Galetto R. Spalla a. - Lezioni Di Topografia

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R.Galetto A.Spalla - Lezioni di Topografia Indice - pagina I CAPITOLO I - TEORIA DEGLI ERRORI 1Trattamento delle misure dirette. 1.1Considerazioni generali. 1.2Grandezze e quantit di grandezza. 1.2.1Prima definizione di grandezza. 1.2.2Seconda definizione di grandezza. 1.2.3Classi di grandezze. 1.2.4Classi di grandezze di divisibilit. 1.2.5Definizione di misura di una grandezza. 1.2.6La misura delle grandezze di divisibilit. 1.2.7Classi di grandezza la cui misura riconducibile alla misura di una grandezza di divisibilit. 1.2.8Descrizione operazionale della misura di una grandezza di tipo quantitativo. 1.3Le misure e l'ambiente reale. 1.4Origine della dispersione delle misure. 1.4.1Sensibilit e precisione degli strumenti di misura. 1.4.2Influenza dell'ambiente. 1.4.3Definizione di errore accidentale 1.4.4Lo sviluppo teorico della teoria degli errori. 1.5Variabili statistiche e variabili casuali. 1.5.1Variabile statistica. 1.5.2Variabile casuale discontinua. 1.6Determinazione della misura diretta di una quantit di grandezza. 1.6.1Analisi statistica dei risultati di n misure ripetute. 1.6.2Le popolazioni di misure possibili come variabili casuali normali. 1.6.3Determinazione dei valori approssimati dei parametriX e di una popolazione di misure possibili. 1.6.4Caso in cui l'e.q.m. noto a priori. 1.6.5Differenza tra errore quadratico medio e tolleranza. 1.6.6Media ponderata. 2.Trattamento delle misure indirette. 3.Metodo delle osservazioni indirette. 3.1Impostazione del metodo. 3.2Linearizzazione delle equazioni generatrici. 3.3Applicazione del principio dei minimi quadrati. 3.4Iterazione dei calcoli. 3.5Valutazione della precisione dei risultati. 3.6 Il problema dell'attribuzione dei pesi. CAPITOLO II - STRUMENTI TOPOGRAFICI 1Le grandezze che sono oggetto delle misure. 1.2Dislivelli. R.Galetto A.Spalla - Lezioni di Topografia Indice - pagina II 1.3Distanze. 1.4Strumenti con cui si effettuano le misure 2La materializzazione dei punti. 3 3Il treppiede. 3.1Struttura. 3.2Modo d'impiego. 3.3Possibilit di posizione eccentrica del vitone. 4Il cannocchiale topografico. 4.1Struttura. 4.2Funzionamento. 4.2.1Funzione del reticolo. 4.2.2Funzione della lente interna. 4.2.3Funzioni della lente oculare. 4.2.4Semplificazioni introdotte nelle spiegazioni date in questo paragrafo. 4.2.5Posizione del primo fuoco nel cannocchiale topografico. 5La basetta. 5.1Struttura. 5.2Uso delle viti calanti per rendere verticale un asse. 5.3Intercambiabilit tra teodolite e segnale. 5.4Piombino ottico. 6.Le livelle e il loro impiego. 6.1.La livella torica. 6.2Sensibilit della livella torica. 6.3Funzione della livella torica negli strumenti topografici. 6.3.1Livella torica usata per rendere orizzontale un'asse. 6.3.2Livella torica usata per rendere verticale un asse. 6.3.3Uso combinato di due livelle toriche. 6.3.4Livella torica a coincidenza. 7La livella sferica. 7.1Struttura. 7.2Uso della livella sferica per rendere verticale un asse. 8La funzione della basetta. 8.1La basetta munita di livella sferica. 8.2La basetta usata come supporto di uno strumento topografico. 8.3La basetta usata come supporto di un segnale. 8.4Intercambiabilit tra strumento topografico e segnale. 9Il teodolite. 9.1Premessa. 9.2Descrizione dello strumento. 9.3Misura degli angoli azimutali. R.Galetto A.Spalla - Lezioni di Topografia Indice - pagina III 9.4Misura degli angoli zenitali. 9.5Condizioni di rettifica del teodolite. 9.6Errori che influenzano la determinazione degli angoli azimutali. 9.6.1Errore di eccentricit dell'alidada. 9.6.2Errori causati da srettifiche di costruzione. 9.6.3Errore di verticalit dell'asse primario. 9.7Errori che influenzano la determinazione degli angoli zenitali. 9.7.1Srettifica dovuta alla presenza dello zenit strumentale (Z). 9.7.2Errore dovuto all'eccentricit del cerchio verticale. 9.7.3Errore residuo di verticalit. 