George Sand. Donna deccezione, artista, scrittrice, giornalista, impegnata nella vita sociale e...

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George Sand

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“ Donna d’eccezione, artista, scrittrice, giornalista, impegnata nella vita sociale e politica, personaggio complesso, adulato, celebrato e caricaturato, George Sand rimane

l’ emblema della lotta per la libertà di pensare, di esistere e di creare."

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Sono queste le ragioni che hanno spinto Jean-Jacques Aillagon, ministro francese della cultura, a fare del 2004 "l’Anno di

George Sand", in coincidenza con il bicentenario della sua nascita.

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Si chiamava Amandine-Lucie-Aurore Dupin, nacque a Paris

nel 1804 figlia di un aristocratico e di una popolana. Educata in campagna da una nonna dalla mentalità molto aperta, crebbe libera, tra numerose letture e

passeggiate a cavallo in abiti maschili: una abitudine che non abbandonerà più . Nel 1822, a diciotto anni,

sposò il barone Casimir Dudevant, un matrimonio che si rivelò subito disastroso.

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Nel 1831 lasciò il marito, si stabilì a Paris con due figli, ebbe una vita indipendente e romanticista. Si legò a

Jules Sandeau. Cominciò a collaborare a riviste, conobbe Balzac. Iniziò a pubblicare come George

Sand. La sua vita fu ricca e scandalosa per i benpensanti. Fu legata a Prosper Merimé e, ad

Alfred de Musset, al medico Pietro Pagello. Il suo tormentato rapporto con Chopin durò undici anni.

Appassionato anche il suo impegno politico. Conquistata dalle idee democratiche e innovatrici di Michel de Bourges, di Pierre Leroux, di Lamennais, di Mazzini, diede vita a due periodici come «La Revue

indé pendente» (1841) e «l'é claireur» di chiara tendenza socialista. Partecipò attivamente alla rivoluzione del 1848. Dopo le giornate di luglio,

delusa, si ritirò in campagna a Nohant]. Un ritiro di quasi trent'anni. Sand, ormai celebre donna di lettere, fu amica di Flaubert, di Dumas sr, dei

Goncourt e di Gautier. Visse serenamente, dedicandosi soprattutto al teatro. Morì a Nohant nel

1876.

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La sua produzione è molto vasta: 143 volumi di romanzi e racconti, 49 volumi di scritti vari, 24 commedie. Con Sandou scrisse il romanzo Rose e Blanche (Rose et Blanche, 1831).

Iniziò la sua fortunatissima carriera letteraria con il romanzo Indiana (1832), che firmò con lo pseudonimo di George Sand. "Indiana" fa parte dei romanzi detti "passionali": Valentine

(1832), Lé lia (1833), Jacques (1834), Mauprat (1837), Il compagno del giro di Francia (Le compagnon de tour de

France, 1840), Consuelo(1840). essi ebbero grande succes- so, piacquero per la finezza psicologica e la forte carica

idealistica di Sand, che sosteneva i «diritti dell'anima» e la passione amorosa contro le convenzioni sociali.

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A questa serie di romanzi seguirono quelli in cui Sand, votata all'ideologia socialista, tese a ideali di fraternità e uguaglianza, sconfinando nel misticismo sociale. Le sue opere migliori restano i romanzi "campestri": La palude del diavolo (La mare au diable, 1846), La piccola Fadette (La petite Fadette, 1849), I maestri suonatori (Le maître sonneurs, 1853). Il suo talento della 'presa diretta' della realtà, e la calda partecipazione umana alla vita portano a risultati poetici. Sand fu un "personaggio", oltre che una scrittrice. La prima donna dell'età moderna a ribellarsi ai pregiudizi che soffocavano la vita delle donne europee (e non solo) del tempo. La sua turbinosa esperienza sentimentale fece scandalo. Nella storia letteraria occupa però un posto che va al di là di questi aspetti, un posto importante e non secondario sul piano dei valori letterari raggiunti.

