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N° 3 - 2005Maggio/Giugno
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STAGIONE SPORTIVA 2004-2005Abilitati i nuovi allenatori di 1ª e 2ª categoria
Elenco degli Abilitati
1ª Categoria
ALLEGRI MassimilianoANNONI EnricoBERGODI CristianoBONACINA ValterBORTOLAZZI MarioBRUNIERA AndreaDI CARLO DomenicoDI GUIDA GiovanniDOLCETTI AldoFICCADENTI MassimoFRANCESCHETTI Marco LucaINVERNIZZI GiovanniLOMBARDO AttilioLORINI GiovanniMARAN RolandoNUCCORINI AlessandroORSI FernandoPISCEDDA Massimo
PUCCICA RosolinoRAMBAUDI RobertoSALERNO Pasquale
SOMMA MarioSORBELLO Orazio LorenzoZANONCELLI Francesco
2ª Categoria
AGLIETTI AlfredoBEONI LorentinoBORDIN RobertoBOSI GiovanniBREDA RobertoBRUNETTI LucaCALORI AlessandroCAMPILONGO SalvatoreCEVOLI RobertoCIFALDI RinaldoCONTE Antonio
CORINO LuigiDE AGOSTINI StefanoDENORA LeonardoDI PASQUALE RaffaeleERANIO StefanoFABBRO EnricoFAVO MassimilianoFIRICANO AldoFONTANA StefanoFORNARA GiuseppeGALLI Filippo
INCOCCIATI GiuseppeLEVANTO DarioLOPEZ GiovanniMAGONI OscarMAZZACUA AntonioMARINI LucianoMERLONI StefanoMEZZINI MassimoMIRANDA MaurizioMORIERO FrancescoMURGITA RobertoNARDECCHIA MassimilianoNELA SebastianoPASA DanielePASCUCCI CarloPEDONE FrancescoPOLVERINO SalvatoreRAINERI BaldassareRIGOLI GiuseppeSANDRI MaurizioSCARDAMAGLIA GiuseppeSERENA MicheleSTRANO GiuseppeTATINI FabrizioVITTADELLO Mario
SOMMARIO
3
22di Marco MaestripieriORGANIZZAZIONE DI GIOCO:LA TATTICA
SCUOLAALLENATORI
5di Franco FerrariUNA PARTITA RICCA DI SORPRESESCUOLAALLENATORI
11di Daniele BaldiniIL CALCIATORE MANCINOSCUOLAALLENATORI
30di Elena CastelliniCONGRESSO AIPAC, L’USO DEI TESTSCUOLAALLENATORI
Per richiedere copie arretrate del Notiziario inviare una richiesta scritta indirizzata a:F.I.G.C. Settore Tecnico Via G. D’Annunzio 138, 50135 Firenze. Non saranno accettate richieste effettuate per telefono.
Fotocomposizioneimpaginazionee disegniA&S Grafica
FotografieArchivio Settore Tecnico
StampaSTILGRAFICA s.r.l.Via Ignazio Pettinengo, 31/3300159 ROMA - Tel. 06 43588200
Poste Italiane S.p.A.Sped. in abb. post. - D.L. 353/2003(conv. in L. 27/02/2004 n. 46)art. 1 comma 2 DCB - Roma
Registrazione del Tribunale diFirenze del 20 maggio 1968 n.1911
Finito di stampare nel luglio 2005
Tutto il materialeinviato non verràrestituito.La riproduzione diarticoli o di imma-gini è autorizzataa condizione chene venga citata lafonte.
DirettoreAzeglio ViciniDirettore ResponsabileFranco MorabitoHanno collaborato a questo numeroFelice Accame, Antonio Acconcia, Alberto Andorlini, Daniele Baldini,Luigi ‘Cina’ Bonizzoni, Elena Castellini, Fabrizio Cattaneo,Rosario D’Onofrio, Stefano D’Ottavio, Franco Ferrari, Luca Gatteschi,Gianfranco Laperuta, Gianni Leali, Guido Lotti, Marco Maestripieri,Vincenzo Manzi, Mario Marella, Luigi Natalini, Paolo Piani,Antonio Pintus, Monica Risaliti, M. Grazia Rubenni, Gennaro Testa,Leonardo Vecchiet, Marco Viani
4di Azeglio ViciniEDITORIALE
38di Luigi “Cina” BonizzoniANGELO SCHIAVIO, UN FUORICLASSEFONDAZIONE«MUSEO DEL CALCIO»
39di Antonio AcconciaCOME SCOPRIRE I TALENTISEZIONE SVILUPPOCALCIO GIOVANILE
LE LESIONI MUSCOLARI 44di Antonio Pintus, Rosario D’Onofrio,Vincenzo Manzi, Stefano D’Ottavio
IL RECUPERO DEL CALCIATORE 31di Luca Gatteschi,Alberto Andorlini, Guido LottiSEZIONE MEDICA
34a cura di Marco VianiJOSÈ MOURINHO: LA MIA STORIACENTRO STUDI E RICERCHE
SCUOLAALLENATORI
ED
ITO
RIA
LE
EDITORIALE
C on la riunione di insediamento tenutasi al Centro tecnico di Coverciano lo scorso 25luglio, alla quale hanno presenziato anche il vicepresidente vicario della Federazione
Italiana Giuoco Calcio Giancarlo Abete e l’altro vicepresidente Innocenzo Mazzini, ha presoufficialmente il via l’operatività del nuovo Consiglio direttivo del Settore tecnico.Un atto dovuto, questo, e particolarmente importante soprattutto nell’ottica delle moltepliciprogettualità future anche se, dal punto di vista pratico, l’attività delle varie Sezioni delSettore non si era mai interrotta ed aveva proseguito nel suo regolare svolgimento. Tra lenumerose iniziative svolte e portate a termine in questi ultimi tempi da segnalare in parti-colare il Master per allenatori professionisti di prima categoria ed il Corso per allenatori diseconda.
Dopo il saluto della Federazione e del presidente Franco Carraro portato dal vicepresidenteAbete i lavori si sono quindi sviluppati, con ampia partecipazione e grande disponibilità daparte di tutti i Consiglieri, sull’approfondimento delle innovazioni più significative riguar-danti il regolamento del Settore tecnico che nella successiva riunione del 27 luglio sono statepoi portate all’approvazione del Consiglio federale.Fra queste: la distinzione tra il ruolo di Segretario del Settore e quello di Direttore del Centro,così come il miglioramento del sistema di terzietà della giustizia sportiva nei confronti deisingoli allenatori attraverso l’istituzione di una Commissione disciplinare da nominare dallaPresidenza del Settore tecnico.Sono stati poi rivisti alcuni aspetti su tematiche specifiche fra cui quella di togliere, su indi-cazione dell’Associazione allenatori, il limite dei 65 anni per l’esercizio della professione diallenatore.
Fra le iniziative che il Settore tecnico intende realizzare a breve, un ruolo di primo piano verràdedicato alla divulgazione delle regole del calcio nei Corsi per allenatori, con un’attenzioneparticolare a coloro che operano nei Settori giovanili i quali dovranno a loro volta ritrasmet-terle ai loro allievi ritenendo, infatti, che certi episodi negativi come quelli che si sono verifi-cati in questi ultimi tempi possano nascere anche da una scarsa conoscenza dei regolamenti.Allo stesso tempo il Settore si propone di avvalersi in modo sempre più consistente diAllenatori qualificati la cui esperienza sarà preziosa anche nell’ottica del progetto di ammo-dernamento tecnologico del gioco del calcio.
Sono certo che, proseguendo sulla strada già intrapresa con successo dai Presidenti che mihanno preceduto, il Settore tecnico continuerà ad essere propositivo e fattivo sostenendo conscrupolo la causa del Calcio in tutte le sue Componenti.
Azeglio Vicini
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SCUOLAALLENATORITECNICO-TATTICA
stanbul, una città magica, misteriosa, affascinante e
tutta da scoprire; il punto di incontro tra la cultura
europea e quella asiatica.
Stadio splendido, situato fuori dalla città, in luogo
isolato, enorme come dimensione. Dotato della pista
di atletica, per cui diventa poco “visivo” e parteci-
pativo per gli spettatori, troppo distanti dal terreno
di gioco.
Ottimo controllo sui presenti e facile accesso ai posti assegnati.
Serata fresca e ventilata.
L’ATTESA E LE RIFLESSIONI PRE GARA.
Il Milan arriva all’incontro in apparenti precarie condizioni psi-
cofisiche: nell’ultimo mese infatti le prestazioni non sono state in-
coraggianti: si qualifica nella semifinale di Champions League
contro il PSV Eindhoven, ma i comportamenti nelle due gare so-
no stati nettamente imbarazzanti e da lì in successione: perde in
casa il match clou per il campionato contro la Juventus (0-1) che
l’affiancava in vetta alla classifica; va a Lecce e pareggia (2-2),
quando si trovava in superiorità numerica ed in vantaggio di una
rete; gioca in casa e pareggia col Palermo (3-3), perdendo così
matematicamente la possibilità di vincere il campionato.
Scelta strategica o situazione reale?
Come sarà oggi?
Ha giocato in anticipo contro il Palermo il venerdì precedente per
25 maggio 2005, IstanbulFinale Champions League: Milan-Liverpool
Lo scopo di questa piccola relazione è di riportare le con-siderazioni e le impressioni scritte prima e durante lo svol-gimento della gara, in modo da cercare di trasmettere ilvissuto “reale” e non le analisi a posteriori di un osserva-tore interessato.
avere due giorni in più di recupero fisico e nelle ultime due setti-
mane ha potuto programmare un microciclo funzionale senza il
disturbo di gare infrasettimanali: basterà tutto questo per ripren-
dere un’adeguata condizione di forma?
Il discorso sulle prestazioni non brillanti è generale e diffuso nel-
la squadra e non va riferito a qualche giocatore in particolare.
Questo momento è dovuto al logorio di una stagione ad altissimi
livelli?
Il Liverpool è stato deludente tutto l’anno in campionato (è ter-
minato distante dalla lotta per la vetta, classificandosi al 5° po-
sto e non qualificandosi per la prossima Champions League) e ri-
schia, pur vincendo oggi, di non partecipare alla Champions del
prossimo anno (ad oggi l’UEFA non si è ancora pronunciata in
merito, perché il regolamento non prevede l’ ammissione di dirit-
to per la vittoria in Coppa).
(Nota a posteriori: in seguito l’UEFA deciderà di far partecipare il Li-
verpool alla manifestazione in quanto detentore, ma il club sarà co-
stretto ai turni preliminari di qualificazione perché non considerato
testa di serie e come tale ammesso di diritto ai gironi successivi …).
In Champions League al contrario ha ottenuto risultati prestigio-
si, superando nei quarti la Juventus ed in semifinale il Chelsea,
squadre di prestigio e di alto valore.
In queste gare però non ha mai dato l’impressione di essere squa-
dra brillante, con personalità offensiva e decisa a vincere (eccet-
to che nel I° tempo della prima gara contro una Juventus delu-
dente; abbiamo visto la peggiore Juventus della stagione, specie
nel 2° match).
Ha superato i due turni precedenti sempre partendo da sfavorita
e quindi con un atteggiamento all’ ”italiana”, prudente; si è chiu-
sa in densità nella propria metà campo, cercando di sfruttare gli
spazi in contropiede.
IUNA PARTITA RICCA DI SORPRESEdi Franco Ferrari*
*Responsabile Centro Studi del Settore Tecnico F.I.G.C. - Docente di tecnica etattica al Corso Allenatori Master.
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SCUOLAALLENATORITECNICO-TATTICA
Rilievi sulle due gare precedenti di Champions League:
a) contro Juventus:
in porta nella prima gara gioca Carson e nella seconda entra
Dudek. Una squadra sempre corta, che difende molto in pres-
sione, usa bene i raddoppi e non ti fa pensare (specie nel 1°t.
della prima gara), ma se li attacchi con manovre avvolgenti e li
pressi, vanno a loro volta in difficoltà. Non ha mai dato l’im-
pressione di essere una squadra irresistibile ed imbattibile.
b) contro Chelsea:
nella prima gara fuori casa (0-0), una gara molto tattica, dis-
putata da entrambe a ritmi bassi; nessuno rischia e\o accelera,
le due squadre giocano molto attente a non azzardare ed ac-
corte. Una gara assolutamente diversa e contraria ai canoni
usuali del calcio inglese: tutto studio e cadenze lente; l’unica
costante il grande fair play in campo.
Il Liverpool parte 4:4:1:1 con L. Garcia ala ds, che entra molto
a ricevere in mezzo e Gerrard 3\4 con compiti di riferimento su
Makelele; i due c\c centrali Xavi Alonzo e Biscan.
Nel finale entra Kewell per Biscan (Gerrard retrocede a c\c e Ke-
well 3\4; ma rimane lo stesso sistema di gioco).
Su corner contro si dispone a zona.
Nella seconda gara non gioca Xavi Alonzo (squalificato) e lo so-
stituisce Hamann che rientra dopo un infortunio: stesso siste-
ma di gioco (4:4:1:1 - oppure 4:5:1 - oppure 4:2:3:1 - oppure
4:3:3 - ecco a cosa servono i numeri…).
Il Liverpool va in rete dopo 3’ ed allora la gara ridiventa tattica
per i padroni di casa: la squadra difende bassa e densa nella
propria metà campo, lasciando la manovra agli avversari; cerca
di non lasciare spazi; gioca semplice e dietro non disdegna il
“calcione” liberatorio, se occorre; lascia solo Baros davanti.
La gara non ha ritmi alti; a c\c il Liverpool ha più corsa e deter-
minazione; Gerrard parte sempre su Makelele.
I cambi: entra Cissè per Baros (idem) e dopo 72’ Kewell sostituisce
lo stanco Hamann (ma rimane sempre lo stesso sistema: Kewell
3\4 e retrocede a c\c Gerrard) ed infine Nunez per L. Garcia (idem).
Gara sempre con poca fantasia ed attenzione a non subire goal.
Una squadra impostata sulla difesa; gioca in contropiede con una
punta sola, anche se i due terzini sono bravi nella fase offensiva
e gli esterni hanno quantità (Rijse a sin) e qualità (L.Garcia a ds,
molto sorprendente la sua abilità nel difendere).
Il 3\4 non è un rifinitore (Gerrard), ma lavora molto ed è lineare;
i due c\c interni (Hamann- Biscan) sono bravissimi nel contenere
e rompere il gioco avversario e nello stesso tempo lucidi, seppur
lineari, nel costruire. Centrali difensivi splendidi sia collettivamen-
te, sia nella tattica individuale. La punta Baros è il punto di ap-
poggio davanti: difende bene la palla, accetta il contatto fisico e
si muove positivamente su tutto il fronte; forse poco freddo in
conclusione. Il portiere è alterno, specie nelle uscite.
Il Milan è favorito e sulla carta non ci sarebbe partita, se si pre-
sentasse con sufficienti riserve di energia psicofisica: ma da dove
le prende?
Il Liverpool tutte le volte che si è presentato come outsider (Ju-
ventus, Chelsea) ha ribaltato il pronostico, ma mai dimostrando di
essere una squadra in grado di dettare legge (solo contro la Juve
nel 1° t. della prima gara); ha comunque sempre offerto prove ot-
time sotto il punto di vista di compattezza tattica in fase difensi-
va, spirito di abnegazione ed umiltà. In sostanza poco “protago-
nista”, sempre “tattico” e contropiedista.
In Champions League non ha mai perso con due goals di scarto.
Nelle ultime gare si è presentato con il solito 4:4:1:1 con Gerrard
3\4, ma che non è un giocatore da questo ruolo secondo i nostri
canoni ed a c\c ha alternato nei due ruoli Xavi Alonso, Biscan ed
Hamann (al rientro).
Cosa farà stasera, quando li avrà tutti a disposizione?
Inoltre ha sempre giocato con 1 sola punta, anche perché Cissè
era convalescente da un lungo infortunio, ma oggi che è guarito
ed ha già disputato alcune gare: una o due punte?
Grande spettacolo di tifo e di coreografia in campo pre gara.
7
LA PARTITA
Milan: solito 4:4:2 col c\c a rombo ed in formazione titolare.
Liverpool : 4:4:1:1, ma a sorpresa fuori a c\c Biscan ed Hamann
ed inserimento del 3\4 Kewell, con l’arretramento a c\c di Gerrard.
Figura 1 – Gli schieramenti a inizio partita
Milan Liverpool
1 Dida 1 Dudek
2 Cafu 3 Finnan
13 Nesta 23 Carragher
31 Stam 4 Hyppia
3 Maldini 21 Traorè
8 Gattuso 10 Luis Garcia
21 Pirlo 14 Xabi Alonso
20 Seedorf 8 Gerrard
22 Kakà 6 Rijse
7 Shevchenko 7 Kewell
11 Crespo 5 Baros
La gara si mette bene per il Milan: dopo circa 1’ va in vantaggio
su punizione laterale ds; cross e girata di ds di Maldini.
Il Liverpool sempre disposto a zona (con tutti i vantaggi e svan-
taggi tipici del caso) su palla inattiva contro.
Su corner contro si dispone con due uomini sui pali, 4 in linea sul-
l’area piccola, 3 più avanti e più stretti, uno al limite area.
Kewell a questo punto ondeggia tra le due linee e si propone
maggiormente in avanti.
Xavi Alonzo si abbassa su Kakà solo se centrale ed in questo ca-
so si stringono le due ali, altrimenti lo lascia muoversi in zone pro-
prie dei compagni.
Il Liverpool sa lasciarti andare in fuorigioco in modo individuale.
Comunque squadra sempre grintosa e volitiva.
Il Milan nei primi 15’ non è così “grandioso” come il risultato vor-
rebbe e la situazione favorirebbe; sbaglia troppo, gioca impaccia-
to e non riesce a fare ciò in cui è maestro: il possesso palla.
Gattuso si apre molto a ds per aiutare Cafù e per eventuali rad-
doppi; spesso fa il 5° sulla linea di difesa per il conseguente ac-
centramento di Cafù, ma in questo modo egli manca a c\c e la
squadra non riesce così a pressare e quindi il Liverpool può ma-
novrare liberamente ed avere superiorità numerica.
Il Liverpool gioca con palla bassa fino a circa 25 mt dalla porta
avversaria.
Al 22’ del 1°t si infortuna Kewell ed entra Smicer: la squadra non
azzarda la seconda punta e si limita a mantenere lo stesso siste-
ma, solo cambiando la posizione di L.Garcia; allarga all’ala ds
Smicer e sposta a 3\4 L.Garcia, che cerca di partire da Pirlo.
Il Liverpool fa sempre molta pressione sul portatore, ma da que-
sto momento il Milan riesce con più calma a far girare palla e di-
venta subito più pericoloso (al 29’ annullata per fuorigioco dub-
bio una rete di Shevchenko).
Il Liverpol è sempre vivo e dimostra più freschezza fisica del Milan.
Al 38’ mani sospetto in scivolata di Nesta in area (rigore?) e sul
contropiede Shevchenko, liberato in area a ds , mette in mezzo ra-
soterra per il ds di Crespo, che, solo, insacca.
Subito dopo al 43’ un passaggio grandioso di Kakà che, da lonta-
no a mezzo destro, di ds. mette una lunga palla tagliata rasoter-
ra verso mezzo sinistro in profondità alle spalle del difensore per
Crespo, che, supera in corsa il diretto marcatore e di esterno ds
fa pallonetto sull’uscita del portiere.
3
31 13
2
11
21
820
22
7
23
814
10 6
7
5
4
213
1
1
Finnan
Carragher
XabiAlonso
Traorè
Hyppia
LuisGarcia
Baros
Gerrard
RijseKewell
Dudek
Dida
Stam
Maldini
Nesta
Cafu
Kaka
SeedorfGattuso
Pirlo
Crespo Shevchenko
8
SCUOLAALLENATORITECNICO-TATTICA
Goal strepitoso per i due splendidi gesti tecnici dei due milanisti
(ma Kakà ha effettuato una rasoiata da cineteca..)
In 5’ il Milan in contropiede si assicura così un cospicuo ed appa-
rentemente incolmabile vantaggio.
Finisce il 1° t. e si fanno le prime considerazioni: il risultato è a
favore di 3-0 e questo punteggio potrebbe dimostrare una pas-
seggiata, ma non deve trarre in inganno.
Il Milan ha sofferto più di quanto il risultato dimostri; pur se-
gnando alla prima azione ed al primo minuto, ha giocato con-
tratto e con molti errori di passaggio e, pur non correndo rischi vi-
sibili, in fase difensiva non ha mai dato l’impressione di cerniera
insuperabile.
Ma d’altra parte, pur con queste difficoltà, in questo lasso di tem-
po ha realizzato tre reti, più una annullata (da rivedere), più un
salvataggio sulla linea su testa di Crespo.
Cosa si vuole di più?
Kakà è stato determinante nelle ultime due reti.
Il break è avvenuto in 5’ verso la fine del tempo.
Speriamo che nel 2° t. la prestazione dia anche gloria alla squa-
dra, poiché il 1°t ha dato solo il risultato.
E che dire del Liverpool?
Perde 0-1, si fa male un 3\4 e continua a mantenere lo stesso siste-
ma di gioco: perché non dentro una seconda punta? La Coppa si vin-
ce in un’unica gara, non c’è ritorno, non si possono fare calcoli…
Certamente i punti di riferimento sono maggiori con questo si-
stema, ma con questa disposizione, chi segna?
Baros fa un grande lavoro, ma è spesso fuori dalla zona calda e L.
Garcia è facilmente individuabile dai difensori.
Cosa cercherà di fare nel 2° t per salvare la faccia?
SECONDO TEMPO
Entra Hamann, un c\c ed esce il terzino ds Finnan.
Cambia il sistema di gioco e Liverpool si dispone in 3:4:2:1
La difesa passa a 3, con la chiusura verso il centro di Traorè.
