semplicemente di un atto dovuto. La tanto attesa cerimonia di beatificazione di papa Gio- vanni Paolo II si è svolta in una piazza San Pietro stra- colma, al cospetto di circa un milione e mezzo di fede- li. Benedetto XVI, poco do- po le 10.30 ha pronunciato le parole ufficiali del rito sa- cro e la piazza è stata lette- ralmente invasa da un inter- minabile applauso e in mol- ti - fra un tripudio di ban- diere bianco e rosse - hanno gridato “Santo subito”, pro- prio come accadde l’8 aprile 2005 al momento delle ese- quie. Giovanni Paolo II sarà fe- steggiato ogni anno il 22 ot- tobre, anniversario dell’ele- zione al pontificato. Gioia e commozione per i fedeli che hanno assistito al- l’apoteosi di uno degli uo- mini più grandi che abbiano servito la Chiesa. Striscioni con frasi d’amore per il papa polacco, bandie- re di tutte le nazioni, gente di tutte le età. Benedetto XVI ha ricordato una delle frasi celebri di Wojtyla: “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!” – come recitava tra l’altro un lungo striscione bianco e rosso che campeg- giava sul colonnato. Giovanni Paolo, lo chiedeva a tutti, ovunque, facendolo per primo egli stesso. E come ha detto Ratzinger “ha restituito al cristianesi- mo quella speranza che era stata ceduta in qualche mo- do al marxismo e all’ideolo- gia del progresso”. Tante le autorità presenti, ottantotto le delegazioni. In prima fila il presidente della Repubblica Giorgio Napoli- tano, il presidente del Con- siglio Silvio Berlusconi e poi teste coronate, capi di Stato e primi ministri. Il cardinale Bertone ha chiu- so gli eventi liturgici della beatificazione di Wojtyla COPIA OMAGGIO Abb. sostenitore da E 1000 - Abb. annuale E 500 - Abb. semestrale E 250 - Num. arr. doppio prezzo di copertina In caso di mancato recapito restituire a Poste Roma Romanina per la restituzione al mittente previo addebito - TAXE PERCUE tass. riscoss Roma-Italy — Fondato da Turchi — Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - 70% - dcb-Roma 1-15/16-30 Aprile 2011 - Anno XLV - NN. 107-108-109-110 E 0,25 (Quindicinale) ESTERI — a pagina 3 — ECONOMIA — a pagina 5 — LA PIAZZA D’ITALIA Per la vostra pubblicità telefonare allo 800.574.727 Una nuova politica UE-USA a cura di FRANZ TURCHI G li ultimi giorni sono stati frenetici e appas- sionanti, malgrado le pole- miche sterili che sono nate da alcune forze politiche di opposizione in Italia e in Germania. La cattura di Bin Laden ha determinato un cambia- mento nella politica USA ed europea notevole nel- l'approccio al problema terroristico salafita; non è piu necessario combattere in irak, afganistan, ecc. cioè all estero ma basta in- tervenire in operazioni chi- rurgiche internazionali, con una buona relazione di intellingence internazio- nale, per avere più risulta- ti, più tranquillità naziona- le e soprattutto anche sta- bilità sui mercati globali. Se una cosa era riuscita purtroppo a Bin Laden, ol- tre il dolre e il dramma al- lucinante delle famiglie colpite negli attentati, era quello di aver innescato una crisi economica, par- tendo dagli USA, che era finita poi nella recessione che attuamente viviamo in Occidente. A questo punto i costi del- le varie operazioni, soprat- tutto umani e poi econo- mici, possono essere por- tati gradualmente a zero, con grande gioia delle fa- miglie e dei popoli dei Paesi impegnati nelle mis- sioni di pace, perché le ri- sorse saranno spese per al- tro (sociale, ricerca, ecc.) ma non più per le guerre. Infatti se per Obama la ve- ra spina nel fianco resta l'economia, soprattutto la disoccupazione quasi al 10%, e un dollaro troppo debole, anche l'Europa non naviga in acque tran- quille (vedi la Grecia e poi Spagna e Portogallo oltre l'Iranda dove già siamo in- tervenuti con fondi euro- pei), ma il fatto di benefi- ciare di fondi per gestire al meglio l'attuale momento è una manna dal cielo. A questo aggiungerei che se trovassimo sul caso Li- bia una rinnovata forza politica europea le nuove generezioni godrebbero di un periodo di stabilità po- litica ed economica, ma soprattutto di una nuova speranza o meglio dream, come direbbero a NY, tut- to europeo. Ricco, continuamente aggiornato: arriva finalmente sul web il nuovo punto di riferimento per i giovani e per un nuovo modo di fare politica in Italia www.lapiazzaditalia.it Una Piazza di confronto aperta al dibattito su tutti i temi dell’agenda politica e sociale per valorizzare nuove idee e nuovi contenuti Segue a pagina 2 La politica e l’economia globale Emergenza immigrazione Beato Giovanni Paolo II www.lapiazzaditalia.it

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Una nuova politica UE-USA - Giovanni Paolo II - Nucleare impossibile per un popolo isterico - Emergenza immigrazione - La repressione in Siria e l’Occidente - Vittorio Arrigoni - Il DEF 2011 - Modernizzazione e occupazione - La politica e l’economia globale - La combinazione vincente - Clouding e la sicurezza nel futuro - Mercato dei Credit Default Swaps - Kant e la rivoluzione morale - La via della seta - Miyazaki - Sydney Lumet

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“Sei anni fa, al suo fune-rale - ha detto Ratzin-

ger - noi sentivamo aleggia-re il profumo della sua san-tità. Per questo ho voluto,nel doveroso rispetto dellanormativa della Chiesa, chela beatificazione procedessecon discreta celerità. Ed ecco che il giorno attesoè arrivato, è arrivato presto,perché così è piaciuto al Si-gnore: Giovanni Paolo II èbeato!”.Ma torniamo al sacro.Alla notizia che le celebra-zioni per la beatificazione diKarol Wojtyla si sarebberotenute in concomitanza conla festa del primo maggiomolti avevano storti il naso.Ci si chiedeva perché. Unadecisione effettivamentestrana perché anziché unire,divideva una serie di perso-ne che avrebbero potutopresenziare entrambi glieventi e che perciò si sonotrovati costretti a scegliere.In realtà il motivo era diver-so. Per l’occasione, infatti, sisarebbe riversata una mareadi polacchi, per onorare

uno degli uomini più impor-tanti della loro storia, appro-fittando di quello che in Po-lonia si chiama “dlugi wee-kend” – il weekend lungo.Scoperto l’arcano, appareevidente come la scelta diquel giorno e solo quello,non fosse animata dal desi-derio di sfidare chissà chi oche cosa, di dividere, an-dando a danneggiare l’altramanifestazione – tra l’altroben connotata politica-mente.Si trattava semplicemente diun atto dovuto.La tanto attesa cerimonia dibeatificazione di papa Gio-vanni Paolo II si è svolta inuna piazza San Pietro stra-colma, al cospetto di circaun milione e mezzo di fede-li. Benedetto XVI, poco do-po le 10.30 ha pronunciatole parole ufficiali del rito sa-cro e la piazza è stata lette-ralmente invasa da un inter-minabile applauso e in mol-ti - fra un tripudio di ban-diere bianco e rosse - hannogridato “Santo subito”, pro-prio come accadde l’8 aprile

2005 al momento delle ese-quie.Giovanni Paolo II sarà fe-steggiato ogni anno il 22 ot-tobre, anniversario dell’ele-zione al pontificato.Gioia e commozione per ifedeli che hanno assistito al-l’apoteosi di uno degli uo-mini più grandi che abbianoservito la Chiesa.Striscioni con frasi d’amoreper il papa polacco, bandie-re di tutte le nazioni, gentedi tutte le età.Benedetto XVI ha ricordatouna delle frasi celebri diWojtyla:“Non abbiate paura! Aprite,anzi, spalancate le porte aCristo!” – come recitava tral’altro un lungo striscionebianco e rosso che campeg-giava sul colonnato.Giovanni Paolo, lo chiedevaa tutti, ovunque, facendoloper primo egli stesso.E come ha detto Ratzinger“ha restituito al cristianesi-mo quella speranza che erastata ceduta in qualche mo-do al marxismo e all’ideolo-gia del progresso”.

Tante le autorità presenti,ottantotto le delegazioni. Inprima fila il presidente dellaRepubblica Giorgio Napoli-tano, il presidente del Con-siglio Silvio Berlusconi e poi

teste coronate, capi di Statoe primi ministri.Il cardinale Bertone ha chiu-so gli eventi liturgici dellabeatificazione di Wojtyla

COPIA OMAGGIOAbb. sostenitore da EE 1000 - Abb. annuale EE 500 - Abb. semestrale EE 250 - Num. arr. doppio prezzo di copertina

In caso di mancato recapito restituire a Poste Roma Romaninaper la restituzione al mittente previo addebito - TAXE PERCUE tass. riscoss Roma-Italy

— Fondato da Turchi —

Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - 70% - dcb-Roma 1-15/16-30 Aprile 2011 - Anno XLV - NN. 107-108-109-110 E 0,25 (Quindicinale)

ESTERI

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ECONOMIA

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LA PIAZZA D’ITALIA

Per la vostra pubblicità telefonare allo 800.574.727

Una nuovapolitica

UE-USA

a cura di FRANZ TURCHI

Gli ultimi giorni sonostati frenetici e appas-

sionanti, malgrado le pole-miche sterili che sono nateda alcune forze politichedi opposizione in Italia ein Germania.La cattura di Bin Laden hadeterminato un cambia-mento nella politica USAed europea notevole nel-l'approccio al problematerroristico salafita; non èpiu necessario combatterein irak, afganistan, ecc.cioè all estero ma basta in-tervenire in operazioni chi-rurgiche internazionali,con una buona relazionedi intellingence internazio-nale, per avere più risulta-ti, più tranquillità naziona-le e soprattutto anche sta-bilità sui mercati globali.Se una cosa era riuscitapurtroppo a Bin Laden, ol-tre il dolre e il dramma al-lucinante delle famigliecolpite negli attentati, eraquello di aver innescatouna crisi economica, par-tendo dagli USA, che erafinita poi nella recessioneche attuamente viviamo inOccidente.A questo punto i costi del-le varie operazioni, soprat-tutto umani e poi econo-mici, possono essere por-tati gradualmente a zero,con grande gioia delle fa-miglie e dei popoli deiPaesi impegnati nelle mis-sioni di pace, perché le ri-sorse saranno spese per al-tro (sociale, ricerca, ecc.)ma non più per le guerre.Infatti se per Obama la ve-ra spina nel fianco restal'economia, soprattutto ladisoccupazione quasi al10%, e un dollaro troppodebole, anche l'Europanon naviga in acque tran-quille (vedi la Grecia e poiSpagna e Portogallo oltrel'Iranda dove già siamo in-tervenuti con fondi euro-pei), ma il fatto di benefi-ciare di fondi per gestire almeglio l'attuale momentoè una manna dal cielo.A questo aggiungerei chese trovassimo sul caso Li-bia una rinnovata forzapolitica europea le nuovegenerezioni godrebbero diun periodo di stabilità po-litica ed economica, masoprattutto di una nuovasperanza o meglio dream,come direbbero a NY, tut-to europeo.

