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Gödel, Kant e gli universi rotanti Michele Ginammi * Giugno 2011 Indice 1 Introduzione 2 2 Tempo, idealismo e universi rotanti 4 3 La relatività secondo Kant 12 3.1 Il manoscritto B2 ........................... 12 3.2 Il manoscritto C1 ........................... 20 4 Gödel lettore di Kant 24 Riferimenti bibliografici 27 * [email protected] 1

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Gödel, Kant e gli universi rotanti

Michele Ginammi∗

Giugno 2011

Indice

1 Introduzione 2

2 Tempo, idealismo e universi rotanti 4

3 La relatività secondo Kant 12

3.1 Il manoscritto B2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

3.2 Il manoscritto C1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

4 Gödel lettore di Kant 24

Riferimenti bibliografici 27

[email protected]

1

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Credo sia una proprietà generale

di molte affermazioni kantiane di

essere false se intese

letteralmente, ma di contenere

verità profonde in un senso più

generale

Kurt Gödel

1 Introduzione

Intorno al 1946, Paul Artur Schilpp propose a Gödel si scrivere un contributo

da inserirsi nel volume su Albert Einstein in programma per la collana “Library

of living philosophers”, di cui lo stesso Schilpp era curatore. Come si evince da

una lettera di Schilpp a Gödel datata 10/7/1946, Gödel avrebbe dovuto indica-

re egli stesso il tema da trattare — cosa che non fece. Schilpp, non ricevendo

alcuna risposta, si indusse quindi a suggerirgli un articolo sul tema “The Reali-

stic Standpoint in Physics and Mathematics”.1 Gödel si dimostrò inizialmente

titubante, dichiarando di non sentirsi sufficientemente preparato in merito per

poter contribuire degnamente. Tutto ciò che riteneva di poter dire a riguar-

do concerneva piuttosto il tema della nozione di tempo così come emerge dalla

teoria della relatività ed il rapporto tra questa e la tesi idealistica della non

esistenza oggettiva del tempo.2 Nonostante le incertezze di Gödel, Schilpp si

dimostrò subito entusiasta del tema suggerito da Gödel, e gli diede praticamente

carta bianca.3

Fu così che tre anni dopo, nel 1949, venne pubblicato un breve articolo inti-

tolato “A remark about the relationship between relativity theory and idealistic

philosophy” in cui Gödel argomentava, sulla base della propria scoperta degli

universi rotanti, in favore della tesi idealistica sopra citata.4

1Si veda [CW-5, p. 232].2Si veda la lettera di Gödel a Schilpp, datata 25/7/1946, in cite[p. 233]CW-5.3Cfr. lettera di Schilpp a Gödel datata 30/7/1946, in [CW-5, pp. 233-4].4[1949a]. Le pagine che di volta in volta indicheremo per le citazioni faranno sempre

riferimento alle pagine corrispondenti nei Collected Works.

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La brevità dell’articolo non rende tuttavia giustizia della complessità reda-

zionale dello stesso. Nel terzo volume dei Collected Works sono infatti pubblicati

due dei cinque manoscritti che tra il 1946 e il 1949 Gödel redasse in vista del-

la pubblicazione,5 leggendo i quali si può constatare come l’articolo che infine

Gödel decise di pubblicare differisca notevolmente dai manoscritti che lo prece-

dono. Se infatti nel breve articolo pubblicato Gödel si concentra soprattutto sul

rapporto tra la teoria della relatività e la tesi dell’illusorietà del cambiamento,

nei manoscritti precedenti egli si concentra piuttosto sul rapporto che lega la

filosofia kantiana (elencata nella citazione precedente tra gli esempi di filosofia

idealistica) e la teoria della relatività in merito all’oggettività del tempo. Ed in

effetti, l’elemento di maggior interesse di questi manoscritti — che si smarrisce

nell’articolo destinato alla pubblicazione — consiste proprio nell’attenzione che

Gödel riserva al grande filosofo prussiano. Attraverso il confronto con la filosofia

di Kant (in particolare, come è leggittimo attendersi, con la Kritik der reinen

Vernunft) Gödel ha modo di esplicitare le proprie vedute filosofiche in merito

al mondo fisico e al nostro accesso conoscitivo ad esso. Si tratta peraltro di una

esplicitazione che è tanto più preziosa quanto più rare sono, nel corpus delle

opere gödeliane, i riferimenti dell’autore a questi temi.

Nel presente paper mi propongo di analizzare i contenuti di [1949a], [*1946/49-B2]

e [*1946/49-C1], illustrarne i rapporti interni e tentare di fornire un quadro ge-

nerale della concezione di Gödel in merito alla nozione di tempo. Comincerò

dunque col prendere in considerazione [1949a] che, essendo stato pubblicato, si

può ragionevolmente ritenere che contenga le dichiarazioni “ufficiali” di Gödel

in merito ai temi summenzionati. L’analisi dei due manoscritti B2 e C1 forni-

ranno poi l’occasione per approfondire, ed eventualmente estendere, la portata

di queste dichiarazioni “ufficiali”. Naturalmente, trattandosi di manoscritti che5Si tratta dei manoscritti A, B1, B2, C1, C2, facenti riferimento al periodo 1946/49. Sebbe-

ne i manoscritti non rechino alcuna data, ci sono buone ragioni per ritenere che: 1) precedanotutti [1949a]; 2) che il gruppo A, B1, B2 preceda il gruppo C1, C2; 3) che tra la composizionedei manoscritti nel gruppo A, B1, B2 e la composizione di quelli nel gruppo C1, C2 sia occorsoun fatto importante, vale a dire la scoperta dell’esistenza di linee tempo chiuse nelle soluzionicosmologiche dette “universi rotanti”. A questo proposito si veda la lettera di D. Malament aS. Feferman riportata in [Stein:1995, p. 89-90].

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Gödel stesso decise di non pubblicare, tali approfondimenti avranno spesso un

valore puramente ipotetico e sarà opportuno prestare molta cautela nell’attri-

buire a Gödel affermazioni che egli non si sentì mai di rendere pubbliche. Nelle

sezioni 2, 3.1 e 3.2 prenderò dunque in considerazione rispettivamente [1949a],

[?] e [*1946/49-C1]. Nella sezione 4, infine, prenderò in considerazione alcuni

problemi generali e interpretativi che sorgono in merito alla correttezza della

lettura di Kant da parte di Gödel.