4 c\c da ds a sin: Smicer, Xavi Alonso, Hamann, Rijse.
Due 3\4 ( L.Garcia e Gerrard)+ 1 punta.
Figura 2 – Le formazioni al 46° minuto
Milan Liverpool
1 Dida 1 Dudek
2 Cafu 23 Carragher
13 Nesta 4 Hyppia
31 Stam 21 Traore
3 Maldini 15 Smicer
8 Gattuso 14 Xabi Alonso
21 Pirlo 16 Hamann
20 Seedorf 6 Rjise
22 Kakà 10 Luis Garcia
7 Shevchenko 8 Gerrard
11 Crespo 5 Baros
3
31 13
2
11
21
820
22
7
23
1614
15 6
10 8
421
5
1
1
Smice
Carragher
XabiAlonso
TraoreHyppia
LuisGarcia
Baros
Gerrard
Rijse
Hamann
Dudekr
Dida
Stam Maldini
Nesta
Cafu
Kaka
SeedorfGattuso
Pirlo
Crespo Shevchenko
9
La prima impressione è di una disposizione ad alto rischio: nel 1°
t. gli inglesi disponevano di due coppie sulle fasce (a ds Finnan-
Smicer ed a sin Traorè-Rijse) che limitavano molto le incursioni dei
due esterni del Milan (Cafù-Maldini) ed obbligavano Gattuso ad
allargarsi molto sulla ds per contenere le incursioni sul laterale;
mentre adesso gli inglesi rischiano un 1:1 sulla fascia (a ds Mal-
dini-Smicer, che è più offensivo e non è un abile incontrista ed a
sin Cafù-Rijse) e consentono così a Gattuso di ritornare in zona
centrale, dove può essere di grande aiuto nel rubare palla e per
ridare gli equilibri alla squadra.
I primi 8’ confermano questa impressione, il Milan manovra con
maggior scioltezza e sembra avere la padronanza della gara.
Improvvisamente accade l’inaspettato in brevissimo tempo.
In 5’ il Liverpool pareggia!
Un cross da diagonale sin di Rijse e testa di Gerrard, infilatosi in
area centralmente da dietro (3-1); un tiro dal limite ds in diago-
nale verso il 2° palo di Smicer, smanacciato da Dida (3-2) ed infi-
ne su inserimento centrale di Gerrard su tocco all’indietro in area,
viene concesso un rigore: parato e ribattuto in rete (3-3).
Incredibile!
Psicologicamente dopo il 1° goal il Liverpool si elettrizza ed il Mi-
lan sembra guardare: lo stadio diventa una bolgia per il gran nu-
mero di tifosi inglesi che cominciano a sostenere la squadra in
maniera per noi impensabile; basti ricordare che sul 3-1, un cor-
ner a favore ha scatenato un delirio collettivo!
Comunque sul 3-3 la gara rimane aperta per il Milan e, se non
perde la testa, può segnare in ogni momento.
Per trovare varchi nella difesa avversaria le soluzioni sono ancora
a portata di mano:
basta far allargare le punte in movimento ed inserire centralmen-
te Kakà, oppure far attaccare le fasce da Kakà alle spalle degli
esterni avversari, oppure tenere palla e far girare gioco dalla par-
te opposta per l’inserimento dei terzini…
Al 24’ Traorè salva sulla linea a porta vuota in spaccata su tiro di
Shevchenko.
Al 35’ occasione Kakà che viene contrastato al momento del tiro
su retropassaggio dalla linea di fondo ds di Crespo.
Il Liverpool dopo il pareggio, non attacca più e si ritira, cerca so-
lo un possesso palla per innervosire e\o far uscire allo scoperto il
Milan.
Al 39’ 3 sostituzioni:
- per il Liverpool esce Baros (enorme lavoro come punto di riferi-
mento e continuo contatto fisico con gli avversari) per Cissè e
non cambia nulla dal punto di vista della dislocazione.
- per il Milan entrano Tomasson per Crespo (stesso ruolo) e Ser-
ginho per Seedorf.
Il Milan con questi cambi varia il sistema di gioco= 3:4:1:2.
Figura 3 - Le formazioni al 84°minuto
Milan Liverpool
1 Dida 1 Dudek
31 Stam 23 Carragher
13 Nesta 4 Hyppia
3 Maldini 21 Traore
2 Cafu 8 Gerrard
8 Gattuso 14 Xabi Alonso
21 Pirlo 16 Hamann
27 Sergihno 6 Rjise
22 Kakà 10 Luis Garcia
7 Shevchenko 15 Smicer
15 Tomasson 9 Cissè
Nei supplementari il Milan sostituisce Gattuso con Rui Costa,mantenendo invariate le posizioni.
3 31
13
2
15
21 827
22
7
23
1614
8 6
10 15
421
9
1
Gerrard
Carragher
XabiAlonso
TraoreHyppia
LuisGarcia
Cissè
Smicer
RijseHamann
Dudekr
Dida
StamMaldini
Nesta
Cafu
Kaka
Sergihno
GattusoPirlo
Tomasson Shevchenko
1
10
SCUOLAALLENATORITECNICO-TATTICA
Difesa a 3 (si chiude Maldini, con Nesta centrale) + 4 c\c (Cafù-
Serginho esterni; Pirlo- Gattuso interni)+ 1 3\4 Kakà +2 punte.
Ed il Liverpool a sua volta, pur mantenendo lo stesso sistema,
cambia posizione a due giocatori: Gerrard va largo a ds per “con-
tenere” Serginho e Smicer prende il suo posto di 3\4.
I tempi regolamentari finiscono 3-3; chi se lo sarebbe immagina-
to dopo il risultato del 1° t.?
Nei supplementari la gara assume un unico indirizzo: il Milan fa
girare maggiormente palla ed il Liverpool aspetta chiuso e quan-
do entra in possesso sembra voler giocare per perdere tempo, non
cerca mai l’affondo convinto.
Vuole arrivare ai rigori?
Il ritmo della gara è calato.
Al 5’ del 2° t. supplementare esce Gattuso per Rui Costa (stessa
posizione ) ed il Milan continua a fare la gara, tenendo sempre la
manovra e mantenendo la superiorità territoriale.
A3’ dalla fine l’incredibile occasione di Shevchenko che, su cross
da sin di testa dal 1° palo devia; respinge come può il portiere che
lascia lì la palla a 2-3 mt dalla porta; lo stesso Shevchenko ri-
prende e tira sulla mano allungata del portiere ancora a terra!
Si va ai rigori ed inizia il Milan:
Serginho alto-Hamann rete (0-1) - Pirlo parato-Cissè rete (0-2) -
Tomasson rete-Rijse parato (1-2) - Kakà rete-Smicer rete (2-3)-
Shevchenko parato (2-3) e così il Liverpool non deve nemmeno
tirare l’ultimo rigore e si conquista la Champions League.
Onore ai vincitori.
Il Liverpool ha superato in successione: Bayer Leverkusen - Ju-
ventus - Chelsea - Milan; chi può negare il merito a questi irridu-
cibili inglesi?
Certamente un’occasione così ghiotta (vincere 3-0 alla fine del 1°
t.) non si ripeterà molto facilmente per il Milan, ma questo è lo
sport ed in particolare il calcio: alla fine c’è chi vince e chi perde
e quindi bisogna accettare anche la sconfitta.
Commento a fine gara di alcuni tifosi delusi: l’allenatore del Milan
all’inizio del 2° t doveva cambiare modulo per difendere il 3-0…
Risposta personale: dal campo non si è avuto né il tempo, né l’oc-
casione per percepire il pericolo; in 5’ cosa si può fare?
Prima di far riscaldare un giocatore e metterlo dentro per un cam-
bio tattico, sarebbe successa la stessa cosa.
Inoltre il cambiamento del sistema avversario non comportava un
avviso di pericolo tale da dover cambiare modulo.
E poi all’inizio della ripresa il gioco era più favorevole al Milan..
E poi chi far entrare? L’unico c\c di contenimento e dalla compo-
nente fisica (Ambrosini) era out. Col senno di poi si vincono le
partite, ma in verità dal campo non si aveva certo una percezione
di pericolo tattica: era una situazione più psicologica e\o fisica.
Se pensiamo che le migliori occasioni fino al 3-1e dopo il 3-3 so-
no capitate al Milan; anzi che dopo il 3-3 la padronanza del cam-
po ed il possesso di palla sono tornate alla squadra italiana…
SCUOLAALLENATORITECNICO-TATTICA
urante tutta la mia esperienza di calciatore, circa ven-
ti anni di professionismo ai quali sommare quelli di
settore giovanile, ma più in generale in tutte le situa-
zioni che ho vissuto anche nella vita privata, mi sono
trovato ad interagire con compagni, avversari, amici,
conoscenti oltre che con perfetti sconosciuti, che sep-
pure simili a me poiché atleti, persone comuni ed in
ogni modo esseri umani, si differenziavano per una particolarità:
erano mancini.
Aspetto, la lateralità predominante, che ho sempre valutato dan-
done per scontata l’esistenza, alla stregua d’alti e bassi o biondi
e mori, senza la ben che minima consapevolezza del perché esi-
sta, della sua origine, della sua storia e natura.
Proprio in virtù di quanto suddetto ho provato, con gli studi e le
ricerche necessari alla stesura di questa tesi, di arrivare ad aver-
ne una conoscenza migliore, ritenendo importante, per la mia
ambizione di fare l’allenatore di calcio e con la speranza di ri-
uscire a diventare un buon allenatore, conoscere anche il man-
cinismo in tutti i suoi aspetti, per valorizzare ed ottimizzare il
rendimento degli atleti messi a mia disposizione e dotati di que-
sta peculiarità.
Attraverso i capitoli nei quali ho articolato questa tesi, cercherò di
spiegare l’utilità dei calciatori mancini nell’organizzazione di gio-
co di una squadra di calcio, di dare alcune indicazioni sui valori
assegnati al mancinismo dalla società nel corso degli anni, di
esporre alcune teorie sulla sua origine e sulle differenze nelle fun-
zioni neurobiologiche tra le due lateralità. Mostrerò il risultato di
un’indagine relativa alla presenza ed all’utilizzo di calciatori man-
cini negli attuali campionati di calcio, e concluderò proponendo
una serie di movimenti coordinati, in fase di possesso di palla, nei
quali il calciatore mancino ottimizza la propria specificità per rag-
giungere l’obiettivo.
In appendice mi soffermerò inoltre su alcuni esempi storici di cal-
ciatori mancini ritenuti talenti non comuni.
“Chi sono?” gli chiesi.
E il diavolo rispose:
“Parlando con licenza, sono i mancini [...],
gente fatta a rovescio, e c’è perfino da
dubitare che sia gente”.
Francisco De Guevedo, 1608
IL MANCINO NEL GIOCO DEL CALCIO
Il gioco del calcio nella sua evoluzione dalle origini ad oggi, pas-
sando da cambiamenti di regole e soprattutto dall’adeguamento
alla mentalità “moderna” dei sistemi di gioco, ha determinato dei
concetti fondamentali, ai quali attenersi, per ottimizzare le presta-
zioni ed il rendimento delle squadre. Uno di questi prevede, te-
nendo conto delle fasi di possesso e di non possesso di palla, la co-
pertura degli spazi sul terreno di gioco, ottenibile attraverso un’e-
qua distribuzione, di solito simmetrica, dei giocatori sul campo.
LEGENDA
DIL CALCIATORE MANCINOdi Daniele Baldini*
*Dalla tesi finale del Corso Master 2003/2004 per l’abilitazione ad allenato-re professionista di 1ª Categoria.
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SCUOLAALLENATORI
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TECNICO-TATTICA
In una situazione ottimale quest’equilibrio dovrebbe riguardare
anche l’impiego di calciatori destri e calciatori mancini, perché,
soprattutto nella fase di non possesso palla ed in applicazione dei
principi di gioco, in particolare dello scaglionamento difensivo
(marcamento e soprattutto restringimento degli spazi), della con-
centrazione (disposizione ad imbuto verso la porta), dell’equili-
brio (mantenimento della possibilità di copertura ai compagni), il
difendente dovrebbe avere la lateralità predominante in rapporto
alla posizione occupata ed alla vicinanza dei compagni. La zona
della quale si è responsabili, nella protezione della porta, dagli at-
tacchi avversari o quella dove si trovano meno compagni dovreb-
be essere difesa prevalentemente con l’arto più abile, e quindi il
destro nella parte destra del campo e viceversa, come rappresen-
tato negli esempi (Fig. 1 e Fig. 2).
Il centrocampista esterno destro di una squadra schierata con il
modulo 3-4-1-2 (Fig. 1), come il difensore esterno di sinistra di
una squadra schierata con il modulo 4-3-3 (Fig. 2), ed in ogni ca-
so tutti i calciatori che giocano da esterni, indifferentemente dai
sistemi di gioco, nell’affrontare un avversario in possesso di palla
nelle zone indicate, traggono vantaggio dall’avere la lateralità
predominante in relazione alla zona di campo occupata, poiché è
il lato dal quale ricevono meno assistenza dai compagni e che
quindi devono difendere con più efficacia.
Sempre parlando di giocatori esterni, tale vantaggio è riscontra-
bile anche nelle azioni di contrasto dell’avversario, poiché, come
indicano i fondamentali della tecnica calcistica, secondo Leali, «il
contrasto frontale deve essere effettuato solitamente con la par-
te interna del piede per avere maggiori possibilità di successo».
Ne consegue che, ad esempio, affrontando un calciatore che gui-
da la palla sulla “sua” fascia destra del campo (presumibilmente
con il suo piede migliore, ossia il destro), e tenendo conto della
presa di posizione del difendente, che prevede di «interporsi fra
l’avversario e la porta”, il tackle è effettuato efficacemente se
eseguito con il piede sinistro. Anche il contrasto scivolato (v. foto
sotto), tecnica adottata prevalentemente in situazioni nelle quali
il difendente corre lungo la fascia laterale, al fianco del portatore
di palla ed in direzione della propria porta, “di norma si effettua
con l’interno del piede della gamba opposta al lato verso cui si
trova l’avversario, [...]. Bisogna intervenire con la gamba lontana
dall’avversario, poiché in tal modo si hanno maggiori possibilità
di calciare via il pallone senza che sia prima toccato l’avversario».
In base a queste affermazioni, per renderlo efficace, l’intervento
va effettuato con il piede sinistro dal giocatore che ricopre il ruo-
lo di esterno sinistro, e con il destro da quello nel ruolo di ester-
no destro. È quindi conveniente che il piede impiegato sia anche
quello più abile.
Intervento eseguito correttamente, non falloso e con buone possibilità di succes-so nel tentativo di allontanamento della palla
Intervento eseguitoda un esterno di de-stra, ma con il pie-de sbagliato, anchese è il suo più abile,(Tonetto - Lecce - èun mancino), ne ri-sulta un movimen-to scomposto, perla ricerca di impat-tare il pallone conl’esterno del piede,molto probabil-mente falloso e conscarse possibilità disuccesso.
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Anche nella fase di possesso di palla, nella costruzione ed allar-
gamento della manovra, il possessore se è in una zona esterna,
riceve prevalentemente pressione da uno, o pressing da più av-
versari che sono più accentrati rispetto a lui, come rappresenta-
to negli esempi (Fig. 3 e Fig. 4). In tal caso, come dice F. Ferrari,
«egli dovrà fare in modo che tra il pallone e l’avversario ci sia
sempre il proprio corpo, rendendo così più difficile l’intervento
dell’avversario per l’entrata in possesso del pallone». Va da sé
che la guida della palla, in una condizione ottimale, vada effet-
tuata con il piede più “laterale” che sia allo stesso tempo quel-
lo più abile.
Da quanto detto emerge che, dividendo il campo a metà con
un‘ipotetica linea che unisse il centro delle porte, ed indifferen-
temente dal sistema di gioco adottato, l’obiettivo sarebbe di
disporre di giocatori destri, sinistri od ambidestri in ugual misu-
ra (Fig. 5).
In “natura”, come vedremo in seguito provando inoltre a spie-
garne il presunto perché, esiste una bassa percentuale di manci-
nismo, ed è da questo stato di cose che nasce la difficoltà e l’im-
portanza di avere a disposizione atleti di alta qualità con questa
predisposizione.
Nella popolazione mancina, secondo alcune teorie sulle quali suc-
cessivamente mi soffermerò, sarebbero riscontrabili determinate
peculiarità, come ad esempio una “minor razionalità”ed una “mi-
nore capacità di attenzione” le quali, associate ad una “maggior
creatività” rispetto ai destrorsi, esalterebbero il loro talento.
Diego Armando Maradona su tutti, ma ricordando Sivori e Corso,
fino a Adriano, ultimo “esploso”, è lunga la lista dei mancini ca-
paci di giocate impensabili, vincenti, da “applausi”.
LATERALITÀ E VALORI SOCIALI... Il mancinismo, in altre parole il prevalere per forza, rapidi-tà e precisione dei movimenti degli arti di sinistra su quellidi destra, coinvolge circa l’11% della popolazione mondiale:sono in maggioranza gli uomini (12,6% del totale maschile),seguono le donne (9,9% del totale femminile), e si trova nonsolo negli uomini ma nella maggior parte dei vertebrati, pe-sci compresi.Già dalla lettura della Bibbia, matrice della nostra culturaoccidentale, si comprende come il destino dei mancini, e ditutto ciò che fin metaforicamente ha a che fare con loro, siasegnato. Nel libro dell’Ecclesiaste (X, 2), per esempio, silegge che «La mente del sapiente si dirige a destra e quelladello stolto a sinistra».Il Nuovo Testamento non cambia il calco ideologico. Nel“Discorso della montagna”, dove Gesù Cristo consegna ai di-scepoli una sintesi del proprio insegnamento, si afferma che«se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala egettala via da te» (Matteo, V, 30), ed ancora «non sappia latua sinistra ciò che fa la tua destra» (Matteo, VI, 3).La gerarchia, dunque, è fatta.Nell’antichità romana il volo degli uccelli proveniente da sini-stra, o qualunque altro evento giudicato prodigioso che aves-se un orientamento levogiro, era considerato di cattivo auspi-cio. E’ per questo che l’aggettivo “sinistro” non si limita più adindicare un lato di una simmetria, ma possiede la connotazio-ne di “infausto”. Parliamo, infatti, di “una persona dall’aria si-nistra”, di “un’atmosfera sinistra”, di “un rumore sinistro”,addirittura chiamiamo “sinistro” un incidente.E il sinonimo “mancino” può essere usato per dire “un tiromancino” o “uno scherzo mancino”.
SCUOLAALLENATORI
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TECNICO-TATTICA
L’aggettivo “mancino”, comunque, nasconde di per sé l’in-trinseca svalutazione della sinistra. “Mancino”, viene dallatino “mancum”, infermo, difettoso, mancante; in france-se “gauche” significa sinistra, ma anche goffo, sgraziato edifficile, e la frase spagnola “no ser zurdo” significa “esse-re intelligente”, ma la traduzione esatta è “non esseremancino”.Non a caso l’uso della sinistra è stato spesso, nella storiadella cultura, considerato un sintomo di diabolicità (nei pro-cessi di stregoneria, nella condanna degli arabi che scrivonoda destra verso sinistra), o perlomeno di diversità.Fortunatamente per i mancini, proprio l’eccentricità dei mo-vimenti ha potuto dar luogo anche all’interpretazione oppo-sta (magari esoterica, soprattutto a partire dal Rinascimen-to), e l’uso della sinistra è diventato, conflittualmente conl’altra interpretazione, indizio di genialità...
TEORIE SULL’ORIGINE DEL MANCINISMO... La cosiddetta “lateralizzazione” è determinata da una mag-giore predominanza di una parte del cervello su di un’altra.Il cervello è l’organo preposto al controllo ed alla coordina-zione di tutte le funzioni vitali; nell’uomo adulto pesa circa1.300 – 1.500 grammi e rappresenta 1/50 del peso corporeototale, a differenza di quanto accade negli altri mammiferi(1/200 nel cane, 1/400 nel cavallo, 1/2000 nella tartaruga).Contiene oltre 100 miliardi di cellule nervose, i neuroni,ognuna delle quali, attraverso le sinapsi - ovvero connessio-ni all’interno delle quali avvengono fenomeni di tipo elettro-chimico -, entra in contatto con altre 100.000 cellule, stabi-lendo quindi un numero di contatti elevatissimo.Da un punto di vista funzionale è possibile riconoscere nelcervello umano la sovrapposizione di tre strati, preposti adifferenti funzioni, apparsi progressivamente nella trasfor-mazione evolutiva dei vertebrati. Lo strato più antico, similea quello dei rettili, è specializzato nel controllo delle funzio-ni vitali quali la respirazione, il battito cardiaco, la vigilanza,ecc. Il cervello arcaico, lo strato intermedio, regola invece ilcomportamento emotivo-motivazionale ed i meccanismi dirinforzo psicologico, che rappresentano la base dell’appren-dimento. La corteccia cerebrale, infine, la parte evolutiva-mente più recente, integra e coordina il funzionamento ditutte le strutture nervose ed è la sede delle funzioni superio-ri come l’intelligenza razionale, i processi di memoria e l’at-tività linguistica. La corteccia cerebrale, caratteristica del so-lo genere umano, si presenta suddivisa in due parti uguali e
simmetriche: l’emisfero destro e l’emisfero sinistro. Tali me-tà, sebbene appaiano molto simili dal punto di vista anato-mico, svolgono compiti tanto differenti quanto complemen-tari: l’emisfero sinistro controlla i movimenti e la sensibilitàdella parte destra del corpo e viceversa.
