FRANCO FONTANA FULLCOLOR · IL GIORNALE DELL'ARTE Numero 340, marzo 2014 21 Libri Studi, saggi e...
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IL GIORNALE DELL'ARTE Numero 340, marzo 2014 21
Libri
Studi, saggi e collezioniBrancusiin Riga«La morale è
la religione del
bello». Questo
il credo di uno
dei protagonisti
del Novecento,
ConstantlnBrancusi (nella foto). Esce ora una nuova
edizione della brillante rivista-libro Riga, a
cura di Marco Belpoilti ed Elio Grado»,a lui dedicata ed è una ottima occasione
per rivisitare miti e realtà dell'artista,
che dalla nativa Romania giunse a Parigi
agli albori del secolo. Le sue opere
levigate suscitarono un nuovo desiderio
dell'ekfrasis. Poeti illustri si cimentarono
nel racconto di quelle visioni; e in questa
silloge spiccano le liriche di Mina Loy,maestra dell'avanguardia estrema, che
scrive de «L'uccello d'oro» e di LuclanBlaga che illustra la stessa scultura.
In molti capirono immediatamente il
ruolo di quella creazione, come dimostra
l'utilizzo «promozionale» che ne fece il
geniale creatore di abiti Paul Poiret nella
sua maison. Come è nella tradizione di
Riga, interventi saggistici sulle diverse
sfaccettature dell'argomento, si uniscono a
testimonianze e interventi storici, che ben
spiegano le diverse ricezioni del corpus
in Europa, e in America, dove Brancusi ha
dovuto ricorrere alla legge, in una causa
celebre, per vedere riconosciuto alle proprie
opere lo stato legale di «arte». In questa
parte, che è la più stimolante, si trovano
tra l'altro pagine di Henri-Pferre Roché,l'autore di Jules etJim, come anche l'acuto
intervento di Mlrcea Ellade su Brancusi e
le mitologie. In questa scrittura del 1967,
lo scrittore rumeno sintetizza molti degli
elementi del linguaggio dell'artista, che «ha
operato una trasmutazione della materia,
più precisamente che ha effettuato una
coincidentia oppositorum, poiché nello
stesso oggetto coincidono la "materia"e "il
volo", la gravita e la sua negazione». • LS.
Riga. Constantln Brancusi, a
cura di Marco Belpoliti ed Elio
Grazioli, 300 pp., ili., Marcos y
Marcos, Milano 2013, € 25,00
Dentro una casa veneziana nel CinquecentoDentro le case di Isabella Palumbo Fossati Casa colma un vuoto nei molti studi di
storia veneziana. Se si eccettua infatti la Storia di Venezia nella vita privata di PompeoMolmentl (1880), caratterizzato però da un'indagine più impressionistica, seppur ottima,
non era mai stato svolto un lavoro così capillare nel ricostruire il rapporto tra gli uomini
e le cose, che giungesse a restituire un'immagine viva del contesto sociale dell'epoca,
a partire dagli oggetti, e non solo quelli di pregio, che erano contenuti nelle dimore della
Serenissima. Mai come a Venezia il rapporto tra spazio interno e esterno ha un valenza
così particolare: la casa veneziana non ha nulla della fortezza chiusa, si apre anzi alla
città, alla luce e riassume in sé tutta la dolcezza della vita in laguna. Il libro individua
diverse tipologie di case, e colpisce l'abbondanza dei quadri che decorano perfino le
dimore popolari, dove prevalgono i soggetti religiosi; nelle case di chi esercita professioni
liberali si incontrano forme devozionali più complesse, poi ritratti, battaglie, paesaggi;
nelle case dei mercanti è un tripudio di dipinti, per non parlare delle dimore patrizie. E tra
le ultime case «visitate» vi sono quelle di tre artisti: Andrea Faentino, Gasparo Seglzzl,Giovanni Sadeler. Dentro, oltre ai quadri, troviamo arazzi, cassoni, specchi, strumenti
musicali, vetri e vasellame, di cui sono riprodotti alcuni pezzi più significativi. Ma l'autrice
ha anche selezionato, con la consulenza di Stefanla Mason, alcuni dipinti celebri,
da Giorgione a Tintoretto, Sustris, Tiziano ecc. che rappresentano interni veneziani o
momenti di vita nella casa. Se dunque l'analisi della Palumbo Fossati, che avviò la sua
ricerca anni orsono nell'ambito dell'École des Hautes Etudes en Sciences Sociales
di Parigi, non trascura nulla, dagli arredi ai libri, alle medaglie, dai corredi ai giochi per
bambini, quel che trionfa dall'accurato spoglio degli inventari è proprio la sovrabbondanza