Ricco, continuamente aggiornato:arriva finalmente sul web il nuovo punto

di riferimento per i giovani e per unnuovo modo di fare politica in Italia

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Il 25° anniversario dellatragedia di Chernobyl ha

avuto la peggiore delle cele-brazioni con l’incidente diFukushima.I due eventi sono di naturaprofondamente diversa eanche le loro conseguenze.Come dopo Chernobyl, an-che questa volta l’Italia de-cide il suo futuro economi-co. Allora ci fu il referen-dum che sancì l’uscita dalnucleare. Oggi, dopo ilprogetto di rientro nel nu-cleare del Governo, il fan-tasma di un altro referen-dum, che minaccia per ifatti accaduti una valutazio-ne serena dei costi e deibenefici, ha imposto un ri-pensamento sui tempi nonper codardia ma perché inballo c’è il futuro.Forse la componente parte-cipativa del nostro sistemademocratico minaccia il no-stro stesso futuro, dando, achi non capisce di un temaassai complesso come que-sto, il potere di deciderecon la sola motrice umorale.Il nostro è un popolo chenel suo insieme ha unagrande propensione all’iste-rismo accentuato dall’inade-guatezza della stragrandemaggioranza della sua clas-se dirigente che, quando èall’opposizione, mantieneun atteggiamento speculati-vo che non mira a costruirema a distruggere.Troppo facile dire oggi cheil nucleare è pericoloso, do-po un terremoto mostruosoed uno tsunami devastante.Si potrebbe dire la stessa co-sa delle dighe che in Giap-pone hanno ceduto ma me-diaticamente non destereb-bero la stessa paura.

È vero che dalle dighe checedono non escono radia-zioni mortali ma bisogna ri-flettere con calma e luciditàperché non si può lasciarespazio alla passione quandosi deve decidere del nostrofuturo.Dai sondaggi la situazione èmolto chiara: il 75% degliitaliani è contrario al nuclea-re dopo Fukushima, inGiappone i contrari dopo ildramma sono il 47%, primaerano il 32%.È evidente che qualcosanon va nella nostra perce-zione del problema e delleconseguenze di una decisio-ne in merito. Le alternativeal momento sono poche enon possono essere consi-derate sufficienti. Le fonti al-ternative per ora non garan-

tiscono l’apporto energeticonecessario allo sviluppo diun Paese moderno e l’ener-gia derivante dai fossili, ol-tre ad inquinare, è destinataad esaurirsi.Proprio in merito all’inqui-namento uno dei problemi

del nucleare è anche quellodelle scorie, un businessche la Russia ha fiutato datempo e che potrebbe gesti-re anche per noi in attesanel prossimo futuro dai reat-tori di quarta generazioneche ridurranno quasi a zero

l’argomento. Nel frattempoin Svezia verrà realizzato unsito di stoccaggio 500 metrisotto terra che manterrà lescorie per 110.000 anni av-volte nel granito.Questione sicurezza: inFrancia ci sono 60 centraliche le rendono l'80% delfabbisogno energetico na-zionale, in Germania ce nesono 17, in Svizzera 5, 8 inSpagna, Slovenia, Ungheria,Cechia, Slovacchia, Bulgariae Romania ne contano com-plessivamente 19. Siamo si-curi che essere fuori dal nu-cleare ci metta al riparo daincidenti? Forse è megliosmetterla di fare gli ipocriti.Uniche vere incognite sono:quante centrali bisognereb-be realizzare per avere unvero beneficio e i tempi per

un rientro del nostro Paesenel nucleare; non sarannobrevi e la decisione sul do-ve realizzare le centrali ral-lenterà ancora di più il tutto.E' possibile che nel frattem-po nuove tecnologie possa-no diventare più efficienti erendere l'atomo meno attua-le o addirittura superato.Decidere sull'onda dellapaura con un referendum ècome dare un'arma a deibambini: il danno è assicu-rato. Ma, si sa, la politicanon bada a questa ineziaquando c'è da far caderel'odiato nemico, poco im-porta se in ballo c'è il futurodi un Paese sempre sull'orlodel baratro per la cronicacecità della sua classe diri-gente.

Gabriele Polgar

Pag. 2 1-15/16-30 aprile 2011

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FINITO DI STAMPARE NEL MESE DI MARZO 2011

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Chernobyl e Fukushima annientano il raziocinio di un intero popolo

Nucleare impossibile per un popolo isterico

con la messa di ringrazia-mento che si è svolta sem-pre in piazza San Pietro. Lacelebrazione è stata apertadal cardinale Stanislao Dzi-wisz, storico segretario diKarol Wojtyla e oggi suosuccessore nella sede diCracovia, che ha ringraziatoil nostro paese per la sim-patia e la cordialità con laquale anni fa ha accolto ilpapa venuto da un Paeselontano e che per tutto ilPontificato è divenuto lasua seconda Patria. Così co-me per molti polacchi, cheil quell’arco di tempo han-no intensificato i rapporticon l’Italia, integrandosisenza problemi, grazie an-che alla comune identitàcattolica.Nell’omelia il cardinal Ber-tone ha sottolineato comeGiovanni Paolo II fosse unautentico difensore della di-gnità di ogni essere umanoe non mero combattenteper ideologie politico-so-ciali – che pure è stato.Per Lui ogni donna, ogniuomo, era una figlia, un fi-glio di Dio, indipendente-mente dalla razza, dal colo-re della pelle, dalla prove-nienza geografica e cultura-le, e persino dal credo reli-gioso. Il suo rapporto conogni persona è sintetizzatoin quella stupenda fraseche scrisse: L’altro mi ap-partiene’’.A ragione è stato definito inveri modi: Papa dei giova-ni, Papa politico, Papa del-la comunicazione, Papaviaggiatore. Ma si tratta di

slogan e nulla. La verità èche se ha ricevuto tutti que-sti epiteti è stato un perso-naggio a 360 gradi, che èandato incontro a tutti gio-vani, vecchi, potenti, vicinie lontani, rompendo unatradizione che vedeva glialtri recarsi con deferenzadal “Sommo Pontefice”.Sull’esempio di Gesù Cristo,egli è sceso dall’alto delproprio scranno, deponen-do idealmente lo scettro ela tiara.Anziché limitarsi a “pontifi-care” è sceso al livello deipiù umili per ascoltare leproprie ragioni e sostenerli.Così come con Solidarnosc,non si contano le volte che

Giovanni Paolo II si è reca-to presso operai in rivolta,diseredati e oppressi.Chi ricorda Wojtyla nonpuò non associare la suaimmagine a quella di coluiha sempre inteso fiancheg-giare i più deboli, gli sfrut-tati, i meno fortunati.Memorabile il discorso chetenne in Sicilia nel ‘93 con-tro la mafia, fra lo stuporecompiaciuto di molti e l’en-tusiasmo generale.Così come le scuse, mai co-sì sincere per un Pontefice,per le responsabilità stori-che dei cattolici nei con-fronti di ebrei e musulmani,quando nel 2000, in visitain Israele accostatosi senza

preavviso, come un qual-siasi fedele al muro delpianto, depositò tra le fes-sure del muro un bigliettinodi preghiere.C’è anche chi gli ha imputa-to errori quali le strette dimano insanguinate qualiquelle di Castro e Pinochet.Ma come capo di stato e re-ligioso, un Papa ha il dove-re morale di frequentarechiunque, dal più sinistropeccatore al più probo tragli uomini.Almeno per cercare di tute-lare quei cattolici che a tut-t’oggi subiscono abusi eviolenze a tutte le latitudini.La verità è che nel bene enel male – come il conser-

vatorismo sostanziale inambito morale (in primis lacondanna del preservativo)– quel che è certo è cheGiovanni Paolo II rappre-senta una cesura sostanzia-le nel modo di interpretareil ruolo di Papa e nel mododi comunicare con i fedeli.Una sorta di modernizza-zione della funzione che hacontribuito ad avvicinare ilSommo Pontefice alla gentee in primis a quei giovaniche lo vedevano comeun’istituzione obsoleta, lon-tana e antistorica.Grazie a Wojtyla, la Chiesacattolica è tornata sulla ter-ra, ridiscendendo tra gli uo-mini.

Beato

Giovanni Paolo IIDalla prima

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“Se deve andare così in Eu-ropa, meglio uscirne”. La

frase di Berlusconi detta a mar-gine della vicenda sbarchi piùche una boutade è una fotogra-fia esatta della situazione.Un’istantanea che descrive sen-za mezzi termini il fallimentodell’Europa in tutte le grandiquestioni politiche che è statachiamata ad affrontare in questianni. Dalla guerra in Iraq doveci si divise in favorevoli all’in-tervento e contrari (vecchia Eu-ropa), all’emergenza immigra-zione che siamo chiamati a di-rimere oggi.Uscire o non uscire – tra l’altroil trattato di Lisbona contem-plerebbe anche questa possibi-lità – non è però il cuore delproblema.Piuttosto dovremmo chiederciuscire da cosa?Qual è il bilancio di questoquasi decennio di Europa?Se le barriere economiche sem-brano ben scese giù, sono ri-maste issate ben salde quelleculturali. Le questioni che si so-no succedute nel corso di que-sti anni non hanno avuto rispo-ste degne rimanendo inevase?L’Europa come attore geopoliti-co credibile non è mai nato,non avendo mai superato ladialettica bene comune-bene

individuale. Senza meno la dif-fidenza nei confronti dell’Unio-ne, mai scemata, cavalcata anzida governi e opposizioni allabisogna, si sta radicando diquesti tempi. Ma mentre prima l’antieuropei-smo germogliava più che altrotra i cittadini impoveriti dall’euro, ora il dissenso sta scalan-do pericolosamente la monta-gna che porta all’establishment.I tanto decantati benefici invisi-bili (crisi valutarie scongiurate,stabilità, libera circolazione dimerci, capitali e persone) im-pallidiscono ancor più dinanziai problemi ultraconcreti senzasoluzione.Così che il punto di vista leghi-sta del no all’Europa, tempo faritenuto macchiettistico oggipare avere un suo perché.Sinora l’Europa ha vestito ipanni del bluff che tanto ha fat-to per la finanza – più o menocreativa - e imprese in ansia dadelocalizzazione, ma ben pocoha reso per i propri cittadini.Anzi pochissimo.Inoltre, da pigmeo politico enano militare quale è, l’Europasi sta tramutando anche in enti-tà economica periferica incapa-ce di rispondere alla sfida indo-cinese e a quella sudamericanadelle potenze in ascesa (vedi

Brasile). L’Unione, alla luce deifatti, sta fallendo miseramentein quanto ha assunto i connota-ti di un contenitore attraverso ilquale far meglio valere interes-si particolari, in primis quelli diFrancia e Germania.Parliamo di immigrazione. Peruna guerra scatenata da altri(Sarkozy) ancor prima della co-pertura NATO, si sta facendo ditutto affinchè il prezzo più alto– l’effetto collaterale più sgradi-to – venga pagato da comoditerzi: noi. L’immigrazione mas-siccia e incontrollata, infatti fa-rebbe sì che qualsiasi vantaggiosi sia andato a cercare in Libia laFrancia, il prezzo sociale sareb-be comunque più alto. Tensionida scongiurare, visto il mucchiodi elezioni cui sarà impegnato ilpartito di Sarkozy, in grave calodi consensi.La motivazione fittizia che vieneadotta alla questione immigra-zione è precipuamente una:quella geografica. L’Europa non

conta, non c’è né ha intenzioned’esserci quando si tratta di con-dividere problemi e si defila –nemmeno troppo elegantemen-te.Nè cooperazione né solida-rietà.Controtendenza, decisamente asorpresa, la Romania ha fattoun primo passo. Bucarest hadichiarato di farsi carico del-l’accoglienza di 200 immigrati.Non un granchè, ma il gesto ri-mane apprezzabile e potrebbecreare un auspicabile effettodomino dando perché no vita adei “volenterosi” – dopo lebombe – dell’ accoglienza.Tuttavia per ora pare che la so-lidarietà debba valere solo peril nostro Paese. A carico delleregioni escluso l’Abruzzo perovvi motivi.In Europa, regna un miope,bottegaio silenzio.Intanto, l’Italia può rilasciaredei “documenti di viaggio perstranieri” ai migranti sprovvistidi passaporto che siano in sog-giorno temporaneo nella Peni-sola, per pemettere loro di re-carsi in altri paesi dell’area diSchengen, sempre che rispetti-no anche le altre condizionipreviste dal ‘Codice delle fron-tiere’.Eppure pare che la legge – inquesto caso – si interpreti anzi-