Ciò è dovuto al fatto che le fibre nervose provenienti dai dueemisferi cerebrali si incrociano a livello del midollo allunga-to (la parte terminale dell’encefalo). Le differenze riguarda-no inoltre una diversa specializzazione rispetto alle funzionicognitive. L’emisfero sinistro sembrerebbe avere una specia-lizzazione nei processi d’analisi e categorizzazione, in altreparole nella capacità di scomporre analiticamente una con-figurazione globale nei suoi elementi costituenti, e dunquesembrerebbe deputato a governare i fenomeni sequenzialicome il linguaggio scritto e parlato.L’emisfero destro sembrerebbe più specializzato dell’altronell’elaborazione degli stimoli visivi, nella rappresentazionementale dello spazio, figurativo e cromatico, del tempo (adesempio nel ruotare mentalmente una figura), nel riconosci-mento degli oggetti o delle persone, delle espressioni faccia-li (relazionandole a stati emotivi), nella percezione e nellaproduzione della musica, e quindi deputato a governare fe-nomeni dove il gioco dei rapporti risulta decisivo.É indubbio che i due emisferi funzionino come un’unicastruttura, i dati sulla plasticità neuronale del nostro cervello(il fatto che in caso di lesioni del tessuto nervoso, altre aree,a volte nell’emisfero opposto a quello leso, sostituiscanofunzionalmente quelle “morte”) sono molto consistenti. Ciònon toglie nulla, e quindi non è in opposizione al fatto che idue emisferi abbiano una certa specificità anche nel funzio-namento a livello “superiore”.Il modello emisfero sinistro: pensiero razionale ed emisferodestro: pensiero creativo, se non è inteso come una rigida di-cotomia, è in realtà coerente a molte osservazioni rilevatesia nell’esperienza clinica che psicoanalitica.«La faccenda è molto complessa, perché non si può pensareche il cervello di un mancino sia la copia speculare di quellodi un destrimane, semplicemente con le funzioni invertite»,rileva la neuro-psicologa Anna Basso. «Prendiamo l’esempiodel linguaggio, abilità localizzata in parte nell’emisfero sini-stro. Un tempo si pensava che la dominanza del linguaggiotrascinasse anche gli arti e che quindi in tutti i mancini la fun-zione della parola fosse governata a destra; in realtà, solo inun certo numero di mancini si verifica questo scambio. In al-cuni, poi, il linguaggio è governato da entrambi gli emisferi,ed i movimenti coordinati intenzionali, che prevedono l’usodelle due mani, sono governati dall’emisfero dominante».E per quale motivo i mancini eccellono negli sport in cui si
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L’UTILIZZO DEL CALCIATORE MANCINO
Constatata l’utilità dei calciatori mancini, alla pari dei destri, nel
gioco del calcio, e la bassa percentuale di mancinismo nella so-
cietà, si capisce l’importanza e la difficoltà di disporre di atleti di
alta qualità con questa prerogativa. All’interno delle “rose” si ri-
trovano così pochi calciatori con predominanza della lateralità si-
nistra (come risulta dalla ricerca effettuata), che vengono di con-
seguenza impiegati quasi esclusivamente per i ruoli di esterni. Ma
come evidenziato precedentemente alcuni mancini sembrerebbe-
ro dotati, proprio perché mancini, di un “talento speciale” se in-
teso come miglior tecnica calcistica di base, velocità di esecuzio-
ne, grande visione di gioco, fantasia, estro, imprevedibilità, per ri-
assumere – osando – di una “genialità” che li predispone a rico-
prire ruoli, prettamente offensivi, nei quali è permesso loro di
esaltarsi ed esaltare il gioco della squadra. Nascono così trequar-
tisti (i leggendari numeri 10 del calcio) e seconde punte, che in
virtù della posizione occupata, vale a dire a ridosso degli attac-
canti centrali, diventano ottimi “rifinitori” o “finalizzatori” della
manovra d’attacco.
Ed è sull’interpretazione di questi ruoli in fase di possesso di pal-
la, nel sistema di gioco 4-2-3-1, che approfondirò la mia ricerca,
mostrando alcuni movimenti nei quali, un mancino, ottimizza la
propria lateralità.
Trequartista
Dopo un lungo periodo nel quale l’utilizzo del trequartista ha avu-
to un’importanza tattica rilevante con l’espressione a grandissimi
livelli di giocatori storici come Zico, Maradona e Platini, negli an-
ni ‘90 il ruolo è stato messo in discussione ed in parte accanto-
nato: spesso gli allenatori hanno sacrificato la “storica” figura del
numero 10 in ragione di salvaguardare gli equilibri della squadra.
Difficile capire se tale scelta, che ha portato ad alcuni anni di cal-
cio speculativo e muscolare, sia stata dettata da convinzioni tat-
tiche o dalla mancanza di interpreti di talento da impiegare in
quella posizione.
Negli ultimi anni invece c’è stata una rivalutazione del ruolo, mol-
te squadre sono state e sono costruite proprio attorno al trequar-
tista (ad esempio la Juventus prima ed ora il Real Madrid con Zi-
dane, il Brescia con Baggio od il Milan con Kaka e Rui Costa).
utilizza, anche prevalentemente, un solo arto, come la scher-ma, il tennis ed il calcio?Una spiegazione possibile sta nella struttura del loro cervel-lo, il cui corpo calloso è più sviluppato e permette una tra-smissione molto veloce delle informazioni da un emisfero al-l’altro. Un grande vantaggio nelle gare, dove i millesimi di se-condo sono decisivi.Le teorie sull’origine del mancinismo sono varie ed oltremo-do in concorrenza tra loro. «Essere mancino, - sostiene conun’ipotesi bizzarra ed alquanto azzardata, McManus profes-sore dell’University College di Londra, nel saggio Righthand left hand - non è una menomazione bensì una pro-babile virtù: estro e sregolatezza, fantasia e creatività». Se-condo il docente che da 30 anni studia il fenomeno, l’unicodato certo è che i mancini hanno un gene in più rispetto aglialtri. «Gli scimpanzé si dividono al 50% in destri e mancini.Per pura casualità, nel corso della loro evoluzione gli omini-di iniziarono a differenziarsi dalle scimmie sviluppando nel-l’emisfero sinistro del cervello, il linguaggio ed il gene D (de-stro), che li portò prevalentemente ad usare la mano destra.Soltanto in un secondo tempo, non oltre i 5.000 anni fa,comparve il gene C (casualità), che fece emergere il manci-nismo». «Scopo primario di questo secondo gene, - sostieneMcManus - era di cambiare la struttura del cervello per per-mettere all’emisfero sinistro di ospitare altre funzioni oltre aquello del linguaggio».La combinazione del gene D con il gene C, entrambi eredi-tari, avrebbe quindi creato un cervello migliore ed in alcunicasi portato una minoranza d’individui a spostare la cosid-detta “dominanza manuale” dalla destra alla sinistra.Inoltre, grazie alle più recenti tecniche ispettive sul cervello,quali la Risonanza Magnetica Nucleare, la Risonanza Magne-tica Funzionale, la Tomografia ad Emissione di Positroni ed al-tre, che mettono in evidenza i consumi di ossigeno e di glico-geno nel cervello e dunque “rappresentano” le aree attivateo non attivate, i neuro-scienziati di oggi sono venuti a sape-re che, nei soggetti risultati talenti non comuni in campi qua-li la matematica e l’arte, il linguaggio risulta controllato daentrambi gli emisferi cerebrali.Il che vuol dire che il lato destro del cervello, svolge un com-pito solitamente riservato al sinistro.Fra costoro, dunque, va da sé che si incontri un numero ele-vatissimo di mancini od ambidestri, che presentano, inoltre,alcuni deficit, in forme di balbuzie o dislessie, nelle funzioninormalmente svolte dall’emisfero sinistro, ovvero, quelle piùpropriamente linguistiche. Questi veri e propri handicap so-no sempre posti in correlazione alle pratiche repressive che,per le ragioni “ideologiche” cui ho fatto cenno in preceden-za, sono state messe in atto nei confronti dei mancini...
SCUOLAALLENATORI
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TECNICO-TATTICA
Ruolo che ha subito però un deciso processo evolutivo. I migliori
interpreti di oggi sono, in molti casi, giocatori diversi rispetto ai
colleghi del passato, associano cioè indiscusse qualità tecniche a
doti fisiche non indifferenti che consentono loro di partecipare
più attivamente anche alla fase di recupero della palla. I “nuovi
trequartisti” compensano così, attraverso queste caratteristiche,
la riduzione degli spazi e dei tempi concessi dagli avversari per
eseguire la “giocata”.
Sono giocatori capaci del “numero”, abili nei calci piazzati, ma
che soprattutto riescono a destabilizzare le varie organizzazioni
difensive grazie ad intuizioni imprevedibili. Come abbiamo già vi-
sto e letto, questo tipo di giocatore cerca di agire tra la linea dei
mediani e degli attaccanti, in zona centrale, cercando spazi e tem-
pi per dettare verticalizzazioni basse e di media lunghezza. Il suo
tentativo, specialmente quando il pallone gira sui suoi mediani, è
di rimanere in zona centrale, smarcandosi in spazi stretti. Infatti,
se da una parte è difficile per i suoi compagni servirlo lì davanti,
è anche vero che, ricevendo palla in quella zona, diventa perico-
loso per gli avversari.
Fig. 6 – in un sistema di gioco 4-2-3-1, un mediano (n° 4) guida la palla cen-tralmente finché non viene affrontato da un avversario ed esegue un passaggio alcompagno di reparto (n° 8)
Fig. 6
Fig. 7 – il mediano (n° 8) verticalizza immediatamente in una zona a lui antistan-te dove il suo trequartista (n° 10) può ricevere il pallone sfruttando lo spazio crea-tosi in conseguenza di: a) il suo smarcamento, effettuato tramite un contromovi-mento; b) il movimento senza palla in profondità eseguito dal compagno esterno disinistra (n° 11), entrambi fatti al tempo giusto. Una volta in possesso del pallone iltrequartista può decidere se andare al tiro o ricercare un assist per gli attaccanti, iquali, come indicato nel disegno, eseguono dei tagli in diagonale per sorprenderel’organizzazione della difesa avversaria e renderla vulnerabile. In base alla sua ca-pacità di lettura ed abilità tecnica, il passaggio può essere eseguito rasoterra sul pri-mo palo (A), per sfruttare i movimenti del n° 9 o del n° 11, o con un pallonetto ascavalcare i difensori centrali (B), per il taglio dell’esterno di destra (n° 7).
L’abilità dei trequartisti di muoversi “tra le linee”, può creare diffi-
coltà agli avversari nell’affrontarli efficacemente. Alcuni allenatori
decidono di far uscire uno dei difensori, altri di marcarli con un cen-
trocampista, ma proprio per la loro capacità di giocare sia da cen-
trocampisti che da attaccanti aggiunti, si corre sempre il rischio di
avere un difendente che è costretto ad agire in una zona del campo
a lui poco congeniale. Succede infatti che un trequartista marcato da
un difensore arretri il suo raggio di azione a ridosso dei mediani, o
che marcato da un centrocampista si alzi e giochi da seconda pun-
ta od in fascia per trarre vantaggio dalle maggiori difficoltà dell’av-
versario. I calciatori impiegati in quel ruolo devono di conseguenza
saper leggere adeguatamente quello che gli accade intorno e dis-
porre della personalità necessaria per gestire, anche in parziale au-
tonomia, la scelta della zona di campo nella quale agire.
Fig. 7
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Fig. 8 – Sullo scorrimento di palla della linea di difesa fino al difensore esternosinistro (n° 3), il trequartista (n° 10), posizionato tra le linee, si inserisce e riceveil passaggio del compagno nello spazio lasciato libero dall’attaccante (n° 11) cheva incontro al possessore di palla seguito dal suo marcatore.
Fig. 9 – Questo movimento obbliga l’uscita di un difensore centrale avversario,ed allarga la difesa, creando le possibilità: a) del cross per la punta centrale (n° 9)e per l’esterno opposto (n° 7) che vengono a trovarsi in parità numerica; b) dellapalla dietro, al limite dell’area di rigore, per l’attaccante esterno (n° 11) che ac-compagna e supporta l’azione dei compagni.
Fig. 10 – Il trequartista (n°10) va alla ricerca della finalizzazione personale at-traverso un inserimento centrale, eseguito sfruttando lo spazio creatosi grazie almovimento dell’attaccante (n° 9), offrendo al possessore di palla (n° 11) la possi-bilità di servirlo in zona gol.
Fig. 10
Attaccanti esterni
Nell’ultimo ventennio il nostro calcio è stato caratterizzato da un
atteggiamento tattico rigido applicato da una gran parte delle
squadre, le quali organizzavano il loro sistema di gioco su inter-
pretazioni schematiche, ripetitive e rigorose del 4-4-2. Il momento
più significativo di questo periodo è stato raggiunto “nell’era di
Sacchi”, e successivamente dai seguaci del suo credo calcistico.
Proprio in virtù della necessità di contrapporsi efficacemente a
questa organizzazione tattica sono stati utilizzati moduli alterna-
tivi, alcuni dei quali schierano, contro la difesa a 4, un attacco con
le 3 punte, o comunque con 3 giocatori offensivi distribuiti equa-
mente su tutto il fronte. Tra questi il sistema di gioco 4-2-3-1 che
prevede, in aggiunta ai 3 attaccanti, l’impiego di un trequartista.
Risultando, a mio avviso, un modulo particolarmente bellicoso, ri-
chiede, al fine del mantenimento del principio dell’equilibrio di
squadra, che nel reparto offensivo, e soprattutto nei due attac-
canti esterni, siano riscontrabili determinati requisiti: devono es-
sere giocatori di movimento, anche non molto resistenti, ma in
grado di “fiammate” repentine, capaci di sfruttare gli spazi vuoti
per la conclusione o per gli assist, e che si adoperino anche nella
fase di non possesso di palla, nell’azione di copertura degli spazi
e degli uomini di loro competenza.
Devono senz’altro possedere inoltre ottime peculiarità riassumi-
bili in:
- capacità di dribbling (dovendo ricercare spesso l’1 contro 1)
- velocità di base unita alla capacità di rapidi cambi di passo
- capacità di inserimento
- capacità di tiro
- fantasia
- improvvisazione
A seconda delle caratteristiche dell’attaccante centrale e della
tattica adottata, ma anche dell’atteggiamento degli avversari,
gli esterni d’attacco, che in una situazione ottimale sono uno
con predominanza della lateralità destra ed uno della sinistra,
possono essere impiegati alternativamente in entrambe le fa-
sce laterali del campo. La scelta di giocare con l’attaccante
esterno mancino a sinistra ad esempio, privilegerà la ricerca del
cross dalla linea di fondo, e può essere determinata dai se-
guenti fattori:
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- perché gli avversari raddoppiano internamente con un mediano
la marcatura portata dal terzino, rendendo più “attaccabile” la
profondità
- perché il nostro attaccante centrale preferisce i cross dal fondo
- perché il difendente evidenzia su quel lato carenze difensive
(tattiche o fisiche).
Nel caso invece si scelga di far giocare l’attaccante esterno manci-
no sul lato destro del campo, sarà perché allo stesso richiederemo
di privilegiare i tagli interni, diagonali dalla fascia laterale verso la
porta avversaria, piuttosto che la ricerca della profondità verso la
linea di fondocampo. Questa scelta tattica permetterà al calciatore
mancino, come al destro schierato a sinistra, di controllare e gui-
dare il pallone, nell’azione del taglio, con il piede più lontano dal-
l’avversario, avendo, in conseguenza di ciò, una buona protezione
del possesso ed una più ampia zona luce per il passaggio ai com-
pagni, mettendolo inoltre in grado di effettuare lo stesso con l’in-
terno, ossia, la superficie del piede con la quale si ottiene un’ese-
cuzione più precisa. Ed ancora, per la traiettoria di corsa, l’oppor-
tunità di creare le condizioni favorevoli per andare al tiro in porta.
Con molte probabilità, trovandosi spesso in situazione di 1 contro
1, tagliando dentro il campo, attaccherà l’avversario sul piede più
debole e saltandolo, costringerà a scalare in marcatura il centrale
difensivo, creando per i difendenti una pericolosa condizione di pa-
rità numerica in prossimità o addirittura dentro l’area di rigore.
Fig. 11 – Il calciatore mancino, schierato da attaccante esterno a destra, sul mo-vimento di taglio verso l’interno riceve (a) e guida (b) il pallone con il suo piedepiù abile, ottenendo una buona copertura della palla poiché frappone il suo cor-po tra la stessa e l’avversario.
Fig. 12 – Allo stesso tempo, potrà sfruttare, per il tiro od il passaggio, l’ampiazona luce creatasi proprio in virtù della direzione di corsa effettuata.
Mostrerò di seguito alcuni movimenti coordinati, sempre per il si-
stema di gioco 4-2-3-1, nei quali il calciatore mancino, impiegato da
attaccante esterno a destra, ottimizza la propria lateralità predomi-
nante, in virtù di quanto suddetto, nella fase di possesso di palla.
Fig. 13 – Con la palla al difensore esterno di destra, il giocatore più vicino, l’at-taccante esterno di destra (mancino), detta per primo il passaggio andandogli in-contro, per poi cambiare corsa direzionandosi internamente (a). Contemporanea-mente, anche i due centrocampisti centrali si smarcano con movimenti opposti (b-b1), uno avanzando e l’altro arretrando.Osservando il movimento del compagno di reparto, l’attaccante centrale attaccalo spazio liberato dallo stesso, allargando la difesa avversaria (c). Ed ancora, insuccessione, il trequartista leggendo la situazione creatasi, si inserisce nel centrodell’area, affrontato dall’unico centrale difensivo rimasto (d), imitato dall’attac-cante esterno di sinistra che taglia verso la porta (e). Come conseguenza di tutto ciò, l’esterno di difesa, in possesso del pallone, ha di-verse soluzioni di passaggio ai compagni, scegliendo, nell’esempio, di servire l’at-taccante esterno di destra (f).
Fig. 14 – Proteggendola come descritto in precedenza, l’esterno mancino riescea guidare la palla portandosi in zona utile per un passaggio, valorizzando i taglidei compagni (g-h), o per finalizzare personalmente l’azione con un tiro in porta.
Fig. 15 – Il difensore esterno di destra, analizzati i movimenti dei compagni (de-scritti precedentemente nella Fig. 13), decide di passare il pallone all’attaccantecentrale nella zona liberata dall’esterno offensivo (a).
Fig. 16 – L’attaccante esterno di destra, una volta scavalcato dal pallone, esegueun rapido cambio di direzione andando a raccogliere il passaggio immediato servi-togli dall’attaccante centrale (b), finalizzando poi l’azione con il tiro in porta (c).
SCUOLAALLENATORITECNICO-TATTICA
19
Fig. 17 – Con la palla al difensore esterno di destra, i due centrocampisti cen-trali si smarcano con movimenti opposti (a-a1), e l’attaccante esterno di destra(mancino), decide di attaccare la profondità (b). Seguendo le indicazioni tattichepredeterminate, il trequartista si allarga verso l’esterno per ricevere il pallone nel-lo spazio libero creatosi (c). L’esterno di difesa decide invece di eseguire un pas-saggio al centrocampista più alto (d).
Fig. 18 – Quest’ultimo, appena in possesso, verticalizza verso l’attaccante cen-trale (e), il quale, evitato l’anticipo del difensore mediante un contromovimento,fa da sponda appoggiando il pallone per l’attaccante esterno di destra (f), che tro-vandosi la palla sul piede più abile in conseguenza del taglio effettuato (g), da po-sizione ideale va al tiro in porta (h).
Fig. 19 – Sulla fascia sinistra del campo si verifica una sovrapposizione dell’e-sterno difensivo sinistro (n° 3) che riceve in profondità dal centrocampista cen-trale di parte (n° 4). Intuendo la possibilità di ricevere il cross del compagno, l’at-taccante centrale (n° 9) ed il trequartista (n° 10), attaccano entrambi lo spazio,dividendosi uno sul 1° e l’altro sul 2° palo.
Fig. 20 – L’attaccante esterno di destra (mancino), liberandosi dalla marcaturacon un cambio della direzione di corsa, orientata prima in profondità e poi im-provvisamente in orizzontale rispetto alla linea dell’area di rigore, va a ricevere ilpassaggio arretrato del compagno, trovandosi nella condizione di tirare in porta,da una buona posizione, con il piede più abile.
ALCUNI MANCINI CELEBRI
Nato il 2 ottobre 1935 a San Nicolas, in Argentina, Omar Sivo-
ri si potrebbe definire un cocktail dalle dosi
perfette di talento, fantasia e cattiveria.
Nessun altro giocatore di grandissima tec-
nica forse ha mai avuto il suo tempe-
ramento, la sua astuzia, il cini-
smo nell’umiliare
l’avversa-
rio dopo
a v e r l o
s u p e r a t o
con tunnel diabolici. A
questa straordinaria miscela, poco
meno che esplosiva, pone-
va un freno soltanto
l’irresistibile attrattiva che su di lui esercitavano tutti i piaceri
della vita. Non per nulla l’Avvocato Giovanni Agnelli con la sua
straordinaria capacità di sintesi, lo aveva definito “un vizio”.
I primi calci Sivori li dà nel Teatro Municipale poi il gran salto che
lo porta al River Plate di Buenos Aires, dove è ben presto sopran-
nominato, «el cabezon» (per la grossa testa) o «el gran zurdo»
(per il grandissimo mancino).
Al suo arrivo a Torino rivela subito tutto il suo talento. Ha un ini-
mitabile repertorio di finte, dribbling e tunnel e con il mancino che
si ritrova sa fare cose davvero fantastiche, anzi, mai viste, non
esclusi ovviamente i gol, tanto che nel 1960 con 28 bersagli vin-
ce la classifica dei cannonieri del nostro campionato.
Il suo limite è invece rappresentato dal nervosismo che lo accom-
pagna: linguacciuto, vendicativo, diventa ben presto un osservato
speciale della categoria (nei dodici anni di carriera in Italia accu-
mula ben 33 turni di squalifica).