2 Tempo, idealismo e universi rotanti

L’articolo con il quale Gödel contribuì alla raccolta di saggi in onore di Albert

Einstein costituisce un documento importante poiché si tratta dell’unico articolo

pubblicato nel quale egli si pronunciò su temi filosofici non direttamente attinenti

alla matematica. In esso Gödel argomenta a favore di una certa affinità tra le

conclusioni cui si perviene seguendo la teoria della relatività e la tesi idealista

dell’irrealtà oggettiva del mutamento. Secondo le parole dell’autore,

Following up the consequences [della teoria della relatività, in partico-

lare quella generale] [. . .] one obtains an unequivocal proof for the view of

those philosophers who, like Parmenides, Kant, and the modern idealists,

deny the objectivity of change and consider change as an illusion or an

appearance due to our special mode of perception.6

L’argomentazione è invero piuttosto semplice. La teoria della relatività ci

costringe a mettere in discussione in maniera radicale la fiducia nelle nostre

intuizioni tradizionali in merito al tempo. Se infatti noi siamo abituati a pensare

il tempo come una successione oggettiva di istanti — successione che è e rimane

identica per tutti gli osservatori —, la teoria della relatività (ristretta) c’insegna

invece che due eventi A e B che per un osservatore x sono simultanei, per un altro

osservatore y sono invece non simultanei. Addirittura, in certi casi, laddove per

x A precede B, per y si verifica invece che B precede A. Ma se la simultaneità è6[1949a, p. 202].

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qualcosa di relativo, allora non è possibile pensare alla realtà come composta da

una successione oggettiva di istanti (o intervalli) temporali. Ma se non esistono

oggettivamente gli intervalli temporali, allora dobbiamo concludere che neppure

può esistere il mutamento entro i quali soltanto esso potrebbe avvenire.

Come lo stesso Gödel fa notare, dire che gli intervalli temporali sono relativi

non equivale necessariamente a dire che non sono oggettivi. Tuttavia, ciò che

noi intendiamo comunemente con “tempo” è qualcosa di assai diverso da ciò che

emerge a seguito di questa relativizzazione degli intervalli di tempo. Comune-

mente, infatti, riteniamo che ciò che esiste esiste oggettivamente entro intervalli

di tempo precisi e a loro volta oggettivi; relativizzare gli intervalli di tempo

equivarrebbe dunque a relativizzare ciò che in essi esiste.

A relative lapse of time [. . .], if any meaning at all can be given to this

phrase, would certainly be something entirely different from the lapse of

time in the ordinary sense, which means a change in the existing. The

concept of existence, however, cannot be relativized without destroying

its meaning completely.7

Inoltre, fa ancora notare Gödel, l’argomento in questione mostra in realtà

solo che il tempo scorre in maniera differente a seconda degli osservatori, ma

si potrebbe ancora dire che questo stesso scorrere del tempo rimane comunque

di per sé una proprietà oggettiva del tempo o della realtà. Tuttavia, risponde

Gödel,

A lapse of time [. . .] which is not a lapse in some definite way seems

to me as absurd as a colored object which has no definite colors. But,

even if such a thing were conceivable, it would again be something totally

different from the intuitive idea of the lapse of time to which the idealistic

assertion refers.8

Un’obiezione più seria è rappresentata da quanto segue. La completa equiva-

lenza di tutti gli osservatori che si muovono con velocità differenti (ma uniformi)7[1949a, p. 203n].8[1949a, p. 203n].

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sussiste solo nello schema spazio-temporale astratto della teoria generale della

relatività. Di fatto, l’esistenza della materia e la curvatura spazio-temporale da

essa prodotta distruggono l’equivalenza dei diversi osservatori, distinguendone

alcuni di essi da tutti gli altri, vale a dire quelli che seguono nel loro movimento

il movimento medio della materia. Poiché in tutte le soluzioni cosmologiche note

fino al 1949 i tempi locali di tutti questi osservatori “privilegiati” si potevano

comporre insieme in un unico tempo globale, sembrerebbe ragionevole conside-

rare questo tempo come il tempo assoluto, che scorre oggettivamente e rispetto

al quale le discrepanze con le osservazioni degli altri osservatori sarebbero da

attribuirsi all’influenza del moto relativo allo stato medio di moto della materia

sui processi di misurazione e sui processi fisici in generale. Proprio basandosi

su questo genere di considerazioni, il fisico James Jeans concluse appunto che

non c’è alcun motivo di abbandonare l’idea intuitiva di un tempo che scorre in

maniera assoluta ed oggettiva.

La risposta di Gödel a questa obiezione costituisce il contributo originale

dell’autore alla discussione. Tale risposta si basa infatti sulla scoperta da parte

dello stesso Gödel di una nuova soluzione cosmologica alle equazioni della teoria

della relatività generale, secondo la quale risulta impossibile definire un tempo

assoluto nella maniera appena esposta. In tali universi, infatti, i tempi locali dei

diversi osservatori “privilegiati” non possono essere composti tra loro a formare

un tempo globale assoluto. Non solo. Risulta altresì impossibe definire qua-

lunque procedura di altro tipo che possa garantire una qualche forma di tempo

assoluto che sia ragionevolmente affine alla nostra concezione naturale di tale

concetto.

Ciò che in tali possibili universi impedisce una simile operazione è la loro

caratteristica fisica secondo cui «the compass of inertia in them everywhere

rotates [in the same direction] relative to matter, which in our world would mean

that it rotates relate to the totality of galactic systems».9 Di qui, appunto, il9[1949a, p. 204n]. Più precisamente, “the compass of inertia” ruota ovunque relativamen-

te alla totalità dei sitemi galattici con una velocità angolare pari a√

2(πκρ), dove ρ è ladensità della materia nell’universo e κ è la costante gravitazionale di Newton. Per maggioriapprofondimenti si vedano [Chiffi:2009] e [Yourgrau:2005].

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nome di “universi rotanti” (rotating universes) con cui di solito ci si riferisce ad

essi.10 Se a tali universi si impone inoltre la caratteristica di essere statici e

spazialmente omogenei e si attribuisce alla costante cosmologica un valore > 0,

ne risulta un universo in cui le linee tempo risultano circolari e chiuse: «by

making a round trip on a rocket ship in a sufficiently wide curve, it is possible

in these worlds to travel into any region of the past, present, and future, and

back again, exactly as it is possible in other worlds to travel to distant parts of

space».11

Tali universi possibili sono dunque caratterizzati dal fatto che, per ogni pos-

sibile definizione di un tempo globale assoluto, uno può viaggiare in regioni

dell’universo che appartengono al passato di quella definizione — e che dunque

appartengono al futuro di quell’osservatore. Ma, conclude Gödel, «if the ex-

perience of the lapse of time can exist without any objective lapse of time, no

reason can be given why an obctive lapse of time should be assumed at all».12

Noi esperiamo (soggettivamente) uno scorrere temporale (e dunque un muta-

mento), ma a tale esperienza soggettiva non corrisponde (non può corrispondere,

stante la relatività generale) alcun ordine temporale oggettivo.

Questa risposta, come si è visto, fa riferimento ad una possibile soluzione alle

equazioni di campo gravitazionale, e non è affatto detto che tale soluzione sia

quella che effettivamente descrive il nostro universo. Dunque, se è pur vero che in

tali universi possibili un tempo assoluto non può essere definito, ciò non significa

affatto che nel nostro universo (posto ovviamente che non sia un universo di tipo

“rotante”) ciò non sia invece possibile. Tuttavia, fa notare Gödel,

The mere compatibility with the laws of nature of worlds in which

there is no distinguished absolute time, and Jin whichK, therefore, no

objective lapse of time can exist, throws some light on the meaning of

time also in those worlds in which an absolute time can be defined. For,

if someone asserts that that this absolute time is lapsing, he accepts as a

10Per una trattazione matematica di questi risultati di Gödel si vedano [1949] e [1952],nonché [?].