di immagini: un trionfo davvero inaspettato, che fa di questo libro, pur di taglio storico, un
testo di notevole interesse anche per gli studiosi d'arte. LJ Laura Lombardi
Dentro le case. Abitare a Venezia nel Cinquecento, di Isabella Palumbo Fossati Casa,
360 pp., ili., Gambier & Keller, Venezia 2013, € 32,00
Immagini indovinelloChe cosa c'è di più distante dalla visionarietà surrealista del realismo della fotografiadocumentarlstlca? Eppure Duchamp, Dali, Breton, Eluard e altri raccoglievano questo tipo
di fotografie. I surrealisti, sostiene Clément Chéroux in questo volumetto, apprezzavano
l'irresolutezza delle fotografie documentaristiche, la loro capacità di proporre degli «enigmi
visivi», di essere, come diceva Breton, delle «immagini indovinello». Il loro fascino consistevaproprio nel fatto di contraddire se stesse, di non documentare nulla. Chéroux osserva in
particolare il modo in cui le immagini vengono guardate dai surrealisti, interessandosi alle
procedure, al metodo: «Metodo paranoico critico», avrebbe detto Dalf, fondato, a partire da un
dettaglio, su associazione di idee, di forme, di senso, per cui un documento diventa «stimolo
dell'immaginazione» e «di rigenerazione poetica» Perduta la sua funzione primaria, l'immagine
documentaria ne assume un'altra, con un'operazione di appropriazione-rettifica: « E proprio
dal sacrificio cosciente della loro utilità prima, osservava Breton, si deducono certe "proprietà
trascendenti" che vi si annettono». Dalf parla di «estasi». Commenta Chéroux: «La fotografìa
documentaria, liberata dalle briglie, diventa il più straordinario commutatore di immaginario».
Non è una «transustanziazione» (Dalf, ancora), o una «trasfigurazione» (Danto), o una
«trasmutazione» (Conio): si tratta, dunque, di una trasformazione dell'utilità, per la quale è più
giusto parlare di «conversione». In questo senso l'operazione dei surrealisti è «rivoluzionaria»:
nel «cambiare la vista» si poteva arrivare a «cambiare la vita». • Ama Ifflnola
L'Immagine come punto Interrogativo o II valore estatico del documento surrealista, di Clément
Chéroux, 48 pp., ili., Johan e Levi editore, Monza 2013, € 8,90
Cocteau par CocteauNel giugno 1962, a un anno dalla morte
di Cocteau, nella villa Santo Sospir di Cap
Ferrat lo scrittore americano William Frfleldregistrò una conversazione che rappresenta
una sorta di testamento del prince frivole,brillante e discusso protagonista della
cultura della prima metà del Novecento. Jean
Cocteau secondo Jean Cocteau raccoglie
ricordi e punti di vista d'un artista che passò
con disinvoltura dalla poesia al disegno (nel
1938 una sua mostra inaugurò Guggenheim
Jeune, prima galleria londinese della famosa
mecenate americana), dal romanzo al teatro
e al cinema. Curioso per gli aneddoti che
documentano una vita d'amicizie eccezionali
(a partire dalla collaborazione ali stars con
Satie, Massine, Diaghilev e Picasso per
il balletto Parade, 1917), il libro offre un
campionario di quelle battute tanto a effetto
quanto esatte che fecero di Cocteau un
«grand couturier de l'esprit nouveau», come
diceva Marcel Raymond. Mondano e snob,
confessava: «II primo a insegnarmi che
l'arte non era un incanto, ma una lotta, un
sacerdozio, è stato Stravinskij, poi Radiguet
e poi Picasso» e già tra il 1918 e 1923
proponeva un Rappel à l'ordre (e nel 1926,
varando il suo movimento, la Saltarti guardò
al titolo di Cocteau), mettendo in guardia sul
modernismo a ogni costo, poiché 'L'audacia
più bella è quella non manifesta, segreta
[...] ho citato il caso di Vermeer di De/ft e di
Pleter de Hooch, cne facevano to stesso tipo
di pittura, si potrebbe dire che ì loro lavori
fossero delle cartoline, che Pieter de Hooch
inviava da Delft, mentre Vermeer dal cielo, dal
paradiso» e tuttavia, concludeva, il pubblico
rifiutava Vermeer per De Hooch. All'accidia
d'un pubblico che non vuole conoscere
ma solo riconoscere, Cocteau opponeva la
verità di un'opera che «è be/(a quando non
assomiglia a niente e crea un nuovo dogma,
una nuova scala di valori», e interrogato su
cosa porterebbe con sé se la sua casa
bruciasse, se la cavava con un ultimo
volteggio, rispondendo: «Le feu»...
