FRANCO FONTANA FULLCOLOR · IL GIORNALE DELL'ARTE Numero 340, marzo 2014 21 Libri Studi, saggi e...

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Immagini indovinello Che cosa c'è di più distante dalla visionarietà surrealista del realismo della fotografia documentarlstlca? Eppure Duchamp, Dali, Breton, Eluard e altri raccoglievano questo tipo di fotografie. I surrealisti, sostiene Clément Chéroux in questo volumetto, apprezzavano l'irresolutezza delle fotografie documentaristiche, la loro capacità di proporre degli «enigmi visivi», di essere, come diceva Breton, delle «immagini indovinello». Il loro fascino consisteva proprio nel fatto di contraddire se stesse, di non documentare nulla. Chéroux osserva in particolare il modo in cui le immagini vengono guardate dai surrealisti, interessandosi alle procedure, al metodo: «Metodo paranoico critico», avrebbe detto Dalf, fondato, a partire da un dettaglio, su associazione di idee, di forme, di senso, per cui un documento diventa «stimolo dell'immaginazione» e «di rigenerazione poetica» Perduta la sua funzione primaria, l'immagine documentaria ne assume un'altra, con un'operazione di appropriazione-rettifica: « E proprio dal sacrificio cosciente della loro utilità prima, osservava Breton, si deducono certe "proprietà trascendenti" che vi si annettono». Dalf parla di «estasi». Commenta Chéroux: «La fotografìa documentaria, liberata dalle briglie, diventa il più straordinario commutatore di immaginario». Non è una «transustanziazione» (Dalf, ancora), o una «trasfigurazione» (Danto), o una «trasmutazione» (Conio): si tratta, dunque, di una trasformazione dell'utilità, per la quale è più giusto parlare di «conversione». In questo senso l'operazione dei surrealisti è «rivoluzionaria»: nel «cambiare la vista» si poteva arrivare a «cambiare la vita». • Ama Ifflnola L'Immagine come punto Interrogativo o II valore estatico del documento surrealista, di Clément Chéroux, 48 pp., ili., Johan e Levi editore, Monza 2013, € 8,90

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Page 1: FRANCO FONTANA FULLCOLOR · IL GIORNALE DELL'ARTE Numero 340, marzo 2014 21 Libri Studi, saggi e collezioni Brancusi in Riga «La morale è la religione del bello». Questo il credo

IL GIORNALE DELL'ARTE Numero 340, marzo 2014 21

Libri

Studi, saggi e collezioniBrancusiin Riga«La morale è

la religione del

bello». Questo

il credo di uno

dei protagonisti

del Novecento,

ConstantlnBrancusi (nella foto). Esce ora una nuova

edizione della brillante rivista-libro Riga, a

cura di Marco Belpoilti ed Elio Grado»,a lui dedicata ed è una ottima occasione

per rivisitare miti e realtà dell'artista,

che dalla nativa Romania giunse a Parigi

agli albori del secolo. Le sue opere

levigate suscitarono un nuovo desiderio

dell'ekfrasis. Poeti illustri si cimentarono

nel racconto di quelle visioni; e in questa

silloge spiccano le liriche di Mina Loy,maestra dell'avanguardia estrema, che

scrive de «L'uccello d'oro» e di LuclanBlaga che illustra la stessa scultura.

In molti capirono immediatamente il

ruolo di quella creazione, come dimostra

l'utilizzo «promozionale» che ne fece il

geniale creatore di abiti Paul Poiret nella

sua maison. Come è nella tradizione di

Riga, interventi saggistici sulle diverse

sfaccettature dell'argomento, si uniscono a

testimonianze e interventi storici, che ben

spiegano le diverse ricezioni del corpus

in Europa, e in America, dove Brancusi ha

dovuto ricorrere alla legge, in una causa

celebre, per vedere riconosciuto alle proprie

opere lo stato legale di «arte». In questa

parte, che è la più stimolante, si trovano

tra l'altro pagine di Henri-Pferre Roché,l'autore di Jules etJim, come anche l'acuto

intervento di Mlrcea Ellade su Brancusi e

le mitologie. In questa scrittura del 1967,

lo scrittore rumeno sintetizza molti degli

elementi del linguaggio dell'artista, che «ha

operato una trasmutazione della materia,

più precisamente che ha effettuato una

coincidentia oppositorum, poiché nello

stesso oggetto coincidono la "materia"e "il

volo", la gravita e la sua negazione». • LS.

