GALLURA & ANGLONA

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GALLURA Periodico della Diocesi di Tempio-Ampurias fondato nel 1927 & NGLONA N. 11 - Anno XXII - 31 dicembre 2014 - Nuova serie - Spedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/b L. 662/96 - Sassari - 1,00 Gianni Sini M entre il Papa Francesco ricordava i cristiani di tutto il mondo il vero si- gnificato del Natale: la festa della povertà di Dio che annientò se stesso pren- dendo la natura di schiavo e sottolineando che è soprattutto la festa della pace portata sulla terra dal bambino Gesù, ha chiesto an- che di trasformare questo Santo Natale e queste Feste in una vera occasione per cu- rare ogni ferita e per curarsi da ogni man- canza. Curare la nostra vita spirituale, il rap- porto con Dio, la vita famigliare, i rapporti con glia altri trasformando la fede in vita e le parole in opere nuove; purificando la lin- gua dalle parole offensive e le ferite del cuore con l’olio del perdono, ma soprattut- to curandoci dall’invidia, dalla concupiscen- za, dall’odio e dai sentimenti negativi che divorano la nostra pace interiore e ci tra- sformano in persone distrutte e distruttive e riservare una cura particolare per i fratelli più deboli. Anche il vescovo mons. Sangui- netti ha voluto inviare un messaggio ai fe- deli della diocesi che riportiamo qui inte- gralmente. “La cronaca dei giornali di questi giorni è zeppa di allarmate notizie, proie- zioni e previsioni: meno luminarie nelle cit- tà, budget ridotti per le feste di fine anno, negozi mezzo vuoti, contrazione delle spese e dei regali, i soldi della tredicesima (per i fortunati che ce l’hanno), destinati a pagare le tasse e non per il cenone di Natale e di Capodanno…! E’ la tragica fotografia della terribile crisi economica che da circa cinque anni colpisce l’intero Paese, e che pone gran parte delle nostre famiglie nella neces- sità di rivedere abitudini e tradizioni ormai consolidate negli anni del boom economico. La fotografia ha almeno un duplice angolo di lettura. Da un lato ci dà la misura degli esiti devastanti della crisi sulla vita delle per- sone e delle famiglie, che negli ultimi anni hanno visto ridursi vertiginosamente le con- dizioni minime di una sussistenza dignitosa, non solo in termini economici. Dall’altro la- to, però, ci dicono anche l’accento che via via si è dato al clima nel quale è andata con- figurandosi una delle feste più importanti e sentite della cristianità. Festa che ha visto decrescere l’attenzione al mistero che essa evoca, per assumere una dimensione sem- pre più festaiola, consumistica, materialista. Lungi da me l’idea di banalizzare la crisi e i suoi esiti o di darne una lettura forzosa- mente moralistica. Tutti ci siamo dentro e tutti ne sentiamo il peso, soprattutto per i danni non solo materiali, ma anche sociali e psicologici, che essa si porta dietro e di cui nessuno può non farsene carico, per trova- re le necessarie vie d’uscita. Ma è anche ne- cessario porsi una domanda: e se la crisi fosse anche effetto proprio della corsa sfre- nata al consumo, figlia di un’economia ma- lata esclusivamente finalizzata al profitto, di un mercato senza regole che la moderna globalizzazione sposta verso il profitto di pochi a danno dei molti? Un’economia gui- data e gestita da alcuni poteri forti globaliz- zati, che ha dimenticato l’etica e la solidarie- tà sociale attenta alla persona e al bene co- mune? Quindi, un’economia che si è sgan- ciata vistosamente proprio da quei principi e da quei valori che la venuta del Figlio di Dio sulla terra ha annunciato e inaugurato? Non è né moralistico né semplicistico, allora, af- fermare che proprio l’oscuramento del signi- ficato religioso del Natale e del messaggio di amore, di pace sociale, di uguaglianza, di fratellanza, di dignità inalienabile della per- sona umana, che attraverso il volto umano del Figlio di Dio si rispecchia nel volto e nel- la vita di ogni uomo, è fra le cause principa- li di ogni discriminazione e offesa ai diritti fondamentali della creatura umana! Credo non sia fuori luogo, pertanto, esprimere una convinzione che diventa un auspicio: la ri- scoperta del significato autentico del Natale, che ha inaugurato la costruzione di cieli nuovi e terra nuova, a partire dal cuore del- l’uomo, è anche la via per ritrovare l’identità vera della persona umana, direi dell’umanità stessa. La via per costruire una società più giusta e pacificata. La via per riscoprire nel volto umano del Figlio di Dio, anche il vol- to di ciascuno di noi, il volto di ogni perso- na umana, riscattata dal mistero del Dio fat- to uomo. Se ci riappropriamo del Natale e, vivendolo intensamente, ne riscopriamo la portata e il messaggio, non sono parole vuo- te quelle del profeta Isaia, che sentiamo ri- echeggiare in questi giorni nelle nostre chie- se: “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce…un germoglio spunte- rà dal tronco di Iesse… su di lui poserà lo Spirito del Signore…La sua parola sarà una verga che percuoterà il violento… fascia dei suoi lombi sarà la giustizia… il lupo dimore- rà insieme con l’agnello… il vitello e il leon- cello pascoleranno insieme e un fanciullo li guiderà” (Isaia 9, 1. 11, 1-2. 4. 6). Con que- sto invito alla speranza e a un impegno con- diviso per alimentarla e costruirne insieme i presupposti auguro di cuore a tutti un Santo Natale sereno, ricco dei doni del Divino Bambino e un 2015 carico di novità“ Pace fra cielo e terra, pace nei nostri cuori Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore (Sal.89,12)P. Marco Angioni C on questo versetto salmico consegniamo al Signore il 2014. Così sia affinché possiamo sperare che tutti gli eventi di questo anno “abbiano concorso al bene di coloro che amano Dio (Rm.8,28)“. Ringraziamo con gioia e gratitudi- ne Gesù, Dio che cammina con le sue creature nel- le strade del quotidiano. Gesù che ci chiede di sa- per leggere i segni dei tempi, del Suo tempo di gra- zia e di verità, per seminare saggezza e pace; di non fermarci all’esterno dell’uomo, con il rischio di uno sterile giudizio moralistico, ma di andare alle periferie del cuore, dove Dio legge l’Immagine e Somiglianza con il suo Figlio e si fa tenerezza per i suoi figli in Gesù Cristo. Forse, per i cristiani, ana- lizzare un anno vuol dire anche questo: un ‘viag- gio’ attraverso eventi buoni e meno buoni per tro- varvi un orizzonte di senso per realizzare il pro- getto, mai colmo e mai realizzato del tutto, di una vita in sovrabbondanza. L’imperativo ‘tenero’ ma senza orpelli emotivi risuona, come allora e sem- pre, è lo sprone a non viversi addosso, in maniera passiva e preda dei piagnistei esistenziali: “ Corag- gio! Non temete! Niente ci separerà dall’amore di Dio in Cristo Gesù”. Papa Francesco ci ha dato continuamente tante ‘piste‘ di riflessione: tra quel- le più importanti anche per le conseguenze inter- nazionali: l’incontro in Vaticano tra Israele e Pale- stina tramite Papa Francesco; il viaggio in Corea del Nord, accolto e ascoltato trionfalmente; il Sino- do sulla famiglia, con le sue provocazioni pastora- li e per troppi ( senza motivo per altro) giuridiche e morali…. Invito alla speranza che anche nel 2015 vedrà protagonista la Chiesa. Tra i tanti motivi: la probabile Enciclica sulla Ecologia e Salvaguardia del Creato; il Viaggio a Torino per la Sindone; il Convegno di Firenze “In Gesù Cristo il nuovo Umanesimo”…Insomma, giorni di sapienza, di evangelizzazione, di corresponsabilità, di speranza. E di semina vocazionale: “ Partorirete il Figlio di Dio con le vostre buone opere ( S.Francesco d’As- sisi, Lettera a tutti i fedeli“).

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GALLURAPeriodico della Diocesi di Tempio-Ampurias fondato nel 1927

& NGLONAN. 11 - Anno XXII - 31 dicembre 2014 - Nuova serie - Spedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/b L. 662/96 - Sassari - € 1,00

Gianni Sini

Mentre il Papa Francesco ricordava icristiani di tutto il mondo il vero si-gnificato del Natale: la festa della

povertà di Dio che annientò se stesso pren-dendo la natura di schiavo e sottolineandoche è soprattutto la festa della pace portatasulla terra dal bambino Gesù, ha chiesto an-che di trasformare questo Santo Natale equeste Feste in una vera occasione per cu-rare ogni ferita e per curarsi da ogni man-canza. Curare la nostra vita spirituale, il rap-porto con Dio, la vita famigliare, i rapporticon glia altri trasformando la fede in vita ele parole in opere nuove; purificando la lin-gua dalle parole offensive e le ferite delcuore con l’olio del perdono, ma soprattut-to curandoci dall’invidia, dalla concupiscen-za, dall’odio e dai sentimenti negativi chedivorano la nostra pace interiore e ci tra-sformano in persone distrutte e distruttive eriservare una cura particolare per i fratellipiù deboli. Anche il vescovo mons. Sangui-netti ha voluto inviare un messaggio ai fe-deli della diocesi che riportiamo qui inte-gralmente. “La cronaca dei giornali di questigiorni è zeppa di allarmate notizie, proie-zioni e previsioni: meno luminarie nelle cit-tà, budget ridotti per le feste di fine anno,negozi mezzo vuoti, contrazione delle spesee dei regali, i soldi della tredicesima (per ifortunati che ce l’hanno), destinati a pagarele tasse e non per il cenone di Natale e diCapodanno…! E’ la tragica fotografia dellaterribile crisi economica che da circa cinqueanni colpisce l’intero Paese, e che ponegran parte delle nostre famiglie nella neces-sità di rivedere abitudini e tradizioni ormaiconsolidate negli anni del boom economico.La fotografia ha almeno un duplice angolodi lettura. Da un lato ci dà la misura degliesiti devastanti della crisi sulla vita delle per-sone e delle famiglie, che negli ultimi annihanno visto ridursi vertiginosamente le con-dizioni minime di una sussistenza dignitosa,non solo in termini economici. Dall’altro la-to, però, ci dicono anche l’accento che viavia si è dato al clima nel quale è andata con-figurandosi una delle feste più importanti esentite della cristianità. Festa che ha vistodecrescere l’attenzione al mistero che essaevoca, per assumere una dimensione sem-pre più festaiola, consumistica, materialista.Lungi da me l’idea di banalizzare la crisi e isuoi esiti o di darne una lettura forzosa-mente moralistica. Tutti ci siamo dentro etutti ne sentiamo il peso, soprattutto per idanni non solo materiali, ma anche sociali epsicologici, che essa si porta dietro e di cuinessuno può non farsene carico, per trova-re le necessarie vie d’uscita. Ma è anche ne-cessario porsi una domanda: e se la crisifosse anche effetto proprio della corsa sfre-nata al consumo, figlia di un’economia ma-lata esclusivamente finalizzata al profitto, diun mercato senza regole che la modernaglobalizzazione sposta verso il profitto dipochi a danno dei molti? Un’economia gui-

data e gestita da alcuni poteri forti globaliz-zati, che ha dimenticato l’etica e la solidarie-tà sociale attenta alla persona e al bene co-mune? Quindi, un’economia che si è sgan-ciata vistosamente proprio da quei principi eda quei valori che la venuta del Figlio di Diosulla terra ha annunciato e inaugurato? Nonè né moralistico né semplicistico, allora, af-fermare che proprio l’oscuramento del signi-ficato religioso del Natale e del messaggio diamore, di pace sociale, di uguaglianza, difratellanza, di dignità inalienabile della per-sona umana, che attraverso il volto umanodel Figlio di Dio si rispecchia nel volto e nel-la vita di ogni uomo, è fra le cause principa-li di ogni discriminazione e offesa ai dirittifondamentali della creatura umana! Credonon sia fuori luogo, pertanto, esprimere unaconvinzione che diventa un auspicio: la ri-scoperta del significato autentico del Natale,che ha inaugurato la costruzione di cielinuovi e terra nuova, a partire dal cuore del-l’uomo, è anche la via per ritrovare l’identitàvera della persona umana, direi dell’umanitàstessa. La via per costruire una società piùgiusta e pacificata. La via per riscoprire nelvolto umano del Figlio di Dio, anche il vol-to di ciascuno di noi, il volto di ogni perso-na umana, riscattata dal mistero del Dio fat-to uomo. Se ci riappropriamo del Natale e,vivendolo intensamente, ne riscopriamo laportata e il messaggio, non sono parole vuo-te quelle del profeta Isaia, che sentiamo ri-echeggiare in questi giorni nelle nostre chie-se: “Il popolo che camminava nelle tenebrevide una grande luce…un germoglio spunte-rà dal tronco di Iesse… su di lui poserà loSpirito del Signore…La sua parola sarà unaverga che percuoterà il violento… fascia deisuoi lombi sarà la giustizia… il lupo dimore-rà insieme con l’agnello… il vitello e il leon-cello pascoleranno insieme e un fanciullo liguiderà” (Isaia 9, 1. 11, 1-2. 4. 6). Con que-sto invito alla speranza e a un impegno con-diviso per alimentarla e costruirne insieme ipresupposti auguro di cuore a tutti un SantoNatale sereno, ricco dei doni del DivinoBambino e un 2015 carico di novità“

Pace fra cielo e terra,pace nei nostri cuori

“Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore (Sal.89,12)”

P. Marco Angioni

Con questo versetto salmico consegniamo alSignore il 2014. Così sia affinché possiamosperare che tutti gli eventi di questo anno

“abbiano concorso al bene di coloro che amanoDio (Rm.8,28)“. Ringraziamo con gioia e gratitudi-ne Gesù, Dio che cammina con le sue creature nel-le strade del quotidiano. Gesù che ci chiede di sa-per leggere i segni dei tempi, del Suo tempo di gra-zia e di verità, per seminare saggezza e pace; dinon fermarci all’esterno dell’uomo, con il rischio diuno sterile giudizio moralistico, ma di andare alleperiferie del cuore, dove Dio legge l’Immagine eSomiglianza con il suo Figlio e si fa tenerezza peri suoi figli in Gesù Cristo. Forse, per i cristiani, ana-lizzare un anno vuol dire anche questo: un ‘viag-gio’ attraverso eventi buoni e meno buoni per tro-varvi un orizzonte di senso per realizzare il pro-getto, mai colmo e mai realizzato del tutto, di unavita in sovrabbondanza. L’imperativo ‘tenero’ masenza orpelli emotivi risuona, come allora e sem-pre, è lo sprone a non viversi addosso, in manierapassiva e preda dei piagnistei esistenziali: “ Corag-gio! Non temete! Niente ci separerà dall’amore diDio in Cristo Gesù”. Papa Francesco ci ha datocontinuamente tante ‘piste‘ di riflessione: tra quel-le più importanti anche per le conseguenze inter-nazionali: l’incontro in Vaticano tra Israele e Pale-stina tramite Papa Francesco; il viaggio in Coreadel Nord, accolto e ascoltato trionfalmente; il Sino-do sulla famiglia, con le sue provocazioni pastora-li e per troppi ( senza motivo per altro) giuridichee morali…. Invito alla speranza che anche nel 2015vedrà protagonista la Chiesa. Tra i tanti motivi: laprobabile Enciclica sulla Ecologia e Salvaguardiadel Creato; il Viaggio a Torino per la Sindone; ilConvegno di Firenze “In Gesù Cristo il nuovoUmanesimo”…Insomma, giorni di sapienza, dievangelizzazione, di corresponsabilità, di speranza.E di semina vocazionale: “ Partorirete il Figlio diDio con le vostre buone opere ( S.Francesco d’As-sisi, Lettera a tutti i fedeli“).