Nel 1961 «France Football» gli riconosce il «Pallone d’Oro».
20
Artista tra i massi-
mi del calcio italia-
no, Mario Corso
era dotato di una
classe indiscutibile
e non si può nega-
re che la sua arte,
nonostante l’ostra-
cismo decretatogli
da Helenio Herre-
ra, sia stata com-
ponente fonda-
mentale dei trionfi
della Grande Inter.
Esecutore di magistrali punizioni a “foglia morta”, Mariolino ri-
mase in nerazzurro a dispetto della volontà del Mago – che re-
golarmente ad ogni estate, ne iscriveva il nome in cima alla li-
sta dei giocatori da cedere – per i costanti ed inflessibili inter-
venti del presidente Angelo Moratti, che con la moglie Erminia,
era cultore delle magiche delizie del calciatore mancino. Nato a
San Michele Extra, alle porte di Verona, arrivò all’Inter a soli di-
ciassette anni, imponendosi subito come titolare ed entrando di
diritto, con un’ascesa fulminea,
tra i componenti di quella gene-
razione che poi Gianni Brera
avrebbe bollato “degli abatini”,
tanto dotata di raffinate qualità
tecniche quanto carente sul piano
fisico. Ma Corso si faceva perdo-
nare le carenze e le lunghe pause
a colpi di “veroniche” e gol. Mae-
stro del dribbling con sberleffo,
dell’assist funambolico, aveva
buona confidenza con il fondo
della rete grazie alla diabolica
abilità nel calciare le punizioni
dal limite. Il suo sinistro accarez-
zava il pallone trasmettendogli
una “scarica elettrica”, che lo
portava ad impennarsi per poi
scendere di colpo, beffardo, nell’angolino fuori dalla portata del
portiere. Il più bel complimento, divenuto in seguito un’etichet-
ta, glielo aveva confezionato il tecnico ungherese Gyula Mandi,
che dopo una spettacolosa prestazione, lo definì “il piede sini-
stro di Dio”. Le discussioni sul suo ruolo si sprecavano: non è un
vero interno; è un tornante; è un rifinitore; no, è un attaccante;
è un atipico. In realtà, Corso era un artista con il genio del gran-
de inventore.
Diego Armando Maradona è stato, a detta di molti, il più
grande calciatore di tutti i tempi! È nato il 30 ottobre del 1960 nel
quartiere povero di Villa Fiorito, nella periferia di Buenos Aires, do-
ve dimostrò fin da bambino di essere superdotato per il calcio,
tant’è che in seguito la critica lo avrebbe definito come il gioca-
tore più veloce di tutti i tempi nel momento di concepire il gol. Per
dimostrare questo basti pensare che il gol più bello della storia
del calcio è stato realizzato da lui nel mondiale del 1986, in Mes-
sico contro l’Inghilterra, quando dribblò mezza nazionale avver-
saria ed il portiere mettendo la palla in rete. Fisicamente basso e
robusto, dotato di una muscolatura agile e potente, riusciva con il
piede sinistro, l’unico utilizzato tranne rare eccezioni, ad eseguire
giocate stilisticamente e tecnicamente perfette, abbinandole ad
SCUOLAALLENATORITECNICO-TATTICA
21
una visione di gioco, fantasia, concretezza ed imprevedibilità che
lo hanno reso leggendario.
Quando giocava nella squadra giovanile si era già guadagnato la
fama di essere un fenomeno ed i tifosi argentini se la presero con
Menotti, il selezionatore, perché non lo aveva convocato per i
Mondiali del ‘78. A quei tempi Maradona, diciottenne, era il be-
niamino del pubblico, che per questo suo straordinario talento lo
aveva soprannominato “El pibe de oro” (il ragazzo d’oro).
Da quel momento in poi, l’escalation fu inarrestabile e lo portò ad
una carriera ricca di fama e successi nei vari paesi del mondo, so-
prattutto in Italia, fino a diventare così popolare e così amato da
eclissare quasi del tutto la stella del calcio per eccellenza, Pelé.
Poi venne Italia ‘90 e, quasi in contemporanea, il declino del cam-
pione idolatrato in tutto il mondo. Sono solo i primi segnali di
un’instabilità emotiva e di una fragilità che nessuno sospettereb-
be da un uomo come lui, abituato a rimanere sempre al centro dei
riflettori. Un anno più tardi, infatti, (è il marzo 1991), viene sco-
perto positivo a un controllo antidoping, con la conseguenza che
viene squalificato per quindici mesi. Lo scandalo lo travolge, fiumi
di inchiostro vengono usati per analizzare il suo caso. Il declino, in-
somma, sembra inarrestabile, si presenta un problema dietro l’al-
tro. Non basta il doping, entra in scena anche la cocaina, di cui
Diego, a quanto riportano le cronache, è un assiduo consumatore.
Infine, emergono gravi problemi con il fisco, a cui si affianca la gra-
na di un secondo figlio mai riconosciuto, viene nuovamente fer-
mato per uso di efedrina, sostanza proibita dalla Fifa ed ancora,
nell’agosto del 1997, viene trovato positivo ad un controllo anti-
doping. Nel giorno del suo trentasettesimo compleanno, el Pibe de
oro annuncia il suo ritiro e la scomparsa, professionale, del più ta-
lentuoso e controverso fenomeno del mondo del calcio.
SITI WEB
http://knowledge.sda.uni-bocconi.it/ticonzero/Rubriche......
http://tiro-mancino.it/.....
http://www.geagea.com/11indi/......
http://www.adnkronos.com/specialiIGN/scienza.....
http://www.merqurio.it/news/searchnews3......
http://www.frascolla.org/Lacaccia/1999.....
http://www.lescienze.it
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breria Sacre Scritture, Roma, 1969
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mezia, 1997
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Treatment advocacy centre biomednet, 6 gennaio 2004
- F. Heritier-Auge, LA SERVITU’ DELLA SINISTRA, in “Forum dei
mancini”, 14 novembre 2003
ERRATA CORRIGE
La tesi finale del Corso Master “Lo sviluppo della fase of-fensiva” pubblicata nel numero 2 del Notiziario 2005 è diRoberto Bosco anziché di Guido Carboni come erronea-mente riportato. Ce ne scusiamo con l’autore ed i lettori.
SCUOLAALLENATORI
22
TATTICA
Legenda
importante conoscere le organizzazioni perché vi-
viamo in un mondo fatto di “organizzazioni”. Nel
campo dell’ economia aziendale l’organizzazione
è il complesso di modalità secondo le quali viene
effettuata la divisione del lavoro in compiti di-
stinti e, quindi, viene realizzato il coordinamento
tra tali compiti (Mintzberg 1983) . Gli elementi di
base sono: unione di persone, fine comune, coordinamento,
gerarchia – potere, divisione del lavoro, sistema decisionale.
Essi devono essere scelti in modo da raggiungere una coeren-
za interna con la situazione dell’azienda. Ogni attività umana
organizzata fa nascere due esigenze: divisione del lavoro e co-
ordinamento.
Nel gioco del calcio sinonimo di organizzazione è la tattica di
gioco: movimento organizzato o coordinato da due o più uomi-
ni, di un reparto, o più reparti, dell’intera squadra inteso ad ot-
tenere uno scopo già predeterminato. Se analizziamo bene la
definizione data, troviamo presenti alcuni elementi dell’organiz-
zazione in senso lato, come l’unione di persone, il fine comune
da raggiungere (le due fasi di gioco riferite a possesso palla e
non possesso palla che sono lo scopo), e il coordinamento (i mo-
vimenti da effettuare in campo) che sono gli aspetti fondamen-
tali della tattica di gioco. Il coordinamento e la divisione del la-
voro (disposizione della squadra in campo e assegnazione dei
ruoli), sarà compito dell’allenatore, il quale trasmetterà delle
idee e delle conoscenze attraverso degli schemi in modo che i
propri calciatori parlino la stessa lingua (linguaggio comune)
nelle due fasi di gioco. La squadra che possiede una organizza-
zione di gioco persegue un suo modo di pensare e agire in cam-
po. Avrà un suo filo conduttore logico nel gioco e senz’altro po-
trà avere più successo di una squadra che basa il suo gioco sul-
l’inventiva del singolo.
La tattica è possibile applicarla mettendo in atto i principi tattici
collettivi in fase di possesso palla e in fase di non possesso palla.
I principi generali in fase di possesso palla sono:
- scaglionamento offensivo;
- verticalizzazione;
- acquisizione di ampiezza;
- mobilità;
- imprevedibilità o sorpresa.
In fase di non possesso palla:
- scaglionamento difensivo;
- azione ritardatrice e/o temporeggiamento;
- concentrazione;
- equilibrio difensivo;
- controllo difensivo o cautela.
I principi di tattica collettiva vengono soddisfatti con dei mezzi
rappresentati dagli sviluppi che sarebbero la loro realizzazio-
ne pratica. I mezzi vanno interpretati e analizzati sotto l’aspetto
di due variabili che nel calcio moderno nel corso degli ultimi anni
si sono molto ristrette: spazio e tempo. Qui subentra la grande
professionalità e conoscenza tattica da parte dei tecnici i quali
devono trovare sempre una risposta rapida e adeguata ai rapidi
mutamenti che avvengono nelle due fasi di gioco.
ÈORGANIZZAZIONE DI GIOCO: LA TATTICAdi Marco Maestripieri*
*Allenatore di Ia Categoria – Docente del Settore Tecnico F.I.G.C.
Passaggio/movimento della palla
Movimento del giocatore senza palla
Guida della palla
Palla
Giocatore
Giocatore avversario
23
1) Sostegno al giocatore in possesso di palla (Fig. 1)
È importante pervenire da angolazioni diverse con più profondità
contrarie su 360° verso il portatore di palla, dando più soluzioni di
gioco. Chi è in possesso di palla ha più soluzioni semplici sugli spa-
zi brevi e può anche optare per la giocata difficile che risulta il pas-
saggio lungo utile per cambiare gioco ottenendo veloci verticalizza-
zioni o per acquisire profondità di gioco contrarie. È importante di-
stinguere in questo contesto l’azione di appoggio dal sostegno. La
prima si riferisce al fatto che questo avviene davanti alla linea del
pallone, mentre il sostegno avviene dietro alla linea del pallone.
2) Superiorità numerica.
La superiorità numerica nel gioco moderno è fondamentale e ri-
specchia l’aspetto tattico di una squadra indipendentemente che
la sua sistemazione sia a uomo, a zona o misto. Il primo atteg-
giamento di tecnica applicata individuale in fase di possesso pal-
SVILUPPI DEI PRINCIPI
FASE DI FASE DIPOSSESSO PALLA NON POSSESSO PALLA
1. Sostegno al Disposizione della squadra portatore di palla a zona
2. Superiorità numerica Disposizione della squadraa uomo
3. Mantenimento del Disposizione squadrapossesso palla di tipo misto
4. Corsa in diagonale Pressioneed alternative
5. Corse di deviazione Pressing
6. Gioco dalla parte cieca Raddoppi
7. Movimenti ad incrocio Fuorigioco
8. Movimenti insovrapposizione
9. Sviluppo passaggioall’indietro
10. 1 - 2 e/o passaggioa muro
11. Blocco
12. Velo ed Esca
13. Variazione ritmo di gioco
14. Gioco in quarta oquinta battuta
la che ci fa subito pensare all’acquisizione della superiorità nu-
merica è il dribbling (Fig. 2a e 2b). Il dribbling va incentivato fin
da bambini e non oppresso come avviene spesso. Il suo utilizzo è
legato alla fantasia motoria e un bambino che ne è in possesso
24
SCUOLAALLENATORITATTICA
dimostra già di avere una caratteristica importante che poi ripor-
tata nel calcio moderno risulta fondamentale per saltare l’uomo
e creare degli squilibri tattici agli avversari. Le esercitazioni per
questo comportamento partono dal semplice con partitine 1:1
dove si chiede all’allievo di dribblare l’avversario, a partitine con
più uomini dove si richiederà sempre la conclusione in porta.
La superiorità numerica può avvenire sia come numero (esempio di
una squadra che perde un uomo) che a parità di uomini con lo smar-
camento veloce anche da una zona all’altra del campo (Fig. 3).
Altro esempio importante di superiorità numerica è la sovrappo-
sizione. La superiorità numerica legata strettamente con lo smar-
camento va allenata con esercitazioni in campo (2: 1; 4: 2; 6:
3; fino a squadre con lo stesso numero di calciatori es. 10 :10
partita con coppie fisse dove si fa goal raggiungendo un numero
tot. di tocchi) le quali devono richiamare questo comportamento
individuale di possesso palla (Fig. 4).
Partite a torello 4:2 (Fig. 5)
Partite 6:3 dove ci si deve far vedere smarcati in continuazione
(Fig. 6).
Il farsi vedere continuamente con lo smarcamento, vanifica i rad-
doppi di marcatura e permette di non subire mai l’iniziativa del-
l’avversario durante la gara.
3) Mantenimento del possesso palla.
Attirare l’avversario in una zona di campo attraverso il posses-
so palla (Fig. 7), per sfruttare degli spazi che si sono creati in
un’altra zona o in profondità, con dei cambi di gioco improvvisi
o rapide penetrazioni per guadagnare subito profondità. L’av-
versario è attratto dal pallone e lascerà libera la zona lontana
25
congiunge la palla alla porta avversaria. Permettono di creare
degli spazi in zona offensiva dove si possono inserire dei cal-
ciatori che provengono da una zona arretrata (centrocampisti).
Questo atteggiamento è legato alla mobilità, elemento impor-
tante del gioco del calcio, ed è importante per la creazione de-
gli spazi.
6) Gioco dalla parte cieca. (Fig. 9)
La parte cieca per un difensore è quella lontano dalla palla.
Giocare dalla parte cieca vuol dire mettere il pallone dietro le
spalle del difensore avversario. Questo sviluppo è importante
contro squadre con difesa schierata a zona, le quali scalando
verso il pallone lasciano libera la zona lontana dalla palla. Il
buco si può creare e va sfruttato se l’esterno di centrocampo
dalla palla dove attraverso il cambio di gioco dovrà avvenire la
ripartenza veloce.
Il mantenimento del possesso del pallone è utile anche per ab-
bassare il ritmo di gioco dell’avversario specialmente quando si è
in vantaggio ed è importante abituare sempre i propri calciatori
ad evitare il passaggio in orizzontale molto pericoloso per lo svi-
luppo di ripartenze veloci da parte degli avversari. Questo com-
portamento va allenato in settimana attraverso le esercitazioni
squadra OMBRA 11: 0 in cui l’avversario è passivo, marca ma
non entra lasciando giocare, oppure attaccando il reparto difensi-
vo in superiorità numerica (es. 6 : 4 o 8 : 4). In questo modo i cal-
ciatori si abituano a trovare il controllo del gioco e del ritmo e il
giusto tempo per gli inserimenti e per le giocate.
4) Corsa in diagonale ed alternative
La corsa in diagonale (Fig. 8) è uno smarcamento che permette
di avere sempre il corpo a protezione della palla, e permette di ve-
dere contemporaneamente la porta e il compagno che è in pos-
sesso del pallone. Con questo movimento è difficile per l’avversa-
rio tentare l’anticipo a differenza del marcamento in orizzontale,
e l’attaccante che riceve il pallone in corsa ha il tempo e lo spa-
zio per calciare in porta.
5) Movimento di allontanamento dalla linea palla porta (o
corsa di deviazione).
Sono movimenti di allontanamento dalla linea immaginaria che
26
non è rapido a fare la diagonale del quinto uomo, non a caso
la difesa a zona soffre i cambi di gioco veloci. Dal punto di vi-
sta individuale il difensore molte volte si trova in difficoltà sui
palloni che lo scavalcano alle spalle perché attratto solo dalla
posizione dell’avversario e dalla palla che ha davanti, e non si
preoccupa di ciò che può succedere dietro, che è lo spazio più
pericoloso.
7) Movimenti ad incrocio (Fig. 10)
I movimenti ad incrocio sono maggiormente validi contro difese
schierate con marcatura a uomo. Con questo tipo di incroci gli at-
taccanti creano degli spazi utili per l’inserimento dei centrocam-
pisti dal di dietro. Per avvenire nel tempo giusto il movimento ad
incrocio ha bisogno:
• Il giocatore più vicino alla palla detta il passaggio, il secondo
giocatore “si muove di conseguenza” perché può vedere l’e-
volversi del gioco con lo spostamento del compagno e la zona
di campo dove andare ad inserirsi con il proprio movimento.
• Il giocatore che si “muove di conseguenza” deve aspettare un
attimo prima di muoversi, non nello stesso istante di chi detta
il passaggio. Questo comporta di leggere meglio la situazione
che si sta creando. Importante inserire prima di muoversi dei
contromovimenti per ingannare l’avversario che è deputato al-
la marcatura.
8) Movimenti in sovrapposizione (overlapping)
Sovrapposizione significa passare dietro le spalle ma anche da-
vanti al giocatore che è in possesso di palla, possono essere effet-
tuate sulle corsie laterali o anche in zona centrale del campo. La
sovrapposizione può essere effettuata a due o tre calciatori. Nel
primo caso (Fig. 11) c’è solo un calciatore che si sovrappone al
portatore di palla (nel gioco a zona l’esempio dell’esterno basso di
difesa che passa alle spalle dell’esterno alto di centrocampo).
Nel secondo caso (Fig. 12) c’ è di solito il sostegno di un altro
calciatore al portatore di palla, e questo atteggiamento a tre è
anche molte volte più sicuro nei casi di intercettamento del pal-
lone da parte dell’avversario perché dà modo a chi ha dato il so-
stegno di poter coprire la zona scoperta di chi ha cercato l’inse-
rimento (uno dei due centrocampisti centrali va a sostegno di
chi porta palla).
SCUOLAALLENATORITATTICA
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I vantaggi della sovrapposizione sono:
1. ottenere un 2: 1 in modo di avere una superiorità numerica che
nel calcio moderno equivale a tempo e spazio a proprio favore
(l’allenatore nel calcio attuale è sempre alla ricerca di tempo e
spazio per la propria squadra in fase di possesso palla, men-
tre in fase di non possesso cerca sempre di limitare questi due
parametri all’avversario);
2. la sovrapposizione sulle zone esterne allarga il fronte di attac-
co, e più se ne effettuano più c’è possibilità di conclusione ver-
so la porta avversaria.
È importante nella sovrapposizione il tempo di inserimento del
calciatore che è dato dal movimento di partenza, il quale deve es-
sere effettuato in estrema sicurezza senza subire l’intercettamen-
to del pallone da parte dell’avversario in modo da non rischiare
la ripartenza veloce da parte della squadra avversaria.
9) Sviluppo passaggio all’indietro (Fig. 13)
È utilizzato contro un settore chiuso quando si è stati bloccati nell’a-
zione di gioco. Nel momento in cui avviene il passaggio all’indietro per
un calciatore, per esempio nelle zone laterali (da fondo campo), è un
segnale per gli altri compagni che sanno che la palla sarà calciata di
prima cambiando gioco. Gli uomini posizionati in area di rigore spe-
cialmente gli attaccanti sanno che la palla sarà calciata di prima, per-
ciò dopo movimento e contromovimento si dovranno far trovare
pronti a ricevere il pallone (tempo di gioco). Importante non stop-
pare il pallone quando si riceve il passaggio all’indietro, e l’allenatore
deve abituare i suoi calciatori a crossare di prima intenzione.
10) 1 - 2 (Passaggi a muro).
È un tipo di passaggio effettuato ad un compagno posizionato di
spalle verso la porta avversaria che restituisce il pallone sulla cor-
sa. Importante insegnare fin dal settore giovanile che se il pas-
saggio viene dato sul piede destro ci sarà l’inserimento a destra,
se sul sinistro nella zona sinistra. Questa distinzione è importan-
te perché abitua il giocatore che effettua l’ 1 – 2 a venire incon-
tro col corpo a protezione della palla (Fig. 14).
Quando si incontrano squadre schierate a zona l’1 -2 ma maggior-
mente l’1 - 2 - 3, cioè con la possibilità del terzo uomo (Fig. 15), ri-
sultano delle contromosse molto importanti per metterle in difficoltà.
11) Blocco
Il blocco è un accorgimento tattico preso dal basket dove è rite-
nuto molto importante perchè è uno dei fondamentali di gioco. Il
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blocco viene spesso usato su palla inattiva dove si usa molto met-
tersi sulla traiettoria di corsa del marcatore di un proprio compa-
gno (falli laterali, calci d’angolo, punizioni indirette), e nel calcio
moderno dove molte volte le squadre si annullano risulta una
chiave di gioco importante per poter vincere le partite. Abbiamo
perciò grande ricerca da parte del tecnico di sempre nuovi sche-
mi che possano esaltare questo accorgimento tattico. Il blocco
può essere di 2 tipi:
• Da fermo: ci si ferma davanti o dietro al marcatore del proprio
compagno mentre sta arrivando il pallone. (Fig. 16)
• In movimento: si corre sulla linea di corsa del marcatore del
proprio compagno impedendogli il prosieguo chiudendo tempo
e spazio. (Fig. 17)
Il blocco per una buona riuscita ha bisogno:
• Segnale di chi calcia la palla inattiva.
• Il blocco deve essere rapido ed avvenire in spazi brevi.
Sicuramente in fase di non possesso palla il difensore deve stare
attento a non subirlo.
12) Velo (Fig. 18)
Il velo è un movimento rapido che può essere paragonato alla fin-
ta ed è micidiale la sua attuazione contro difese schierate con
marcatura a uomo al limite dell’area di rigore.
Questo movimento si ottiene:
• Il giocatore frappone il proprio corpo tra la palla e l’avversario,
cedendo la palla ad un proprio compagno.
13) Esca (Fig. 19a 19b)
Questo movimento si ottiene:
• Su un passaggio forte addosso il giocatore fa credere al marca-
tore di stoppare il pallone, invece fa scorrere il pallone per un
altro compagno che si è inserito dal di dietro.