10 Misura diretta delle distanze mediante distanziometri elettronici 10.1Richiami sulle onde elettromagnetiche. 10.1.1 Periodo, frequenza, intensit istantanea 10.1.2 Fase. 10.1.3 Modulazione in ampiezza, 10.2Schema di un distanziometro elettronico topografico. 10.3 Funzionamento del distanziometro. 10.4Alcune considerazioni aggiuntive sui distanziometri. 10.5 Strumenti che misurano angoli e distanze. 11 Misura indiretta di distanze mediante tacheometro. 11.1Il metodo 11.2Analisi della precisione del metodo. CAPITOLO III - IL SISTEMA CARTOGRAFICO NAZIONALE 1Il problema cartografico. 1.1Impostazione generale 1.2La Terra, il geoide, lo sferoide, lellissoide 1.2.1La Terra 1.2.2Il geoide 1.2.3Lo sferoide 1.2.4Lellissoide 1.3Quota ortometrica e quota ellissoidica 1.4Legame tracoordinate ellissoidiche geografiche e coordinate geocentriche 1.5Ellissoide geocentrico ed ellissoide nazionale 1.6La sfera locale 1.7Ricapitolazione sulla posizione del problema cartografico. 2Rete di inquadramento planimetrica. 2.1Determinazione delle coordinate ellissoidiche dei vertici trigonometrici. 2.1.1Premessa 2.1.2Coordinategeografiche terrestri. 2.1.3Collegamento tra ellissoide e superficie fisica della Terra in un punto arbitrario. R.Galetto A.Spalla - Lezioni di Topografia Indice - pagina IV 2.1.4Scelta dei vertici trigonometrici. 2.1.6Calcoli eseguiti per la determinazione delle coordinate ellissoidiche. 2.1.7Suddivisione della porzione di ellissoide che riguarda lItalia in due fusi 2.1.8Punto della situazione. 2.2La carta di Gauss. 2.2.1Criteri sui quali basata la carta di Gauss. 2.2.2Motivo per il quale sono stati introdotti i due fusi ellissoidici. 2.2.3Introduzione del cilindro secante. 2.2.4Modulo di deformazione per elementi finiti. 2.2.5La propriet della conservazione degli angoli e le sue implicazioni pratiche 2.2.6Trasformata, tangente e corda di un arco ellissoidico nella carta di Gauss 2.2.7Inserimento rigoroso diun angolo azimutale nella carta di Gauss 2.2.8Inserimento semplificato diun angolo azimutale nella carta di Gauss 2.3Inserimento delle distanze misurate sul terreno nel sistema cartografico nazionale. 2.3.1Definizione di distanza topografica. 2.3.2Semplificazione del problema mediante l'introduzione della sfera locale e di uno schema geometrico di comodo 2.3.3Passaggio dalla distanza reale misurata alla distanza topografica. 2.3.4Introduzione diretta delle misure di angoli e distanze nella proiezione di Gauss. CAPITOLO IV - LA CARTOGRAFIA TRADIZIONALE DISEGNATA 1Generalit. 2Le funzioni della cartografia 3Il rapporto di scala della cartografia. 4Esempi di cartografia alle diverse scale. CAPITOLO V - RILIEVO TOPOGRAFICO CLASSICO1Descrizione schematica della costruzione di una carta. 1.1Impostazione concettuale della costruzione della planimetria. 1.2Impostazione concettuale della costruzione dellaltimetria. 2Funzione della rete di inquadramento. 3Rilievo planimetrico. 3.1Triangolazioni. 3.1.1Rete di inquadramento 3.1.2Calcolo della rete. 3.2Applicazione del metodo delle osservazioni indirette a problemi topografici. 3.2.1Sviluppo del procedimento completo su un esempio. 3.2.2Generalizzazione del problema 3.3Intersezioni. 3.3.1Intersezione in avanti. 3.3.2Intersezione inversa. 3.3.3Osservazione importante sulla questione rete di base punti di infittimento. 3.4Poligonali. 3.4.1Poligonale ordinaria R.Galetto A.Spalla - Lezioni di Topografia Indice - pagina V 3.4.2Poligonale di precisione. 3.5 Celerimensura. 4Rilievo altimetrico. 4.1Livellazione geometrica. 4.1.1Premessa. 4.1.2Principio del metodo. 4.1.3Descrizione del livello. 4.1.4Livelli ordinari e livelli di precisione: precisioni conseguibili4.1.5Come valutare la precisione conseguibile nelle operazioni di livellazione geometrica 4.1.6Livellazione geometrica di precisione. 4.1.7Determinazione delle coordinate altimetriche nel rilievo topografico a grande e media scala mediante livellazione geometrica. 