Riga. Constantln Brancusi, a

cura di Marco Belpoliti ed Elio

Grazioli, 300 pp., ili., Marcos y

Marcos, Milano 2013, € 25,00

Dentro una casa veneziana nel CinquecentoDentro le case di Isabella Palumbo Fossati Casa colma un vuoto nei molti studi di

storia veneziana. Se si eccettua infatti la Storia di Venezia nella vita privata di PompeoMolmentl (1880), caratterizzato però da un'indagine più impressionistica, seppur ottima,

non era mai stato svolto un lavoro così capillare nel ricostruire il rapporto tra gli uomini

e le cose, che giungesse a restituire un'immagine viva del contesto sociale dell'epoca,

a partire dagli oggetti, e non solo quelli di pregio, che erano contenuti nelle dimore della

Serenissima. Mai come a Venezia il rapporto tra spazio interno e esterno ha un valenza

così particolare: la casa veneziana non ha nulla della fortezza chiusa, si apre anzi alla

città, alla luce e riassume in sé tutta la dolcezza della vita in laguna. Il libro individua

diverse tipologie di case, e colpisce l'abbondanza dei quadri che decorano perfino le

dimore popolari, dove prevalgono i soggetti religiosi; nelle case di chi esercita professioni

liberali si incontrano forme devozionali più complesse, poi ritratti, battaglie, paesaggi;

nelle case dei mercanti è un tripudio di dipinti, per non parlare delle dimore patrizie. E tra

le ultime case «visitate» vi sono quelle di tre artisti: Andrea Faentino, Gasparo Seglzzl,Giovanni Sadeler. Dentro, oltre ai quadri, troviamo arazzi, cassoni, specchi, strumenti

musicali, vetri e vasellame, di cui sono riprodotti alcuni pezzi più significativi. Ma l'autrice

ha anche selezionato, con la consulenza di Stefanla Mason, alcuni dipinti celebri,

da Giorgione a Tintoretto, Sustris, Tiziano ecc. che rappresentano interni veneziani o

momenti di vita nella casa. Se dunque l'analisi della Palumbo Fossati, che avviò la sua

ricerca anni orsono nell'ambito dell'École des Hautes Etudes en Sciences Sociales

di Parigi, non trascura nulla, dagli arredi ai libri, alle medaglie, dai corredi ai giochi per

bambini, quel che trionfa dall'accurato spoglio degli inventari è proprio la sovrabbondanza

di immagini: un trionfo davvero inaspettato, che fa di questo libro, pur di taglio storico, un

testo di notevole interesse anche per gli studiosi d'arte. LJ Laura Lombardi

Dentro le case. Abitare a Venezia nel Cinquecento, di Isabella Palumbo Fossati Casa,

360 pp., ili., Gambier & Keller, Venezia 2013, € 32,00

Immagini indovinelloChe cosa c'è di più distante dalla visionarietà surrealista del realismo della fotografiadocumentarlstlca? Eppure Duchamp, Dali, Breton, Eluard e altri raccoglievano questo tipo

di fotografie. I surrealisti, sostiene Clément Chéroux in questo volumetto, apprezzavano

l'irresolutezza delle fotografie documentaristiche, la loro capacità di proporre degli «enigmi

visivi», di essere, come diceva Breton, delle «immagini indovinello». Il loro fascino consistevaproprio nel fatto di contraddire se stesse, di non documentare nulla. Chéroux osserva in

particolare il modo in cui le immagini vengono guardate dai surrealisti, interessandosi alle

procedure, al metodo: «Metodo paranoico critico», avrebbe detto Dalf, fondato, a partire da un

dettaglio, su associazione di idee, di forme, di senso, per cui un documento diventa «stimolo

dell'immaginazione» e «di rigenerazione poetica» Perduta la sua funzione primaria, l'immagine

documentaria ne assume un'altra, con un'operazione di appropriazione-rettifica: « E proprio

dal sacrificio cosciente della loro utilità prima, osservava Breton, si deducono certe "proprietà

trascendenti" che vi si annettono». Dalf parla di «estasi». Commenta Chéroux: «La fotografìa

documentaria, liberata dalle briglie, diventa il più straordinario commutatore di immaginario».