SCUOLAALLENATORITATTICA
29
Queste situazioni hanno maggiore applicazione su palle inattive
con una buona organizzazione, e ragionando sempre sui parame-
tri di utilità ed economicità del gesto, compierli vicino all’area
di rigore avversaria hanno il massimo del profitto. Compierli in al-
tre zone di campo senza organizzazione possono creare degli
scompensi tattici con la perdita del pallone e possibili le riparten-
ze veloci. In questo modo l’avversario acquisirà tempo e spazio
in modo rapido.
14) Variazione ritmo di gioco
È un accorgimento tattico per rallentare il gioco per poi effettua-
re delle accelerazioni improvvise suc-
cessive. Molte volte questa esigenza
nasce dal fatto di dover spendere
meno energie in momenti delicati
della partita o per poter ritrovare
molte volte le giuste distanze e il giu-
sto equilibrio fra i reparti. Ma altre
volte è anche una strategia per far
credere all’avversario di rallentare.
Invece si sta preparando un contrat-
tacco improvviso e imprevedibile. Il
calcio è uno sport OPEN SKILL (sport
aciclico), o abilità aperta dove l’am-
biente e le situazioni mutano di con-
tinuo il ritmo di gioco è soggetto a
continue variazioni, rispetto a uno
sport come il nuoto che rientra negli
sport CLOSED SKILL dove c’è la ripetizione continua quasi pro-
grammata dello stesso gesto (sport ciclico, per esempio la mara-
tona).
15) Gioco in quarta o quinta battuta (Fig. 20)
La palla arriva a chi inizia il gioco dopo 4 o 5 battute. Chi inizia il
gioco deve partecipare fino alla fine dell’azione e questo rientra
nel discorso dell’ampiezza del gioco dove la squadra copre il cam-
po in tutta la sua larghezza. Anche questo è un atteggiamento
tattico per attirare gli avversari verso il pallone per poi coglierli di
sorpresa nella zona di campo dove è iniziata l’azione di gioco.
30
SCUOLAALLENATORIPREPARAZIONE ATLETICA
o scorso 16 Maggio 2005, all’Hotel Albani di Firenze, siè svolto il XII Congresso Nazionale dell’A.I.P.A.C(Associazione Italiana Preparatori Atletici Calcio), daltitolo “La valutazione del calciatore: vantaggi,svantaggi e nuove prospettive”.La giornata, coordinata dal Prof. Stefano Fiorini, mem-bro del direttivo AIPAC, ha preso il via con l’interventodel prof. Mario Marella, rieletto presidente dell’asso-
ciazione dall’assemblea degli iscritti per i prossimi due anni, il qualeha aperto i lavori con una corposa relazione introduttiva.La mattinata è poi entrata nel vivo con la tavola rotonda dedica-ta alla preparazione fisica, coordinata dal tecnico della Naziona-le Marcello Lippi, il quale si è confrontato con alcuni prepara-tori atletici professionisti, come Adelio Diamante (al momentoin forza al Palermo), Francesco Peroni (Bologna), RobertoSassi (Valencia), Luigi Febbrai (Chievo) e Claudio Gaudi-no (Nazionale).Il tema principale trattato in questo incontro è stato “l’uso dei testnella programmazione dell’alta prestazione”. La tavola roton-da è stata preceduta da una lettura magistrale del prof. Remo Lom-bardi, del Dipartimento di Informatica e Sistemistica dell’Università diPavia, che ha trattato in maniera molto convincente, anche grazie aduna serie di dimostrazioni teoriche supportate da studi sperimentali , “ilimiti e i vantaggi dei test”. L’analisi del prof. Lombardi ha avutoanche il merito di portare la discussione “sul campo” da calcio, coinvol-gendo i protagonisti del settore, ossia i preparatori atletici che quotidia-namente lavorano a fianco degli atleti e dei tecnici.In questo senso, la tavola rotonda ha sottolineato per l’ennesimavolta la necessità, sentita da allenatori e preparatori atletici, dell’in-staurazione di una vera e propria collaborazione a trecentosessantagradi fra i vari soggetti responsabili dell’allenamento dei calciatori.Il feeling e la sintonia fra tecnici, loro collaboratori e preparatori at-letici è stato più volte citato come una componente indispensabileper ottenere dei risultati di successo. Anche il Commissario tecnicoMarcello Lippi ha dichiarato: “E’ vero che alla fine è l’allenatore cheha le responsabilità maggiori, ma è altrettanto vero che le decisionivengono prese dopo un confronto fra le due parti. Il tecnico deve
avere a disposizione varie soluzioni, varie opportunità, e poi sceglie-re quella migliore. Per questo è importante che ci sia una grande sin-tonia in questo senso”. Il concetto espresso dal tecnico azzurro èstato praticamente condiviso da tutti. Lo stesso Lippi ha ulterior-mente ricordato l’importanza della figura del preparatore atletico,raccontando delle difficoltà incontrate nelle sue prime esperienze daallenatore, quando non era affiancato da professionisti del settore.Il CT ha poi concluso comunque ponendo l’accento sulla necessitàda parte dei preparatori atletici di ricordarsi che, pur operando nelsettore della preparazione fisica, essi lavorano sempre in un conte-sto come il calcio, dove sono necessarie anche altre abilità. “Ricor-diamoci - ha detto infatti Lippi - la grande importanza della prepa-razione fisica in una squadra, ma allo stesso tempo non dimenti-chiamo mai che nel calcio, diversamente da altri sport, conta mol-tissimo la tecnica e le qualità di un giocatore”.La tavola rotonda ha messo inoltre in evidenza anche il “continuoaggiornamento” al quale si deve sottoporre il preparatore, cheoggi deve anche saper “leggere” i test del sangue e conoscereogni tipo di novità non esclusivamente fisica. Il lavoro del prepa-ratore, infatti, è in continua evoluzione da anni , visti gli impegnidei calciatori che aumentano in continuazione. A tal proposito, leconclusioni dei presenti si sono orientate verso una “celebrazio-ne” degli allenamenti differenziati, necessari a seconda delle ca-ratteristiche fisiche dei singoli calciatori, del loro grado di impie-go e degli eventuali infortuni durante la stagione.La tavola rotonda ha riscosso molto successo fra i congressisti. Ilpubblico ha infatti risposto molto attivamente creando, con le pro-prie domande, un vero e proprio dibattito. Gli ospiti si sono con-frontati sui temi in questione, presentando le proprie modalità di al-lenamento, e più nello specifico, l’uso che viene fatto dei test.Il pomeriggio è stato dedicato interamente a vari Work Shop, conla presenza di ricercatori e studiosi italiani e stranieri per le di-mostrazioni illustrative di carattere tecnico-applicativo alle qualihanno partecipato numerosi intervenuti al convegno.
LCONGRESSO AIPAC, L’USO DEI TESTdi Elena Castellini*
*Collaboratrice del Laboratorio di Metodologia dell’Allenamento del SettoreTecnico F.I.G.C.
31
no degli aspetti del lavoro del medico all’interno di
una squadra di calcio in occasione di tornei, o co-
munque impegni ravvicinati, è l’intervento volto a
migliorare le capacità di recupero, intervento che
non deve essere visto solo ai fini di un migliora-
mento della prestazione ma anche, e soprattutto, a
fini preventivi, in quanto sappiamo come la fatica
aumenti il rischio di infortuni. Uno dei sistemi attualmente a dis-
posizione, e correntemente utilizzato nella Nazionale femminile, è
rappresentato dalla bioimpedenziometria.
La Bioimpedenziometria (BIA, Bioelectrical Impedance Analy-
sis) è una tra le tecniche “da campo” più diffuse per la determi-
nazione della composizione corporea. L’analisi di bioimpedenza
consiste nell’iniezione, tramite due elettrodi di superficie, di una
corrente alternata a frequenza ed intensità fissa (50 Hz e 800 mi-
croampere) in un soggetto; una seconda coppia di elettrodi rice-
ve la corrente, determinando l’impedenza offerta dall’organismo
al passaggio della stessa: il flusso di corrente è molto più rapido
attraverso l’acqua extracellulare ed i tessuti ben idratati, che at-
traverso le zone ricche di grasso e la componente ossea. In con-
seguenza, l’impedenza nei confronti del flusso di corrente è in re-
lazione con il contenuto corporeo di acqua, a sua volta in rappor-
to con la densità corporea e quindi la componente grassa: così,
utilizzando equazioni standardizzate i valori elettrici forniscono
una stima della quantità di massa grassa e magra dell’organismo;
l’accuratezza della stima della massa grassa, tuttavia, richiede
non solo l’uso di equazioni altamente specifiche per il soggetto,
ma anche una condizione di idratazione normale e costante nel
tempo, situazione che spesso non si realizza nell’atleta.
La Bioimpedenziometria possiede però la caratteristica, unica, di
misurare parametri elettrici diretta espressione di due componenti
corporei fondamentali per la prestazione e lo stato di salute: la re-
sistenza, inversamente correlata al contenuto idrico, e la reattanza,
espressione delle membrane cellulari attraversate dalla corrente e
quindi della massa cellulare: quest’ultima “è quel componente del-
la composizione corporea che contiene il tessuto ricco di potassio,
che scambia l’ossigeno, che ossida il glucosio. In qualsiasi conside-
razione antropometrica sulla conversione di nutrienti in energia,
sulla domanda di ossigeno e sulla produzione di biossido di carbo-
nio, la massa cellulare è base di riferimento (Moore e coll.)”.
La trasposizione dei parametri elettrici normalizzati per l’altezza in
un grafico mi permette di ricavare l’angolo di fase considerato una
espressione del “benessere cellulare”, e posizionare l’atleta all’in-
terno di ellissi specifiche per età e sesso: gli spostamenti nel tempo
del vettore dell’atleta, all’interno dei diversi quadranti costitutivi le
ellissi, rappresentano una indicazione di variazioni del contenuto
idrico e della quantità, e qualità elettrica, della massa cellulare in-
dipendentemente dalla necessità di stime quantitativa.
La bioimpedenziometria vettoriale può quindi avere finalità:
valutative: condizione di forma iniziale, risposta al carico di lavoro;
preventive: insorgenza di fatica patologica, condizioni musco-
lari a rischio, disidratazione.
IL RECUPERO DEL CALCIATOREdi Luca Gatteschi*, Alberto Andorlini**, Guido Lotti**
*Sezione Medica del Settore Tecnico FIGC - Nazionale A Femminile Calcio**Nazionale A Femminile Calcio
U
SEZIONE MEDICANAZIONALE A FEMMINILE
Fig. 1 - Impedenziometria vettoriale: suddivisione del grafico in quattroquadranti (sinistra) in base alle caratteristiche di idratazione e massamuscolare, e significato della variazione tra i quadranti (destra). (PiccoliA et al., Am J Clin Nutr 1995; 61: 269-270.)
32
MATERIALI E METODI
Sono state valutate le variazioni delle caratteristiche impedenzio-
metriche di 20 calciatrici della Nazionale A femminile, di età com-
presa tra 20 e 34 anni, impegnate nel torneo dell’Algarve del
Marzo 2004. Il torneo prevedeva la disputa in sette giorni di tre
partite del girone di qualificazione seguite dalla partita di finale;
ogni partita era separata dalla successiva da un giorno.Tutte le
partite di qualificazione sono state disputate alle ore 16.00, men-
tre quella di finale alle ore 15.00. Le giocatrici hanno disputato i
normali incontri di campionato il sabato pomeriggio e sono state
sottoposte alla prima valutazione alle ore 21.00, al loro arrivo al
raduno.
La valutazione successiva è stata effettuata alle ore 12.00 del
giorno successivo, due ore dopo l’arrivo in Portogallo, e quattro
ore prima della partita di esordio.Tutte le valutazioni successive
sono state effettuate la mattina al risveglio. Sono state studiate
le variazioni dei parametri elettrici resistenza e reattanza e del-
l’angolo di fase.
RISULTATI
Si riportano una tabella con la media e la mediana del gruppo al-
le diverse valutazioni (Tab. 1), ed una tabella con i valori indivi-
duali delle giocatrici (Tab. 2).
DISCUSSIONE
La bioimpedenziometria vettoriale permette sia di effettuare una
“foto” del soggetto in base alla sua collocazione in uno dei quattro
quadranti (fig 1) che, principalmente, di seguirne dinamicamente le
variazioni in base alle modalità di spostamento lungo i due assi del-
l’ellisse. Il progressivo miglioramento dei parametri osservato nelle
prime tre valutazioni appare ascrivibile all’adozione di strategie di
reintegro idrico ed energetico individualizzate, associate a sedute di
lavoro specificamente rivolte ad ottimizzare il recupero; tali inter-
venti potrebbero inoltre avere permesso di normalizzare preesisten-
Giocatrice 1 2 3 4 5 6 7 8 9
giorno 13 6,9 6,2 6,7 6,4 5,9 6,5 5,8 5 7,3
giorno 14 7,1 6,2 6,9 7,5 6 6,3 5,5 5,2 6,5
giorno 15 7,4 6,6 7,3 7,3 6,2 6,9 6,2 5,5 7,2
giorno 17 6,9 6,4 7,2 7 6,2 7,4 6,5 5,7 7,7
giorno 19 6,5 6,4 6,9 6,8 6,1 7,1 6 5 7,3
Tab. 2 Valori individuali di angolo di fase
Media Peso RZ XC PA
giorno 13 56,60 558,90 62,81 6,43
giorno 14 56,60 562,95 64,76 6,58
giorno 15 56,42 555,37 66,00 6,79
giorno 17 56,78 559,25 67,55 6,91
giorno 19 56,97 549,71 63,24 6,59
Mediana
giorno 13 56,00 552,00 63,00 6,50
giorno 14 56,00 580,00 64,00 6,60
giorno 15 56,00 554,00 66,00 7,00
giorno 17 56,50 552,00 68,00 6,95
giorno 19 56,80 549,00 63,00 6,80
Tab. 1 Media e mediana di peso, resistenza, reattanzaed angolo di fase
SEZIONE MEDICANAZIONALE A FEMMINILE
33
ti situazioni di “squilibrio”, conseguenti
proprio ad una non ottimale attenzione ai
momenti di recupero e reintegro, come già
osservato in precedenti occasioni. L’anda-
mento positivo degli spostamenti all’interno
del grafico Resistenza – Reattanza è stato
più marcato nelle giocatrici meno utilizzate
in partita, ed è comunque scomparso dopo
la seconda partita, con una riduzione del va-
lore sia medio che mediano dell’angolo di
fase, riduzione più marcata nelle giocatrici
che avevano portato a termine entrambi gli
incontri (figg. 2-4). Nella giocatrice n.9 il
valore di angolo di fase alla quarta determi-
nazione è influenzato da uno stato di ipoi-
dratazione, fattore che deve sempre essere
tenuto in considerazione nella valutazione
del dato numerico ma che appare ben evi-
denziato sul biavector. In due casi, il peggio-
ramento dei valori elettrici si è associato ad
una sensazione soggettiva di stanchezza ta-
le da consigliarne un impiego solo parziale
nella partita finale, nonostante l’importanza
delle giocatrici stesse. Dai risultati ottenuti
anche in precedenti occasioni sembra ipo-
tizzabile che lo studio del vettore nel grafo
Resistenza-Reattanza possa permettere di
seguire variazioni della condizione fisica sia
nel breve che nel lungo termine, in relazio-
ne ai carichi di allenamento ed alla condi-
zione di fatica; il valore di angolo di fase
presenta una correlazione nel singolo atle-
ta con i risultati di test funzionali muscolari
(dati personali), quando inferiore a determi-
nati valori rappresenta comunque un indice
funzionale negativo, e può rappresentare un
valido ausilio nel monitoraggio del recupero
dopo prestazioni sportive di alta intensità,
specie quando ripetute in maniera ravvici-
nata nel tempo.
Fig. 2 - Centrale centrocampo: disidratazione iniziale, miglioramento oggettivo e soggettivo del-la condizione fino alla seconda partita, grossa riduzione prestazione ultima partita
Fig. 3 - Centrale centrocampo: scarsa condizione oggettiva e soggettiva iniziale, utilizzata soloterza partita. Basso valore iniziale, graduale miglioramento (solo allenamento), peggioramentodopo unica partita.
Fig. 4 - Attaccante: utilizzata in tutte le partite per 90°, graduale peggioramento condizione, fa-tica soggettiva ultima
34
CENTRO STUDI E RICERCHEALLENATORI
n direttore tecnico dell’UEFA, Andy Roxburgh, inter-
vista un tecnico di vertice, Josè Mourinho. Accade
sulle pagine di “The Technician”, giornale di infor-
mazione degli allenatori (numero 27, gennaio 2005,
edizione in francese) della rivista ”UEFAdirect”. Non
esitiamo un istante a riproporla, lasciandola nella
sua interezza e soprattutto nella sua naturalezza.
Tra i due tutto sgorga libero, fluente, senza regole, pose, ricerche
di stile. Andy domanda per ricavare indirizzi e insegnamenti; Josè
risponde come se fosse ancora lui stesso un allievo alla ricerca de-
gli uni e degli altri. Un bello spettacolo. Dove bello sta per utile e
concreto, tanto da farci agognare ripetuti ed allargati incontri co-
me questo, magari nell’aula magna di Coverciano, senza altri
protagonisti se non gli stessi allenatori, chiamati, a porte chiuse e
davvero solo tra loro, a raccontare ed a raccontarsi. Ne verrebbe
fuori, tra l’altro, il più aggiornato e vissuto manuale del calcio, di-
rettamente sbocciato dai campi di calcio.
Al momento godiamoci questa intervista a cui Roxburgh mette
il seguente “cappello”: “La storia del successo di Josè Mourinho,
tecnico del Porto e attualmente del Chelsea, potrebbe fornire ma-
teria a un film. La sua ascesa non è dovuta al caso, ma è frutto di
intelligenza, di un desiderio di fuoco e di molti anni dedicati con
impegno a fare esperienza e a formarsi con compiti di vice alle-
natore in club professionisti di alto livello. Dopo studi in una Uni-
versità dello Sport, si trasferisce in Scozia per seguire i corsi per
allenatore dell’Associazione (all’epoca ero alla guida della nazio-
nale scozzese e direttore del programma di istruzione dei tecnici
a cui il giovane e sensibile Josè assisteva). Dopo un periodo di
conduzione di squadre giovanili in Portogallo, lavora per molti an-
ni con Bobby Robson allo Sporting Lisbona, al Porto e al Barcel-
lona. In questo club è per quattro anni l’assistente di Louis Van
Gaal, prima di lanciarsi in carriera da solo, come allenatore capo,
all’UD Leiria. Nel gennaio 2002 prende le redini del Porto e, quan-
do nell’estate del 2004 parte per il Chelsea, ha al suo attivo una
Coppa UEFA, una Champion’s League, due titoli del campionato
portoghese ed inoltre la Coppa del Portogallo e la Supercoppa. Un
palmares impressionante per un allenatore eccezionale”.
1. Quali motivazioni lo hanno spinto a diventare allenatore?
“La prima motivazione è stato il calcio, non il mestiere di allena-
tore. Ogni bambino che ama il calcio sogna di diventare un cal-
ciatore. Pensavo di poter essere un giorno un giocatore, anche se
non un grande giocatore. Nello stesso tempo mio padre era lui
stesso allenatore e il calcio occupava un grande spazio nella mia
vita. Ho studiato all’Università degli sport e, di conseguenza, il
mio cammino è stato graduale. Se uno si rende conto che non può
diventare un giocatore di alto livello ma ama lo sport, la scienza
e la metodologia applicate allo sport, quando raggiunge una cer-
ta età si accorge che gli piacerebbe allenare, essere coinvolto in
una equipe. Allora si perde il desiderio di diventare un calciatore
e si comincia a entrare nella pelle dell’allenatore. Oggi posso di-
re di amare ciò che faccio su un campo come allenatore: amo il
contatto diretto con i giocatori, la metodologia, gli esercizi, lo svi-
luppo delle idee, l’analisi delle idee e la ricerca per migliorare i
giocatori e la squadra. La concezione inglese del mestiere, che
comporta rapporti e legami con altri settori del club come la
scuola di calcio e il lavoro del comitato direttivo, mi piace. Amo
tutti gli aspetti del mio mestiere, ma ci sono arrivato progressiva-
mente. Ho cominciato come allenatore degli Under 16 in Porto-
gallo e, dopo gli studi, sono andato in Scozia alla fine degli anni
80. I metodi scozzesi mi hanno fatto vedere la metodologia in
maniera differente. L’utilizzo delle superfici ridotte per sviluppare
le qualità tecniche, tattiche e la condizione fisica corrispondeva a
un’idea globale dell’allenamento. Quando sono rientrato dalla
Scozia ho sentito la differenza a livello del mio lavoro di allena-
UJOSÈ MOURINHO: LA MIA STORIA a cura di Marco Viani*
*Collaboratore del Settore Tecnico F.I.G.C.
35
tore. Dopo aver lavorato con i giovani, ho raggiunto lo Sporting di
Lisbona come assistente di Bobby Robson. Per riassumere, ho co-
minciato per studiare, poi ho formato dei giovani e infine ho eser-
citato il mestiere di allenatore a livello professionistico. Lo ripeto,
il processo è avvenuto tappa per tappa”.
2. Come la sua partenza dal Portogallo verso la Spagna ha
influenzato la sua carriera di allenatore?
“Ho raggiunto Bobby Robson a Barcellona ed è stata per me una
grande motivazione perché affrontavo un nuovo paese, una nuo-
va cultura. Poi è arrivato Louis Van Gaal e mi sono confrontato
con un altro stile, un’altra filosofia. Bobby mi conosceva perfetta-
mente, mentre con Louis ho dovuto adattarmi alla scuola olande-
se, a una nuova concezione dell’allenamento. La scuola Aiax, il
modo di Van Gaal di vedere il calcio sono state nuove avventure
per me. Dopo quattro anni al Barça sono tornato in Portogallo.