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GALLURAANGLONA& Anno XXII

n. 11

31 dicembre

2014

messagg io

Daniele Rocchi

Èil tema del messaggio del Papa per la XLVIIIGiornata mondiale della pace che si cele-brerà il 1° gennaio 2015. “Non più schiavi,

ma fratelli”: si richiama alla Lettera di san Paolo aFilemone, nella quale l’Apostolo chiede al suo col-laboratore di accogliere Onesimo - già schiavodello stesso Filemone e ora diventato cristiano e,quindi, secondo Paolo, meritevole di essere consi-derato un fratello - il tema del messaggio di PapaFrancesco per la XLVIII Giornata mondiale dellapace che si celebrerà il 1° gennaio 2015. Il testo,presentato in Vaticano, prende in esame i voltidella schiavitù di ieri e di oggi, ne analizza le cau-se profonde, mettendo in rilievo l’impegno comu-ne, in modo particolare delle Congregazioni reli-giose, per contrastarla, e per lavorare verso una“globalizzazione della solidarietà” piuttosto chedell’indifferenza. Nonostante il diritto di ogni per-sona a non essere tenuta in stato di schiavitù oservitù sia stato riconosciuto nel diritto internazio-nale come norma inderogabile, “ancora oggi mi-lioni di persone - bambini, uomini e donne di ognietà - vengono private della libertà e costrette a vi-vere in condizioni assimilabili a quelle della schia-vitù”. Il pensiero di Papa Francesco va, quindi, ai“tanti lavoratori e lavoratrici, anche minori, asser-viti nei diversi settori”, ai migranti che, “nel lorodrammatico tragitto, soffrono la fame, vengonoprivati della libertà, spogliati dei loro beni o abu-sati fisicamente e sessualmente, ai detenuti in con-dizioni a volte disumane, a quelli tra loro che lediverse circostanze sociali, politiche ed economi-che spingono alla clandestinità, e a quelli che, perrimanere nella legalità, accettano di vivere e lavo-rare in condizioni indegne, specie quando le le-gislazioni nazionali creano o consentono una di-pendenza strutturale del lavoratore migrante ri-spetto al datore di lavoro, ad esempio condizio-nando la legalità del soggiorno al contratto di la-voro”. Il Papa non dimentica “le persone costrettea prostituirsi, tra cui ci sono molti minori, e alleschiave e agli schiavi sessuali; alle donne forzate asposarsi, a quelle vendute in vista del matrimonioo a quelle trasmesse in successione ad un familia-re alla morte del marito senza che abbiano il dirit-to di dare o non dare il proprio consenso”. E poiai minori e adulti, “oggetto di traffico e di merci-monio per l’espianto diorgani, per essere arruo-lati come soldati, perl’accattonaggio, per atti-vità illegali come la pro-duzione o vendita di stu-pefacenti, o per formemascherate di adozioneinternazionale, ai rapitida gruppi terroristici, as-serviti ai loro scopi comecombattenti o, soprattut-to per quanto riguarda leragazze e le donne, co-me schiave sessuali”. Trale cause che concorronoa spiegare le forme con-temporanee di schiavitù,elenca il Pontefice, ci so-no “la povertà, il sotto-sviluppo e l’esclusione,specialmente quando es-si si combinano con ilmancato accesso all’edu-cazione o con una realtàcaratterizzata da scarse,

se non inesistenti, opportunità di lavoro. Non dirado, le vittime di traffico e di asservimento sonopersone cadute nelle mani delle reti criminali chegestiscono il traffico di esseri umani. Queste retiutilizzano abilmente le moderne tecnologie infor-matiche per adescare giovani e giovanissimi inogni parte del mondo”. La corruzione è un’altradelle cause della schiavitù: “L’asservimento e iltraffico delle persone umane richiedono una com-plicità che spesso passa attraverso la corruzionedegli intermediari, di alcuni membri delle forzedell’ordine o di altri attori statali o di istituzioni di-verse, civili e militari”. Altre cause della schiavitùsono i conflitti armati, le violenze, la criminalità eil terrorismo. Spesso, secondo Papa Francesco, fe-nomeni come la tratta delle persone, il traffico il-legale dei migranti, sembra abbiano luogo “nel-l’indifferenza generale. Se questo è, purtroppo, ingran parte vero, vorrei ricordare l’enorme lavorosilenzioso che molte congregazioni religiose, spe-cialmente femminili, portano avanti da tanti anniin favore delle vittime. L’azione delle Congrega-zioni religiose si articola principalmente intorno atre opere: il soccorso alle vittime, la loro riabilita-zione sotto il profilo psicologico e formativo e laloro reintegrazione nella società di destinazione odi origine”. Un “immenso” lavoro che da solo “nonpuò bastare per porre un termine alla piaga dellosfruttamento della persona umana”. Occorre an-che “un triplice impegno a livello istituzionale diprevenzione, di protezione delle vittime e di azio-ne giudiziaria nei confronti dei responsabili” daparte degli Stati, delle organizzazioni intergover-native e delle imprese. Per sconfiggere la schiavi-tù, scrive il Papa, “occorre non rendersi complicidi questo male, di non voltare lo sguardo di fron-te alle sofferenze dei loro fratelli e sorelle in uma-nità, privati della libertà e della dignità, ma di ave-re il coraggio di toccare la carne sofferente di Cri-sto, che si rende visibile attraverso i volti innume-revoli di coloro che Egli stesso chiama ‘questi mieifratelli più piccoli’ come ha mostrato GiuseppinaBakhita, la santa originaria della regione del Dar-fur in Sudan”. Da qui l’appello finale di “farci ar-tefici di una globalizzazione della solidarietà e del-la fraternità, che possa ridare loro la speranza e farloro riprendere con coraggio il cammino attraver-so i problemi del nostro tempo e le prospettivenuove che esso porta con sé e che Dio pone nel-le nostre mani”.

Giornata della pace 2015“Non più schiavi, ma fratelli”

3Anno XXII

n. 11

31 dicembre

2014

GALLURAANGLONA&

C’è un’Italia che vorremmo libera, corag-giosa, giusta, buona, aperta, pacifica epacificata. Direte che sogniamo a occhi

aperti. Noi preferiamo scommettere sui nostrisogni che svelano il seme di Dio che è statopiantato in noi. Un seme che è la radice del no-stro umanesimo. Un seme morto a Gerusalem-me, lanciato nel cuore dell’Europa e in quellaterra prediletta che è l’Italia. Nel passaggio daun anno all’altro è giusto sognare. Così come ègiusto sperare. Purtroppo l’anno che abbiamoalle spalle è stato durissimo e tante nostre fa-miglie hanno sofferto. Ma in tanti abbiamo sa-puto resistere e costruire, nonostante tutto. Maora, in barba ai “purtroppo” e ai “nonostante”,proviamo a sognare l’Italia che vorremmo. L’I-talia che amiamo e che conta su di noi, cittadi-ni e credenti. Noi sogniamo un’Italia libera. Daisuoi vizi (o peccati?), dagli inaccettabili silenziomertosi, dagli orizzonti culturali ristretti, daitic del “politicamente corretto”, dalle invidiesociali, dalle restrizioni mentali, dalle reazionisociali stereotipate, dalle fughe consolatorie eassolutorie nel “così fan tutti”, dalle reazioni ir-razionali alle emergenze. Dunque, un’Italia li-bera di testa. Noi sogniamo un’Italia coraggio-

sa. Capace di dare un calcio alle proprie pau-re, di tornare a rischiare come ha fatto in tantifrangenti dolorosi della propria storia civile edeconomica, di lanciare il cuore oltre l’ostacolo,di guardare più lontano dei prossimi tre mesi,di intravedere un orizzonte comune. Dunque,un’Italia di donne e uomini consapevoli delleproprie forze e dei propri talenti. Noi sognia-mo un’Italia giusta. Dove i giovani abbiano laparte che spetta loro di diritto, dove il futuronon sia una lotteria sociale, dove l’ascensoresociale sia rimesso in moto, dove la giustiziadegli uomini sia tale da rendere meno pesanteil fardello dei cittadini, dove tutti paghino lagiusta dose di tasse perché tutti ne tragganobeneficio, dove i diritti basilari siano garantiti atutti senza distinzione alcuna di sesso razzacultura e religione. Insomma, un’Italia in cui lagiustizia sociale sia cercata e praticata. Noi so-gniamo un’Italia buona. Nella quale i buoninon siano considerati fessi, in cui gli onesti me-ritino il rispetto di tutti, in cui i disonesti sianooggetto della riprovazione sociale, in cui il vo-lontariato sia stimato, in cui lo sguardo non siasempre velato dall’ombra del sospetto, in cuisia ancora possibile tendere la mano a chi staun passo indietro, in cui camminare e crescereinsieme sia la norma. Dunque, un’Italia in cui

il bene sia considerato un vantaggio competiti-vo rispetto al male. Noi sogniamo un’Italiaaperta. All’Europa e al Mondo. Alle intelligen-ze più vive e giovani. Alle forze fresche chevengono su dai territori. Ai suoi giovani eter-namente in panchina. Ai suoi vecchi che gior-no dopo giorno sono considerati un peso in-sostenibile. Ai figli che tardano a venire. In-somma, un’Italia aperta al futuro. Noi sognia-mo un’Italia pacifica e pacificata. Che rifiuti laviolenza in ogni sua forma, sappia contenerel’esasperazione sociale causata dal disagio, ge-stisca la protesta dentro i cardini del rispettoreciproco, non alimenti lo scontro di classe e ilconflitto sociale, sappia portare in tutti i con-sessi internazionali la voce di chi ama la pacee rifiuta la guerra come forma di soluzione deiconflitti tra i popoli. Un’Italia, dunque, chescelga la pace per sé e per gli altri, senza se esenza ma. Direte che sogniamo a occhi aperti.Noi preferiamo scommettere sui nostri sogniche svelano il seme di Dio che è stato pianta-to in noi. Un seme che è la radice del nostroumanesimo. Un seme morto a Gerusalemme,lanciato nel cuore dell’Europa e in quella terraprediletta che è l’Italia. A noi tutti, italiane e ita-liani, credenti e non credenti, la responsabilitàdi farlo rifiorire: l’umanesimo.

Il diritto di sognare

soc ie tà

Daniele Rocchi

Secondo gli esperti, “per sopravvivere l’I-sis dovrà essere in grado di trasformarsida una forza prevalentemente militare auna solida struttura amministrativa, perriuscire a governare e controllare il terri-torio”. Una mano alla sopravvivenza delCaliffato potrebbe arrivare, tuttavia, dallaframmentazione della regione, dalla man-canza di governi capaci a garantire allepopolazioni benessere e sicurezza.

Era il 29 giugno quando l’Isis, Stato islami-co dell’Iraq e della Grande Siria, procla-mava la restaurazione del Califfato islami-

co, con Abu Bakr al-Baghdadi come califfo.“Un sogno che vive nelle profondità di ognicredente musulmano”, come annunciato dalsuo portavoce, Abu Muhammad al-Adnani al-Shami, che diventava realtà. Criticato da nume-rosi studiosi musulmani come anche da analistidi geopolitica, il Califfato, denominato Is (Statoislamico) si è imposto all’attenzione dell’opinio-ne pubblica mondiale e, soprattutto, delle can-cellerie internazionali attraverso azioni efferate,quali le decapitazioni di giornalisti occidentali,la persecuzione delle minoranze religiose comecristiani e yazidi, rapimenti, abusi e stupri. Do-po aver eliminato alcuni gruppi jihadisti rivali einflitto sconfitte militari alle truppe regolari si-riane e irachene, oggi l’Is controlla un vasto ter-ritorio compreso tra Siria e Iraq e città comeMosul e Raqqa, suo quartier generale, Falluja, leperiferie orientali di Aleppo, la Piana di Ninive;un’area strategica anche per le sue ricche risor-se petrolifere e idriche. Su questo territorio,suddiviso in 18 province in ognuna delle qualioperano il Consiglio della Shura e quello dellaSharia, il califfo al-Baghdadi ha instaurato unateocrazia ispirata al Corano da applicarsi con laspada. Non senza timori da parte delle popola-zioni assoggettate - ne sanno qualcosa le centi-naia di migliaia di cristiani e yazidi fuggiti inKurdistan - anche se, in tempi più recenti, sud-diti di fede sunnita hanno cominciato a vederenel vessillo nero dell’Is una forma di riscattocontro il regime siriano di Damasco di Basharal Assad e di quello iracheno, a guida sciita.

Uno Stato ispirato alla Sharia (legge coranica)che garantisce protezione ai suoi fedeli e ancheun certo welfare, con distribuzione di cibo e ac-qua, erogazione di energia elettrica e aperturadi scuole islamiche e di ospedali. A far funzio-nare questa struttura amministrativa, a finan-ziarla e a mantenere il suo esercito - stime del-la Cia parlano di circa 31.500 miliziani - è unaristretta cerchia di uomini fidati di al-Baghdadi:l’esperto militare iracheno e numero due delCaliffato, Abu Muslim Al-Turkmani, anche sepotrebbe essere morto durante il raid america-no dell’8 novembre su Qaim (Iraq), Abu OmarAl-Shishani, noto come “il ceceno”, alto coman-dante dello Stato islamico in Siria e il portavo-ce e “ideologo” dell’Is Abu Mohammad Al-Ad-nani. Il loro successo sul campo viene definito“allarmante” da un recente rapporto del SoufanGroup, specializzato in servizi di intelligence,che conferma ciò che, in fondo, già si sapeva,e cioè che il petrolio è la principale fonte direddito per l’Is, e che sarebbero tra i 2 e i 4 mi-lioni di dollari al giorno gli introiti derivanti dal-le estrazioni. Cifre importanti che vengono in-tegrate da altre fonti di guadagno rappresenta-te, in modo particolare dal contrabbando di re-perti archeologici e dai riscatti dei rapimenti. Iraid aerei della coalizione a guida Usa, anchesulle infrastrutture petrolifere, se sembrano averrallentato l’avanzata dell’Is non ne hanno deltutto azzerato la capacità di procurarsi denarocon cui alimentare la guerra contro Siria e Iraqe contro quelle tribù sunni-te che non hanno dato so-stegno alla causa del Calif-fato. Da giorni, ormai, l’Iscombatte per la conquistadi Ramadi, circa cento chi-lometri a ovest di Baghdad,dove ha ingaggiato com-battimenti con le forze go-vernative irachene e tribùalleate. Una battaglia moltopiù importante di quella diKobane, città curda siriana,poiché se le milizie del ca-liffo riuscissero a prevalereavrebbero il controllo delleprincipali linee di riforni-

mento che arrivano sino al confine siriano e al-le porte di Baghdad. Tutto questo basta, però,a fare dello Stato Islamico una vera potenza re-gionale e, soprattutto, una realtà politica? È evi-dente che, come confermano molti esperti eanalisti politici e militari, il futuro dell’Isis nondipenderà dagli attacchi aerei della coalizioneguidata dagli Stati Uniti. “Per sopravvivere - af-fermano dal Soufan Group - l’Isis dovrà esserein grado di trasformarsi da una forza prevalen-temente militare a una solida struttura ammini-strativa, per riuscire a governare e controllare ilterritorio. Se non sarà in grado di mantenere leinfrastrutture pubbliche esistenti e di soddisfarele richieste di cibo, acqua, assistenza sanitaria,energia e servizi igienici e di sostenere un’eco-nomia solida, l’Is non potrà sopravvivere”. Unamano alla sopravvivenza del Califfato potrebbearrivare, tuttavia, dalla frammentazione della re-gione, dalla mancanza di governi capaci a ga-rantire alle loro popolazioni benessere e sicu-rezza. L’instabilità attuale, infatti, non fa che au-mentare l’appeal del Califfo presso le nuove ge-nerazioni, quelle che risentono della mancanzadi prospettive e di futuro. Quanto vivrà il Calif-fato? Probabilmente il tempo necessario ad at-tori e potenze regionali, ben più consistenti del-l’Is, per ridisegnare i confini del nuovo MedioOriente. Come dire che più che le scelte di al-Baghdadi saranno quelle dei suoi amici e ne-mici - spesso gli stessi soggetti - a segnare la fi-ne del Califfato.