11[1949a, p. 205].12[1949a, p. 206].

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consequences that whether or not an objective lapse of time exists (i.e.,

whether or not a time in the ordinary sense of the word exists) depends

on the particular way in which matter and its motion are arranged in the

world.13

In altre parole, se esistesse qualcosa come un tempo assoluto (e se ammettiamo

che tale concetto debba conservare qualcosa dell’intuizione originale che di esso

abbiamo) esso dovrebbe valere in tutti gli universi possibili. Ma se ciò non

avviene, allora una visione filosofica che voglia tuttavia conservare tale nozione

di tempo assoluto si troverebbe in grosse difficoltà, poiché dovrebbe rendere

conto di tale anomalia. Ovviamente, escludere tali soluzioni rotanti solo perché

non ci permettono di definire alcuna nozione di tempo assoluto, non sarebbe

corretto, poiché si tratterebbe di una soluzione ad hoc e del tutto arbitraria.

Una seconda obiezione che può essere mossa alla risposta di Gödel ci per-

metterà di chiarire meglio cosa egli intende esattamente per “tempo assoluto”.

Precedentemente abbiamo imposto ai nostri universi rotanti la condizione che

essi siano “statici”. Ebbene, difficilmente un universo possibile statico può essere

considerato come una descrizione adeguata del nostro universo attuale, poiché

in tali universi ipotetici non sembra possibile render conto di un fenomeno ben

noto come quello dello “spostamento verso il rosso” (red-shift). Ebbene, esistono

soluzioni rotanti anche per universi in espansione (quindi non statici) nelle quali

può non essere possibile definire alcun tempo assoluto, ma ciò è vero solo se si

precisa meglio ciò che s’intende per tempo assoluto. Tale precisazione è fornita

da Gödel in nota: in tali universi un tempo assoluto può anche non esistere,

At least if it required that successive experiences of one observer should

never be simultaneous in the absolute time or (which is equivalent) that

the absolute time should agree in direction with the times of all possible

observers. Without this requirement an absolute time always exists in an

expanding (and homogeneous) world.14

13[1949a, p. 207].14[1949a, p. 206n].

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In occasione della seconda edizione tedesca del 1955, Gödel apporta un’aggiunta

a questa nota:

By an “absolute time” I understand a world time that can be defi-

ned without reference to particular objects and that satisfies the require-

ment formulated at the beginning of this footnote. More precisely, this

should be called a “possible absolute time”, since several can exist within

one world, even though that is only exceptionally the case in spatially

homogeneous universes.15

Riassumendo: la teoria della relatività ci costringe ad abbandonare l’idea

di un tempo che scorra in maniera uguale per tutti gli osservatori. Osservato-

ri diversi, tempi diversi. Tuttavia, sembrerebbe ancora possibile parlare di un

tempo assoluto inteso come qualcosa che scorre comunque nella stessa direzione

per tutti gli osservatori. E invece, la scoperta di Gödel degli universi rotanti

dimostra che in certi universi che potrebbero coincidere col nostro è possibile

(quantomeno) arrestare lo scorrimento temporale (se non addirittura invertir-

lo). Se si accetta che l’idea di tempo assoluto non possa tollerare un simile

stravolgimento, allora ci troviamo costretti ad abbandonare una simile nozione

ed accettare la conclusione gödeliana ed idealistica secondo cui il tempo sarebbe

solo un prodotto della nostra soggettività.

Vorrei soffermarmi un istante su quest’ultima affermazione. Gödel non parla

di soggettività, eppure mi sembra più corretto descrivere la sua tesi utilizzando

l’espressione “prodotto della nostra soggettività” anziché “illusione” o “prodotto

mentale”. Cercherò di spiegarne il perché. Gödel intende stabilire in questo

articolo un preciso parallelismo tra idealismo e teoria della relatività, in me-

rito alle conclusioni cui conduce quest’ultima riguardo alla nozione di tempo.

Tuttavia, non è del tutto chiaro cosa egli intenda con “idealismo”. Certamente

non aiuta l’aver fatto riferimento a «philosophers [. . .] like Parmenides, Kant,

and the modern idealists».16 Infatti, già l’accostare tra loro filosofi così diversi

come Parmenide e Kant sulla base della loro comune inclinazione idealista risul-15[1949a, p. 206n].16Vedi nota 6.

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ta tanto vago da non aggiungere nulla. Come precisa Howard Stein nella nota

introduttiva a [1949a],

The word “idealism” has been used historically in connection with a

very diverse class of metaphysical views, whose common characteristics is

the claim that what is ultimately “real” is something fundametally “men-

tal”. By no means all such philosophies have denied the objectivity of

change — for change may be attributed to minds or their contents. On

the other hand, the contention that change is not objective, but is in some

sense a “mere appearance”, need not be associated with the view that all

that is real is mental.17

Certamente, Gödel non intende farsi carico della tesi idealista nella sua versione

forte — egli cioè non sembra mai voler dire che tutto ciò che è reale è mentale e

che dunque esistono solo fenomeni mentali. Le sue conlusioni sembrano piuttosto

limitarsi a sostenere la tesi secondo cui il mutamento è soggettivo o illusorio.

Non è del tutto chiaro, dunque, in che misura la tesi di Gödel possa essere

considerata “idealistica”.

In effetti, si nota già qui una più netta affinità, più che con l’idealismo

in generale, con la filosofia trascendentale di Kant. Sembra chiaro, infatti, che

Gödel non intende negare la realtà del tempo e del mutamento, quanto piuttosto

la sua natura oggettiva: il mutamento non è (non avviene, non ha luogo) nel

mondo (cioè in maniera indipendente dal soggetto), ma è piuttosto il risultato

di una relazione tra noi (tra la nostra soggettività) e la realtà esterna — secondo

un’idea generale che Kant tenta di esplicitare nell’Estetica trascendentale. Come

vedremo successivamente, nei manoscritti preparatori l’attenzione di Gödel è

infatti tutta su Kant, senza alcun riferimento all’idealismo.

“Illusorio” è dunque usato qui come opposto a “oggettivo”, vale a dire, è

utilizzato nel senso di “prodotto dal soggetto nel suo relazionarsi con il mondo”.

Ecco perché mi sembra più corretto riassumere la tesi di Gödel dicendo che per

lui il tempo (il mutamento) è un prodotto soggettivo o della nostra soggettività,17[Stein:1990, p. 199].

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anziché dire che è un illusione della nostra mente. Dunque, anche prescindendo

dai manoscritti preparatori, la tesi di Gödel formulata in termini di illusorietà

mantiene una forte carica di ambiguità che non sembra possibile sciogliere se

non interpretando il termine “illusorio” nella maniera sopra indicata.