Avevo 34 anni e forse davo l’impressione di essere giovane, ma
ero preparato a divenire allenatore principale. Il mio percorso è
stato un lungo processo segnato da tante importanti esperienze”.
3. Quale impressione ha avuto nel tornare al Porto come
allenatore principale?
“I primi sei mesi sono stati incredibilmente difficili perché il club
e la squadra erano in una situazione molto delicata. Ma questo
periodo mi ha aiutato a capire il club e a preparare la stagione
successiva. Ho cambiato giocatori e riorganizzato la squadra, è
stato un periodo di ricostruzione cruciale. La stagione seguente è
stata fantastica perché abbiamo vinto la Coppa UEFA e il cam-
pionato. Questa stagione ci ha preparato a quella successiva per-
ché il livello non era lo stesso della Champion’s League. I gioca-
tori erano molto fiduciosi, non vedevano l’ora di far tremare il
Manchester o il Real Madrid. E’ stato un lungo processo, e il suc-
cesso non si raggiunge per caso. Sicuramente sono stato influen-
zato da qualche persona, anche se non sono di quelli disposti ad
accettare verità precostituite. Per esempio, ho sempre in mente al-
cuni esercizi che ho fatto con voi in Scozia, ma partendo da que-
sti esercizi ho cercato di elaborare le mie varianti. Ho fatto la stes-
sa cosa con le idee di Bobby Robson e di Louis Van Gaal. Anche
quando andavo in giro per il mondo in cerca di giovani talenti per
Bobby, avevo le mie idee in merito. Ho detto ai giovani: cercate di
seguirmi, ma non prendete per vero tutto quello che vi dico. Ho
sempre voluto imparare e persone come Louis mi motivavano. Nel
mio ultimo anno al Barça, per esempio, mi avevano incaricato di
dirigere la squadra in alcune partite amichevoli o di Coppa e Louis
era il supervisore del mio lavoro. Tutto questo mi ha preparato a
farmi carico di una squadra, avevo sviluppato le mie conoscenze
e la fiducia in me stesso. Ero fiducioso, sì, ma mai arrogante. So-
no aperto alla gente e i miei amici scoppiano a ridere quando leg-
gono articoli che mi descrivono come arrogante, sanno che non è
vero. Io mi concentro sul mio lavoro e quando dico che andiamo
a vincere, dico solo quello che la maggioranza degli allenatori
pensa prima di una partita. Se i giocatori pensano che sei forte e
che gli dai fiducia, ciò aiuta a avere un’attitudine positiva”.
4. C’è stato un momento in cui ha sentito che era sul cam-
mino della celebrità?
“Sì. Il Portogallo è come la Scozia. Tu puoi essere molto famoso
nel tuo paese, ma la gente all’estero non sempre ti conosce. E poi
anche la gente del tuo paese sicuramente si domanda se puoi ri-
uscire all’estero. L’importante è affermarsi in Europa e il momen-
to decisivo per me è stato quando abbiamo raggiunto i quarti di
finale della Coppa Uefa 2003; è stato il match di ritorno contro il
36
CENTRO STUDI E RICERCHEALLENATORI
Panathinaikos . Avevamo perso in casa e nessuna squadra porto-
ghese aveva ottenuto neanche un punto in Grecia. Abbiamo vin-
to 2-0 e in quel momento ho sentito che avevo fatto progressi, ho
sentito che dal livello nazionale ero passato al livello europeo. La
seconda tappa importante nella mia carriera è stata la vittoria in
finale sul Celtic perché ho percepito che avevo agguantato una
dimensione europea e che i successi a questo livello erano alla
mia portata”.
5. Su cosa mette l’accento nelle sue sedute di allenamento?
“Ho un piano all’inizio della stagione e cerco di non perdere tem-
po; mi concentro sulle mie idee tattiche di squadra. Annoto le mie
idee e le comunico a tutti all’interno del club. Gli aspetti tattici so-
no al centro di tutto il processo. Come ho detto prima, credo in un
metodo globale. Il preparatore fisico della squadra, per esempio, la-
vora con me sui sistemi tattici dando consigli sul tempo, la distan-
za e lo spazio. Il mio obiettivo è sviluppare gli aspetti tattici del gio-
co: come pressare, quando pressare, “les transitions” (movimenti e
reazioni coordinate relative al “rubare palla”: ci sembra questo il
concetto più rispondente al termine, soprattutto in riferimento al
contenuto della risposta 11 – n.d.r.), il possesso palla, il gioco di tra-
sferimento. Dopo questo, bisogna lavorare su altri elementi: gli
aspetti fisici e psicologici fanno parte degli esercizi. Viene fatto un
lavoro individuale quando ci accorgiamo che i giocatori ne hanno
bisogno. Dobbiamo spesso suddividere i giocatori in gruppi in fun-
zione della loro condizione fisica e della durata di gioco che hanno
sopportato. L’accento del lavoro è sempre sull’aspetto tattico”.
6. Come descrive il suo stile di allenatore?
“C’è stata un’evoluzione nel mio stile, oggi sono diverso da cinque
anni fa. Rispetto alla partite sono molto più analitico durante il pri-
mo tempo perché è lì che devo aiutare la mia squadra. E’ difficile
comunicare con i giocatori durante una partita di alto livello. Per
questa ragione non grido troppo, ma prendo appunti, sempre uni-
camente in questa prima frazione. Analizzo il secondo tempo a ca-
sa, a cose fatte. Nella discussione con la squadra dopo il primo
tempo cerco di controllare le mie emozioni e di essere come la
squadra si augura che io sia: ciò significa che io posso essere cal-
missimo, così come posso liberare le mie emozioni se questo è ciò
che la squadra si aspetta da me. C’è sempre un aspetto emozio-
nale, così come c’è sempre un contributo tattico. C’è sempre qual-
cosa da dire alla squadra dopo il primo tempo, invece alla fine è
meglio non dire niente perché i giocatori non sono pronti per del-
le analisi. Globalmente direi che ho uno stile di conduzione flessi-
bile, anche se sono molto esigente in allenamento. Ho sempre avu-
to la possibilità di avere più di un campo di allenamento. Preparo
così le sedute in maniera da poter passare da una situazione a
un’altra con un tempo di lavoro molto elevato e un tempo di ripo-
so molto ridotto. Noi cerchiamo la qualità e una grande intensità
durante brevi periodi. I giocatori lavorano più volentieri, in Porto-
gallo come in Inghilterra o in Spagna, se l’allenamento è ben or-
ganizzato e serio e se conoscono le finalità degli esercizi”.
7. Dopo aver vinto la Coppa UEFA e la Champion’s League,
cosa pensa di questa competizioni?
“Il principio dell’eliminazione diretta in queste due competizioni
di alto livello è straordinario. Ogni squadra deve essere prepara-
ta a ottenere un risultato esterno. Col Porto ho cercato di giocare
in trasferta con la stessa mentalità di casa. Se vuoi vincere una
competizione non puoi giocare in maniera formidabile solo sul
tuo campo per poi cercare di limitare i danni fuoricasa. In Coppa
UEFA i nostri risultati interni ed esterni erano molto simili. Quan-
do ho preparato il Porto per la Champion’s League ho organizza-
to delle partite precampionato che ci hanno messo di fronte a dif-
ferenti sistemi, a differenti approcci di gioco. Per vincere la Cham-
pion’s devi avere una squadra molto forte, ma in un dato mo-
mento hai bisogno di fortuna, come nel caso del gol fatto dal Por-
to al Manchester all’ultimo minuto (anche se penso che lo meri-
tavamo). Dopo questo incontro abbiamo continuato fino alla vit-
toria e nessuna squadra, che io sappia, vittoriosa in una finale
può negare di aver beneficiato di un simile momento: un rigore,
un gol vincente in extremis, eccetera. Al più alto livello, spesso c’è
poca differenza quando la prima di un gruppo deve incontrare la
seconda di un altro. Essere secondo non significa niente perché il
secondo può essere il Bayern Monaco o il Real Madrid. Inoltre la
regola dei gol segnati in trasferta annulla il vantaggio di giocare
il ritorno in casa. La Champion’s League è la competizione di club
suprema, la stessa Coppa Intercontinentale è niente in confronto.
Ma devo dire che ero molto più commosso quando abbiamo vin-
to la Coppa UEFA contro il Celtic che quando abbiamo battuto in
37
profili per ogni ruolo in termini di personalità, qualità atletiche,
tecniche, eccetera. Certo, se un giocatore manca di velocità non
ha alcuna possibilità nel calcio di alto livello. Però si può avere un
centrocampista che è rapido mentalmente e che può essere com-
petitivo nonostante il ritmo elevato. Inoltre nel calcio inglese oc-
corrono due grandi difensori per via della tattica dei palloni lun-
ghi utilizzata da molte squadre”.
11. Quali tendenze tattiche individua nel calcio moderno?
“Les transitions” sono diventate decisive. Quando l’avversario è
organizzato in difesa è molto difficile fare gol. Ma quando l’av-
versario perde il pallone può esserci il tempo per sfruttare un’oc-
casione, trovando forse un altro avversario fuori posizione. Allo
stesso modo, quando noi perdiamo il pallone dobbiamo reagire
immediatamente. In allenamento faccio giocare a volte un mini-
mo di cinque giocatori dietro il pallone, in modo che, se lo per-
diamo, possiamo continuare a mantenere una buona disposizio-
ne difensiva. I giocatori devono imparare a leggere il gioco: quan-
do bisogna pressare e quando bisogna ripiegare in difesa. Tutti di-
cono che sono le palle inattive a far vincere le partite; penso in-
vece che “les transitions” siano più importanti”.
12. Cosa la irrita di più nel calcio d’oggi?
“Sul campo sono le continue interruzioni e le perdite di tempo.
Mi piacerebbe che venisse preso in considerazione il tempo di
gioco effettivo perché alcuni sono diventati maestri nell’arte di
manipolare il tempo”.
13. Come la sua folgorante ascesa al più alto livello ha in-
taccato il suo stile e lei stesso come persona?
“Nessuno mi conosceva e immediatamente, nello spazio di due
stagioni, sono diventato famoso ovunque. D’accordo, tu vivi sot-
to la pressione e lo sguardo della gente. La mia vita e quella del-
la mia famiglia sono cambiate. Questo fa sicuramente parte del
mestiere. Da parte mia mi attengo a un principio fondamentale:
non mancare mai a una seduta di allenamento, non anteporre
mai altri obblighi a quello dell’allenamento. Sono fermamente
convinto che le attività professionali debbano avere la preceden-
za assoluta di fronte a tutto il resto. Converrete che, per me, il cal-
cio non è solamente un mestiere ma anche una passione”.
finale il Monaco in Champion’s. Questo si spiega con il gioco: la
partita contro il Celtic è stata palpitante fino in fondo, il portiere
scozzese è perfino andato in area nostra per un corner battuto
negli ultimi secondi del confronto. Ma ritornata la calma, a men-
te fredda, la Champion’s è il più grande trofeo. Sul piano perso-
nale, la notte della vittoria è stata difficile per me. Ero assalito da
emozioni contraddittorie perché sapevo che lasciavo la squadra,
ho rivisto i miei giocatori del Porto solo tre mesi più tardi quando
sono venuti allo Stanford Bridge per la Champion’s di questa sta-
gione”.
8. Quale impressione le ha fatto l’EURO 2004?
“Penso che la Grecia si sia trovata in una situazione simile a quel-
la del Porto in Champion’s League, perché la forza della squadra
e la volontà di vincere sono state decisive. Per la Grecia questo è
stato un processo graduale e una vittoria dell’impegno, della con-
vinzione e dell’organizzazione. Come tutti, penso che certi gioca-
tori di alto livello non fossero in forma. I paesi che possono co-
struire una squadra intorno a giocatori di uno o due club, come la
Grecia, hanno forse un vantaggio. Nei grandi paesi, cioè in quelli
che hanno denaro, questo non può accadere perché i giocatori so-
no sparpagliati in diversi club. Devo dire che il Portogallo, come
paese, è stato rimarchevole sul piano organizzativo e la squadra
ha fatto una buonissima prestazione. L’immagine del Portogallo è
stata valorizzata dall’EURO 2004. Siccome parliamo di squadre
nazionali, posso dirle che un giorno mi piacerebbe diventare l’al-
lenatore del Portogallo, ma non ora. Mi dispiacerebbe ritirarmi dal
calcio senza aver realizzato questo sogno”.
9. Ci sono delle norme, delle interpretazioni o delle regole
che vi danno dei problemi?
“Al Chelsea non sono soddisfatto perché spesso i nostri contrat-
tacchi sono fermati da “falli tecnici” senza che ciò comporti un
cartellino giallo. Certe squadre padroneggiano in questa “arte”.
C’è anche l’interpretazione molto confusa del fuorigioco e deve
essere difficile per gli arbitri prendere delle decisioni”.
10. Quali sono le qualità principali che lei cerca in un gio-
catore?
“Ancora una volta ho un approccio globale. Metto a punto dei
38
FONDAZIONE«MUSEO DEL CALCIO»STORIA
ampionato del Mondo: il 10
giugno del 1934 l’Italia in-
contra, nella finalissima, la
Cecoslovacchia allo stadio
Nazionale di Roma. Il primo
tempo si chiude sullo 0 a 0.
Nella ripresa, a venti minuti
dalla fine, Puc portò in vantaggio i boemi.
Le due squadre erano stanchissime: i boe-
mi più degli azzurri. Il pubblico non aveva,
però, abbandonato gli azzurri ed il suo in-
citamento consentì il miracolo: lo stratega
Vittorio Pozzo ordinò un cambio tra Guai-
ta e Schiavio. L’oriundo tendeva a stringe-
re al centro e Schiavio non poteva appog-
giarsi ad un’ala. Lo scambio si rivelò una
trovata tattica risolutiva e Raimundo Orsi
poté pareggiare a pochi minuti dal termi-
ne. Ci vollero i tempi supplementari. C’era
tutto da rifare, con gli azzurri stanchissimi.
Al 7’ del primo tempo supplementare
Meazza, zoppicante, che si era spostato
all’ala, vide Guaita libero e gli passò la
palla che l’oriundo smistò a Schiavio ancor
più libero. “Schiavio raccolse le sue ultime
energie - scrive Aldo Bardelli - e si proiet-
tò sulla palla, la raggiunse in tempo, la
colpì con tutta la sua forza e il portiere
Planika fu battuto dal gran tiro. I cecoslo-
vacchi non furono più in grado di recupe-
rare. Avevano speso tutto mentre il gol
aveva galvanizzato gli azzurri.”
Furono momenti di suspense e, alla fine,
Vittorio Pozzo fu sollevato sulle spalle dai
suoi ragazzi mentre il vecchio Caligaris
sventolava gioioso la bandiera tricolore.
Italia campione del mondo! Sembrava un
sogno, allora, ma era soltanto l’inizio di un
periodo glorioso durante il quale l’Italia
vinse tantissimo.
Ma torniamo indietro di qualche giorno: in-
combevano i campionati, si erano già svol-
te le eliminatorie e l’Italia aveva estromes-
so dalla competizione la Grecia. Per Vittorio
Pozzo scegliere i giocatori rappresentava
un problema difficile e doloroso. Giocatori
come Cesarini, Pitto, Caligaris vennero sa-
crificati al pari di Bernardini. Un infortunio
a Carlo Ceresoli dette il via libera al trenta-
duenne Giampiero Combi. Si trattava inol-
tre di armonizzare giocatori come Schiavio
e Monti. Il primo era stato vittima del se-
condo durante un’azione di gioco in cui
“Angiolino” si fratturò una gamba. Schia-
vio, tra l’altro, non era iscritto al partito fa-
scista e venne richiamato dal federale di
Bologna. Lui, tuttavia, resistette alla pres-
sione politica preferendo, all’occorrenza, ri-
nunciare ai campionati del mondo piutto-
sto che ritirare la tessera del partito. Fu Poz-
zo a non volere l’esclusione di Schiavio che
le gerarchie fasciste avevano decretato.
Schiavio, giocatore del Bologna fin dal
1923, ricco industriale, è stato uno dei più
intelligenti centravanti del suo tempo, dalle
lunghe incursioni e dal palleggio stretto,
dalla fiondata secca. Forse indugiava trop-
po nella ricerca dell’uno contro uno e vol-
geva spesso le spalle alla porta, ma aveva
anche doti da lottatore. Era un atleta che
piaceva a Vittorio Pozzo, e a Gianni Brera ri-
chiamava l’immagine del cavaliere medioe-
vale armato di corazza. Arcangeli, poeta e
critico d’arte, oltre che appassionato sporti-
vo, disse di lui: “Quella di Schiavio fu arte di
improvvisazione, ma aperta, leggibile in
chiare note, di una evidenza popolare, di
una violenza un tantino melodrammatica.
Era già di scena quando gli undici del Bolo-
gna uscivano di corsa dalla scaletta: con
una certa emozione scoprivo sempre imme-
diatamente il suo passo, quella specie di
ventre a terra, quel galoppo trattenuto ed
ondeggiante e pure sempre assicurato al
terreno. Ne risultava una robusta, variata
eleganza. Quel ritmo di cavallo, governato
da un cervello pronto, era preparato al pas-
saggio, allo scatto, al tiro, come quello di
qualsiasi altro centrattacco. Ma isolava la
sua azione in un tempo distaccato in cui era
difficile intuire, da parte dell’avversario, la
battuta d’arresto per l’intervento.”
Nel 1937 il Bologna, con Schiavio, Monze-
glio e Andreolo, vinse il Torneo dell’Esposi-
zione Coloniale a Parigi. In seguito, Schia-
vio divenne valentissimo dirigente del Bo-
logna stesso ai tempi di Dall’Ara presiden-
te e fece pure parte della Commissione per
le squadre nazionali con Czeizler e Silvio
Piola allenatore.
ANGELO SCHIAVIO, UN FUORICLASSEdi Luigi “Cina” Bonizzoni*
C
* Direttore Tecnico
39
SETTOREGIOVANILE
ome molti sapranno, il Settore Tecnico è composto
da importanti realtà: la Scuola Allenatori, il Centro
Studi, la Sezione Medica, e la Sezione per lo svilup-
po del Settore Giovanile.
Quest’ultima è stata da poco rinnovata, l’incarico di
responsabile è stato affidato alo scrivente, affianca-
to dal coordinatore Gennaro Testa.
In attesa dell’approvazione da parte del Consiglio federale del
nuovo regolamento, in modo che la Sezione abbia al più presto le
“direttive” per poter operare al meglio, come primo incarico di
questo nuovo corso il Settore Tecnico mi ha delegato a rappre-
sentarlo lo scorso 6 maggio al convegno dal titolo: “Il Settore
Giovanile in Europa, otto modelli a confronto – La crescita del
giovane talento tra multilateralità e specializzazione. Quali criteri
di selezione e formazione”, che si è tenuto, a margine dei Cam-
pionati europei Under 17, nell’auditorium del Polo Tecnologico si-
to in località Navacchio (Cascina).
Il convegno si è aperto al mattino con l’introduzione del Presi-
dente del Settore Giovanile e Scolastico Luigi Agnolin, che ha da-
to il benvenuto agli ospiti; hanno fatto seguito gli interventi dei
vari rappresentanti delle Nazionali partecipanti alla fase finale dei
campionati.
Riportiamo qui di seguito una sintesi delle relazioni più interes-
santi curata dal Settore Giovanile e Scolastico della Federcalcio.
Mikhail Vergeenko – Vicepresidente Federazione Bielo-
russia
“La partecipazione alla fase finale dell’Europeo Under 17, rap-
presenta per noi un’occasione. A livello di nazionali giovanili stia-
mo migliorando sotto il profilo dei risultati. Quelli ottenuti dalla
nostra Under 21 sono sotto gli occhi di tutti. Il nostro metodo di
selezione è piuttosto severo ed inizia dai giocatori di circa 10 an-
ni di età fino ai 16 attraverso il monitoraggio dei campionati dis-
putati a livello regionale”.
Avraham Bachar – Coach della Under 17 di Israele
“Nel corso degli anni abbiamo costituito uno fitta rete di osser-
vatori che scandaglia il nostro Paese, raccogliendo informazioni e
segnalando i giocatori. Abbiamo suddiviso l’intero territorio in sei
zone e, una volta alla settimana, per un periodo di sei mesi, i mi-
gliori 25 giocatori di ogni zona si ritrovano in campi di formazio-
ne per sostenere allenamenti e gare amichevoli. In questo modo
riusciamo, in maniera quasi totale, a controllare l’attività calcisti-
ca giovanile all’interno di Israele. Al termine dei raduni scegliamo
i migliori 50 giocatori che, in seguito, parteciperanno al Campio-
nato nazionale Under 16”.
Ivan Gudelj – Allenatore della Under 17 della Croazia
“Il nostro obiettivo è quello di puntare in maniera decisa sulla
formazione dei tecnici. Soltanto in questo modo possiamo garan-
tirci una migliore qualità di selezione. Abbiamo degli istruttori,
con a capo un coordinatore, che partecipano costantemente a
corsi di formazione ed aggiornamento, a seminari di informazio-
COME SCOPRIRE I TALENTIdi Antonio Acconcia*
*Allenatore di 1° Cat. – Docente del Settore Tecnico F.I.G.C.
C
40
ne in cui si chiede di sensibilizzare i ragazzi su temi delicati come
il razzismo o la violenza. Abbiamo diviso la Nazione in cinque zo-
ne ed organizziamo due mini tornei due volte all’anno, una sorta
di campi estivi ed invernali”.