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Grande artista, con numerosi

amanti, si vestiva da uomo.

Chanel si ispirava anche a lei?

Tra un romanzo e l’altroscriveva sul «Figaro» e

sulla «Revue de Paris». Flaubert la chiamava

"caro maestro" e affermava di

conoscere, grazie a lei, tutto ciò che vi è

difemminile in un grande

uomo, mentre Balzac dichiarava: «È

giovanotto, è artista, è grande,

generosa, devota, casta; possiede i

grandi lineamenti dell’uomo; ergo, non

è donna».

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La scrittrice, in una  fase della sua  vastissima  produzione, dichiarava di voler volgarizzare la dottrina  lerouxiana poiché “la sola che parli al cuore come il Vangelo” e  da lei sentita come l’unica che potesse soddisfare i suoi bisogni di donna e narratrice, le sue esigenze umane ed artistiche. L’incontro con Pierre Leroux e il suo pensiero era avvenuto quando la Sand aveva già prodotto opere di narrativa ed  aveva rappresentato per lei la scoperta di una dimensione e prospettiva più ampia rispetto a quelle fino ad allora perseguite. Verranno i romanzi “Spiridion”, scritto forse da Sand e Leroux  insieme, “Il compagno del giro di Francia”, “Il mugnaio di Angibault”, “Il peccato del signor Antonio”, “ Horace”, “Consuelo”, “La contessa di Rudolstadt”, pubblicati, gli ultimi tre, nella “Revue Indépendante”, fondata dalla scrittrice a Parigi insieme al filosofo. Queste opere sono pervase da un profondo spirito di umanità, socialità, religiosità. In esse  viene esaltato il popolo perché  depositario dei veri valori morali,  denunciata la grave corruzione degli aristocratici,  auspicata la caduta delle barriere tra classi sociali e all’interno di queste nonché la fusione tra popolo e aristocrazia.

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Si tende, inoltre, alla formazione di una nuova

società, nella quale il popolo non soffra più e

regnino i principi dell’amore, fraternità,

uguaglianza, ad  inserire il  problema

dell’emancipazione femminile  in un più ampio contesto umano e sociale,  a diffondere ed affermare 

una religione dell’anima diversa da quella

istituzionale. E’ evidente l’influenza della filosofia di Rousseau ed in particolare

del sansimonismo rivelatosi alla Sand  tramite la lettura di

Leroux. Di questi ella si era dichiarata “fedele discepola” una volta

conosciuti il pensiero e la famosa opera che lo

conteneva, “Dell’umanità”

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Ne aveva ricavato una via da seguire, un modo per ordinare ed esprimere  quell’accensione spirituale mostrata nelle opere precedenti,  ”Indiana”, “Valentine”, “Lélia”, “Jacques”, “Mauprat,” e rimasta  una protesta piuttosto confusa contro i pregiudizi e le convenzioni sociali in nome di una libera e straripante passionalità:  l’incendio diffuso era divenuto una sola fiamma! Erano sopravvenuti il pensiero, la ragione ad arginare e dirigere l’impeto di una sensibilità traboccante, di un amore privo di precisi obiettivi. Lo schema della confessione e il tono lirico, usati in precedenza per presentare eroine impegnate a rivendicare i propri diritti, avevano ceduto il posto ad una visione più estesa, l’individualità era divenuta socialità, l’uomo umanità, l’amore religione.

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Tale maturazione e passaggio sono contenuti nei  romanzi, definiti “sociali”, della seconda fase della produzione sandiana. In essi trovano la loro rappresentazione migliore delle  tesi fondamentali  in Leroux quali la perfettibilità dell’uomo, l’immortalità della specie, la proprietà collettiva, la rivalutazione del popolo e del proletariato delle città e delle campagne.Questo avviene soprattutto ne “Il compagno del giro di Francia”e “Il mugnaio di Angibault”.