il califfato prova a modellarsi come realtà politica

Negli ultimi cento anni il nu-mero dei cristiani nel mondonon è cambiato in percen-

tuale rispetto alla popolazione ma èdecisamente cambiata la distribuzio-ne: netto calo in Europa, mentre inAsia si è passati dal 4% al 13% e inAfrica dal 2% al 23%. Anche nelleAmeriche si è registrato un aumen-to: del 10%. Nel mondo i cristianisono oggi due miliardi e restano laprima religione. Sono dati pubblica-ti dall’ultimo Rapporto del Pew Fo-rum sul Cristianesimo. Il ‘900 è statoun secolo di straordinarie rivoluzio-ni e di redistribuzione di popolazio-ne; è il secolo del colonialismo, del-la fine del colonialismo e del postcolonialismo; è il secolo del declinodell’Europa e del trasferimento di unruolo egemonico dall’Europa alNord America; è un secolo in cui lastoria è cambiata radicalmente e ra-pidamente. Se quindi in questa si-tuazione c’è stata anche una redistribuzionedella popolazione cattolica - prima in grandemaggioranza in Europa, oggi decisamente inmaggioranza nei Paesi extra europei - non è as-solutamente un dato che debba stupire, anzi…Facciamo una riflessione, dunque, consideran-do questo secolo con i cambiamenti che sonoavvenuti e guardando avanti. Oggi è in diminu-zione la popolazione cattolica e probabilmenteanche la fede in Europa, ma la popolazione cat-tolica e, probabilmente anche la fede, sono increscita in Asia, in Africa, in America Latina,parliamo dei “nuovi continenti”. Questo deveindurre a guardare con speranza al futuro dellaChiesa, anche se resta il grande problema, for-se anche il dramma, del declino della vecchiacristianità europea. Il cattolicesimo non è natoin Europa, ma, di fatto, si è consolidato nellavecchia Europa, da Roma in avanti. Questo de-clino della Chiesa in Europa deve indurre a

qualche malinconica riflessione, ma non a ri-flessioni che debbano far pensare ad un decli-no definitivo, dato che appunto altrove la Chie-sa sta rapidamente e, in qualche caso, ancheprepotentemente crescendo soprattutto nell’E-stremo Oriente asiatico. L’occhio della Chiesaguarda alla famiglia umana e, in questo senso,dobbiamo ricordare che la percentuale di cri-stiani rispetto alla popolazione mondiale è ri-masta stabile e deve far pensare anche allagrande persistenza del cristianesimo nel nostrotempo, di fronte alla crescita prepotente dellapopolazione, che è avvenuta nell’ultimo secolo,in particolare negli ultimi decenni. Davanti allaredistribuzione del potere nel mondo, il cristia-nesimo ha saputo riposizionarsi: dal punto divista quantitativo e dal punto di vista dell’in-fluenza nel mondo, con grande capacità diadattamento alle situazioni nuove. Questo devefarci ripensare anche al Pontificato di Paolo VI,

che intuì questa nuova situazione. E’ Paolo VI,non dimentichiamo, che inaugura la stagionedei grandi viaggi extra europei da parte dei Pa-pi e rinnova l’episcopato e anche il collegio car-dinalizio, immettendo personale dai continentinuovi e che, quindi, apre la Chiesa a questanuova realtà. E’ una Chiesa che sembra, forse,anche in anticipo sui tempi della politica, cheha intuito il rinnovamento e lo ha saputo ca-valcare e oggi se ne vedono i frutti. Oggi il cri-stianesimo è lievito nel mondo, in tutto il mon-do: è stato lievito per l’Europa per diciotto se-coli e negli ultimi due secoli si è trasformato dalievito soltanto per l’Europa in lievito per ilmondo. Quindi si sta attuando esattamente laparola che aveva lanciato Gesù duemila anni fa.Oggi il cristianesimo e il cattolicesimo sono unfenomeno mondiale, mentre fino a cento annifa, ma forse anche meno, erano un fenomenoquasi soltanto europeo.

Un “direttorio omiletico”con l’auspicio che l’omelia- come recita l’ “Evangelii

Gaudium” - possa “essere real-mente un’intensa e felice espe-rienza dello Spirito, un confortan-te incontro con la Parola, unafonte costante di rinnovamento edi crescita”. Curato dalla Congregazione per ilculto divino e la disciplina dei sa-cramenti, il testo “è stato presen-tato al Santo Padre Francesco”, ilquale ne ha approvato la pubbli-cazione. La notizia del Direttorio è statadata dall’edizione de “L’Osserva-tore Romano”, che pubblica undecreto del dicastero vaticano euna nota del segretario dellaCongregazione, monsignor Ar-thur Roche. Il direttorio, spiega il decreto, è“articolato in due parti”.

“Nella prima, intitolata L’omelia el’ambito liturgico, si descrive lanatura, la funzione e il contestopeculiare dell’omelia, come purealcuni aspetti che la qualificano,ossia il ministro ordinato a cuicompete, il riferimento alla Paroladi Dio, la sua preparazione pros-sima e remota, i destinatari”. “Nella seconda parte, Ars praedi-candi, vengono esemplificate lecoordinate metodologiche e con-tenutistiche che l’omileta deveconoscere e di cui tener contonel preparare e pronunciare l’o-melia”. Seguono infine due Appendici,una con “i riferimenti del Cate-chismo in rapporto con alcuniaccenti tematici delle letture do-menicali dei tre cicli annuali” e laseconda con “riferimenti a testidi documenti magisteriali sull’o-melia”.

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GALLURAANGLONA&Sono 2 miliardi i cristiani nel mondo

diminuiscono in Europa, ma aumentano nelle Americhe, Asia e Africa

Santa Sede: pubblicato un Direttorio Omiletico

Dal pulpito non si improvvisa più

I cristiani nel mondo

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GALLURAANGLONA&avven iment i 2014

Cagliari,

Convegno

ecclesiale

regionale: si è

svolto a

Cagliari presso

la fiera

campionaria,

il Convegno

Ecclesiale

Regionale,

il 25/10/2014.

CanonizzazionePapa GiovanniXXIII e PapaGiovanni PaoloII: si è svolta aRoma, in piazzaSan Pietro la canonizzazionedegli amati ponteficiGiovanni Paolo II eGiovanni XXIII il 27/04/2014.

Firma deldocumentocontro leschiavitùcontemporanee: èstato firmato inVaticano undocumentocongiunto tra lereligioni contro leschiavitùcontemporanee il02/12/2014.

Sassari unmare di follaper labeatificazionedi padreZirano:solennebeatificazionea Sassari difronte a 10000fedeli di padreFrancescoZirano OFMConv. il12/10/2014.

Viaggio del Papa in Terra Santa: storica visita del Papa Francesco interra santa dal 24 al 26 maggio 2014.

Viaggio delPapa inTurchia:viaggioapostolicodel PapaFrancescoin Turchiadal 28 al 30novembre2014

Il Papa a Strasburgo al parlamento europeo: storica visita del Papa a

Strasburgo al parlamento europeo il 25/11/2014.

Conferenza Episcopale Italiana a Gaza: una delegazione della

Conferenza Episcopale Italiana guidata dal presidente della

CEI, il cardinale Angelo Bagnasco, si è recata a Gaza dal 2 al 4

novembre 2014 per incoraggiare i cristiani, duramente colpiti

durante i bombardamenti.

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Mentre l’America sta ancora metaboliz-zando l’annuncio clamoroso di una nor-malizzazione delle relazioni diplomati-

che con Cuba, i media americani, dal “New YorkTimes” a “Time magazine”, sottolineano - comeil resto della stampa mondiale - il ruolo attivo efondamentale di Papa Francesco e della diplo-mazia vaticana nelle fitte trattative dell’ultimo an-no e mezzo. “Sua Santità - ha detto Barack Oba-ma nello storico discorso alla nazione - ha fattoun appello personale a me e al presidente cuba-no Raul Castro invitandoci con urgenza a risol-vere da un lato il caso di Alan Gross”, il con-tractor americano per cinque anni in prigione aCuba, “e dall’altro quello di tre agenti cubani incarcere da quindici anni negli Stati Uniti”. Grazieal diretto impegno del Pontefice si è così giuntia una storica svolta dopo 55 anni di tensioni. Lenuove misure concordate da Stati Uniti e Cubaprevedono, oltre allo scambio di prigionieri, l’a-pertura di rappresentanze diplomatiche e l’aboli-zione di restrizioni sui viaggi da e verso l’isola.Capolinea di questo iter sarà la fine dell’embar-go, per la quale però sarà necessario il via libe-ra del Congresso Usa. Più volte quest’anno PapaFrancesco ha personalmente incoraggiato il pre-sidente americano Barack Obama e quello cu-bano Raul Castro a normalizzare le relazioni di-plomatiche: lo conferma una fonte del Diparti-mento di Stato. E a questi appelli personali sonoseguite missive di Bergoglio a diversi leader dei

due Paesi per giungere a un miglioramento del-le relazioni nell’interesse dei cittadini statuniten-si e cubani. L’azione del Papa ha costituito partedi un impegno più ampio del Vaticano teso a fa-cilitare le negoziazioni tra i diplomatici delle dueparti. Tra i prelati Usa più coinvolti c’è sicura-mente il cardinale Seán O’Malley. Sette volte aCuba dai primi anni ‘80, parte della delegazioneche ha viaggiato con Benedetto XVI nel 2012, hasvolto un ruolo importante negli ultimi mesi dinegoziazioni. Nelle ultime battute di questa lun-ga storia di tensioni, spie, misteri e gelo diplo-matico spicca la vicenda del contractor america-no, Alan Gross. Collaboratore dell’Agenzia ame-ricana del dipartimento di Stato dedicata allo svi-luppo internazionale, Gross, 65 anni, era statoarrestato nel dicembre 2009 mentre distribuivamateriale elettronico alla comunità ebrea dell’A-vana per creare una rete informatica alternativa.L’uomo è stato condannato per spionaggio conuna sentenza a 15 anni. Ora Gross è stato libe-rato in cambio dei tre agenti cubani detenuti datre lustri in America con l’accusa di spiare grup-pi anti-castristi a Miami, dove risiede il grossodella comunità cubana negli Stati Uniti. “Percomprendere la situazione odierna, bisogna tor-nare indietro nel tempo, quantomeno alla me-morabile visita a Cuba di Giovanni Paolo II. Cu-ba è un Paese al 60% cattolico e i cattolici cuba-ni hanno sofferto molte angherie: si pensi chenei primi anni del regime almeno 3.500 cattolicisono stati incarcerati, uccisi o costretti all’esilio.Per molti decenni l’insegnamento della religionea scuola non era permesso. Senza parlare degliespropri alla Chiesa”. Per Allen nonostante que-

sti atteggiamenti negativi del regime verso i cat-tolici, Giovanni Paolo II scelse la strada “deldialogo e dell’amicizia, chiedendo maggiore li-bertà d’espressione e di associazione ma trat-tando Fidel Castro come un capo di Stato e noncome un pariah”. In cambio Castro lasciò nel-l’armadio l’uniforme militare e si presentò ingiacca e cravatta. Poco tempo dopo la visita diGiovanni Paolo il Natale tornò ad essere una fe-sta nazionale a Cuba. Per Allen è stato questo“approccio prudente eppure determinato, cheviene da lontano”, a permettere al Vaticano diinfluire in modo così positivo negli ultimi mesidi negoziazioni. I più alti prelati americani stan-no esprimendo grande gioia per l’annuncio del-la normalizzazione delle relazioni diplomatichetra Stati Uniti e Cuba e per l’impegno condivisodi un futuro di pace e collaborazione. PapaFrancesco ha fatto quel che ci si aspetta dai pa-pi. Ha costruito ponti e lavorato per promuo-vere la pace. Ha agito come avrebbe fatto SanFrancesco d’Assisi.

L’ondata di freddo annunciata per fine an-no sull’Italia fa sentire i suoi effetti. L’ar-rivo della perturbazione atlantica ha por-

tato un netto peggioramento delle condizionimeteo nel nostro Paese, con effetti in esten-sione dalle regioni settentrionali verso sud,con venti forti, temporali, anche intensi sullezone tirreniche meridionali, e nevicate fino inpianura al settentrione, a quote collinari alcentro. Inoltre, la sostenuta ventilazione daiquadranti settentrionali ha determinato unagenerale e sensibile diminuzione delle tempe-rature, specie al centro-sud con valori che so-no diventati molto rigidi fino alla giornata diSan Silvestro con associate nevicate fino al li-vello del mare. L’ondata di maltempo prove-niente dal Nord Atlantico coinvolge anche laSardegna, dove oltre a pioggia e forte vento ègiunta anche la neve. Hanno gioito i paesi delnuorese e in modo particolare Fonni che hapotuto riaprire le piste di sci attirando così di-versi appassionati e turisti. Ma non è solo il tu-rismo la parte interessata perché anche i con-tadini e i pastori sardi invocavano la pioggiadopo mesi di dura siccità.