Non è una «transustanziazione» (Dalf, ancora), o una «trasfigurazione» (Danto), o una

«trasmutazione» (Conio): si tratta, dunque, di una trasformazione dell'utilità, per la quale è più

giusto parlare di «conversione». In questo senso l'operazione dei surrealisti è «rivoluzionaria»:

nel «cambiare la vista» si poteva arrivare a «cambiare la vita». • Ama Ifflnola

L'Immagine come punto Interrogativo o II valore estatico del documento surrealista, di Clément

Chéroux, 48 pp., ili., Johan e Levi editore, Monza 2013, € 8,90

Cocteau par CocteauNel giugno 1962, a un anno dalla morte

di Cocteau, nella villa Santo Sospir di Cap

Ferrat lo scrittore americano William Frfleldregistrò una conversazione che rappresenta

una sorta di testamento del prince frivole,brillante e discusso protagonista della

cultura della prima metà del Novecento. Jean

Cocteau secondo Jean Cocteau raccoglie

ricordi e punti di vista d'un artista che passò

con disinvoltura dalla poesia al disegno (nel

1938 una sua mostra inaugurò Guggenheim

Jeune, prima galleria londinese della famosa

mecenate americana), dal romanzo al teatro

e al cinema. Curioso per gli aneddoti che

documentano una vita d'amicizie eccezionali

(a partire dalla collaborazione ali stars con

Satie, Massine, Diaghilev e Picasso per

il balletto Parade, 1917), il libro offre un

campionario di quelle battute tanto a effetto

quanto esatte che fecero di Cocteau un

«grand couturier de l'esprit nouveau», come

diceva Marcel Raymond. Mondano e snob,

confessava: «II primo a insegnarmi che

l'arte non era un incanto, ma una lotta, un

sacerdozio, è stato Stravinskij, poi Radiguet

e poi Picasso» e già tra il 1918 e 1923

proponeva un Rappel à l'ordre (e nel 1926,

varando il suo movimento, la Saltarti guardò

al titolo di Cocteau), mettendo in guardia sul

modernismo a ogni costo, poiché 'L'audacia

più bella è quella non manifesta, segreta

[...] ho citato il caso di Vermeer di De/ft e di

Pleter de Hooch, cne facevano to stesso tipo

di pittura, si potrebbe dire che ì loro lavori

fossero delle cartoline, che Pieter de Hooch

inviava da Delft, mentre Vermeer dal cielo, dal

paradiso» e tuttavia, concludeva, il pubblico

rifiutava Vermeer per De Hooch. All'accidia

d'un pubblico che non vuole conoscere

ma solo riconoscere, Cocteau opponeva la

verità di un'opera che «è be/(a quando non

assomiglia a niente e crea un nuovo dogma,

una nuova scala di valori», e interrogato su

cosa porterebbe con sé se la sua casa

bruciasse, se la cavava con un ultimo

volteggio, rispondendo: «Le feu»...