Sorge dunque spontanea una domanda: perché nell’articolo pubblicato il ri-

ferimento a Kant viene relegato in secondo piano (per non dire è eliminato del

tutto), a vantaggio di un riferimento alquanto ambiguo e problematico all’idea-

lismo? Non è facile rispondere a questa domanda, ma dovremo tentare comun-

que dopo che nelle prossime sezioni avremo analizzato anche i due manoscritti

[*1946/49-B2] e [*1946/49-C1].

Prima di concludere la nostra discussione di [1949a], dobbiamo ancora ac-

cennare ad un altro tema, attorno al quale sorse un acceso dibattito. Abbiamo

visto in precedenza che negli universi rotanti scoperti da Gödel sarebbero teo-

ricamente possibili viaggi nel tempo. Diversi commentatori si sono concentrati

soprattutto su questo aspetto, dividendosi sulle implicazioni che simili viaggi

avrebbero per la teoria del tempo. In particolare, tanto per citarne alcuni,

[Capek:1961] e [Popper:1982] rimproverarono Gödel per aver dato credito ad

un’idea palesemente assurda come quella dei viaggi temporali; altri autori, inve-

ce, come [Stein:1970], [Malament:1984], [Sklar:1984] e [Horwich:1987], ritennero

che la scoperta di Gödel potesse avere rilevanti ricadute in sede di teoria del

tempo.

Va subito precisato che lo stesso Gödel, nell’articolo in discussione, preci-

sò subito che tali viaggi temporali andavano esclusi sulla base di impossibilità

fisiche. In nota, infatti, egli scrive:

Basing the calculation on a mean density of matter equal to that

observed in our world, and assuming one were able to transform matter

completely into energy, the weight of the “fuel” of the rocket ship, in order

to complete the voyage in t years (as measured by the travellers), would

have to be of the order of magnitude of 1022/t2 times the weight of the ship

(if stopping, too, is effected by recoil). This estimate applies to t� 1011.

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Irrespective of the value of t, the velocity of the ship must be at least

1/√2 of the velocity of light.18

Simili viaggi nel tempo sarebbero contraddittori (e dunque escluderebbero la

possibilità di universi siffatti) solo nella misura in cui essi sono praticamente

realizzabili. Ma poiché al momento ciò pare impossibile (e ciò che oggi sembra

essere solo un’impossibilità pratica potrebbe rivelarsi domani essere un’impos-

sibilità teorica), una simile obiezione non pare in grado di escludere a priori che

la struttura spazio-temporale del nostro universo sia di questo tipo.

L’argomentazione gödeliana, dunque, non poggia in alcun modo sulla possi-

biltà (effettiva o meno) di compiere viaggi nel tempo, quanto piuttosto sull’im-

possibilità di definire, in tali universi rotanti, un tempo assoluto, il che a sua

volta dipende unicamente dall’esistenza in essi di linee-tempo di tipo chiuso.

D’altra parte, come fa giustamente notare [Yourgrau:1991], non è possibile

sostenere contemporaneamente che i viaggi nel tempo sono possibili (anche solo

teoricamente) e che il tempo è un’illusione.

What must be admitted, of course, — scrive Yourgrau — is that

Gödel believes he has shown the compatibility with the GTR of universes

permitting time travel [. . .]. But it is this very fact that Gödel takes to

indicate that t, the standard variable for time, should not be read here

as standing for genuine, successive time. But if there is no genuine time,

there can be no genuine time travel. [. . .] Gödel describe the R-universe

as permitting time travel, but only if we do not read “time” as denoting a

relativistic formal simulacrum of the real thing.19

3 La relatività secondo Kant

3.1 Il manoscritto B2

Tenendo a mente quanto detto nella sezione precedente, spostiamo ora la nostra

attenzione sul primo dei due manoscritti preparatori che compaiono in [CW-3].18[1949a, p. 205n].19[Yourgrau:1991, p. 3-4].

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Come abbiamo già anticipato, l’interesse di Gödel nei manoscritti preparatori

non era affatto sull’idealismo, quanto piuttosto sulla filosofia trascendentale di

Kant.20 Leggiamo infatti all’inizio di [*1946/49-B2]:

[. . .] at least in one point relativity theory has furinshed a very striking

confirmation of Kantian doctrines. In fact it is one of the most surprising

and counterintuitive tenets of Kant for which this is the case, namely,

for that part of his doctrine about time which says that time is neither

“something existing in itself” (i.e., a separate entity besides the objects in

it), nor “a characteristic or ordering inherent in the objects”,21 but only

exists in a relative sense. That entity relative to which it exists, according

to Kant, is the perceiving subject or, more precisely, its “sensibility”; ac-

cording to relativity theory, it is certain more general and abstract things,

such as material points, world lines, and coordinate systems, which, ho-

wever, likewise can be conceived most conveniently as characteristics of,

or as belonging to, a possible observer.22

Si notano subito due aspetti importanti. Il primo è che la tesi originaria-

mente formulata da Gödel non parlava dell’illusorietà del cambiamento, quanto

piuttosto della relatività (soggettiva) del tempo. Il secondo è che proprio fa-

cendo riferimento a Kant si chiarisce meglio la tesi che l’autore vuole sostenere,

eliminando quell’ambiguità di cui si è parlato nella sezione precedente. Si chia-

risce così che ciò che Gödel vorrà intendere parlando di idealismo in [1949a] è

in realtà la filosofia trascendentale di Kant, e che quindi Gödel si servirà del

termine “idealismo” non in quanto opposto a “realismo”, quanto piuttosto nella

sua accezione trascendentale, che — come precisa Kant nella sua Confutazione

dell’Idealismo — non si oppone affatto al realismo empirico.

E infatti Gödel sottlinea subito come

There exists, also according to Kant, an objective correlate in the

things of our representation of time [. . .]. [. . .] his thesis of the “non-20Ci limiteremo per ora ad analizzare i testi di Gödel, senza prendere in considerazione

la correttezza o meno della sua interpretazione dei passi di Kant. Su questo problema cisoffermeremo in seguito nella sezione 4.

21Cfr. B 49, §a [trad. it. p. 77].22[*1946/49-B2, p. 230].

13

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existence of time except relative to the perceiving subject”, must be under-

stood to refer ONLY to something which is supposed to have the essential

characteristics imagined in our subjective idea of time (again in complete

agreement with relativity theory).