Disgelo usa-cubaIl ponte è lanciato

a t tua l i t à

l’inverno è arrivato. Pioggia e neve sull’italiaAlmeno i contadini e i pastori sardi possono gioire

La neve è caduta

abbondante

Paese delnuoreseimbiancato

La XXVIII Marcia della Pace, promossa dal-la diocesi di Ales-Terralba, quest’anno, suproposta di tanti del mondo ecclesiale e

civile, aveva un respiro regionale. Promotoridella Marcia della Pace sono stati con la dioce-si di Ales-Terralba e Oristano, la Caritas re-gionale, l’Ufficio Regionale della PastoraleSociale e del Lavoro, il Centro di Servizioper il Volontariato Sardegna Solidale, laProvincia e il Comune di Oristano.Il tema scelto, “Per i Cristiani Pace”, volevaessere - a detta degli organizzatori - un atto digiustizia e di civiltà, di fronte al silenzio checontraddistingue l’Occidente dinanzi alle perse-cuzione per chi si dichiara cristiano in tanti sta-ti. “Con la marcia hanno chiesto la pace nellezone di conflitto. Il tema è ecclesiale ma anchedi cittadinanza. La persecuzione per i cristiani èforte oggi e il colpevole silenzio dell’Occidentedeve essere rotto anche attraverso la marcia si-lenziosa nella città di Oristano. In Turchia il Pa-pa ha ribadito il diritto di ciascuno a professarela propria fede. I temi della fraternità e dell’in-terculturalità, della pace e del progresso per tut-to il mondo, stanno alla base della marcia, natanel 1987”.Da allora ogni anno al tema è stato abbinato unospite di prestigio. Da don Riboldi, vescovo diAcerra a monsignor Diliegro, direttore della Ca-ritas di Roma, da monsignor Bettazzi, vescovodi Ivrea a don Luigi Ciotti, di Libera, presente loscorso anno alla marcia che ha percorso le viedi Terralba, a poche settimane dalla tragica al-luvione.

Ospite di quest’anno era Padre PierbattistaPizzaballa, Custode di Terra Santa al quale èstata affidata la riflessione centrale. Un uomoche con il suo impegno è stato capace di rida-re speranza ai cristiani di Betlemme, anchequando il convento fu circondato: la sua fer-mezza e il suo impegno come costruttore didialogo tra le religioni hanno dato fiducia ai cri-stiani.La Marcia della Pace, con oltre cinquemila par-tecipanti si è svolta sabato 20 dicembre in unacittà, che ha nelle sue ‘corde’ i valori della pa-ce, così come è luogo nel quale il volontariatotrova ospitalità. Di recente si è infatti instauratoun rapporto con il Centro di Servizio per il Vo-lontariato Sardegna Solidale che sta dando buo-ni frutti.Hanno partecipato inoltre numerosi volontari didiverse Associazioni, provenienti da tutta l’Iso-la, oltre ai circa 600 studenti che la mattina so-no stati impegnati ad Oristano presso l’Istituto“L. Mossa” nella manifestazione “Cambia Mu-sica: Scegli di essere un Volontario!”, pro-mossa dal CSV Sardegna Solidale nell’ambitodel Progetto “Scuola & Volontariato” e all’inter-no dell’intesa siglata con l’Ufficio Scolastico Re-gionale.Monsignor Ignazio Sanna, Arcivescovo diOristano, ha evidenziato la necessità che allaMarcia ora segua un’azione concreta. “Abbiamodeciso – ha detto il presule - di promuovere lacampagna gemellaggio “Adottiamo profughiiracheni perseguitati”, un gesto concreto a fa-vore degli iracheni esuli. Sarà possibile soste-

nere queste famiglie che hanno perso tutto conun gemellaggio attraverso le parrocchie cheprevede 140 euro mensili oppure di 840 euro insei mesi come contributo concreto. Le statisti-che raccontano come ogni 5 secondi venga uc-ciso un cristiano. Alla Marcia vogliamo così uni-re un gesto concreto”.

Si sa che a Natale tutti diventiamoun po’ più buoni e generosi ver-so gli altri, ma questa volta sono

stati i ragazzi gli artefici di tanta ge-nerosità. E così gli alunni della scuola media “E.Pais” di Olbia, succursale di via Vero-nese, hanno consegnato i loro doni aDon Rinaldo e a Francesca Sanna re-sponsabile della Caritas della parroc-chia di N.S. de La Salette. In questo modo hanno reso felici di-verse famiglie e reso il Natale menoamaro in questo tempo di ristrettezze.Perché le cose più belle della vita nonsi toccano con mano, non si guardano

con gli occhi, ma si provano con il cuo-re, e il Natale non è solo festa e regalisotto l’albero: il Natale è un gesto d’a-more verso gli altri…” Seguendo l’esempio dei piccoli scolari,altri ragazzi e persone generose hannodeposto i loro doni sotto l’albero di na-tale dentro la chiesa de La Salette e da-vanti all’altare durante la novena.Quanto sono vere e attuali le parole diRaoul Follerau: “Nessuno ha il diritto diessere felice da solo”. E noi aggiungiamo: “Nessuno è cosìpovero da non poter dare qualcosa chefaccia gioire almeno per un momento ilproprio fratello”.

APPELLOPapa Francesco, ritornando dalla Terra Santa, ai giornalisti increduli

ha affermato “siamo dinanzi alla terza guerra mondiale”.Una guerra subdola, strisciante che improvvisamente esplode nellevarie parti del mondo devastando, uccidendo, facendo stragi di bam-bini, di donne, di innocenti: Iraq, Afghanistan, Libia, Siria, Gaza, Ni-geria, Centro Africa, Somalia, Sudan, Niger, Ucraina. Senza contare ledecine e decine di altre guerre dimenticate che all’interno delle na-zioni soffocano lo sviluppo, creano ingiustizie, fanno vittime inno-centi, tolgono il futuro alle giovani generazioni.Portiamo avanti da ventotto anni la difficile missione di gridare Paceper il mondo in questa terra di Sardegna devastata dall’ingiustizia delnon lavoro, del non sviluppo, della non speranza.La nostra situazione non ci toglie e non ci deve togliere la nostra na-turale vocazione ad essere terra di pace e operatori di pace che apro-no il cuore al mondo, cuori feriti per le ferite del mondo.Per questo anche quest’anno chiediamo a tutti i sardi di gridare as-sieme il no alla guerra, all’ingiustizia, di gridare Pace in un anelitouniversale. Ci siamo sentiti quest’anno particolarmente affranti perquanto sta avvenendo contro i Cristiani nel mondo. I Cristiani sonoprivi in troppe nazioni di libertà. Libertà di professare apertamente laloro fede; sono condotti in processi ingiusti, imprigionati, condanna-ti a morte. In altri paesi vengono confiscati i loro beni, respinti neldeserto, venduti come schiavi, seviziati, decapitati, crocefissi. I luo-ghi santi, le antiche comunità culla del cristianesimo sono disperse,le loro chiese profanate e distrutte.Noi che abbiamo gridato pace contro tutte le guerre in un anelito digiustizia, di fraternità universale oggi chiediamo che tutta la Sarde-gna, tutti i Sardi di ogni confessione, di ogni ideologia o fede, di ognimilitanza politica o sindacale, di ogni cultura si uniscano a noi pergridare:

Per i Cristiani Pace!

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XXViii MArciA DellA PAce “Per i Cristiani Pace”

pace e so l ida r i e tà

Natale e solidarietà

P. Pierbattista Pizzaballacustode della Terra Santa

Davide Pidinchedda

La Giornata del Seminario è sempre un’oc-casione per ricordarsi del Seminario, perassumersi con discrezione la responsabili-

tà del suo sostentamento. Abbracciando tutte leParrocchie della Diocesi, il Seminario, chiede diessere sostenuto con la preghiera, con l’adesio-ne alle sue iniziative pastorali vocazionali e in-fine con la carità. Avendo ricevuto la grazia divivere per tre anni in questa comunità, mi sen-to in dovere, di fare un sunto non solo a livel-lo personale, ma anche di coinvolgimento dio-cesano. Tutti siamo al corrente del grande calodi vocazioni nella nostra Diocesi e in tutta laChiesa. Una questione da non sottovalutare eche non si può ridurre ad una necessità del Se-minario, per cui esso vorrebbe sempre esserepieno di giovani, ma è e sarà sempre un biso-gno di Dio e del suo popolo. Con questo in-tendo dire che le vocazioni, siano esse alla vitaconsacrata o alla vita sacerdotale, sono una gra-

zia necessaria per tutto il popolo di Dio e quin-di tutto il popolo deve prendersi a cuore que-sta responsabilità. Ecco, non voglio entrare nel-lo specifico perché non avrebbe senso farlo,ma dico e penso una cosa: “si poteva e si puòfare molto di più”… Questo è un invito rivoltoal presbiterio, che ha il compito di educare l’in-tera comunità alla consapevolezza che il Signo-re chiama ognuno di noi ad una vocazione uni-ca e speciale, ma è anche un invito rivolto atutti i laici impegnati nelle loro rispettive par-rocchie: educatori, catechisti, animatori, inse-gnanti, genitori e fedeli tutti. È tempo di mette-re da parte un certo egoismo, mettendoci spes-so al posto di Dio, per cui la vocazione la fac-cio scoprire solo a chi personalmente ritengopiù idoneo; condividiamo invece la nostra vo-cazione, nella gioia e nella gratitudine, con tut-ti, ricordandoci che questa non è solo per noi,ma è soprattutto un dono di Dio per il prossi-mo. Il Seminario, nonostante il piccolo numerodei seminaristi, rimane ancora un grande segnodi speranza per tutta la Diocesi. E ancora di piùdeve essere riconosciuto come uno strumentoessenziale, da proteggere e custodire, per l’o-rientamento di tanti giovani e meno giovani chedesiderano capire la chiamata speciale di Dio.Nella misura in cui dimostriamo di tenere aquesta istituzione, che in tante Diocesi purtrop-po è stata chiusa, saremo in grado di sostener-la e di prenderci cura di essa. Questo è per me un anno molto importante e,se Dio vuole, sarà l’ultimo in questa comunitàperché poi farò il mio ingresso nel Seminarioregionale di Cagliari. Un anno di grande prova

in cui sono chiamato a dare il massimo di mestesso sia a livello scolastico e sia a livello uma-no e spirituale. Sto concludendo, infatti, gli stu-di liceali come privatista e a fine anno affronte-rò l’esame di idoneità all’esame di stato e l’esa-me di stato nel Liceo G.M. Dettori nell’indirizzodi Scienze Umane. Certo, non esprimerò tutto il mio affetto e lamia gratitudine in questo articolo di giornaleper ovvi motivi, pur riconoscendone la grandeimportanza, ma vorrei dire una cosa. Nel Semi-nario, sin dal primo giorno, ho trovato una fa-miglia sempre accogliente e attenta a tutte le di-mensioni della mia persona. Crescendo in que-sta comunità, ho capito che crescere e sentirsibisognosi di questo è la via più giusta per farespazio alla grazia di Dio, per migliorarsi e perdiventare sempre più conformi alla Sua volon-tà. Se non fosse stato per il Seminario, nessunluogo diverso da questo avrebbe potuto offrir-mi qualcosa di meglio. Ho imparato a cono-scermi e a non aver paura di affrontare i mieilimiti e le mie fragilità; ho scoperto doti e qua-lità fino ad allora sconosciute e che qui, in que-sta comunità, ho potuto coltivare e mettere adisposizione di Dio e del prossimo. Non pote-vo ricevere un dono più grande di questo.Pregate per me e per tutti i seminaristi palchìn’aemu bisognu. Pregate tanto anche per donPaolo che, nonostante sia solo e nonostante perquesto motivo sia necessariamente più grandela fatica da sostenere, altrettanto grande è l’im-pegno che ci mette ogni giorno nel ‘sopportar-ci’ e nell’accompagnarci, come un padre pre-muroso, in ogni nostro piccolo passo.

Marco Bilewski

Domenica scorsa 21 dicembre, si è tenu-ta la tradizionale “Giornata del Semina-rio”, nella quale, per sostenere il Semi-

nario, si chiedono alle comunità parrocchialidi tutta la diocesi preghiere e un contributoeconomico. In tale occasione mi è stato ri-chiesto di dare una breve testimonianza dellamia vocazione. Mi chiamo Marco, terzo di quattro figli, e a To-rino sono cresciuto nella parrocchia di SantaTeresa di Gesù Bambino. Terminati gli studi alPolitecnico di Torino ho lavorato prima come li-bero professionista e poi in azienda, nella con-vinzione che la mia felicità sarebbe stata quelladi sposarmi ed avere una mia famiglia. DonGiuseppe del Santuario della Consolata mi aiu-tava nel cammino di preghiera e alla prudenzae poco alla volta mi rendevo conto che quellanon sarebbe stata la mia felicità. Nel 1993, la-sciavo il lavoro sicuro per dedicarmi a tempopieno alla formazione di giovani e adulti pres-so la scuola professionale Casa di Carità Arti eMestieri di Torino e Grugliasco. Dopo un cam-mino di formazione di tre anni, nel 1998 feci ivoti di povertà, castità e obbedienza all’internodi un Istituto Secolare di Torino. Ero appassio-nato al mio lavoro e per quattro anni fui anchedirettore della scuola. Ma la mia vita spiritualeandava peggiorando e la Provvidenza mi fecereincontrare un mio amico sacerdote che miconsigliò di intraprendere gli studi di teologia aRoma e di interrogarmi sulla eventuale voca-zione sacerdotale. Chiesi e ottenni il permessodi recarmi a Roma e tornai tra i banchi di scuo-la a studiare filosofia e teologia. Mi resi contoche la mia vocazione poteva essere proprioquella e feci domanda di entrare in seminario.

A Roma conobbi don Alessandro Cossu cheudita la mia storia mi propose subito di entrarenella sua Diocesi. Ed è così che, conseguito ilBaccalaureato in Teologia all’Università Latera-nense, all’inizio del mese di ottobre dello scor-so anno il Vescovo mi accoglieva nel seminarioa Tempio, chiedendomi di svolgere attività pa-storale presso la Parrocchia San Giuseppe diGolfo Aranci dove don Alessandro, quasi con-temporaneamente, veniva nominato parroco.Ora a Tempio sono con altri 4 seminaristi, Da-

vide, Salvatore, Alessandro e Christian; e donPaolo, Rettore del seminario, mi segue nel per-corso di preparazione al sacerdozio.“Eu no socu gaddhuresu”, come canta laCherchi, e quindi anche con i dovuti tempiper ambientarmi in questa terra, che se Diovuole sarà la mia terra, chiedo a tutti un so-stegno con la preghiera, perché sia sempre fe-dele e umile nel mio servizio a Dio, alle fami-glie e alla comunità che il Vescovo, a suo tem-po, mi chiederà di servire.