Q fllOUliJIINlI i l RUftillO

La virtù del limoncelloLa figura di Caravaggio in occasione del terzo centenario

dalla morte è stata oggetto di un'insistente riconversione

pop. La leggenda «nera» di assassino, delinquente,

puttaniere ha purtroppo finito con il dilagare, soprattutto fra

gli pseudoesperti del settore, sporcando molte verità. Le

«scoperte» dì questi ultimi anni di inediti di Caravaggio non

si contano, con contomo di mostre, quasi tutte periferiche;

le «rivelazioni» tornano poi nel buio o vengono impiattate per

il mercato, nella speranza di trovare chi le compri. È bene dunque ritornare all'ordine,

con la ripresa di indagini che riconducano il pittore nel solco preciso del suo.tempo,

che era, non lo di dimentichi, quello immediatamente dopo Concilio di Trento. Gradita

sorpresa perciò il libro di Laura Teza, docente all'Università di Perugia e autorevole

studiosa di temi della natura morta seicentesca e di arte umbra, marchigiana e

romana, su un'opera specifica di Caravaggio dalla storia sfuggente e cangiante, tanto

documentata quanto poco nota: il cosiddetto Mondafrutto. Prima opera certa del pittore,

rappresenta un ragazzo che sta sbucciando un agrume, finora ritenuto merangolo, o

arancio amaro. Dipinto, di gusto ancor molto lombardo, copiato almeno una dozzina divolte. La prima versione era presente nella casa di Cesare Crispoltl, dotto collezionista

di Perugia, capo dell'Accademia letteraria degli Insensati e di quella musicale degli

Unisoni. Navigando con perizia nel sofisticato ambiente culturale e religioso romano

della fine del Cinquecento nel quale opera il giovane Caravaggio, la studiosa ha scoperto

i legami fra quest'opera e monslgnor Pandolfo Puccl, colto prelato di Recanati abitante

in Roma, presso cui l'artista rimase qualche tempo, tenuto a stecchetto con una dieta a

base di insalata. In questa ottica il Mondafrutto si è rivelato per quello che è: un quadro

allegorico, dal significato cifrato e preciso. Esperti di botanica hanno aiutato Laura Teza

a identificare il frutto che il giovane sta sbucciando: un limoncello di Napoli, simbolo di

igiene e pulizia. Il ragazzo rappresentato, composto e serio, ha davanti a sé un pastofrugale con un frutto acido che allude alla necessità del controllo degli appetiti d'ognigenere: una precisa lezione morale e pedagogica. La rigorosa ricerca storica di Laura

Teza ha fatto riapparire il senso riposto della tela, nella cui luce radente si legge assai

bene la stagione di passaggio del giovane artista lombardo: una sorta di primavera

non ancora esplosa, una stagione sospesa fra lo stile elegante del tardo-manierismo

e quello, nuovissimo e sfavillante di modernità che si stava per aprire. Un

modello di ricerca. J Arabella Orfani

Caravaggio e II frutto della virtù, di Laura Teza, 160 pp., Electa, Milano 2013, € 22,00

Nuove ricerche a Napoli

Jean Cocteau secondo JeanCocteau, a cura di William Fifield,

126 pp., Castelvecchi, Roma

2013, € 16,00

Ricerche sull'arte a Napoli in età moderna/ saggi e documenti 2012-2013 rinnova,

col suo primo numero, la rivista trentennale di Ricerche sul '600 napoletano. Merito

è di Giuseppe De Vlto, promotore della Fondazione Giuseppe e Margaret De Vito per

la Storia dell'Arte Moderna a Napoli, fondata nel 2011 a Firenze, presso Villa Olmo,

dove si conservano una vasta biblioteca, un archivio, una fototeca e una collezione di

dipinti napoletani del Seicento. Ricerche è aggiornata sia nella veste che nel comitato

di redazione, composto da Nadia Bastogi, Riccardo Naldi, Giuseppe Porzio e Renato

Ruotolo e si propone di incoraggiare gli studi storico-artistici con un ampliamento della

conoscenza fino all'Ottocento, privilegiando soprattutto i giovani ai quali sarà offerto

spazio per nuove ricerche dell'arte napoletana. • Lu.Ma.

Ricerche sull'arte a Napoli In età moderna. Saggi e documenti 2012-2013,di AA.VV, 144 pp., ili., Arte'm, Napoli 2014, € 45,00

FRANCO FONTANAFULLCOLORVENEZIA/PALAZZO FRANCHETTI15.02>18.05.2014A cura di / Curateci by Denis Curti

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