[. . .] the properties of the appearances, although they are not proper-

ties of the things in themselves, still are not mere illusions, because they

represent relations of the things to the subject.23

Ma qual è esattamente il senso e la misura in cui la dottrina kantiana con-

corda con la teoria della relatività? Gödel distingue tra una “parte negativa”

ed una “parte positiva” della tesi kantiana. La parte negativa consiste nella tesi

secondo cui il tempo non sarebbe né qualcosa di sussistente in sé, né qualcosa

di inerente alle cose stesse; mentre la parte positiva consiste nella tesi secondo

cui il tempo esisterebbe solo in relazione al soggetto percipiente. Circa la parte

negativa, secondo Gödel l’accordo è pressoché totale:

the fundamental temporal relation between two events A and B (“A

before B by t seconds”) is always quantitatively different for suitably cho-

sen different observers and may even be inverse in direction for two diffe-

rent observers. Hence it is, such as it is directly observed, certainly not

something inherent in the events.24

Certo, ciò non esclude ancora l’esistenza di una relazione “A prima di B

per tutti gli osservatori” intesa come successione temporale qualitativamente

univoca, ma è altresì certo che una simile relazione temporale è assai differente

da ciò che normalmente intendiamo per successione temporale. In particolare,

tale differenza si misura in relazione a due particolari:

1. tale relazione determina solo un ordine parziale;

2. tale successione temporale non ha affatto il carattere di flusso temporale,

per cui non sembra in grado di supportare la nozione di “cambiamento

delle cose nel tempo”.23[*1946/49-B2, p. 231].24[*1946/49-B2, p. 234].

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Riguardo al primo punto, si verifica infatti che, dati due eventi qualsiasi

A e B, non necessariamente l’uno precederà l’altro, poiché non è impossibile

che uno dei due non rientri nel cono di luce dell’altro — e d’altra parte non

sembra corretto interpretare la relazione “né prima né dopo” come una relazione

di simultaneità.25

Riguardo invece al secondo punto, bisogna notare che, affinché il tempo possa

essere considerato come un qualcosa che “scorre”, occorre che

at any moment of our existence only a certain portion of the totality

of facts of which the world is composed exists (and different portions

at different moments). Moreover, if there is to be real change in the

things, not only apparent change for the observer, the word “exists” in the

preceding sentence must mean existence of the facts in themselves (not

just for me), i.e., the facts existing now must be the same no matter which

observer, at the present moment, judges about the question.26

Ma come ben sappiamo, non è ciò che avviene all’interno della cornice della

teoria della relatività. Dunque, poiché il tempo non ha carattere di flusso,

neppure potremo dire che esiste oggettivamente qualcosa come il cambiamento

nel tempo.

L’accordo tra Kant e la teoria della relatività non è limitato alla sola parte

negativa della tesi kantiana, ma si estende altresì alla parte positiva. In en-

trambe le teorie, infatti, si può osservare come il tempo sia una relazione con

l’osservatore: da un lato, per Kant, si tratta di una relazione con la sensibilità

del soggetto percipiente; dall’altro, per la teoria della relatività, si tratta di una

relazione con gli organi sensoriali dell’osservatore. Sussiste — è vero — una

differenza tra queste due formulazioni, ma si tratta di una differenza minima:

this difference between Kant and relativity theory is not so fundamen-

tal as it might at first seem because also for Kant the relation in question

is to a large extent factual (e.g., physical), not merely cognitive. But

25Altrimenti si avrebbe che, se C fosse simultaneo sia con A che con B, non per questo Ae B sarebbero simultanei tra loro.

26[*1946/49-B2, p. 235].

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still it doubtless means that the relativity of time is asserted in a much

stronger sense by Kant than in relativity theory.27

Non è del tutto chiaro cosa intenda dire Gödel in questo passo, che egli supporta

facendo riferimento al passo della Critica in cui Kant scrive che «la rappresenta-

zione dello spazio è completamente conforme al rapporto che la nostra sensitività

ha con l’oggetto».28

Gli aspetti soggettivistici della teoria della relatività vengono spesso mini-

mizzati (a prescindere dal confronto con la filosofia kantiana). In particolare, si

tende a fare appello al fatto che, se entro il quadro astratto della teoria della

relatività ristretta è effettivamente impossibile definire una relazione tempora-

le assoluta, ciò non sembra invece impossibile nel quadro della teoria generale

della relatività, dove l’intervento della materia distribuita nell’universo (con la

conseguente curvatura spazio-temporale da essa prodotta) sembra permettere

la definizione di un tempo universale rispetto al quale i vari tempi osservati sa-

rebbero semplicemente errori sistematici determinati dal moto relativo dei vari

osservatori. Si tratta, come abbiamo già visto, dell’obiezione sollevata da Jeans,

alla quale Gödel risponde facendo valere la propria scoperta di nuove soluzioni

cosmologiche di tipo “rotante”. Tuttavia, merita attenzione il fatto che, mentre

in [1949a] Gödel faceva appello all’esistenza in tali universi di linee tempo chiuse,

qui invece l’argomentazione è alquanto diversa. Qui, infatti, ciò che rende tali

universi rotanti una valida obiezione all’osservazione di Jeans consiste piuttosto

nel fatto che, per introdurre un tempo assoluto in tali universi, si dovrebbe fare

appello a giustificazioni del tutto arbitrarie:

If, however, such a world time were to be introduced in these worlds

as a new entity, independent of all observable magnitudes, it would vio-

late the principle of sufficient reason, insofar as one would have to make

an arbitrary choice between infinitely many physical completely indistin-

guishable possibilities, and introduce a perfectly unfounded asymmetry.27[*1946/49-B2, p. 236].28Prolegomeni, § 13, fine della nota II. In precedenza, Gödel aveva commentato questo passo

in maniera assai ambigua. Rimandiamo a dopo la discussione di questi aspetti (vedi sezione4).

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Therefrom it follows that the possibility of a determination of an absolute

world time, where it exists at all, is certainly not due to the laws of nature

(which are satisfied in all cosmological solutions), but only to the special

distribution and motion which matter has in those instances.29

Tuttavia, sembra ragionevole supporre che l’esistenza o meno di un tempo og-

gettivo debba dipendere dalle leggi di natura piuttosto che dal modo in cui la

materia è distribuita nell’universo. Quindi, Gödel ritiene di poter concludere da

ciò l’infondatezza dell’obiezione avanzata da Jeans.

Si noterà che l’argomentazione qui presentata risulta assai più debole di

quella che Gödel proporrà in [1949a]. Poiché in [*1946/49-C1], come vedremo,

Gödel cita l’esistenza di linee tempo chiuse a sostegno della propria tesi, sembra

ragionevole concludere che tra B2 e C1 sia intercorsa proprio la scoperta dell’e-

sistenza di simili linee tempo per gli universi rotanti. Approfondiremo questo

aspetto nella sezione successiva (3.2).

Tali analogie e somiglianze tra la filosofia di Kant e la teoria della relati-

vità appaiono assai sorprendenti e stupisce constatare come siano solitamente

trascurate. Gödel individua due ragioni che sembrano motivare tale disinteresse:

1. Le precedenti considerazioni sul tempo possono essere trasferite allo spazio

solo in misura assai limitata. Se è vero che la relatività einsteiniana ci

constringe a rivedere in maniera drastica la concezione di spazio della fisica

newtoniana, ciò nondimeno rimane la possibilità di definire una qualche

nozione di spazio assoluto che non sia troppo dissimile da quella contenuta

nella nostra intuizione.