ché applicarsi, con mille artifizi– non ultimo il blocco dei treniprovenienti da Ventimiglia di-retti in Francia. Come giustifica-zione si è farfugliato l’ordinepubblico. In realtà si tratta delsolito dispetto dei cugini, chedopo aver perso un comodo al-leato in Tunisia, vuol rifarsi conla Libia, senza accollarsi il mini-mo costo. tuttavia, nella contro-versia fra Italia e Francia suipermessi di soggiorno tempo-ranei per i migranti irregolarinordafricani sbarcati a Lampe-dusa prima del 5 aprile, la que-stione del “documento di viag-gio valido” sembra essere or-mai l’unica su cui l’ interpreta-zione di Parigi non coincidecon quella di Roma. Non sem-bra ci siano dubbi, infatti, suglialtri requisiti stabiliti da Schen-gen per l’attraversamento dellefrontiere, che i francesi annun-ciano di voler rispettare rigoro-samente: oltre a dover esibire ilpermesso di soggiorno tempo-raneo italiano, i migranti (perlo più tunisini) dovranno giusti-ficare le ragioni del loro viag-gio, disporre delle risorse (da32 a 62 euro al giorno) per po-tersi mantenere durante la loropermanenza in Francia e perpoter effettuare il viaggio di ri-torno, non essere segnalati o

non rappresentare un rischioper l’ordine pubblico e la sicu-rezza.Punti sacrosanti, ma sui quali cisi è chiusi a riccio anzichéaprirsi al dialogo costruttivo.L’impressione è che i governidell’Unione non solo non sap-piano, ma non vogliano parlarecon una voce comune.Il punto del Trattato di Lisbonaladdove si contempla la possi-bilità di recedere dall’Ue è spiadi malessere ed impotenza.Come è stato possibile osserva-re tutti gli atti delle singole na-zioni chiamate in causa nellavicenda nordafricana e le con-seguenti sono stati dettati dal-l’agenda politica e dalla sogget-tiva situazione politica internad’ogni Paese.Basti pensare alla Germania.Con la Merkel in piena crisi – co-me testimoniato dall’ultima tor-nata elettorale - se ne è lavataabbondantemente le mani.Tutto ciò è inammissibile e nondepone a favore dell’Europa,mai fino in fondo percepitacredibile di fronte a problemiconcreti.Se la situazione interna di ognisingolo paese determinerà lerelative condotte in barba allaformula – sinora vuota – nel“pieno spirito dell’Unione” apiù di qualche governo verrà inmente di farsi da parte.Col pieno consenso della stra-grande maggioranza dei cittadi-ni che, diciamolo francamente,in Europa non ci sono mai en-trati.

Frazcesco di Rosa

Imorti non sono tutti uguali.Questo è quanto ci stanno

confermando implicitamente co-loro che i sono affrettati a inter-venire in Libia.Dopo aver tentato di farci crede-re (ma a chi la raccontano?) chel’intervento in Libia ha uno sco-po umanitario per proteggere laribellione dal regime di Ghedda-fi, ora non si sa con quale scusaproveranno a farci digerire il to-tale disinteresse per quanto staaccadendo in Siria.Il regime di Assad sta ucciden-do centinaia di manifestanti di-sarmati senza alcuna pietà, ilprezzo che quella parte del po-polo siriano sta pagando è al-tissimo ma Obama e Sarkozy, ipiù sensibili ai mali dell’Africa,secondo questo nuovo trend,sembrano non capire che to-gliere la Siria all’attuale regimepotrebbe significare togliereuna spalla importante all’Irandi Ahmadinejad che, senza cheormai qualcuno dica più nulla,continua nel suo progetto nu-cleare puntando proprio sull’ef-fetto distrattivo che le rivoltestanno generando sull’opinionepubblica mondiale.Certo la situazione è resa com-plicata da molti fattori tra loroincrociati che potrebbero far di-ventare controproducente qual-siasi decisione. Però mai comeora è necessario il male minore.Ma perché queste differenze?A parte la perenne indecisioneda parte di Obama e la sua falli-mentare politica in medio orien-te, ci sono alcuni aspetti da ana-lizzare.Il primo è che quella in Siria è laprima rivolta che va contro gliinteressi iraniani e per questo c’èda fare molta attenzione.La seconda è che come per laLibia, anche per la Siria c’entrail petrolio con la differenza chementre per la prima i paladinidella libertà si sono affrettati apianificare uno sconclusionatointervento, per mettere le manisulle risorse energetiche, per laseconda è meglio per tutti la-sciare le cose come sono perevitare che una grave crisi av-volga l’area e blocchi i flussi dipetrolio. È evidente quindi che

i morti in Siria sono un sacrifi-cio necessario. Perché?In quell’area l’Iran sta cercandodi togliere all’Arabia Saudita laleadership, questo non fa altroche generare un instabile duali-smo che potrebbe crearci nonpochi problemi.Per l’Iran la Siria è l’entità da cuipassa tutto ciò che le sanzioni el’embargo, attuati per “arrestare”il progetto nucleare, dovrebberobloccare e per cui passano gliapprovvigionamenti di armi perHezbollah contro Israele. Èquindi di vitale importanza aver-ne il controllo.È interessante sottolineare che inSiria è al potere un’”etnia” mino-ritaria che crea una certa insod-disfazione nella maggior partedella popolazione, più vicina aiFratelli Musulmani o a movi-menti di matrice salafita. L’alter-nativa più accreditata quindi persostituire il regime laico di Ba-shar al-Assad è un regime inte-gralista.Questa eventualità non avrebbeconseguenze solo all’interno deiconfini siriani ma anche fuori.Quello che la Siria considerauna sua emanazione, cioè il Li-bano, ne farebbe subito le spesevista la cronica instabilità del si-stema politico che porterebbead un scontro tra l’ala moderatadi Hariri ed Hezbollah. Un ipo-tetico regime integralista poi at-taccherebbe Israele prendendocome scusa la questione dellealture del Golan.Tutto questo porterebbe l’ArabiaSaudita ad intervenire preventi-vamente per limitare le fazionipiù vicine all’Iran appoggiandopubblicamente chi le avversa,entrando pesantemente nelledecisioni di un altro Stato comefatto in Bahrein, dove ha inviatol’esercito a tutela del Governocontro la rivolta.La conseguenza potrebbe esserea quel punto un intervento diret-to dell’Iran a tutela del regime diAssad, portando la tensione allestelle e generando come primaconseguenza una crisi petrolife-ra senza precedenti.Dall’altra parte del modo pren-derebbe forma una certa diffi-coltà per Obama ad aiutare di-

rettamente uno Stato alleato manche un regime come l’ArabiaSaudita, soprattutto dopo la suamano tesa al mondo arabo mo-derato. Sarà anche difficile perla Signora Clinton cambiareidea di nuovo su Assad dopoaverlo definito moderato. Masarà difficile soprattutto perSarkozy (alla ricerca della“grandeur” perduta) andarecontro Bashar Al Assad dopoaverlo avuto come ospite

d’onore alle celebrazioni del 14luglio di due anni fa, legitti-mandolo davanti al mondo (al-tro che Berlusconi con Ghed-dafi).Quindi ricapitolando: l’occiden-te non interviene in Siria perchéun cambio del regime favorireb-be un’ipotetica guerra regionaleche chiuderebbe i rubinetti delpetrolio.Non intervenendo però, oltre amanifestare la consueta ipocri-

sia, permetterebbe all’Iran diproseguire con i suoi progettiegemonici che porteranno co-munque ad una guerra ma conaltre armi, ben più pericolose,e comunque al suddetto bloccodelle esportazioni di greggio.Certo non è facile favorire unoscenario o l’altro perché comun-que vadano le cose sarà impos-sibile evitare un conflitto nel-l’area e a perdere saranno tutti .Comunque sia, rifiutando l’idea

di un conflitto e tessendo reti dialleanze e connivenze più o me-no occulte ma sempre più com-plesse, il mondo si sta avviandoad una resa dei conti con la suaipocrita e miope gestione degliequilibri che spesso prende lesembianze delle Nazioni Unite,vera sintesi delle contraddizionidi cui siamo affetti. Il problemaper ora è solo rimandato.

Gabriele Polgar

1-15/16-30 aprile 2011 Pag. 3

LA PIAZZA D’ITALIA - ESTERI

Impotenza dell’Europa

Emergenza immigrazione

La Siria è la punta di un iceberg che si sta sciogliendo

La repressione in Siria e l’Occidente

Il dramma di un assassinio nonsi può discutere, ma quando

viene perpetrato dalla follia dichi non accetta uno straniero,che appoggia una causa caraagli stessi assassini, ma che allostesso tempo incarna l’odiatooccidente, è un messaggio chia-ro e forte.Vittorio Arrigoni, definito daisuoi colleghi non un cooperantema un attivista, aveva sposato lacausa palestinese, viene descrit-to come un ultrà pacifista ma suquanto fatto per la causa palesti-nese andrebbero fatti dei distin-guo. Per prima cosa non è pos-sibile legare la parola pace a chiappoggia Hamas, un’organizza-zione terrorista che vuole l’an-nientamento di uno Stato e lacacciata del suo popolo, nellamigliore delle ipotesi. Hamas e isuoi vari bracci armati sono col-pevoli di sanguinosi omicidi diinnocenti: l’ultimo è stato lo ster-minio di una famiglia compresitre bambini di cui uno di tre me-si con conseguenti festeggia-menti per le strade.Seconda cosa, sempre tenendopresente che la vita di una per-sona la si può criticare ma nonla sua morte per mano di spieta-ti assassini, quello che esce daquesta drammatica storia è unaconflittualità all’interno della stri-scia di Gaza. Si pensava che Ha-mas controllasse il territorio pre-sidiato con il pugno di ferro, se-

condo rigidi dettami ma ora siscopre che per alcune organiz-zazioni che si trovano un po’con lei un po’ fuori, Hamas ètroppo tenera e c’è chi è più du-ro e puro. A testimonianza chela pace in quell’area non è soloun problema israeliano ma so-prattutto di reale consistenzadella controparte. Fatah, Hamas,gruppi impazziti che pretendo-no di contare rapendo e ucci-dendo, sono espressione ditroppe sfaccettature in guerra traloro che renderebbero inattuabi-le qualsiasi accordo.Qualora si trovasse la strada perdefinire lo Stato palestinese, Ha-mas contesterebbe la presenzaoltre confine di uno Stato ebrai-co (di cui vuole la distruzione) equalche altro oltranzista conte-sterebbe la presenza anche diun solo turista nel territorio chedovrebbe essere solo arabo.L’assassinio di Arrigoni proval’impossibilità di una convivenzaserena perché, anche se tutti sisono affrettati a prendere le di-stanze, Hamas (facendo finta di

non avere al suo interno mem-bri estremisti, di un’organizza-zione estremista) e Al Qaeda (di-mostrando comunque la suapresenza nella striscia), la primacosa che è stata tentata è quelladi dare la colpa a Israele ipotiz-zando assurde alleanze tra sala-fiti e estrema destra israeliana, innome dell’intoccabilità dell’unitàdel popolo palestinese. Un attodi debolezza e di impotenza chespiega come Hamas, da quandocerca un consenso internaziona-le, mimetizzandosi senza suc-cesso, ha sviluppato al suo inter-no un virus che col tempo ave-lenerà tutto ma che al momentola fa apparire come il male mi-nore in quel contesto. Ed è que-sto il vero errore e problema acui fare attenzione perché è ov-vio che ora tutto l’apparato cheper un po’ era distratto da quan-to sta accadendo in Africa, osan-nerà le gesta di un giovane uo-mo morto per un ideale (pro-porre il Nobel per la pace è grot-tesco anche se dopo il conferi-mento ad Obama non ci sareb-be di che stupirisi), ma è dove-roso osservare che nella sostan-za e anche nelle parole l’idealenon era di pace ma di afferma-zione di un’entità su un’altra.Come si fa altrimenti a giustifica-re quanto scritto nel suo blog?sionisti definiti ratti e poi la do-manda dov’è che finisce il sioni-smo e inizia l’ebraismo?