Kenny Swain – Allenatore della Under 16 dell’Inghilterra
“La Federazione inglese ha una propria filosofia di fondo: avvici-
nare la gente al calcio. Anche se in Inghilterra il calcio è comun-
que uno degli sport più seguiti e praticati, si punta a coinvolgere
nel calcio chi crede che, attraverso uno sport, si possano esaltare
valori etici. Per quanta riguarda la struttura interna della Federa-
zione, abbiamo un punto di riferimento nei referenti regionali che,
periodicamente, stilano una relazione sui calciatori da loro osser-
vati. Si opera a stretto contatto coi club e questo va sottolineato
perché la collaborazione riveste un ruolo fondamentale facilitan-
do in pratica il nostro lavoro. Riserviamo ad ogni calciatore un
formulario in cui vengono inseriti ed elaborati i dati riferiti alla
sfera fisica, psicologica, tecnica e sociale. Questi sono i nostri car-
dini. La raccolta dei dati viene poi immessa in un database in cui
è possibile ricostruire passo dopo passo la crescita dei ragazzi.
Ogni sabato e domenica mattina i migliori under 16 e under 18
vengono selezionati e radunati per un allenamento che termina al
lunedì successivo. Per gli under 14 il raduno è fissato esclusiva-
mente la domenica mattina”.
Ruud Dokter – Allenatore in seconda della Under 17 del-
l’Olanda
“Il nostro operato parte da una sfida: contribuire a migliorare la
posizione della nostra Nazionale nel ranking della FIFA che ormai
da qualche tempo si attesta intorno alla prime dieci posizioni.
E il nostro punto di partenza è lo sviluppo individuale del calcia-
tore. Il numero ridotto di club professionistici ci consente di svi-
luppare un master plain piuttosto omogeneo. Al momento di se-
lezionare i calciatori consideriamo un aspetto che molti trascura-
no: il ragazzo fisicamente più prestante ha senza dubbio più pos-
sibilità di mettersi in evidenza rispetto ad un altro che magari,
sotto il profilo tecnico, è più avanti ma è penalizzato fisicamente.
Questo secondo calciatore noi non lo perdiamo ma ci ripromet-
tiamo di andarlo a rivedere più in là nel tempo, quando avrà col-
mato il gap che lo separa dagli altri”.
Francesco Rocca – Allenatore della Under 17 dell’Italia
“Sul territorio nazionale operano otto tecnici federali che segna-
lano i migliori calciatori che vengono successivamente convocati,
in numero di ottanta, al Centro Tecnico di Coverciano per dispu-
tare il torneo di Natale.Alla base di questo lavoro deve esserci pe-
rò un punto fermo rappresentato dal rapporto di collaborazione e
rispetto verso le Società. Chi entra nel mondo del calcio, talvolta
sradicandosi dalla propria realtà, deve poter contare, soprattutto
in età così delicata, sul rapporto con la propria Società di appar-
tenenza perché, per tanti motivi (infortunio, problemi familiari,
eccetera) il rischio è quello di trovarsi poi, all’età di 22-23 anni,
senza arte né parte, senza un mestiere sul quale poi poter conta-
re, “falliti” e ancora troppo giovani”.
Claude Ryf – Allenatore della Under 18 della Svizzera
“La formazione dei tecnici riveste un ruolo fondamentale per la
buona riuscita di un lavoro di selezione. Partiamo da tre presup-
posti ben definiti: difesa della zona, calcio dinamico, calcio offen-
sivo. La nostra Federazione ha in organico 42 allenatori che si oc-
cupano delle tre fasi del processo di crescita del ragazzo: 10-15
SETTOREGIOVANILE
41
anni (pre-formazione), 16-19 (formazione), 19-21 (post-formazio-
ne). Il primo periodo è quello più indicato per l’apprendimento
della tecnica di base. Abbiamo 13 selezioni regionali, tenendo
conto delle differenze di lingua e tradizioni presenti nel nostro
Paese attraverso le quali allestiamo una formazione Under 14
che disputa un torneo nazionale. Nella seconda fase abbiniamo al
calcio una scuola per mestieri della durata di quattro anni. Co-
niugare l’attività agonistica allo studio è difficile ma necessario.
Per noi il ragazzo più bravo sarà quello che avrà ottenuto i risul-
tati migliori in entrambi gli ambiti. Il periodo di post-formazione
potrebbe sembrare quello che meno incide, ma non è così. Rag-
giungere la maturazione non significa aver colmato il proprio ba-
gaglio tecnico-tattico”.
Al termine della prima parte del convegno abbiamo apprezzato
l’intervento del Presidente della Commissione Giovanile ed Ama-
toriale della UEFA Jim Boyce, il quale ha elogiato la Federazione
europea per l’impegno profuso nello stanziare “buona parte dei
ricavi delle manifestazioni europee” per il calcio giovanile ed ha
poi sottolineato come nella propria realtà nord-irlandese si cerchi
di offrire ai ragazzi la possibilità di sviluppare le proprie abilità in
un clima sereno, privo di pressioni da parte di club, allenatori e
genitori.
La seconda parte, iniziata nel primo pomeriggio, ha visto l’inter-
vento di quattro relatori: particolarmente significativo quello di
Mino Favini, responsabile del Settore Giovanile dell’Atalanta, che
ha sottolineato l’importanza della tecnica di base e quanto sia
importante, per quanto concerne la formazione del giovane, ave-
re pazienza, perché la maturazione del giovane, anche mentale,
avviene gradatamente. L’obiettivo del settore giovanile è quello di
condurre un numero sempre più alto di giovani verso la prima
squadra.
Qui di seguito riportiamo una sintesi della sua relazione dal tito-
lo “Ricerca e selezione del talento: pianificazione e stra-
tegie operative”.
La formazione del giovane calciatore
La finalità del progetto sportivo consiste nella formazione del gio-
vane calciatore, ovvero del potenziale giocatore che possa debut-
tare in prima squadra. Essa avviene attraverso quattro fasi:
1. La ricerca – Individuazione del talento che, a sua volta, si
realizza tramite procedure di segnalazione, osservazione e se-
lezione. Quest’ultima viene fatta in base a criteri che non sono
scientifici bensì basati sull’esperienza dei vari operatori. Nel
Settore giovanile dell’Atalanta si privilegiano le attitudini calci-
stiche (abilità tecnico-tattiche) rispetto a quelle fisico-atletiche.
42
2. L’allenamento. Una volta selezionati i 18 componenti della ro-
sa di una squadra giovanile si prosegue con l’allenamento sul
campo che prevede il raggiungimento degli obiettivi generali,
specifici ed operativi inerenti i fattori della prestazione calcistica
individuale e collettiva (area fisico-atletica, area tecnico-coordi-
nativa, area tattico-strategica, area psicologica ed educativa).
3. La formazione-aggiornamento di tutti gli adulti che ope-
rano con i giovani calciatori dell’Atalanta costituisce un capo-
saldo che caratterizza la filosofia di lavoro del Settore giovani-
le. I dirigenti accompagnatori, i preparatori atletici, gli allena-
tori ed i dirigenti delle varie aree di tale Settore hanno il com-
pito di aggiornarsi costantemente (formazione permanente), al
fine di perseguire gli obiettivi educativi e di prestazione che
una società professionistica richiede.
4. Le relazioni col territorio (la rete fra Atalanta e la Scuola, gli
Enti locali, le famiglie, la Federazione, l’Università, gli sponsor,
le Società dilettantistiche) sono necessarie per realizzare un in-
tervento organico e coerente con le agenzie che influiscono sui
giovani calciatori.
L’intervento di Stefano D’Ottavio, responsabile dell’Area Tecnica
del Settore Giovanile e Scolastico della FIGC, tra le varie argo-
mentazioni, ha poi toccato un aspetto che talvolta viene trascu-
rato, e cioè quello relativo alla discrepanza tra età cronologica ed
età biologica, determinante per una corretta formazione del gio-
vane.
Il terzo relatore, Lorenzo Varnavà, docente di psicologia all’Uni-
versità di Siena, si è quindi soffermato sulla formazione e sulla
gestione a livello psicologico del giovane, per un’appropriata cre-
scita dell’uomo e del calciatore di domani.
Mentre l’ultimo relatore,Angelo Pizzi, responsabile medico CAN, ha
esposto interessanti argomentazioni sulla “patologia da sovracca-
rico nel settore giovanile”. Pizzi ha tenuto a rimarcare come la pre-
senza di eccessivi carichi di lavoro, sia per intensità che per durata,
possa favorire la comparsa di “sindromi dolorose ad evoluzione
cronica” relativamente a tendini, cartilagini articolari e ossa.
A conclusione del convegno, nel tardo pomeriggio, si è svolta la
Tavola rotonda dal titolo: “Rapporti tra le Federazioni euro-
pee e modelli di sviluppo comuni. Multilateralità o spe-
cializzazione? Gestione del giovane talento e tutela dei
giovani calciatori”.
L’incontro è stato presieduto da Luigi Agnolin il quale, nella sua
presentazione, ha toccato varie e interessanti tematiche relative
agli argomenti in discussione.Tra l’altro ha ribadito più volte quan-
to sia fondamentale la ricerca di una maggiore qualità in ogni
componente, anche e soprattutto per quanto concerne i tecnici e
la loro formazione specifica. I lavori sono poi proseguiti con gli in-
terventi di Ludovico Micallef (maltese, delegato UEFA), Timo Lie-
koski (osservatore tecnico, finlandese), Leo Grosso (vicepresidente
dell’AIC), Giorgio Molon (AIAC) e Innocenzo Mazzini (vicepresi-
dente della FIGC), il cui intervento così di seguito sintetizziamo:
“Un paese che non curi i propri giovani non ha futuro. Una so-
cietà che punta invece sul proprio vivaio non fallirà. E’ un’anali-
si nuda e cruda, una verità scomoda. Le Società hanno preferito
spendere tanto e subito per ottenere risultati immediati. A ri-
SETTOREGIOVANILE
43
metterci chi è stato? Il Settore giovanile. Prendete ad esempio
società blasonate come la Juventus, il Milan o l’Inter: l’ultimo
giocatore di livello prodotto dal vivaio bianconero è stato Ro-
berto Bettega, dal vivaio rossonero Paolo Maldini, da quello ne-
razzurro Giuseppe Bergomi. Non è un quadro molto positivo! La
Federazione dovrebbe incoraggiare la scelta del vivaio e premia-
re le società che effettivamente operino in questo senso. Un ri-
scontro ulteriore alle mie parole lo si può avere guardando le ul-
time convocazioni per la nostra squadra Nazionale, vi accorge-
rete che di giocatori tesserati per squadre di fascia alta ce ne so-
no sempre meno”.
CONCLUSIONI
Il convegno, molto ben organizzato, è stato interessante ma pur-
troppo la percentuale dei tecnici in platea, seppure numerosa,
non è stata affatto considerevole.
Quale responsabile della Sezione dello sviluppo del Settore Gio-
vanile e Scolastico, voglio ribadire come una figura “pluricom-
posita” come quella del giovane calciatore, con tutte le proprie
sfaccettature, tecniche, tattiche, fisiche, motorie, psicologiche,
sociali e morali, debba essere correlata ad una corretta forma-
zione che non deve essere prevaricata dalla necessità del risul-
tato a tutti i costi. La fretta, imposta dalle società (quelle dilet-
tantistiche sono spesso composte da dirigenti e dirigenti-geni-
tori privi di una vera e propria cultura calcistica), a tecnici tal-
volta anche improvvisati (il barista o il pizzaiolo costano meno
di un tecnico patentato), snatura il vero obiettivo del settore
giovanile. Oggi si vuole tutto e subito ma la corretta formazio-
ne del giovane necessita, oltre che di conoscenza e metodo, an-
che di pazienza e passione. La scuola di calcio deve essere cer-
tamente una scuola di vita, ma anche fucina di giovani calcia-
tori, che, attraverso il rispetto delle regole insite nel nostro
sport, devono acquisire quei valori, quei sani principi che ulti-
mamente stiamo perdendo. Partendo dal presupposto che il cal-
cio sia comunque un’arte e non una scienza esatta, per il giova-
ne calciatore l’insegnamento della tecnica deve essere priorita-
rio. La tecnica di base, cioè il saper calciare, il saper colpire la
palla di testa, lo stop effettuato in modo corretto etc. etc., è im-
portante per conferire qualità al gioco, mentre la tecnica appli-
cata (il dribbling, il passaggio etc.) e la tattica individuale (lo
smarcamento, la presa di posizione, il marcamento) sono ele-
menti importanti per un corretto sviluppo del gioco. Durante la
mia attività di docente ai corsi per allenatori di base, girando l’I-
talia in lungo ed in largo, ho avuto modo di seguire l’attività di
molti settori giovanili anche di società professionistiche e salvo
poche eccezioni ho potuto appurare quanto la preparazione tec-
nica, per certi versi sia deficitaria.
Le problematiche relative alla formazione e alla gestione del gio-
vane per essere risolte necessitano della congiunzione di tutte le
forze che compongono l’intero “movimento”, tecnici compresi,
che attraverso un aggiornamento continuo dovranno dare il loro
prezioso contributo. Ed i presidenti di società, anche professioni-
stiche, dovranno capire che il settore giovanile non è un qualcosa
che serve per riempirsi la bocca di belle parole ma un supporto
fondamentale, attraverso una pianificazione a medio e lungo ter-
mine, per la sopravvivenza della propria società.
SCUOLAALLENATORI
44
PREPARAZIONE ATLETICA
l calcio è considerato da molti lo sport più popolare
del mondo essendo praticato da almeno 200 milioni
di atleti. Fisiologicamente, è caratterizzato e colloca-
to come un esercizio non continuo ad alta-intensità,
intermittente. L’incidenza delle lesioni nella pratica
sportiva, in generale, è valutata approssimativamen-
te da 10 a 15 eventi lesivi per 1000 ore di gioco.
La maggior parte delle lesioni si verifica nell’arto inferiore, in par-
ticolare il 61.2% a carico del ginocchio e della caviglia. Oltre 1/4
degli infortuni nel calcio sono rappresentati da lesioni muscolo
scheletriche, principalmente localizzate nel quadricipite (14%),
nei muscoli ischio-crurali (28%) e negli adduttori (8%).
Nielsen et al., in uno screening effettuato su 123 giocatori che par-
tecipavano ai vari campionati di calcio danese, trovarono che l’in-
cidenza delle lesioni muscolari, durante le varie situazioni di gio-
co, era più alta a livello della massima divisione (18.5/1000 ore) e
più bassa nelle categorie minori (11.9/1000 ore). La distribuzione
dell’incidenza durante l’allenamento risultava invertita. Nei giova-
ni calciatori (da 16 a 18 anni) il quadro epidemiologico, se com-
parato con i giocatori senior, era più alto. L’arto inferiore era mag-
giormente interessato con l’84% delle lesioni totali. Le patologie
da “overuse” erano presenti nel 34% dei casi. Le distorsioni della
caviglia rappresentavano un 36% a tutti i livelli di competizione.
Le lesioni da contatto/contrasto si verificavano maggiormente
nelle categorie dilettantistiche, spesso nei più giovani, e rappre-
sentavano il 45% dei casi. Nella massima serie calcistica gli even-
ti traumatologici muscolari si verificavano nel 30% dei casi du-
rante il contrasto/contatto, e per il 54% durante la corsa.
Il 35% dei giocatori infortunati risultavano assenti dal calcio gio-
cato per più di 1 mese.
Lo studio di Nielsen dimostra che l’incidenza del “danno musco-
lare” e il modello di lesione variano tra i giocatori in relazione ai
diversi livelli di competizione nel gioco.
Uno studio recentissimo effettuato per conto del Research Insti-
tute for Sport and Exercise Sciences, ha stimato l’esposizione dei
giocatori a rischio di lesione durante gli incontri della “English
Premier League soccer”.
L’autore, Rahnama, ha valutato i potenziali fattori di rischio delle
azioni di gioco, analizzando anche la loro collocazione durante la
competizione “sul campo”.
A questo riguardo, su 10 gare della English Premier League nel
periodo 1999-2000, è stata effettuata un’analisi sul:
a) tipo di azione di gioco
b) periodo di gara
c) zona di campo
d) giocare in casa o fuori
Le 16 specifiche azioni di gioco analizzate, sono state classificate
in tre precise categorie:
1. quelle che provocano lesioni;
2. quelle con un potenziale indice di lesione (classificato come lie-
ve, moderato, alto);
3. quelle a basso rischio di lesione.
Il campo di gioco è stato diviso in 18 zone (fig. 1): sono state re-
gistrate la posizione e il tempo di gioco di ogni evento traumatico
ILE LESIONI MUSCOLARIdi Antonio Pintus*, Rosario D’Onofrio**, Vincenzo Manzi**, Stefano D’Ottavio**
*F.C Monaco Calcio – Montecarlo - Francia - Università degli studi di Torino**Università degli Studi di Roma Tor Vergata
Direzione di gioco
Figura 1: Zone di gioco demarcate per l’analisi degli eventi (Rahnama,et al., 2002).
45
Al termine della ricerca sono state registrate: circa 18.000 azioni
di gioco (fig. 2), una media di 1.788 eventi traumatologici (uno
ogni tre secondi), 767 eventi con danno potenziale (uno ogni sei
secondi) e 2 lesioni gravi (una ogni 45 minuti) con una incidenza
di 53 lesioni complessive per 1000 ore di gioco.
Nei primi 15 minuti di gioco, si è verificato il numero più alto di
azioni con lesioni di lievi entità; gli ultimi 15 minuti di gioco, ca-
ratterizzati dal numero più alto di azioni di gioco, sono quelli con
lesioni di grado elevato (p <0.01).
La maggior parte delle lesioni di lieve entità, si sono verificate al-
l’interno dell’area di rigore, quelle moderate, nella zona adiacen-
te l’area di rigore, mentre i grandi eventi traumatici si sono ri-
scontrati quasi sempre nella 3/4 di attacco (p <0.001).
Il maggior numero di azioni con lesioni lievi sono state individua-
te ai limiti dell’area di rigore (suddivisa nella fig.1 in zona 2 e zo-
na 17). Le azioni di gioco a moderato ed alto potenziale di rischio
hanno trovato una collocazione nelle zone adiacenti all’area di ri-
gore (suddivise nella fig.1 in zona 5 e 14).
Sempre in relazione agli eventi traumatici, è stato notato inoltre, che
il 50% di questi è stato riscontrato nelle zone di campo 12, 16 e 17.
Nella zona 16, lateralmente all’area di rigore, si è individuato il
minor numero di azioni lesive.
Non è stata rilevata alcuna differenza significativa tra le partite gio-
cate in casa e quelle giocate in trasferta. Le azioni di gioco, con un
alto indice traumatologico, sono state messe in relazione con la fa-
se del possesso palla, anche se la maggior parte di ricercatori ha no-
tato che la posizione di gioco non influenza l’avvenimento lesivo.
Per Hawkins e Fuller la posizione di gioco può essere un fattore
influente, in quanto i difensori ricoprono un “ruolo a rischio di le-
sione” rispetto ai ruoli degli altri giocatori.
Inoltre vari studi epidemiologici indicano che le lesioni subite dai
calciatori sono approssimativamente tre volte più probabili in ga-
ra che in allenamento.
Dadebo et al., hanno raccolto in uno studio i risultati di uno scree-
ning eseguito su 30 squadre distribuite nelle quattro divisioni del-
la lega calcistica inglese durante la stagione 1998/99.
Le lesioni degli ischio crurali, rappresentavano l’11% di tutti i
danni ed un terzo di tutti gli stiramenti muscolari.
Approssimativamente il 14% delle lesioni dei flessori del ginoc-
chio erano “reinjuries”.
La percentuale di lesioni era più alta nella Premiership (13.3
(9.4)/1000 ore) con l’incidenza più bassa che si evidenziava nella
2a Divisione Inglese (7.8 (2.9)/1000 ore).
La maggior parte (97%) degli stiramenti dei flessori del ginocchio,
erano clinicamente inquadrabili in lesioni di I° e II° grado. I due
terzi di questi erano riscontrabili nelle fasi finali dei training/mat-
ches; la percentuale maggiore di casi riguardava gli attaccanti.
Su un totale di 6030 giocatori furono osservate da Hawkins (ta-
vola 1), 2376 lesioni nelle due stagioni della Premier e nelle tre
della Football Leagues, con una media di 1.3 trauma per giocato-
re per stagione.
Categoria No % Ruolo No % Età No %
Premier 618 26 Portiere 223 9 17–22 970 41
1ª 712 30 Difensore 817 34 23–28 817 34
2ª 550 23 Centrocampista 739 31 29–34 508 21
3ª 496 21 Attaccante 597 25 35+ 81 3
Totale* 2376 100 2376 99 2376 99
Figure 2: Numero totale delle azioni registrate con relativo numero di in-fortuni reali.
Tavola 1: Infortuni per categoria, ruolo, età (Rahnama, at al., 2002).
Infortunio grave
Infortunio moderato
Infortunio lieve
Potenziali infortuni gravi
Potenziali infortuni moderati
Potenziali infortuni lievi
Numero totale delle azioni
SCUOLAALLENATORI
46
PREPARAZIONE ATLETICA
L’incidenza delle lesioni variava durante la stagione, con un picco
percentuale di lesioni durante l’allenamento del mese di luglio, (p
<0.05) ed con un picco massimo nelle gare durante il mese di
agosto (p <0.05) (figura 3).
Il maggior numero di patologie da overuse, incluso tendiniti e
paratendiniti, sono state riscontrate durante la preparazione pre-
campionato vs con l’intera stagione (10.2% v 5.8%, p <0.01). Il
numero di danni sostenuto durante il training, è aumentato gra-
dualmente in tutta la stagione. Quindi, è negli ultimi 15 minuti di
entrambi i tempi di gioco che si accertano le più alte percentuali
di incidenza degli eventi traumatologici.
La fatica muscolare è stata identificata come un altro fattore di ri-
schio e sembra che possa spiegare in parte l’aumento dell’inci-
denza delle lesioni osservate nella seconda metà del tempo di ga-
ra di campionato, specialmente nelle parti finali.