2. Kant asserisce che spazio e tempo sono non solo soggettivi, ma anche

conosciuti a priori. Tale apriorità, tuttavia, sembra contraddire la teoria

della relatività, poiché le proprietà del tempo e dello spazio individuate

da quest’ultima sembrano piuttosto essere conosciute a posteriori.

È interessante soffermarsi un istante su quest’ultimo aspetto. Gödel infatti

ritiene che29[*1946/49-B2, pp. 237-8].

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Closer ezxamination however shows that the Kantian a priori is in-

compatible with relativity theory only in one minor point (made by Kant

in only one rather obscure passage) and that Kant’s thesis of the apriority

of Newtonian time and Euclidean space as he meant it does not contradict

relativity theory at all.

In the case of geometry, e.g., the fact that the physical bodies sorroun-

ding us move by the laws of a non-Euclidean geometry does not exclude

in the least that we should have a Euclidean “form of sense perception”.30

Al di là del riferimento a quell’«un unico passo piuttosto oscuro» cui risulta

praticamente impossibile risalire, è interessante il modo in cui Gödel tenta di

“sgonfiare” la nozione di a priori per renderla compatibile con la teoria della

relatività. In effetti, Gödel sembra intendere l’a priori kantiano in un senso che

non sembra differire molto dalla semplice nozione di “innato”. A prescindere

da come è fatto effettivamente il mondo, se è innata in noi una certa forma

percettiva sensoriale di stampo euclideo, ci formeremo immagini degli oggetti

esterni proiettando le nostre sensazioni in uno spazio euclideo. Che questa

rappresentazione sia in un certo senso “sbagliata” non costituisce un’obiezione.

Infatti è possibile definire concetti geometrici euclidei anche in un mondo non

euclideo, come relazioni con i nostri organi di senso.

Such definitions can be obtained, e.g., in the following way: We select

some physical object (e.g., the earth or our body), a point O on it, and

three (preferably orthogonal) directions α, β, γ at this point. Then we

define the “coordinates” a, b, c of any material point P by the number

of times a measuring rod must be applied along the directions α, β, γ

(respectively, the directions obtained by suitable parallel displacements)

in order to reach P from O. If then straight lines are defined by linear

equations in these coordinates, the Euclidean axioms for them are true

irrespective of the physical properties of the world. The same, of course,

is true for other concepts and axioms of Euclidean geometry.31

30[*1946/49-B2, p. 241].31[*1946/49-B2, pp. 241-2].

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Se pertanto noi possedessimo un’intuizione innata che rappresentasse le entità

geometriche nel modo appena descritto, gli assiomi di questa geometria sareb-

bero non solo a priori, ma anche sintetici, poiché si fondano sull’aritmetica che

a sua volta, per Kant, è intesa come non analitica. Tuttavia, Gödel rimprovera

a Kant il non aver considerato che «space and its properties express themselves

also in the sensations, which we know only a posteriori; namely, in the fact that

by projecting the sensations in a certain way into a three-dimensional Euclidean

space the laws connecting them can be stated much more easily».32 Una simile

affermazione appare piuttosto sorprendente, poiché non si capisce in che modo

essa possa conciliarsi con una prospettiva trascendentale kantiana.

[Stein:1995] suggerisce che qui Gödel si sia espresso male, e che quel che

intendeva realmente rimproverare a Kant di aver trascurato non è tanto il fatto

che lo spazio si esprime nelle sensazioni, quanto piuttosto il modo come questo

avviene.33 Gödel non sembra riconoscere che per Kant anche le leggi che go-

vernano le mutue relazioni e la successione delle nostre percezioni sensoriali, in

quanto percezioni di oggetti empirici, sono necessariamente e aprioristicamente

condizionate dalle forme dell’intuizione. Gödel, del resto, non accetta un simile

esito, poiché ritiene che gli sviluppi successivi della scienza matematica abbiano

mostrato come sia possibile inferire dalle sensazioni (in maniera non aprioristi-

ca) un sistema di leggi che scavalchi l’ambito del fenomenico, poiché trascende

la struttura fondata sulle forme dell’intuizione indicate da Kant.

Di fatto — e con ciò approdiamo all’ultimo punto del manoscritto in questio-

ne — per Gödel la fisica moderna ha mostrato che (e come) è possibile scavalcare

l’ambito fenomenico per approdare ad un livello di conoscenza che, stando al

di là dei fenomeni, procede in direzione di un approfondimento delle cose in sé.

Nelle parole di Gödel,

at this point, it seems to me, Kant should be modified, if one wants

to establish agreement between his doctrines and modern physics; i.e.,

it should be assumed that it is possible for scientific knowledge, at least32[*1946/49-B2, p. 242].33Cfr. [Stein:1995, p. 220].

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partially and step by step, to go beyond the appearances and approach

the world of things.

The abandoning of that “natural” picture of the world which Kant

calls the world of “appearance” is exactly tha main characteristics distin-

guishing modern physics from Newtonian physics.34

Sebbene questa debba essere considerata una differenza genuina tra la filo-

sofia di Kant e la teoria della relatività, Gödel cerca tuttavia di minimizzarla

facendo notare che:

1. Per quanto inconoscibile, Kant non rinunciò mai alla cosa in sé (come

faranno invece gli idealisti che verranno dopo di lui) e insisté ripetutamente

che bisognava assumerne l’esistenza.

2. L’impossibilità della conoscenza della cosa in sé è certamente implicita,

nella visione di Kant, nella natura della conoscenza empirica, ma non per

questo deve essere esclusa per ogni conoscenza (umana) in generale.

A proposito di quest’ultimo aspetto, fa notare Gödel che

the experiments by themselves really do not force us to abandon New-

tonian time and space as objective realities, but only the experiments

together with certain general principles, in particular the principle that

two state sof affairs which cannot be distinguished by observations are

also objectively equal.35

3.2 Il manoscritto C1

Spostiamo ora il fuoco della nostra analisi sul secondo dei due manoscritti, il

C1. Non lo leggeremo per intero, ma ci limiteremo a sottolineare le modifiche

apportate rispetto al manoscritto precedente.

Sebbene il manoscritto C1 appaia completamente riscritto rispetto a B2,

la struttura dell’argomentazione rimane sostanzialmente immutata e di fatto

molti capoversi di B2 compaiono pressoché inalterati in C1. Alcune modifiche34[*1946/49-B2, p. 244].35[*1946/49-B2, pp. 245-6].

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sono apportate da Gödel nelle argomentazioni riferite alla discussione su come

vadano interpretati certi passi di Kant, in particolare riguardo alla scelta delle

citazioni kantiane più adeguate allo scopo. Tuttavia, la modifica più importante

riguarda l’obiezione di Gödel alla possibilità di definire un tempo assoluto anche

entro gli universi relativistici — modifica a cui abbiamo già fatto riferimento in

precedenza e che ora ci preoccuperemo di approfondire più in dettaglio.