4.1.8Compensazione globale di un sistema a pi poligonali mediante il metodo delle osservazioni indirette 4.2La livellazione trigonometrica ( L. T. ). 4.2.1Premessa. 4.2.3Schematizzazione del problema. 4.2.4Schematizzazione dell'operazione. 4.2.5Influenza della rifrazione atmosferica. 4.2.6Precisione del metodo. 4.2.7Impiego della livellazione trigonometrica. 4.3Livellazione tacheometrica. CAPITOLO VI-LA TECNICA TOPOGRAFICA NEI COLLAUDI E CONTROLLI DI GRANDI STRUTTURE 1Considerazioni preliminari. 1.1Spostamenti assoluti e spostamenti relativi. 1.2Il metodo di misura variometrico e quello per differenza di posizione. 1.3Classificazione dei casi trattati. 2Determinazione di spostamenti verticali. 2.1Impiego della livellazione geometrica. 2.1.1Metodologia classica 2.1.2Uso di stadiette di vetro 2.1.3Precisione conseguibile nella determinazione degli spostamenti verticali 2.2Impiego della livellazione trigonometrica. 2.3Impiego della livellazione idrostatica di precisione. 2.4Clinometro 3Determinazione degli spostamenti orizzontali. 3.1Impiego della triangolazione. 3.2Uso del collimatore 3.3Uso dei distanziometri elettroottici R.Galetto A.Spalla - Lezioni di Topografia Indice - pagina VI 3.3.1Indicazionidiunmetodoperl'eliminazionedell'erroredovutoallaprecisione intrinsecadellostrumentoeapplicazionedelmetodoperilcontrollodelle deformazioni di una diga con criterio variometrico. 3.3.2Indicazionediunmetodoperl'eliminazionedell'erroredovutoallanonperfetta conoscenza delle condizioni atmosferiche. CAPITOLO VII - IL SISTEMA GPS 1.La Geodesia classica e la Geodesia spaziale. 2.Struttura del sistema GPS. 3.La determinazione delle coordinate di un punto. 3.1Il principio di base. 3.2.Dalle coordinate geocentriche alle coordinate ellissoidiche 4.La prassi operativa. 4.1La tecnica differenziale 4.2Un uso riduttivo del sistema GPS: il GPS come distanziometro4.3Luso cinematico del GPS 4.3.1Utilizzazione nella tecnica fotogrammetrica 4.3.2Applicazioni in campo civile 5.La rete dei vertici trigonometrici GPS dellIGMI CAPITOLO VIII - FOTOGRAMMETRIA1Concetti generali. 1.1Semplificazione del problema della rappresentazione cartografica del territorio. 1.2Il concetto di base della fotogrammetria. 1.3Fotogrammetria analogica, analitica e digitale. 1.3.1Premessa: il fenomeno fisiologico della vista 1.3.2La fotogrammetria analogica. 1.3.3La fotogrammetria analitica 1.3.4La fotogrammetria digitale. 1.3.5Fotogrammetria aerea e fotogrammetria terrestre 1.4 Lacquisizione del dato primario: i fotogrammi. 1.4.1Le fotografie aeree in uso nella fotogrammetria. 1.4.2La camera fotogrammetrica. 1.4.3I fotogrammi prodotti da una camera fotogrammetrica. 1.4.4Le onde elettromagnetiche dello spettro della luce visibile, dell'infrarosso vicino e dell'infrarosso termico. 1.4.5Le pellicole fotografiche. 1.5 Schema di ripresa fotogrammetrica. 1.6Le condizioni meteorologiche e le riprese da aereo. 2.Fotogrammetria analitica. 2.1 Il sistema di riferimento interno della camera da presa. R.Galetto A.Spalla - Lezioni di Topografia Indice - pagina VII 2.2Lo strumento restitutore analitico. 2.3 La procedura di orientamento interno di un fotogramma. Dalle coordinate strumentali alle coordinate lastra 2.3.1La procedura semplice.2.3.2La procedura che tiene conto della deformazione della pellicola 2.4Lequazione di collinearit 2.4.1Impostazione dellequazione di collinearit 2.4.2La matrice di rotazione tra il sistema (X,Y,Z) e il sistema (x,y,z) 2.4.3Forma definitiva delle equazioni di collinearit per due raggi omologhi. 2.5Sulla possibilit di utilizzare in diversi modi le equazioni di collinearit. 2.6Lorientamento relativo di due fotogrammi. 