E’ il periodo della vita e dell’opera della Sand che va dal 1840 al 1848 ed allora il suo “socialismo” si manifestò oltre che nelle opere di letteratura anche nel favore, nei vari aiuti da lei accordati a poeti proletari quali Magu, Reboul, Jasmin, Poncy ed in altre iniziative di carattere politico e sociale. La scrittrice sentì l’influenza della filosofia di Leroux in modo così intenso da farne una condotta di vita ed arte, una regola di azione e  pensiero quasi fosse stata per lei “una nuova religione”. Non a caso Sainte- Bevue, nel 1843, affermava che “Béranger, Lamennais, Sand e Sue erano le quattro grandi potenze socialiste e filantropiche della nostra età. 

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“Il compagno del giro di Francia” e “Il mugnaio di Angibault” saranno  le opere maggiormente espressive del “socialismo” e “filantropismo” della Sand, del suo amore per il popolo, della sua volontà di contrapporre le virtù di questo ai vizi dell’aristocrazia. Nella prima si dirà del falegname Huguenin, che è della “medesima stoffa divina” del carpentiere Gesù, e lo si opporrà al conte di Villepreux ed alle sue convinzioni in campo sociale; nella seconda il protagonista, Grand-Louis, sarà presentato come un santo e l’aristocratica Marcelle de Blanchemont mostrerà di risentire delle nuove idee e di voler educare a queste il figlio poiché dirà : ”Mio Dio, datemi la forza e la saggezza necessarie per fare di questo ragazzo un uomo: per farne un patrizio, mi sarebbe bastato incrociar le braccia.”         

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La Sand aveva mutuato da Leroux anche l’idea del miglioramento  e perfezionamento dell’uomo nonché l’aspirazione ad una diffusa solidarietà umana ed alla formazione di una società migliore. Per trasferire simili ideali in letteratura le era sembrato opportuno farli impersonare dai suoi eroi e mostrare come dai pensieri ed azioni di questi potessero derivare effetti tali da convertire alla “nuova religione” anche chi, come gli aristocratici, era rimasto ancora completamente estraneo. Arte e vita s’incontravano nella Sand e facevano in modo che le istanze socialiste  vissute accanto all’amico filosofo s’identificassero, nelle opere, con quell’anima popolare che, secondo lei, aveva preservato da ogni contaminazione di tempo o luogo i valori umani più autentici.

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A Nohant, George Sand si mostra sempre interessata ai contadini. Li fa quindi diventare protagonisti di una serie di "romanzi campestri", tra cui La Palude del diavolo (1846), François le Champi (1848) e I maestri suonatori (1853), con cui apre la via al racconto regionalista. In queste sue opere descrive paesaggi ed esseri a lei cari, e li idealizza, a volte all’eccesso. Spiegherà poi: "Mi sono apparsi come li ho dipinti. Ho forse anche incontrato troppe anime belle nella vita reale ed ho creduto nell’onestà, nell’amicizia, nei rapporti disinteressati... I miei puri ed onesti personaggi non sono astrazioni (...)." Per lei, comunque, "l’arte non è uno studio della realtà positiva, è una ricerca della verità ’ideale’".

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Una ricerca della verità che anche in Italia