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GALLURAANGLONA&Il Seminario da sempre cuore della Diocesi

semina r io

Giornata del SeminarioUn seminarista si racconta

i seminaristi con i familiari e il rettore

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GALLURAANGLONA&

“Ringrazio il Pontefice per la sua vicinan-za e il suo affetto verso i cristiani me-diorientali. Il 2014 è stato un anno du-

ro e difficile in Siria, in Iraq, a Gaza, per le sof-ferenze dei rifugiati e degli sfollati”. È il com-mento, del patriarca latino di Gerusalemme,Fouad Twal, alla lettera del Papa ai cristiani inMedio Oriente, diffusa qualche giorno prima diNatale. “Le parole del Santo Padre ci spingonoverso quella assiduità alla preghiera e alla cari-tà che erano tipiche della prima comunità diGerusalemme e che oggi più che mai è il no-stro programma pastorale”, spiega il patriarca.“Mi ha colpito il tono del Pontefice che chiamai cristiani ‘lievito nella massa’ incoraggiandoli aperseverare nella fede e nella testimonianza.Apprezzo molto il suo coraggio nel condanna-re le brutalità dello Stato islamico e il commer-cio di armi. Qui in Medio Oriente non abbiamobisogno di armi ma di pace. La Comunità inter-nazionale deve capirlo e impegnarsi di più.“Aspettiamo il Papa con tutto il cuore. Le sueparole ci hanno scaldato l’anima”. La lettera diFrancesco ai cristiani in Medio Oriente, ha avu-to una grande eco anche a Baghdad. “Quelloche il Papa ci ha fatto è un grande dono - dicemonsignor Shlemon Warduni, vescovo ausiliarecaldeo della capitale irachena - soprattuttoquando richiama le sofferenze dei cristiani per-seguitati dallo Stato islamico. Dietro tutte que-ste violenze ci sono interessi come il traffico diarmi che il Papa denuncia con forza”. “La no-stra gente è stanca, afflitta, impaurita, vuoleemigrare - ammette il vescovo - per questo leparole del Papa sono un balsamo per loro e so-prattutto per gli sfollati di Erbil che vivono sot-to le tende in condizioni molto precarie”. “Inquesto Natale vogliamo fare nostre le parole delPapa con cui ci invita ad aiutare i musulmani amostrare il volto autentico dell’Islam. Preghia-mo per i miliziani dello Stato islamico perché ilSignore apra il loro cuore e la loro mente allaconvivenza e al bene”. Per motivi di sicurezzala Messa di mezzanotte nella cattedrale a Bagh-

dad si è svolta alle 19. A presiederla lo stessoWarduni. Il patriarca Louis Sako , invece era adErbil per celebrare il Natale tra gli sfollati.“Una lettera ricca e piena di significato che leg-ge in modo profondo la realtà dei cristiani inMedio Oriente la cui situazione è molto grave”.Commenta così dal Cairo Gregorio III Laham,patriarca cattolico siriano, patriarca di Antio-chia, di tutto l’Oriente, di Alessandria e di Ge-rusalemme dei Melchiti. Il patriarca si dice col-pito dalle parole del Papa che “ha messo benein evidenza la collaborazione dei patriarchi inMedio Oriente. Lavoriamo - dichiara - con unavisione comune ma speriamo di fare di più an-che con i musulmani. Non tutti sono fonda-mentalisti ed estremisti. Domenica - dice - eroin moschea a Damasco con altri due patriarchi,

quello greco-ortodosso e siro-ortodosso, percapire insieme ad alcuni imam come contrasta-re i jihadisti dell’Is con un pensiero positivo”. Lerisposte alla violenza non mancano e le inizia-tive di pace si moltiplicano come chiede il Pa-pa nella lettera. “In questo Natale in Siria mi-gliaia di bambini vivranno un po’ di gioia. Nel-le chiese di Damasco saranno consegnati moltidoni”, rivela Gregorios III, che racconta anchedella “candela della pace”. “Abbiamo distribui-to alle famiglie cristiane rimaste in Siria moltecandele con l’invito ad accenderle in casa perpregare per la pace nel nostro Paese. Non dob-biamo abbandonare la speranza, come ci esor-ta Papa Francesco. Abbiamo bisogno di pace enon di guerra, ma la comunità internazionaledeve aiutarci”.

Il Papa scrive ai cristiani in Medio Oriente per incoraggiarliLa risposta: “Qui non abbiamo bisogno di armi ma di pace”

S. Flore, C. Floris, A. Suelzu

Finalmente presenti nellaComunità vocazionale diTempio-Ampurias tre ra-

gazzi più o meno coetanei fradi loro, uno di 18 anni e duedi 17. Alessandro Suelzu, SalvatoreFlore, e una new entry di que-st’anno Christian Floris. Tutti e tre, anche se in mododiverso, condividiamo uncammino di discernimentovocazionale in questa Comu-nità, e ci accomuna la vogliadi fare un viaggio dentro ilnostro cuore per capire se undomani diventeremo sacerdo-ti del Signore.Fa parte del nostro camminocondividere dei momenti digioia e fraternità con altrepersone, specialmente giova-ni, per questo motivo nasco-

no due Gruppi di orientamen-to vocazionale. Il primo è il Gruppo Samuelcomposto da 6 ragazzi chevanno dagli 11 ai 13 anni e ilGruppo Giona composto datanti giovani dai 14 anni in poi. Con questi due Gruppi, du-rante dei week end residen-ziali, si fanno delle belle atti-vità e si affrontano delle pro-fonde riflessioni guidate dalRettore don Paolo. Questi due Gruppi si mettonoin ricerca del loro progetto divita, quello che il Signore hariservato per ciascuno di loroe di noi. Concludiamo col dire che lapartecipazione ai Gruppi èaperta a tanti ragazzi e giovaniche desiderano scoprire la pro-pria vocazione e i parroci pos-sono segnalare al Seminario iragazzi e le ragazze interessati.

Momenti di vita del Seminario

Alessandro Suelzu

Ho iniziato il mio cammi-no in Seminario quattroanni fa, l’11 Settembre

2011. In questi anni, di cuiuno da interno e gli ultimi treda esterno, sono stati per meanni di grande maturazionesia spirituale che culturale edovviamente c’è ancora moltoda fare. Ho ancora nitido nella miamemoria il giorno in cui tuttoè partito: io ero il più piccolodel gruppo (il più grandeaveva 40 anni ed io ne avevo15 !) ma ciò non mi ha impe-dito di fare un bel camminograzie alle “litigate” edificanticon i miei compagni di allora,di cui tre sono ora al Semina-rio maggiore di Cagliari.

Guardando indietro sembradi vedere due persone: dauna parte quel “ragazzo-bam-binio” che percorreva timida-mente e ansiosamente il cor-ridoio del Seminario; dall’altraquel ragazzo a pieno che èconsapevole del tempo cheavanza e cerca sempre dimettersi in gioco invece distare all’angolo. In conclusione è proprioquesto che voglio dire a tan-ti ragazzi (e hai loro genito-ri) che magari non sanno sefare questo passo: il Semina-rio è la famiglia, fatta di fa-miglia, dove il ragazzo e ilgiovane intraprendono unpercorso di crescita umanaculturale e spirituale sotto leamorevoli cure del RettoreDon Paolo Pala.

Cammino in Seminario

Cammino di Crescita

Alcune proposte vocazionali

Destinatari: Il corso è rivolto aivolontari dei centri di ascoltodella città di Olbia, ai volontariimpegnati nel lavoro di ascoltoitinerante presso le abitazioninato a seguito dell’alluvione, aivolontari dei CDA cittazini e zo-nali.

Obiettivo generale: Formarsi sucome rinnovare la capacità dellaChiesa locale di mettersi in ascol-to a partire dalle esigenze dei po-veri e nella direzione segnata dal-la lettera pastorale di S. E. Mons.Sebastiano Sanguinetti: “Siamomembra gli uni degli altri”.

Modalità: il programma di forma-zione prevede 5 incontri tematicidella durata di circa 3 ore e 30 mi-nuti in cui si alterneranno: 1) pre-ghiera iniziale, 2) relazione di ap-profondimento del tema specificodel modulo formativo, 3) lavoroin gruppi (12-15 persone) accom-pagnato da facilitatori della Cari-tas. A conclusione di ogni incon-tro sarà fatta una verifica del mo-dulo formativo (attraverso apposi-te schede) ed è prevista anche laverifica a conclusione dell’interopercorso.

Descrizione degli obiettivi for-mativi dei quattro moduli, pro-posta di date e relatori

I MODULO

Obiettivo: Conoscenza della let-tera pastorale relativa alla pastora-le della Carità. Che cosa si attendela Chiesa diocesana dai CDA del-la Caritas.

Data: 13 dicembre

Relatore: Monsignor SanguinettiSebastiano.

II MODULO

Obiettivo: Come rinnovare il pro-prio stile di essere caritas nei cen-tri di ascolto e negli ascolti itine-ranti a partire dal contento attualee dalla lettera pastorale.

Data: 10 Gennaio 2015

Relatore: Mirko Casu e altre figure.

III MODULO

Obiettivo: Sviluppare competen-ze rispetto all’ascolto con partico-

lare attenzione alle metodologie,al linguaggio, allo stile.

Data: 14 febbraio 2015.

Relatore: Angela Lai.

IV MODULO

Obiettivo: Sviluppare competen-ze rispetto alla capacità di ascoltodelle persone che vivono situazio-ni di “nuove povertà”.

Data: 14 Marzo 2015.

Relatore: Si svilupperà una tavo-la rotonda a più voci: Marisa Muz-zetto insieme a altre figure da de-finire che potrebbero essere dellaCaritas, del SerD, dei Servizi So-ciali, etc.

Luogo ed orari: 9.30-13.00 pres-so La Salette oppure Villa Paned-da - parrocchia s. Simplicio.

IV MODULO

Obiettivo: Conoscenza delle leg-gi e lavoro in rete per migliorareil servizio e coniugare carità e giu-stizia.

Data: aprile 2015

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Programmazione corso di formazione caritas DiocesanaCITTÀ DI OLBIA

Programma di formazione destinato al Coordinamento Cda – Olbia e zona pastorale

Benvenuto, padre Marco

Nella Parrocchia N.S.della Salette, a Olbia, il gior-no dell’Immacolata, 8 Dicembre, ha iniziato lasua collaborazione sacerdotale padre Marco An-

gioni, che ha ottenuto dall’Ecc.mo Vescovo diocesano,Mons.Sebastiano Sanguinetti, il passaggio dalla Arci-diocesi di Sassari, con l’Indulto di permesso dell’Arci-vescovo Mons.Paolo Atzei, alla Diocesi di Tempio Am-purias. Padre Marco affiancherà come Collaboratorepastorale il Parroco don Gianni Sini, nel tempo che ilVicario Parrocchiale don Rinaldo Elias, trascorrerà aRoma per terminare gli studi per il Dottorato in S.Scrit-tura. Don Gianni e Don Rinaldo lo hanno presentatocon viva e cordialissima fraternità alla Comunità Par-rocchiale durante la celebrazione della Eucaristia nellasolennità dell’Immacolata Concezione di Maria. PadreMarco ha ringraziato i due Confratelli e la Comunitàparrocchiale, dicendosi disposto a svolgere bene tuttol’impegno che gli competerà.

Ufficio Stampa Regione Sardegna

“Apprendiamo con soddisfazione lanotizia della firma dell’accordo sugliesodi volontari dei lavoratori Meri-

diana”. Questo il commento del presidentedella Regione Francesco Pigliaru appenaappresa la notizia dell’accordo su Meridia-na.�“Sappiamo bene che l’accordo di ogginon risolve la crisi aziendale né il problemadegli esuberi, ma consente a coloro che lodesiderano di poter volontariamente usciredall’azienda usufruendo della massimaestensione degli ammortizzatori sociali e diun incentivo economico. Confidiamo –continua il presidente Pigliaru – che questascelta possa contribuire a ridimensionare inumeri della crisi e portare a una gestionemeno conflittuale della vertenza, favorendonello stesso tempo concrete possibilità dirilancio. Da parte nostra continueremo aessere presenti con lo stesso impegno esempre nel rispetto del ruolo di ognuno. LaRegione è stata attivamente presente al ta-volo, dialogando costantemente con le par-ti, abbiamo parlato con la proprietà ai mas-simi livelli, così come abbiamo chiesto e ot-tenuto un aumentato impegno da parte delGoverno per dirimere la vertenza, cosa cheè avvenuta con il coinvolgimento di più Mi-nisteri. Come sottolineato più volte – con-clude Francesco Pigliaru – riteniamo im-portantissimo che una compagnia aereacon solide basi nell’isola non solo rimanga

in piedi, ma sia efficiente, nell’interessedei lavoratori e di tutti i sardi”.�Anche l’as-sessore dei Trasporti, Massimo Deiana, sa-luta positivamente il raggiungimento del-l’intesa tra sindacati e azienda nel corsodella riunione odierna al ministero del La-voro. “Adesso è fondamentale continuarea guardare avanti – dice l’assessore Deia-na – per questo richiamo subito l’attenzio-ne sulla necessità di un grande sforzo col-lettivo da parte della stessa Regione, delGoverno, dell’azienda e dei sindacati, fi-nalizzato a un concreto futuro di crescita erilancio della compagnia aerea. Il nostroimpegno caparbio e spesso silenzioso –aggiunge Massimo Deiana – è sempre sta-to orientato in questa direzione, ovvero aricostruire le condizioni affinché questaimportante azienda continui a riconoscerela Sardegna come base di riferimento del-la propria attività industriale”.

Trasporti: soddisfazione del presidente Pigliarusu accordo vertenza Meridiana

Suor Luigia Leoni e il vescovoMons. Sanguinetti

Pietro Zannoni

Calangianus - Da alcuni anni,pur in un paese in crisi per il ri-baltamento che ha investito l’eco-nomia sugheriera, fa da contrastouna sorprendente vivacità riguar-do alle attività sociali e culturali. Iltempo di Natale lo attesta ancorpiù. E’ un susseguirsi di variegatemanifestazioni. In testa quella bel-la rassegna Pasca di Natali in car-rera, che promuove l’associazione“Contiamoci”. I giovani tengono aciò che la fede ci richiama in que-sto tempo sul mistero della Nativi-tà. Ecco il presepio vivente e unbel concorso di presepi semprepiù qualificato in collaborazionecon la parrocchia. Poi un grandeamore per il loro paese: ripresen-

tano ambienti e mestieri di iericon valorizzazione di angoli, cor-tili, cantine, puliti con ore ed oredi dura fatica, quasi a far riviverespazi di vita che non sono più,per qualche sera in questo inver-no del 2015. Ma qualcosa accade anche senzal’imput di “Contiamoci”. Ad aprirele manifestazioni natalizie ecco ilsempre più apprezzato ed affolla-to concerto di Natale della bandamusicale nell’auditorium comuna-le. Grande pubblico e bella seratadedicata a Maria Bonaria Uras, pe-diatra indimenticata. Domenica 21alle ore 16, sempre nell’audito-rium, la scuola materna “MariaPes” ha presentato il video delpresepe vivente che i piccoli han-no recitato in più posti del centro

storico. Poi lunedì 22 altra manife-stazione al Centro Sociale e allascuola materna statale. Non di-mentichiamo nemmeno l’attività

dell’Auser con il ri-presentare film gi-rati in Gallura efilm per ragazzi. Il29 c’è stato ancheil sesto raduno re-gionale di fisarmo-nica per ricordare“Maurizio Inzaina”proposto dall’omo-nima associazione.In tutto questo, e lacosa non è certosecondaria, dal 16dicembre una no-vena affollatissima.Scolari protagonistied al loro seguitotanti genitori. Ognisera, agli alunnidel catechismo,una frase di PapaFrancesco in uncartoncino conse-gnato da don Um-

berto. Domenica 22 San Giuseppee la Madonna, accompagnati dagiovani in costume, al suono dellelauneddas, si sono messi in cam-mino alla ricerca di un riparo bus-sando a varie porte della CarreraLonga e del centro storico, ma daldi dentro c’era sempre la risposta,in dialetto però, dell’ inospitalitàche era risuonata a Betlemme lanotte di duemila anni fa. Il corteosi è persino inerpicato sino allaCasa di riposo “San Vincenzo” perun bel gesto di solidarietà: gli an-ziani ospiti si sono commossi. Poiè ridisceso, don Umberto li ha ac-colti in Santa Giusta al terminedella novena. La festa grande fina-le sarà per la Befana con l’arrivodei Re magi. Ed infine il concorsodei presepi. Sono davvero tanti inogni quartiere. Ci si migliora ognianno sempre di più. E senz’altroun modo, per fortuna da questeparti sempre più diffuso, di coin-volgersi con ciò che il messaggiodel presepe diffonde, al di là del-la ricerca di tecnicismi e particola-rità per colpire i visitatori.