2.6.1Il concetto generale 2.6.2Scelta del sistema di riferimento arbitrario 2.6.3Lequazione di condizione per lorientamento relativo 2.6.4Calcolo delle coordinate dei punti del modello nel sistema arbitrario 2.7Lorientamento assoluto del modello stereoscopico 2.8La determinazione dei punti di appoggio con metodo topografico 2.9La fase di restituzione 2.10Rilievo fotogrammetrico e rilievo topografico 2.11La triangolazione aerea a modelli indipendenti 2.11.1 Struttura del blocco, punti nadirali, di legame e di appoggio 2.11.2 Le operazioni di misura 2.11.3 Il programma di calcolo 2.11.4 Valutazione della precisione del calcolo del blocco 2.11.5 Uso dei risultati della triangolazione aerea 2.12La triangolazione aerea a stelle proiettive con punti di appoggio e quellaintegrata da dati GPS 2.12.1 La triangolazione aerea a stelle proiettive con punti di appoggio 2.12.2 La triangolazione aerea a stelle proiettive con dati GPS 3.Iter per la realizzazione di un rilievo con metodo fotogrammetrico. 3.1Progettazione ed allestimento del materiale necessario per la costruzione di una carta. 3.2Restituzione fotogrammetrica. 3.3La revisione sul terreno. 3.4.1Editing cartografico 3.4.2Il prodotto finale numerico 3.4.3Il prodotto finale grafico 3.5Schemi delle fasi di realizzazione di cartografia con metodo fotogrammetrico CAPITOLO IX - CARTOGRAFIA NUMERICA 1Caratteristiche della cartografia numerica 1.1Schema concettualeR.Galetto A.Spalla - Lezioni di Topografia Indice - pagina VIII 1.1.1Cartografia tradizionale e cartografia numerica: analogia dei rispettivi schemi concettuali 1.1.2Definizione della cartografia numerica 1.1.3Tipologia della cartografia numerica 1.2Scala nominale 1.3Caratteristiche del contenuto planimetrico e altimetrico della cartografia numerica1.3.1Il contenuto planimetrico 1.3.2Contenuto altimetrico della cartografia. 1.4Funzione del sistema di codifica 2Metodi di produzione 2.1Metodo fotogrammetrico numerico diretto 2.2Digitalizzazione di cartografia esistente 3Intervento sui dati 3.1Editing cartografico 3.2Stazioni grafiche interattive 3.2.1Funzionalit 3.2.2Generalit sulle configurazioni hardware 3.3Differenze di esigenze fra sistemi per la produzione e sistemi per l'utilizzo della cartografia numerica 4Aggiornamento della cartografia numerica 5Organizzazione dei dati e loro trasferimento 5.1Struttura dei dati 5.2Formato di trasferimento della cartografia numerica6La cartografia numerica e i sistemi informativi territoriali (SIT) APPENDICI 1.Sistemi di misura degli angoli. 2.Angoli di direzione. 2.1Definizioni e convenzioni 2.2Langolo di direzione nel calcolo delle coordinate di un punto R.Galetto A.Spalla - Lezioni di Topografia Capitolo I - Teoria degli errori pagina 1 CAPITOLO I TEORIA DEGLI ERRORI 1Trattamento delle misure dirette. 1.1Considerazioni generali. Lo studio degli errori di osservazione riveste una importanza fondamentale in tutte le scienze sperimentali, quando cio si devono effettuare delle misure e si vogliono stabilire i criteri pi opportuni per raggiungere una certa approssimazione, valutare le entit degli errori che si sono commessi o determinare i valori numerici da assumere per le grandezze misurate o per altre ad esse collegate da relazioni analitiche. Presenta un interesse notevole lo studio degli errori nelle misure topografiche, dal momento che la loro precisione deve essere spinta talvolta a limiti molto elevati che solo una scelta accurata di strumenti e di metodi, unita a particolari accorgimenti di osservazione, pu consentire di ottenere. E' comunque il caso di sottolineare subito che la teoria degli errori non costituisce una guida indispensabile soltanto nelle misure di grande precisione, bens in tutte le misure, in quanto occorre, caso per caso, scegliere i procedimenti pi opportuni per raggiungere il risultato voluto con la massima economia di tempo e di mezzi e bisogna, inoltre, sapere che quel risultato stato ottenuto cio che si raggiunta la desiderata approssimazione. 1.2Grandezze e quantit di grandezza. 1.2.1Prima definizione di grandezza. Una grandezza una caratteristica che viene riconosciuta come comune in singole concretizzazioni di concetti che nascono dallosservazione della realt. Esempio. Sollevando oggetti diversi ne riportiamo una differente sensazione di sforzo; da questa osservazione nasce il concetto di peso; il peso una caratteristica che riconosciamo come comune in singole concretizzazioni; il peso una grandezza. 