trova grandi sostenitori

Giovanni Verga Luigi Capuana

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Proprio dalla combinazione di questi due interessi (naturalismo e realtà regionale) derivarono i risultati maggiori del verismo italiano, che raggiunse il suo momento più alto negli anni Ottanta con l'opera di Giovanni Verga e di Luigi Capuana. Questi autori rappresentano un mondo immobile, fuori dalla storia, in cui i personaggi vivono sentimenti elementari e radicali, con pervicacia autodistruttiva entro un contesto di ingiustizie e sofferenze collettive, senza speranza di riscatto e senza capacità di elaborare un progetto di redenzione. Sono scrittori (soprattutto Verga) che raccontano in modo distaccato, senza attivare processi di identificazione tra il lettore e la materia narrata, e quindi senza giocare sul transfert narrativo. È questo uno dei modi di applicare il principio dell'impersonalità. Un altro modo di garantire il distacco da parte dall'autore (ma, in prospettiva, anche del lettore) è quello di non proporre il mondo narrato come un modello o come carico di valori, bensì di presentarlo come se si trattasse di un reperto scientifico. L'applicazione del canone dell'impersonalità favorì l'elaborazione di alcune tecniche espressive come il dialogo o il discorso indiretto libero (Verga) e l'impiego di registri espressivi più bassi fino, in qualche caso (ma certamente non in Verga), al ricorso al dialetto.

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• Teorico del verismo è considerato Luigi Capuana, che è anche uno scrittore interessante: nell'insieme, la sua opera è un vasto interrogativo sul ruolo determinante giocato dai luoghi, dall'epoca e dalle condizioni sociali e professionali sul carattere dell'individuo, secondo il procedimento del romanzo sperimentale francese.

• Per comprendere l'innovazione sul piano formale del Verismo, ci riferiremo ai Malavoglia di Verga. Qui, alla voce del narratore onnisciente, si sostituisce un anonimo autore popolare, che offre un repertorio di situazioni e fatti in cui l'autore non entra mai in scena.

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I Malavoglia, come dice Russo, è un romanzo polifonico dove ogni personaggio è oggetto della parola del narratore e soggetto della propria parola. Si parla, infatti, di una voce camaleontica. Verga utilizza svariate tecniche innovative: lo straniamento, ad esempio, consiste nella differenza tra il punto di vista del personaggio e quello della voce narrante (nel secondo capitolo il disastro della Provvidenza, non è visto con l'ottica dei Malavoglia, ma con l'ottica degli abitanti del villaggio); oppure consiste nella rappresentazione di ciò che è normale come strano (nel quarto capitolo i Malavoglia chiedono a Don Silvestro come pagargli il debito: egli convince Maruzza a rinunciare all'ipoteca sulla casa); oppure consiste nella rappresentazione di ciò che è strano come normale (nel quindicesimo capitolo, agli occhi dei paesani la decisione di non mandare il nonno all'ospedale, "normale" per l'affetto diventa strana per chi si pone nell'ottica dell'utile). Verga usa anche concatenazioni cioè ripetizioni di una frase tra una sequenza l'altra, creando effetto di circolarità (alla fine del terzo capitolo. "e la barca era piena più di quaranta onze di lupini; all'inizio del quarto cap.. "il peggio era che lupini li avevano presi a credenza").

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Il romanzo pastorale in prosa di George Sand, con gli scrittori italiani al seguito, ha molti epigoni nel secondo ottocento francese, ma il messaggio etico ed estetico della scrittrice viene presto abbandonato. Ricordiamo Ferdinand Fabre (1827-1898) che colloca nelle native Cevenne personaggi ora tratti da Teocrito e Longo, ora più realisticamente dai ricordi della propria infanzia (Julien Savignac, Le chevrier), creando un bizzarro linguaggio arcaizzante; e Léon Cladel (1835-1892) che a Parigi sogna una vita di campagna nostalgicamente ricreata, ed elabora una commistione di pastorale ed epopea (Ompdrailles, Bouscassié).

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Il tramonto del genere, dovuto al progresso industriale e tecnico, è sancito da Theuriet in un passo de La vie rustique: "Quando, al cadere della notte, passeggio per la campagna e, nell’oscurità crescente, vedo fiammeggiare le ciminiere delle fabbriche e sento, sotto le ruote delle locomotive che fuggono, rosse e ansimanti nelle tenebre, il suolo tremare, mi sembra che un sospiro profondo sorga dalla terra e una voce melanconica mormori intorno a me: la vita rustica è finita"