Come abbiamo visto, in [*1946/49-B2] e in [1949a] Gödel si serve degli uni-

versi rotanti per mostrare come in essi una definizione di tempo assoluto risulte-

rebbe ingiustificata o quantomeno arbitraria. Tuttavia, avevamo già notato che,

mentre in [1949a] egli fa riferimento all’esistenza di linee tempo chiuse in tali uni-

versi, in [*1946/49-B2] tale circostanza non viene menzionata. In [*1946/49-C1]

Gödel si serve di queste linee tempo chiuse per dare maggior forza alla propria

argomentazione. Come fa notare David Malament in una lettera a Solomon

Feferman,36

this fact [l’esistenza di linee tempo] significantly strenghtens Gödel’s

argument (for the connection between relativity theory and a Kantian

conception of time). It is cited in C1 and C2, and given priminence in

1949a. I just cannot imagine that Gödel would have undertaken to write

on Kant, time, and relativity theory after the composition of 1949a and

have suppressed reference to the fact. Incidentally, it is not difficult for me

to imagine that some interval of time lapsed between his initial discovery

of Gödel spacetime and his subsequent realization that it contains closed

timelike curves. [. . .]. Presumably A, B1, B2 were written sometime in

that interval, and C1, C2 were written after.37

In che senso la scoperta delle linee di tempo chiuse per gli R-mondi permette

a Gödel di argomentare meglio la propria tesi? L’esistenza di tali linee è ciò che,

al di là delle concrete possibilità materiali, permette i viaggi nel tempo, vale a

dire, permette di spostarsi nel tempo (avanti o indietro) esattamente come ci

spostiamo “avanti o indietro” nello spazio. Come abbiamo potuto leggere in36Lettera datata 23 agosto 1986, parzialmente riprodotta in [Stein:1995].37[Stein:1995, p. 204].

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B2, il motivo per cui negli R-mondi non è possibile definire un tempo assoluto

secondo le procedure indicate da Jeans è che un tale tempo «would violate the

principle of sufficient reason, insofar as one would have to make an arbitrary

choice between infinitely many physical completely indistinguishable possibili-

ties, and introduce a perfectly unfounded asymmetry.».38 La motivazione, così

formulata, appare piuttosto criptica. Ciò a cui Gödel fa riferimento è che la

strategia su cui si basa l’obiezione di Jeans consiste nel distinguere un tem-

po assoluto in cui gli eventi sono considerati assolutamente simultanei quando

giacciono in qualche sottovarietà tridimensionale di tipo spazio che è ovunque

ortogonale alle linee di materia cosmica. Questo è l’unico criterio che viene im-

posto. Se tuttavia non si impone alcun altro criterio “naturale”, la scelta deve

avvenire tra una infinità di possibilità fisicamente indistinguibili — con conse-

guente peccato d’arbitrarietà. Questo è l’argomento di Gödel in [*1946/49-B2].

Tuttavia, nel momento in cui risulta chiaro che negli R-mondi esistono linee di

tempo chiuse, si profila una conseguenza interessante: negli universi di Gödel

non esistono sezioni tridimensionali dello spazio-tempo ovunque ortogonali alle

linee di materia cosmica, e neppure esistono sezioni tridimensionali qualsiasi che

intersechino tutte le linee di materia cosmica. Dunque, la scoperta di tali linee

tempo radicalizza l’obiezione rivolta a Jeans, in quanto negli R-mondi non c’è

più nulla tra cui sceglere. Ma non solo. Come abbiamo già visto in [1949a] e

come ribadisce in [*1946/49-C1], in qualunque altro modo si voglia definire un

tempo assoluto, negli R-mondi bisogna fare i conti col fatto che «there always

exist either temporally incomparable events or cyclically ordered events».39

In conseguenza della scoperta delle linee tempo chiuse per gli R-mondi, Gö-

del inserisce in C1 una nota cui fa riferimento alla possibilità di viaggi nel tempo

e accenna alle conseguenze (da lui definite “assurde”) che ne conseguirebbero.

Già in C1, tuttavia, egli si premura di distinguere nettamente tra possibilità

teorica e possibilità pratica. Che tali viaggi siano possibili in linea di principio

non costituisce un’obiezione agli R-mondi, poiché «This and similar contradic-38[*1946/49-B2, p. 237].39[*1946/49-C1, p. 251].

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tions, however, in order to prove the impossibility of the R-worlds, presuppose

at least the practical feasibility of the trip into the past, which may very well

be precluded by the velocities very close to that of light which would be neces-

sary for it, or by other circumstances».40 In assenza di condizioni pratiche di

fattibilità, l’eventuale obiezione non ha e non può avere alcun effetto.

Occorre tuttavia tenere conto di un fatto importante: la nota appena citata,

nella versione originale, suonava assai differente. Quello che abbiamo appena

letto è in realtà il risultato di una cancellazione e di una conseguente riscrittura.

Riportiamo per intero la nota originale, evidenziando in grassetto la parte che

fu in seguito cancellata e riveduta:

This state of affairs seems to imply an absurdity. For it enables one

e.g. to travel into the near past of those places where he has himself lived.

There he would encounter a person which would be himself so and so ma-

ny years ago. Now he could do something to this person which he knows

by his own memory has not happened to him. This and similar contra-

dictions, however, presuppose, not only the practical feasibility of

the trip into the past (velocities very close to that of light would

be necessary for it) but also certain decisionJsK on the part of

the traveller; whose possibility one concludes only from vague

conviction of the freedom of the will. Practically the same in-

consistencies (again by neglecting certain “practical” difficulties)

can be derived from the assumption of strict causality and the

freedom of the will in the sense just indicated. Hence, as far as

the paradoxical situation under consideration is concerned, an

R-world is not any more absurd than any world subject to strict

causality.41

La nota originale sembra in effetti suggerire una lettura differente: mentre nel

testo finale l’accusa (secondo la quale gli R-mondi non sarebbero una soluzione

valida dal punto di vista fisico perché condurrebbero a conseguenze assurde)40[*1946/49-C1, p. 251n].41Riportato in [Stein:1995, p. 228].

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sembra essere valida solo se oltre alla possibilità teorica si dimostra anche una

possibilità pratica, nella nota originale tale accusa non è valida, a prescindere

dalla realizzabilità pratica di tali viaggi nel tempo. In effetti, una simile accusa

può benissimo essere scaricata sul libero arbitrio anziché sugli R-mondi.42

Rimane naturalmente il dubbio circa la cancellazione: Gödel ha eliminato il

passo perché non era del tutto sicuro della sua correttezza, oppure perché ad un

secondo esame aveva cambiato idea in merito? Non sembrano esserci elementi

sufficienti per sciogliere l’interrogativo.