1.2.2Seconda definizione di grandezza. Bertrand Russel cos definisce una grandezza: Esiste una certa coppia di relazioni indefinibili, maggiore o minore; queste relazioni sono simmetriche e transitive e sono incompatibili luna con laltra. Ognuna inversa dellaltra nel senso che ogni volta che una valida tra A e B e laltra valida tra B ed A. I termini che risultano suscettibili di queste relazioni sono grandezze. R.Galetto A.Spalla - Lezioni di Topografia Capitolo I - Teoria degli errori pagina 2 Ogni grandezza ha una certa relazione particolare con qualche concetto, espressa dicendo che essa una grandezza di quel concetto. Due grandezze che hanno questa relazione col medesimo concetto si dicono dello stesso genere; essere dello stesso genere la condizione necessaria e sufficiente per la relazione di maggiore e minore 1.2.3Classi di grandezze. Una classe di grandezze linsieme delle grandezze di uno stesso genere. Un chilometro, un metro, un millimetro sono concretizzazioni di un medesimo concetto, cio del concetto di lunghezza, sono quindi grandezze di uno stesso genere; le grandezze di uno stesso genere formano una classe di grandezze. 1.2.4Classi di grandezze di divisibilit. Consideriamo un tutto formato da un numero di parti semplici che lo compongono. Chiamiamo divisibilit il numero di parti che compongono il tutto. La divisibilit una grandezza; infatti la divisibilit di un tutto sar maggiore o minore a seconda del numero di parti che lo compongono. Tutti i fenomeni fisici che sono assimilabili ad un tutto scomponibile in parti semplici possiedono la grandezza di divisibilit. La divisibilit costituisce una classe di grandezze. Esempio Il numero di pezzi di cui costituita una locomotiva la divisibilit della locomotiva; il numero di pezzi di cui costituita una penna a sfera la divisibilit della penna a sfera. Se il numero di pezzi di cui composta la locomotiva maggiore di quello di cui composta la penna a sfera si dir che la grandezza di divisibilit della locomotiva maggiore della grandezza di divisibilit della penna a sfera. 1.2.5Definizione di misura di una grandezza. Definizione generale di misura di una grandezza secondo Russel. Dicesi misura di una grandezza, nel senso pi generale, qualsiasi metodo con cui si stabilisca una corrispondenza univoca e reciproca tra una grandezza di un determinato genere e un numero intero. 1.2.6La misura delle grandezze di divisibilit. La definizione di misura di una grandezza data da Russel valida per grandezze di qualsiasi classe, ma si adatta particolarmente bene alla classe di grandezze di divisibilit. R.Galetto A.Spalla - Lezioni di Topografia Capitolo I - Teoria degli errori pagina 3 Infatti la misura di una grandezza di divisibilit si effettua semplicemente contando le parti che compongono il tutto ed associando tale numero alla quantitdi grandezza. Inoltre quando due grandezze sono delle divisibilit, non soltanto possiamo misurarle con due numeri, ma la somma dei due numeri che le misurano dar direttamente la misura della grandezza che la somma delle due grandezze di divisibilit. 1.2.7Classi di grandezza la cui misura riconducibile alla misura di una grandezza di divisibilit. Vi sono delle classi di grandezza chiamate di tipo quantitativo. Per una grandezza che appartiene a questa classe il valore zero della sua misura ha significato di non esistenza, mentre un valore non nullo della misura, che sempre espresso da un numero positivo, ha significato di entit della grandezza, nel senso che tanto pi grande il numero che rappresenta la misura, tanto maggiore lentit della grandezza. La misura delle grandezze di tipo quantitativo, pu essere ricondotta alla misura di una grandezza di divisibilit. 