L’ultima ciliegina è stata la vo-lontà espressa dalla famiglia dinon far passare per il territorioisraeliano il corpo di Vittorioper sancire una volta di più chel’odio per Israele era la stellapolare di un pensiero molto ra-dicato che faceva perdere di vi-sta il fine ultimo di un pacifistache dovrebbe essere la convi-venza civile. Il corpo dovràpassare dall’Egitto con moltepiù difficoltà perché, udite udi-te (è il caso di sottolinearlo percoloro che non ricordano) ilconfine tra Gaza e il fratelloEgitto è sigillato più di quellocon Israele, ma in nome della“pace” questo e altro.Arrigoni era uno che credeva inuna causa e per questo, anchese con una visione antitetica, bi-sogna rendergli onore, in nomedella libertà, ma la sua vita è sta-ta strappata da quelli che lui cre-deva amici e oppressi. Le cosepurtroppo sono andate diversa-mente e tutto questo non fa al-tro che bene alla causa di chinon vuole il dialogo, problemache ora, sotto gli occhi di tutti, siè spostato all’interno di quelmondo che da fuori Gaza si cre-deva monolitico, sotto il control-lo dittatoriale di Hamas e che daragione a chi dall’altra parte at-tende, rinforza i confini e nelfrattempo perora la sua causa.

Gabriele Polgar

Un pacifista in guerra

Vittorio Arrigoni

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In Europa, nel corso delprocesso di integrazione

economica e sociale, sono or-mai tutti consapevoli e con-vinti della essenzialità dellepolitiche volte alla stabilità esolidità della finanza pubbli-ca, nell’ottica dello sviluppoeconomico e dell’equilibriopolitico democratico. La crisi,anche questo ormai fatto ac-clarato, ha determinato e stadeterminando un disegnonuovo delle politiche econo-miche. Per queste ragioni ilPatto pone le basi per un co-ordinamento più esteso e raf-forzato delle politiche econo-miche, con l’obiettivo di con-solidare l’UEM attraversol’adozione a livello nazionaledi azioni coordinate e miratead aumentare il grado dicompetitività e convergenza,ma sul presupposto essenzia-le della stabilità e solidità fi-nanziaria.Il Patto vincola anche l’Italiaa rafforzare le regole e leazioni nazionali necessarieper la disciplina di bilancio,in particolare per garantire ilrispetto dei vincoli sull’inde-bitamento netto e sul rappor-to debito/Pil. Senza stabilitàdel pubblico bilancio nonpossono esistere i presuppo-sti per una crescita duratura

ed equa, perché questa nonsi fa più con i deficit pubbli-ci infatti l’unico sviluppo cheproduce il deficit pubblico èlo sviluppo del deficit pubbli-co. Questa è in sostanza l’im-postazione della politica ita-liana di finanza pubblica, ini-ziata nel 2008 con la “LeggeFinanziaria triennale” e da al-lora proseguita. Proprio inquesta logica è impostato il“Programma di stabilità”.L’Italia si impegna, comemolti altri paesi europei, adintrodurre nella sua Costitu-zione il vincolo della discipli-na di bilancio in conformitàcon le nuove regole di bilan-cio europee. Per esempiol’articolo 81 della Costituzio-ne vigente dispone che:“Ogni altra legge che importinuove o maggiori spese deveindicare i mezzi per farvifronte”. Questo disposto nonha impedito però di fare cre-scere in Italia il terzo, ora for-se il quarto debito pubblicodel mondo. Senza avere laterza o la quarta economiadel mondo.I Capi di Stato e di Governodella zona euro hanno appro-vato il Patto, cui hanno aderi-to Bulgaria, Danimarca, Letto-nia, Lituania, Polonia e Roma-nia, al fine di consolidare il pi-

lastro economico dell’unionemonetaria, fare un salto diqualità nel coordinamentodelle politiche economiche,migliorare la competitività e,quindi, aumentare il livello diconvergenza. Lo sforzo di unpiù stretto coordinamento del-le politiche economiche per lacompetitività e la convergenzas’ispira a quattro linee guida:s’iscriverà nella linea dell’at-tuale governance economicadell’UE e la irrobustirà, appor-

tandole un valore aggiunto; siconcentrerà sull’obiettivo, saràorientato all’azione e verteràsui settori d’intervento priori-tari essenziali per stimolare lacompetitività e la convergen-za; ogni anno ciascun capo diStato o di governo assumeràimpegni nazionali concreti in-

fine, gli Stati membri parteci-panti sono pienamente impe-gnati a favore del completa-mento del mercato unico, cheè un elemento determinanteper il miglioramento dellacompetitività nell’UE e nellastessa zona euro.Per raggiungere gli obiettivicomunitari i singoli Stati deb-bono far ripartire le loro eco-nomie a ritmi più elevati equindi più soddisfacenti. Lacrescita del prodotto in Italia

è stata piuttosto vivace nellaprima parte del 2010, in lineacon gli sviluppi nella maggiorparte dei paesi europei. Apartire dal terzo trimestre si ènotata una certa decelerazio-ne. Nel complesso dello scor-so anno, l’economia italiana ècresciuta dell’1,3%. La do-

manda interna ha sostenutola ripresa: i consumi privati egli investimenti fissi hannofornito un contributo alla cre-scita pari rispettivamente a0,6 e 0,5 punti percentuali. Leesportazioni nette hanno in-vece sottratto 0,4 punti per-centuali. Un ampio contributoalla crescita è provenuto dal-la ricostituzione delle scorte(0,7 punti percentuali).Nel 2010 però, la crisi ha con-tinuato a influire sul mercatodel lavoro, seppur con segna-li di miglioramento nell’ulti-mo trimestre dell’anno. Inmedia d’anno, l’occupazioneha registrato una contrazionedello 0,7% che ha interessatoin particolare il settore dell’in-dustria. I dipendenti si sonoridotti in misura maggiore.Sulle prospettive del Pil italia-no, attualmente è previsto au-mentare dell’1,1% nel 2011,ovvero 0,2% in meno rispettoalla stima diffusa con la Deci-sione di Finanza Pubblica.Dopo il risultato modesto delquarto trimestre 2010, (0,1%rispetto al trimestre preceden-te) è plausibile una prosecu-zione dell’espansione. Neltriennio 2012-2014, la crescitadel Pil si attesterebbe in me-dia all’1,5%. I consumi privaticontinuerebbero a crescere in

misura moderata. Le esporta-zioni continuerebbero adespandersi, il mercato del la-voro sarebbe caratterizzato daun moderato recupero. A li-vello territoriale permangonoforti differenziazioni in termi-ni di crescita del Pil e dell’oc-cupazione.Nei prossimi anni la strategiadel Governo è dunque rivoltaa un attento monitoraggiodella finanza pubblica al finedi mantenere la sua evoluzio-ne allineata al percorso dirientro che sarà indicato dallenuove regole europee. Allastrategia di risanamento fi-nanziario si affiancheràun’azione di riforma, destina-ta a superare gli ostacoli allacrescita e a innescare effettisinergici nel percorso di rien-tro. Il Patto di stabilità internodetermina le modalità attra-verso cui Enti locali e Regioniconcorrono al conseguimentodegli obiettivi nazionali in ter-mini di bilancio pubblico e dicrescita economica.Se la somma dei contributiistituzionali va nella direzioneindicata nel programma distabilità, l’Italia avrà a disposi-zione una grossa opportunità,quella di coniugare finalmen-te crescita economica e risa-namento finanziario.

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LA PIAZZA D’ITALIA - ECONOMIA

Il Cdm il 13 aprile 2011 ha deliberato il Documento di economia e finanza per l’anno 2011

Il DEF 2011

Il tasso di disoccupazione amarzo torna a salire atte-

standosi all’8,3%. Lo rileval’Istat in una nota nelle stimeprovvisorie (dati destagiona-lizzati) sottolineando che lacrescita è stata di un decimodi punto rispetto al mese pre-cedente. Su base annua si re-gistra invece una diminuzio-ne di 0,2 punti percentuali.Ancora molto alto il tasso didisoccupazione tra i giovaniche si attesta al 28,6%, con unincremento di 0,3 punti per-

centuali su base mensile e di1,3 punti su base annua. An-che il numero di disoccupati(pari a 2.071 mila), rileva an-cora l’istituto, registra unacrescita del 2% rispetto a feb-braio (+ 40 mila unità). Amarzo 2011, rispetto al 2010

ci sono tuttavia 141mila occu-pati in più (+0,6%).C’è da sottolineare, che dan-do uno sguardo generale al-l’economia, ad aprile l’indicedestagionalizzato del clima difiducia delle imprese sale nelsettore del commercio a 104,2e, seppur in misura molto li-mitata, anche per quelle deiservizi di mercato a 97,9. Sal-gono anche i saldi relativi aigiudizi sull’andamento degliaffari e dell’occupazione, di-minuiscono quelli delle attese

sull’andamento dei prezzi divendita, ma si deteriorano leattese sull’occupazione. Nelcommercio, l’indicatore delclima di fiducia scende nelladistribuzione tradizionale a106,5, ma sale in maniera ac-centuata nella grande distri-

buzione a 105,1. Aumentanosia il saldo dei giudizi siaquello delle aspettative a bre-ve termine sulle vendite; calaquello relativo ai giudizi sullescorte di magazzino.Dai dati suindicati emerge unquadro congiunturale che ve-de le imprese fornire giudizipositivi ed ottimistici sulla fi-ducia nel business di riferi-mento, ma al contempo undeterioramento delle aspetta-tive sull’occupazione in coe-renza con i dati Istat sul mer-

cato del lavoro.Le imprese necessitano di fat-tori di produzione come mez-zi per produrre beni e servizi,per esempio la domanda dimuratori e di materiali ediliaumenta e diminuisce all’au-mentare e al diminuire della

quantità di edifici costruiti.Perciò la domanda di qualsia-si fattore di produzione deri-va dalla domanda dei beni edei servizi che quel fattoreaiuta a produrre; per questomotivo la domanda di qual-siasi fattore di produzione èdetta domanda derivata. È im-portante sottolineare che leimprese che massimizzano ilprofitto hanno bisogno di unarelazione che sia valida al-l’equilibrio per ogni fattore diproduzione impiegato. Quan-do un fattore di produzione,per esempio il capitale, è fis-so e un altro fattore , peresempio il lavoro, è variabile,l’impresa che massimizza ilprofitto aumenta il livello diproduzione finchè l’ultimaunità prodotta contribuisceesattamente nella stessa misu-ra sia al costo sia al ricavo,cioè finchè il costo marginaleè uguale al ricavo marginale.Tale equilibrio sottostante al-l’obiettivo della massimizza-zione del profitto, dovrebbepersistere e mantenersi a ga-ranzia di un certo livello dioccupazione. Ed è esattamen-te ciò che non si sta verifican-do in Italia tra il mercato dellavoro e quello dei beni e ser-vizi.A fronte di un costo del lavo-ro crescente, le imprese nonhanno convenienza ad assu-mere perché l’uguaglianza trai ricavi marginali ed i costimarginali non verrebbe ga-rantita. E questa è una delleragioni per le quali il tasso didisoccupazione continua acrescere soprattutto tra i gio-