Q fllOUliJIINlI i l RUftillO
La virtù del limoncelloLa figura di Caravaggio in occasione del terzo centenario
dalla morte è stata oggetto di un'insistente riconversione
pop. La leggenda «nera» di assassino, delinquente,
puttaniere ha purtroppo finito con il dilagare, soprattutto fra
gli pseudoesperti del settore, sporcando molte verità. Le
«scoperte» dì questi ultimi anni di inediti di Caravaggio non
si contano, con contomo di mostre, quasi tutte periferiche;
le «rivelazioni» tornano poi nel buio o vengono impiattate per
il mercato, nella speranza di trovare chi le compri. È bene dunque ritornare all'ordine,
con la ripresa di indagini che riconducano il pittore nel solco preciso del suo.tempo,
che era, non lo di dimentichi, quello immediatamente dopo Concilio di Trento. Gradita
sorpresa perciò il libro di Laura Teza, docente all'Università di Perugia e autorevole
studiosa di temi della natura morta seicentesca e di arte umbra, marchigiana e
romana, su un'opera specifica di Caravaggio dalla storia sfuggente e cangiante, tanto
documentata quanto poco nota: il cosiddetto Mondafrutto. Prima opera certa del pittore,
rappresenta un ragazzo che sta sbucciando un agrume, finora ritenuto merangolo, o
arancio amaro. Dipinto, di gusto ancor molto lombardo, copiato almeno una dozzina divolte. La prima versione era presente nella casa di Cesare Crispoltl, dotto collezionista
di Perugia, capo dell'Accademia letteraria degli Insensati e di quella musicale degli
Unisoni. Navigando con perizia nel sofisticato ambiente culturale e religioso romano
della fine del Cinquecento nel quale opera il giovane Caravaggio, la studiosa ha scoperto
i legami fra quest'opera e monslgnor Pandolfo Puccl, colto prelato di Recanati abitante
in Roma, presso cui l'artista rimase qualche tempo, tenuto a stecchetto con una dieta a
base di insalata. In questa ottica il Mondafrutto si è rivelato per quello che è: un quadro
allegorico, dal significato cifrato e preciso. Esperti di botanica hanno aiutato Laura Teza
a identificare il frutto che il giovane sta sbucciando: un limoncello di Napoli, simbolo di
igiene e pulizia. Il ragazzo rappresentato, composto e serio, ha davanti a sé un pastofrugale con un frutto acido che allude alla necessità del controllo degli appetiti d'ognigenere: una precisa lezione morale e pedagogica. La rigorosa ricerca storica di Laura
Teza ha fatto riapparire il senso riposto della tela, nella cui luce radente si legge assai
bene la stagione di passaggio del giovane artista lombardo: una sorta di primavera
non ancora esplosa, una stagione sospesa fra lo stile elegante del tardo-manierismo
e quello, nuovissimo e sfavillante di modernità che si stava per aprire. Un
modello di ricerca. J Arabella Orfani
Caravaggio e II frutto della virtù, di Laura Teza, 160 pp., Electa, Milano 2013, € 22,00
Nuove ricerche a Napoli
Jean Cocteau secondo JeanCocteau, a cura di William Fifield,
126 pp., Castelvecchi, Roma
2013, € 16,00
Ricerche sull'arte a Napoli in età moderna/ saggi e documenti 2012-2013 rinnova,
col suo primo numero, la rivista trentennale di Ricerche sul '600 napoletano. Merito
è di Giuseppe De Vlto, promotore della Fondazione Giuseppe e Margaret De Vito per
la Storia dell'Arte Moderna a Napoli, fondata nel 2011 a Firenze, presso Villa Olmo,
dove si conservano una vasta biblioteca, un archivio, una fototeca e una collezione di
dipinti napoletani del Seicento. Ricerche è aggiornata sia nella veste che nel comitato
di redazione, composto da Nadia Bastogi, Riccardo Naldi, Giuseppe Porzio e Renato
Ruotolo e si propone di incoraggiare gli studi storico-artistici con un ampliamento della
conoscenza fino all'Ottocento, privilegiando soprattutto i giovani ai quali sarà offerto
spazio per nuove ricerche dell'arte napoletana. • Lu.Ma.
Ricerche sull'arte a Napoli In età moderna. Saggi e documenti 2012-2013,di AA.VV, 144 pp., ili., Arte'm, Napoli 2014, € 45,00
FRANCO FONTANAFULLCOLORVENEZIA/PALAZZO FRANCHETTI15.02>18.05.2014A cura di / Curateci by Denis Curti
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