1.2.8Descrizione operazionale della misura di una grandezza di tipo quantitativo. Oggetto di unoperazione di misura diretta una quantit di grandezza, cio un oggetto che concretizza nella realt un concetto di grandezza. Stabilito ad esempio che la lunghezza una grandezza, che le quantit di tale grandezza sono misurabili poich tra esse ha senso il concetto di maggiore e minore, vediamo come viene eseguita la misura diretta della lunghezza di una quantit di lunghezza. Supponiamo si voglia misurare la lunghezza di un barra metallica L. Lo schema logico di esecuzione di una misura diretta il seguente: si stabilisce ununit di misura U si sommano tante unit di misura U fino a formare una quantit di grandezza G di paragone che giudichiamo uguale a L si contano quante unit di misura U si sono sommate per formare G, cio si misura la numerosit di G;si assume come misura di L la numerosit di G. Molte volte non ci accorgiamo di applicare questa procedura, ma in realt la misura diretta di una quantit di grandezza avviene sempre in questo modo. Esempio Quando misuriamo con una riga millimetrata lunga un metro la lunghezza di un oggetto, non ci rendiamo conto che parte delloperazione di misura gi stata fatta da chi ha costruito il metro; e cio: stata scelta lunit di misura millimetro e la si sommata mille volte; quando noi effettuiamo la misura di un oggetto accostiamo lo zero della riga ad unestremit delloggetto e guardiamo il punto in cui cade, sulla riga, laltra estremit delloggetto; cos facendo creiamo sulla riga una quantit di grandezza R.Galetto A.Spalla - Lezioni di Topografia Capitolo I - Teoria degli errori pagina 4 di paragone la cui lunghezza stimiamo uguale a quella delloggetto che vogliamo misurare; dopodich leggiamo il valore della misura sulla riga, il che equivale a contare quanti millimetri lunga la quantit di paragone; infine assumiamo come misura delloggetto il valore letto sulla riga, il quale corrisponde appunto alla numerosit della grandezza di paragone che abbiamo creato sulla riga. Lunica differenza tra lesempio fatto e lo schema concettuale sopra esposto rispecchia il fatto che, molte volte, gli strumenti di misura offrono gi una somma di unit di misura che permette dimisurare quantit di grandezza che vanno da zero a un certo valore massimo; nellesempio fatto questo valore massimo appunto una lunghezza di un metro. La massima quantit di grandezza misurabile con uno strumento di misura un parametro molto importante che, come vedremo tra poco, serve a definire la precisione dello strumento. Le misure delle grandezze di tipo quantitativo effettuate secondo lo schema descritto si dicono misure dirette. In realt lunica vera misura diretta il conteggio, operazione nella quale consiste la misura delle grandezze di divisibilit. Tuttavia, per il fatto di adottare uno schema operazionale che riconduce la misura delle grandezze di tipo quantitativo alla misura di una grandezza di divisibilit, si dice appunto che le misure di grandezze di tipo quantitativo, effettuate secondo lo schema sopra descritto, sono misure dirette. 1.3Le misure e l'ambiente reale. Quando si effettua la misura di una quantit di grandezza lo scopo delloperazione quello di associare in modo univoco un numero alla quantit di grandezza sottoposta all'operazione di misura. Quantit di grandezza e misure devono corrispondersi univocamente. Ad ogni quantit di grandezza deve cio corrispondere una ed una sola misura e ad un numero deve corrispondere, nell'ambito della stessa classe di grandezza, una ed una sola quantit di grandezza. Si constata invece che, ripetendo pi volte la misura di una stessa quantit di grandezza, variano i risultati che si ottengono. Diventa a questo punto necessario, per ridurre ad un unico valore la molteplicit di numeri che si riferiscono ad una stessa quantit di grandezza, cercare le cause che generano questa variabilit di risultati della misura ripetuta e definire delle modalit per ricavare un unico valore dalla molteplicit dei valori ottenuti mediante le operazioni di misura ripetute. Tali cause vengono individuate in due possibili categorie, una legata pi propriamente ai limiti imposti dagli strumenti con cui le operazioni di misura vengono effettuate, l'altra legata all'ambiente in cui tali operazioni hanno luogo. R.Galetto A.Spalla - Lezioni di Topografia Capitolo I - Teoria degli errori pagina 5 1.4Origine della dispersione delle misure. 