4 Gödel lettore di Kant

Concentriamoci ora, a conclusione di questo paper, sul rapporto tra Gödel e

Kant così come emerge dalla lettura dei tre testi in oggetto. È opportuno

sottolineare anzitutto ciò che Gödel stesso dichiara in apertura sia di B2 che

di C1. Egli non si considera affatto un seguace della dottrina kantiana. Al

contrario, come vedremo, egli se ne distanzia sotto diversi aspetti. Ciò che

primariamente gli interessa nel portare avanti un simile confronto tra Kant e la

teoria della relatività, dunque, consiste nel desiderio di mostrare

that a surprising similarity subsists in some respects between relativity

theory and the Kantian doctrine about time and space and that contradic-

tions between them, as far as they occur, are by far not so fundamental as

is widely believed. Above all, however , I wanted to show that the question

arising in such a comparison are interesting and perhaps even fruitful for

the future development of physics.43

L’interpretazione del testo kantiano da parte di Gödel sembra pregiudicata

da una serie di fraintendimenti che, sebbene giustificabili in parte dall’ambi-

guità di molte formulazioni kantiane, sembrano tuttavia poter essere smentiti

sulla base di precisi riferimenti kantiani. In alcuni punti, addirittura, Gödel fa42Questa è anche l’opinione esposta in [Stein:1990, p. 199n].43[*1946/49-B2, p. 230n], corsivo mio. Si noti tuttavia che il passo evidenziato in corsivo è

stato omesso in C1.

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riferimento a contenuti della teoria kantiana che non sembrano in alcun mo-

do identificabili. È il caso, ad esempio, di [*1946/49-B2, p. 233], dove Gödel

parla di «two parts of sensibility (the faculty of sensation and of representa-

tion».44 Assolutamente non si capisce a cosa stia facendo riferimento Gödel

quando distingue due “parti” della sensibilità: una facoltà di sensazione ed una

di rappresentazione, la seconda delle quali sarebbe, a differenza della prima,

“qualcosa di intellettuale”. Da nessuna parte, nel testo di Kant, si trova qual-

cosa che possa corrispondere, terminologicamente parlando, a questa dicotomia

— che sembra pertanto fare riferimento ad una terminologia “privata” di Gödel.

[Stein:1995] suggerisce due possibili interpretazioni:

A. La prima è che Gödel si riferisca alla distinzione tra materia e forma del-

l’intuizione. A sostegno di tale ipotesi si può notare come Gödel parli di

“facoltà della sensazione” in riferimento alla prima parte della sensibilità,

e infatti Kant dice chiaramente che «nel fenomeno io chiamo materia ciò

che corrisponde alla sensazione» (A 20, B 34 [trad. it. p. 66]). Tutta-

via la corrispondenza finisce qui, poiché riesce difficile capire in che senso

la forma dell’intuizione sarebbe “qualcosa di intellettuale”, e soprattutto

non sembra per nulla corretto definire materia e forma (nel senso kantiano)

come due “facoltà” (termine che invece in Kant ha un significato ben distin-

to). Per queste ragioni sembra più probabile la seconda interpretazione,

secondo cui

B. la “sconda parte” della sensibilità corrisponderebbe in realtà all’immaginazione

produttiva di Kant. Il che ben si concilia col fatto che Gödel ne parli come

di “qualcosa di intellettuale”, ma lascia irrisolto il problema circa la prima

parte della sensibilità.

Al di là di queste difficoltà interpretative, ci si può porre una domanda più

generale. Come abbiamo notato, in [1949a] Gödel tenta un confronto tra la44Lo stesso avviene in [*1946/49-C1, p. 253], anche se in una formulazione differente: «Kant

speaks (in the case of time) of inner sensibility JandK Kant means in the first place the secondpart of sensibility, the faculty of representation (which is something intellectual) and not thefaculty of sensation».

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tesi (idealista) dell’irrealtà oggettiva del tempo e la teoria della relatività. In

realtà, nei manoscritti preparatori il confronto avviene invece tra Kant e la teoria

della relatività, in merito non all’illusorietà del cambiamento, ma alla relatività

del tempo. Tuttavia, leggendo B2 e C1 si nota altresì come l’interpretazione

gödeliana di Kant tenda a spingersi verso una direzione che restituisce un Kant

assai più “idealista” di quel che in realtà è (almeno secondo la lettura tradizionale

che solitamente se ne dà). In particolare, questa forzatura ha luogo su due

aspetti: da un lato l’idea secondo cui sarebbe possibile (e addirittura, vorrebbe

argomentare Gödel, compatibile con la filosofia kantiana) scavalcare l’ambito

fenomenico per pervenire ad una conoscenza più approfondita delle cose in sé

(in particolare, delle proprietà oggettive dello spazio e del tempo, al di là delle

proprietà soggettive che ci sono date nell’intuizione); dall’altro l’appiattimento

netto della nozione di a priori su quella di “innato”.

Sembra in effetti che Gödel ignori del tutto la complessa questione dell’io

trascendentale kantiano, che da un lato impedisce di trattare i fenomeni (parti-

colarmente la forma spazio-temporale dei fenomeni) come delle mere “illusioni”,

dall’altro proibisce di ridurre l’a priori all’innato e — soprattutto — di inter-

pretare lo spazio e il tempo kantiani come un qualcosa di “soggettivo”. Co-

me scrive Ferraris, infatti, «questo strano ircocervo che è l’io trascendentale di

Kant non è un soggetto empirico, ma assomiglia piuttosto all’intelletto unico di

Avicenna, è una struttura che sta alla base non della soggettività, ma proprio

dell’oggettività».45

Si ha dunque l’impressione che Gödel spinga verso un’interpretazione kantia-

na secondo cui la soggettività delle forme spazio-temporali dell’intuizione siano

da intendersi come delle “illusioni”, come delle mere apparenze soggettive dalle

quali, in qualche modo, il progresso scientifico ci permette di liberarci. Gödel è

molto attento a non esprimersi in questa forma estrema — che, appunto perché

estrema, sarebbe anche profondamente scorretta.

Queste ultime considerazioni ci permettono così di rispondere, forse, alla do-45[Ferraris:2008, p. 74]; corsivo mio.

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manda che avevamo lasciato in sospeso: perché in [1949a] Gödel abbandona ogni

riferimento a Kant, preferendo parlare piuttosto di “idealismo”? È probabile che

egli si sia scontrato proprio con simili difficoltà, e che proprio tali difficoltà l’ab-

biano infine indotto ad abbandonare il confronto con Kant, preferendo, in vista

della pubblicazione, spostare il proprio fuoco su una nozione meno complessa e

più diluita di idealismo soggettivo, in cui effettivamente pare legittimo parlare

di “illusorietà” dello spazio e del tempo. Dello stesso parere è infatti Ferraris,

che citiamo in conclusione:

A questo punto, i conti tornano: i sensi ingannano, e tutto ciò che ha

a che fare con la sensibilità, compreso il tempo, non è che una illusione.

Su questa via (che, ripeto, non è quella di Kant quando parla di “idea-

lità trascendentale” del tempo), la mistica e la scienza si incontrano nel

tentativo di andare al di là della “immagine manifesta del mondo”, per

penetrare una realtà più profonda.46

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