L’arto inferiore, anche in questo caso, è interessato nel 87% delle
lesioni. Le patologie muscolari (37%), riguardano i flessori del gi-
nocchio con il 67% vs il 33% a carico del quadricipite, con la mag-
gior incidenza (71%) che si verifica durante le gare di campiona-
to (tavola 2)
La maggior parte dei meccanismi di lesione è stata classificata co-
me da non-contatto (58%) mentre il 38% è riferito al contatto
con la palla o con un avversario.
Le recidive incidono per il 7% rispetto a tutti gli altri infortuni; il
66% di queste vengono classificate come uno stiramento o una
distorsione(rispettivamente 48% e 18%)
La gravità della lesione da ricaduta è maggiore rispetto alla pri-
ma lesione (p <0.01).
Gli stiramenti degli ischio crurali, in una ricerca condotta su 91
Tavola 2: Traumi del tendine del ginocchio e del quadricipite (Rahnama, at al., 2002).
Totale degli Infortuni in Infortuni ininfortuni gara allenamento
Gruppo muscolare No % No % No %
Tendini 749 67 499 71 242 60
Quadricipiti 376 33 202 29 164 40
Totale 1125 100 701 100 406 100
p<0.01 Differenza proporzionale tra allenamento e gara.
club professionisti inglesi, hanno inciso, in due stagioni agonisti-
che per il 12% delle lesioni totali, più della metà (53%) hanno in-
teressato il bicipite femorale.
Nei club inglesi fu osservata una media di cinque lesioni dei fles-
sori del ginocchio per stagione. Un totale di 2029 gare sono sta-
te perse a causa degli stiramenti dei flessori del ginocchio, men-
tre le gare perse per stagione sono state 15 per ogni club.
Nel 57% dei casi, il danno anatomico si è verificato durante mo-
delli diversificati di corsa, con un riscontro maggiore durante le
gare (62%) rispetto agli allenamenti, con un incremento dell’inci-
denza alla fine di ogni tempo di gioco (p <0.01).
I giocatori che evidenziavano una più alta percentuale di lesioni
dei flessori del ginocchio partecipavano alla Premiership (p
<0.01), mentre i giocatori maggiormente coinvolti erano:
• giocatori “esterni” (p <0.01)
• giocatori di colore (p <0.05)
• giocatori “più vecchi” (p <0.01)
Le percentuali di “re-injury” per i flessori del ginocchio è stata
del 12%.
Per Orchard, nei giocatori di football professionisti, 4 lesioni mu-
scolari degli ischio crurali su 6 sono basati su squilibri di forza tra
agonisti ed antagonisti del ginocchio.
In ognuno dei giocatori infortunati, la forza dei flessori del ginoc-
chio, era inferiore al 60% della forza del quadricipite. Inoltre, era
più probabile che le lesioni muscolari dei flessori del ginocchio si
verificassero quando la forza isometrica dei flessori di destra e si-
nistra squilibrava oltre il range del 10% della forza massima teo-
rica isometrica.
Da studi ecografici risulta che il retto femorale è l’ubicazione cli-
nica dello stiramento più frequente del quadricipite, mentre nei
muscoli del polpaccio le lesioni si collocano solitamente nella
congiunzione muscolo-tendinea, al terzo medio distale del ga-
strocnemio.
L’evidenza scientifica generalmente suggerisce che gli stiramenti
del gastrosoleo si verificano durante la fase di accelerazione del-
la corsa, gli stiramenti ai muscoli ischio crurali durante la con-
temporanea estensione dell’anca e del ginocchio o alla massima
velocità di uno sprint oppure durante un cambio di direzione,
mentre gli stiramenti del quadricipite si verificano durante “il cal-
ciare” o la fase di decelerazione.
47
LE LESIONI MUSCOLARI E FATTORI DI RISCHIO LEGATIALL’ATTIVITÀ CALCISTICA
La patogenesi delle lesioni muscolari a carico degli ischio crurali
(bicipite femorale, semimenbranoso, semitendinoso) è stata stu-
diata estensivamente nella letteratura internazionale. L’unico fat-
tore di rischio per le lesioni muscolari incontrovertibile è priorita-
riamente il deficit di forza inquadrabile nel rapporto flessori/
estensori del ginocchio.
Esistono numerosi studi che correlano decrementi di forza e di
flessibilità dei flessori del ginocchio con future lesioni muscolari.
La perdita della flessibilità è definita come una diminuzione nel-
l’abilità di un muscolo alla deformazione.
Le lesioni muscolo - scheletrico sono il risultato di un trauma di-
retto (da impatto) o da stiramento, quest’ultimo ricollegabile ad
uno status di contrazione eccentrica.
È noto anche che allenamenti eccentrici producono microscopi-
che lesioni delle strutture muscolari. Si ipotizza che queste possa-
no progredire nel tempo verso uno stiramento muscolare.
Una lesione muscolare è tanto maggiore quanto è maggiore l’im-
pegno muscolare, così come l’ammontare della lesione microsco-
pica, dipende dalla lunghezza ottimale del muscolo durante uno
stato di tensione attiva.
Brockett et al., affermano che i gruppi muscolari “lesionati”, pre-
sentano un accorciamento non fisiologico post lesione, per cui li
predispone maggiormente ad una ulteriore lesione sotto regime
eccentrico.
I muscoli flessori del ginocchio sono quelli che maggiormente in-
corrono in stiramenti, in relazione a intense contrazioni eccentri-
che come è stato comunemente riconosciuto.
Le implicazioni funzionali e biomeccaniche di queste lesioni in-
cludono: un decremento del range articolare, della flessibilità
con un decremento della velocità di accorciamento muscolare;
ma è la perdita prolungata di forza che è più estesamente rico-
nosciuta.
Nelle perdite eccessive di forza inquadrabili nell’ordine del 35-
50% post lesione, il recupero dei normali livelli può portare ad
una assenza dall’attività sportiva anche per un lungo periodo.
L’età rimane un importante e non secondario fattore di rischio per
le lesioni degli ischio crurali e del gastrocnemio. Sembra invece
non influire sulle lesioni a carico del muscolo quadricipite.
Le lesioni del quadricipite sono significativamente più comuni
nell’arto calciante, mentre non ci sono differenze significative nel-
la frequenza tra arti dominanti e non, sia per i muscoli flessori del
ginocchio che per quelli della gamba.
Lesioni muscolari al quadricipite sono riferite soprattutto a terre-
ni di gioco bagnati, ricollegabili al gesto specifico del calciare con
un’incidenza maggiore nell’arto calciante.
Non è stato stabilito se una lesione per il quadricipite si verifica
durante:
- il calciare
- durante il contatto con la palla
- durante la fase preparatoria-oscillatoria dell’arto calciante
- oppure nello step finale, cioè quando il piede calciante, dopo
aver toccato il pallone, è nella fase del contatto a terra.
Durante il cammino e la corsa, i flessori del ginocchio lavorano
primariamente eccentricamente “concentrati” nel frenare l’esten-
sione del ginocchio opponendosi, prima che il piede tocchi il suo-
lo, così come l’attività del quadricipite che termina con un’assi-
stenza sul controllo dell’estensione dell’anca dopo che il piede ha
toccato il suolo.
Studi attuali, sull’eziologia delle lesioni sportive, richiedono valu-
tazioni di modelli biomeccanici riferiti alla gestualità tecnica/atle-
tica. Bisogna, insomma, prendere in considerazione la sequenza
di eventi che possibilmente conducono o concorrono alla lesione:
definiti fattori di rischio multifattoriali.
La maggior parte di questi fattori di rischio, sono difficili da sti-
mare e quantificare, data la diversità delle variabili.
Comunque i fattori di rischio delle lesioni muscolari nel calcio in-
cludono, come emerge dalla letteratura internazionale:
- deficit di forza muscolare
- deficit di flessibilità
- incremento della stiffness
- infelice postura lombare
- insufficiente warm-up
- fatica muscolare
- storie passate di lesioni muscolari.
La scansione ulteriore ci porta a dedurre che l’incremento dell’età
anagrafica, è un fattore evidente di rischio e questa influenza è rife-
rita soprattutto alle ricadute da lesioni degli ischio crurali e dei mu-
scoli del polpaccio, ma non sicuramente alle lesioni del quadricipite.
SCUOLAALLENATORI
48
PREPARAZIONE ATLETICA
Il calciatore, dai 28/30 anni in su, ha maggiori probabilità di incor-
rere in lesioni muscolari. Un aumento nell’età di 1 anno, incremen-
ta la probabilità di lesione ai flessori del ginocchio di 1.3 volte.
Per Wilmore e Costill con l’ aumentare dell’età, diminuisce la mas-
sa magra che è associata, parlando di apparato scheletrico, ad un
calo significativo dei “minerali ossei”.
È noto che la forza muscolare decresce con l’età. L’invecchiamen-
to anagrafico ha, quindi, un importante influsso sul decremento
della forza e sulle fibre muscolari .
Si pensa che un aumento dell’età corrisponda ad un incremento
delle fibre ST, con un decremento delle fibre FT. Il motivo esatto
della diminuzione di fibre FT non è evidenziato chiaramente in
letteratura, di certo è che si assiste complessivamente ad una di-
minuzione delle dimensioni e del numero di fibre muscolari.
È stato evidenziato dalla letteratura che atleti con una preva-
lenza di fibre tipo II (fast twitch) sono più predisposti a lesioni
muscolari.
Viene evidenziato dalla letteratura che l’invecchiamento è asso-
ciato anche ad un significativo cambiamento della capacità ela-
borativa da parte del SNC ovvero:
- viene alterata la capacità di rilevare uno stimolo e di trasforma-
re rapidamente l’informazione ricevuta in una risposta ottimale.
Una compromissione dei meccanorecettori, implica una diminu-
zione del controllo automatico rivolto alla regolazione della coor-
dinazione neuromuscolare. Con la lesione muscolare si verifica
una crescente “deafferentazione”. Il black – out delle informa-
zioni predispone l’apparato muscolo scheletrico a re-lesioni.
Il ruolo dello stretching pre-gara sulla prevenzione delle lesioni
muscolo scheletriche, è oggi, ampiamente discussa da una parte
della letteratura. Una revisione della letteratura mostra a riguar-
do studi incompleti e in forme non omogenee di valutazione.
Noi crediamo che parte di queste contraddizioni, possono essere
spiegate considerando il tipo di attività sportiva. È noto, invece,
che un incremento della flessibilità, in generale, corrisponde ad
un diminuzione delle lesioni muscolari nel calciatore.
Training eccentrici incrementano e migliorano la flessibilità dei
muscoli flessori del ginocchio rispetto a sedute di allungamento
statico.
Atleti che allenano eccentricamente i propri muscoli possono ri-
durre l’indice di infortunabilità.
È poco chiaro come altezza, peso e stile di corsa dell’atleta con
patologie alla colonna vertebrale e al ginocchio, per esempio,
possano essere fattori di rischio e concorrere ad una lesione mu-
scolare degli ischio crurali.
Un’osservazione interessante, fatta da Verrall et al., ha evidenzia-
to che su 6 atleti operati di lca, 4 di loro andarono incontro, du-
rante la stagione sportiva, a lesioni dei flessori del ginocchio in-
dipendentemente dalla tecnica ricostruttiva utilizzata.
Atleti con storie di lesioni fanno lievitare a 4.9 volte il rischio di
stiramento degli ischio crurali del ginocchio rispetto a quelli sen-
za lesioni.
Questo è confermato da numerosi studi presenti in letteratura.
Può essere presupposto che dopo una lesione al ginocchio o agli
adduttori, le proprietà biomeccaniche e posturali subiscono uno
“sconvolgimento” che interessa tutto l’arto inferiore.
Questo potrebbe essere causato dalla stessa lesione o dal regime
di riabilitazione intrapreso nella fase di recupero o da una combi-
nazione dei due.
DISCUSSIONE
Le lesioni agli ischio crurali sono fra le lesioni muscolari più co-
muni negli atleti. La percentuale di “reinjury” ovvero di recidive
rimane molto alta soprattutto nel calcio. Le lesioni muscolari pre-
gresse, sia recenti (fra le 8 settimane) che passate (maggiori di 8
settimane) rimangono un importante fattore di rischio.
Sembra ormai chiaro che gli squilibri in termini di flessibilità, di
forza, fatica muscolare, inadeguato warm-up e dissinergie della
contrazione, siano altri e chiari fattori predisponenti alle lesioni
muscolari.
Lesioni ricorrenti possono essere anche la conseguenza di una ri-
abilitazione inadeguata, accelerata.
La maggior parte degli autori hanno enfatizzato la necessità di
chiarire i fattori eziologici ma soprattutto l’efficacia di protocolli
di riabilitazione atti ad evitare le ricadute da lesioni.
Uno stiramento dei flessori si verifica di solito alla giunzione mu-
scolo tendinea. Si pensa che il tessuto cicatriziale, neo formato,
non sia funzionale come il tessuto originale, perciò il rischio per
un ulteriore danno è incrementato.
Ekstrand e Gillquist hanno attribuito il 17% delle lesioni riporta-
49
te nel loro studio ad una riabilitazione inadeguata; similmente
anche Nielsen ha trovato che il 25% dei giocatori ricadeva nello
stesso tipo di lesione e nello stesso posto a causa di una riabili-
tazione inadeguata. Le ricadute da lesioni sono responsabili per il
22% di tutti i danni riportati.
La presenza di elevate forme di recidive sono ricollegabili a una
posizione di “debolezza muscolare” e squilibrio nel rapporto di
agonisti/antagonisti.
Per altri come Hennessey una lordosi lombare può avere una cor-
relazione significativa con gli eventi lesivi a carico dei flessori del
ginocchio.
Knapik ha riportato che la forza e gli squilibri di flessibilità in at-
leti donne è associata a lesioni muscolari a carico dell’arto infe-
riore, ma non specificamente ricollegabile al gruppo muscolare
nel quale fu identificato lo squilibrio (≥ del 15%).
Croisier et al., consapevoli delle limitazioni scientifiche e del ca-
rattere controverso della percentuale convenzionale del rapporto
flessori/quadricipite, hanno proposto un rapporto di valutazione
funzionale flessione eccentrica/estensione concentrica atto ad ot-
tenere un indicatore mirato e soddisfacente dello squilibrio.
Nel pratico l’autore costruisce un rapporto isocinetico combinato
tra due velocità estremamente diverse (30 deg/sec eccentrico e
240 deg/sec concentrico) al fine di rendere il test e la valutazione
più vicina alle condizioni biomeccaniche coinvolte nello sprint e
nel gesto tecnico del calciare.
Dato che le lesioni degli ischio crurali del ginocchio si verificano
di solito durante movimenti eseguiti ad alte velocità, sarebbe pre-
feribile selezionare lo stesso test isocinetico ad alte velocità an-
golari per entrambi i gruppi di muscoli implicati.
L’esercizio eccentrico produce lesioni microscopiche delle fibre
muscolari e DOMS il giorno successivo.
Il dolore muscolare tardivo (DOMS) che viene generato dalle con-
trazioni eccentriche, è un fattore di rischio di lesioni muscolari.
Questo spiega la prudenza iniziale nei programma strutturati per
il ritorno allo sport degli atleti. A tal scopo vengono proposte ini-
zialmente una serie di contrazioni submassimali eccentriche per
evitare DOMS.
I recenti studi sugli effetti della performance, hanno mostrato che
adattamento e miglioramento della resistenza si verificano rapi-
damente dopo un solo turno iniziale di esercizio eccentrico e du-
ra per molte settimane.
Sulla base di questa considerazione, l’intensità di contrazione
proposta, dovrebbe essere aumentata progressivamente, fino a
diventare massima dopo quattro o cinque sessioni per evitare il
DOMS .
Erik et al., seguirono 146 calciatori nel campionato belga del
1999–2000 che non avevano avuto una storia di lesioni muscola-
ri negli arti inferiori nei 2 anni precedenti.
Tra i test d’entrata fu rilevato il grado di flessibilità all’inizio del-
la stagione sportiva agonistica, degli ischio crurali, del quadricipi-
te, degli adduttori e dei muscoli del polpaccio.
Giocatori con lesione degli ischio crurali (numero = 31) e del qua-
dricipite (numero = 13) mostravano una riduzione della flessibili-
tà rispetto al gruppo di atleti “sani”.
Nessuna differenza significativa in termini di flessibilità trovata
tra giocatori che incorsero in una lesione dei muscoli adduttori
(numero = 13) o in una lesione al gastrocnemio (numero = 10) ri-
spetto al gruppo di atleti sani.
I risultati di questo studio indicano che i giocatori di calcio con un
decremento della flessibilità dei flessori del ginocchio o del musco-
lo quadricipite sono statisticamente a più alto rischio di lesione .
Taylor et al. determinarono, dopo una lesione da stiramento del
muscolo estensore lungo delle dita di 12 conigli maschi adulti, la
forza, il decremento della flessibilità e il picco di carico di rottura.
Di importante si evidenziò che:
• il picco di carico era il 63% della FMI e l’allungamento di rot-
tura del 79%, per i muscoli sperimentali relativo al gruppo con-
trollo
• esami istologici rivelarono che le lesioni incomplete si verifica-
rono vicine al congiungimento muscolo-tendineo.
Questi dati sperimentali suggeriscono implicazioni cliniche, come:
- un’unità muscolo-tendinea, dopo un danno da stiramento ri-
spetto ad un muscolo sano, è maggiormente predisposta ad una
lesione
- il primo ritorno all’allenamento precoce può mettere il muscolo
lesionato a rischio per un ulteriore danno
- quei regimi terapeutici progettati per realizzare un primo ritor-
no alla competizione sportiva, che eliminano i meccanismi di do-
lore protettivi, possono aumentare ulteriormente il rischio per
danno supplementare.
SCUOLAALLENATORI
50
PREPARAZIONE ATLETICA
A conclusione di questa review non possiamo non evidenziare
che in letteratura esistono diversificati pensieri sulla strutturazio-
ne dei protocolli riabilitativi.
Un lavoro di Sherry et al., apparso recentemente sull’autorevole
OSPT del marzo 2004, comparava l’efficacia di 2 programmi di ri-
abilitazione per le lesioni dei flessori del ginocchio.
Ventiquattro atleti con una lesione dei flessori del ginocchio furo-
no assegnati casualmente in 2 gruppi di riabilitazione.
1. gruppo A: 11 atleti effettuarono un protocollo di stretching sta-
tico e un training di resistenza con sovraccarichi ed applicazio-
ni di ICE
2. gruppo B: 13 atleti effettuarono un training progressivo di agi-
lità e di esercizi di stabilizzazione del tronco e ICE
In termini di risultati, la media del tempo richiesto per il ritorno al-
lo sport per gli atleti del gruppo A era 37.4 ± 27.6 giorni, mentre
il tempo medio per gli atleti del gruppo B era 22.2 ± 8.3 giorni.
Nelle prime 2 settimane dopo il ritorno allo sport, la percentuale
di ricadute da lesioni era significativamente più alta (P = .00343)
nel gruppo A, dove 6 atleti su 11 (54.5%) soffriva di uno stira-
mento ai flessori del ginocchio ricorrente dopo avere completato
il programma di allungamento e di forza; nel gruppo B nessuno
dei 13 atleti (0%) è andato incontro ad una ricaduta da lesione.
Dopo 1 anno dal ritorno allo sport, la percentuale di “reinjury”
era significativamente più alta (P = .0059, ) nel gruppo A.
1. gruppo A: 7 atleti su 10 (70%) che completarono il programma
di stretching e potenziamento incorsero in un’altra lesione mu-
scolare
2. gruppo B: solamente 1 atleta su 13 (7.7%), incorse in una rica-
duta da lesione muscolare degli ischio crurali dei flessori del gi-
nocchio durante il periodo di 1 anno.
La riflessione finale su questo studio ci porta ad affermare che un
programma di riabilitazione basato su agility training ed esercizi
di stabilizzazione del tronco è più efficace rispetto ad un pro-
gramma che enfatizzi lo stretching e il potenziamento analitico
degli ischio crurali.
In contrapposizione a quanto affermato precedentemente Mallia-
ropoulos consiglia l’utilizzo degli esercizi di stretching nei pro-
grammi di riabilitazione delle lesioni muscolari di secondo grado
degli ischio crurali.
Comunque, è nella complessità della strutturazione del progetto
terapeutico che si deve tener conto degli elementi multifattoriali
che concorrono ad una personalizzazione del ritorno allo sport
che varia tra l’altro al variare dell’entità della lesione.
CONCLUSIONE
L’indagine epidemiologica internazionale, ha evidenziato che nel
calcio le lesioni muscolari interessano maggiormente i flessori del
ginocchio e nella fattispecie, il bicipite femorale.
Un’alta percentuale di ricadute da lesioni è stata riscontrata a tut-
ti i livelli del calcio europeo.
Prematuri ritorni all’attività e una riabilitazione inadeguata sono
stati riportati come fattori di rischio delle ricadute da lesioni.
La persistenza dei deficit di forza muscolare, dello squilibrio nel
rapporto agonisti/antagonisti e di flessibilità, concorrono in pri-
mis alle lesioni e alle ricadute a carico dell’apparato muscolare
dei calciatori.
Sembra ragionevole presumere che i fattori che contribuiscono ad
incrementare i rischi di reinjury devono essere assolutamente ri-
solti (per esempio, deficit nella propriocezione, instabilità artico-
lare, ROM ridotto).
I processi di riabilitazione classici, devono essere migliorati ini-
ziando un programma
di forza individualizzato
che utilizzi in particolar
modo il regime eccen-
trico che deve essere al-
la base del progetto te-
rapeutico.
Nella fase di “Presea-
son” diventa utile ese-
guire test di flessibilità
al fine di identificare i
giocatori a rischio di le-
sioni muscolari.
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