Pasca di Natali in carrera e non solo

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Valentina Forroia

Si è svolto il giorno 13 Dicembre presso la sa-la S.Tommaso d’Aquino nella Parrocchia diN.S. de La Salette, il primo modulo del cor-

so di formazione destinato al coordinamento deiCDA (Centri di Ascolto) e delle Caritas parroc-chiali. Il relatore di questo primo modulo è statoil vescovo, Mons. Sebastiano Sanguinetti.Il vesco-vo ha approfondito i temi contenuti nella suaLettera Pastorale, relativi alla Pastorale della Cari-tà, sottolineando che il testo è un libro di vita ec-clesiale, permeato di teologia tradotta in modellodi vita concreta all’interno della Chiesa, perchédivenga il luogo dell’annuncio dell’Amore. La let-tera Pastorale, ha continuato il vescovo, è uncompendio di ciò che deve essere la nostra Chie-sa, “è una foto di famiglia”, che prende il volto diquesta comunità: com’è e come deve essere e neindica la via. Come diceva San Paolo” Siamomembra gli uni degli altri”. Non è una fede persingoli, la Chiesa non funge da impedimento nelrapporto con Dio, ma è un passaggio obbligato:“Ama Dio e il prossimo”, facendo della “e” unreale elemento di congiunzione. Cristo ci ha chia-mati dentro una famiglia che ci aiuta ad amareDio. La Nostra è una Chiesa della Trinità, e la No-

stra Diocesi, potremmo dire per la sua confor-mazione geografica, è una e trina, fatta di diffe-renze ed economie diverse che cerca di compor-re le diverse ricchezze e povertà affinché diventiunita. Siamo lontani, poco uniti, ancora dobbia-mo trovare l’unità- ha sottolineato il vescovo- “Ola Chiesa è comunione, siamo quindi membra gliuni degli altri, o non siamo la Chiesa di Dio! Lanostra è una Chiesa in cammino, un progetto initinere, ed è per questo importante sapere l’oriz-zonte in cui ci muoviamo e dove vogliamo an-dare”.Il vescovo ha spiegato come deve essereintesa la carità:“La carità è vita, anzi è la mia vitaimpastata d’amore”. Carità intesa non come cosada fare, ma da vivere in tutte le sfaccettature.” Ilfare del bene fuori, non giustifica tutti quei brut-ti comportamenti che si hanno in famiglia o coni vicini, bisogna sempre perseverare e mettersi indiscussione: “anche i Santi erano peccatori”.“Dobbiamo diventare una Chiesa che costruisceponti, relazioni e vicinanza, una Chiesa acco-gliente e in divenire”.La Carità non è solo il set-tore dell’aiuto ai poveri, ma tutto è carità, anchela fede è la carità, l’una è il presupposto dell’al-tra. Nel quarto capitolo della lettera pastorale vie-ne affrontato l’argomento dell’estensione della fe-de e del Vangelo. L’eucaristia costruisce la carità,

forma la Chiesa come luogo dell’annuncio. Laforma più alta di Carità è quella intellettuale chemira ad aiutare a conoscere la fede e la cultura,le questioni sociali. La dottrina sociale della Chie-sa ci aiuta a educare i cristiani al senso del dove-re verso il prossimo. Tutti hanno bisogno di es-sere amati, a partire dai più poveri. Abbiamo bi-sogno di quella povertà interiore che non ci fa es-sere attaccati alle cose materiali. Siamo tutti Bea-ti perché oggetto dell’amore privilegiato di Dio. Ilvescovo ha inoltre parlato di devastazione e in-stabilità umana e della fragilità familiare, racco-mandando soprattutto di approfondire la cono-scenza dei bisogni, specialmente nei cda, quindinon fare ascolto come degli impiegati, ma occor-re fornire sostegno e dare centralità alla persona.La carità deve essere azione corale di tutti i vo-lontari, non azione di un pioniere solitario, maespressione di una comunità. Monsignor Sangui-netti ha inoltre sottolineato come la formazionecontinua sia un passo necessario per accompa-gnare al meglio il nostro lavoro di volontari, ec-co il perché di questo corso, che prevede in tut-to cinque moduli tenendo sempre presente comeobiettivo il rinnovamento dello stile caritas all’in-terno dei centri di ascolto e negli ascolti itineran-ti, a partire dalla lettera pastorale.

olbia, si rinnova lo stile delle caritas

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Pietro Zannoni

In quella realtà umana così particolare, per-ché ricca di tanta sofferenza, qual è la casadi reclusione di Nuchis, il Natale è una oc-

casione propizia per riscoprire la più profondaumanità di ogni singolo ospite. Chi vi lavora,chi vi è ospite, ha percepito, ognuno per quel-lo che ha capito, che quel Bambinello, adora-to nella grotta di Betlemme, è una risposta al-le attese di chi prende coscienza dei propri li-miti fra quelle mura costruite ad un tiro dischioppo dalla antica chiesa dei Santi Cosma eDamiano. Don Umberto Deriu , oltre che es-sere parroco di Calangianus, è da alcuni mesicappellano in questa casa ed è impegnato,ogni giorno a rendere concrete le parole di pa-pa Francesco che rivolse ai reclusi del carceredi Latina: “Le ore, i giorni, i mesi e gli annipassati o che state trascorrendo in codesta ca-sa circondariale, vengano visti e vissuti noncome tempo perso o come una temporaneapunizione ma come un’ulteriore occasione diautentica crescita per trovare la pace del cuo-re e la forza per rinascere tornando a vivere lasperanza nel Signore che non delude”. Ed ilNatale è tempo propizio per far capire questo.Don Umberto, che ha la gran dote della sere-nità che sfuma ogni asperità che incontra, ol-tre a guidare una parrocchia immersa in unacrisi economica che non molla la presa, devefare gli straordinari con fratelli che, ospiti diquesta struttura, si portano dentro il loro sof-ferto vissuto. C’è da notare che le problemati-che, i dolori e le speranze della realtà carcera-ria don Umberto ha imparato a conoscerle dagiovane perchè babbo Giuseppe, era capopo-sto alla Rotonda di Tempio. Erano altri tempi,altra struttura, altri rapporti, ma il Signore nonfa niente a caso. Quando il vescovo Sebastia-no gli ha chiesto di farsi carico della cura d’a-nime della casa circondariale, certe lezioni divita, che gli aveva lasciato in eredità babboGiuseppe, gli si sono ripresentate alla mente. Si muove con discreta ed umile dedizione. Im-portante la collaborazione con la direttriceCarla Ciavarella che, con grande sensibilità e

dinamicità, è al lavoro coi suoi collaboratoriper rendere la struttura che dirige un peniten-ziario all’avanguardia con iniziative di caratte-re sociale e culturale coinvolgenti gli ospiti edil territorio in cui sorge.Così prima di Natale ecco l’inaugurazione del-la sala colloqui dove gli ospiti della casa in-contrano i loro parenti, una ludoteca per bam-bini con giochi donati dall’Avis Provinciale: al-talene, scivoli, tappeto elastico, seggioline co-struzioni ecc.. Le pareti sono state coloratecon le immagini degli eroi di Disney, dipintedal pittore aggese Simone Sanna. Ora i figlidegli ospiti potranno incontrare i genitori inlocali accoglienti e propositivi.Il rapporto padri- figli interessa un certo nu-mero di ospiti ed è una realtà che la direttriceha a cuore perché è sentita la preoccupazionesia di tutelare i diritti dei bambini sia di pro-muovere la genitorialità in carcere sostenendoogni persona ad acquisire il suo ruolo di geni-tore interrotto dalla detenzione. Addirittura èin atto la collaborazione, con docenti dell’Uni-versità di Sassari, per la diffusione e la cono-scenza dell’Istituto della giustizia riparativa,per valorizzare la funzione genitoriale altri-menti destinata ad inaridirsi. Dopo l’inaugura-zione della ludoteca davanti ad un bel gruppodi autorità, c’è stata la tradizionale messa diNatale celebrata nella cappella dal Vescovo Se-bastiano. Ad animare il rito il coro gospel diTelti, integrato dalle voci di tanti ospiti con ilgruppo ‘Il miracolo del gospel’. “Ma questamessa di Natale è stata la fine di un precisopercorso spirituale, ci informa don Umberto,durante le domeniche di Avvento ci si è pre-parati, si è avviato un cammino di approfondi-mento sulla venuta del Signore. Del resto me-si fa c’è stata la celebrazione della cresima peralcuni e pochi giorni fà si è battezzato il nipo-tino di un ospite. Eventi straordinari che nonhanno lasciato indifferente chi era coinvolto,abbiamo cercato di motivare ogni cosa e conquesti nostri fedeli si sono messe in circolo te-matiche che li aiutano a guardare al futuro conpiù serenità”.“C’è un bel rapporto -conclude Padre Umber-

to, così lo chiamano i suoi parrocchiani dellacasa circondariale- fra noi rappresentanti dellaChiesa e la gente che qui vive: un ministero checi impegna come sacerdoti e uomini perché inquei volti c’è il Signore e le attese delle loro fa-miglie nei nostri confronti è tanta e non possia-mo deluderle. Tutto ciò che svolgiamo non èun dovere, ma un donarci che fa parte della na-tura stessa dell’ essere sacerdoti. E’ un grido chesale verso di noi. Due cose vorrei precisare:non svolgo niente di eccezionale perché altrisacerdoti prima di me hanno già svolto questoservizio, e poi visitare i carcerati è una delleopere di misericordia che riguarda ogni cristia-no. Figurarsi un sacerdote. Essere qui è un’e-sperienza umana e sacerdotale che mi arricchi-sce e di questo devo ringraziare il Signore ed ilvescovo che mi ha mandato”.

Un nuovo cappellano, una ludoteca donata dall’Avis provinciale, una direttrice che si batte per un penitenziario all’avanguardia

Natale alla casa circondariale di Nuchis

Aglientu, ultimo concerto dell’Winter Festival

v i t a d iocesana

S i è conclusa domenica28 dicembre la VI edi-zione dell’Winter Festi-

val ad Aglientu. L’onore e laresponsabilità di chiudere èstata affidata a Marco Ma-nusso, genovese, ma roma-no d’adozione, musicista,giornalista, chitarrista, can-tante e arrangiatore. Artistacon un bagaglio di esperien-ze alle spalle. Ha suonatocon: Francesco De Gregori,Lucio Dalla, Renzo Arbore,Ron, Mimmo Locasciulli,Gianni Morandi, Patty Pra-vo, Renato Zero, MariellaNava, Alex Britti, FrancescoRenga e fra i cantanti stra-nieri anche con Ray Char-les. Da più di vent’anni scri-ve musica per varie riviste

musicali. Prima di lui, inquesta edizione, si erano ci-mentati artisti come SaraMills e Alberto Sanna. AdAglientu, tra l’altro, nonmancano gli appassionatidel blues che non sono ve-nuti meno a questo appun-tamento. Come sempre il ra-duno al Centro Sociale hasaputo proporre della buo-na musica e, sicuramente gliorganizzatori saranno sod-disfatti di aver offerto alpubblico serate di buon li-vello perché Aglientu nonoffre solo mare e serate ga-stronomiche ma anche que-sta manifestazione che or-mai per l’associazione cultu-rale “La Muita” è diventataun appuntamento fisso.

Don Umberto Deriu

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Mauro Tedde

Anche quest’anno come è ormai tradizionein occasione della vigilia dell’Epifania aNulvi si terrà il concerto “A sos tres Re”,

promosso dall’associazione culturale “Coro diNulvi” in collaborazione con il Comune di Nulvie con la parrocchia della Beata Maria VergineAssunta, che quest’anno sarà ospitato nella chie-sa seicentesca di Santa Tecla perché la chiesaparrocchiale è attualmente inagibile a causa dialcuni urgenti lavori di ristrutturazione. La bellamanifestazione musicale è nata una ventina dianni fa e coincise con la prima uscita ufficiale delneonato “Coro di Nulvi” che scelse proprio quelgiorno di vigilia dell’Epifania per riproporre econsolidare un’antica tradizione del paese secon-do la quale già dall’imbrunire piccoli gruppetticorali di giovani e meno giovani facevano visitaalle abitazioni del paese proponendo sull’uscio di

casa un’antica canzone beneaugurante dedicataall’arrivo dei Re Magi alla grotta di Betlemme. Incambio ricevevano piccoli regali, dolci, fruttasecca, qualche buon bicchiere di vino novello epersino qualche soldino. Da allora il “Concerto asos tres Re” è divenuto un importante appunta-mento con la musica corale ma soprattutto con lamusica tradizionale della nostra isola e il Coro diNulvi è riuscito ad ospitare nel corso delle tanteedizioni voci, cori e musicisti di grande valore edi grandissima qualità. Come in effetti avverràanche quest’anno. Il programma del concerto2015, che sarà presentato come sempre dal pro-fessor Salatore Patatu, prezioso amico e collabo-ratore dell’associazione corale, prevede infattialcune stupende partecipazioni. A cominciare dalquintetto d’arpe “Clarsech Ensemble” di Sassaricomposto da Angel Caria, Luciana Chessa,Palmira Santoru, Gilda Dettori e Sabrina Faddaall’arpa celtica e da Tony Chessa al flauto e

Salvatore Rizzu al corno. Graditissimi ospitisaranno poi il prestigioso “Coro Gabriel” diTempio Pausania, il Coro da Camera “LuigiCanepa” di Sassari e l’associazione corale “LuigiCanepa” di Sassari. Ad aprire e a chiudere il con-certo sarà come da tradizione il Coro di Nulvi cheinterpreterà i più bei brani della sua produzione,fra cui il tradizionale canto “A sos tres Re” che dàil titolo al concerto. L’appuntamento è per lunedì5 gennaio, alle 18.30 nella chiesa di Santa Tecla.

M.T.