vani. Se l’impresa assume unlavoratore addizionale a untasso salariale orario di 15 eu-ro, il costo addizionale perl’impresa è pari a 15 euro. Ilprodotto marginale, ossial’aumento della produzionetotale determinato dal fattorevariabile deve comunque es-sere pari al costo sostenutoper l’ora addizionale.Quindi l’elemento che deter-mina la domanda di lavorodell’impresa è il tasso salaria-le legato ad uno specificoprezzo del prodotto. È ormainoto che al variare dellaquantità assunta di lavoro, va-ria il livello di produzione.Via via che il contributo addi-zionale alla produzione di-venta sempre più piccolol’impresa non trova più con-veniente assumere e quindi ilprodotto fisico marginale dellavoro diminuirà. Il numerodi persone che sono dispostea lavorare costituisce le forzedi lavoro. L’offerta di lavorodipende da tre variabili: l’am-montare della popolazione, lapercentuale di essa che è di-sposta a lavorare e il numerodi ore lavorate da ciascun in-dividuo. Ciascuna di questavariabili è parzialmente in-fluenzata da fattori economi-ci.L’offerta di lavoro in praticadice quanto lavoro (ore lavo-rative) viene offerto in corri-spondenza di ciascun tassosalariale. Il punto in cui la do-manda e l’offerta si interseca-no determina il salario in cor-rispondenza del quale la do-manda assorbe tutta l’offerta

nel mercato del lavoro, ossiail mercato tende all’equilibrioe la quantità di occupazionedi equilibrio. È importantenotare che, nell’equilibrio delmercato del lavoro, avrebbeposto di lavoro chiunque de-sideri lavorare al salario dimarket clearing. In questosenso vi sarebbe piena occu-pazione. Uno dei problemidifficili riguardo ai mercatidel lavoro è stato quello dichiedersi perché quei mercatinon funzionino nel modo in-dicato dalla semplice analisibasata sulla domanda e sul-l’offerta. L’analisi del mercatoha indicato che, quando c’èun eccesso di offerta di qual-cosa, il suo prezzo dovrebbediminuire finchè la quantitàdomandata non è diventatauguale alla quantità offerta.Ciò non avviene di solito neimercati del lavoro, le impresegeneralmente non sembranoentusiaste di ridurre i salariper riuscire ad assumere unmaggior numero di lavoratoriai tassi salariali più bassi, an-che se potrebbe sembrareche tale provvedimento au-menti i loro profitti. Un possi-bile motivo è che ai datori dilavoro interessano la qualità ele prestazioni dei lavoratorioltre che il loro prezzo, cosic-chè nella decisione riguardoall’occupazione devono esse-re tenute in conto le dimen-sioni. In questo contesto il sa-lario che dà la migliore com-binazione prezzo e qualitàdel lavoratore è detto salariodi efficienza.

Avanzino Capponi

Disoccupazione giovanile sale al 28,6%, mentre il tasso di disoccupazione risale all’8,3%

Modernizzazione e occupazione

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LA PIAZZA D’ITALIA - ECONOMIA

Il decreto anti-scalate diTremonti per difendere

Parmalat dalla scalata dellafrancese Lactalis e il conve-gno sull’economia globale eruolo della politica tenutosilunedì 11 Aprile nella salaGianfranco Imperatori aPiazza Venezia, organizzatodal Centro Studi Cives, sonostati senza dubbio un otti-mo spunto di riflessionesull’economia dei nostrigiorni.Gli interventi e le “lezioni”tenute in maniera sapientedai partecipanti, hanno trac-ciato le linee per una rifles-sione generale sull’opportu-nità del mercato unico afronte delle politiche deisingoli paesi, delle difficoltàche questi ultimi possonoincontrare nel gestire laconcorrenza internazionalee in ultimo, il loro rapportocon le direttive dell’UnioneEuropea.Il saggio di Ulrich Beck“Che cosa è la globalizza-zione: rischi e prospettivedella società planetaria” in-dividua quattro possibiliscenari di una futura globa-lizzazione: una societàmondiale capitalista, in cuilo stato è minimale; una so-cietà del rischio in cui la de-mocrazia è data dal risve-

gliarsi delle coscienze: sigiunge alla consapevolezzache il mondo si può autodi-struggere e si dibatte su co-me eliminare i problemi at-tuali al fine di acquisire unamodernità responsabile cheguardi al futuro; una societàdella politica non legittima-

ta, ossia le decisioni vengo-no prese a livello globale daattori transnazionali, senzache la gente li abbia mai le-gittimati; una società dallalocalizzazione plurale, incui non esiste uno statomondiale e le distanze ven-gono annullate dall’azionedei media.Riflettere sull’identità dellanostra società globale delpresente può essere unbuon inizio per correggeredegli assetti e delle politi-che eventualmente negativi.

Il termine globalizzazioneindica il fenomeno di cre-scita delle relazioni e degliscambi a livello mondialemirante ad una convergenzaeconomica e culturale tra iPaesi.L’effetto di questo indirizzomondiale della politica, in

generale si concentra sul-l’economia, dando luogo aduna forte integrazione degliscambi commerciali interna-zionali e ad una crescentedipendenza dei paesi gli unidagli altri.In questo contesto, dove lemultinazionali spadroneggia-no, lo stato nazionale vienespinto a diventare “minima-le” rispetto al potere econo-mico, ovvero, si limita a ga-rantire l’ordine. Gli attori nazionali dunque,perdono progressivamente

importanza rispetto ai prota-gonisti internazionali, inoltreaccade che le grandi indu-strie scelgono di produrredove la manodopera costameno, in zone franche ga-rantite dagli stati singoli perattirare marchi transnazionaliimportanti, dove i dirittiumani non sempre sono ga-rantiti. Questa concorrenza spessosenza regole può generarecrisi non recuperabili per lepiccole e medie imprese,schiacciate da una concor-renza non sempre leale eumana e da sistemi di tassa-zioni agevolati.Mercato ed economia si de-vono autoregolare, questovuole la moderna politicaglobale.Di fronte a questo scenario,sono pertinenti però dubbiche chiedono una risposta eriguardano le modalità perfermare le delocalizzazionie come sostenere e stimola-re la competizione naziona-le nel mondo; forse una so-luzione, come quella pro-posta al convegno sopra ci-tato, che prevede la lotta al-l’evasione fiscale comemezzo per incamerare risor-se da destinare all’investi-mento economico può esse-re una risposta, ma proba-

bilmente non l’unica, per-ché non sufficiente; un’altraalternativa potrebbe essererappresentata da una rivalu-tazione degli aiuti di statoalle aziende o adottare mi-sure protezionistiche, mal’Europa dice no ad ogni in-tervento di questo tipo.L’idea di uno stato regolato-re, promotore di sviluppoeconomico e imprenditorenon può non tenere contodella legislazione UE in ma-teria di sostegno alle impre-se; non sono previsti aiutianche se finalizzati al man-tenimento dell’occupazionee del lavoro nel paese diprovenienza, perché non sipuò credere nel mercatounico per la vendita senzaadottarlo anche per la pro-duzione.Il protezionismo è una pa-rola antiquata, che non de-ve essere pronunciata negliambienti economici comu-nitari, perchè è una politicaopposta a quella libero-scambista, che tende a pro-teggere le attività produtti-ve nazionali dalla concor-renza di paesi esteri permezzo di interventi econo-mici statali attraverso l’ap-plicazione di dazi sui pro-dotti importati o sulle mate-rie prime esportate, o anco-

ra, per mezzo di premi,agevolazioni fiscali e credi-tizie ai produttori nazionaliche esportano.Allora visto che i singoli sta-ti nazionali devono attener-si alle decisioni europee,l’UE dovrebbe offrire rispo-ste unitarie, conformi agliscenari internazionali e so-prattutto, dovrebbe garanti-re una reale politica econo-mica che regoli in manieraopportuna anche gli aspettipiù negativi della globaliz-zazione, presentandosi conuna sola voce in capitolo,superando così, anche gliegoismi nazionali.Progresso e modernità nonsignificano sviluppo senzaregole e senza limiti; a ri-guardo le parole di Bene-detto XVI in occasione del-l’Epifania del 2008 calzanoa pennello: “Non si può di-re che la globalizzazione siasinonimo di ordine mondia-le, tutt’altro: i conflitti per lasupremazia economica el’accaparramento delle ri-sorse energetiche, idriche edelle materie prime rendo-no difficile il lavoro diquanti, ad ogni livello, sisforzano di costruire unmondo giusto e solidale”.

Ilaria Parpaglioni

Gli Stati nazionali al confronto con il mercato unico

La politica e l’economia globale

L’Italia deve ripartiredalle dichiarazioni del

Presidente della RepubblicaGiorgio Napolitano: “se siassume il traguardo di unsostanziale pareggio del bi-lancio nel 2014, che com-porterà una ulteriore mano-vra, per il 2013-14, di ridu-zione della spesa pubblicadi oltre 4 punti di Pil, è fa-cile intuire come sarà essen-ziale la caratterizzazione se-condo ben ponderate prio-rità di tale manovra, e quin-di la combinazione tra que-sta e le azioni volte a raffor-zare il potenziale di crescitadell’economia e dell’occu-pazione”.L’indirizzo sulla politica deiconti pubblici lanciato daNapolitano è confermatodal Presidente di BankitaliaMario Draghi, secondo ilquale per il pareggio di bi-lancio nel 2014 serve”unacorrezione effettuata solodal lato delle spese, che im-plica una loro riduzione del7% in termini reali. L’obiet-tivo è conseguibile solo sevi concorreranno tutte leprincipali voci di spesa”.Draghi, dunque, è in piena

sintonia con il PresidenteGiorgio Napolitano, lan-ciando un nuovo monito algoverno sui conti pubblici:“la crisi ha peggiorato leprospettive della finanzapubblica; non è più rinvia-bile un duraturo riequilibriodei conti pubblici; datal’elevata pressione fiscale, èinevitabile un significativocontenimento della spesa”.Secondo Draghi, “la neces-sità di procedere nel conso-lidamento dei conti pubbliciimpone scelte fondate su unvincolo di bilancio plurien-nale e su una sistematicacomparazione dei costi edei benefici di progetti al-ternativi”. In questo senso,sottolinea, “non c’è altra so-luzione che innalzare l’effi-cienza della spesa, miglio-rando le procedure che lagovernano”.“Da vari anni l’Italia crescea un ritmo insoddisfacente,che si riflette in redditi sta-gnanti, problemi occupazio-nali, maggiori difficoltà agestire la finanza pubblica.La ripresa dopo la crisi ap-pare lenta”, sottolinea il go-vernatore. Nel quadro ma-

croeconomico del Docu-mento di Economia e Finan-za del 2011, il tasso di cre-scita del Pil è previsto saliregradualmente dall’1,1%, at-teso per quest’anno all’1,6%nel 2014, ricorda il Gover-natore. “Il tasso di crescitadel Pil potenziale passereb-be dallo 0,3% del 2011 allo0,8% del 2014. Quest’ultimodato rifletterebbe modestiaumenti del fattore lavoro,della disponibilità di capita-le e della produttività totaledei fattori. Si configura il ri-schio che la crisi incida alungo sul tasso di crescitapotenziale dell’economiaitaliana, che nel 2007 venivaindicato attorno all’1,5%, un

valore già relativamentebasso rispetto a quelli deglialtri principali paesi euro-pei”.“Il riavvio del processo dicrescita passa per un au-mento dei tassi di occupa-zione, soprattutto giovanilee femminile; maggiori inve-stimenti in capitale fisico;mercati, servizi pubblici eregolamentazioni che facili-tino l’accrescimento dellaproduttività” conclude Dra-ghi.In sintesi la crescita italianaè insoddisfacente e il riequi-librio sui conti pubblici nonè più rinviabile. Questi so-no i due grandi problemiche il Governo dovrà af-frontare nel breve periodo.Il Consiglio dei Ministri del13 aprile ha deliberato ilDocumento di economia efinanza 2011. Tale docu-mento è articolato in tre se-zioni: Programma di Stabili-tà dell’Italia; Analisi e ten-denze della Finanza pubbli-ca (con Nota Metodologicasui criteri di formulazionedelle previsioni tendenziali)ed il Programma Nazionaledi Riforma.