1.4.1Sensibilit e precisione degli strumenti di misura. Si definisce sensibilit di uno strumento la pi piccola quantit di grandezza misurabile univocamente con esso. Esempi:per un righello millimetrato la sensibilit 1 mm; per una bilancia con scala graduata in grammi la sensibilit 1 grammo. Si definisce precisione di uno strumento il rapporto tra la sensibilit dello strumento e la massima quantit di grandezza che lo strumento pu misurare. La precisione quindi un numero adimensionale; si dice che la precisione di uno strumento tanto maggiore quanto minore il numero che la esprime. Esempi:una riga di 1 metro con suddivisione in millimetri ha una precisione di 11000103mmmm= una bilancia che pu pesare una massa di entit massima di 10 kg e avente una graduazione in grammi ha un precisione di 110000104gg= Per il fatto di essere adimensionale, la precisione ci permette di confrontare l'accuratezza di misure di diverso tipo che intervengono nella determinazione di una grandezza misurata indirettamente. Una delle cause che crea la mancanza di univocit sui valori ottenuti nel ripetere la misura di una stessa quantit di grandezza, risiede nel fatto che generalmente noi usiamo gli strumenti pretendendo di aumentare con operazioni di stima la sensibilit, oppure con operazioni ripetitive la precisione. Ad esempio misuriamo una lunghezza con un righello millimetrato e stimiamo i decimi di millimetro se la lunghezza non risulta uguale ad un numero finito di millimetri. Oppure misuriamo una lunghezza di decine di metri riportando pi volte una riga di un metro, commettendo delle imprecisioni. Questi due fatti, ciousare uno strumento al di fuori del suo campo di precisione,pretendere di aumentarne la sensibilit con un'operazione di stima,introducono nell'operazione di misura dei fattori soggettivi, cio dipendenti dal modo di eseguire la misura da parte dell'operatore; questi fattori non si mantengono costanti al ripetersi dell'operazione di misura. R.Galetto A.Spalla - Lezioni di Topografia Capitolo I - Teoria degli errori pagina 6 Questo causa una dispersione dei valori numerici che rappresentano il risultato delle misure. 1.4.2Influenza dell'ambiente. Un altro elemento che genera la dispersione dei valori numerici ottenuti ripetendo le misure di una stessa quantit di grandezza, dovuto all'influenza dell'ambiente nell'operazione di misura. L'ambiente in cui avviene la misura infatti caratterizzato da parametri (temperatura, umidit, pressione atmosferica ecc.) che non hanno un valore costante, ma oscillano in un certo campo. Possiamo vedere quindi il numero X che rappresenta la misura eseguita in un certo istante come un particolare valore di una funzione f che dipende: dalla quantit di grandezza G che si misura; dall'unit di misura U che si adotta; da parametri u, v, w,....t che caratterizzano l'ambiente; X = f (G/U, u, v, w,...t) Se durante un intervallo di tempo ripetiamo la misura, i valori dei parametri ambientali varieranno da misura a misura, e quindi si avranno diversi valori di X; pertanto nell'accingerci ad effettuare un'operazione di misura non dobbiamo pensare ad un solo risultato possibile, ma ad una molteplicit di risultati possibili. Poich non vi univocit nel valore della misura, il primo quesito a cui di deve darerisposta : quale , tra tutti i possibili valori che si potrebbero registrare, quello che potremmo assumere come misura vera della quantit di grandezza G?Si conviene di assumere come misura veraXdella quantit di grandezza G, il valore di X che si avrebbe se effettuassimo la misura quando