Martis. E’ in corso in questi giorni aMartis la decima edizione del festivalmusicale “Ethno’s” organizzato dalComune di Martis che anche que-st’anno propone un cartellone di as-soluto prestigio e qualità, allestito daldirettore artistico Giorgio Baggiani. Ildecennale di Ethno’s rappresenta unpunto di arrivo del festival marteseche, in questi anni ha ospitato artistidel calibro di Paolo Fresu, MariellaNava, Antonella Ruggero, FabrizioBosso, Irio de Paula, Dario Vergasso-la, Arnoldo Foà, Paola Gassmann,Katia Ricciarelli, Dario Cassini, EnricoRava e Barbara Cola, solo per citarealcuni artisti che hanno partecipatoalle passate edizioni. Dalla nona edi-zione il festival è interamente finan-ziato dal Comune di Martis che connotevole impegno di risorse ha deci-so di proseguire, rinunciando ai con-tributi regionali previsti dalla legge 7del turismo e riproponendo la for-mula oramai consolidata e apprezza-ta da anni dal pubblico martese enon, ovvero un concerto di musicaleggera, un evento dedicato al Nata-le e una serata dedicata alla comicità.Il festival si è aperto il 12 dicembre,nel centro polivalente di “Sa Tanca ‘eIddha” con lo strepitoso concerto diAndrea Cutri, straordinario chitarristaoristanese conosciuto al grande pub-blico per aver composto il brano diPatty Pravo “Ed io verro un giornolà” per l’edizione 2009 del Festival diSanremo e che vanta una carriera in-

credibile avendo suonato nei concer-ti di Ray Charles e dei Legends EricClapton, Steve Gadd, Marcus Miller,Joe Sample, David Sanborn e avendocollaborato e suonato con Peter Ga-briel,Tony Levin, Steve Gadd, DaveWeckl, John Lord, Gavin Harrison,Ray Charles, Eric Clapton, MarcusMiller, Joe Sample, David Sanborn,Abraham Laboriel, Frank Gambale,Doors, Patty Pravo, Zucchero, Vini-cio Capossela, Franco Cerri, AndreaParodi, Demo Morselli, Alex Britti,Maurizio Colonna, Irio De Paula etanti altri. Ethno’s è proseguito mar-tedì 23 dicembre con il tradizionale“Concerto di Natale” a cura del corogospel “Loving Star” di Oristano, di-retto da Salvatore Saba. Composto daquarantacinque donne, soprani, mez-zo soprani e contralti, unite tutte dauna grande passione, il coro orista-nese ha riscosso un grandissimo suc-cesso per la capacità di coinvolgere ilpubblico e di trasmettere gioia e rit-mo ad ogni tipo di spettatore pre-sente. Il coro ha eseguito uno straor-dinario repertorio che ha spaziato nelpanorama più rappresentativo deicanti gospel e spiritual tradizionalima anche alcuni brani di gospelmoderno: Paradise, We shall over-come, Nearer, Soon and very soong,Bridge over troubled water, I will fol-low him, Amazing grace, Amen,Salve Regina, Oh holy Night, HappyDay, Swing low sweet chariot, I stillhaven’t found what I’m looking for,Higher and higher, Joyful Joyful,Hark! The herald angels sing-Gloria.La serata finale sarà improntata sullacomicità e domenica 11 gennaio saràdi scena a Martis Pippo Franco, il ce-lebre comico romano fin dagli anniSettanta uno dei principali beniaminidel pubblico della televisione italia-na. Il festival martese è stato dedica-to quest’anno a Celestino Paolocci,un affezionato e appassionato fre-quentatore della rassegna, recente-mente scomparso.

Emmeti

Sedini. Si è chiusa con il solitogrande successo di partecipazionela sesta edizione di “Feste in canti-na” la kermesse enologica-cultura-le svoltasi a Sedini il 27 dicembrescorso e che sta registrando annodopo anno un sempre maggioregradimento. La Pro loco di Sedini,dopo l’edizione dello scorso annoche ha visto migliaia di personeinvadere le vie del paese, ha mes-so in cantiere quest’anno una gior-nata davvero speciale dedicata achi vuole scoprire le bellezze delcentro anglonese ma anche alle fa-miglie. Infatti nel suggestivo cen-tro storico del paese sono state in-stallate tante scenografie natalizie,diversi presepi artistici realizzatinelle tipiche “logge” scavate nellaroccia e persino una stupenda na-tività allestita in una vera e propriagrotta. Alcune case hanno ospitatoal loro interno mostre a tema conricostruzioni di scene di vita delpaese, mentre la grandiosa domusde janas di La Rocca, simbolo delpaese, ha aperto ai visitatori l’inte-ressantissimo museo etnograficodelle tradizioni popolari dell’An-glona. La Pro loco quest’anno hainvestito tuttele risorse adisposizioneper la buonariuscita dellamanifestazio-ne, puntandosu un eventodi qualità checon i numeriin continuoaumento di-mostra cheanche al difuori dellastagione esti-

va si possono attirare visitatori efar conoscere le bellezze ambien-tali, storiche, enogastronomiche eculturali di questo antico centrodell’ Anglona. Lungo tutto il per-corso predisposto dagli organizza-tori si sono potute visitare le tipi-che cantine scavate nella rocciache, grazie alla ormai consolidatacollaborazione fra i proprietari e laPro loco, crescono di numero ognianno ma soprattutto vengono tra-sformate in vere e proprie grotte-cantine, accoglienti e suggestive,in cui è possibile degustare, oltreal buon vino prodotto, anche l’ab-binamento di piatti legati alla ga-stronomia locale, preparati daglistessi produttori di vino. Alcunigruppi folk e cori del territoriohanno animato le vie del centrocon musica e balli tradizionali econ lo slogan accompagna la ma-nifestazione“Megliu un cossu di vi-nu in colpu che un guttiggiu interra”. Vino, musica, arte e tantoaltro sono stati anche quest’annoprotagonisti di “Feste in cantina”insieme a tanti giovani, e tantissi-me comitive che con la loro alle-gria hanno contribuito ad animarele innumerevoli iniziative che fio-riscono attorno all’evento.

Resiste a Nulvi la tradizione de Sos tres ReUn’antica canzone dedicata all’arrivo dei Re Magi

X edizione del Festival ethno’sil comune di Martis propone musica e cultura

Feste in cantinaSedini, conclusa la kermesse

enologica-culturale

Coro GospelLoving Star

Feste in cantina a Sedini

Quintetto d'arpeClarsech Ensembre

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Giuseppe Di Monaco

La Sacra Sindone è il lenzuolo dilino, lungo oltre quattro metri elargo uno, nel quale secondo la

tradizione fu avvolto il corpo di Cri-sto nel sepolcro dopo la deposizionedalla croce. Detto telo presenta l’im-pronta frontale e dorsale di un uomoche ha subìto la Passione come è de-scritta dai quattro evangelisti, oggi èvenerato nel duomo di Torino dovesi trova dal 1578. Perché è importan-te la Sindone? Premesso che non esi-ste al mondo un’altra sindone ‘figu-rata’ e che non risulta che un altrouomo abbia subìto la Passione comeCristo, la Sindone è l’oggetto archeo-logico più studiato. È certo che l’im-pronta ha piena concordanza con ladescrizione evangelica, per tale ra-gione è detta ‘specchio del Vangelo’e anche “Vangelo illustrato“. Se è ve-ro che nella bandiera nazionale noionoriamo la Patria, così nella Sindo-ne veneriamo la persona di GesùCristo. L’immagine infatti rimanda al-la persona. Motto di studiosi e devo-ti della Sindone è: “Per Sindonem adIesum“. Per i mistici come santa Te-resa del Bambino Gesù e del VoltoSanto è: “la lettera di amore di Gesùimpressa nel lino, scritta con il suosangue”. E’ accertato infatti che sul li-no è presente sangue umano delgruppo AB. Per tutti i credenti Cristoè centro della Scrittura e della vitacristiana, è il fondamento della fede.Il carattere cristologico della devo-zione sindonica va dunque al cuoredella fede. Cristo ha risposto alle do-mande fondamentali della vita : ‘chisiamo, da dove veniamo, dove an-diamo’. Cristo ci ha rivelato che sia-mo stati chiamati ad esistere nel tem-po, su questa terra, ma destinati al-l’eternità. Gli scienziati veri e seri,non ideologizzati, non fanatici checercano la verità sono interessati aquesto lino. Molti congressi sono de-dicati al suo studio. A settembre 2014un congresso internazionale si èsvolto a Bari organizzato dall’univer-sità. Oltre trenta scienziati americaniriuniti in associazioni: prima loSTURP e poi AMSTAR hanno dedica-to fin dal 1978 il massimo impegnoall’approfondimento della natura edella origine della impronta utiliz-

zando le più moderne apparecchia-ture direttamente sul telo e per moltigiorni. A questi scienziati benché‘materialisti’ il cardinale di TorinoAnastasio Ballestrero, custode dellaSindone, aveva dato ampia fiduciaperché agli scienziati non si chiedeun atto di fede ma solo la ricerca del-la verità. Fu mal riposta detta fiducianegli scienziati dei laboratori di Zuri-go, Oxford e Tucson per la datazionedel tessuto sindonico con la ricercadel radio carbonio 14, i quali nel1988 conclusero per l’età medioevaledel manufatto, determinazione cheormai si considera errata, perché ilmetodo che ha suscitato un mare dipolemiche, non era applicabile aquello oggetto. La Sindone interessaagli storici, atei o agnostici, che rico-noscono la natura umana ma nonquella divina di Gesù Cristo, che tut-tavia guardano con ammirazione einteresse scientifico, come Hegel: cheha definito Cristo: “cardine della sto-ria“, l’ebreo KafKa: “Gesù è un abis-so pieno di luce“. Benedetto Croce:“il cristianesimo è stata la più granderivoluzione che l’umanità abbia maiavuto”. Il filosofo Emanuele Kant:“Dal Vangelo è scaturita la nostra cul-tura”. La Sindone interessa agli orto-dossi, che ritengono le reliquie e leicone degne di venerazione. I Bizan-tini, nel primo millennio, nelle città diEdessa e Costantinopoli sono stati trai primi a possedere e venerare la im-magine di Cristo del Mandilion, cheera probabilmente la stessa Sindone,ma ne mostrava solo il volto. La piùprecoce e grande diffusione di im-magini del Cristo Pantocratore (ossiaOnnipotente) è venuta dalle chiesed’Oriente. La Sindone non interessaagli avversari storici dichiarati: illumi-nisti, razionalisti, positivisti. Per la ri-vista dell’ateismo scientifico sovieti-co, all’epoca di Stalin, la lettura scien-tifica della realtà era solo quella atea,esclusa ogni trascendenza. L’apparte-nenza alla categoria di ‘scienziati’presupponeva la dichiarazione diateismo. Un commissario del popolodisse: ‘a noi Gesù non serve’. IvesDelage, membro dell’Accademia diFrancia, che riconosceva come au-tentica l’impronta sindonica, fu accu-sato dai colleghi atei di essere ‘un se-minarista travestito da scienziato’.

Persistono tuttora gli anticlericali ar-rabbiati, feroci oppositori della Sin-done, come Piergiorgio Odifreddi,supportati da riviste come Microme-ga. Accusano la Chiesa di feticismo,di superstizione e di speculazione.Gli ebrei sono rigidi monoteisti. Nel-l’Esodo (2° libro della Bibbia) Jahvedà i comandamenti a Mosè dopo l’u-scita dall’Egitto. ‘Non ti farai immagi-ni scolpite, né alcuna figura di quan-to è in alto nei cieli, né di quanto èin basso sulla terra, non ti prostreraidavanti a essi, né renderai loro unculto perché io sono un Dio geloso’.(ma gli ebrei adorarono il vitello d’o-ro). Questo è diventato un puntofondamentale della religione ebraica.Non riconoscono la divinità di Gesù.Accusano i cristiani di idolatria. Imussulmani ma anche i protestanti ingenere non sono tanto amici delleimmagini. Sono contrari al culto del-le reliquie. I protestanti conservanoun antico pregiudizio, per loro persi-ste la convinzione della speculazioneeconomica da parte della Chiesa Cat-tolica. Per il Pastore valdese PaoloRicca: “i fedeli sono ingannati perchépensano che sia il volto di Cristo“. Gliignoranti, gli orecchianti dicono chela Sindone è un falso ma senza averstudiato il problema. Esistono anche iteologi scettici, ci sono quelli in buo-na fede che credono, senza cercareprove e miracoli, non cercano altri ar-gomenti, a loro basta il Vangelo. Ma ipiù pericolosi sono i cattolici integra-listi, fondamentalisti, benché sosteni-tori della autenticità della insigne re-liquia, trovano sul telo impronte dioggetti, di fiori, scritte varie e altroche interpretano a modo loro, scrivo-no, pubblicano, sfruttano la Sindoneper guadagnare e farsi pubblicità. So-no ambiziosi ciarlatani che fanno piùdanno dei franchi oppositori. Occor-re diffidare di costoro. Ci interessa ilpensiero autorevole dei Papi . Dissesan Giovanni XXIII: “qui c’è il dito diDio“. E il beato Paolo VI: “il volto diCristo ivi raffigurato ci apparve cosìvero, così profondo, così umano e di-vino quale nessuna altra immagineavevamo potuto ammirare e venera-re. Qualunque sia il giudizio dellascienza circa codesta sorprendente emisteriosa reliquia facciamo voti cheessa possa introdurre i valenti studio-si nel suo recondito e affascinantemistero“. Come una telecamera pre-sente nel sepolcro la Sindone docu-menta: A) la esistenza storica di Ge-

sù, che non è stato un mito ma unuomo giovane, robusto, di razza se-mita, col volto sereno che esprimegrandezza d’animo, malgrado i segnievidenti della Passione. In passato inegazionisti, quelli che negano l’evi-denza storica dei fatti, mettevano indubbio la sua esistenza, ma oggi so-no scomparsi. B) la Passione: le per-cosse al Volto, la flagellazione, il ca-sco di spine, i fori da chiodi ai polsie ai piedi, la ferita al costato e in par-ticolare le caratteristiche del sanguearterioso e venoso uscito dalle ferite.C) la morte. E’ evidente la rigidità as-soluta di tutto il corpo, dei muscoli edel respiro, i cui movimenti ancheminimi avrebbero alterato l’impronta.Dalla ferita del costato fuoriesce ‘san-gue e acqua’ (sangue e siero separa-ti), come avviene nel cadavere. Lagamba sinistra è rimasta flessa comeera sulla croce. D) la resurrezione:sindone e mentoniera sono rimastiafflosciati sul posto (come risulta dauna corretta traduzione del testo gre-co), assenza di macerazione e putre-fazione cadaverica, assenza nella im-pronta di segni di trascinamento deicoaguli, nella ipotesi di asportazionedel corpo. Tutti elementi che hannoconvinto subito l’apostolo Giovanniche ‘vide e credette’, e convinconoanche noi perché sono indizi di pro-va. Tuttavia dobbiamo affermare chese la Sindone ci desse la prova scien-tifica della resurrezione, la fede nonsarebbe la libera accettazione del mi-stero di croce e di luce, ma sola-mente una conclusione obbligata(senza merito). I problemi rimasti almomento insoluti oltre la datazionesono: come si è prodotta l’improntache ha caratteristiche assolutamenteparticolari che ancora oggi la scienzanon è in grado di ripetere su un telodi quattro metri? è dovuta a energiaradiante prodotta al momento dellaresurrezione? Riguardo alla identifi-cazione della persona, ma quale al-tro uomo potrebbe essere? Conclu-diamo con papa Francesco: “La Sin-done non ci parla di sconfitta ma divittoria, non di morte ma di vita, nondi disperazione ma di speranza, nondi tenebre ma di luce.