Al fine dell’attuazione pienadel Patto di stabilità e cre-scita occorrerà rafforzare lasostenibilità delle finanzepubbliche. Il Governo pro-cederà nella sostenibilità dipensioni, assistenza sanita-ria e prestazioni sociali, me-diante una valutazione so-prattutto in base agli indica-tori del divario di sostenibi-lità. Tali indicatori valute-ranno se i livelli di debitosaranno sostenibili sulla ba-se delle politiche in corsotenendo conto dei fattoridemografici. Gli Stati mem-bri partecipanti si impegne-ranno a recepire nella legi-slazione nazionale le regoledi bilancio dell’UE fissatenel patto di stabilità e cre-scita. Gli Stati membri man-terranno la facoltà di sce-gliere lo specifico strumen-to giuridico nazionale cui ri-correre ma faranno sì cheabbia una natura vincolantee sostenibile sufficiente-mente forte, anche l’esattaforma della regola sarà de-cisa da ciascun paese (adesempio potrebbe assumerela forma di “freno all’indebi-tamento”, regola collegata

al saldo primario o regola dispesa), ma dovrebbe garan-tire la disciplina di bilancioa livello sia nazionale chesubnazionale. Il Documento di Analisi etendenze della finanza pub-blica è stato elaborato se-condo le nuove disposizionidi modifica della legge dicontabilità e finanza pubbli-ca (legge n. 196/2009), fina-lizzate ad assicurare il coor-dinamento tra la program-mazione di bilancio nazio-nale e quella comunitaria.Nel dettaglio, il Documentofornisce dati consuntivi sul-la spessa pubblica sostenutanel 2010, e dati previsionaliper il 2011 e per il biennio2012-2014. Il fabbisogno del settorepubblico si è attestato nel2010 a 67.727 milioni(-4,4% del Pil), in riduzionerispetto al 2009 di 21.279milioni. Nel 2010 si è regi-strato un avanzo primario di4.040 milioni, contro un di-savanzo di 14.980 del 2009,con un miglioramento di19.020 milioni.

Avanzino Capponi

Riduzione della spesa e crescita economica

La combinazione vincente

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L’Antitrust europea ha de-ciso di indagare sul

mercato dei capitali dei Cds,per verificare se sono stateviolate le regole della con-correnza. Praticamente tuttele più importanti banched’investimento internaziona-li, della società Markit e del-la clearing house Ice sonooggetto di indagine.Si ricorda che il credit de-fault swaps (CDS) è unoswap che ha la funzione ditrasferire l’esposizione credi-tizia di prodotti a reddito fis-so tra le parti. In altri termi-ni si tratta di un accordo traun acquirente ed un vendi-tore per mezzo del quale ilcompratore paga un premioa fronte di un pagamento daparte del venditore in occa-sione di un evento relativoad un credito cui il contrattoè riferito. Lo swap, nella fi-nanza, appartiene alla cate-goria degli strumenti deriva-ti, e consiste nello scambiodi flussi di cassa tra due con-troparti. Va annoverato co-me uno dei più modernistrumenti di finanziamentodelle imprese. Si presentacome un contratto nominato(ma atipico in quanto privodi disciplina legislativa), atermine, consensuale, one-roso e aleatorio. Alla base di

questo contratto vi è un tra-sferimento di bond a tassovariabile, ed una relativacorresponsione di interessiad un soggetto, che a suavolta, acquista un bond atasso fisso, percepisce gli in-teressi variabili dal soggettoiniziale e gli gira gli interessia tasso fisso. Questa struttu-ra chiamata IRS, cioè interestrate swap, può essere utileper immunizzarsi da fluttua-zioni di mercato o gestirefondi comuni. Il rischio dicontroparte è sempre a cari-co del cliente; la Società Ge-stione Risparmio svolge unruolo di intermediazione fi-nanziaria agendo per contoterzi (non per conto pro-prio). Il cliente non firma uncontratto con la SGR, macon un altro cliente dellaSGR; la controparte restaanonima e non controfirmail contratto. Ossia ogni cliente ha copiadi un contratto con la sua fir-ma senza la sottoscrizionedella controparte. Si può di-re dunque, che in generale,lo swap è uno scambio sutassi di interesse che posso-no essere attivi o passivi epuò essere anche uno scam-bio di crediti (ad esempio trabanche) equivalente allosconto di cambiali avendo in

cambio non denaro contan-te, ma un altro credito da in-cassare.La Commissione europeasvolge un ruolo importantenel mercato della finanza,cioè quello di controllare laregolarità delle transazioni,ossia degli scambi creditizi.In tale contesto ci sono del-le regole che vanno rispet-

tate in termini di concorren-za leale. Per i 27 paesimembri dell’Unione, dun-que si prefigura una indagi-ne ampia e capillare chepone l’attenzione sulla vali-dità di questi scambi finan-ziari. Al contempo, la Com-missione ha detto di averaperto una procedura con-

tro 9 delle 16 banche e con-tro Ice Clear Europe, peresaminare se le tariffe privi-legiate garantite da Ice ab-biano danneggiato la con-correnza o configurato unaposizione dominante.C’è da dire che questi pro-dotti finanziari derivati sonostati immessi sul mercato pertutelare chi acquista titoli a

reddito fisso emessi da unasocietà in caso questa falli-sca. In caso di fallimento del-le società, le obbligazioniemesse in forma di debitosenior hanno la priorità alleobbligazioni che costituisco-no il debito subordinato, al-trimenti detto junior, causan-do un maggiore credit spre-

ad del debito junior. Se la so-cietà emittente fallisce, l’ac-quirente delle obbligazioniviene rimborsato dalla ban-ca. Questa struttura finanzia-ria segue praticamente imeccanismi di una coperturaassicurativa.Il mercato dei derivati CDS,(prodotti che assicurano sulrischi di fallimento), è quindifinito sotto inchiesta dell’An-titrust Ue. La Commissioneeuropea ha deciso di avviaredue indagini. La prima è perverificare se ci sia stato abu-so di posizione dominante eriguarda 16 banche di inve-stimento internazionali e lasocietà Markit, il principaleprovider di informazioni fi-nanziarie sui Cds. La secon-da interessa Ice, principalecamera di compensazionedei contratti di scambio sulrischio di credito, e nuovebanche che avrebbero usu-fruito di indebiti vantaggi ta-riffari. Secondo la Commis-sione europea le sedici ban-che negoziano tali contratticomunicando la maggiorparte delle loro tariffe, deiloro indici e dati giornalieriunicamente a Markit. Ciòconfigurerebbe un’intesa traquesti diversi soggetti e uneventuale abuso di posizionedominante collettiva. E tutto

questo impedirebbe ad altriprestatari di servizi di infor-mazione l’accesso a dati dibase molto utili.Se così stessero le cose, la si-tuazione di fatto del mercatosarebbe contraria alle regoleeuropee in materia di intesee abuso di posizione domi-nante.Secondo Almunia, commis-sario alla concorrenza, “l’in-chiesta è un’occasione permigliorare la trasparenza el’equità del mercato dei cds”.Le indagini della Commis-sione europea sicuramenterappresentano una atto do-vuto ed un obbligo dichiara-to della istituzione e del suoruolo. Perché però control-lare sempre dopo che suimercato si sono verificaticomportamenti abusivi edominanti? Il compito delleistituzioni è quello di preve-nire l’insorgere di questicomportamenti monitoran-do continuamente l’anda-mento del mercato e deisuoi protagonisti. La traspa-renza non è un obiettivoche si raggiunge ex post, lacapacità delle istituzioni ri-siede nell’anteporre il con-trollo all’accadimento dellaviolazione in modo che laviolazione medesima nonpossa proprio commettersi.

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LA PIAZZA D’ITALIA - APPROFONDIMENTI

La Commissione europea ha deciso di avviare indagini nei confronti di tutte le principali banche internazionale

Mercato dei Credit Default Swaps

Come molti di noi hannoavuto modo di constata-

re, il 29 aprile innumerevolisiti e caselle email no funzio-navano, la causa che ha mes-so fuori servizio oltre un mi-lione e mezzo di siti, blog,ecc. è stato un “principio diincendio” nella serv farm diAruba (fornitore si serviziweb tra i più diffusi in Italia)che ha coinvolto la sezionededicata all’alimentazione.Al di la delle proteste gene-rate dal disservizio, dalle pa-ventate ed inutili class ac-tions (nessuno legge i con-tratti di servizio sottoscritti)bisognerebbe riflettere suquello che sarà il futuro del-la gestione dati.Questo non è un problemalontano o secondario perchésia per un determinato e ov-vio interesse di mercato, siaper la sempre più indispen-sabile consultazione dei no-stri dati in mobilità, nel pros-simo futuro il clouding entre-rà a far parte pesantementedella nostra vita.Cos’è il clouding prima ditutto: è lo stoccaggio di datisu server remoti e dedicaticonsultabili da più dispositivi

e da qualsiasi parte previoaccesso riservato.Non è un servizio nuovo:Google, Apple lo stannoproponendo da tempo,Dropbox, Sugarsync sonoservizi gratuiti che permetto-no di archiviare file gratuita-mente per diversi giga adutente. La novità sarà la crea-zione e la diffusione di har-dware dedicato che vivrà so-lo di clouding. Apparecchisempre più leggeri, con di-schi rigidi minimi fatti per lamobilità con connessionedati sempre attiva.Questo nuovo modo di vive-re la tecnologia più simile aquanto si fa con gli smar-tphone e i tablet, mette sottoi riflettori le possibili falleche i due servizi fondamen-tali, storage e connessione,presentano.La rete mobile deve faregrandi passi avanti per po-ter essere veramente affida-bile, la lentezza e la discon-tinuità del flusso di dati po-trebbero solo infastidire inormali utenti ma per unuso aziendale e professio-nale la questione si compli-ca e non poco.

L’archiviazione di dati, tracui anche quelli importanti,invece presenta la vera criti-cità; la varietà di servizi, in-fatti, che vengono associatipotrebbe generare dannieconomici considerevoli. Adesempio, per banalizzare lacosa, pensiamo a quanti di-sagi ha creato il downgradedei server Aruba dedicati al-la posta elettronica certifica-ta: chi non ne fa uso abitual-mente neanche se ne è ac-corto ma chi ci lavora haavuto una giornata comple-tamente bloccata con conse-guenze anche importanti,pensiamo se per un giornointero non potessimo inviareraccomandate perché gli uf-fici postali sono chiusi.Un altro pericolo deriva dal-la reale sicurezza. Un annofa circa degli hacker hannoforzato la sicurezza di Goo-gle prendendo dati di azien-de che vi si erano affidateper i servizi professionali,pochi giorni fa Sony ha chiu-so, senza dire fino a quando,la sua città virtuale in cui tut-ti i suoi utenti si connetteva-no a causa di un attacco cheha messo in ginocchio il co-

losso Giapponese. Nessunosa cosa realmente siano riu-sciti a prendere ma il fattoche l’azienda non possasmentire la possibilità chesiano stati trafugati dati sen-sibili come le carte di credito

la dice lunga. Sono “appena”77 milioni gli utenti colpiti.Certo non si può mettere indiscussione un sistema tantocomplesso come il cluodingper qualche problema di gio-ventù ma qui non siamo difronte ad un sistema operati-vo infettato da un virus,quando una falla viene sfrut-

tata da un hacker segreti in-dustriali o semplici carte dicredito creano danni decisa-mente maggiori.La prospettiva di un sistemameno sicuro di gestione del-l’archiviazione mette in di-

scussione la reale necessitàdi disporre di nuove tecnolo-gie affascinanti sotto moltipunti di vista ma che minac-ciano la sicurezza di quelloche è sempre stato sacro: lasicurezza.Oltre agli standard che perlegge devono essere forniti,la questione va vista nella

continua evoluzione chequesto tipo di mondo pre-senta. Quello che potrà es-sere uno standard di sicu-rezza ora potrebbe essereobsoleto tra tre mesi. Qualigaranzie potrebbero esserci

per la nostra privacy e per inostri “segreti”? Le pas-sword e la crittografia comeampiamente dimostratovengono superate, la con-sultazione bloccata da inci-denti. Forse è ancora trop-po presto per tutto questo.