tutti i parametri ambientali assumono il loro valore medio: X= f (G/U, um, vm, wm,...tm) Si definisce inoltre come errore di una generica misura la differenza tra il valore X che corrisponde a quella misura e il valoreX : = X -X= f(G/U, u, v, w,...t) - f (G/U, um, vm, wm,...tm)(2) 1.4.3Definizione di errore accidentale Riprendiamo la (1) ed eseguiamo lo sviluppo in serie di Taylordella generica misura nellintorno du, dv, dt, dw, ecc. dei valori medi dei parametri ambientali. Si avr: = X -X= R.Galetto A.Spalla - Lezioni di Topografia Capitolo I - Teoria degli errori pagina 7 f(G/U,um,vm,wm,...tm)+ uufd + vvfd + wwfd +..+ ttfd +R -f(G/U,um,vm,wm,...tm) e quindi: = uufd + vvfd + wwfd +..+ ttfd +R Si dir che la misura affetta da soli errori accidentali se le variazioni du, dv, dt, dw, ecc. dei parametri ambientali nellintorno dei valori medi sar sufficientemente piccola che se ne possano trascurare le potenze superiori alla prima; in tal caso il resto R trascurabile e lerrore sar una combinazione lineare delle variazioni dei parametri ambientali. = uufd + vvfd + wwfd +..+ ttfdLa dizione sufficientemente piccola che se ne possano trascurare le potenze superiori alla prima significa questo: il resto R deve essere di entit numerica tale che andrebbe a modificare cifre non significative della misura. Ad esempio: se si sta misurando una lunghezza e si registrano i valori di misura fino ai millimetri, il resto R non deve superare come valore numerico qualche decimo di millimetro. 1.4.4Lo sviluppo teorico della teoria degli errori. Partendo dallimpostazione esposta e utilizzando elementi molto avanzati di calcolo delle probabilit si pu arrivare a dimostrare che gli errori di misura hanno un comportamento ben definito e quindisi possono determinare formule che, dalla molteplicit delle misure possibili, ci riconducono a un valore univoco da attribuire alla quantit di grandezza misurata e al modo di valutarne laccuratezza. Poich gli elementi molto avanzati di calcolo della probabilit necessari a questa trattazione non fanno parte del bagaglio culturale di chi segue questo corso, noi affronteremo il problema in modo un po diverso, che potremmo definire empirico; tale metodo ha il vantaggio di richiedere nozioni di statistica e di calcolo delle probabilit molto pi limitate e inoltre, rifacendosi a ipotetici risultati di misura ottenuti in sede sperimentale, pi aderente a quella che stata levoluzione del pensiero scientifico in questo settore. 1.5Variabili statistiche e variabili casuali. 1.5.1Variabile statistica. Si definisce: a)popolazione l'insieme di N individui (persone, cose, ecc.) che possiedono tutti una stessa caratteristica che si presenta in quantit differenti; b)attributo la caratteristica suddetta; R.Galetto A.Spalla - Lezioni di Topografia Capitolo I - Teoria degli errori pagina 8 c)valori argomentali i differenti valori dell'attributo che possono presentarsi negli individui della popolazione; d)frequenza assoluta il numero degli individui che hanno lo stesso valore argomentale; e)frequenza relativa il rapporto tra la frequenza assoluta ed il numero totale degli individui della popolazione. Esaminando una popolazione di N individui si pu costruire una variabile statistica; essa risulta formata da due serie di numeri: 1.i valori argomentali X1, X2, ...Xi,

Xm presenti nella popolazione (dove m generalmente minore di N, perch pi individui possono avere lo stesso valore argomentale); 2.le frequenze f1, f2, ...fi,

fm dei suddetti valori argomentali, con fi = N;dai valori delle frequenze possiamo definire quelli delle frequenze relative f1/N, f2/N, ...fi/N,

fm/N, con fi/N=1 Il tutto si schematizza come segue: X1, X2, ...Xi, Xm Xcon fi = N (2) f1, f2, . ..fi,

fm o anche X1, X2, ...Xi, Xm Xcon fi/N=1(3) f1/N, f2/N, ...fi/N,

fm/N Per comodit, dopo aver eseguito l'esame di tutti i valori Xi presenti nelle popolazioni, i valori Xi vengono ordinati nelle (2) e (3) in valore crescente (X1