s indone

Importanza della Sacra SindoneDetta specchio del vangelo e vangelo illustrato

Il volto dellaSindone

La Sacra Sindone

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GALLURAANGLONA&

Barbara Agnello

13Dicembre ore 16.00, iniziano le prove nellaChiesa di Santa Maria Maddalena, si prova-no gli attacchi, l’acustica, tante le cose da si-

stemare, tante le cose che vanno già bene. Non c’èpiù tempo, si deve eseguire, c’è il concerto tra qual-che ora. Barbara metti da parte il tuo perfezionismoe cerca di dare fiducia a questi ragazzi che con co-raggio si stanno rimettendo in gioco dopo tanti an-ni, con una coscienza diversa e probabilmente an-che con competenze diverse. Tante le cose che vor-rei dire, tantissimi i dettagli che vorrei ancora cura-re, ma non c’è più tempo e nella mente mi dicocontinuamente “fermati, questo non dirlo, nonadesso, metti da parte i dettagli e cerca di trasmet-tere serenità”. Eh si, a volte questa è la cosa piùcomplicata per chi guida un gruppo di strumentisti,dare fiducia e serenità, avere uno sguardo al mo-mento giusto per tutti, mettere da parte il proprioperfezionismo per mettere in primo piano il benecomune, perché suonare davanti ad un pubblico ètutt’altro che semplice e ci vuole il giusto clima perfarlo bene. Le ore precedenti al concerto le passocosì, cercando di spostare dalla mente le cose di cuinon sono ancora soddisfatta per far spazio a unasorta di decalogo delle priorità in cui in primis ci so-no i valori che da sempre hanno caratterizzato laSan Domenico Savio: amicizia, allegria, impegno,famiglia, amore reciproco, condivisione. Ore 17.40:finiamo le prove, sono doverose due parole “pren-detemi così come sono, sbagliata come sono, vi fa-rò migliorare musicalmente e voi mi farete miglio-rare umanamente, fidatevi di me e andremo bene”,ci si và a cambiare e si torna. Che belli tutti elegan-ti, ragazzi e genitori, che emozione traspare nei lo-ro volti, quell’emozione che forse un po’ noi musi-cisti abbiamo bisogno di ricordare tramite il volto dichi fa musica per passione e basta e non per lavo-ro. Recito un Angelus e chiedo che il Signore mi diail giusto carisma per far si che non ci si fermi allenote giuste ma che tutto sia per testimoniare la bel-lezza che viviamo che scaturisce solo dalla Sua pre-senza. Diamo il via, la Junior si prepara. Che belli iragazzi visibilmente emozionati, entrano in scena edè subito magia e poi un turbine di emozioni si sus-seguono. Si esibisce la Junior formata da genitori efigli e da meno giovani che hanno voglia di impa-rare con umiltà e passione. Tangibile l’emozione diquelle mamme e di quei papà che stanno realiz-zando il sogno di suonare accanto al proprio figlio,“Sei lì con il tuo sax tra le mani, le parti con bellamusica da leggere e suonare, i tuoi amici e la tua fa-

miglia sono lì con te, Barbara a dirigere e persinoIrene ha un clarinetto...tutto questo è incredibile,continuavo a pensare...”. Finisce la Junior si schie-ra l’organico della San Domenico Savio e da qui inpoi, beh non so bene cosa sia accaduto credo diessere entrata in trans, forse ve lo saprà dire me-glio chi era presente al concerto. Io posso solo di-re chi siamo: un gruppo di persone che amano lamusica e la usano come mezzo per stare insieme,siamo la Banda San Domenico Savio che nacquealla fine degli anni 70 dalla stretta collaborazionetra don Giuseppe Riva e Rosario Agnello (per tuttiSarino), che, certi del grande potere educativo del-la musica, proposero ai ragazzi del quartiere unavalida e solida alternativa alla pericolosa noia del-la strada. Sarino aveva delle competenze musicalidi base acquisite in gioventù suonando nella ban-da del suo paese che rispolverò migliorandole, stu-diando la sera la lezione da fare “ai suoi” ragazzil’indomani. Si può dunque tranquillamente affer-mare che maestro e allievi crebbero contempora-neamente nell’esperienza musicale. La bellezza chescaturiva da questa quotidianità musicale vissuta inOratorio non si limitava ai soli risultati estetici, ciòche rese davvero speciale la San Domenico Savio,fu il mantenere solide le sue origini nei valori ora-toriali di aggregazione che coinvolsero intere fami-glie e tutto il quartiere. Da quelle 1000 lire chiestecasa per casa in giro per Moneta insieme al signorAngelo Cavenago per l’acquisto dei primi strumen-ti, ai successi in raduni e rassegne, la strada fu lun-ga e non certo priva di ostacoli, ma con la costan-te guida di don Giuseppe mai si perse la stradamaestra che faceva della banda un luogo specialedove educare i giovani al rispetto, all’impegno e al-la condivisione secondo sani valori, usando la mu-sica come mezzo e mai come fine. Per motivi per-sonali però agli inizi degli anni90 la famiglia Agnello dovettelasciare l’isola e dopo la prose-cuzione di un piccolo gruppettoguidato da Mario Terrazzoni, cisi perse fino a che un giorno mimisi a mandare mail con l’aiutodi mio fratello Fabio e di qual-che altro amico con cui ero ri-masta in contatto, per cercare i“vecchi ragazzi” di Sarino perfare una sorpresa a lui e Diana.Ma si, dai! Incontriamoci, faccia-mo una grande festa, senzatroppe pretese, suoniamo qual-che marcetta e poi ci salutiamo,

magari se riusciamo facciamo un piccolo concerti-no senza troppe pretese in onore di Davide ma ve-diamo, sempre che non sia troppo impegnativo,mica vorremo continuare, insomma non esageria-mo, c’è il lavoro, la famiglia, la carriera da seguire,ci sono delle priorità, non sarà certo uno strumen-to a farci dimenticare e cambiare la scala di priori-tà degli ultimi 20 anni. Bene facciamo questa sor-presa! L’8 Maggio don Andrea invita Sarino e Dia-na in oratorio con una scusa e nel silenzio si sen-te da dietro il sipario del teatrino “nonno! Nonno!”si apre il sipario, la banda suona la Posta di Was-hington e tutti i cari e vecchi amici di Sarino e Dia-na (nascosti fino a quel momento) fanno irruzionenella sala, un tripudio di emozione e una giornatadi grande festa! Zio Pino si alza e suona con noi,nonostante la malattia e ci indica alla fine come avoler dire “vi aspettavo ragazzi miei!” Ma si bellagiornata, indimenticabile, ma mica avranno vogliadi continuare, dai, suonare uno strumento è diffici-le, impegnativo, richiede tempo, sono tutti grandi.Invece? sono rimasta “incastrata” insieme alla miafamiglia in una trama di rapporti speciali, in una ri-nascita di amicizia e condivisione dove appena c’èun momento libero si scappa da Sassari per anda-re a Moneta (proprio dietro l’angolo) a lavorarecon i ragazzi, a far lezioni, a capire come migliora-re la situazione. Trentaquattro i membri effettividella banda, trenta gli allievi che frequentano le le-zioni, tante le famiglie coinvolte nel progetto cheabbiamo definito “figli della banda” che ha per-messo la creazione della Junior Band. Di tutto que-sto chi ringraziare se non il grande e unico vero di-rettore d’orchestra che ci ha voluti nuovamente in-sieme? Noi siamo semplici operai della musica e,credetemi, che nonostante le difficoltà, è davverobello lavorare in questa fabbrica.

Giuseppe Pulina

Sarà “Un matto” il tema-canzone che guiderà lapenna degli aspiranti vincitori della decimaedizione del premio letterario “Una storia sba-

gliata”. Un concorso che vanta già dieci anni di ric-ca attività, con migliaia di racconti e di altrettanti au-tori iscritti alle diverse edizioni e che costituisce, conmerito, uno dei tributi più sinceri e validi di Tempioe della Gallura all’arte di Fabrizio De André. Il temadell’edizione acutamente scelto dagli organizzatori(Libreria Max 88 e Carta Dannata) darà modo agliscrittori di ingegnarsi su una problematica da sem-pre molto cara agli artisti. Quale sia, infatti, la lineadi demarcazione tra normalità e follia e quanta par-te giochi la “sana” follia nelle a volte “insane” ma-nifestazioni della quotidianità è cosa che forse l’artesa dire meglio di qualsiasi altra disciplina. Per farse-ne un’idea basterebbe ascoltare la canzone di DeAndré scelta per il concorso che, insieme ad altrestraordinarie gemme, ha dato vita a quell’album tan-

to amato da Fernanda Pivano, “Non al denaro nonall’amore né al cielo”, che, a più di quarant’anni didistanza, è ancora oggi uno dei capolavori dellamusica d’autore in Italia. Il bando del premio è fresco di stampa ed è da po-co in circolazione. Lo riassumiamo per sommi capi,rinviando, comunque, gli interessati a leggerselo in-tegralmente attraverso il sito web dell’organizzazio-ne (www.libreriamax88.it) da cui si possono scari-care diversi materiali, compresa la scheda d’iscrizio-ne. La data di consegna dei racconti, innanzitutto: il25 giugno 2015, giorno entro il quale la segreteriadel premio dovrà ricevere tutti gli elaborati. Le altrenorme del bando stabiliscono, inoltre, che ogni can-didato potrà partecipare con una sola opera e chequesta dovrà essere contenuta nello spazio massimodi 5 cartelle dattiloscritte, secondo determinati for-mati. Prodotti in 2 copie e corredati dal titolo sceltodal concorrente, i racconti potranno venire inviatianche per mail. Solo in un’unica copia il concorren-te dovrà indicare i propri estremi. Le opere potran-

no essere consegnate a mano o per posta presso lalibreria “Max 88” o all’indirizzo di posta elettronica([email protected]), allegando la scheda di par-tecipazione scaricabile dal sito. La premiazione av-verrà durante la manifestazione deandreiana che siterrà a metà estate, solitamente a luglio, a Tempio.Solo in quell’occasione si conosceranno i nomi deitre vincitori che si spartiranno un montepremi di 600euro, entrando di diritto negli annali di un concorsoletterario che ha avuto in passato dei presidenti digiuria che sanno bene che cosa sia un buon libro.Parliamo di Michela Murgia, Giorgio Todde, Giam-paolo Cassitta e dell’indimenticabile Stefano Tassina-ri. Ovviamente non si potrà conoscere anzitempo ilnome del presidente della giuria, e anonimo rimarràanche quello dei membri della giuria cui toccherà unlavoro molto faticoso, visto che ogni anno sono qua-si 200 i racconti inviati. Una grande fatica che docu-menta, se mai ce ne fosse bisogno, il richiamo di unpremio che ha conquistato sul campo il prestigio ela considerazione che tutti gli riconoscono.

La banda S. Domenico Savio all’insegna dell’amicizia

Al via la decima edizione del premio letterario una storia sbagliata

musica e cu l tu ra

Banda San Domenico Savio

Fabrizio De André

Stefano Bugini

Siamo già a Natale! Che bello! Nelle case lu-ci intermittenti, l’albero, qualche presepe,nei viali delle città scintillano le luminarie, le

vetrine dei negozi brillano. Si esalta così, con ar-tificiosi accorgimenti, la percezione della festa inarrivo quasi a smuovere le coscienze; ma qualicosci8enze? quella spirituale o quella materiale?Sembra si debba invitare tutti a spendere anchequell’ultimo centesimo rimasto per dimenticarsidella crisi incombente e delle sue difficoltà ognigiorno più insopportabili. La sindrome delloshopping, incalza e impone di distrarsi attraversoil consumismo, bene rifugio di chi ormai nonpensa più, o li ha proprio perduti i più valori spi-rituali. Tutti, almeno per poco, faranno festa e di-menticheranno le fatiche e i sacrifici quotidiani.Sembra sia giunta quella pausa obbligatoria e col-lettiva dallo stress quotidiano. Rimane solo perqualcuno la ricorrenza cristiana della Messa diNatale! Tutto qui e poi? Tutto sembra essereorientato a consumare una festa certo importan-te, largamente prevista e per taluni tollerata. Pre-sepio sì, presepio no, nelle scuole! È il triste ri-tornello di qualche finto garantista delle diversitàculturali. Questa società impietosa di memoriacorta e talvolta disumana ed economicamente indifficoltà, risente di un’asfissia spirituale preago-nica. Che cosa ancora può significare allora pre-pararsi al Natale oggi. C’è da chiedersi se sia ri-masta un’identità cristiana; se i cristiani di oggisiano ancora capaci di portare Gesù con loro omeglio di avvicinarsi all’incontro con Gesù bam-bino. C’è ancora nel cristiano contemporaneoquel sussulto di coraggio per dare ascolto alloSpirito Santo? E non, piuttosto, voltarsi dall’altraparte e ascoltarlo mentre ci ricorda instancabil-mente di avvicinarci ai sacramenti, cibo dell’ani-

ma, soprattutto al sacramentodella confessione con veropentimento e propositi dicondurre una nuova vita cri-stiana? C’è ancora nel cristia-no di oggi quel voler tornaread educare il suo cuore perrafforzare la fede? Il cristianooggi sa approfittare dell’in-contro con Gesù bambinoper rinnovare la sua vita spi-rituale ritrovando il candoredei sentimenti dell’infanzia? IlNatale è la venuta di Dio, co-me dice sant’Agostino, ed egli non è venuto percostruire una precaria parentesi buonista in unasocietà rigida e ferrigna ma per costruire in sél’uomo nuovo ed il mondo nuovo. Non bisognatrasformare il Natale in una piccola e meschinacaricatura commerciale; Benedetto XVI, l’ha chia-mata: l’apostasia da Gesù Cristo. Il peccato deicristiani d’oggi è la mancanza di fede, non comeintenzione morale o sentimentale, ma come men-talità. L’uomo moderno ragiona e non si lasciainfluenzare dalle idee religiose e così facendo s’il-lude di non ripetere il peccato originale della su-perbia. Quanti cristiani oggi, sentono con orgo-glio l’appartenenza alla chiesa fondata da Cristo,leggendo quel numero 423 del Catechismo dellaChiesa Cattolica, in cui è stato genialmente sinte-tizzato il contenuto reale ed esauriente della fe-de? «Noi crediamo e professiamo che Gesù di Na-zareth, nato ebreo da una figlia d’Israele, a Bet-lemme, al tempo del re Erode il Grande e dell’im-peratore Cesare Augusto, di mestiere carpentiere,morto crocifisso a Gerusalemme, sotto il procura-tore Ponzio Pilato, mentre regnava l’imperatoreTiberio, è il Figlio eterno di Dio fatto uomo, il qua-le è «venuto da Dio» (Gv 13,3), «disceso dal cielo»

(Gv 3,13; 6,33), venuto nella carne; infatti «il Ver-bo si fece carne e venne ad abitare in mezzo anoi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come diunigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità.[...] Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevu-to e grazia su grazia (Gv 1,14.16)» . Vorrei, perconcludere, fare una preghiera a Gesù bambino:«Signore aiuta i cristiani a non perdersi, a non es-sere complici di quel pensiero spocchioso chia-mato gnosi. Fa che i cristiani non pecchino di su-perbia e non si lascino guidare dai cattivi mae-stri». Il triste fenomeno della gnosi l’aveva già pre-visto, il grande Papa Paolo VI : «Ciò che mi colpi-sce, quando considero il mondo cattolico, è cheall’interno del cattolicesimo sembra talvolta pre-dominare un pensiero di tipo non cattolico, e puòavvenire che questo pensiero non cattolico all’in-terno del cattolicesimo diventi domani il più for-te. Ma esso non rappresenterà mai il pensiero del-la Chiesa. Bisogna che sussista un piccolo gregge,per quanto piccolo esso sia». Ora ci siamo dentroin pieno, salviamo il nostro vero Natale; solo lamisericordia di Dio può salvarci; essa è la nostraforza. Chiediamo al Signore di essere saldi inquesta quotidiana testimonianza.

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GALLURAANGLONA&Ha ancora significato il Natale

per i cristiani d’oggi?