Gabriele Polgar

Incidenti e hacker mettono in discussione un sistema troppo giovane

Clouding e la sicurezza nel futuro

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Il panorama politico deinostri giorni non dà

esattamente l’idea di unlavoro sano, costruttivo echiaro negli intenti e nel-l’agire; di sicuro la politi-ca è compromesso, è gio-co delle parti, è anche dout des, ma gli attori diquesto bel palcoscenicohanno il dovere di esseremodello per la comunitàintera.Il nucleo familiare rap-presenta per un bambinola prima forma di societàcon cui viene in contatto;se i genitori sono buoniesempi, egli in generale,crescerà dotato di un co-mune equilibrio; ma se ilmodello non funziona,allora ovviamente si ri-scontreranno dei proble-mi a volte gravi, a volteno. Questa realtà può ac-costarsi alla funzione cheun politico assolve all’in-terno della società: se lapersona votata ad ammi-nistrare la comunità è ret-ta, susciterà un’emulazio-ne positiva, se non lo è, icittadini si sentiranno li-beri di seguirlo anchenella bassezza.I modelli dunque sonofondamentali e possonoessere sia positivi che ne-gativi: è nell’interessedella dirigenza assumer-ne di sani ed è scrupolodi chi osserva dire quan-do questi non vanno piùbene; i semi per una ric-chezza culturale, econo-mica e sociale sono ingenere creati da chi de-tiene i mezzi per traccia-re linee di azione, ma sequesti strumenti sonomarci il risultato sarà ladecadenza dei costumi,intesa quest’ultima paro-la, nel suo senso più am-pio.Esiste quindi una politicafatta di individui ed esi-stono dei cittadini che so-no uomini prima di esse-re amministratori o stru-menti di voto e se le co-se non funzionano nelmiglior modo possibile,allora è dal singolo chebisogna ripartire, impo-stando una ristrutturazio-ne culturale.Immanuel Kant (Konig-sberg 1724-1804) ai suoitempi scriveva che quan-do si pensa al mondodella politica si pensa ge-neralmente a un mondo“machiavellico” dove re-gnano a volte la risolu-tezza e il coraggio, madove imperano la furbe-ria, la prudenza, l’ingan-no e la pessima conside-

razione dell’altro comestrumento per il raggiun-gimento dei propri fini.Questo debolissimo equi-librio può rompersi da unmomento all’altro , dice ilfilosofo di Konigsberg eimplodere in una violen-za aperta e diffusa, in unaguerra, che del resto altronon è, che il prosegui-mento della politica conaltri mezzi.Di questa realtà, di que-sta possibilità tutti neprendiamo atto con chia-rezza come fece Kant,ma con altrettanta chia-rezza si dovrebbe auspi-care l’affermazione di unattitudine ben diversa,basata sulla lealtà, sucomportamenti cheescludano la menzognae i fini inconfessabili; in-somma questo è ciò cheegli spera possa affer-marsi politicamente, uncostume ragionevole chepossa dirsi morale inquesto senso. Il princi-pio del diritto pubblicodiventa così etico, per-ché attiene alla vitrù egiuridico in quanto è inrelazione col diritto di al-tri uomini; infatti perKant, il comportamentogiuridico in generale, èprescritto dalla morale,nel senso che essa nonindica particolari normema prescrive di compor-tarsi conformemente alleleggi stesse. Di conse-guenza, un comporta-mento antigiuridico èsempre immorale.Questo percorso ideale erazionale è ciò che eglichiama progressiva depo-liticizzazione della socie-tà e del singolo: cioè l’af-fermazione di un model-lo di stato fondato sui pu-ri principi del diritto (unostato di diritto) sottopostoesso stesso alle normegiuridiche e che non haaltro scopo se non la ga-ranzia della vita giuridica;la depoliticizzazione èdunque riferita alla scon-fitta dello stato machia-vellico, aperto alla vio-lenza e al sopruso persua natura.È di questo che dovrebbeparlare la nostra politicae non di “de-ideologizza-zione”, intendendo conciò la fine di ogni colorepolitico, col risultato di ri-durre tutto ad un’omolo-gazione centro-liberale.Le regole devono dun-que fondare la vita socia-le, devono vincere sul-l’arbitrio e questa ten-denza è vista come un

disegno naturale, unosviluppo sempre più am-pio delle facoltà dellaspecie umana.La cultura diventa cosìl’affinamento delle pro-prie qualità e la capacitàdi agire liberamente; percui il diritto si rende unacondizione della culturastessa perché costringegli uomini al rispetto reci-proco della loro libertà.L’illuminismo, disseKant, è l’uscita dell’uomodallo stato di minoritàche egli deve imputare ase stesso: è la presa dicoscienza dell’autonomiadella sua ragione e quin-di della capacità di ser-virsene senza guide,l’uomo è naturalmentemaggiorenne.Ecco con evidenza cheper raggiungere quel fineultimo e generale delladepoliticizzazione, perl’individuo bisogna pas-sare. Per Kant è solo invirtù del fatto che l’uomosia in possesso di unavolontà che si può parla-re di legge morale e dimoralità in genere. Lalegge morale riguarda ladeterminazione della vo-lontà, prescrive che cosasia giusto o che si debbafare.Ciascun soggetto deter-mina la propria volontà eagisce in base a dei prin-cipi pratici che egli chia-ma “massime”: la massi-ma è perciò una determi-nazione della propria vo-lontà considerata validaesclusivamente per ilsoggetto che la attua.Quindi la massima è unprincipio soggettivo,mentre la legge moralecontiene una determina-zione della volontà cheviene riconosciuta comeoggettiva, cioè valida per

ogni essere razionale.Questa legge non può es-sere ricavata da un prin-cipio empirico perchédall’esperienza non sipuò mai ricavare la ne-cessità di una legge (vedil’utilitarismo, l’edonismo,etc), quindi il fondamen-to della moralità non po-trà che essere a priori, ri-cavato dalla ragione chedetta le leggi di determi-nazione della volontà: laragione pura è di per sésolamente pratica e dà al-l’uomo una legge univer-sale che si chiama leggemorale.La rivoluzione Copernica-na di Kant si attua cosìanche in ambito morale:giudicando si dice cheun’azione è buona o me-no, ma non è il concettodel bene che determinala legge morale ma alcontrario è la stessa leggemorale che rende possi-bile il concetto del benestesso.La moralità non consistenell’adeguamento dellavolontà ad un oggettoesterno qualificato comebuono ma è un modo diessere della volontà stes-sa. Il discorso è alla radi-ce, in questo senso è ra-dicale.La buona volontà non èbuona per questo o perquest’altro motivo, per lesue azioni o per i suoisuccessi, per il raggiungi-mento di questo o que-st’altro scopo, ma è buo-na solo in sé.Un’azione in cui la volon-tà è condizionata da unprincipio non universalee non necessario, non èmorale; invece, l’unicacosa che resta dice Kant,se eliminiamo tutte que-ste determinazioni empi-riche della volontà, resta

la pura forma della mora-lità, che sta nel fatto cheun’azione sia voluta ecompiuta unicamente peril dovere. Il dovere vienedefinito come la necessi-tà di compiere un’azionesolo per rispetto alla leg-ge morale razionale; lavolontà buona è quellache si determina e si at-tua esclusivamente inquesto senso. Nell’uomo,per sua natura, questalegge assume la forma diuna obbligazione impera-tiva e si incarna nel: “tudevi”.Di questo Kant dà unaspiegazione efficientissi-ma e molto attuale e di-ce: l’uomo infatti è titola-re da una parte di unavolontà pura cioè deter-minata razionalmente apriori, ma dall’altra ècondizionato da impulsi,inclinazioni sensibili emoventi soggettivi; in unessere totalmente razio-nale la massima soggetti-va coinciderebbe subitocol la legge oggettiva, masi parlerebbe allora diuna volontà santa. Nel-l’uomo invece, vista lasua natura, la coinciden-za tra massima soggettivae legge oggettiva puòcoincidere soltanto nellasubordinazione della pri-ma alla seconda, quindinell’obbedienza all’impe-rativo morale.È con l’imperativo che sidelinea l’obbligazione edesistono imperativi ipote-tici e l’imperativo catego-rico: i primi sono quelliper cui un’azione si svi-luppa in questo modo: siagisce “bene” quando siopera con mezzi adegua-ti ai fini; quindi questi im-perativi, che Kant chiamaanche consigli, comanda-no un accorto uso dellerisorse, indicano cheun’azione è buona in rife-rimento ad uno scopopossibile o reale.L’imperativo categoricoinvece, dichiara un’azio-ne necessaria per se stes-sa, senza relazione conalcuno scopo. Non ri-guarda affatto la materiadell’azione o le sue possi-bili conseguenze, ma l’in-tenzione che è il princi-pio formale che determi-na la volontà.Tre sono le formule del-l’imperativo categorico, laprima afferma: agisci uni-camente secondo quellamassima in forza dellaquale tu puoi volere nel-lo stesso tempo che essadivenga una legge uni-

versale; questa è la leggefondamentale della ragio-ne pratica e non prescri-ve questa o quella azionema come determinare lapropria volontà, cioè, dàun criterio per deciderecirca la moralità diun’azione, considerandose la massima soggettivache guida un’azione pos-sa essere pensata comelegge oggettiva e quinditale da obbligare nellostesso modi tutti i sogget-ti razionali. La secondaformula è: Agisci in mo-do da trattare l’umanità,tanto nella tua personaquanto nella persona diogni altro, sempre nellostesso tempo come un fi-ne e mai unicamente co-me un mezzo. Nessun fi-ne che sia dato come og-getto esterno della volon-tà non può essere assun-to a fondamento dellamoralità; l’unico fine chepuò essere moralmenteproposto è l’uomo stessocome valore assoluto, inquanto caratterizzata dal-la natura razionale. È im-morale per cui ogni azio-ne in cui ci si serve di sestessi e degli altri comemezzi.La terza formula dell’im-perativo categorico è:che la tua volontà possa,in forza della sua massi-ma, considerare se stessacome istituente nellostesso tempo una legisla-zione universale. Qui im-pera il concetto dell’au-tonomia della ragionepratica: l’uomo in quantoessere razionale è leggea se stesso perché subor-dina la sua volontà allalegge morale e al tempostesso pone sé e gli altria fine ultimo delle pro-prie azioni, è in ciò chela ragione è consideratafonte di legislazione uni-versale.È altro dalla legge, qual-siasi concezione o pen-siero che ricavi dall’ester-no della ragione, quindida fini empirici, dal senti-mento o dal comanda-mento divino, la fontedella moralità.Che si parli dunque dimoralità in modo serio,acuto e responsabile nelnostro paese e che indi-vidualmente ci si rimo-delli a quella rivoluzionecopernicana morale chepuò avere come conse-guenza una più vasta de-politicizzazione, vistoche la politica è fatta diuomini.

I.P.

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LA PIAZZA D’ITALIA - CULTURA

La depoliticizzazione della politica machiavellica

Kant e la rivoluzione morale

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Fu coniato nel 1909 da ungeografo tedesco il ter-

mine Via della Seta, che favenire in mente una serie diviaggi avventurosi, carovanecariche di merci esotiche – acominciare proprio dal pre-zioso tessuto – che nell’anti-chità consentivano trafficicommerciali e scambi diprodotti tra l’estremo Orien-te e il bacino del Mediterra-neo, mettendo in contattomondi sconosciuti e civiltàassai diverse.Però sarebbe più correttoparlare di vie della seta, os-sia utilizzare il plurale, inquanto non esisteva un uni-co itinerario, tenendo contodi un lasso di tempo lungooltre un millennio e mezzoe di una distanza superioreai 7 mila chilometri, bensìun’intricata rete di percorsiche copriva tutta l’Asia, cheriusciva a spostare merci daun estremo all’altro ed erautile anche per permettere ilmovimento non solo di co-se, ma anche di uomini e diidee all’interno del conti-nente stesso, ad esempio trasud e nord, oppure nei suoitratti mediani. Questo spie-gherebbe perché nessuno èmai riuscito a stabilire unpercorso univoco della Viadella Seta.La produzione di stoffe di

seta nacque nella Cina sud-orientale almeno nel 2.700a.C. Per alcuni millenni i ci-nesi riuscirono a mantenereil segreto sul processo diproduzione, poi dovetteroaccontentarsi di mantenerneil monopolio, cosa che han-no in parte ancora oggi con l’82 % della produzionemondiale.In Occidente la seta era giànota nel IV° sec. a.C., tantoche Greci e Romani chiama-vano Seres la Cina, cioèpaese della seta.La seta divenne uno un verostatus symbol nella Roma re-pubblicana e imperiale ama-ta e apprezzata dalla nobiltà,tanto che erano disposti apagarla a peso d’oro. I due grandi imperi del-l’epoca cercarono più voltedi stabilire un contatto diret-to, senza però mai riuscirvia causa della rilevante di-stanza e delle difficoltà chesi frapponevano ad un cosìlungo viaggio.Però attorno al 550 i primibachi giunsero a Costanti-nopoli, ma l’interscambiocontinuò intenso ancora persecoli, perché oltre ai tessu-ti viaggiavano da est adovest anche lacche, porcel-lane, spezie e tè, mentre insenso inverso andavano al-tre spezie, profumi, pelli,

metalli, medicinali, oro, per-le, diamanti, coralli e vetri.E, come sempre avvienenella vita, assieme alle mer-ci viaggiavano anche idee,conoscenze e tecnologie. Suquelle rotte polverose attra-verso montagne, fiumi,steppe e deserti si mosseroeserciti, ma anche fedi, co-me zoroastrismo, manichei-smo, nestorianesimo, buddi-smo, taoismo e islam. Tantifili sottili ma tenaci che lega-rono tutto il mondo di allo-ra, in una globalizzazioneante litteram di prodotti, uo-mini e acquisizioni.Non era la stessa carovana aportare le merci da Xi’an inCina ad Antiochia in Siria:queste cambiavano padro-ne, mezzo di trasporto,prezzo e itinerario mille vol-te, ma alla fine giungevanosempre a destinazione, do-po un viaggio perigliosoche non poteva durare me-no di otto mesi. E a traspor-tarle si alternavano buoi,yak, cavalli, muli, cammellie dromedari, in una immagi-nabile babele di lingue.Lungo questi percorsi mer-cantili sorsero oasi, mercati,fortezze, caravanserragli ecittà, e con il benessere eco-nomico indotto fiorironoanche durature civiltà. Tutto questo terminò attor-

no al 1300, quando i mino-ri costi del trasporto maritti-mo e l’insicurezza nell’Asiacentrale dopo il crollo dellapax mongolica decretò la

fine dei commerci tran-scontinentali lungo la glo-riosa Via della Seta, appenapoco dopo i racconti lascia-tici ne Il Milione da MarcoPolo. Un oblio che l’ar-cheologia sta tentando diriportare in luce.Il tratto più orientale dellaVia della Seta è quello me-no conosciuto, esso attra-versa le estreme regioninord-occidentali della Cina

(Gansu, Mongolia Interna eXinjang). Tra i punti fortidell’itinerario c’è lo sperdu-to altopiano del Gobi-Ala-shan con il deserto di Ba-

dan Jilin, caratterizzato damontagne di sabbia con du-ne alte fino a 500 m che in-castonano come gemmenumerosi laghi. Con questotour si possono apprezzareanche le antiche piste caro-vaniere che passavano aimargini dell’Alashan.Con un fuoristrada si posso-no raggiungere le rovinedella mitica Khara Khoto, la“città nera” capitale del re-

gno perduto dei Tanguti, as-sediata dai mongoli di Gen-gis Khan e ora inghiottitadal deserto. Il viaggio po-trebbe proseguire con la vi-

sita delle grotte buddiste diYulin e Dunhuang e si con-clude presso l’oasi di Tur-pan con le città morte diJaohe e Gaochang e il mi-scuglio etnico di Urumqi,dove convivono uyguri, ka-zaki, pakistani, russi, cinesie mongoli.Un modo diverso per ap-prezzare la Cina e il suopassato.

Alice Lupi

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LA PIAZZA D’ITALIA - ATTUALITÀ

La via della seta

Tutto ruota intorno alrapporto con la Natura.

La cultura nipponica inse-gna che non si deve maiminacciare l’armonia natu-rale. Hayao Miyazaki (crea-tore di anime e manga or-mai osannato anche in Oc-cidente) e le sue opere, so-no quanto di più nipponicosi possa immaginare. Il re-gista di La città incantata,Nausicaä della Valle delvento e La principessa Mo-nonoke, immerso nella tra-dizione scintoista raffiguraun universo fatato, ma aisuoi occhi reale, di eroine eeroi alle prese con i “di-spetti” del mondo.La studiosa di cultura giap-ponese, Ornella Civardi,spiega “questi film d’anima-zione sono veri e propri ca-polavori, opere artisticheche nel Sol Levante hannoun pubblico vasto, non ne-cessariamente di giovanissi-mi. Miyazaki fa muoverel’azione in un ambiente vi-vo, dotato di anima. UnaNatura che pullula di spiri-ti, delle cose, dei sassi, de-gli alberi, del vento”.In ultimi, ma non per que-sto meno importanti, i ter-remoti. Continua la studio-sa “sono 7 gli Ikazu – chi –no – kami, gli dei che im-personificano il rombo diun sisma, non sono cattivi,semplicemente sono quelche sono. Anche i mostriche popolano i film diMiyazaki non sono neces-

sariamente malvagi. Magarisembrano dispettosi, mahanno anche qualcosa dibuffo. Cosa che rende il la-to oscuro del mondo accet-tabile. Almeno nell’inter-pretazione dei giapponesi”.Nelle sua fiabe il regista af-fronta tematiche esplosenei giorni del disastro diSendai, il terremoto seguitodallo tsunami e il drammadei reattori nucleari nonpiù sotto controllo. I suoipersonaggi femminili trova-no sempre una soluzionealle difficoltà – crisi sorte acausa dell’uomo. La princi-pessa Mononoke difende laforesta dagli umani che vo-gliono sfruttarla a propriovantaggio. Ponyo è la bam-bina – pesce che per amo-re di un ragazzo, senza vo-lerlo, scatena uno tsunamie poi è costretta a trovareun modo per ristabilirel’equilibrio del mondo.Equilibrio ed armonia. Ciòche è accaduto l’11 marzo

in Giappone sembra una ri-sposta della Natura alle of-fese che la nostra civiltà lea mosso ripetutamente.Una su tutte: centrali atomi-che costruite su un territo-rio sismico. La prima do-manda che ci si pone è “ècosì che gli avvenimenti so-no percepiti in quella partedel mondo?”. Ornella spie-ga “nello Shinto non c’èun’etica fondata sulla dico-tomia bene – male. La se-parazione è più tra puro eimpuro”. Per cui i giappo-nesi e quindi anche Miya-zaki non percepisconoquanto accaduto come unapunizione. Lampante è che un equili-brio è stato spezzato, manessuna colpa. Quello dacui non si scappa è che latradizione del Sol Levanteattribuisce a chi governa ildovere di saper leggere einterpretare i segnali dellaNatura. Nell’antichità, pri-ma che prendesse piede ladinastia imperiale al ma-schile, le guide del popoloerano le sciamane, le impe-ratrici che avevano il pote-re, proprio grazie alla loroabilità nel leggere i segnidella Natura. Dal disastro di Sendai igiapponesi sapranno sicu-ramente trarre un insegna-mento che li avvicinerà an-cora di più alla loro tradi-zione. È ciò che vorrebberole eroine di Miyazaki.

Raffaella Borgese

Quando un cartoon anticipa la tragedia del giappone

MiyazakiAcausa di un linfoma all'età di 86 anni è

morto il regista Sidney Lumet. Un veromaestro del cinema dotato di una prepara-zione completa, conoscenza tecnica e abili-tà – sensibilità umana, che gli permetteva diottenere dai suoi attori prestazioni di primaclasse. Nato in Pennsylvania il 25 giugno del1924, Lumet era considerato il regista deiclassici moderni del cinema americano. Rite-neva New York la sua Hollywood, non amòmai quest’ultima e alle strade di BeverlyHills preferiva quelle affollate della grandemela.La gavetta di Lumet comincia a Broadway,per alcuni anni ricopre il ruolo di direttoretelevisivo ed è grazie a questa esperienzache il suo primo film fu un successo imme-diato: La parola ai giurati è del 1957 (titolooriginale 12 Angry Men, protagonista HenryFonda). Il film racconta, in una atmosferavolutamente claustrofobica, la camera diconsiglio newyorkese di 12 giurati alla pre-se con un caso delicato e con i loro pregiu-dizi in campo razzista. Vinse l’Orso d’Oro aBerlino. Sidney una volta scrisse che il suomodo di fare cinema obbliga lo spettatore aesaminare una faccia o l’altra della sua co-scienza perché stimola la riflessione e per-mette ai succhi mentali di mettersi in moto.Ed è esattamente questo l’effetto che hannoi suoi film, a cominciare da questo primo.Ne è testimonianza il giudice della Corte Su-prema degli Stati Uniti, Sonia Sotomayor,che ha ammesso di essere stata influenzatanelle sue scelte proprio dopo la visione diquesto film.La carriera del regista esplode negli anni‘70. Del 1973 è Serpico e del ‘75 Quel po-meriggio di un giorno da cani, protagonistain entrambi è Al Pacino che entra a far par-te dei grandissimi di Hollywood. Nel 1974con Assassinio sull’Orient Express (trattodal romanzo più famoso di Agatha Christie)Lumet fa incetta di star. Il cast è formato daIngrid Bergman (che vinse il suo terzo

oscar), Albert Finney (nel ruolo di Poirot),Lauren Bacall, Sean Connery, Anthony Per-kins e Vanessa Redgrave. Nel 1976 esce ilsuo film più celebrato dalla critica mondia-le: Quinto potere. Critica del sistema televi-sivo e degli effetti che ha sugli spettatori.Protagonisti William Holden, Faye Duna-way nei panni di una giovane e rampanteresponsabile dei palinsesti e Peter Finch,nel ruolo di un anchorman in calo di ascol-ti. Entrambi vinsero l’Oscar e la pellicola fupremiata con la statuetta per la miglior sce-neggiatura. A Lumet l’Oscar fu dato solo nel2005 quando l’Academy of Motion Picturesand Science gli assegnò la statuetta alla car-riera, premio che generalmente viene vistocome un “lavarsi la coscienza” da parte deimembri, se assegnato ad un artista che inprecedenza non ha vinto nulla, ma Sidneyfu comunque contento di riceverlo, dichia-rando di averlo desiderato molto in quantopensava di meritarselo. Molti sono dell’ideache il sistema Hollywood fu restio a pre-miarlo perché il regista si era sempre rifiu-tato di andare a vivere a Los Angeles. Pre-feriva di gran lunga New York “le locationsono uno dei personaggi dei miei film. Equesta città è l’unica che rispecchia l’atmo-sfera e il tono che cerco”.

Addio al regista di Serpico

Sydney Lumet